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Lords of the Sky
XII
Libro di M[esser] Federigo Giorgi
Del modo di conoscere i buoni Falconi, Astori e Sparvieri
Di essercitarli e farli perfetti, di governarli & di medicarli.
Con una tavola delle cose più notabili, & con una giunta in fine della medesima materia.
Con privilegio
In Vinegia appresso Gabriel Giolito de’ Ferrari
mdlxviii
All’Illustrissimo S[ignor] Carlo Gonzaga, Marchese
Molte sono le cagioni, Signor mio osservandissimo, che mi muovono a dover presentarvi questa
non meno utile che dilettevole operetta, & una sola mi sforza a lasciarla stampare. La prima che mi
move a indrizzarla a V. S. sono i molti benefici che tanto cortesemente ho ricevuti dalla bontà sua,
i quali son tanti & tali, che a volerli narare, sarebbe una soma grandissima alle forze mie. L’altra
è che, cessate le guerre, nelle quali con la grandezza dell’animo suo ha fatto chiaro d’ogn’intorno
il gran valore della generosa sua persona, veggio ch’ella sommamente si diletta di tenere de più
gentili | uccelli di rapina, che si possono ammaestrare con humana industria; esercitio veramente
lodevole da Prencipi, sì per sfuggire gl’infiniti errori cagionati dall’otio, padre di tutti i vitii, sì per
pigliare qualche ricreatione dopo le continue cure de’ stati loro, & altri gran negoci che gli sogliono la maggior parte del corpo travagliare. E però credo non gli debba spiacere il presente trattato,
il quale d’altro che di detti uccelli non ragiona. Quella poi che m’astrigne a doverla lasciar stampare
è il continuo sospetto ch’io tengo, che quella prima copia che V. S. mandò al Prencipe di Salerno, non sia data così imperfetta & mal concertata alla stampa, cosa che mi sarebbe di grandissimo
dispiacere, per esser come ho detto così disordinatamente uscita dalle mie mani, perché in vero,
quand’io la scrissi non vi posi diligenza alcuna in regolarla, per duo rispetti; l’uno per mancarvi
delle cose pur assai, & delle più importanti, l’altro perch’io non credevo ch’ella dovesse andar in
altre mani che di V. S., insino attanto almeno, ch’io non l’havessi ridotta alla sua perfettione.
Hor che per gratia di nostro Signor Dio, l’ho accomodata in maniera che tien forma di libro, & ornata di utilissimi capitoli, non solo per detti animali, ma per gli huomini ancora in molti casi, havrò piacere che si stampi, | non perch’io m’aspetti d’esserne in conto alcuno lodato, ma per poter
più comodamente farne dono a molti illustri Signori, a’ quali desidero grandemente far conoscere
qual sia l’obligo & affetion mia verso loro; io credo bene che questo non sarà di molta sodisfatione
a V. S. nella sua prima apparenza, per ché so che l’animo suo era ch’ella non si stampasse, acioché
una opera tale non andasse in mano d’ogni persona. Ma volendo ella ben considerare come io
non potevo per niun modo negare di non farne dono ad alcuni Illustri parenti & amici di V. S.
& il poco tempo che m’è concesso di farne ogn’altro giorno nuove copie, per essermi di mestiero
solecitare lo studio delle cose medicinali, son certissimo ch’ella me haverà per iscusato essendo,
come ella è, colma di bontà, di giudicio & di ragione. Ho poi voluto ch’ella vegna in luce sotto
l’ombra del nome suo, accioché la riverenza & timor di quello le sia fortissimo scudo senza l’invide
& maligne lingue de gli abbaiatori, & anco perché V. S. conosca in parte l’animo, l’affetione & la
servitù mia verso lei.
Accetti adunque il suo Reale & magnanimo cuore, questo humile dono, il quale con ogni riverenza gli le porgo; sin’a tanto ch’io gli ne possa con l’aiuto di quello che può ciò che vuole, far | de
maggiori, & basciandogli le valorose mani, nella sua buona gratia mi raccomando.
Di Gazuolo il primo d’Ottobre del m d l x v i .
Servitor vostro Federico Giorgi.
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p. 5
p. 6
Appendix of Documents13
Tavola delle cose più notabili
Del Falcone pellegrino e sua bellezza
De i nomi del Falcone
De i Falconi di Corsica et di Sardegna
De i Falconi montanari
De i Falconi chiamati rocozeni
De i Sachri
De i Falconi chiamati di l’Elba
De i Falconi chiamati marini
De i Falconi Schiavi
De i Falconi laineri
De i Falconi prusiani
Come s’acconciano et ammaestrano, et come si fanno le traine
De gli Smerli leggieri
De gli astori armeni
De gli astori Schiavi
De gli astori di Sardegna
De gli astori in Calamente
De gli astori chiamati alpisani
De gli astori che nascono in Rossia
De gli astori che nascono in Friuli
De gli astori che nascono in Alemagna
De gli astori che nascono in Lombardia
Come s’ammaestrano e fanno le traine, et i cani da socorso
De gli sparavieri di Ventimiglia
De gli sparavieri Schiavi
De gli sparavieri calabresi
De gli sparavieri de i monti d’Istache
De gli sparavieri di Sardegna
De gli sparavieri d’Alemagna
De gli sparavieri di Veronese et Vicentina
De gli sparavieri alpisani
De gli sparavieri di Val di sabbia
De gli sparavieri di Bergamasca
Delle sorti di sparavieri
Come si governano et fanno
De i passi
Del modo di pascerli
Delle smaltiture
Delle borgature
Delle medicine
Del modo che si tiene quando l’uccello s’inferma
A votar l’uccello che è troppo pieno
Se l’uccello non può padire
Se l’uccello è pieno di calcinaccio
Delle infermità della testa; capitoli undeci
De gli cauterii
Delle infermità de gli occhi
Delle infermità dell’orecchie
Delle infermità della bocca, capitoli duoi
D’una infermità del collo detta Artetica
D’una infermità della gorga chiamata ernia, over infermità ventosa
Se l’uccello è infastidito dal pasto
Se l’uccello buttasse il pasto
Se l’uccello non potesse tener il pasto
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a car. 38.39.40.41
a car. 44
a car. 46.47.48
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a car. 52
a car. 52
a car. 53
a car. 54
a car. 54
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Lords of the Sky
Se l’uccello non volesse borgare
A far getare il pasto ad un uccello che non potesse padire
Ad un uccello che fosse ripieno
Ad un uccello che non potesse smaltire
Ad un Astore in freddato
A curar il petto allo astore
A solution per fredo allo astore
Delle febbri
Se l’uccello bee troppo contro la natura sua
D’una infermità nel polmone
D’una infermità detta filarano
De l’asmo
D’una specie di gotta che si chiama humor mortale
A d’un uccello che fosse derotto over riscaldato
A guarir l’uccello che ha il fiato guasto
Alla infiammatione del fegato
A far venire fame allo uccello
Ad un uccello che gridasse, non per natura ma per accidente
Se l’uccello dibattendosi non può tornar al pugno
D’un’altra infermità che viene nella gorga al’uccello
Ad un uccello che i ravanelli gli stropassero le nari
D’una infermità chiamata agruz
Se l’uccello dorme il dì troppo alla pertica
Se l’uccello si inferma per indispositione del fegato, overo per altra
materia calida et il modo che si tiene a rinfreschare i girifalchi
Pillole maravigliose
A conoscere se gli uccelli hanno i vermi
Alle filandre che stanno nelle rene
Alle filandre che stanno nelle budelle
A cacciar i pidocchi
Alla gotta et granfo che vien a gli uccelli
Ad un uccello che havesse male al codirone
Ad un uccello che havesse roso [rosso] et indignato il culo
per smaltire del calcinacio
Del tempo che l’uccello va in amore et è pericoloso di far l’uova;
et come si covano avendole già fatte
Ad un uccello che havesse rosigate le coscie
Per essere stato portato nel sacchetto
Se l’uccello havesse un’ala accozzata
Se l’uccello tenesse giù l’ali
Alle Zignuole et tarme che gli rodono le penne
A cavar una penna rotta senza dolore
Se l’uccello havesse l’ali gottose
Un altro rimedio lodatissimo et sicuro per l’uccello accozzato
Il modo che si tiene a preparar la mumia et a perfetionarla; e come si deve
dare nelle gran percosse et altre perigliose et difficilissime infermità
Delle ferite; capitolo notabile et singolare, diviso con buon ordine
In otto parti
Delle fatture overo rotture delle gambe et altri luochi
Delle enfiagioni over tumori delle gambe et de i piedi; capitolo
notabilissimo, nel quale si contiene la cura delli sinistri et storte che piglia
l’uccello alcuna fiata volando; poi quella delle gotte, de’ porri et de’ chiodi,
separatamente con buon ordine diviso
Delle unghie
Delle mude
Il fine della tavola
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a car. 103
Appendix of Documents15
libro di m. federico giorgi
del modo di conoscere i buoni Falconi, Astori e Sparavieri
di farli, di governarli & di medicarli
come nella tavola si può vedere
del falcon pellegrino et sua bellezza
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Questi sono i segni del vero Falcon Pellegrino, secondo l’opinione et giudicio de li antichi maestri
di questa gentil’arte. Prima convien ch’egli habbi la becchera grossa et tutta azzura come l’azzuro
oltramarino, fin al scriminale; la nara tonda di conveniente grandezza, et il ravanello di quella
dispiccato intorno vuol havere la corona in testa a questo modo: prima habbia uno scri|minale che
si parta dalla becchera et vada fino a mezo il capo, e sia bianco a similitudine de uno scaione et
habbia una ghirlanda bianca che gli pigli tutta la rotondità della testa, et tre scaioni che si partino
da questa ghirlanda et vadino verso il collo e siano bianchi e non troppo lunghi, et habbia sotto la
mascella tanto di bianco schietto, quanto è un carlino, et quanto più bianco, tanto sarà più nobile
et gentile. Vuol esser poi quella parte del capo ch’è da l’orecchia al becco, rossa, nera et morata,
et in capo fregiato di bianchi o rossi o simili fregi; vuol esser grande et havere le penne grandi et
simili a quelle della tortora, et perciò alcuni, volendo lodare il colore della penna, dicono ch’egliè
tortorato, et usano questo vocabolo come per proverbio. Le cime delle penne de l’ali, come vannazzi et cortelli, vogliono esser bianche, schiette, senza biccoche; il simile voglion’esser quelle della
coda, et se pur havesser qualche biccoche, siano rare, rosse et affocate. Vuole il Falcon pellegrino
esser largo nel petto, l’ala sottile et lunga, il piede grande et azzurro o bianco, le dita longhe et
sottili, la gamba corta e grossa, l’ancha lunga, et in conclusione la coscia bianca assai.
dei nomi del falcone
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Il primo nome del falcone si addimanda niaso; et questo nome gli dura mentre si sta nel nido. Tali
falconi sono faticosi et hanno il vitio di grida|re, et nel pascer son grievi et faticosi a incarnare. Ma
quando sono incarnati lasciano gran parte di quel vitio et buttano buona prova andare alli aeroni
et a rivera et altri uccelli, et sono forti di natura et animosi.
Il secondo nome si domanda ramengo, et è quando egliè partito dal nido. Dura tal nome, maggio,
giugno, luglio e agosto. Questi falconi sono duri da fare per rispetto del caldo, et perché non ponno patire la fame, Ma chi usa con loro discrettione e diligente governo et patientia ne ha honore,
perché sono senza vitio.
Il terzo nome si domanda soro, per fin passato agosto, settembre, ottobre et novembre. Questi
falconi sono di buona natura et sanno fare il mestier a mente, et sono su’l fiore d’ogni sua bontà
e bellezza; nientedimeno quella prima penna che hanno quando escono del nido, la tengono un
anno innanti che la buttino, et questa tal penna si domanda sora. In questi diversi nomi, et di tempo in tempo li detti uccelli sono migliori a un tempo che l’altro di ammaestrare.
Il quarto nome si domanda marzarolo, et tali falconi domandano genaio, febraio, marzo, aprile et
mezo maggio, et sono di grande impaccio et fastidio; la causa è questa, che convien tenerli in mano
tutta questa stagione. Molti de loro sono sbattenti et par che non temano fame; sono vitiosi et di
natura belli, e sono difettosi di filandre e vermi, et | chi ne vuol honore, bisogna che habbi gran
pratica di quelli et patienza.
Il quinto nome del falcone si domanda mudato a ramo, de prima muta, cioè a mezo maggio, mezo
giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre, novembre e decembre. Questi falconi si domandano
mutati a ramo perché fanno la penna nova et buttano la vecchia; et sappi che sono di natura maestri
e valenti; ma non convien fidarsi d’essi, che la maggior parte sono gàini et fanno come le mule, che
stanno un tempo in pace poi danno dei buoni calci al padrone; chi ne vuol dunque honore convien
aprir ben gli occhi et intendere la natura sua, et come hai quella, guarda, non la svariare tenendolo
per il becco, cioè con gran fame, et ch’el pugno sia la sua pertica. Tali falconi sono maestri perfetti.
Sono falconi che nascono in Corsica et Sardegna, piccoli di persona et rossi nelle parti del petto et
negri nelle spalle, cioè la coperta di sopra; hanno li piedi rossi, la coda lunga non molto pongente
e debile, sono superbi et di grande ardimento, et volentier si partono dall’huomo.
Sono falconi montanari, quai nascono in Lombardia, che son buoni da rivera et da uccelli grandi;
hanno il capo rotondo et negro, et il petto tutto incrocciato.
Sono falconi chiamati Rocozeni, grandi di persona et bruni di penna, piacevoli da fare et quasi senza fatica, e sono fortissimi alle fatiche; volano ne’ | loci come rondine et volentieri si partono da
l’huomo; et per questa causa bisogna esserli usata gran solecitudine in farli spesso piacere.
Sono altri falconi detti Sacchari, che sono bastardi, però che nascono di falconi gentili laineri; sono
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Lords of the Sky
grandi di persona et molto simili ai laineri, massime delle penne, che sono bianche e nere, cioè come
berretinazze. Hanno le ali grandi, la coda et la persona lunga, vogliono esser portati quasi di continuo in pugno con gran sollecitudine, e convien pascerli di pasti liquidi più che altri uccelli, perché
di natura sono secchi e pieni, et come pigliano un buon pasto non vogliono far cosa buona; et sappi
che quel giorno che vorrai andar fuora, conviene da[r]li poca carne, et bambagio assai per borgatura.
Sono altri falconi chiamati de l’Elba, piccioli di persona et gentili di penna, buoni di rivera, et tanto
simili alli pellegrini naturali, et sono più presto tondetti di persona che lunghi.
Sono altri falconi chiamati marini, che sono mezani et simili alli laineri, della penna bianca et
della persona, del capo e delli piedi. Vero è che sono assai più gentili et più belli, et migliori senza
comparatione; sono piacevoli da reggiere et humidi del capo, e facilmente gli viene mal nella testa
per causa di essa humiditate, et però gli giova grandemente il darli spesso borgatura di bambagio
con le sue boccole dentro.
Sono altri falconi chiamati Schiavi, buoni et di grande ardimento; hanno la penna bruna e massime
nel petto, che l’altre parti tranno un poco in rosso. Sono lunghi di persona, hanno l’ala lunga, la
coda corta, aguzza et pongente et vanno volentieri a rivera.
Sono altri falconi che si chiamano Laineri, che nascono nelli boschi di lombardia, quali sono di
poco animo, et si fanno volentieri alla campagna alle pernici; ma convien portarli continuamente
in mano, trattarli da falconi villani, dandoli borgatura di stoppa et facendoli ogni giorno fare qualche cosa, perché sono tanto vili che stando in riposo non se ne havrebbe poi copia alcuna.
Sono altri falconi chiamati Prusiani, che vengono di Prusia, quali sono di buon ardimento et di
natura gentile.
Fin qui è detto della natura e qualità di molti falconi et delli nomi loro, e dove nascono la maggior
parte; hor sèguita con brevità il modo che si deve tenere a conciare detti falconi et farli piacevoli
al capelletto, al lodro et alle traine, et finalmente alli uccelli.
Volendo adunque conciare alcuni de’ sopradetti falconi, prima si deve fornir di zetti lunghi e sonagli che siano grossi e metterli il capelletto et spesso discapellarlo, per modo che doventi piacevole
alla mano, che non habbia paura maneggiandolo. Bisogna ancor toccarlo et maneggiarlo con le
mani | né bisogna per nove giorni et per nove notti lassarlo dormir niente, né toccar pertica; ma
sia tenuto il detto tempo continuamente in mano.
Volendo poi chiamare, questo ordine osservai: metti il falcone su la pertica, e levatoli il capelleto di
testa mostrali il pugno con la carne et tanto zuffola che venga sul pugno, e venendo pascilo subito
con gran piacere; non venendo non gli dar cosa alcuna fin’a un pezzo che l’habbi fame, et così dei
fare per giorni otto successivamente.
A volerlo far al lodro, convien farlo tenir a un altro, et con il lodro al quale sia legato il pasto
chiamarlo nel modo che l’hai chiamato al pugno: fatto questo per sei giorni far tenere più lontano
da te, et con il predetto lodro chiamalo osando e zuffolando, et a tempo gittando il lodro in terra
un poco lungi da te; s’el viene senza vitio et pascilo bene et solennemente, e quando il falcone
è sul lodro valli d’intorno con destrezza et arte, a poco a poco gridando secondo ch’è costume
qualche volta, et havendo continuato in questo modo per alcuni dì, piglia il lodro con la carne et
ogni giorno chiamalo tanto da lontano, quanto poi chiamarlo fortemente, et fa ch’ei sia sciolto di
ogni cosa, cioè senza lunga e senza filagna, et venendo così di lontano senza vitio, pascilo di buon
pasto et falli piacere facendolo scannar spesso, che ciò facendo egli verrà ogni dì più piacevole et
migliore. Ma guarda bene a non li fare qualche dispiacere nel pascerlo.
Potrai ancora chiamarlo qualche volta a cavallo, et fatto a questo modo per un mese, o fin tanto
che venga securo et piacevole a l’huomo senza vitio alcuno, gli potrai poi dar volatura. Ma avertici
innanti che venga a questo: a darli l’acqua, accioché quando fosse lassato in libertà non andasse
per torla et te abbandonasse, perché molte volte fanno de’ simili scherzi per non gliela havere data
innanti; et nota che l’acqua gli vuole esser data d’otto in otto dì, perché la natura di falconi è di
tor l’acqua spesso et volar spesso.
Havendo fatto il falcone piacevole e sicuro come è detto, vattene fuora alla campagna e lassa il
detto falcone in mano stando a vedere quello che fa. Se tu vedi ch’el vada alto e tondo e savio, si
come deono andare li buoni falconi, lassalo andar due volte, poi da l’aere chiamalo al lodro, facendoli scannar una gallina, e pa[s]cilo bene facendo così tre volte, et spesso cavali il capelletto di
testa, e non lo mettere sin tanto che non habbia smaltito. Fatto e acconcio che sia il falcone, come
è detto, vattene fuora ogni mattina per tempo, che l’aere sia chiaro et senza vento e poca acqua,
dove lo vorrai far volare. Et quando lasserai il falcone, va contro il vento tanto che in lassarlo li
uccelli da rivera non sentano; e lassato che l’hai va verso la rivera dove sono li uccelli tenendo il
Falcone sopra te, et essendo andato tanto alto che paia a te che basti, come si volta verso te falli
pigliar della campagna quanto puoi, e non | potendo far amazar uccello alcuno, habbi un’anedra
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teco et cacciale una penna nelle nari e gettala in alto quanto puoi sotto l’uccello, accioché l’habbia
piacer di star sotto di te et conosca l’appiacere che gli fai; et metti mente di non far mai volare se
non hai teco qualche uccello vivo, accioché non potendo il falcone haver piacere in ammazzar
uccelli salvatici, lo possi haver in ammazzar quello che porterai teco. Et questo fa per alcuni giorni
fin ch’el Falcone sia ben incarnato e conosca li uccelli; in questo modo si fanno li falconi che fanno
ogni cosa con piacere.
Pur gliene sono alcuni di contraria natura, alli quali conviene esser usata gran diligentia a conoscerli bene, et conosciuti tenerli magri e grassi secondo fanno meglio, che non havendo la mente
a casa a voler ben intendere et conoscere la natura loro, si commetterebbe ogni giorni novi errori,
né mai si farebbe buoni falconi.
Delle Traine che se gli fanno, sappi che le poi fare di oche, d’aeroni beretini e bianchi, et de nebii
e poiane et altri simili uccelli; et si fanno a questo modo: prima tu dei pascere il falcone su l’uccello
che vuoi che il pigli di buon pasto, et fa questo fin tanto ch’el falcone lo conosca bene, facendo in
questa forma: fa stare in piedi l’uccello di che tu vuoi fare la traina con il pasto legato alla schena,
e valli tanto appresso ch’el falcone lo veda, e veduto che l’habbia lassalo andare adosso a detto uccello; puoi anco far | così et è meglio: piglia una filagna e lega l’uccello che ha il pasto alla schena
per il becco e fa stare uno nascosto che tenga la detta filagna, et tu discapella il falcone stando poco
da lungi e fa tirar il detto uccello con la filagna, accioché il falcone lo veda movere; et se lo va a
trovare senza vitio gli puoi dapoi fare quest’altra traina: dagli uno uccello vivo e fresco che possa
volare, e cigliato a meza ciglia; in loco largo lassa andar il falcone a trovarlo, et se lo piglia pascilo
bene con gran diligentia e piacere; et questo è il modo di far le traine a’ falconi.
Si trovano altri falconi chiamati Smerli leggieri, delli quali non è trattato di sopra; pur non si deve
tacere né lassare che della loro natura è qualità non si dica. Questi Smerli leggieri hanno li segni del
Falcon pellegrino, cioè le penne, li piedi, il becco et le unghie. Sappi che molti di loro riusciscono
perfetti; la natura sua è di pigliar tordi et pernici, e volano più forte che altro uccello di rapina;
sono di gran piacere et animosi e si fanno al modo di sopra, ma bisogna haverli gran diligentia,
perché sono tanto stizzosi che si beccano i piedi tanto che mòreno; e questa è la causa che pochi se
ne trovano di mutati, perché nella muda si beccano tanto che muoiono, come è detto.
delli astori
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Primieramente si trovano astori appellati Armeni, molto differenti dalli astori, et tanto che quasi
non hanno alcuna similitudine con li altri; sono belli di persona, hanno li piedi bianchi come alcuni falconi pellegrini, sono grandi di persona et vanno volentieri alli uccelli grandi.
Sono altri astori appellati Schiavi, che nascono in Schiavonia, et sono buoni ad ogni cosa che vuole
accomodarli l’huomo; sono grandi di persona et animosi, hanno li piedi grandi et sono gentili di
penna, et massime della cosa [coscia] la quale è a similitudine di una lepore netta; hanno la lingua
negra et le nari grandi.
Sono altri astori che nascono in Sardegna, quali non hanno similitudine d’altri astori; sono di penna
bruna, di persona piccoli, hanno li piedi pilosi et sono di poco ardimento.
Sono altri astori che nascono in Calamente, di persona corta et grande, hanno li piedi bianchi et
volano bene et volentieri alli uccelli grossi.
Sono altri astori chiamati alpisani, de’ quali ne praticano in Lombardia, in Toscana, nella Marca et
in Puglia, quali sono più grossi che lunghi, molto superbi et di grande animo.
Sono altri astori che nascono in Rossia, grandi persona e tondi, et sono atti a far d’ogni cosa.
Sono altri astori che nascono in Friuli, buoni et | grandi di persona, ma non sono belli come gli
Schiavi.
Sono altri astori che nascono in Alemagna, i quai sono villani, grandi di persona, di penna rossa et
di poco ardimento, delli quali alcuni sono buoni di prima penna, et mudati non vagliono.
Sono altri astori che nascono in Lombardia, non molto grandi di persona, et sono villani, di poco
animo et di penna bruna.
a far detti astori
Alli astori non bisogna mostrar alla prima altro pasto che pernici, accioché imparino a menarle, et
così facendo si fanno buoni, et convien farli il primo anno alla campagna per far ch’imparino a volare alla longa, perché dapoi che sono mudati fanno ciò che vuole la persona. Et sappi che gli astori
Schiavi non vogliono esser fatti con tanta sottigliezza, perché di natura sanno quello che hanno
a fare, et è meglio tenerli selvatici che domestici. Gli pasti suoi vogliono esser buoni et recenti, e
volendo insegnarli a pigliare uccelli grandi, falli delle traine come è detto di sopra nel capitolo de’
falconi; e volendo mantenerli a detti uccelli grandi, non bisogna lassarli volar alli piccoli, perché
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se guasterìano. Et volendoli far sotto un cane da soccorso, pasci l’astore d’uccelli grandi come sono
oche, grue et altri simili uccelli. Al cane dalli del formaggio e quando voi fare la traina allo astore,
metti il formaggio sotto l’ala de l’oca o grue et fa | che ’l cane ne vada a mangiare in compagnia
dello astore; e questo farai per un mese o tanto che impari andare bene alli uccelli et morderli, et
sopra il tutto tienlo legato, che lasciandolo andar sciolto, se fusse il migliore del mondo si guastarìa;
e non li dar formaggio, se non quando lo fai andar alle oche, et non chiamar lo astor per niente se
non al pugno, e sempre con polli over altri animali morti; e spesso sbrofferai del vino odorifero
nelle nari al tuo astore. Osservarai ancora il modo di darli l’acqua come è detto de’ falconi, et nota
che gli astori vogliono esser medicati di cose dolci.
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de sparavieri
Prima son sparavieri chiamati di Ventimiglia, di persona grandi e lunghi, hanno la becchera grossa
e grande, li piedi grandi, hanno tredeci penne nella coda, et sono di grande animo e buoni ad
ogni cosa.
Sono altri sparavieri che dimorano in Schiavonia, buoni et perfetti ad ogni cosa, et sono di grande
animo, di persona lunghi et grandi; hanno la becchera grossa et lunga, le penne del petto nere et
le tacche grosse.
Sono altri sparavieri detti calabresi, non molto grandi di persona ma di buon ardimento; hanno la
penna come la quaglia et servano bene i modi che gli son insegnati.
Sono altri sparavieri che nascono nelle montagne de Istache de Costantinopoli, i quali sono divisati
a liste et hanno li piedi più che gialli e la penna quasi | come morta, e in mezo del scudo sono
traversati et sono buonissimi.
Sono altri sparavieri che vengono di Sardegna e nascono in Corsica, piccoli di persona, bruni di
penna et volano ottimamente.
Sono sparavieri che dimorano in Alemagna, piccoli di persona et poco buoni.
Sono sparavieri di Veronese et di Vicentina, mezani di persona, delli quali ne reusciscono de’ buoni.
Sono sparavieri chiamati alpisani, grandi di persona, veloci et animosi, i quali vanno ad ogni grande uccello.
Sono sparavieri che nascono in Val di Sabbia, di persona più presto mezani che altrimenti; hanno
la penna rossa e le tacche dorate come il tordo, et sono buoni a uccelli grossi.
Sono sparavieri che nascono in Bergamasca, in una val detta Val Negra, alli confini di Voltolina,
piccoli di persona, bruni di penna, piacevoli da fare et migliori di tutti gli altri sparavieri.
Quattro sorte de sparavieri si trovano, cioè: niasi, ramenghi, sori et mudati in ramo, de’ quali è più
buono et migliore il ramengo, et più piacevole da fare in ogni cosa.
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come si governano et fanno
A voler nudrir et allevar quelli che sono levati piccoli del nido, convien che li tenghi in luogo |
fresco sopra il tutto, et dalli a beccare quanto vogliono delli passarini et rondanini piccioli et anco
poi darli della carne che sia fresca, buona et netta, ma convien tagliarla ben minuta sopra uno tagliere ben netto, over asse fatta a posta, tenendo questo ordine fin che siano grandi. Fatti che siano
grandi, dalli de’ detti passarini netti et integri, accioché imparino a tirare il pasto, et quando sono
sutti metti nella gabbia uno bacile d’acqua netta, accioché la possano pigliare et farsi nette le penne:
a questo modo gli darai buon principio.
Dapoi che sono allevati non sanno a che modo se pigliano gli uccelli; e però è di bisogno insegnarli per la via delle traine, le quali si deono fare a questo modo: tolli delli pollastri piccioli che
habbino la penna simile a quella del fasano e tranne uno in terra, mostrandolo al sparaviero; et se
per quello non gli va, tira via la pelle del capo al pollo sì che sanguini, che ciò facendo gli anderà
credendo che sia carne usata, et andandoli come è detto, pascilo subito con gran piacere; et questo
stile terrai fin’a tanto che vada a pigliar detti polli senza vitio. Fatto questo a sufficienza, tolli una
pollastrella piccola et va in luogo largo et netto senza impedimento alcuno, et gettala a l’aere, e fa
che ’l sparaviero la vada a torre; et andandoli senza vitio pascilo bene et solennemente senza alcun
dispiacere, perché tali sparavieri sono più sdegnosi di tutti gli altri.
Andando detto sparavero bene alli pollastri come è detto di sopra, potrai farli una traina a questo
modo: fa star ascoso uno in qualche fosso, over drieto una mac|chia o fratta con una pollastra in
mano et tu con lo sparaviero, stando un poco lontano grida come faresti ai cani, et quando ti par
esser in ordine con detto sparaviero, fa ch’el getti la pollastra in alto quanto può, et tu subito falli
getto, et andandoli a tuore in piedi, correli presto ch’ella non li facesse male, et incontinente pascilo con il maggior piacere che puoi; et questo farai due volte al dì, cioè la mattina et la sera. Dopo
queste traine monta a cavallo e va fora alla campagna facendole bene a dette pollastre; poi mettilo
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in ordine per la sera et va fuori a farlo andar alli uccelli, et fa un getto con buon modo e non più;
et se’l piglia pascilo bene con grandissimo piacere, lassandolo stare su l’uccello. Et questo farai per
quattro dì, non pigliando se non uno uccello per volta, accioché ’l cognosca l’appiacere che gli fai,
et s’incarni bene; et questo è il modo di far le traine a detti uccelli.
Volendo poi tener quelli con buon modo, levati la mattina per tempo, et tolto il tuo sparaviero in
mano valli toccando la coda et le ali, accioché ti stia polito et leggiadro in mano; cavali ancor alcuna volta il capelletto, rimettendolo con buon modo et destrezza, et tenuto che l’haverai per due
hore così lo metterai per meza hora al sole. Fatto questo chiamalo con lo pasto al pugno zuffolando
forte, accioché impara a venir quando gli farai tal segno, et venendo pascilo bene. Questo ordine
si deve tener finché ’l vegna al pugno senza vitio, ricordandoti che non gli puoi far tanto piacere
che non sia poco. Essendo fatto bene al pugno et maniero, vedi se ’l vole tor l’ac|qua, et tolendola
tu puoi andar fuora et farlo volare; et prima che facci altro, stando a cavallo chiamalo dalla brocca
con la filagna, che se così non facessi potria accadere che chiamandolo poi a cavallo non verrebbe,
per paura di quello, et venendo dalla brocca senza vitio poi farlo volare; ma poni mente a farli lo
getto che ’l sparavier abbia piacere, perché havendo piacere sul principio potrai poi più sicuramente
fare di esso quello ti piacerà.
del modo di pascere
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A pascer li detti sparavieri sappi che bisogna darli buoni pasti, come sono cosce di pollastri, passarini piccoli, rondanini et pizzoni piccoli, et cori d’agnelli. Questi sono tutti ottimi pasti da sparavieri, ma conviene sempre dar detti pasti che siano ben netti et caldi se gli è possibile, che ciò facendo
meglio si conservano, et non è tanto pericolo che li ributtino. E ancora d’avertire che li sparavieri
patiscono dalle parti di soto molti mali humori, alli quali non facendo provisione, facilmente potrìano morire. Si ché, per ovviare a questo, darai ogni giorno borgatura di bambagio al sparaviero,
benché molti dicono esser mal fatto a darli borgatura così spesso; ma con sopportatione di quelli,
a me pare che l’intendano male, et la ragione è questa: dandoli detta borgatura el si vede di dì in
dì la dispositione di dentro de l’uccello, per li segni che quella dimostra, venendo hor bianca, hor
nera, hor gialla o verde, over | d’altri colori, et conoscendo per questa via l’infermità del tuo uccello, gli poi dar il rimedio. Sarà dunque buono a darli detta borgatura mettendoli dentro alcuna
volta uno garofilo integro o una giubebba, over una boccola dell’istesso bambagio, che tutte sono
cose perfette da tirare giù dalla testa i mali humori; se gli può anco mettere alcuna volta una fila
di zaffrano, et è buono darli l’acqua ogni otto dì, perché sono desiderosi di quella; et questo è il
modo di mantener sano l’uccello mediante la buona mano.
delli pasti
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Guarda non pascer il tuo uccello di due generationi di carne, che gli sarebbe di gan danno perché
la lor sustantia si corrompe et genera tristi humori e vermi et empie il corpo dell’uccello di ventosità; e avertisci di non gli dar carne di bestie vecchie né che siano stentate o ferite, perché tali pasti
sono di mala digestione et pieni di veneno et di febbre. Guarda ancor a non gli dar carne di gallina
che habbi covato, né sarà male a mutar alcuna volta i pasti alli tuoi uccelli.
La carne di oca, usandola troppo, ingenera flegma et viscosi humori et pietra nel sacchetto.
La carne di vitello piccolo è buona per una o per due volte, ma per più no, perché ingenera flegma
et humori freddi nella testa e disicca l’uccello et genera molti pidocchi; li suoi cuori sono migliori
da usare.
La carne della capra, del becco et del castrato è buona per mantenere l’uccello ben disposto et
grasso, ma alcuni maestri di quest’arte dicono che genera carne gottosa et humida et acqua, et
opilatione nella testa.
La carne del montone non è buona perché ingenera humori nella testa, calzinazzo assai et molto
riscalda l’uccello.
La carne dello agnello e del capretto è buona data con latte di capra, et massime quando il tuo
uccello haverà patito qualche grande affanno sarà buonissima.
La carne della lepre et del coniglio, calda e fredda è molto sana et digestibile, ma guarda non gli
dare del cervello e del pelo, né ossa, che sarìa cosa molto pericolosa et gli farai venire detti vermi
nelle budelle et nella gorga.
La carne del gatto è mal sana e dura da padire, et genera vermi di mala conditione e restringe il
fiato et il petto all’uccello.
La carne delli ratti è buona e sana, consuma la colera, giova alla testa, fa buon stomaco et fa padire,
ma convien darla sempre col proprio pelo.
La carne del cane è molto buona e sana et è utile alla generatione delli falconi, che sono caldi di
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natura.
La carne del lupo è mala e contraria alla natura dell’uccello.
La carne della volpe è sana et ingrassa l’uccello.
Quando il tuo uccello fosse stato nel tempo del freddo e l’aere et massime la notte, dalli da mangiare uccelli piccoli, perché sono caldi di natura et confortano | molto quello per il freddo dianzi
ricevuto; ma guarda non gli continuare, perché si farebbe troppo altiero contra di te, dove non lo
potreste poi governar a tuo modo.
Delli pasti delli uccelli da rivera e d’altra sorte gli ne sono di buoni et de mali, de’ quali io dirò
brevemente la natura loro. Dicono alcuni maestri di quest’arte che gli ossi et il sangue delle barganelle e armevole e moretti e morettoni, si può dar al falcone, et le pellette, managetti, giveri et
giveroni non sono da dare perché sono di mal nutrimento.
La carne dell’anedra et della grua è buona e sana.
La carne della pernice è sanissima quando l’uccello è infermo.
La carne de l’oca faraona e quella del corvo calbo è buona, ma convien dargliene poca quantitade,
et non gli dar del suo sangue per niente, perché gli è salsivo et di mal nutrimento.
La carne delli corvi erranti et delli balli d’acqua è di mala digestione et di cattivissimo nutrimento.
La carne delli Falcinelli è di malissima digestione.
La carne della cicogna bianca et della nera, detta Saracinesca, è di mal nutrimento, dura da padire
et puzzolente.
La carne del Bittor, detto Zarabuso e quella della Folega è buona e sana, et massime nel tempo che
detta Folega mangia il sabbione; egliè buona per mettere in ordine il falcone, et conferisce molto
alla natura di quello, et ancor naturalmente tutti gli uccelli che | vivono ne l’acqua sono di natura
frigida e humida et di mala digestione.
La carne delle garzette bianche et delli Agretti, detti Splucabove, è carne digestibile et de buon
nutrimento.
La carne delli Chiusarelli, detti beccarocchi e delle Pallette et garze grosse è quasi d’una medesima
sostanza, et non bisogna dar troppo di esse per pasto.
La carne del Cuccho è assai buona.
La carne dello aerone reale, detto Biso, è assai buona, secondo l’openione de molti antichi falconieri, ma Tholomeo Re d’Egitto allega il contrario, dicendo che naturalmente tutti gli uccelli che
vivono di pesce, rane, biscie et altre generationi di vermi venenosi, sono di malissima digestione
et che ’l suo sangue è opilativo et generativo de mali humori, ancor che paia che piaciano tali pasti
alli falconi per la sua dolcezza.
La carne dello aerone rosso è buona, ma convien darne poca quantitade.
La carne del Cisone e de molte altre generationi de uccelli da acqua et da rivera, che sarìa lungo a
scrivere, è da usare a luogo e tempo, secondo il bisogno del falcone.
La carne de i corvi marini detti Cornizari et di Sorbastri, detti corvi maltesi, e cornacchie, di taccole, di gaze et de un’altra sorte di cornacchie che hanno il capo nero et il becco rosso e lungo, le
gambe lunghe e rosse; tutte queste sorti d’uccelli hanno il sangue salsivo, e però ne potreste alcuna
volta dar al tuo uccello; ma non è da usar troppo.
La carne delli uccelli di rapina, come sono nibii reali e neri et arpie, baurde, poiane da posta, acquilastre, albanelli, allocchi detti oleba et barbagiani; tutte queste carni sono molto contrarie alli
falconi e sono puzzolenti, di mala digestione et di natura coleriche. Il sangue suo è cattivissimo,
e le cervella pessime, et massime quelle delli allochi, perché se convertiscon in vermi maligni e
pericolosi; et però non è da pascere i falconi di simili uccelli.
La carne di tutti quelli uccelli che si nodriscono di grano, come sono fasani, pernici, francolini,
cotornici, quaglie et altri simili uccelli, non si potrebbe dire della bontà loro, et massime nelle
infermità delli falconi et altri uccelli nobili di rapina.
La carne delli colombi è bonissimo pasto, quando il falcone è infermo et perfettissimo quando il
metti alla muda per farlo mudar presto et bene.
Ultimamente i polli sono sempre buoni da ogni tempo et la femina è migliore assai senza comparatione.
delle smaltidure
La smaltidura mal padita è rossa, et si come dà il pasto al falcone, lo smaltisce, et questo procede se
’l fegato è freddo e mal sano; il suo rimedio è provederli di pasti caldi.
La smaltidura berettina mischiata con altri colori et massime di nero con sangue è segno mortale;
falli questo rimedio: piglia acqua di scabiosa, acqua di fumo|terre, lisia dolce et zuccaro, et tutte
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queste cose incorporate insieme metti nella gorga dell’uccello.
La smaltidura che è come calcinazzo et brugia di dentro l’uccello, falli questo rimedio: dalli oglio
e butiro lavato e zuccaro con acque refrescative, che queste cose gli giovaranno assai.
La smaltidura ch’è come latte marzo è segno mortale, e detto uccello patisce nel sacchetto, ha
debilità di rene et filandre senza fine; e sappi che le smaltidure nere, gialle e berettine insieme è
segno mortale; le smaltidure de calcinazzo che vengono una dopo l’altra si può guarire: piglia cose
humide, come zuccaro, lardo lavato con acqua di scabiosa e acqua melata, et dà con pasti liquidi.
La smaltidura che è come acqua e par marcia, o come chiaro di ova, dà segno che l’uccello è marcio
di dentro. Provede adunque a questo modo: togli hiera pigra e loc de pino e dagliene sopra il pasto
e pasci di pasti che non siano troppo caldi né troppo freddi.
La smaltidura bianca, senza macula alcuna, dimostra che l’uccello è sanissimo.
La smaltidura gialla procede da riscaldagione e facilmente può venire per troppo grassezza o per
troppo dibattersi. Alhora è segno d’infondirse o de calcinaccio, et facendo la smaltidura gialla
mischiata con bianco o nero, ma che tien più del giallo che d’altro colore è segno d’opilatione, la
quale è grave infermità et bisogna rimediarli presto.
Le smaltidure nere dan segno che l’uccello è molto | dirotto di dentro, et continuandole di tal
colore havrà gran fatica a campare.
Le smaltidure verdi, se non sono accompagnate d’altri colori, dimostrano che l’uccello è apostemato di dentro, come sarà dichiarato nel capitolo delle borgature di tal colore.
delle borgature
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Quando fanno le borgature segnate di qualche colore, dicono gli maestri di quest’arte che gli uccelli non sono sani et che il segno vero di sua sanità è quando le fanno tonde et nette, senza macula
alcuna; allegando ancora che le diversità delle malattie sono causa che le dette borgature vengan
segnate di diversi colori.
Quando fanno le borgature nere è segno che sono dirotti dentro et hanno delli humori tristi nel
sacchetto; può ancora procedere dal troppo dibattersi et per esser il fegato et il fele troppo alterati.
Quando fanno le borgature verdi procede dal fegato e dal polmone, che sono apostemati; può
anco procedere da altre apposteme et infermità del corpo come alcuni maestri dicono, che quando
l’uccello selvatico è preso di fresco, fa le smaltidure verdi, et simile fanno quando sono pasciuti di
pasto selvatico. Ma non vi essend’alcuna di questa cause, sappi certo che gliè apostemato di dentro,
secondo il giudizio che si può fare per via delle borgature et smaltidure. Se sarà dunque verde o
meza o tutta o parte, provedigli a buon’|hora, accioché il male non vada più inanzi.
Quando fanno le borgature gialle, procede da riscaldagion overo dal fegato che non è sano, et può
anco procedere da troppo grassezza. Ma se tu vedi che siano tutte gialle et ch’el falcone, over altro
uccello, si dibbata, provedili con cose refrescative, come sono violepi e acque grigie o altre simili
cose.
Quando fanno le borgature beretine è segno mortale, e massime se la smaltidura è come la borgatura tutta beretina; il medesimo giudicio si fa delle turchine.
Quando fanno le borgature rosse è segno che sono mal padite, et questo viene da debilità di stomaco e da mala dispositione. Alhora convien che tu ricorri al capitolo della debilità di stomaco, et
che gli facci i suoi rimedii con grandissima diligenza.
delle medicine
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Di sopra havemo trattato della natura delli falconi, astori et sparavieri, et delli modi che si debbono
osservare a fare, reggere et governare detti uccelli. Havemmo anco dato a conoscere quali siano,
della maggiore parte de’ pasti, i buoni e nocivi, et la cognitione di molte infermità per varii segni
che dimostrano le smaltidure et borgature. Hor resta di vedere come quelle et molte altre, delle
quali non è fin qui fatto mentione, si curano. Et ultimamente con che arte si reggono et governano
nelle mude loro.
Accadendo adunque che il tuo uccello cada in qualche infermità, la prima cosa che hai a fare tu, dei
por|tarlo ad una acqua corrente, overo presentargli una gran bacila d’acqua netta. S’el beve sappi
ch’el non è sano, nondimeno lassalo stare fin ch’el se parta dall’acqua, poi portalo al sole, over in
altro loco conveniente al bisogno, et se per caso non havesse bevut’alla predetta acqua, potrai dopo
presentargliene uno bicchiero, acciò possa gorgare se n’havesse bisogno. Non sarebbe anco mal
fatto, benché l’uccello non havesse male, a presentargli ogni sera l’acqua in un bicchiero tenendo
l’uccello in mano; et questa è perfetta cosa a farlo menar giù, che moltre volte n’ha grandissimo
bisogno; et se l’uccello non havesse fame, prima votalo per xv dì, se ben non ha calcinaccio nel
corpo, et fa che gli vegna una grandissima fame, poi tolli del polmone di lepore, et non potendo di
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quello havere piglia di quel d’agnello o di vitello et mettilo in molle in buon vino, et come vi sarà
stato sufficientemente, pascine il tuo uccello dandogliene poca quantità. Fatto questo tu leverai la
mattina per tempo e andrai fuora per veder quello che vorrà fare; s’el non volesse far niente, astringilo bene et falli far per forza quel che non vuol far per amore; gli potrai anco dare per farli venir
fame del butiro lavato con un poco di zuccaro, almeno quattro matine per il fresco.
A voler votar bene uno uccello che fusse troppo pieno, cioè troppo grasso, pascilo de pasti liquidi,
come sono cuori, passarini, pivioni piccioli et altri simili pasti lavati in acqua tiepida et sugati poi
bene, et ogni volta che lo pasci dalli buona gorga | et continua per giorni xl.
Se l’uccello non potesse padire, sappi che questo può procedere da diverse cause. Prima per haver il
sacchetto mal disposto, secondo per lo calcinazzo, terza per la infirmità della testa et del polmone,
quarta per esser stato pasciuto di cattivi pasti, quinta per esser stato pasciuto sopra la borgatura
non borgata; et se gli puzzasse il fiato, overo nel sacchetto, questo può venire da alcuna cattiva [sic]
che gli sia stata data, e può anco procedere da riscaldagione che hebba presa. In questo convien
aprir ben gli occhi a intendere l’infermità et bisogno dell’uccello, inanti che cominci a medicarlo.
Se questa indispositione verrà dal sacchettto che l’uccello non possa padire, falli questo rimedio:
piglia aloe patico e pepe quella quantità che bisogna, et spolverizati danne a l’uccello con acqua
rosa, che si purgherà ottimamente per esser questa medicina forte. Mentre ne dai al tuo uccello
pascilo de bonissimi pasti et continua così con buon modo fin che sia purgato bene. Se questo vien
da calcinazzo, fagli questo rimedio: piglia lardo ben lavato con acqua pura et netta, poi mettilo
in acqua di scabiosa per un quarto d’hora, et di quello danne a l’uccello tanto come è uno gran
di fava, con altro tanto zuccaro fino, pascendolo de buoni pasti. S’el male vene dalla testa purgali
quella, overo dalli il fuoco, se ti pare che n’habbi bisogno. Ultimamente a voler risolvere queste et
altre infirmità, fagli questo singolar rimedio: videlicet piglia mezo grano di reubarbaro eletto et un
poco di zuccaro candido, et con suc|co di rose over acqua rosa, fa una pillula e dalla a l’uccello, che
tenendola non havrà male; et questo potrai fare due o tre volte secondo il bisogno suo.
Se l’uccello fusse pieno di calcinazzo com’è quando si leva dalla muda, alhora si chiama infonduto,
cioè che si trova troppo grasso, et non gli bisogna manco di quaranta dì a votarlo, et a voler ciò
fare convien pascerlo de pasti liquidi lavati in acqua, et poi ben sutti, et si potrebbe dargli con detti
pasti un poco di zuccaro fino per quindici dì almeno; et se l’uccello è magro e pieno di calcinazzo,
pascilo similmente de pasti liquidi, ma non gli lavare, et dagli ogni mattina innanzi che gli dii
altro da beccare per un’hora una pillula di butiro lavato con un poco di zuccaro fino, continuando questo per nove giorni continui, overo dalli per tre matine un poco di olio buono, overo un
budelletto pieno di latte; et non potendo l’uccello per queste cose smaltire, mettigli uno servitiale
d’olio buono, che questo è ottimo rimedio per rompere il calcinazzo. Gli gioverebbe ancora assai
a dargli del zuccaro candido con l’acqua; ma sopra il tutto avertisci a tenerlo in luogo fresco, s’egli
è troppo grasso, accioché la grassa non se gli dileguasse nel corpo, che per questo potrebbe facilmente morire.
Ad un uccello che havesse pieno il capo, cioè che gli venisse acqua o marcia fuora dalle nari.
Questo può venire per non l’havere lassato sugar bene quando ha tolto l’acqua, per non gli haver
dato borgatura secondo il bisogno; per non l’haver fatto tirar nel dar|gli da beccare et da humori
humidi; pur sia come si voglia questa infirmità è da molti dell’arte chiamata fistula, ma per me
la chiamerei scesa o catarro, benché questo sia di poca importanza; basta che l’uccello per modo
alcuno non vuol beccare, volendo dunque rimediargli, rompergli la vena che va all’occhio, dargli
il fuoco alle nari; poi ancora fagli questo rimedio: piglia grani di strafusaria, un poco di pepe, un
poco d’alloè patico, polverizza sottilmente le predette cose et mettila in tanta acqua di ruta, che restino in licore, et di quello con un poco di bambagio bagnali due volte il dì le nari; et se per questo
non potesse guarire passali le nari con uno stile d’argento o d’oro affocato, poi bagnali d’orina et
dalli della borgatura di bambagio con le cubebe dentro, et tieni questo ordine fin che sia guarito;
et non potedo per questo sanarli, falli quest’altro più forte rimedio: pelagli il capo di dietro et dalli
il fuoco con un ago, overo bastoncino di ferro, argento o oro, rompendoli con il medesimo la vena
che va all’occhio, et tenendoli poi onto di butiro fin che sia cascata l’escara del fuoco; et caduta o
levata quella, se gli bagna d’orina fin tanto che sia guarito; et questo è l’ultimo rimedio.
Volendo l’uccello della testa, da mali humori et da la indispositione del sacchetto liberare, nota che
a conoscere detti mali l’uccello ti dà alcuni segni: prima non teme fame, non si cura di beccare
et tiene gli occhi serrati; fagli questo rimedio: piglia un poco di rasa greca, un poco di pepe et
grani sei di strafusaria | polverizza ogni cosa insieme et con succo di rose forma una pillola, et la
matina dopo che l’uccello haverà gorgato mettigliela per forza nella gorga non volendo pigliarla
altramente, poi tienlo in mano incapellato per spacio d’un’hora, e dopoi mettilo al sole senza capelletto, lassandoglielo fin tanto ch’el butta gli cattivi humori con la pillola insieme. Fatto questo
portalo all’acqua et lassalo gorgare, poi tienlo per due hore in mano et dopoi pascilo di pasto caldo
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e buono, et questa medicina se deve replicare ogni altro giorno secondo il bisogno de l’uccello.
Suole molte volte venire una doglia nella testa all’uccello che non può tenerla ferma, ma la mena
in qua et in là tenendo gli occhi serrati, questa infirmità è chiamata soda, et può procedere dal sacchetto che non sia netto, o dal fegato che non sia sano. Fagli questo rimedio: piglia tanto di lardo
non lavato quanto è il primo nodo del deto piccolino [mignolo] e un poco di pepe e uno poco di
aloe epatico. Polveriza sottilmente queste tre cose poi involtali dentro il detto lardo, et cazzalo ne
la gorga all’uccello e tienlo un pezzo in mano, poi mettilo alla pertica al sole et lasciavelo tanto
ch’el butti la medicina con gli cattivi humori insieme; et questo rimedio potrai fare ogni terzo dì
una volta, et pascilo di pasti caldi, come sono pivioni e uccelletti piccioli, et ogni volta che gli dai
borgatura metteli dentro un poco d’aloe, che sarà bonissimo per liberarlo di tal infirmità.
Un’altra infirmità suol venire ne la testa a l’uc|cello, la quale per esser generata de cattivi humori
si spande per tutta la persona et è chiamata mal agro; la quale per questi segni se conosce: prima
tiene aperto il becco et batte i fianchi come havesse voglia di volersi distendere, et allarga i piedi
e le gambe, e si gratta il becco, a dinotare ch’el suo male è nella testa più grave che in altro luogo;
falli questo rimedio: dalli il fuoco alle nari con uno stile d’argento affocato, poi onta per quindici
giorni con butiro dove haverai datto il fuoco, pascendo de buonissimi pasti, et guardandolo dal
vento et dal freddo mentre lo medichi.
All’uccello che havesse infiata la testa talmente ch’apena gli paresse il bianco de l’occhio, togli uno
alone et invilupali dentro della ruta in herba et fa tirar et spumar l’uccello per tre volte il giorno,
pascendolo poi nelle sue hore convenienti de buoni pasti et leggieri da padire. Dalli poi la sua
borgatura con le infrascritte cose dentro, cioè: aloe patico, incenso, fatti in polvere et sbroffati
con un poco d’acqua di vita; poi quando vol andar a dormire presentali l’acqua se volesse bere; e
la matina torna a farlo tirare et spumare nello alone con la ruta, dopo che haverà burgato come è
detto; et questo è solenne rimedio et sicurissima via da scarghare la testa d’ogni mal humore. Si
potrebbe anche mettere un poco d’agarico, over un poco di pasta di pillole cochie nella borgatura,
che farebbe bonissim’effetto.
Se voi purgare la testa e ’l corpo a l’uccello, et farli venir fame, falli queste pillule: piglia strafusaria,
rasa greca, pepe, radice de celidonia e aloe patico et pol|veriza ogni cosa et incorpora con mele, che
ne possi formar pillole, le quali darai a l’uccello in questo modo: prima metterai una di dette pillole
in uno bicchier, che habbia solo il fondo coperto d’acqua, della quale ne darai una gorgata a l’uccello
dandoli subito dietro la pillola posta nel bicchiero, et dietro quella un’altra borgata della medesima
acqua; fatto questo lo metterai al sole over alla pertica per due hore o fin a tanto che habbia gettata
la medicina con gli cattivi humori insieme. Gittati che gli haverà, lo lasciarai posato per quattr’hore
almeno, poi lo pascerai di pasti buoni et caldi; et questo è bonissimo forte rimedio a tali infirmità.
A purgar la testa e ’l corpo a l’uccello da flegma et altri cattivi humori: prima che lo metti alla
muda, piglia aloe patico, vernice, radice de Celidonia secca, incenso, pepe, fele di bove et rasa
spagna di ciascun talmente, et di tutte queste cose fanne polvere sottile; et poi di quella forma
pillole grosse come uno di fava con succo di rose, overo con mele rosato; danne una a l’uccello per
forza, non la volendo pigliar altramente, poi mettilo alla pertica lasciandovelo sin che ha buttata
detta pillola con la flegma insieme, et passate dopoi da tre o quattro hore gli potrai dar da beccare
pascendo di buoni pasti.
Se abbondasse tanta flegma o altri mali humori la testa allo uccello che non potesse respirar per le
nari, o che gli venisse marza da quelle, togli sementi de peste tanto quanto è una noce et mettile
| per un dì et una notte in acqua di ruta over aceto forte, e poi quella acqua o aceto bagna ogni dì
le nari de l’uccello et fregali il palato, che se gli purgherà la testa benissimo.
Ad uno uccello che havesse talmente infiata la testa et gli occhi che non vedesse lume, fagli questo rimedio, il quale è mirabile et sicuro: piglia un poco di pasta di pillole di iera et danne nella
borgatura a l’uccello per sturbarlo manco, poi bagnali spesso gl’occhi con acqua rosa, nella quale
siano bollite un poco di sementi di fien greco, ma avertisci che detta acqua over colirio sia tiepido
quando gli bagnerai, perché l’occhio è tanto nobile et sensibile che non può patire cose troppo
fredde, né troppo calde, ma vogliono sempre essere operate honestamente calde, cioè tiepide come
è detto di sopra; et questo continuerai fin ch’egli sia perfettamente guarito, pascendolo di pasti
leggieri e buoni et facili alla digestione.
Ad uno astore che havesse l’acqua gelata nella testa, piglia una coda di vitello scorticata et fa tirar
l’astore alquante beccate, poi habbi una pelesina di pollastro nella quale invilupperai dentro della
ruta et la darai al detto uccello, come si danno le borgature, lasciandolo star così per quattro hore
senza beccare; poi gli darai buon pasto et sanarassi di certo.
A purgar la testa alli sparavieri che l’havessero troppo piena et fossero per venir orbi, piglia aloe,
mirra et zaffarano et polverizati sottilmente formane pillole con mele rosato, over succo di rose, et
ogni | mattina innanzi che lo pasci dagline una, poi tienlo tanto in mano che smaltisca, et smaltito
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che habbia mettelo alla pertica fin tanto che la pillola habbia fatto la sua operatione, poi pascilo di
pasto leggiero in poca quantità et sanarassi presto.
Et se per sorte se gli ingrossassero et infiassero gli occhi per detta infirmità o pienezza, gli potresti
tener bagnati del sopradetto colirio fatto d’acqua rosa et sementi di fien greco, osservando la regola
scritta in detto capitolo; ma se fosse da tempo caldissimo gli potresti dare in cambio di detta pilola
una borgatura di bambagio con le sue boccole dentro, che questa è mirabile per discaricar la testa
alli sparavieri, et poi fargli uno colirio in questo modo: pigli acqua rosa, acqua di finocchio, acqua
di piantaggine, di ciascuna oncie una, et mettigli dentro un poco di sief albo senza opio ben polverizato, et poi di detto colirio tien rinfrescati spesso gli occhi al tuo uccello così freddo, essendo
grandissimo caldo com’è detto, che se fosse di altro tempo converrebbe governarsi altramente.
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de cauteri
Parmi cosa ragionevole a porre il presente singolar capitolo in mezo a questi che trattano delle
malatie over infermità della testa et de gli occhi, perché molte volte conviene operarlo in quello, et
massime quando le medicine che si danno per bocca et applicano sopra dette infirmità, non ponno
perfettamente sanarle o vero estirparle.
Si danno dunque i detti cauterii over fuochi, con diversi et vari instrumentii di ferro, argento et
oro, secondo la dottrina et arte dell’antico et dottissimo Albu Casim, ma perché non sono tanto
usati nelli animali de’ quali al presente ragioniamo, come sono nelli huomini, io restingerò detto
capitolo dicendo solo i luoghi dove si cauteriza o si dà fuoco, lassando come et quando si danno
ne’ luoghi bisognevoli. Dico adunque il cauterio, over fuoco, come più ne piace di dire, si può
dare alla nuca della testa per sanare o catarro o scesa, overo altra infirmità difficile et inveterata di
quella; si può dare al canton dell’occhio per sanare la fistula lagrimale et il superfluo corso delle
lagrime di quello; se gli può anco dare per qualche brutto segno che havesse su l’occhio, et non si
potesse lavar con medicine locali; se gli può medesimamente dare per una grave infirmità di testa,
per la quale andasse a pericolo di perdere la vita o il lume de gli occhi; se gli può dare alle nari per
la fistula della testa et per altre diverse et fastidiose infirmità, come si dirà ne’ luoghi suoi. Se gli
può dare su gli nodi delle ale per certe infirmità che gl’impedisce il moto di quelle, che paiono
assidrati; se gli può ultimamente dare nella palma del piede per giovar alla gotta et per liberarli da’
chiodi, i quali sono difficilissimi da sanare per via di medicine, come si vederà nel suo capitolo, il
quale sarà uno de’ notabili di quest’opera, sì per la qualità de’ bei rime|di locali, sì per vedere come
s’adoprano detti cauterii.
Se il tuo uccello havesse una macchia su l’occhio o per una botta o per catarro, over per cattivi
humori, fagli questo rimedio: prima purgali la testa con un poco di pasta di pillole di lucis o di iera
con agarico, poi piglierai pepe bianco, aloe patico e tutia, preparati polverizati sottilissimamente
et posti in acqua di vita per ventiquatro hore, et poi colati con un panno di lino un poco fissetto,
ne meterai sopra la macchia dell’occhio con un poco di bambagio in capo di uno stecchetto, continuando questo per molti giorni, bagnandoli almeno due o tre volte il giorno; et se per sorte detta
macchia non si levasse con questa medicina, gli potrai fare quest’altra più forte et più sicura, quale
è colirio di reines in questa forma ordinato: si piglia aloe, zaffarano parte otto, verderamo brusato
et lavato, gomma arabica, opio, di ciascuna parte quattro, incenso parte tre; tutte le predette cose
si polverizano sottilissimamente et poi se ne fa pillole con vino dolce et si conservano; si pilia poi
una di dette pilole et altretanto colirio bianco di Galeno, et polverizati insieme si può mettere un
poco di detta polvere su la macchia, overo se ne può fare collirio con acqua rosa, di finocchio et di
celidonia, et operarlo com’è detto di sopra nel presente capitolo; et se tutte queste cose non fussero
bastanti per sé sole di sanar l’uccello di tal infirmità, pelagli leggiermente la testa di dietro et verso
l’orecchio dell’occhio infermo, dà con quella diligenza et rispetto che l’arte dimanda, il fuoco con
un bottoncino d’oro, che questo è il suo | ultimo rimedio, et il più giovevole di tutti gli altri.
Et questa è la vera regola et sicura via che si tiene per curar tale infirmità, non solo in questi animali, ma ne gli huomini anchora, come io ho più volte visto per propria isperienza; vero è che
a gl’huomini alcuna volta si sallasseno le vene che sono situate dietro l’orecchie, poi s’allacciano
con il bottoncino di fuoco come è detto, ongendoli poi di assongia o di butiro, fin che l’escara del
fuoco sia caduta, che dopoi il vino nel quale siano bollite un poco di rose è sufficiente a consolidar
perfettamente il luoco cauterizzato.
Questo medesimo ordine et modo si potrà sicuramente tenere a medicare qual si voglia uccello di
rapina, perché sono tanto nobili et gentili, che la maggior parte delle medicine che giovano a gli
huomini conferiscono ancora a detti animali, come si potrà chiaramente vedere nelle sue operationi, dandole però concertatamente et in poca quantità, come alla loro debile et delicata natura
si richiede.
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Alcuna volta viene una grande infiagione nelli occhi all’uccello, la quale si purga et risolve a questo modo: prima si ongie tutta la testa all’uccello con oglio rosato tepido s’egliè d’estate, et s’gliè
d’inverno s’adopera un poco più caldo, guardando diligentemente che non gli ne vada nelli occhi,
che gli causerebbe grandissimo brusore; vedendo poi che detta infiagione non si risolvi, è segno
ch’el male è pericoloso, et però non tardare a purgargli la testa con alcuna delle sopradette pillole,
et bisognando, dalli il fuoco alla nuca con un bot|toncino d’oro, ongendogli poi di butirro per alcuni giorni come è detto. Et perché questa infirmità con la giunta delle medicine et fuoco insieme
causano grandissima sete, sarà buono dar spesso all’uccello dell’acqua fresca con violepo rosato o
violato, et sarà megliore et più refrescativo.
A far acqua da occhi apostemati per grassezza o pienezza di testa, che non solo è buona per gli uccelli ma per gl’huomini ancora, piglia calcina ben monda et netta et mettila in acqua fresca per tre
dì, poi collela dodici volte con un panni di lino fisso, lavando sempre detto panno et spremendolo
bene, poi lasciala riposar anchor per una notte et torna a colarla quattro volte. Fatto questo mettila
in una ampolletta con un poco di sale armoniago di tre o quattro cotte, et lascialo riposar ancor
per una notte; poi bagna spesso di quella gli occhi infermi, che presto guariranno.
Un’altra acqua mirabile per essiccare ogni grande humidità d’occhi et per principio di cataratte,
per me più volte esperimentata non solo ne gli uccelli et altri animali, ma ne gli huomini ancora
senza pericolo alcuno: si pongono tre scudelle di formento ben mondo, et una scudella e meza
di sal bianco in uno bacile ben netto di ottone, et se gli mette sopra tanto vin bianco buono o
vernazza, over malvasia, che copra detto formento, et sale per due dita almeno; poi si cuopre con
un’asse et per quindeci dì continui si va parando nel vino quella fumosità che s’attacca dentro del
bacile, con una spadoletta sottile di legno. Fatto questo se | il detto vino haverà preso bel colore
verde lo colerai et lasserai chiarire a poco a poco et metterai, benché chiaro, al sole ne i vasi di
vetro, lasciandovelo per qualche giorni a confettare, che dopoi lo potrai adoperare, come si fa gli
altri colori sicurissimamente, che senza dubbio alcuno ti farà grandissimo honore.
Alcuna fiata, per causa di catarro, viene dentro le orecchie una apostema tanto mortale che rare
volte, benché gli sia usata gran diligenza in curarlo, si può salvare, et questo procede che l’infirmità è tanto al cervello vicina che la maggior parte, inanti ch’ella possa rompersi et purgarsi
di fuora via, uccide. Poi il loco è difficile d’applicarvi i medicamenti opportuni. Pur accadendo
che l’uccello sia de sì forte natura, che l’apostema si rompi, che si conosce quando la putredine
comincia a uscire dell’orecchio, falli questo rimedio, qual è nobilissimo et da me più volte anco
nelli huomini usato in detta infirmità con mio grandissimo honore et utile dello infermo: piglia
mele rosato et olio de rossi d’ovi et incorporati insieme mettine due o tre volte il dì un poco
tepido dentro l’orecchie, et vedendo che per la quantità della marza che gli abondasse havessero
bisogno di maggiore abstersione, se gli potrà aggiongere uno pochetto di Sarcocolla sottilissimamente polverizata. Il vino de’ pomi granati dolci è anco mirabil in questo caso, confetto con
le predette cose; et perché detta infirmità viene con grandissimo dolore nel principio, non gli
sarebbe di poco giovamento per alleviarlo et aiutar la maturatione il presente singolar rimedio:
recipe | butiro ben menato per un’hora almeno nel mortar di piombo, et dapoi tepido stillato
nell’orecchie due o tre volte il giorno. Fatto questo finché comincia a cessar il dolore, che si conosce quando l’uccello piglia meglio il pasto et lo ritiene et digerisse, si potrà poi torre oglio de
rossi d’ovi ancora per due o tre dì, menato medesimamente nel mortar di piombo et stillarne due
zette così tepido nell’orecchie come è detto, et poi di giorno in giorno andarlo fortificando con
il mele rosato et Sarcocolla fino alla perfettione della cura. Ma se detta apostema fusse elevata in
gran calidità, che si conosce quando il loco infermo et anco il rimanente del corpo è caldo fuor
del naturale, se gli potrà, mitigati i dolori et fatta la mondificatione con le cose sopradette, fare
la presente lavanda per rifrescare et nettare il luogo infermo. Piglierai rose, lente, orzo, lino, uva
passarina et zuccaro et boglite nell’acqua ne laverai l’infirmità, che sia sempre tepida. Et essendo
apostema frigida, che si conosce quando il loco non è di modo calido, gli farai il presente bagno
et mondificativo: piglierai mele, vino, lisia dolce et uno poco de Sarcocolla ben polverizata, et
bogliti insieme la adoperarai come è detto de l’altro. Io laudarei ancor grandemente che gli purgasti la testa nel principio con un poco di Agarico, over un poco di pasta de pillole Assaiaret con
Agarico, nella borgatura.
Ad una postema che havesse l’uccello nella bocca o nel palato. Quando tu vedi l’uccello che non
becca come vole et padisse bene, da due cose procede: o che l’ha | troppo longo il becco, over
alcuna postema in bocca o nel palato, se gli è apostema medicalo a questo modo: piglia una pignatella ben netta nella quale metterai vino bianco buono, uno quarto di verderame ben polverizato,
un quarto de lume di rocca polverizata, un’onza di mele et un poco di rose secche, et fa bogliere
ogni cosa insieme fin’a tanto ch’el vino cali la metà, poi cola, et di quella colatura ne bagnerai due
o tre volte il giorno il male con un poco di bambagio in capo d’uno stile. Ma convien guardar bene
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se gli è carne cattiva et con uno ferretto che taglia bene, et che sia atto a tale operatione, levarla via,
che altramente non si farebbe cosa buona et l’uccello penarebbe un mondo a guarire, et anco per
aventura potrebbe pericolare. Mondificato che sia il male con detta medicina bagnali poi di mele
rosato semplice et sanarassi perfettamente.
Alli zaruoli che vengono in bocca a gli uccelli, o per riscaldagioni overo per causa de’ cattivi pasti
che gli siano dati. Piglia uno poco di verderame et legalo in una pezzetta di tela sottile, poi mettila
per un dì et una notte in acqua rosa o di Piantagine, overo comune, non havendo di quelle, et
dapoi di quell’acqua bagna i zaruoli fin che siano mortificati, che si conosce quando vien dentro la
carne viva rossa et bella, poi bagnali di mele rosato et guariranno.
Il medesimo effetto farà in una volta o due l’acqua forte con un pochetto di mele rosato, ma bisogna guardar di non toccare se non dove è il zaruolo, perché | roderebbe anco la carne buona et poi
bagnarli fin che sia sanato con mele rosato et acqua di Piantagine meschiati insieme; è anco mirabile in simili casi l’unguento Egittiaco in questa forma ordinato: recipe verderame, lume di rocca, di
ciascun onze due, mel rosato onze una, acqua di Piantagine, vino di pomi granati di ciascun onze
due et mezza; sia fatto ad uno lento foco sempre mescolando con una spatula di legno, finché vegna
spesso come il mele; si piglia poi un pochetto di questo et stemperato con acqua di Piantagine si
adopera come è detto; et questo è nobilissimo rimedio per gli huomini ancora, in qual si voglia
ulcere maligna et corrosiva della bocca; vero è che s’adopera alcuna volta seco una decottione in
questa forma ordinata: si piglia vino brusco et pericolo [sic], et se gli fa bogliere dietro rose secche,
sementi et foglie di mirti, et uno pochetto di fiori, over scorze di pomi granati. Bollita et colata
che sia, se ne bagna dette ulcere; dopoi che si è modificato il male con la prima materia, et il simile
si può fare sicuramente a detti uccelli. Sarà anco benissimo per mortificar i taruoli il bagnarla due
volte il giorno con l’aceto squillatico, con un poco di bambagio in capo d’uno stile, come è detto.
Molte altre cose si potrebbono aggiungere al presente capitolo, ma queste sono il fiore di tutte, et
però lasso le altre per brevità.
Suol venir un’infirmità all’uccello chiamata Artetica, la quale gli fa infiare il collo; fagli questo
rimedio: salassa alla vena auricolare, cioè che va all’orecchia, acciò si possano evacuare quelli sangui cattivi et | altri humori che causano dett’infirmità, poi pascilo de pasti teneri, et sappi che le
cosse di due rane sono perfettissime in questo caso da darli da beccare. Gli vengono ancora certe
infiagioni nelle canne della gola che pare che abbia l’asmo, et trovassi che detto male procede
da superflua riscaldagione che ha presa l’uccello, overo da troppo calcinaccio, et alcune volte da
paura; e questo è il suo rimedio: recipe mirabolani bolliti con garofoli, cinnamomo, zenzero fino,
noce moscata; di tutti egualmente, et siano in tutto oncie una, et polverizati sottilissimamente con
sangue di pipione fa pasta, et in detta pasta forma nove pillule delle quali ne darai una ogni mattina
all’uccello fin che dureranno, pascendolo de pasti caldi che non empino troppo et siano un poco
liquidi. Viene ancora un’infirmità nella gorga all’uccello che d’alcuni è chiamata ernia ventosa,
la quale il fa parere sempre pasciuto. Fagli questo rimedio: piglia aloe patico, garofoli, zuccaro
candido, ben polverizati et danne all’uccello con un poco di lisia dolce, poi toglia la pelle dove è
il vento con destrezza, et stringe tanto che detto vento uscisca a poco a poco; fatto questo lascia
assaldare da sua posta il taglio et dà i pasti buoni et caldi.
Se l’uccello fosse infastidito dal pasto, che si conosce quando non vuol beccare, et s’el becca non
padisce bene secondo il solito suo, fagli questo rimedio: cuoceli un ovo con un poco di latte, tanto che sia accambrato, ma guarda a non torre padella o altra cosa che sappia di fumo, overo altro
mal’odore, et così accambrato | et caldo honestamente dallo all’uccello con un poco di polvere
di cinamomo eletto sopra, che non havendo altro pasto più leggiero, questo gli sarà di gran giovamento. Mi conviene avertire a pigliar l’ovo che sia fresco di quel giorno, che altrimenti essendo
potrebbe far contrario effetto alla tua intentione.
Se l’uccello buttasse il pasto, togli reubarbaro, polvere di garofoli et un poco di zaffrano et di queste
cose fanne due pillule con acqua rosa muschiata, overo con succo di rose o mele rosato, et danne
una all’uccello poi portalo all’acqua et lascialo bere se vuole, et se non si libera con la prima pillola,
dalli la seconda et pascilo de pasti caldi. Trovasi ancora alcuna volta lo uccello tanto infastidito dal
pasto che non vuole beccare, et se pur piglia qualche beccate, par sempre che le getti via, provedili
a questo modo: dalli mastice eletto in polvere sopra il pasto, et non lo volendo pigliare per amore
daglielo per forza, che gli farà gran servigio; potresti ancora dare detta polvere di mastice in forma
di pillule, come è detto nel soprascritto capitolo, et accompagnato con le medesime cose.
Ma se l’uccello non potesse tenere il pasto, fagli questo singolar rimedio: piglia legno aloe, mastice, cubeba, cinamomo, noci moscate et rose secche; polverizza ogni cosa sottilissimamente et
con succo d’assentio, forma pillule dodici delle quali ne potrai dare tre a l’uccello quattro volte la
settimana fin che sia ben sanato; e non dubitare che per darle così spesso gli possìano, perché sono
cose che hanno più intentione di confor|tare et di dare sustanza che di vacuare o indebilire; egliè
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ben vero che non si può errare quando si danno medicine a detti uccelli, sia pure di qual sorte si
vogliano, a mantenerli a pasti eletti et facili alla digestione.
Si potrà ancor fare quest’altro nobile rimedio a l’uccello che non potesse tener il pasto: piglia muschi’eletto e danne un pochetto sopr’una beccata di carne all’uccello, lasciandolo stare così per hore
otto, poi pascilo di pasto liquido bagnato in acqua rosa muschiata, et di detta acqua bagna le nari
al detto uccello, e guarirà.
Se l’uccello non vuole burgare, piglia aloe, pepe, polvere de garofili et mele rosato, et di dette cose
fa una pillula longa e grossa, come è una borgatura, et dagliela, che presto burgherà.
Se l’uccello non potesse burgare, questo è segno ch’el sacchetto non sta bene; fagli tal rimedio:
piglia aloe patico e mirra ugualmente, et polverizati sottilmente danne [all’]uccello con acqua di
scabbiosa et acqua fresca, impiendogliene ben la gorga, che senza dubbio burgarà subito. Burgato
che habbi fallo poi stare alla pertica un pezzo senza capelletto et dopoi pascilo di pasto leggiero.
A far gettare il pasto ad un uccello che a modo alcuno non potesse padire, dalli bere per forza polvere d’aloe patico e di pepe con acqua comune, et di scabiosa; poi mettilo al sole che subito gettarà
il pasto marzo; fatto questo lassalo riposar un poco poi empili la gorga della seguente medicina:
piglia polvere de garofili, di muschio et di zaffrano, et mettila in acqua ro|sa et acqua fresca et di
scabiosa, et stato che sia un pezzo ogni cosa insieme, cosa dette [sic] cola con un panno di lino,
spremendo ben fuora la vertù delle polvere, poi dalla, detta acqua, colata a l’uccello per forza non
la volendo pigliar altramente. Mettilo poi alla pertica lassandovelo per tre hore almeno, poi pascilo
di buonissimo pasto dandogliene poca quantità per la prima volta.
Ad un uccello che fusse ripieno piglia acqua de indivia in uno scodellino e metteli dentro un poco
di zuccaro fino, et tanto zaffarano che colorisca l’acqua; togli poi quattro fetteline di carne di
castrato ben magra et bagnate in detta acqua dalle a beccar l’uccello, et non volendo beccare falli
venir gran fame tanto che le pigli; et facendo così due o tre volte sarà guarito, che lo potrai far
volare in termine di quattro giorni.
Ad un uccello che non potesse smaltire, dagli un cuore di porco a beccare per tre dì, overo butiro
lavato et zucchero candido, et tienlo in luogo fresco.
Quando l’astore è talmente infreddato ch’el non può havere il fiato e tiene il becco aperto et li batte il sacchetto di sotto, fagli questo rimedio: piglia grani di strafusaria et regolicia et fatti in polvere
fanne pillole tre, et dagline ogni giorno una, fregandoli il palato con essa, poi lascialo un pezzo al
sole; et se questo non bastasse puoi aggiungere a dette pillole un poco di ruta e pepe.
A curar il petto a un astore togli menta negra, maggiorana e rosmarino, et con mele fanne pillole,
et dalle secondo il bisogno a l’astore | che gli si nettarà il petto senza passione.
A solutione di ventre per freddo all’astore, piglia pepe, sementi d’apio e succo di marobio fatto in
polvere, et con mele fanne tre pillole piccole e danne all’uccello ogni mattino una, poi sta due hore
a pascerlo dopo la pillola.
Aviene alcuna volta ch’el sparaviero si riscalda oltre la natura sua, et gli viene la febre che si conosce
per questi segni: egliè caldo al toccare et sta di mala voglia, et con gran fatica se gli può far pigliar
il pasto; et questa è la sua cura: prima, s’egli è magro, si deve pascere poco e spesso di carne di polli
e d’uccelletti piccioli, pur che non siano passare, perché son troppo calde di natura et farebbono
crescere la febbre; et detto pasto si deve lavare over bagnare in acque rifrescative, overo in mucillagine di psilto o in succo di sementi di zucche, di cocumeri, di melloni, poi devesi metter’in luogo
sicuro et fresco, sopra una pertica overo stanga, alla qual sia involto un panno di lino bagnato in
succo d’herbe frigide, come è di lattuche, di piantaggine, di nenufari, di sempreviva et di sollatro;
ma se la febbre fusse fredda, che si conosce quando l’uccello è fuor di modo freddo nel toccarlo, et
gli occhi si scoloriscono, e con gran fatica et rare volte smaltisce, allhora si tenga in luogo caldo, et
passato il freddo soavemente in mano si porti, et cessata la febbre si faccia alcuna volta un poco volare, et il suo pasto sia caldo come sono passare, polli maschi, pivioni et altri simili di natura calidi;
et detti pasti siano cotti, overo ben scal|dati in vino, nel quale siano bollite dell’herbe et altre cose
calide, come sono menta, puleggio, garofili, cinamomo et altri simili confortativi aromatici; si può
ancora dare detti pasti involti in mele con un puoco di polvere d’anici, di finocchio et di comino,
ma sopra il tutto convien avertire a non dar mai pasto sopra pasto a l’uccello, cioè che prima ogni
altro cibo sia digerito et netta la sua gorga, et essendo grasso quando s’inferma, più tardo et meno
si cibi, benché giova grandemente a l’uccello a pascerlo sempre temperatamente in ogni caso, sia
pure come si voglia, o sano over infermo; et perché è detto di sopra che l’uccello per la grandezza
del male non può alle volte smaltire, si potrà ricorrere alli sopra scritti capitoli, et provederli come
quelli ammaestrano; et bisognando farli gettar il pasto, il quale non potesse digerire, fagli andar
nella gorga con una penna, over altra cosa atta a questo, un cuor di rana legato con un poco di filo,
et stato che vi sia un pezzo, se non lo getta da sé, tira ’l filo, ch’egli getterà il pasto dietr’a quello, se
gli Auttori antichi non mentono. Et questa è la diritta e ragionevole via per curare le dette febbri;
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vero è ch’alcuni altri Auttori di quest’arte dicono curarle a quest’altro modo, il quale a me non
piace molto. Essi voglion che si pigli reubarbaro, muschio, zucchero candido et succo d’artemisia,
et format’una pillola di dette cose se gli dia, pascendolo poi leggiermente alle sue hore di passarini,
overo ratti piccoli che sian sempre caldi. Altri dicono che si faccia una pasta overo compositione
grossa come una noce delle seguenti cose, et stata che sia | un poco nell’aceto, se gli dia a beccare,
lasciandolo poi così per sei hore almeno. Si pigli a far detta cosa aloe, muschio et songia di gallina
egualmente, dandogliela poi come è detto; segno che danno per conoscere tal febbre sono questi:
dicono che torce la coda, gli vien freddo a i piedi et molte volte gettano il pasto; ma com’ho detto
di sopra, la prima regola assai più a me piace, perché tiene più del ragionevole, et mi spiacerebbono
manco queste, s’osservassi i modi ragionevoli di quella.
Se l’uccello beve troppo contra la natura sua, egliè segno che non è ben disposto di dentro; fagli
questo rimedio: piglia regolicia et falla bollire nell’acqua fin alla consumatione della quarta parte,
poi metti detta acqua in un vaso di pietra, ponendovi dentro un poco di mele, di levistico et bastoni di finocchio, et state che saranno queste cose un’hora almeno in fusione, le colerai, et colata
la presenterai all’uccello, lasciandolo bere a suo piacere; et questa regola osserverai per dieci giorni
continui, pascendolo di pasti buoni et leggieri.
Suol venire una infirmità nel polmone a l’uccello, la quale è molto pericolosa, et si conosce per
questi signi: ogni dì viene più magro et li batte il sachetto come fa il fianco ad un cavallo bolso, et
questo è il suo rimedio: recipe mumia, reubarbaro, zaffarano et zucaro candido, fa ogni cosa in polvere et danne a l’uccello per otto giorni almeno, involti in una pellesina; et non volendo pigliarne
a quel modo fa pillole di dette cose con succo di rose et dagliene per forza non volendo pigliarne
altramente, et mentre gli dai dette medicine, non lo | portar intorno per niente, et dalli qualche
volta del butiro lavato con zuccaro candido insieme, et le borgature di bambagio con incenso dentro, benché a me assai più piacerebbe che si mettesse in dette borgature il bol’armeno orientale,
fatta la purgatione, et poi darli ogn’altro pillole di bol’armeno et mele per conservarlo. Altri dicono
che questa infirmità si cura a questo modo: recipe sterco di passera et di ratto dramme due, mumia
grani tre, pepe bianco grani otto, salgemma dramme due; polveriza dette cose et con sei goccie
di latte di donna et altro tanto di mele et un poco di butiro fanne pillole tre et danne ogni dì una
all’uccello cacciandogliela per forza nella gorga, e tienlo per due hore in mano, che gli vedrai buttare molti cattivi humori, poi mettilo alla pertica per un’hora e presentali l’acqua, e s’el beve sta un
poco et pascilo di un cuor d’agnello piccolo over de vitello che sia caldo, et il dì seguente pascilo
de pasti caldi come sono passere, pivioni, ratti piccioli et altri simili animali, la carne di papagalli,
il cuore et polmone d’oche selvatiche et il sevo delle capre montanare, mischiato con bolo armeno
eletto et un poco d’aloe patico e terra sigillata, sono tutte cose mirabili per tale infirmità.
La betonica ridotta in forma di eletuario col mele è cosa maravigliosa in questo caso, non solo per
gli uccelli, ma per gli huomini ancora.
Un’altra infirmità viene all’uccello, da gli antichi chiamata Silarano, et è un humore maligno che
scorre per tutta la persona, et per questi segni si conosce che | l’uccello tiene messedate l’ali, serrat’il becco, gl’occhi gli vengon bianchi e lividi, e gli tiene per la maggior parte del tempo serrati;
fagli questo rimedio: piglia un serpe, chiamato volgarmente Mio, et tagliali via un buon palmo
della testa, et altro tanto della coda, poi falla cuocere e raccogli la sua grassa, et di quella con un
poco di polvere di garofili et di zaffrano, fane nove pillole, delle quali ne darai una ogni mattina
all’uccello, pascendolo poi alle sue debite hore de pasti buoni et caldi.
Quando viene l’asmo all’uccello mettil’allo scuro per spacio d’un’hora, poi piglia una lucerta et
tagliali via due dita della coda et daglie a beccare, poi ritornalo al scuro fin’a tanto che gli getti
detta coda. Gettata che l’habbi dagli subito latte di capra et sangue di colombo meschiato insieme,
che senza dubbio guarirà.
Ma se questa infirmità gli venisse tanto grande che l’uccello non potesse haver il fiato, cavagli
subito un poco di sangue dalla vena del collo, overo fa in questo modo: tien tanto l’uccello in su
per li maestri, ch’el sangue si riscaldi, et così da una parte fagline uscire quella quantità che ti par
bisognevole, riguardando sempre a l’essere, natura et stato di dett’uccello. Fatto questo gli darai il
giorno seguente per forza tanto butiro lavato et limatura di ferro, com’è una noce, lasciandolo stare
al sicuro senza darli altro per sei hore almeno. Et non cessando detta infirmità, cioè che l’uccello
non habbia meglio il fiato, ritorn’a darli ancora di detta mistura, tanta com’è una niciola, ritornandolo al scuro per altre tre hore, poi pascilo di pasti eletti et leggieri. Ulti|mamente, il miglior
rimedio che tu gli possi fare per tal infirmità è questo: togli del mele et fal cuocere con una costa
di porco salato tanto che cali il quarto, poi piglia tanto di detto mele com’è una nicciola, limatura
d’acciale quanto starìa in meza nicciola et danne per sei volte a l’uccello che senza dubbio guarirà.
Suol venir una spetie di gotta all’uccello che si chiama mortale: piglia mumia et pelo di lepore et
danne all’uccello per tre dì in una pellesina, pascendolo poi de buoni pasti et guarirà.
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Ad un uccello che fosse derotto, over riscaldato, che si conosce quando smaltisse negro o berettino, over come calcina, dalli prima un budelletto ben lavato pieno di latte per due o tre volte, poi
dalli per altri tre giorni pillole di butiro ben lavato et zuccaro fino. Queste cose son’ancora buone
quando l’uccello non havesse fame, over havesse calcinazzo assai. Ma se detto uccello fusse forte
dirotto, dalli per nove mattine dopoi che haverà purgato le seguenti pillule, cioè una per mattina:
recipe mumia, reubarbaro, aloe e zaffarano, et col mele forma pillole nove. Et nota che ogni volta
che vien dato all’uccello medicina solutiva, over che si riscaldi, come son queste, nelle quali entra
il reubarbaro, la mumia, l’aloe et altri simili, convien apresentarli l’acqua.
A guarire l’uccello quando ha il fiato guasto e ogni giorno viene più magro, li batte il sacchetto di
sotto, e smaltisse nel bianco color negro e giallo a modo di zaffrano, et dorme con un occhio aperto et l’altro serrato, togli mumia e reubarbaro et con mele | nove pillole et dagliene ogni mattina
una, involta in una pellesina di pollo, over d’altri uccelli.
Ad un uccello che havesse infiammato il fegato, impeli la gorga quanto può tenere d’orina di
puttino fresca, poi mettilo al scuro fin che l’habbia padita; fa poi cuocere della cicorea et in quella
decottione bagna il pasto all’uccello, et fa che detto pasto sia leggiero et refrescativo di natura; oltra
l’aiuto che gli dai po’ cavarli sangue, ad ogni modo del piede alla perteghella, et mettili un poco
di reubarbaro nella borgatura.
A far venir fame all’uccello piglia una pelle di pollo et involtali dentro delle cimette più tenere
dell’assentio et dallo allo uccello per borgatura et dalla all’uccello che non habbia in gorga, et gli
verrà grandissima fame.
Ad uno uccello che gridasse non per natura, ma per accidente et fuor del suo naturale, dalli a beccare una gragnapola piena di pepe et subito guarirà.
Accade molte volte che dibattendosi l’uccello non può tornare al pugno, et questo la maggior
parte procede dalle rene che sono inferme. Falli questo rimedio: piglia zuccaro fino, mumia, pelo
di lepore et certi grani rossi da greci chiamati Agedron, et fane quattro pillole, e dane ogni altro
dì una all’uccello, facendo stare al scuro per nove giorni almeno, et non gli dare altro che pasti
refrescativi et leggieri.
Suole ancora venire un’altra infirmità nella gorga dell’uccello, oltra le narrate, la quale è spicie
d’asmo et fa questi segni: quando è posto alla pertica il soffia assai e tiene gli occhi serrati; falli
questo rime|dio: fa cuocere una costa di porco salato che non habbia sopra né carne né grasso,
et falla bogliere col mele, et dà poi di detto mele col pasto all’uccello per nove mattine, et il suo
pasto sia pivione o gallina; di questa infirmità ne patiscono più gli astori di tutti gli altri uccelli,
et molti ne muoiono.
Ad un uccello c’havesse tanto strette le nari che gli ravanelli gliele stroppassero falli questo rimedio: dalli il fuoco a dette nari con uno stilo di ferro et tocca un poco i ravanelli, poi ontali per
quindici dì di butiro, o fin a tanto che sia caduta l’escara del fuoco, che poi potrai sbroffarli di vino,
accioché si netti le nari; et sappi che l’uccello patirà, ma quest’è il suo proprio rimedio.
Se l’uccello havesse una infirmità chiamata Agruz, che gli fa aprire il becco a modo di sbadigliare
et serrar l’ali et battere i fianchi, come se gli havesse l’asmo, dagli il fuoco alle nari con lo stile di
argento, che subito cessarà detto male, poi ontali di butiro et fa come è detto di sopra.
Se l’uccello dorme troppo di dì stando alla pertica, questo è contra la natura sua, perché non è suo
costume il dormir di dì. Falli questo rimedio: dagli per tre giorni un poco di reubarbaro et incenso
nella borgatura, et guarirà di quel dormire.
Se gl’uccelli si trovassero in malissima dispositione, o per il fegato che fosse infermo, overo per
altra indispositione calida, dice Giordano, che è stato uno de’ buoni di quest’arte, che si conosce a
questi segni: prima fanno le borgature negre, berettine et gialle, fanno gli | occhi piccioli et smorti
e padiscono male. Et il ditto Auttore lauda più i seguenti rimedii de quanti se ne possan’adoperare
in simiglianti casi; egli vuole che si pigli meza oncia di Soldanella et un’oncia de Irios eletto, et
polverizati sottilmente se ne metta nella borgatura la sera quando ha ben menato giù et netta la
gorga, et ch’el pasto sia buono e leggiero; et bagnato nelle sequenti acque rifrescative: recipe acqua
d’endivia, acqua di capilvenere, di cicorea e bugolosa, et nelle medesime acque si ponno bagnar
le borgature, poi involtargli dentro le predette polveri accioché aiutandosi l’uno e l’altro facciano
maggiore effetto.
Dice ancora il medesimo maestro che gli girifalchi patiscono più il caldo di tutti gli altri uccelli
di rapina, et che a volerli conservare et mantenere sani se gli debbono bagnare le borgature nella
seguente medicina, la quale si fa così: si piglia acqua di endivia, di capilvenere et di scabiosa, di
ciascuna oncie dua, reubarbaro eletto dramme una, agarico eletto, scropoli uno, et si pongono in
infusione et state che vi siano sette hore almeno si bagnano in quella le sue borgature, et questo si
deve sempre fare, che il bisogno et dispositione di quelli lo comporti.
Pillole maravigliose per purgare, conservare et fare bona gorga alli falconi. Recipe: reubarbaro,
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mumia preparata, squinto et spico nardo. Siano ridotti in polvere sottilissima et formati in pillole
con acqua rosa, poi si diano come l’altre; et se l’Auttore che l’ha composte non mente, sono anco
buone al flusso per gli huomini.
A conoscer se l’uccello ha li vermi, questi sono i segni: egli butta il pasto, gli puzza il fiato, grida
di notte, non padisse, si va festugando nella gorga, si becca il sacchetto, si stremisce in mano et
torce la coda quando è alla pertica; et questo è il suo rimedio: piglia reupontico, zuccaro candido,
limatura di ferro, di ciascuna egualmente, et con succo di assentio fa pillole et danne una per volta
all’uccello involta in una pellesina; overo falle a quest’altro modo: piglia aloe patico, fele di porco
secca et semencina, et con il perdetto succo fa pillole. Puoi ancor farlo questo rimedio, il quale è
bonissimo et sicuro: fa succo delle foglie di persichi et bagnali dentro il pasto et daglielo a beccare
quando lo voi metter a dormire, et fa che detto pasto sia liquido.
Alli vermi chiamati filandri che stanno nelle rene i quali sono sottili e lunghi et fanno tener le
penne della schena rabbuffate a l’uccello et smaltir spesso, dalli tre goccie d’olio di mandole amare,
poi fa ch’el stia tre hore al sole, et fa così due o tre volte ch’el guarirà, se non sarai stato troppo a
rimediarli.
Alli vermi chiamati i filandri che stanno nelle budelle et sono sottili, lunghi et bianchi, che paion
gucchiate di revo, se vuoi farli morire falli questo rimedio: piglia aloe patico, limatura di ferro,
noce moscata et tanto di melle che d’ogni cosa tu possi far una pillula, et la mattina dalla a l’uccello subito che ha burgato, tenendolo in mano per un’hora, poi mettilo alla pertica, et come ti
pare c’habbia padita la pillola pascilo de pasti caldi. Sono ancora altre filandre bian|che e rosse che
stanno nelle budelle et fanno gettar il pasto a l’uccello subito c’ha beccato, et gli fanno puzzar il
fiato e gridar al tempo della notte; falli questo rimedio: pigl’aloe patico et assentio fatti in polvere
sottilissimi et distempra con olio de mandol’amare et òntane gli fianchi a l’uccello, et se non voli
ongerli le penne componi dette cose al foco con l’aceto; vero è che l’olio è migliore e più appropriato a questa infirmità. Se gli potria ancor dare de l’olio di mandole amare per non sturbarli
tanto la gorga, et se gli potrebbe fare quest’altra onzione, la quale è perfettissima et non ogni tanto
quanto la prima: piglia tiriacha eletta et distempera con aceto fortissimo et ongigli sopra detti
luochi della persona et tienlo un’hora in mano dopo la medicina et un’altra alla pertica, poi pascilo
de pasti freschi et eletti.
Sogliono venire molte volte degli pidocchi agli uccelli, i quali si ponno cacciar via a questo modo:
piglia orpimento, pevere, polverizati sottilissimamente, tanto dell’uno quanto dell’altro et daglielo
al sole; ma guarda che l’uccello a chi ’l dai non habbia rotta la carne in nessun loco, che facilmente
potrebbe morire.
Alla gotta et granfo che viene alli uccelli et gli fa tener un piede sopra l’altro, il becco et gli occhi
serrati, càvali subito del sangue alla vena coscia, poi dalli borgatura con incenso dentro, pascendolo
di pasti caldi, che ciò facendo in tre volte guarirà.
Ad un uccello che havesse male al codirone, che può procedere dalli tignuoli, quali sono una
specie di zarvoli che rodono le penne, falli questo rimedio: càvali | una penna sì et l’altra no dove
è il male, et tienli bagnato due o tre volte il giorno di vino vermiglio nel quale siano boglite rose
secche et sementi di mirti, poi ontali di grasso di gallina et dalli buoni pasti.
Ad un uccello c’havesse arso et indignato il culo per il smaltir del calcinazzo et altri calidi humori,
onta con unguento rosato, di galeno lavato con acqua di piantagine, et cessata la infiammatione,
lavali spesso di vino nel quale sia sta boglito rose secche e un poco d’incenso e guarirà; e mentre
che fai questo pascilo de pasti rifrescativi. Convien ancor avertire che per tutto maggio et mezo
aprile gl’uccelli vanno in amore, e buona cosa è a tenerli magri, perché tenendoli grassi potriano
far l’ova, et similmente potrebbon morire; gli giovarebbe ancor a pro [?] che non facessero dette
ova a pascerli nel tempo che vanno in amore de pasti liquidi, acciò non si potessero impire di
calcinazzo, poi tenerli in mano la mattina. Ma se per sorte havessero già fatti, che per li seguenti
segni si conosce: cioè c’hanno grosso il sacchetto, sono ociosi e non si curano di beccare, gli cavarai a questo modo: prima tu onterai ben il cul’a l’ucello con olio, poi gli metterai dentro con gran
destrezza ’l dito, finché tu trovi l’ova, et trovati che gli hai metti di fuori via allo sacchetto, et calcando cacciali fuori al dritto del dito, et non potendo rompeli, poi metti delli servicial all’uccello
cose lenitive, che l’aiuta a farli smaltire.
Uno uccello c’havesse rosegate le coscie per esser stato nel sacchetto, piglia olio davezzo et con
un | poco di bambagio tocca dov’è il male, che sia sempre caldo honestamente, et se tu vedessi
che l’uccello si toccasse il male, legali sopra una bindetta con quella miglior destrezza et arte che si
può, et come egli è quasi guarito, lavali poi ogni giorno con vino bianco o vermiglio nel quale sia
bollito un poco di salvia, di rose secche, scorze de pomi granati, incenso et lume di rocca brusata;
questa lavanda ha intentione di confortare, essiccare e consolidare, non lassando crescere la carne
fuor del naturale nel luoco ulcerato. La medesima regola si tiene quando l’uccello ha roduta la
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carne per haver portata la braghetta troppo stretta; chi non volesse anco operar olio d’avezzo per
non ontar le penne a l’uccello potrà pigliar acqua di vita che non sia ardente et metterli dentro in
infusione almeno per una notte aloe, incenso, mirra et sarcocolla sottilissimamente polverizati, et
di quella bagnar il male come è detto.
Se l’uccello havess’un’ala accozzata falli questo rimedio: piglia agresto vecchio, sementi di pollizuolo et polvere di mortia et incorpora bene ogni cosa insieme lasciandole in infusione per tre
giorni almeno; poi guarda se li cannoni delle penne fossero pieni di sangue et forali, acciò ch’el
possa uscire, e uscito che sia bagnali di detta medicina per nove giorni continui tutta la parte accozzata. Ma sappi che le penne che seranno assetite dal sangue sarà forza che vadino via, et dopoi
venerano le nove.
Venute quelle gli onterai per venti giorni continui di grassa di tasso, di gallina et di altia, chiamandolo alcuna volta di lontano quando lo voi pascere, per far|le snodare et fortificare meglio l’ala;
et sopra il tutto tienlo in luogo caldo pascendolo de buoni pasti, che altrimenti facendo havrebbe
fatica a liberarsi.
Se l’uccello tenesse giù l’ali fagli questo rimedio: piglia sangue et grasso d’oca et onta bene sotto
quelle; et non potendo di quel havere piglia olio laurino et songia di gallina et onta al fuoco overo
al sole.
Alli tignuoli et tarme che rodono le penne fagli questa medicina: piglia cicuta, aloe patico, mirabolani citrini, muschio et un pochetto di cera rossa; tutte le cose che sono da spolverizare spolveriza sottilissimamente, poi incorpora con aceto forte ad un lento fuoco facendole restare in forma di
licore, et di quello tocca le penne dell’uccello poi lavalo d’acqua rosa et ponilo al sole pascendolo
de buoni pasti, che senza dubbio guarirà. è ancora bonissimo in questo caso l’aceto forte incorporato con fele di bue et operato come è detto di sopra.
Volendo cavare al tuo uccello una penna rotta senza dolore, togli del sangue d’uno sorice picciolo
et mettilo su quella penna che vuoi che vada via et caderìa; caduta che sia fa cuocere del mele et
fanne una tasta che s’affacci nel buco della carne dov’era la penna, et s’ella cadesse valla rimettendo
fino a tanto che rinasca la penna nuova al detto luogo.
Se l’uccello havesse l’ali gottose, togli perdenea vecchia et mettine sopra detta gotta et farà mirabil’effetto; e ’l medesmo farà l’acqua di vita che sia eletta.
Un altro rimedio mirabile et sicurissimo ad un uccello che fosse accozzato: piglia succo di salvia et
ac|qua di vita egualmente meschiati insieme et bagna per otto giorni continui la parte accozzata
tenendolo, mentre lo medichi, incappellato et pasciuto de bonissimi pasti. Ma conviene accorgersene a buon’hora, et innanzi che se gli bagni con la sopradetta medicina bisogna prima forargli
i canoni delle penne dove è dentro il sangue scorso et succiarlo fuori con diligenza, poi tenergli
bagnato di detta medicina almeno due volte il giorno, che ciò facendo guarirà senza dubbio.
Il modo di preparare la mumia per li falconi et altri uccelli di rapina
et come e quando gli si deve dare
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La mumia si prepara a questo modo: prima convien havere una pignatella nova overo ben netta
piena di buona malvagìa, nella quale siano dentro le infrascritte cose: videlicet, zaffrano, noci moscate, garofili, cinamomo et agarico, di ciascuna quella quantità che ti parrà ragionevole secondo
la quantità della mumia che voi preparar. Metti poi da per sé la detta mumia legata in una pezza
di lino sottile con revo, poi attacca detta pezza o pavoncino ad un bacchetto di legno ben mondo
et netto et mettilo dentro la pignata dove haverai poste le sopradette cose, ch’el stia a mezo la
malvagìa, o almeno che non tocchi il fondo di detta pignata, alla quale farai uno coperto di pasta
a modo di luto et la metterai nel forno quando se gli mette il pane, lasciandovela per un’hora.
Fatto questo tu leverai la mumia fuori della detta pezza et la conserverai in un vaso d’argento, et
non ne havendo di tal sorte, mettila in | uno di lat[t]a o di pietra che sia ben vitriato, ma gli primi
sono migliori. Volendola poi dare a detti uccelli per liberarli dalli gravi percosse et altre perigliose
infirmità, come di sotto serà detto, la componerai delle seguenti cose, le quali gli daranno la sua
ultima perfettione et eccellenza in farli fare di quelle cose che paiono impossibili et miracolose:
Recipe della detta mumia preparata
dramme due
Reubarbaro eletto
dramme due
Cassia eletta
dramme due
Rubia de tintori
dramme meza
Zuccaro candido
Seme durella, di ciascun
dramme due
Coriandoli crudi
dramme iiii
Cinamomo eletto
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Garofili, di ciascun
scropoli due
Muschio eletto
grani sei
Si polverizano le cose che sono da polverizare sottilissimamente, poi si compongono insieme com
violepo rosato facendone pasta molle, overo dandoli forma di elettuario, poi si conserva come è
detto di sopra.
Questa è la più nobile et sicura medicina che si possa dare alli sopradetti uccelli in molte gravissime
infirmità, et prima se quelli haveranno havuto qualche gran percosse nello amazzare altri uccelli,
o di rivera o d’altra sorte, et fossero tanto derotti ch’el sangue gli fosse scorso nelle parti interiori,
overo che havessero ricevuto una o più ferite penetranti, et gli fosse il sovradetto dubbio del sangue
scorso nell’interiora, come mol|te fiate aviene facendoli volar ad aeroni et altri simili animali. Se
gli può ancor dare per rettificargli et mondarli la gorga quando non ponno padire per qualche mala
indispositione, et per altre occulte infirmità, et infine sommamente gli sarà giovevole per tutte
le malatie interiori che non si ponno così facilmente conoscere. Ma convien avertire a dargliene
più e meno secondo il bisogno, forza, debilità et natura di detti uccelli. Il darla secondo il bisogno
s’intende a questo modo, che havendo sospetto che gli sia scorso gran quantità di sangue dentro il
petto, io lodarei che se gli desse stenperata con acqua di mirti o di piantaggine, acciocch’ella fosse
più refrescativa et veloce a fare la sua operatione, et non havendo la predetta mumia preparata et
perfettionata a questo modo, se gli potrà fare quest’altro lodatissimo rimedio: pigliarai reubarbaro
eletto, mumia et bolo armeno orientale, et polverizati sottilissimamente ne darai la bisognevole
quantità a l’uccello con lo seguente sirupo, cioè sirupo de de succo d’indivia e acqua de mirti et de
piantagine meschiati insieme; e questo lo farai almeno per tre giorni continui, curando poi le ferite
come ti sarà insegnato al luogo suo. Il darla secondo il bisogno s’intende ancora che non havendo
segnale evidente che il tuo uccello sia mortalmente offeso da gravissima percossa o ferita, e che non
vi sia timore di sangue scorso nelle parti interiori come è detto, alhora gli ne poi dare in manco
quantità, e nella borgatura over’in una pellesina de pollo o altro uccello, involto senza stemperarla
altrimenti, che non restarà perciò di fare la sua operatione, et sturbarli | manco la gorga. Il dar poi
secondo la forza, debilità et natura loro devesi intender a questo modo, che se ne può dare maggior
quantità al falcone et a l’astore che non se può al sparaviere, per essere quelli senza comparatione
più forti di questo, che del resto tutte le medicine che si danno alli uccelli di rapina vanno quasi
per una medesima regola, se gli antichi autori di quest’arte non mentono, salvo che l’astore desidera
più le cose dolci, e per tal rispetto sarà buon a comporre le medicine loro con un poco di mele; et
questo ti sia raccordo generale in tutte le infirmità ch’a quelli sogliono et ponno venire. Et perché
il più delle volte che i detti uccelli patiscono tali percosse gli resta la carne contusa et negra, per
rispetto del corso sangue, parmi cosa ragionevole a porre la cura sua nel presente capitolo, accioché
l’uno e l’altro più commodo così ristretti insieme.
Se la percossa overo contusione arà dunque, con gran negrezza et senza rottura o ferita, gli farai questo ragionevole rimedio: piglia olio rosato, olio di mirto et olio di assenzo egualmente
meschiati insieme, et ben caldo ontali bene il luogo offeso, spargendoli poi sopra della polvere
sottilissima di rose e di mirti, se la botta è in luogo che lo possi commodamente fare, et legargli
sopra detta medicina; non la potendo legare fagli quest’altro rimedio, quale è mirabile et da me
più volte provato: piglia fele di bue overo di porco, et stempralo con olio di essenzo, et onta ogni
giorno la contusione, che sia honestamente caldo et risolverà assai senza dubbio alcuno. Ma se la
detta contusione sarà con rottura o ferita, et | in parte carnosa, gli metterai sopra olio rosato et
rosso d’ova incorporati insieme sin alla perfetta digestione, poi gl’aggiungerai per mondificare un
poco di termentina, di mele rosato et farina d’orzo; mondificato che sia userai alcuni onguenti
incarnativi, overo alcuni licori che habbiano simile intentione, de’ quali sarà trattato nel capitolo
delle ferite largamente. Se la contusione con rottura o ferita sarà in luogo nervoso, non gli metterai
dentro olio alcuno se non fosse magistrale, come sarebbe di perforata overo Ypericon con termentina, lumbrici terrestri confetto, il quale potresti adoperare dentro la ferita honestamente caldo.
Non havendo di quello torrai della termentina ben monda et pura, et con un poco di rosso d’ova
meschiati insieme lo medicarai fin alla perfetta digestione, com’è detto, poi lo farai mondificativo
con il mele rosato et farina di orzo, et mondificato incarnerai; e non ti scordare di tener sempre
ontato d’intorno al male di olio rosato, di mirto et d’assenzo, come è detto di sopra, sia pur quello
dove si voglia o in luogo carnoso overo nervoso.
Molte altre cose potrei scrivere, le quali conferiscono a dette contusioni, ma queste sono le più
lodate et sicure et le più usate da principali auttori di medicina; et però lasso quelle come superflue,
per venire horamai a dar principio al capitolo delle ferite.
delle ferite
Perché io faccio conto di non fare altro che uno solo capitolo di tutte le ferite, mi sforzerò di
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rac|cogliere il fiore de’ rimedi più lodevoli et sicuri, lasciando tutti gl’argomenti et questioni da
canto, che sopra quelli potesseno usare, et sarammi di maggior sodisfattione l’haver io scritto buona dottrina circa di ciò, con semplici parole che non sarebbe il scrivere mensogna sotto colore di
verità con elegantissimo stile, poiché in vero, oltre ch’io habbia pochissima comodità di spendere
il tempo in lunghe narrationi, l’animo è sempre stato di rendere quest’opera più adorna d’utilità
che di bellezza.
Dico adunque ch’avvenendo che l’uccello sia ferito in testa da altro uccello, overo si ferisca da
per sé per altro strano accidente, che non gli dei operar altro nel principio che l’olio rosato honestamente caldo; fatto questo per tre giorni l’estate et per cinque o sette l’inverno, aggiongerai un
pochetto di mele rosato in detto olio per mondificare la ferita; mondificata che sia la incarnerai con
gli unguenti capitali, com’è di betonica, di matre silva, di guma elemi, di minio et altri simili. Et
non li potendo tener sopra detti medicamenti, gli ugnerai ogni giorno due o tre fiate la ferita con
l’infrascritto licore, il quale è nobilissimo et sicuro, et non onta così le penne. Piglierai aloe, mirra, incenso, sangue di drago, di ciascun dramme una, grana finissima, scropol uno, et polverizati
sottilissimamente le meterai in infusione per dodeci hore almeno in due onze d’acqua di vita, poi
colerai spremendo ben fuori la virtù o sostanza della polvere, et di quella colatura medicherai due
o tre volte il giorno, come è detto, che ti farà grandissimo honore.
Se la ferita è nell’occhio, non metterai oglio di sorte alcuna, perché gli nocerebbe grandemente,
ma piglierai chiara d’uova ben battuta con un pochetto di acqua rosa eletta, et ne ponerai dentro
et sopra la ferita tre o quattro volte il giorno un poco tiepida. Passato il settimo giorno rinoverai
detto colirio e gli aggiungerai un poco di aloe lavato con acqua rosa et un poco di sarcocolla sottilmente polverizata, et procederai con questo fin al settimo dì, poi gli farai quest’altro colirio per
incarnare: piglierai acqua rosa onze due, vino di pomi granati onze due, sief de thure dramme una,
sarcocolla aloe patico, zuccaro, di ciascun dramme due. Et fatto secondo l’arte richiede l’adoperarai per qualche giorni, poi farai la perfetta consolidatione et sigillatione della ferita et del occhio
con acqua rosa, acqua di fenocchio e di celidonia, et sie di piombo, et rimanendogli segno alcuno
tu ritornerai al capitolo innanti scritto della macchia dell’occhio.
Se la ferita è nel petto et penetrante nelle parti interiori, che si conosce per l’esito del spirito et
per la ventilatione che fa il bambagio sottile ben carpinato, overo la candela accesa approssimati
a quella, convien subito levarli le penne che son intorno della ferita con la maggior destrezza che
si può, et succiarli sangue scorso nell’interiora, poi infondere in detta ferita olio d’avezzo caldo,
overo termentina lavata con vino bianco. Fato questo se la ferita è tanto ampla che gli sia dubbio
| della essaltatione del spirito, bisogna cucirla, non gli lassando se non tanto di orificio over bocca
che si possa comodamente purgare, et sarà ottima il darli quel dì medesimo, over il seguente, la
mumia preparata et perfettionata com’è detto nel suo capitolo, overo le polveri et acque carminative che in quello sono poste; né convien scordarsi di tener sempre in detta ferita le tastoline,
over bambagio bagnati in sovradetto olio o termentina. Et veggendo ch’al tempo convenevole la
predetta ferita non si volesse sugare né consolidare, anzi gl’abondasse di giorno in giorno maggior
putrefatione, gli farai la seguente lavanda e gliela schizzerai nel petto con un schizzetto, ch’ella
sia sempre honestamente calda: piglierai fiore di camomilla, farina de lupini, incenso, mirra et un
poco di mele rosato et fara boglire tutte le predette cose in vino bianco, poi le colerai, et di quella
colatura ne schizerai com’è detto nel petto all’uccello rivolgendolo bene sotto sopra con destrezza,
che detta lavanda possa scorrere per tutto a fare la sua debita operatione; et stata che vi sarà dentro
un pezzo, volgerai l’uccello sopra la ferita et la farà uscire, et subito lo medicarai ponendo su le
taste il seguente medicamento incarnativo: piglierai termentina, incenso, mirra, aloe et mastice,
sottilissimamente polverizati et incorporati con detta termentina in forma liquida, che si possa
mettere, come detto, su le taste, et sopra tutte le cose convien avertire a far presto dette operationi,
a ciò ch’el spirito non essali, onde per schifare tal pericolo sarà buono, inanti che si mova la ferita
| haver prima preparati e acconci i medicamenti a quella bisognevoli per non perdere il tempo et
cader in errore. Sarà ancora buono per tal rispetto, serrar bene la ferita che non possa respirare con
uno bottone di bambagio overo di filette di panno lino ben carpinate quando gli schizzi dentro la
sovradetta lavanda; et fatta poi uscire, medicare come è detto. Ultimamente la incarnerai del tutto
et farai la cicatrice solida con alcuni di quelli unguenti capitali che sono nomati nelle ferite della
testa, le ricette de’ quali non scrivo perché se ne ritrovano sempre de fatti alle buone speciarìe; et
accadendo che gli crescesse troppo la carne in dette ferite, mettigli sopra alume di rocca brusata et
fatta in polvere sottilissima, con un pochetto di bolo armeno eletto, et sappi che tenendo questa
via ragionevole di medicare ti farai grandissimo honore, et meglio ti riuscirà della semplice pratica.
Se la ferita è nel corpo più basso con uscita d’alcuni budelli, et quelli fossero da l’aere et frigidità
di quello enfiati talmente che non si potessero tornare al suo luogo, tenta prima di risolvere l’enfiagione bagnandogli con una sponga infusa in vino caldo, nel qual siano bollite le seguenti cose,
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cioè camomilla, melliloto, aneto, rose et assenzo; e non bastando di quelle, per essere troppo pieni
di tumore ventoso, gli aggiungerai comino, coriandoli et anesi crudi et mele. Ma se per detto rimedio non riesce il disegno secondo la tua intentione, sappi che ciò procede dalla strettezza della
ferita; sarà dunque di mestiero aggrandirla tanto che detti | budelli si possano ridurre al luogo
suo com’è detto. Fatto questo cucirai diligentemente la ferita non vi lasciando orificio alcuno, et
sopra detta cucitura spargerai la seguente polvere conservativa: recipe incenso dramme una, sangue
di drago dramme due, calcina viva dramme tre; metterai anco sopra detta polvere una pezzetta di
lino bagnata in bianco d’uova ben battuto, et così procederai fin’a tanto che la ferita sia così ben
attaccata insieme, che tagliando via i ponti di quella non si possa relassare. Potresti anco spargere
sopra detti ponti polvere sottilissima di mastice, aloe, incenso, mirra, sarcocolla, sangue di drago,
mumia, gomma rabica, draganti, boll’armeno e farina d’orzo e di fava, di ciascuna dramme una
ben incorporati insieme, et mescolando poi di detta polvere con termentina overo mele, fin che si
piglia forma d’unguento; sarà ottim’incarnativo.
Et se per caso tu ti accorgesti in campagna che li budelli o intestini, overo interiora, fussero usciti
per ferita fuori del corpo al tuo uccello, come è detto, tu non dei aspettar di soccorrerlo fin che
sei giunto al loggiamento, et massime nel tempo freddo, perché facilmente potrebbe morire prima
che gli giungesti; ma subito che tu t’accorgi di questo, apri per mezo una gallina o altro animale
et metti le sue interiora così calde sopra quelle dell’uccello, et rivenute al detto calore rimettile al
luogo suo, poi chiudi la ferita bene di bambagio che non possano più uscire; et come sei al loggiamento fagli la cucitura et medicalo come è detto.
Se la ferita è in luoghi nervosi non la medicare d’al|tro che di purissima termentina, così schietta
l’inverno, e l’estate lavata con vino bianco; et quando haverai proceduto così per qualche giorni, se
tu vedessi che detta ferita menasse una certa humidità gialletta, la qual vien dal nervo e impedisce
la consolidatione, alhora aggiungi in detta termentina un poco di tutia preparata et polverizata
sottilmente, e incorporata ben insieme mettine dentro la ferita che sia sempre tepida, perché il
nervo è tanto nobile et sensibile che non può patire cose troppo calde né troppo fredde; et questo
ti sia uno fermo ricordo in tutte le ferite nervose e propinque alle giunture; è ancora cosa buona in
simiglianti casi l’oglio da vezzo eletto, l’olio di termentina et lubrici terrestri confetto con quella
diligentia che l’arte dimanda. Medicato che havrai almeno fin al settimo giorno con detti medicamenti, potrai poi cominciar a metter sopra quelli l’unguento basilico fin alla perfetta digestione
d’ella; dopoi per consolidare usarai alcuni unguenti over cerotti incarnativi, et crescendo la carne
la polvere cicatrizativa, come è detto nella parte che tratta delle ferite del petto, alla quale potrai
ricorrere facendoti mestiero.
Se la ferita è in parte carnosa non molto penetrante, et sia tanto ampla c’habbia bisogno d’essere
ridott’insieme con cocitura, fagliela, poi spargeli sopra la polvere conservativa, com’ho detto nella
parte delle ferite del petto, overo incorpora detta polvere, cioè la seconda, con termentina et opera,
et del rimanente della cura procede come si contiene nel predetto luogo; potresti anco, pas|sati tre
giorni almeno, medicarlo con il seguente licore, tocandoli due o tre volte il giorno con bambagio:
pigli’acqua di vita ottima onze due, mira dramme tre, aloe patico dramme quattro, incenso dramme due, et stati che saranno in infusione per hore dodici colerai, et di detta colatura li toccherai
col bambagio com’è detto.
Alcuni altri maestri overo professori di quest’arte vogliono che dette ferite penetranti et carnose si
curi a questo modo, cioè che si succi bene fuori della ferita il scorso sangue, et succiato infondergli
dentro oglio da vezzo caldo, et servarla con le taste intinte nel detto oglio. Fatto questo per qualche
giorni voglion che poi si lavi detta ferita con vino, nel quale siano bollite le seguenti cose, cioè:
scorze di pomi granati, rose secche e mele, et lavata se gli ponga dentr’il mele rosato semplice,
spargendoli poi sopra polvere fatta foglie di salvia essicata all’ombra, la qual cosa non mi spiace; pur
che detti rimedi siano operati a tempo secondo la dispositione della ferita et essere de l’uccello. Ma
operando quai si vogliano medicamenti, o per theorica o pratica ordinati, non si deve mai scordare
di tenere ontato intorno la ferita d’ogni confortativi, secondo il bisogno del loco offeso, cioè se
l’uccello sarà ferito in testa, l’olio rosato è mirabile; se nel petto, l’oglio violato di mandole dolci
et camomilla nel principio, che poi si potrebbe fortificare con olio di mastice, di aneto et assenzo,
essendo la ferita con qualche contusione. Ma se detta ferita sarà senza contusione et elevata in calidità, che si conosce per la rossezza che gli è sparsa intorno, se gli | farà il seguente diffensivo, qual
è mirabilissimo in simil caso: si piglia olio rosato onze due, bolo armeno onze meza, cera bianca
dramme tre, et incorporato insieme con lento fuoco se ne onta intorno la ferita ogni volta che si
medica com’è detto. Se la detta ferita sarà nel corpo con uscita dell’interiora o senza, si pigliarà
l’olio rosato d’aneto et camomilla meschiata insieme. Se nelle gionture et altre parti nervose si pigliarà l’olio rosato di mirto et di gigli bianchi con la ebulitione de fiumi terrestri et un poco di lana
succida confetti, et tutte le predette ontioni vogliono sempre essere operate honestamente calde; et
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questa è la vera et ragionevole cura di dette ferite, brevemente con fedeltà raccolta.
Accade ancora il più delle volte che in dette ferite sono tagliate alcune vene o arterie, le quali non
stringendo, in breve spacio con il sangue n’uscirebbe il spirito; et perciò non convien perder tempo
a farli i seguenti rimedi: prima tu piglierai incenso gumoso onze una, aloe onze meza et polverizati sottilmente ne mescolerai con bianco d’ova et pelo di lepore minutissimo tagliato, finché
vengano spessi come mele battendoli insieme; poi di detta medicina ne impronterai dette vene o
arterie con bottoncini et faldelette di stoppa sottile et ben carpinata, in quella infusi, et mentre si
preparerà detto medicamento sarà buno tenere un dito dove escie ’l sangue, fin che detto sangue
gli si congela sotto, et poi metterli i detti bottoncini secondo l’ordine scritto, legandoli bene con
arte et diligentia sopra la ferita, che non possano cadere non li rimovendo fin | al terzo o quarto
giorno, ch’alora dette vene o arterie saranno ristrette, et quando tu vorrai levar via detto medicamento, humidiscelo prima bene con uno tiepido, nel quale siano bollite rose secche, accioch’egli
venga via con facilità, che altramente facendo si potrebbe avenare. è ancora buono in simiglianti
casi, le penne dell’uccello brusate, la seta sia de qual sorte o colore si voglia, o il bambagio, medesimamente brusati, o vero quel piumino che fanno li fiori di salici quando si maturiscono, bagnate
nella detta medicina, over nel bianco dell’ova battuto, che non ha quella preparata, et legate sopra
la ferita com’è detto. Ma se per detti medicamenti il sangue non si restringe, com’il più delle volte
aviene, quando le vene maggiori o l’arterie principali sono troncate, alhora gli darai il fuoco a questo modo: prima farai affuocar bene un bottone di ferro di grandezza conveniente al luogo che voi
cauterizare, poi haverai apparechiat’olio rosato bogliente, nel quale bagnerai detto botton’affocato,
et subito senza perder un minimo tempo lo impronterai nella bocca della vena tante volte, ch’el
sangue perfettamente si restringa, guardando bene a non abbruciargli i nervi. Metti poi sopra l’escara, overo cottura, che havrà fatto il fuoco del medicamento soprascritto per maggior sicurezza:
levato via quello con il modo sopradetto e ritrovando il sangue ben affermato, lo medicherai con
termentina, rosso d’uova et un pochetto de butiro meschiati insieme fin a tanto che l’escara del
fuoco sia caduta; dapoi procederai con gl’altri medicamenti detti ne’ luoghi | suoi secondo le parti
che saranno offese. Molte altre cose potrai aggiungere al presente capitolo, et per theorica et per
pratica, ma tutte sarebbero superflue, perché quello che non potranno far queste, non farebbero
quelle, attento che Albucasi, dottissimo auttore, comenda il cauterio con fuoco per il sicuro et
giovevole rimedio che si possa usare in simiglianti casi, intendendo però ne’ casi disperati ne’ quali
i rimedi locali non hanno forza alcuna.
Dove io ho poi con brevità ragionato delle ferite delle quali usciscono le interiora, devesi intendere
che dette interiora non siano tagliate, che io di quelle tali non ragiono, per non haver visto la cura
loro in simili animali. Come ho visto per auttorità di molti eccellenti auttori quall de gli huomini,
la quale al presente lasso, per non fare al proposito nostro.
delle fratture, overo
rotture delle gambe
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Se verrà che ’l tuo uccello volando, overo per altro accidente si scavezzi una gamba, la prima cosa
che dei fare, tu dei cercar di ridurre con ogni destrezza et diligentia gli ossi al luogo suo, et ridotti
gli metterai sopra lo infrascripto medicamento su le faldelette di stoppa, secondo l’arte richiede, et
sopra dette faldelette legarai soavemente le sue stecchette sottili involte in bambagio overo stoppa
delicatamente acconcia, legando poi sopra dette stecchette le bindelle di tela a tal bisogno atte et
convenienti: | recipe un bianco d’ova, olio rosato onfacino, coè fatto d’olive acerbe et olio rosato
comune, di ciascuno dramme due, olio di mirto dramme meza, farina volatile, farina d’orzo di
ciascuna dramme due, bolo armeno et sangue di drago sottilissimi polverizati, di ciascuno dramme una, et battuto ogni cosa inseme operrerai come è detto; stato che vi sarà sopra da nove a dieci
giorni, lo leverai con destrezza et gli metterai sopra quest’altro seguente con il medesimo ordine:
recipe uno bianco d’ova, olio di mirto, olio rosato, di ciascuno dramme due, termentina chiarissima dramme due, incenso dramme meza, sangue di drago, bolo armeno di ciascun scropol uno,
farina volatile dramme una et ben agitata insieme applica come è detto, usandoli caldo l’inverno et
freddi l’estate; stato che vi sarà sopra questo medicamento per altri dieci giorni lo potrai rinovare
lasciandovelo per altro tanto che in detto tempo. Sarà fatta la perfetta ebullitione et restauratione
de gli ossi, la quale è detta da’ latini porum sarcoidem; et perché il più delle volte i detti medicamenti
causano un gran spurino nel membro offeso, sarà buono per levarlo et fortificare detto membro
fargli la seguente lavanda: pigliarai rose secche, grani et foglie di mirti, matre silvas, millefoglio,
di ciascuni un buon manipulo, radici di frassino et delle sue foglie un buon manipulo, radici de
buon avisco onse sei, camomilla, melliloto, assenzo, di ciascun mezzo manipulo, foglie di salici
con solida maggiore, di ciascuno | uno manipulo, noci de cipresso bene peste numero dieci, et
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farai bollire ogni cosa in buon vino vermiglio sin tanto che cali la terza parte, poi cola, et di detta
colatura honestamente calda ne farai un bagn’al membro offeso come detto; fatto il bagno et sugato
bene con panni caldi con quella maggiore destrezza che sarà possibile, onterai bene detto membro
con olio di mirto caldo, et non trovando tutte dette cose ch’entrano in detto bagno, lo potrai fare
di rose secche, di grani et foglie di mirti, di radici et foglie di frassini et d’olmi, et non essendo
tempo di foglie, bastaranno le radici; gli metterai anchor le radici di buon’avisco, et boglite nel
vino come è detto, et poi colato ne farai bagno, sugando et ongendo con l’oglio di mirto caldo
secondo l’ordine antiscritto.
Altri pigliano solo il bianco dell’ova, aloe patico et sangue di drago ben battuti insieme, et con le
stecche et faldelette di stoppa, et bende di tela sottili, legano il membro offeso secondo il bisogno
con destrezza, rinovandoli poi detta medicina di dieci in dieci giorni fin tanto ch’el membro sia
consolidato. Et in vero detto modo non mi dispiace per la facilità che in quello si vede, anchora che
non habbia così del ragionevole, et manco mi spiacerebbe se a dette tre cose si giongesse un poco
d’olio di mirto et termentina, perché haverebbe più del confortativo, senza comparation’alcuna,
et sarebbe più sicuro di non causare apostema, et più facile da rimutare, senza dolore per la sua
ontuosità, alle qual cose convien avvertire, perché non è cosa | che più tiri gli humori al luogo
offeso et causi più presto la postema del dolore, il quale dobbiamo cercar di fuggire con tutte le
forze dell’ingegno nostro, con quella diligentia che si fa anco negli huomini.
Ma usando quai voglia medicamenti, o delli scritti overo d’altri che habbino simil intentione,
convien avertire alle infrascritte cose, cioè di non fare tanto stretta la legatura, che il calor naturale
non potesse passare, et perciò il membro venisse a mortificarsi, come spesso aviene per il poco
avedimento de’ semplici operatori, non solo in detti animali, ma ne gli huomini ancora. Poi se la
frattura sarà con ferita, overo rottura della carne, bisogna legarla con arte, che detta ferita si possa
ogni giorno medicare senza movere la legatura, che fa per conglutinare gli ossi insieme, come
havemo ragionato di sopra. Et in detta ferita non si deve metter altro nel principio che la pura et
semplice termentina, perché tiene del conservativo, abstersivo, et mondificativo, et sopra tutti li
altri licori medicinali conferisse in simiglianti casi, come io ho più volte visto per propria isperienza. Vero è che poi secondo il bisogno del membro offeso, se gli ponno aggiungere dell’altre cose,
le quali lasso al giudicio dell’ottimo operatore.
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delle infiagioni, over
tumori de’ piedi
Soglian venire molte infiagioni nelli piedi delli uccelli per diverse cause, come sarebbe a dire per
qual|che sinistro o storta o troppa fatica, overo per gotta, podagra o porri o chiodi et altri simili
accidenti et infirmità, le quali diversamente si curano secondo le specie loro. Se ciò procederà da
sinistro o storta, fagli questo rimedio: piglia un chiaro d’ova, aloe patico, sangue di drago et un
poco di quella terra che cade dalle molle di ferrari [fabbri], et ridotte in polve le cose che sono da
polverizar incorpora bene con detto chiaro d’ova, che resti in forma liquida et impiastra o lega
soavemente di detta medicina sopra il membro infermo, poi metti l’uccello al sole per un’hora
almeno sopra un ferro. Dopoi lavalo con acqua nella quale sian cotte delle radici di buon avisco et
un poco di sapon negro, et tieni detta regola per nove dì continui et risolverai.
Si viene da fatica piglia olio d’oliva vecchio, butiro e dialtia, di ciascun onze una, aloe patico e
tartaro sottilmente polverizati, di ciascun dramme due, et incorporati ben insieme onta, over impiastra come è detto di sopra il membro infermo. Et non si risolvendo per questo, fagli quest’altro
lodatissimo rimedio: piglia della sopradetta terra che cade dalle molle de’ ferrari, che da’ latini è
chiamata chimolea, et stempera con aceto, poi metti l’uccell’al sole sopra una pertica, alla quale
sia involto un panno lino bagnato in succo di piantagine il tempo dell’estate, et nel verno in vino
vermiglio grande; poi tienli bagnato spesso, secondo si va sugando della sovradetta medicina di
chimolea et aceto, che ciò facendo per alcuni dì risolverai di certo. Altri pigliano la scorza di
mezzo | del ginepro, et fatta seccare ne fanno polvere sottilissima, et con latte di capra cotto souavemente, che non pigli fumo né danno nel pasto all’uccello; et non potendo così havere la scorza
del ginepro, pigliano l’incenso ben polverizato in vece di quella, poi gli fanno un bagno di vino
vermiglio, camomilla et assenzo, il qual bagno è anco buono quando l’uccello havesse sinistrata
una gamba o galone, et non se ne potesse sostener sopra, cioè a farglielo star dentro che sia ben
caldo con il membro offeso per mezz’hora almeno, poi sugarlo bene con panni caldi destramente,
et ontali di songia di gallina, grasso di tasso et dialtia composti insieme al fuoco, perché vol essere
operato caldo, et devesi procedere a questo modo per nove dì tenedolo in luogo scuro, non gli
dando impaccio perché non habbia cagione di dibattersi, et devesi pascere de buonissimi pasti.
Se il detto tumore o infiaggione procederà da podagra over gotta, come vogliamo chiamarla, se gli
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faranno i seguenti rimedi, essendo la materia calida causa che si conosce quando il membro infermo è rosso fuor del naturale solito suo. Prima purgarai l’uccello a questo modo: gli metterai nella
borgatura due parti di diaprunis et una parte di elettuario di succo di rose, dandole quella quantità
che richiederà la forza et natura di quello; purgato che l’havrai fagli l’ongioni overo imbrocationi
d’olio rosato fatto in duplici vasi, secondo i canoni medicinali, et quando tu haverai reiterato più
volte le dette embrocationi, et per quelle non | sleggerisca il dolore, che si conosce per la continua
inquietudine dell’uccello, fagli subito quest’altro rimedio, il quale non ha pare per sedar detti dolori, non solo in questi animali ma ne gli huomini ancora: piglia opio scropol uno, zaffrano scropoli
tre, rossi d’ova numero quattro, et incorporati insieme linisse con una penna soavissimamente il
luogo infermo, et così va seguendo fin a tanto che cessi detto tumore et inquietudine.
Ma se il loco infermo non sarà rosso purgherai l’uccello con oximel iuliani, dandogliene quella
conveniente quantità ch’alla natura essere et forza o debilità di quello se richiede; et li potrai dare
detta medicina o col pasto o nella borgatura, overo come ti parerà meglio per manco disturbo
dell’uccello, et non potendo così aver il detto oximelle, gli metterai nella burga della pegola greca,
la quale è di tanta virtù in dett’infirmità, seconda narra Guglielmo Ravignana, clarissimo medico,
che pigliandone l’huomo podagrico o gotoso, mezo cuchiaro la sera et la matina quando vol andar
a tavola, con vin bianco polverizato sottilissimamente; perserverando un mese si preserva mirabilmente da sì maligno umore et afferma essere cosa provatissima. Purgato che haverai dunque il
tuo uccello con dette medicine per due o tre giorni, li farai poi l’embrocationi d’olio di camomilla
ben caldo, et dopo quelle gli metterai sopra il seguente unguento, qual è mirabile in simil caso:
piglia dialtia onze tre, termentina onze due, oglio laurino onze due, sevo di becco dramme quattro, mastice onze una, oglio nel quale siano bogli|ti fumi terrestri onze tre, cerca quella che basta
a darli forma d’unguento che si possa linire il membro infermo, et vuol sempre esser operato ben
caldo; gli giovarà anchora grandemente a risolvere detto humore l’impiastrargli la gotta con sterco
di bue ben caldo, et aggioneli il sterco di capra et la cenere di caoli comuni incorporati con mele,
farà maggior operatione come dice Halyabete. Ma vogliono detti autori che inanti l’applicatione
di questi forti ressolutivi, si lavi il membro infermo con la seguente lavanda: si piglia camomilla,
melliloto, aneto, maggiorana, centaurea et altri semplici et con acqua o vino per maggior conservatione, si fa bagno.
Dice poi Guglielmo napoletano haverne liberati assai a questo modo: prima gli dà il fuoco con
carta di bambagio sotto le piante de’ piedi, poi gli fa stare sopra una pietra viva ben unta assongia
vecchia, et non gli dà altro che soreci per pasto.
Un altro gli dà col pasto latte di capra et medolla d’una mascella di porco salato, et poi di detta
medicina tiene sotto i piedi dell’uccello, et per questa via dice haverne sanati molti.
Ma sopra tutti gl’altri rimedi, i quali conferiscono et giovano manifestissimament’alle gotte da materia frigida causate. Sono questi ultimi da me più volte provati con mio grandissimo honore, non
solo in detti animali, ma ne gli huomini anchora: si piglia fiori di rosmarino oncie, sei, rebaghe,
overo sementi di lauro ben peste oncie sei, olio d’olivo del più vecchio che si | può haver’oncie sei,
et si pone ogni cosa in una boccia di vetro ben turata che non possa respirare, poi si sotterra nell’arena in luogo che gli batti bene il sole per giorni quaranta, d’indi levata si cola premendo quanto
più si può fuori la sostanza di sovradette cose, poi di quella se ne unga le gotte che sia honestamente
calda, fatte prima le debite et convenienti purgationi. Chi vuole ancho che detto olio sia elevato
in maggior calidità, lo metti al sole in letame di cavallo per detto tempo.
L’altro rimedio è questo: si piglia acqua di vita eletta, libre una, delle cime d’ebuli l’estate et delle
radici l’inverno oncie tre, et si mettono insieme nell’occhio del sole, per un giorno integro l’estate,
et d’inverno si fa bogliere su le cenere calde per tre hore lentissimamente, poi si cola premendo
bene, et colato si può operare com’è detto fatta la purgatione.
Si può ancora impiastrare le dette gotte con ebuli ben cotti in vino, et del medesimo vino fagli
le embroccationi, che ciò gli sarà di grandissimo giovamento; et chi purgarà l’uccello con detti
ebuli infusi prima in acqua di vita eletta, per dodici hore almeno, et poi procedere come detto,
vederà effetti miracolosi per la occulta virtù che i cieli hanno infuso in detto semplice, come dice
Raymondo in queste belle parole: nam herba ista a tota proprietate curat omnem gusta, si cocta cum vino
supponatur loco patienti sic calida, et in medicum tempus vel dies curat ipsum patientem. Questo gran philosofo et ottimo medico intende alla cura de gli huomini, et io, hesperimentando dette cose in |
questi animali, le ho trovate sopra tutti gl’altri rimedi giovevoli et sicure. Ho poi visto non essere
cosa alcuna più giovevole alli huomini in tal infirmità come sono le fontanelle, fatte prima le debite purgationi et diversioni convenienti, et poi con gli predetti rimedi di Raymondo, medicare
le parti gottose. Molte altre cose potrei scrivere, et per theorica et per pratica, circa la presente
materia, le quali io lasso per non essere tedioso ai nobili et saggi lettori.
Se ciò procederà da porri, non gli sono rimedii più sicuri di questi seguenti: prima si darà il fuoco
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sopra la ponta del porro con uno stile overo bottoncino di ferro, sin tanto che habbi ben penetrato
alle radici, poi se gl’ongerà almeno due volte il giorno di butiro, fin che l’escara overo cottura che
havrà causato il foco sarà caduta via; caduta overo levata quella, si medicarà con uno di quelli licori
composti d’acqua di vita et polveri incarnative, de’ quali è fatto mentione nel cap. delle ferite. Et se
il detto porro fosse sopra qualche giuntura lo medicarai in cambio di detto licore con termentina,
nella quale sia ben incorporato un pochetto di mele rosato, et tutta preparata sottilissimamente
polverizata, Ma convien prima lavare detta termentina con vino bianco, acciocché habbi più del
confortativo et manco del abstersivo; ma se il porro da sé fosse ulcerato et tenesse del cancerosso,
non gli darai altramente il fuoco, ma cercarai di levarlo con destrezza et arte con le sue radici, et
levato over cavato che l’haverai, li bagnarai bene per due o tre volte il gior|no di suco di verucaria,
poi gli metterai sopra un unguento di tutia, et senza dubbio sanarassi; et detta verucaria è un’herba
che Dioscoride chiama elitropium, come appare nel Pandetario nel capitolo del elitropio. Molti altri
rimedi potrei scrivere per autorità di diversi autori, i quali lasso per haver conosciuto questi con la
propria isperienza, per i più brevi et sicuri che si possano usare, come si potrà con effetto vedere
operandoli ne gli huomini et in detti animali.
Se questa infiagione over tumore sarà causata da chiodi, gli farai nel principio, per molificargli, il
seguente cerotto, il quale è mirabile: piglia sal armoniago dramme tre, mastico dramme due, aloe
patico dramme mezza, zaffrano scropol una, farina de fava dramme nove, mele quello che bisogna
a comporre insieme dette cose, che pigliano forma di cerotto non molto duro, del qual cerotto se
ne deve legar sopra i chiodi quella quantità che sarà bisognevole per volta, non lo movendo sin in
capo di otto, over dieci dì. Si vede poi se detti chiodi sono maturi et si cavano; non essendo maturi se gli pone su tante volte in detto cerotto, che mollificati con destrezza si cavano. Cavati che
siano si toglie [prende] il bolo armeno et stemperato con aceto s’adopera a risolvere l’infiagioni che
rimangono ne’ piedi, over si fa dissolvere o mollificare una parte d’armoniago nel aceto, et poi se
gli aggiunge due parti de diachilon magno, et fatto in forma di cerotto mole, si pone ne’ luoghi bisognevoli; consolidati che siano poi i | detti luoghi, et restandoli ancora qualche tumore, impiastrali
i piedi di chimolea et aceto con quella regola che è detto di sopra, che senza dubbio si risolveranno.
Dice anchora il sovradetto mastro Guglielmo napoletano, haver trovati i seguenti rimedi essere
perfettissimi a detti chiodi: prima egli fa un cerotto molle di aloe patico, oglio d’oliva vecchio,
butiro et greppo, di ciascuno bisognevole quantità; fatto e ridotto in buona forma se ne mette tante
volte su detti chiodi che si vengano a mollificare, di sorte che con facilità si possano cavare; e ogni
volta che se gli muta detto cerotto, vole che se gli lavi ben i piedi infermi di vino nel quale siano
cotte radici di buon avisco, sementi di lino, sementi di fen greco et lumbrici terrestri, cavati che
siano; lauda anch’esso i sopradetti mondificativi abstersivi et consolidativi, et massime quello ch’è
posto nella cura di porri, quale è fatto di termentina lavata di vin bianco et incorporata un poco di
tutia preparata et melle rosato. Fatta la consolidatione et restandoli qualche tumore, vuoi poi che
se risolvi con alcuni bagni esicativi, come sarebbe de vino vermiglio nel quale fosse boglito rose,
mirti, camomilla, rosmarino, assenzo, arthemisia, agrimonia, noci d’ancipresso, galla et lume di
rocca, chimolea, aceto et altre simiglianti cose, accompagnate et sole, secondo il bisogno.
Dice poi maestro Antonio et maestro Luchino, bonissimi falconieri, haver trovato lo sottoscritto
cerotto miracoloso a detti chiodi: recipe oglio d’avezzo onze una e meza, rasa de pino onze una,
galbina onze una, | armoniago onze una, serapino onze una, opopanago onze una, suco di salvia,
suco di apio, suco de isopo, di ciascun onze meza, oglio d’oliva vecchio onze meza, piombo brusato quello che basta. Questo cerotto vuol esser fatto per mano d’un ottimo speciale rispetto a le
gume et suci che vi son dentro, i quali non si ponno ridurre in corpo lodevole senza bonissima pratica et arte. Ridotto che sia si applica con quel medesimo ordine che è detto de gl’altri soprascritti.
Mollificati poi et cavati che siano detti chiodi, li pongono sopra unguento di cerusa incorporato
con piombo brusato, mirra et incenso sottilissimamente polverizati, et restandoli tumore dopo la
consolidatione fanno stare l’uccello sopra delle pietre vive o copi novi, o ferri, over pezze bagnate
in acqua di vita et aceto forte, et così lo risolvono. Altri fanno il seguente cerotto et l’applicano
com’è detto di sopra, et cavati i chiodi incarnano il luogo vacuo dove quelli erano et incarnato,
restandoli tumore, lo risolvono com’è detto; resolto che sia confortano et fortificano i nervi che
hanno patito con il linimento che segue dopo il cerotto, qual è questo che seguita: recipe pegola
navale, pegola greca, galbano serapino, armoniago, di ciascuna onze una, olio d’avezzo dramme
quattro, guma elemi onze una e meza, mastico sottilmente polverizato onze una. Si mettono prima le gume a disfare over liquefare in aceto, poi si restringono con le pegole et olio davezo ad un
lentissimo fuoco che non se brusino, mesedandoli sempre con | una spatula di ferro o di legno,
et in ultimo, nel levarlo dal foco se gli aggiunge il mastico incorporandolo bene. Questo è poi il
linimento over onzione: recipe grassa de tasso, grassa de cavallo, agrippa, dialtia, marciaton, termentina, butiro, di ciascun onze meza, oglio rosato, oglio de gigli bianchi, oglio de mirto, oglio
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camomilla, di ciascun onze una, cera nova onze una. Prima si fa bogliere con i detti oglii una
meza scudella de vermi terrestri, et parendo pochi gli detti ogli per far detta ebullitione se ne potrà
pigliare maggior quantità. Cotti che siano i detti vermi si gettano via, poi si compongono gli olei
dove hanno bollito dentro con le altre soprascritte cose ad un lento fuoco, et s’adopera secondo i
bisogni.
Tutti gli sopradetti rimedi o almeno la maggior parte, sono cavati dalla esperienza, et composti
over ordinati dalla pratica; et però non havendo quelle color over ordine theorico che alla bellezza et perfettione della presente opera si converrebbe, priegovi ad haver per iscusati prima quelli
che gli hanno composti, et poi me che gli ho scritti come gl’ho ritrovati, senza altro ornamento,
perché in vero l’essere io sforzato a ridurla insieme con grandissimo incomodo mio da gran personaggi, che non poco ponno comandarmi, è stato cagione di non lasciarla venir in luce secondo era
il dissegno mio, se un poco più di tempo m’havessero concesso.
Hor che sono ascritti molti rimedi per pratica ordinati, parmi cosa ragionevole scriven’alcuni de
Theorica adorni, perché gli sono di chiodi tanto inveterati | et maligni, che senza il mezo di
questi non si ponno perfettamente sanare; et anco gliene sono di quelli tanto alliggati et infeltrati
con gli nervi, che inanti che si possano estirpare stroppiano l’uccello; et però convien havere buon
giudicio dell’essere loro, et del loco dove sono situati, prima che si venga ai cauteri attuali et potentiali, che in questa parte saranno notati. Dice adunque Guidone, et dice il vero, che prima si deve
tagliare il chiodo più sotto che si può, et poi havere una lamina o piastra di ferro, over un poco di
corame grosso nel quale sia un buco della grandezza del chiodo che havrai tagliato, et posto sopra
detto chiodo farai dare nel buco una goccia di solfaro ardente tenendogliela ferma sopra finché sia
rafreddita et habbia fatto l’escara; fatta quella ungeli di butiro et assongia finché sia caduta, poi medica con unguenti over licori e consolidativi. Et questo è il vero modo et sicurissima via di sanare
i calli et porri che vengono su le mani et piedi de gl’huomini, pur che non siano cancerosi, che si
conosce per il color livido et oscuro, et per le venuzze piene di sangue melenconico che gli sono
intorno avvilupate. Che tali essendo converrebbe procedere con il suco della verucaria, com’è
detto nella prima cura di porri, et non riuscendo per essere il male troppo inanti penetrato, o per
non essere stato nel principio ragionevolmente curato, bisognarebbe venire alla cura paliativa, et
massime nelli huomini, che in detti animali non accade venir a questo, perché come sono stropiati,
senz’altro è meglio lasciarli andare.
Alcun’altri dicono che si sa|nano tagliando il chiodo fin sul vivo et darli un bottone di fuoco in
mezo, overo toccarli d’acqua forte da partire con il bambagio et poi untarli di butiro e assongia fin
che l’escara se ne vada, poi procedere con gl’incarnativi.
Altri poi vogliono che tagliato il chiodo fin su ’l vivo se gli faccia un buco picciolo in mezo, et poi
se gli mette dentro un grano di arsenico overo di rottorio, et puoi fare com’è detto di sopra, cioè
procurare il cadimento dell’escara et puoi incarnare, essiccare et in ultimo fortificare il membro
debilitato dalla infirmità et cauteri soprascritti. Cose che sommamente sono da lodare, sì per l’autorità de gli huomini eccellenti che l’hanno scritte nelle opere loro, sì per essere in effetto gli ultimi rimedi più giovevoli a questi difficili morbi, pur che siano con giudicio, ragione et arte operati,
ne’ luoghi convenevoli; dico convenevoli perché nelle giunture o ligamenti principali è da fuggire
detti cauteri, perché non solo potrebbono stroppiare, ma ancora levare la vita per spasimo, overo
causare una qualche infirmità incurabile. Egli è ben vero che alcuna volta gli sono de’ porri, calli
et chiodi, ben che siano nelle giunture sono tanto staccati da quelle che si ponno sicuramente fare
dette operationi et arte, che senza questi rare volte si fanno opere lodevoli.
Se l’uccello havesse via un’ongia, et il sangue non si potesse stagnare, togli pelo di lepore brusato
et legalo su detta ongia intinta in chiaro d’uova et fermarassi; et non havendo di detto pelo, brugia
delle penne dell’uccello et fa il simile. Fermato che sarà bene il sangue | falli un capelletto di cera
rossa et mele, che gli farà venir detta unghia; ma sappi che non gli essendo rimasto qualche parte
del corno havrà gran fatica a tornargli; pur non mancar di ungerli ogni giorno di grasso di gallina,
che questo è perfettissimo rimedio per fargliela tornare, pur che sia possibile.
Altri poi, ristretto il sangue, gli ontano con medolla di una gamba di porco salato, poi pigliano uno
sorice et fenduto per mezzo, gli tengono dentro il dito ch’è senza ongia, fin tanto che detto sorice
venga freddo, et così fanno più volte tenendolo poi ontato di assongia di gallina et dialtia meschiati
insieme, fin che sia perfettamente guarito.
Se averrà che un’unghia per gran sforzo c’habbia fatto l’uccello di rapina, in pigliar overo uccidere
altro uccello salvatico, sia strazzata et come spiccata dal corno suo, prima cercarai di affermarla a
questo modo: la commodarai bene al suo luogo, poi gli legarai sopra una bindetta sottile bagnata in
bianco di uova ben battuto, con un poco d’oglio rosato et succo di piantaggine; il seguente giorno
levarai via detta benda, et vedendo sangue scorso sotto l’unghia cercarai con destrezza et arte di
farlo uscire, poi gli metterai sopra l’infrascritto medicamento per qualche dì, legandoglielo bene;
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Lords of the Sky
pigliarai olio rosato onfancino, olio di mirto, di ciascun oncie una, cera nuova dramme dieci,
vino odorifero oncie dua, termentina dramme tre, foglie di assenzo ben peste dramme una. Farai
bollire ogni cosa in|sieme, eccetto la cera, fin che sia consumato il vino, poi colerai, et lo ritornerai al fuoco aggiungendoli la cera; bollito che habbi un poco con la cera lo levarai dal fuoco, et
quando sarà tiepido gli mescolarai dentro un poco di farina di fava, fin tanto che sia raffredito et
ben incorporato. Veggendo poi che per detti rimedii non possi affermar la detta ungia, come sarà
caduta gli farai sopra i capelletti d’unguento di minio, et per indurir et per fortificar il corno gli
lo laverai ogni giorno con vino nel quale siano bollite rose secche, mirto et un pochetto di alume
di rocca, et quando vedrai rinascere l’ongia gli farai sopra i suoi capelletti della seguente mistura
per tirarla su più presto et più forte: piglierai olio di mirto, olio di mastice, di ciascun oncie meza,
termentina dramme due, mele dramme due, grassa di gallina, dialtia, di ciascuna dramme tre, cera
nuova dramme tre, mastice et incenso sottilissimamente polverizati, di ciascun dramme una, farina di fava dramme due. Prima farai bogliere lentemente ogni cosa insieme, eccetto le polveri che
gli aggiungerai, incorporandole bene quando la levarai dal fuoco; et questa è la vera et ragionevole
cura et per detti uccelli et per gli huomini anchora; vero è che le sopradette non mi spiacciono.
A voler far mudar presto un ucello conviene che tu habbi avertenza che ciò non gli vieta alcuna
mala indispositione, come infirmità, cattivi pasti e peggior luogo et altre simili cose, non havendo cagione | alcuna rea di non mutarsi, mettelo a buon’hora in muda, cioè a mezo marzo, et
pascilo de buoni pasti, come son pivioni et carne di castrato giovine et sano, ma sappi che non
è pasto migliore di quelo di pivioni in simil caso, et convien sempre tenergli l’acqua innanzi et
mantenerlo grasso. Veggendo poi che perciò non si muda fagli le seguenti pillole et dagliene per
quattro volte almeno in una pelesina inviluppate, ancor che faccia gran caldo, pur che non habbia
cominciato a far le penne nuove: piglia un liguro et giandusse di castrato, garofili, zaffrano, nuce
muscate et muschio, et polverizato ogni cosa sottilmente fanne pillule quattro col mele, et danne
una ogni mattina all’uccello come è detto; potreste anco dargliene con acqua d’orzo et farebbero
maggior operatione. Altri dicono che tutti gli uccelli di rapina si mutano fioriti se gli è dato sul
pasto quando sono in muda di quelli pescetti che si chiamano barboli, essiccati nel forno o nella
tecchia, et fatti in polvere, overo si faccia polvere de pistacchi et se gli dia sopra la carne di soreci,
et mutarassi senza dubbio alcuno, pur che non sia da qualche mala indispositione impedito, come
è detto di sopra.
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delle mude
Nel principio di maggio è tempo di mettere il falcone alla muda, usando questi termini: prima
si deve avertire come il becca, se gli è grasso, magro, sa|no over infermo, s’egli non becca bene
secondo il solito suo, questo procede che non è ben disposto, et però è di mestiero provederli
secondo il bisogno: se gli è magro convien con boni pasti farlo grasso, et se gli è infermo bisogna
purgarlo secondo si richiede alla infirmità che tiene, et in simil caso ricorrerai a i soprascritti capitoli ne’ luoghi suoi.
Ridotto l’uccello in buona dispositione et fatto honestamente grasso, tu lo puoi mutare in tre
modi: prima disciolto in sua libertà; secondo alla grada; et terzo a tenerlo in mano. Ma egl’è meglio a mudarlo disciolto, et tenerlo venti o venticinque giorni in mano, et avertir bene se ha pedocchio e cavalieli, poi scurtarli il becco et unghie fin sul vivo, et purgarlo bene non essendo purgato;
et bisognandoli il fuoco alle nari et alla testa darglielo. Poi tagliarli l’ali in questo modo piacendoti,
che non ti piacendo potrai governarti come sarà detto in ultimo. Torrai una forbice ben tagliente
et tagliarai il terzo secondo et primo de’ partitori, et lo soprapartitore, gli lascerai lo quarto et lo
quinto et lo spadetto, et tagliando dette penne considera il mezo del canone, intendendo il mezo
della penna busa. Et quando le tagli habbi apparecchiato i bollettini piccioli su quali siano scritti
i nomi delle penne che tagliarai, et metti detti bollettini nelle sue penne facendone buonissima
conserva, accioché accadendo che non si mutasse tu possi mettere dette penne ne’ luoghi suoi.
La muda vuol essere situata et acconcia a questo modo, cioè in una camera remota et lontana da’
rumori, che sia | sette braccia per quadro, et altre tanto alta con una fenestrella che sia qualche cosetta manco d’un braccio, et sia in uno cantone che ’l falcone possa pigliar l’aria et il sole la mattina
per un’hora almeno et poi retirarsi al scuro, over in parte più coperta et remota ad ogni suo piacere,
ed massime quando vengono tempi ventosi et contrari, et alhora si potrebbe serrar la finestra, che
passati quelli si può tener sempre apperta. Vuol in essa camera essere l’arena grossa di scaglia, acciochè non faccia polvere, et quattro riposamenti e un coperto di scatola pieno di giaroncelli grossi,
come è un gran di fava, et un vaso di pietra cotta pieno di acqua chiara, la quale se gli deve dare
sol una volta la settimana, non gliela tenendo più di due giorni inanti. Né si deve pascere il falcone
più d’una volta il giorno, ma sempre ad un’hora segnalata, come sarebbe a meza terza, et pasciuto
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lévati subito, né gli tornare in fino a hora di vespero per torre le barzuole che havrà purgato.
La quantità del pasto suo in detta muda vuol essere un buon pivione, et mancandoti quello gli darai
altretanta carne di castrato giovene; ma il pivione è meglio senza comparatione. La causa perché
se gli tagliano le sovradette penne si è che non potendo dibattersi è necessario che si riposi. Se gli
mette poi grasso perchè si mantenga meglio. Il tempo che ha da star in muda è alla più lunga fin
a mezo agosto, perché in quel tempo, non mancando tu di provisione sarà mudato fiorito, non
havendo alcuno che lo impedisca da mutarsi, com’è il detto | di sopra. Mi havevo scordato di dire
che la fenestrella della camera vuol havere una rebalzetta che si possa alzare et abbassare secondo
i bisogni.
A mudargli alla grada si tiene quest’altra via: prima se gli cacciano i pedocchi, se gli tagliano l’unghie et si purgano, poi devesi trovare un loco remoto che sia fresco et habbia poca luce, nel quale
sia una tavola che sia alta da terra due braccia et sia larga tre, et lunga secondo il numero dei falconi
che vuoi mudarli sopra, avertendo che vogliono esser lontani tre braccia a l’uno da l’altro; vuol poi
haver detta tavola un orlo assai grande, perché la sabbia overo arena scagliosa non possa cadere, et
gli vuol suso alta un palmo almeno, et in mezo di essa tavola vuole essere uno anello per falcone,
da legarglielo con la lunga, et un altro attacato al rodello dove ha da star con i piedi, et sopra detto
rodello tu gli metterai una stanga che sia tanto alta ch’el falcon non possa toccare la tavola con la
coda; et sappi che gli è assai meglio a pascere i detti falconi tenendogli in mano che non il darli
le banzuole inanti, perché toccandoli ogni giorno puoi melio sapere se stanno bene o male, et
provedere ai loro bisogni. è poi da sapere che li falconi marzaruoli si deono far volare per tutto
maggio, et più se può, et non gli potendo far volare più per lo estremo caldo, è di mestiero che gli
togli in mano ogni mattina innanzi giorno, et tenerglieli fin tanto che li comincia a far caldo; poi
mettergli in luogo fresco in terra; il medesimo ordine osserverai la sera et gli chia|marai ogni dì al
lodro assai lontano per il fresco; il pasto che gli darai vuol essere liquido, per non tenergli troppo
grassi, et passato mezo agosto gli potrai far volare; et questo è il modo che fin qua si è tenuto a
governar detti animali.
Un’altra regola tiene il Capitano Simonino a mudare i falconi dell’Illustrissimo Signor mio, et gli
riuscisse felicemente, quale è questa: egli mette prima in carne i detti falconi se non gli sono, poi
di quattro o cinque giorni inanzi che gli metta alla muta gli purga a questo modo: egli piglia delle
radici di celidonia, et raspata via la prima scorza taglia il resto di dette radici in fettoline sottili
overo pezzetti piccioli, et ponegli nell’acqua tiepida per una notte facendoli stare ben coperti; la
mattina seguente ne dà tre over quattro pezzi per falcone, con una buona gorgata della medesima
acqua dove è stata la celidonia, poi gli mette alla pertica in luogo oscuro fin che l’hanno gittata con
gli cattivi humori insieme; et gittata che l’hanno sta tre over quattro hore a pasergli. Fatto questo
egli sta ancora cinque o sei, overo otto giorni a ponerli alla muda, accioché pigliano più carne; gli
mette poi alla muda in una camera terrena, fresca et remota, con i suoi riposamenti di marmo et
con l’arena di scaglia ben grossa intorno, con una buona quantità di giarelle picciole come grani
di fava sparse sopra detta arena, né altro gli dà per pasto per quindici o venti dì che carne magra
di castrato giovine, et il rimanente del tempo che gli va a mudargli, non gli dà altro che pivioni,
et rarissime volte gli dà l’acqua, come farebbe ogni venticinque o trenta giorni, né mai gli dà
borgatura alcuna mentre stanno in detta muda, ma come gli son stati dieci over dodici giorni, gli
talia le punte de le unghie dei diti piccioli di fuori via, facendole sanguinare per un pezzo honestamente; et accadendo che venga male nella testa a detti uccelli gli separa dalli sani; cioè essendo
specie di morbo contagioso, che si conosce quando uscisse gran quantità di putredine fuori dalle
nari et orecchie, né per via di medicine ragionevoli si vogliono sanare, anzi se vanno di giorno in
giorno l’un e l’altro infettando, et al fine se ne morono, con tutto che non se gli manchi de rimedii
ragionevoli come è detto; et così sian giunt’alla fine, per gratia del sommo datore di tutte le gratie,
il quale sia sempre glorificato col Figliuolo et lo Spirito Santo, hora et sempremai.
il fine
a’ lettori
Io son certissimo ch’una gran parte di quelli quali vedranno la presente opera, si maravigliaranno ch’io non
l’habbia scritta in uno stile più elegante et con parole più elette, et ch’io mi sia servito d’alcuni antichi et moderni
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Lords of the Sky
fisici et cirurgici in cose nelle quali essi non hanno mai per aventura scritto né ragionato, o ch’io non habbi almeno posto il peso o quantità delle robbe ch’entrano nelle ricette, medicine et altri rimedi, più chiaro et distinto,
et con vocaboli più belli; alle qual cose rispondendo dico che io non ho voluto far elletione di parlar più dotto né
più elevato acciocché ella riusisca più facile et piacevole ad intendere a le humili persone, che il più delle volte
hanno il carico di detti animali. Ho poi chiaramente visto col mezo della ragione et isperienza, che la maggior
parte di quelle medicine che sono state theoricamente ordinate da i predetti autori per la salute de gl’huomini,
esser ancora più giovevoli et senza comparatione mi|gliori per salvare detti uccelli dall’infirmità loro che non
sono quelle che dalla pura et semplice pratica sono nate. Circa i nomi et vocaboli delle cose medicinali, io non ho
voluto affaticarmi in altro che renderli più intelligibili mi è stato possibile, che havendoli lasciati col senso greco,
arabico et latino, come gli ho la maggior parte ritrovati, credo che da molti non sarebbero stati intesi. Non ho
poi voluto pigliarmi questa licenza di mettere il peso a quelle medicine alle quali non ve l’hanno posto gli stessi
auttori, perché non son tanto fuori di me ch’io mi persuada di saper più di loro.
L’altra chi vuol ben considerare quanta differenza sia dal falcon al sparaviero, et dal sparaviero all’astore, e di
forza e di natura et complessione, troverà esser quasi impossibile il poter ciò con ragion perfettamente fare. Sarà
adunque di mestiero che quella persona, la quale vorrà dar medicine a detti animali, non essendo ella ben pratica
et esperta in conoscere la qualità de’ medicinali et la forza e virtù loro, ch’ella vada ad un ottimo speciale a farle
comporre, guardando sempre alla natura, forza, debilità, stato et bisogno dell’uccello, a chi le vuol dare, perché
il speciale non può da sé havere queste cognitioni. Fatte le dette medicine, o in pasta da pillole, overo in altra
forma, a me piacerebbe che se gli desse la quantità bisognevole secondo l’essere loro, o nelle borgature overo in
qualche pellesine di polli, o di pivioni, o d’altri simili uccelli involta, perché gli sturbarebbe manco la gorga, né
per ciò restarebbe manco di fare la sua debit’operatione, | abenché alcuni de’ predetti auttori dicano che dette
medicine se gli diano per forza, non le volendo pigliar altramente. Questo si deve intendere, che solo ne’ casi
disperati si dee fare quando non gli è altra via per la salute loro.
Restami a dire ch’io havrei potuto aggrandire et ampliare assai quest’opera se le lunghe narrationi d’alcuni moderni professori di tal arte m’havesse parso di scrivere, le quali ho lassate per haverle conosciute poco adorne di
ragione et meno utili al presente trattato. Ma se averrà col tempo che altri migliori di me, per theorica o per pratica gl’aggiungeranno maggior perfettione, non solo mi sarà di sommo piacere, ma gliene havrò obligo grandissimo
per sempre, perché l’ufficio dell’huomo da bene è d’abbracciare et riverire il buono et raggionevole et di fuggire
come la istessa peste il reo et iniquo. Fra tanto questa si farà conoscere non solo essere giovevole per detti animali,
ma per gli huomini ancora in molti casi: pigliatela con quel buon’animo ch’io ve la presento, et non la ritrovando
così adorna di belle parole come alla grandezza de gli animi vostri si converebbe, incolpatene il poco tempo che
mi è stato concesso di poter ciò fare in stato da chi instar mi può et oppresso da molti altri impedimenti che me
l’hano vietato, ch’invero assai più leggiadra vi sarebbe comparsa inanti. Iddio vi guardi da sinistra fortuna.
il fine dell’opera
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