ecologici per forza
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ecologici per forza
confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.43 Pagina 1 www.confronti.info ECOLOGICI PER FORZA Mensile progressista della Svizzera italiana Fuori dal vasino I Granconsiglieri leghisti obbligano Boris a lasciare la Lega. Ma paparino non apprezza e li rampogna Il fumo leghista Quali le strategie dei partiti per neutralizzare la barbarie che cresce? Isolare, distinguersi, difendersi, progettare 9 maggio 2012 - numero 39 confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.43 Pagina 2 di Firmino Testamenti Da oltre due millenni l'Antico Testamento insegna che «le colpe dei padri ricadono sui figli». Siamo ora in grado di fornirvi una modifica aggiornata e corretta dell'assunto. Anzi capovolta. È la versione TILO, riferita al partito dominante nelle due regioni: la Lega. In effetti sia in casa Bossi sia in casa Bignasca «le colpe dei figli ricadono sui padri». Il trota ha affondato papà e mezza Lega lombarda, il carpa sta affondando papà e mezza Lega ticinese. Nell'auspicio che Giovanni Orelli non abbia fretta nel far testamento, assistiamo a quello curioso del piccolo Boris che lascia la Lega ma resta direttore del mattinonline. O non legge o non capisce «…dove erano questi ben pensanti quando hanno pesantemente attaccato tua madre? Te li dico io: a battere le mani all'autore durante il comitato cantonale del Partito Socialista!»: così scrive (con gli stessi errori citati) Paolo Sanvido a Boris Bignasca su Facebook. Se il riferimento è alle «10 domande al carpa», stupisce assai che Sanvido sappia chi ne è l'autore, la cui identità non è mai stata rivelata (e no, non è il direttore di «Confronti»). Ma soprattutto stupisce che Sanvido le domande non le abbia lette. O, se le ha lette, che non le abbia capite. Da quando, infatti, chiedere se una donna abbandonata riceveva gli alimenti dal padre di suo figlio significa «attaccarla»? Oppure Sanvido ci dica quale delle seguenti parole dev'essere considerata un «attacco»: mite, signora oppure calabrese? Monsignor Boris L'omelia pasquale del vescovo Grampa ha suscitato l'infastidita reazione di via Monte Boglia. Boris è scattato con tale zelo a difesa dell'onore di Umberto Bossi da parago- 2 1 ACCIDENTI nare il leader padano addirittura alla figura di Papa Wojtyla. Senza lasciarsi sfuggire l'occasione per rinfacciare al capo della Curia luganese di essere italiano, il prode rampollo ha definito le dichiarazioni del religioso «intemperanze» verbali. La foto di accompagnamento mostrava però il vescovo senza ritocchi con Photoshop. Paura della scomunica? E l'Opus Dei che dice? La sessualità secondo la Lega La raffinatissima signora Pantani, già vicesindaco di Chiasso (dove, puntando al raddoppio, la Lega è uscita con le ossa rotte), lancia un'iniziativa popolare federale per evitare che ai giovani si parli di affettività e sessualità a scuola prima dei 12 anni. Già, che bisogno c'è di parlarne a scuola? Ci pensa già l'organo (scusate il termine) del partito della signora Pantani, «il Mattino» dalle cui paginate si propongono «amante anal», «vibro show», «stimolazione prostata», «una grande sorpresa di 22 cm», «piacere profondo», divertimenti «con il mio cane e con la cioccolata» (tutto vero, copiato tale e quale dall'edizione del 15 aprile 2012). Per non parlare del «10 minuti» e dell'intervista al pornodivo, il quale spiega che, «se uno pensa di eiaculare troppo presto, non costa niente fermarsi un attimo e fare dell'altro per poi riprendere più tardi», aggiungendo dei piccoli trucchi per «aumentare il minutaggio» (questo l'abbiamo trovato nell'edizione del 18 aprile). Siccome non ci risulta che i settimanali leghisti siano vietati ai minori di 12 anni, chiediamo alla signora Pantani: quest'eleganza, questa delicatezza e questo rispetto per l'affettività delle persone sono preferibili a quelli che i ragazzini troverebbero nell'educazione sessuale scolastica? TU CHIAMALA, SE VUOI, COERENZA «"il Mattino" è il giornale del Nano, non della Lega»: parola di Michele Foletti in un'intervista a «la Regione» per spiegare la propria scelta di mantenere la candidatura a presidente del Gran Consiglio dopo essersi dissociato «umanamente e politicamente» dalla battutaccia di Boris su Giovanni Orelli. E aggiunge: «C'è un gruppo parlamentare, che trovo lavori bene, con giovani deputati relatori di rapporti anche importanti. E c'è via Monte Boglia che fa il suo verso. Nessun problema». Dunque i due giornalacci non sono «organi di partito». Che siano saldamente nelle mani del presidente a vita della Lega e del suo pargolo non importa. Che la Lega non possa esistere senza il Nano che la sponsorizza e la promuove coi suoi quattrini nemmeno. Che i due giornali servano come formidabile macchina da guerra per la raccolta di voti neppure. Che nessuno dei parlamentari e dei consiglieri di Stato leghisti si dissoci dalle porcherie pubblicate lì sopra ogni settimana (se non costretto a furor di popolo, come in quest'occasione) neanche. Evidentemente per loro tutto questo non conta. La realtà è ben diversa: nessuno di questi figuri può fare il santerello. Nessuno di loro può dire: «Mi accusano di colpe non mie». E neppure: «Non ci sto a fare il capro espiatorio». Quanto meno, se sono stati zitti finora, sono complici. Tutti, senza eccezioni. E allora a noi piace rileggere le pacate e sensate parole di Chiara Orelli: «Gli "hooligans" fuori dal parlamento non sono qualcosa o qualcuno con cui noi non abbiamo a che fare: altrimenti alimentiamo l'idea di un "palazzo" distante da una "piazza" in cui si svolgono le turpitudini senza che il palazzo ne porti responsabilità. (…) addirittura la creazione di una realtà artificiosa per giustificare l'esternazione di Boris Bignasca: tutti responsabili, nessuno responsabile; il guanto di velluto a palazzo, la clava nella piazza». Meglio non M.C . poteva esser detto. confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.43 Pagina 3 FUORI di Marco Cagnotti Sommario 2 3 4 6 8 9 10 11 12 13 14 15 Accidenti Fuori dal vasino Ma io che c'entro? Energia del futuro Un quesito ecologico Trappole Adolescenza narrata Ricucire l'Italia Il fumo leghista La frontiera è mobile? La mia reincarnazione Crash Hanno collaborato a questo numero Adriano Agustoni, Firmino, Françoise Gehring, Caterina Ghirlanda, Marlis Gianferrari, Roberto Kufahl, Carlo Lepori, Teo Lorini, Corrado Mordasini, Giancarlo Nava, Roberto Rippa, Silvano Toppi, Libano Zanolari Crediti: Copertina, Kraska; 2, N. Suto; 3, A. Samara; 4-5, Mikael Damkier, G. Kooijman, Madlen; 6, J. Wachala; 7, AlexMax; 8, NASA; 9, G. Andrade; 12, C. Mordasini; 15, R. Drew DAL VASINO «Il figlio di Giuliano Bignasca è molto più superficiale del padre. E persino, questo è il brutto, più volgare e truculento»: queste parole sono la «colpa» di Giovanni Orelli. A distanza di molti mesi, queste lapalissiane verità sono costate allo scrittore un augurio di morire presto, pubblicato su «il Mattino della domenica»: «Aspettiamo con ansia la prossima pubblicazione di Giovanni Orelli. Negli annunci funebri». Per sua esplicita ammissione, l'estensore di queste righe è Boris Bignasca: alla faccia della prontezza di riflessi nella rappresaglia. E stupisce che Lorenzo Quadri gliel’abbia fatte passare (già, stupisce?… oppure vorrà dire qualcosa?). Di fronte a tanta barbarie, in un sussulto di dignità la società civile si ribella e il giovane Bignasca viene condannato da tutti. Da tutti tutti, non solo dalla Sinistra. Ci mancherebbe! Boris si difende spiegando che si trattava solo di satira e che Orelli è solo un «intellettualoide permaloso». Satira, dunque. Come quella de «il Diavolo», spiega Boris. Sì, certo. Come no. Solo che il quindicinale di sinistra è una vera testata di satira e non ha la pretesa di fare informazione come i due settimanali leghisti. E i finti necrologi de «il Diavolo» non hanno mai augurato a nessuno di crepare. Ma questi sono concetti probabilmente troppo difficili per il povero bimbo. Che, dopo averla fatta fuori dal vasino, piange sconsolato su Facebook: «Scriviamo 300 articoli al mese su mattinonline. E ho scritto centinaia di Wikileaks, se una volta mi scivola la frizione non merito questa gogna mediatica (invece le gogne mediatiche erette da lui per massacrare dei poveracci?… boh!; NdR) e questo trattamento da parte del movimento per cui ho dato tanto. È una questione tra me e Orelli, che mi aveva pesantemente attaccato». Ma il piagnisteo non basta. Sicché Boris, volente o nolente, deve fare un passo indietro e abbandonare la Lega (se ne apprezzi la coerenza: siccome commette un errore da giorna- lista, si dimette da leghista ma non da giornalista; se Boris non esistesse, bisognerebbe inventarlo!). «Sono stato sollecitato a lasciare anche da alcuni membri del gruppo parlamentare», dichiara a «la Regione». «Il motivo? C'è chi pensa che nel ruolo che ricopro potrei alla lunga dar fastidio alla Lega». Uella! Se ne sono accorti anche loro, finalmente! La storia potrebbe finire qui. Ma gli strascichi proseguono. Perché il «10 Minuti» (sempre saldamente nelle mani di Boris, che lo userà «per osservare da fuori (…) come si comporterà il gruppo leghista»… e chi ha orecchie per intendere intenda, ché Boris non perdona) di mercoledì 2 maggio apre con una micidiale sfuriata del Nano in persona, che tira un terrificante cazziatone ai suoi stessi Granconsiglieri, accusandoli in sostanza di essere dei fancazzisti. E chiedendo, per chi non avesse capito bene il senso dell'operazione: «E il gruppo parlamentare della Lega nel frattempo cosa fa? Dorme? Si perde in polemiche moraliste?». Così, giusto per tirare un po' il guinzaglio e ricordare chi comanda davvero lì dentro. Perché, come ha spiegato Boris al «Corriere del Ticino», «Giuliano Bignasca andrà avanti per molti anni». Aggiungendo, con sovrano sprezzo della coerenza di pensiero: «La Lega sono i suoi elettori. Solo loro determineranno il futuro». Come questa presunta democrazia della base si possa conciliare con un inamovibile presidente a vita lo capisce solo lui. Misteri ittici. 3 confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.43 Pagina 4 MA IO di Marco Cagnotti CHE C’ENTRO? È sempre colpa di qualcun altro. Del governo, di solito. Delle multinazionali. Degli organismi sovranazionali. Insomma di tutti quei consessi in cui si condizionano le vite di milioni di esseri umani. Che quindi subiscono passivamente tutto: perdita del potere d'acquisto, disoccupazione, inquinamento ambientale. C'è non poca verità, in tutto questo. Ma anche una grande omissione: la responsabilità individuale. Perché qualcosa posso fare anch'io. Spegnere la luce quando esco da una stanza. Andare un po' più piano in auto. Fare la spesa a stomaco pieno. Una miriade di piccoli gesti che non saranno la rivoluzione, ma non costano nulla e possono rendere il pianeta un posto un pochino migliore. Allora cominciamo dalla casa, per dire… Solo ciò che serve davvero «Sobrietà: proprietà di chi si contiene entro i limiti della necessità e della sufficienza»: così recita il vocabolario Treccani della lingua italiana. Difficile trovarne un po' in questa società iperconsumista, nella quale tutto diventa obsoleto subito dopo l'acquisto, per essere sostituito con un modello più bello, veloce, performante, trendy. Ma come emanciparsi? Tutto dipende da una domanda. Che devo pormi prima dell'acquisto: «Che cosa mi serve davvero?». Tutto qui. I bisogni, insomma, vanno considerati prima, non dopo. Un esempio: se uso l'auto solo per andare al lavoro in città e fare un po' di shopping, mentre lo sterrato non lo vedo mai… che me ne frega del SUV? Non sarebbe tanto meglio una city car? E ancora: davvero 3 Megapixel in più sono importanti nel telefonino? Certo, così potrò stampare le foto grandi come poster… ma quando mai lo faccio? E quella giacca elegante da 400 franchi… quante volte l'ho indossata? Dieci? Ora è fuori moda e inutilizzabile (davvero?). Il conto è presto fatto: 40 franchi per indossare quella giacca una volta. Ne valeva la pena? La regola è semplice: compro solo ciò che mi serve davvero, e che cosa mi serve lo decido prima di comprare, non dopo averlo fatto. Il bucato sul filo Un simbolo di povertà e di arretratezza: così viene percepito il bucato steso ad asciugare. La nonna stendeva i panni. Noi invece abbiamo l'asciugatrice, tsé! Una bella comodità, pratica e veloce. Peccato che abbia consumi da paura. La maggioranza delle famiglie 4 ormai ha assimilato l'asciugatrice come già aveva fatto con la lavatrice e la lavastoviglie. Ma, mentre queste due erano un simbolo dell'emancipazione femminile dalle incombenze domestiche più pesanti (infatti nessuno rimpiange il lavatoio pubblico), l'asciugatrice po- trebbe essere facilmente sostituita tornando al filo e alle mollette, solo decidendo di correre un po' meno. Se lo facessero tutti gli Statunitensi, abbatterebbero le emissioni di anidride carbonica del 7,4 per cento entro il 2019. Noi potremmo non essere da meno. E scusate se è poco. confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.43 Pagina 5 Menu à la carte Gli Statunitensi sprecano quasi la metà del cibo. Gli Europei circa un terzo. Sono molte decine di chili a testa. Tutta roba avanzata nei supermercati, nelle mense, nei ristoranti. Prodotti ancora commestibili ma rifiutati perché sono esteticamente non attraenti o perché hanno appena superato la data di scadenza (che però ha un ampio margine di sicurezza). E anche le economie domestiche buttano via un sacco di alimenti, magari acquistati compulsivamente approfittando di qualche promozione del tipo «3x2» e poi lasciati scadere. Risultato: 50 miliardi di dollari all'anno sprecati nei soli Stati Uniti. Per non parlare delle risorse buttate per immagazzinare, impacchettare, trasportare e distribuire quel bendiddìo che finirà nella spazzatura. Ma che cosa si può fare? Anzitutto ci sono associazioni che vanno a recuperare il cibo sprecato e lo distribuiscono ai poveri. E poi, nel proprio piccolo, ciascuno può fare due cose semplici semplici: non fare mai la spesa quando si è affamati e organizzarsi con un menu settimanale. È stupefacente quanto lo stomaco borbottante condizioni le scelte al supermercato. Inoltre, sapendo in anticipo che cosa si mangerà in ogni singolo giorno della settimana, si compra esattamente ciò che serve e nulla di più (magari tenendo a disposizione un po' di pasta, sughi e surgelati a lunga conservazione per le emergenze). Certo, il frigo vuoto subito prima della spesa settimanale metterà un po' tristezza. Ma vuoi mettere il risparmio e, soprattutto, lo spreco evitato? Senza contare la comodità di non dover frugare in frigo e in dispensa ogni giorno chiedendosi: «E oggi che cosa cucino?». Altre piccole cose da fare Mangia poca carne (che oltretutto è meglio per la tua salute). Smetti di fumare (idem come sopra). Isola la tua casa. Lava i vestiti a basse temperature. Installa elettrodomestici più efficienti. Riduci la temperatura dello scaldabagno. Non lasciare apparecchi in stand by. Non superare i 18-20 gradi di temperatura in casa durante l'inverno. Evita l'aria condizionata, sia in casa sia in auto. L’invenzione più geniale Qual è la più grande invenzione della storia? L'agricoltura? La ruota? La stampa? Il computer? Difficile dirlo, ma di solito sono questi gli esempi proposti. Perché si pensa alle grandi rivoluzioni tecnologiche. Mentre si trascurano gli umili oggetti quotidiani senza i quali la nostra vita sarebbe tanto più scomoda. Gli occhiali e le lenti a contatto, per esempio: prova a immaginare la tua visione del mondo senza che i difetti della tua vista siano corretti. Oppure la carta igienica: prova a immaginare… ecco, ci siamo capiti. Inventato a metà dell'Ottocento negli Stati Uniti, il rotolo industriale più comodo e igienico del pianeta diventa di uso comune solo dopo la metà del secolo scorso (e prima?… beh, prima… foglie, carta di giornale, stracci e via andare). Oggi ci viene proposto in innumerevoli forme: multistrato, colorato, decorato, morbido, profumato, ultraresistente. E no, non è uno sfizio superfluo: chiunque abbia provato, anche per una sola volta, uno dei rotolacci ultraeconomici capisce al volo la differenza. Ma anche qui si può fare qualcosa per l'ambiente. La carta igienica più morbida e piacevole è quella derivata dalla carta nuova. Quella più ecocompatibile è invece quella riciclata. Ma conviene? Certo: 30 litri d'acqua, 3-4 chilowattora e un paio di chili di anidride carbonica da fonti fossili in meno per produrre un chilo di carta riciclata rispetto a un chilo di carta nuova. A ciò possiamo aggiungere la parsimonia. Senza esser taccagni, è ragionevole chiedersi se, con la carta moderna morbida ma resistente, le lunghe strisce siano davvero indispensabili. In realtà due, massimo tre quadrati per ogni strappo sono quasi sempre più che sufficienti. Fa' la doccia, non il bagno. Usa pneumatici a basso attrito. Guida un veicolo a basso consumo. Controlla regolarmente i consumi della tua auto. Non superare i 90 chilometri all'ora. Pratica il car sharing. 5 confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.43 Pagina 6 di Carlo Lepori 6 DEL FUTURO Chiudono le centrali nucleari. La domanda di energia elettrica però cresce. Il risparmio sui trasporti e il riscaldamento richiede molto tempo. E avremo sempre più bisogno di energia elettrica. Ma un futuro energetico fondato solo sulle fonti rinnovabili è possibile. rinuncia a riscaldare con prodotti petroliferi può comportare un aumento dei consumi elettrici (per esempio per un maggior uso di pompe di calore). Fino a un anno fa la discussione sul futuro energetico della Svizzera sembrava un esercizio intellettuale che interessava solo pochi ambientalisti, ostinati nel proporre scenari con meno consumi, senza energia atomica eccetera. I vari scenari proposti dai tecnocrati lasciavano l'opinione pubblica indifferente e le compagnie elettriche con le idee chiare: sempre più elettricità con nuove centrali nucleari. Nel febbraio del 2011 nel Canton Berna, in una votazione consultiva, il 51,2% si era espresso a favore della costruzione di una nuova centrale atomica in sostituzione di Mühleberg. I piani per altri progetti di nuove centrali erano pronti nel cassetto e per la politica energetica svizzera si prospettava un futuro raggiante (in tutti i sensi!). Poi però la tragedia di Fukushima ha cambiato le carte in tavola: con una serie di decisioni che gli avversari hanno subito tacciato di «emozionali», come se le decisioni precedenti basate sulle paure di black-out e gravi carenze nell'approvvigionamento energetico fossero state più razionali, governo e Parlamento hanno deciso di abbandonare l'opzione nucleare, con calma e sfruttando fino alla fine tutte le centrali esistenti. Per chiarire i termini della discussione è opportuno distinguere tra l'energia totale consumata in Svizzera e l'energia elettrica. La prima comprende i consumi dei derivati del petrolio per i trasporti e per il riscaldamento. In questo campo il potenziale di risparmio è Prima conclusione provvisoria: per i consumi di prodotti petroliferi (benzina, gasolio, olio da riscaldamento e gas naturale) ci sono enormi potenzialità di risparmio, ma il loro sfruttamento necessita di tempo e di denaro. enorme. Le auto (e i camion) sono sempre più efficienti e le case possono essere costruite in modo da avere consumi minimi o anche nulli. Il rovescio della medaglia è che, mentre i nuovi motori consumano sempre meno, il numero, le dimensioni e il peso delle vetture continuano a crescere, così che i consumi in realtà non diminuiscono (c'è stata una crescita dello 0.6% dal 2009 al 20101). L'introduzione di motori ibridi o elettrici diminuirà il consumo di prodotti petroliferi e migliorerà l'efficienza energetica, ma avrà evidentemente come conseguenza un aumento, anche se modesto, dei consumi di energia elettrica. Le case a consumo energetico ridotto o nullo o addirittura quelle che producono energia sono ormai una realtà. Il loro impatto sui consumi non sarà pero immediato: i costi supplementari per molti non sono ancora sufficientemente compensati dai risparmi futuri e inoltre la maggior parte di noi vive in case costruite in altri tempi, la cui ristrutturazione potrebbe non raggiungere i risultati desiderati e comunque implicherebbe a propria volta investimenti cospicui. Anche per gli edifici, la In questo campo, a livello politico troviamo gli accordi internazionali (protocollo di Kyoto e accordi presi in seguito) e in Svizzera la legge sulla CO2, con le tasse di incentivazione per ridurre la produzione di gas serra (e quindi il consumo di prodotti petroliferi) e con i sussidi alle ristrutturazioni energetiche degli edifici. L'iniziativa «Per un clima sano» chiedeva entro il 2020 una riduzione dei gas serra del 30% rispetto al 1990. La revisione della legge sulla CO2, decisa a fine 2011, pone come obiettivo una riduzione del 20%, garantendo però misure efficaci (tassa sulla CO2, sostegno al programma Edifici per 200 e poi 300 milioni all'anno, tasse sui veicoli confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.44 Pagina 7 che producono più di 130 g/km di CO2, obbligo di compensazione della produzione di CO2 eccetera). Seconda conclusione provvisoria: il problema del futuro energetico sta essenzialmente nell'approvvigionamento di energia elettrica sufficiente a soddisfare i nostri consumi, che negli ultimi decenni sono cresciuti enormemente (1980-90: +32%; 19902000: +12,5%; 2000-10: +35%)2 e ora oscillano per la crisi economica e le variazioni climatiche (2010: +4,0%; 2011: –2,0%3). Finché l'opzione atomica era aperta, l'approvvigionamento elettrico era considerato tecnicamente risolto. Rimaneva solo la questione politica di riuscire a costruire le centrali. L'affermazione che il fabbisogno elettrico svizzero può essere soddisfatto con energie rinnovabili incontrava lo scetticismo (per non dire lo scherno) dei tecnocrati. Già da anni l’ex consigliere nazionale socialista Rudolf Rechsteiner è l'alfiere della svolta energetica. I suoi argomenti, ora riuniti nel libro «100 per cento rinnovabili»4, dimostrano che un approvvigionamento basato unicamente su fonti rinnovabili di energia (solare, eolico, idroelettrico, geotermico eccetera) è possibile: «La Svizzera ha tutte le premesse per approvvigionarsi in futuro solo con energie rinnovabili. Solo per la produzione elettrica, i potenziali facilmente sfruttabili, senza impatto ambientale degno di nota, raggiungono entro il 2030 90'000 GWh annui, ossia 3-4 volte l'attuale produzione delle centrali nucleari (25'000 GWh)». Anche il consigliere nazionale socialista Roger Nordmann, nel suo libro «Liberare la Svizzera dalle energie fossili»5, dichiara che «passare a un approvvigionamento energetico totalmente rinnovabile costituisce una prospettiva favolosa per il futuro del Paese. Quest'ambizione non è solo garanzia di impiego e di prosperità a lungo termine, ma è anche portatrice di un senso e sorgente di un'identità rinnovata». Terza conclusione provvisoria: è tecnicamente possibile produrre l'energia di cui abbiamo bisogno facendo capo solo a fonti rinnovabili. La dimostrazione e i dettagli si trovano nei testi citati e in molte altre pubblicazioni. Restano due domande sul nostro futuro energetico: «Come raggiungeremo gli obiettivi?» e «Come vivremo?». Per la seconda domanda, ricordiamo che gli obiettivi a lungo termine propongono per ogni persona un consumo di 2'000 W (17,5 GWh annui) e di una tonnellata l'anno di CO2. Attualmente consumiamo il triplo e produciamo sei tonnellate di CO2: si tratta quindi di modificare i nostri modelli di consumo e di vita. Questo dovrebbe essere possibile senza una diminuzione della qualità di vita, anzi. Alla prima domanda troviamo varie risposte. Il Piano energetico cantonale (PEC)6 nel suo piano d'azione «clima» «nel lungo periodo (2050) consente una riduzione complessiva dei consumi pari al 31% rispetto ai valori registrati nel 2008. (…) I consumi dei vettori energetici da fonte fossile sono più che dimezzati rispetto al 2008, raggiungendo una riduzione del 64% nel 2050. In maniera marcata diminuiscono l'uso di olio combustibile (-95% nel 2050) e di carburanti (-68% nel 2050)». Nella sua presa di posizione alla consultazione (nell'ottobre 2010!… quando arriveranno le proposte del governo?) il Partito Socialista diceva di considerare «le proposte del PEC un primo passo verso un futuro energetico rinnovabile. In questo senso uno strumento utile, nonostante il ritardo e la timidezza, per impostare finalmente una politica energetica in Ticino degna di questo nome». E proponeva un piano d'azione Clima+ che considerasse per ogni settore la variante più promettente e in genere obiettivi più ambiziosi. L'ultima risposta, per ora, è quella di pochi giorni fa della Consigliera federale Doris Leuthard7. Per la prima tappa (2020) prevede vari aumenti a livello finanziario: da 200 a 600 milioni annui per il programma Edifici, da 32 a 60 CHF/t della tassa sulla CO2, da 0,45 a 1,86 cts/kWh del contributo per la rimunerazione per l'immissione di energia a copertura dei costi (RIC). Per la seconda tappa (2050) è prevista una riforma del sistema che sostituirebbe la tassa sulla CO2 e la RIC. Ha suscitato molto scalpore la proposta di costruire una centrale a gas quale misura di transizione. Con la compensazione integrale della produzione di CO2, la proposta potrebbe anche essere accettabile. Prima però dovrebbero essere sfruttate a fondo tutte le alternative possibili. Considerando le prospettive favorevoli per lo sfruttamento dell'energia eolica sulle coste marine e dell'energia solare nelle zone desertiche, per la Svizzera, in un'ottica continentale, sarà importante la partecipazione allo sviluppo di una rete di distribuzione elettrica a livello europeo e la messa a disposizione dei propri bacini idroelettrici quale sistema di compensazione delle oscillazioni delle fonti alternative. 1 Ufficio federale dell'energia, «Schweizerische Gesamtenergiestatistik 2010 - Statistique globale suisse de l'énergie 2010», Berna (2011), p. 3 2 ibidem, p. 20 3 http://bit.ly/consumoelettricita 4 Rudolf Rechsteiner, «100 Prozent erneuerbar», Orell Füssli (2012) 5 Roger Nordmann, «Libérer la Suisse des énergies fossiles - Des projets concrets pour l'habitat, les transports et l'électricité», ed. Favre (2010). 6 http://bit.ly/pianoenergeticocantonale 7 http://bit.ly/pacchettomisure 7 confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.44 Pagina 8 UN QUESITO di Roberto Kufahl ECOLOGICO È solo nel breve tempo dal secondo dopoguerra a oggi, da quando una parte sensibile della società e una parte degli intellettuali iniziarono a manifestare pubblicamente contro la minaccia di un degrado ambientale già visibile, che l'ecologia è diventata un tema politico invalicabile, che pone problemi teorici e pratici di difficile soluzione. Nell'ontologia comunicativa della vita odierna siamo condizionati dall'ansia di non farcela, dall'ossessione del soldo, dalla smania di cambiare forma. Della percezione di qualcosa di immutabile si è persa l'esperienza. I ritmi della tecnica hanno prodotto la lontananza dall'abitudine a pensarsi legati alle leggi ripetitive dei viventi, della Terra e del cosmo. Pochi si lasciano distrarre dall'affermazione che col distruggere la natura c'è il rischio reale di distruggere la Terra e la stessa vita umana. A differenza dei vegetali e degli animali che evolvono secondo l'autoregolazione naturale, l'uomo, che ha sviluppato la tecnica, esce da questo tipo di evoluzione, perché la sua seconda natura è in grado di dominare l'ambiente, di eliminare vegetali e animali a piacimento, e può quindi annientare lo stesso genere umano. L'ecologia come equilibrio di un insieme di elementi si sovrappone al principio del ritorno ai cicli naturali di ciò che è stato preso. È la definizione di ecologia. Se a un sistema tolgo e rendo, non lo cambio. Se gli tolgo e basta, il sistema cambia. Se alla Terra togliamo risorse, essa si impoverisce e va verso il disfacimento. Il consumo delle risorse naturali non può evitare la distruzione della Terra, mentre il consumo parsimonioso (dello sviluppo sostenibile?) ritarda unicamente la distruzione. Questo è quello che intende Emanuele Severino, dando per inconciliabili l'economia (almeno quella che va per la maggiore, ossia quella della crescita e del profitto) e l'ecologia. Con un'economia che ha per fine il profitto non c'è ecologia che tenga. Se voglio preservare l'ambiente, non posso perseguire un'economia dove il profitto costituisce il primo e l'ultimo senso (E. Severino, «Il declino del capitalismo», Rizzoli). 8 La critica della filosofia occidentale sembra mettere sul banco degli imputati la volontà di potenza. Sembra che la perdita del rispetto delle cose (degli enti, come dicono i filosofi) sia concomitante con l'avvento della volontà di potenza, il fattore che più di ogni altro si è fatto carne nell'uomo e nella sua storia. Ci siamo emancipati dalla filosofia naturale dell'Antichità e dalle leggi degli astri incontaminate dal pensiero e dalla volontà. Ricorda Umberto Galimberti: «L'antico Greco non pensa storicamente, perché pensa cosmologicamente. Là dove tutto è immutabile o diviene nella forma dell'eterno ritorno, manca una memoria del passato o un'anticipazione del futuro». (U. Galimberti, «Il tramonto dell'Occidente», Feltrinelli) Armati di questa volontà, la volontà di «essere come Dio», indaghiamo intensamente il mondo e lo cambiamo continuamente. E tutti sanno − ma quel «sanno» è poi vero? − che stiamo sconvolgendo, forse irreversibilmente, i cicli del clima e della vita. Secondo Severino, l'idea che la scienza ha di sé stessa è quella di un'attività in grado di cambiare le cose come se decidesse di farle apparire e sparire perché vengono dal niente e vanno al niente. La scienza è la verità di questo divenire che fa perdere il valore agli enti, che fa perdere il rispetto dell'essere degli enti. Pensando l'essere come divenire, come storia, come tempo, l'Occidente fa sorgere, modella, rimodella e distrugge l'ente, perché la legge del divenire identifica l'ente col niente. Il nostro pensiero contemporaneo è nichilista: «Nichilismo significa affermare che le cose sono niente, ossia che il non-niente è niente». confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.44 Pagina 9 TRAPPOLE di Silvano Toppi Il consumo, da un punto di vista Le colpe dell'attuale situazione econo- Il reddito (salario) o il potere d'aceconomico, indica la finalità del la- mica sono generalmente rovesciate sul- quisto possono permetterci di ritevoro. Il quale serve a produrre dei l'esterno: capitalismo selvaggio, indivi- nere accettabile e perfino benedetta beni e dei servizi che ci permettono dualismo imperante, finanza onnipotente la crescita fondata su consumi di far fronte ai nostri bisogni o, con e predatoria, politica servile o mente- senza limiti. Qui però siamo finiti il salario, di poterli acquistare. catta, globalizzazione distruttrice o scon- nell'altra trappola, che è pure un Senza consumo, ci si dice, non c'è quassante, organismi internazionali cerchio infernale. Il meccanismo crescita. Se la crescita va spinta ciechi o paralizzati. Quasi mai osiamo economico adottato (non c'è cresenza requie al massimo per far gi- partire da noi stessi, perché impliche- scita senza spinta continua al conrare l'economia, è giocoforza non rebbe mettere in discussione i nostri sumo), la filosofia o la «cultura» solo rispondere ai bisogni reali ma comportamenti. Siamo finiti in due trap- rese essenziali (se non consumo non pole dalle quali non riusciamo o non vo- esisto) e i mutamenti politici intercrearne sempre dei nuovi, anche fitgliamo liberarci: la trappola del consumo nazionali sopravvenuti (globalizzatizi. Con qualche rischio: di sovrape quella del reddito. zione, apertura dei mercati, produzione e di saturazione, di impossibilità di risparmio (di progettualità) o di cronica concorrenza spietata fondata su enormi disparità soinsufficienza del potere d'acquisto. Qui si annida la ciali e legislative) hanno generato esigenze e conseguenze perverse e contraddittorie a ogni livello. Come crisi. Non c'è però solo un punto di vista economico. Per il ad esempio il drastico contenimento dei costi con la suo stretto e ovvio rapporto con la stratificazione e l'or- continua e sistematica riduzione degli oneri e della dine sociale, il consumo riveste anche una dimensione massa salariali, la ricerca della massima produttività politica di solito poco o per nulla rilevata. Già Marx (minor lavoro) per continuare a percepire profitti più (sempre più attuale) aveva analizzato il «feticismo della elevati, la sistematica revisione e riduzione dei diritti merce», constatando come i prezzi dei prodotti nascon- del lavoro (precariato, flessibilità), l'attacco ai bilanci dano sempre i rapporti sociali soggiacenti. Anche il con- pubblici per finalità fiscali e ottimizzazione (evasione) sumo, dopo il lavoro, può diventare strumento di fiscale. Agli effetti nefasti e contraddittori che comporta alienazione. Ciò è avvenuto in due modi: imponendo tutto questo si è risposto con due mosse boomerang: la l'idea e soprattutto la pratica dell'«io consumo, dunque mitizzazione del prezzo sempre più basso che accelera sono», e dando la possibilità a un'oligarchia dominante, la spirale negativa e l'indebitamento come droga in sostituzione dell'inadeguato e calante potere attraverso l'utopia della crescita materiale senza fine e d'acquisto. dell'inganno dell'abbondanza per tutti, di crearsi e aliQuindi, se non ci rendiamo conto mentare un alibi o una sorta di anestesia politica genedi ciò che implica in termini e ralizzata nei confronti delle ineguaglianze e della condizione di rapporti sociali distruzione delle risorse naturali. e politici il nostro consumo, se non ci rendiamo conto che il prezzo di un bene non può essere solo rapportato al reddito disponibile ma prioritariamente all'incidenza o alle conseguenze sociali e politiche di quel prezzo, non usciremo mai dalle mefitiche trappole dell'economia attuale. Ce lo sta dimostrando come non mai la situazione contingente. 9 confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.44 Pagina 10 ADOLESCENZA NARRATA di Adriano Agustoni Il periodo adolescenziale richiama l'attenzione degli adulti quasi sempre per la sua delicatezza e per i suoi aspetti problematici. Raramente il mondo degli adolescenti costituisce invece motivo di interesse per la sua intrinseca, rassicurante e diffusa ordinarietà. Con il libro «Adolescenti in cerca d'autore» (Armando Dadò editore, 2011), Linda Martinoli e Ilario Lodi hanno voluto cristallizzare la riflessione sulle molteplici dimensioni dell'adolescenza che la definiscono come una risorsa, un tema da considerare restando lontani dagli stridenti pregiudizi che spesso lo ammantano. L'elemento propulsivo, il viatico che ha reso possibile quest'avvincente esplorazione, è stata la narrazione, il racconto degli adolescenti stessi che si sono rappresentati nelle loro prerogative esistenziali di giovani appena sconfinati fuori dalla loro stessa realtà. Il desiderio di occuparsi di adolescenti è stato mosso dalla curiosità di avvicinarsi al loro modo di pensare e di vivere la quotidianità. Tutto questo al riparo da scivolose tentazioni di ricondurre questo passaggio evolutivo a un paradigma scabroso e problematico. L'esperienza ha coinvolto alcuni adolescenti che hanno socchiuso lo scrigno in cui si cela il loro denso vissuto rendendolo accessibile ad altrettanti giovani adulti che lo hanno raccolto e consegnato alla parola. E la parola ci ha restituito uno spac- 10 cato sideralmente distante dai fatti eclatanti che a scadenze irregolari richiamano l'attenzione dell'opinione pubblica. Ne scaturisce al contrario un prospetto variegato di vite narrate attraverso frammenti di quotidianità che fanno risaltare fragilità, senso di incompletezza, smarrimento, ma anche una quotidianità intrisa di una confortante normalità fertile di speranza, di curiosità, di desiderio di ascolto da parte del mondo degli adulti. Ed è proprio il rapporto con il mondo degli adulti che richiama alcune doverose riflessioni. Le incomprensioni tra adolescenti e adulti non sono certo prerogative di questo tempo. Le difficoltà di comunicazione, i silenzi, i comportamenti ostili riferiscono anche nel nostro tempo della necessità dell'adolescente di mantenere l'incomprensione come strumento di protezione da un mondo adulto da cui desidera affrancarsi. I criteri degli adulti utilizzati ai fini della valutazione della maturità dei giovani non vengono sempre riconosciuti come efficaci dai giovani stessi. E questo è un divario che non si può colmare ma solo tentare di contenere. «Adolescenti in cerca d'autore» non ha la pretesa di fornire un quadro esaustivo del mondo adolescenziale. Le testimonianze narrate da Alex Rusca, Piero Schmid, Ludovica Gianocca, Monica Muraca, Giorgia Franzi, Elisa Iuva e Virginia Gentilini offrono tuttavia una trama appassionante e significativa, dove la scoperta dell'adolescenza è solo introdotta, interrotta in attesa di essere rilanciata con il coinvolgimento di nuovi autori ma soprattutto di nuovi interpreti desiderosi di consegnare alle parole esperienze di vita meritevoli di essere narrate. confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.44 Pagina 11 RICUCIRE L’ITALIA di Teo Lorini Nato nel 2005 come rivista, «Il primo In principio fu «Il primo amore»: un col- quando la marcia si è conclusa, le due amore» non si è accontentato di esi- lettivo di scrittori, fotografi, critici, tra- città fra le quali essa si era dipanata – stere nella forma ormai logora della duttori (Tiziano Scarpa, Dario Voltolini, Milano e Napoli – avevano voltato paconfraternita intellettuale, ripiegata Antonio Moresco, Carla Benedetti, Gio- gina, eleggendo (anche qui, contro sul dibattito estetico o su quello lette- vanni Giovannetti, Andrea Tarabbia, giu- ogni previsione) i sindaci Pisapia e De rario. Al contrario, ha da subito cer- sto per fare qualche nome). E adesso Magistris. Ora, tra poco, «Il primo amore» rilancia con un'impresa ancato di produrre una spinta diventa un viaggio. cora più ardita. aggregante di coinvolgimento collettivo e di rigenerazione. E ora replica un'esperienza di Stella d'Italia sarà una marcia che si snoderà dal 12 maggio al 5 luglio, in tappe di 20-25 chilometri al giorno, da viaggio collettivo già affrontata l'anno scorso. Questi auspici hanno portato alla nascita di numerose ini- cinque punti della Penisola convergendo su L'Aquila, la ziative – raduni, comizi, incontri – fra i quali Tribù d'Italia città che più di ogni altra è l'emblema della distruzione (2009), un convegno di artisti e di gruppi, di attori come lasciata da quest'epoca di squassanti lacerazioni e che nel Marco Baiani, di realtà virtuose, attive in ambiti dramma- contempo incarna il bisogno di ricostruzione dell'Italia e tici come il Centro Hurtado di Scampìa o in centri di asso- di tutta la nostra società. ciazione solidale come la Cascina Cuccagna di Milano. A All'iniziativa hanno già aderito centinaia di singoli, pronti Tribù d'Italia ha fatto seguito «Cammina Cammina», un a condividere la strada per qualche ora o per tutto il camviaggio a piedi che la scorsa estate si è snodato da Milano mino, e di associazioni come il Coordinamento nazionale a Napoli. Si è trattato di un incontro, non solo ideale e in- dei Piccoli Comuni, l'Associazione Nazionale dei Comuni tellettuale ma anche fisico, per riconquistare un'unione Italiani, numerose Regioni e Province e ancora associazioni ambientali, festival, gruppi e associazioni culturali, che appare di giorno in giorno più instabile. Alla partenza da Milano, l'Italia sembrava imprigionata in tra cui ARCI, CAI, Centro Hurtado di Scampìa, Festival Letlogiche sempre più inumane: era un Paese nel quale pa- teratura di Mantova, Generazione TQ, Legambiente, Movireva arduo persino celebrare un anniversario cruciale mento Lento e Suq di Genova. come il 150.esimo dell'Unità, uno Stato diviso tra bande I cinque bracci del cammino partiranno da Genova (27 di politici e affaristi spregiudicati, frastornato da istanze maggio: è il tragitto che può interessare di più i cammiseparatiste, da pulsioni di razzismo e cattiveria fra gruppi natori ticinesi), da Venezia (25 maggio), dalla Calabria (12 umani e sociali, pulsioni che parevano impossibili da scar- maggio), dalla Puglia (2 giugno) e da Roma (30 giugno) e dinare. Eppure via via, spontaneamente e al di là delle arriveranno il 5 luglio a L'Aquila, dove Stella d'Italia si stesse previsioni degli organizzatori, oltre 700 persone concluderà con un incontro internazionale di tre giorni inhanno impegnato i propri corpi e le proprie menti in un titolato «I fuochi dell'Aquila – da terremotati a terremoatto essenziale come quello di chi mette un piede davanti tanti». L'elenco completo degli aderenti, il tragitto all'altro, riappropriandosi del suo spazio e del suo tempo, dettagliato e le modalità per iscriversi si trovano on line ricordandosi di quali imprevedibili risorse è capace di (camminacammina.wordpress.com). sprigionare ciascuno di noi. Con sincronia singolare, 11 confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.44 Pagina 12 IL FUMO di Giancarlo Nava LEGHISTA Secondo Pinoja, «i Leghisti sono pre- Un dirigente di partito molto vicino alla leghista. Lo ha scritto molto bene il suntuosi, pensano di avere sempre ra- Lega, il presidente dell'UDC onorevole compagno Sergio Roic in un recente gione e prendono posizione in modo Gabriele Pinoja, ha dato un preciso giu- articolo su «il Caffè». arrogante. Dimostrano poca affidabi- dizio negativo sui suoi alleati. Se per- Altro auspicio nei confronti del PS è lità, soprattutto nel rispettare gli im- fino lui ci è arrivato, che dire di tutti gli che sappia difendere in modo efficace pegni presi, hanno scarso interesse e altri? i propri militanti e dirigenti, specialscarsa coerenza verso il rigore finanmente quelli che operano nelle istituziario per il bilancio dello Stato, fanno zioni e nei media. Di recente Simonetta proposte demagogiche, come la trediSommaruga è stata violentemente incesima AVS, che creerà più problemi sultata dai Leghisti senza che ciò di quanti ne risolva». Pinoja presuscitasse reazioni. Lo stesso è conizza poi il declino della accaduto con alcuni nostri parLega «perché non ha un rilamentari e giornalisti, colpecambio generazionale per il voli solo di aver svolto il Parlamento e per il goproprio dovere. Penso per verno. Bignasca è in esempio all'attacco indegno grosse difficoltà per le portato da Tuto Rossi condenunce a suo carico. tro Nenad Stojanovic e La linea politica onIvan Cozzaglio. Invece la divaga alla fine invibrante reazione in difesa crinerà la dello scrittore Giovanni credibilità nel Orelli, barbaramente atmovimento e, taccato da Boris Bignasca, se Borradori sembra essere il segno di dovesse un cambiamento che fa mollare, la ben sperare. Lega perPS, PLR e PPD doderebbe una vranno infine dotarsi certa immadi una concreta progine e molti gettualità, per dare consensi». Sono una risposta ai veri difetti e atteggiaproblemi del Paese menti che noi desenza lasciarsi dinunciamo da mesi strarre da quelli e che lentamente, falsi, sbandierati facendo discutere per opportunila gente, stanno smo elettorale. portando nel Paese molti dubbi su questo movimento ventennale. «Incolpare sempre e comunque di tutte le malefatte coloro che non si Intanto il Partito Liberale Radipossono difendere (gli stranieri in loco non possono votare; le nazioni cale, che detiene la maggioranza relaestere non hanno un interesse primario a partecipare al dibattito potiva nel Parlamento, ha deciso di non litico svizzero) è facile e, a quanto pare, pagante. Non pare vero che più partecipare agli incontri dei presiquesta possa essere l'unica via percorribile in un luogo, il Ticino, al denti e dei capigruppo, ritenuti inutili per l'inaffidabilità della Lega. Si comincia a capire che non è con i muri alti centro di vie di comunicazione e di fermenti intellettuali ampi e variegati, 10 metri o con Stampanamo che risolveremo il problema e che questa politica debba essere perseguita, in toto o in parte, da degli asilanti. Oppure con insulti gratuiti ogni domenica ai forze politiche con ben altra tradizione, come il Partito socialista. Ci si governanti italiani o ai ministri svizzeri che riusciremo a augura, allora, che la distanza tra Partito socialista e Lega dei ticinesi trattare efficacemente con Roma o con Berna. E la gente rimanga grande, concreta e ferma, perché se la politica ha i suoi modi comincia anche a rendersi conto che i voti ai populisti non e i suoi tempi, lo sviluppo di una società complessa e moderna come servono a niente, perché troppi sono gli slogan facili e quella ticinese richiede un dibattito e delle soluzioni politiche in grado poche le realizzazioni. di guardare ben al di là del cortile di casa». Mi auguro che anche il Partito Socialista, come già in pas(Sergio Roic, da «il Caffè») sato, sappia distinguere bene la propria azione da quella 12 confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.44 Pagina 13 È MOBILE? di Caterina Ghirlanda Una petizione impazza su Internet: chiede l'annessione della Lombardia alla Svizzera. Abbiamo cercato, tra il serio e il faceto, di tracciare uno scenario (inverosimile e abbastanza fantasioso) per immaginare che cosa cambierebbe per noi Ticinesi se la nostra vicina regione italiana diventasse il 27.esimo Cantone svizzero. A metà aprile la petizione on line per l'annessione della Lombardia alla Svizzera aveva raccolto poco più di 27 mila firme. L'obiettivo di quest'iniziativa, che ha i contorni della boutade e non ha alcun valore legale, è raggiungere mezzo milione di firme, quelle necessarie per un'improbabile iniziativa referendaria. Riuscite però a immaginare come potrebbe essere se fosse tutto vero? Un po' come si divertono i bambini: ipotizzare l'impossibile e vedere che effetto fa. Il consigliere federale Ueli Maurer, capo del Dipartimento federale della difesa, ha dimostrato di sapersi destreggiare bene in quest'esercizio ludico e, senza scomporsi, con tutta la serietà di chi sa giocare, ha dichiarato che annettere la Lombardia non sarebbe un problema, «poiché rappresenta circa il 90% del totale di tutti gli scambi commerciali con l'Italia». Poi si è sovvenuto che è «un'ipotesi irrealistica». E, considerata la popolazione lombarda e quella elvetica, si dovrebbe chiarire chi annette chi. Ma, visto che i cavilli legal-costituzionali rovinano il divertissement, proviamo a fantasticare che cosa sarebbe la Svizzera italiana negli equilibri confederali fra regioni con una Lombardia targata CH. La nostra non sarebbe più la Cenerentola delle lingue nazionali e sparirebbe una bella assurdità consolatoria: la conoscenza passiva dell'italiano da parte dei dipendenti della Confederazione, che dovrebbero attivarsi nel padroneggiarla. Anche il baricentro economico subirebbe un bel terremoto. E forse traballerebbero anche i pregiudizi più duri a morire degli Svizzerotedeschi verso i Ticinesi. Noi, dal canto nostro, dovremmo scrollarci di dosso l'attitudine da vittima piagnona, ribaltando la situazione: da minoranza a maggioranza. Ruolo di responsabilità… ma sai che vita senza alcun logoramento da assenza di potere? Anche la discussione i sogni di gloria della grande Svizzera italiana si infrangono… sull'orlo di un buco nell'asfalto. Ma il gioco di immaginare a 3 metri sopra il suolo può continuare. oziosa su un consigliere federale svizzero italiano troverebbe uno sbocco naturale e concreto. A eccezione del caso dei Comuni piemontesi di frontiera (ma sembra che in Piemonte sia stata lanciata una petizione analoga a quella lombarda), la questione dei ristorni sarebbe risolta. La piazza finanziaria svizzera non potrebbe più attingere alla regione-locomotiva d'Italia, ma più a Sud, a Est, a Ovest. Sarebbero spazzati via tutti i commerci che corrono sulla linea di confine attuale: dai benzinai in territorio elvetico fino alle edicole, ai negozi di mobili, ai supermercati in quello italiano. I nuovi frontalieri sarebbero veneti, emiliani, addirittura liguri… In ogni caso, la frontiera a Sud si allontanerebbe. Ci sarebbero degli Elvetici più a Sud dei Ticinesi. Roba da tirare un sospiro di sollievo. Bignasca potrebbe farsi carico dei cocci della frantumata Lega lombarda. La RSI potrebbe giustificare la propria struttura e la quota di canone televisivo. Non staremmo più qui a fare la conta di quanti docenti frontalieri insegnano nei licei cantonali. Se avessimo voluto punire in modo più consono le ditte ticinesi coinvolte nello scandalo di asfaltopoli, ad esempio con un'esclusione dagli appalti pubblici, avremmo potuto contare su quelle ex lombarde. Che però saprebbero pavimentarci le strade come tavoli da biliardo? Valicate la frontiera, quella attuale, e troverete la risposta: 13 confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.44 Pagina 14 LA MIA REINCARNAZIONE di Roberto Rippa «My Reincarnation», grazie alla sua complessità, non smette mai di sorprendere. Dramma epico nell'arco di due decenni e tre generazioni, tratta di spiritualità, identità, famiglia, fede e aspettativa. Il film segue il Maestro spirituale tibetano Chögyal Namkhai Norbu, il primo a portare in Occidente il Dzogchen (ossia il più alto percorso verso l'illuminazione secondo il Buddhismo), e suo figlio Yeshi, italiano di nascita e di educazione. La regista Jennifer Fox inizia a filmare la famiglia alla fine degli Anni Ottanta, quando lei è allieva del Maestro e Yeshi un adolescente non in particolare sintonia con il padre, al quale rimprovera di comportarsi più da Maestro che da genitore. Anche Norbu ha una storia particolare. Riconosciuto a cinque anni come la reincarnazione di un Lama, è stato tolto alla famiglia e portato a vivere in un monastero affinché si dedicasse solo allo studio. In fuga dal Tibet e dalle persecuzioni cinesi, negli Anni Sessanta il Maestro giunge in Italia, dove si sposa e forma una famiglia. Suo figlio Yeshi viene riconosciuto sin da bambino come la reincarnazione dello zio di suo padre, un altro Maestro tibetano. Un riconoscimento che lui rifiuta come un trauma ma di cui riconosce alcuni segni, come i sogni circostanziati che lo accompagnano. La prima apparizione di Yeshi mostra un giovane alla ricerca della propria identità, ricerca che per lui ha un significato più profondo. La sua eredità familiare e l'aspettativa spirituale riposta in lui appaiono più un fardello che una benedizione. Sarà proprio il suo percorso a dare la spinta narrativa al film. Dopo un salto di una ventina d'anni, la regista torna a occuparsi di Yeshi e della sua famiglia. Colui che era un adolescente con un destino da cui fuggire è diventato un uomo con una famiglia, attivo nel campo dell'informatica. Finalmente l'uomo che aspirava a essere, libero dal sospetto di un destino incontrovertibile, si reca in Tibet, dove il suo arrivo era atteso da molti. Jennifer Fox non si limita a seguire la 14 formazione di Yeshi ma, scegliendo di non compiacere nessuno, racconta anche come essere scelti possa diventare un problema. Anche dal peculiare sguardo sul Buddhismo tibetano svolto osservando le lezioni di Norbu ai suoi studenti, ma pure la sua personale lotta contro il cancro, si capisce come il Buddhismo si sia costruito un forte interesse in Occidente. «My Reincarnation» è un film mirabile e mai meno che appassionante. Portando lo spettatore a porsi molte domande, è capace di parlare a tutti. A Roma con pigrizia L'opera numero 47 (includendo due progetti televisivi) di Woody Allen, «To Rome With Love», ha il potere di mettere a dura prova la fede dei suoi estimatori più incrollabili. Non solo degli amanti della prima ora, ma anche di chi in anni recenti, dopo prove scarse come «Vicky Cristina Barcelona» e «Melinda and Melinda», aveva gioito della ritrovata freschezza di «Basta che funzioni» o «Midnight in Paris». Questa tappa italiana del lungo tour europeo (il continente in cui il cinema di Allen è da sempre accolto meglio), in cerca più di coproduzioni che di folgorazioni, è desolante: una manciata di episodi messi insieme in qualche modo, personaggi raffazzonati che non di rado cadono nella macchietta, un pizzico di Fellini («Lo sceicco bianco») e una Roma da cartolina (come la Parigi di «Midnight in Paris», che godeva però di ben altra ispirazione), per di più fotografata da Darius Khondji senza alcun guizzo. Si ha l'impressione che da anni Allen sfogli il suo libro di battute memorabili per dispensarne con estrema parsimonia in ogni film. Anche qui ce ne sono, ma ovviamente non bastano. E un film all'anno in queste condizioni di scarsa ispirazione è davvero troppo. Forse le immagini che ritraggono Allen mentre dormiva sul set possono spiegare qualcosa. Prossima tappa: Copenhagen. confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.44 Pagina 15 di Libano Zanolari Ad bestias! Nella sua fase finale, Roma trasforma i Giochi Olimpici greci in macello. Lo spettacolo è dato dalla morte: uomo contro uomo (mors tua vita mea), uomo contro bestia. Solo il sangue eccita lo spettabile pubblico dell'arena. Quello moderno, tecnologico, cerca in TV e nel Web il «crash», il cozzo in cui si rischia la pelle. Ma, contrariamente ai frequentatori del Colosseo, lo fa di nascosto… Di nascosto? Nemmeno tanto, se prestiamo attenzione ai «lanci» televisivi di sport come lo sci alpino, l'automobilismo e il motociclismo: per accalappiare qualche spettatore in più, le immagini alludono spesso al «crash», al cozzo strisciante (le bighe di Ben Hur!), alla perdita del controllo della macchina o dello sci quasi sempre per eccesso di velocità, il mito-mostro del tempo che, come gli dei aztechi, reclama sangue umano. Solo di fronte alla morte, forse in virtù di una remota «pietas» cristiana, il dramma non è usato per soddisfare morbose tendenze e incitare al «Venghino, signori, venghino!» da baraccone di periferia. Ci viene in parte risparmiata la scena del ragazzo che rotola sulla neve inanimato, del pilota intrappolato che rischia la vita fra le fiamme, del motociclista al suolo travolto da chi sopraggiunge. O almeno non la si ripropone con continuità ma solo poche volte (con la scusa del dirittodovere di informazione). Gli impresari e gli schiavi delle emozioni forti cercano lo spettacolo senza un minimo sforzo di definizione del termine, filosofica o tecnica che sia. Spettacolo è ciò che sposta in avanti il limite della sfida con l'indicibile. Se la velocità è insufficiente, il rischio è aggravato da mano umana. Si veda, per esempio, il salto provocato artificialmente per il sollazzo dei 30 mila spettatori sullo «schuss» di Kitzbühel che ha rischiato di togliere la vita a Daniel Albrecht. Per misurare la velocità – da mettere in evidenza nelle dirette televisive – vengono installate inutili fotocellule, come quella che per la maggioranza degli osservatori è costata la vita a Ulrike Maier, la campionessa austriaca che girava il Circo Bianco con una bimba in braccio. Certo, Ulrike per un errore tecnico cadde proiettata a monte e non, come sarebbe dovuto capitare in quel punto, a valle. I giudici decretarono che Ulrike morì sul colpo al primo impatto con il suolo e non andando a sbattere contro il paletto. Una tragica fatalità, insomma. Ma intanto in quel punto la fotocellula è stata tolta, esattamente come molte reti di protezione sulle piste di sci, sostituite da materassi che resistono all'urto degli spigoli: quegli spigoli che rimasero agganciati alle maglie provocando la lacerazione del bacino e la morte del ventenne austriaco Gernot Reinstadler a Wengen. Solo dopo il sacrificio di qualche vita umana le misure di sicurezza aumentano assieme alle spese e spesso con una netta diminuzione dei profitti. Non c'è nemmeno bisogno di uno scritto per siglare il patto diabolico che regge lo sport moderno. Tutti sanno. L'impresario (nell'anno olimpico 2012 il CIO) sa che, se lo spettacolo non è gradito al pub- blico, la TV non lo riprende e lo sponsor non caccia la moneta. La TV sa che, se l'indice d'ascolto è basso, a sua volta non ha pubblicità né sponsor e cancella il programma, evento sportivo o Miss/Mister Svizzera che sia. Il cerchio si chiude troppo spesso con un dramma, come nel caso del ventiduenne georgiano Nodar Kumaritashvili alle Olimpiadi del 2010 a Vancouver in una disciplina poco attrattiva come lo slittino, a forte rischio di esclusione. La velocità della pista venne portata a punte che sfioravano i 150 chilometri orari: 10 in più della norma. Dopo la tragedia la pista fu accorciata e imbottito il «fatale» palo di metallo contro cui andò a cozzare Nodar. Troppo tardi. Baudelaire si rivolgeva ai suoi lettori con un «Toi, hypocrite lecteur, mon semblable, mon frêre». Ognuno decida se e fino a che punto vale anche per chi assiste a certe gare. Per sport. 15 confronti layout nuovo_Layout 1 07.05.12 10.44 Pagina 16 Confronti, Piazza Governo 4, 6500 Bellinzona SPINAS CIVIL VOICES GAB 6500 Bellinzona I MUTAMENTI CLIMATICI AGGRAVANO LA CRISI IDRICA. Aiutateci a portare l’acqua agli abitanti delle regioni siccitose. www.helvetas.ch Donate 30 franchi con un SMS: acqua 30 al 488. Mensile progressista della Svizzera italiana Editore Confronti Sagl, [email protected] Redazione Marco Cagnotti, direttore, [email protected] Abbonamenti 50.- franchi all’anno (12 numeri), solidarietà da 70 franchi, sostenitore 100 franchi. Confronti, Piazza Governo 4, 6500 Bellinzona Tel. 091 825 94 62, [email protected] Cambiamenti d’indirizzo Confronti, Piazza Governo 4, 6500 Bellinzona [email protected] Inserzioni Confronti, Piazza Governo 4, 6500 Bellinzona [email protected] Grafica e impaginazione StudioWARP, S. Antonino Stampa Tipografia Aurora, Canobbio Tiratura 2’000 copie