Intervento convegno Autismo DIVENTO GRANDE
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Intervento convegno Autismo DIVENTO GRANDE
Intervento dell’Associazione “Divento Grande Onlus” di Salvatore Bianca Buon pomeriggio a tutti, sono Salvatore Bianca, vicepresidente di Divento Grande Onlus, una associazione di genitori, in prevalenza padri, di ragazzi autistici che opera a Roma e nel Lazio dalla fine del 2010. Oggi fra soci e iscritti seguiamo oltre 130 famiglie e organizziamo attività per circa 60 ragazzi. L’età dei ragazzi che seguiamo va dai 3 ai 24 anni, ma l’età media è 11 anni.Il nostro obiettivo, come del resto spiega il nostro nome, “Divento Grande” è quello di accompagnare i nostri figli verso l’età adulta, aiutandoli nell’impresa più difficile per un autistico, quella costruire la loro autonomia sociale. Attraverso attività sportive e para-ludiche, attraverso il sostegno alle famiglie nelle attività scolastiche dei ragazzi, cerchiamo, grazie al tutoraggio scientifico dell’Istituto di Ortofonologia, di agevolare il conseguimento per i nostri ragazzi di abilità sociali che, in prospettiva, possano consentire loro di essere cittadini a pieno titolo, una risorsa e non un peso per la comunità. Oggi noi forniamo ai nostri iscritti (e chiunque ovviamente si può iscrivere a Divento Grande) queste attività: • Supporto Didattico, per i compiti a casa • Corsi di Inglese • Shiatsu • Scuola di Calcio • Terapia multi sistemica in acqua • Ippoterapia • Scuola di Tennis • Onoterapia E nei mesi estivi: • Estate crescendo, una vera “scuola di autonomia” • Corso di Vela Chi fosse interessato trova tutte le nostre attività sul sito www.diventogrande.org. Non siamo medici, psicologi, e non ci permettiamo di fare diagnosi o di entrare nel dibattito scientifico sulla materia, ma da genitori, che vivono in casa propria il rapporto con l’autismo e che conoscono decine di realtà simili, abbiamo maturato la convinzione “culturale” che l’autismo non sia una malattia ma una condizione, una condizione umana “speciale”. Il nostro slogan è “ragazzi autistici, persone speciali”, persone che potrebbero e dovrebbero dare il proprio contributo alla società se fossero messi in condizione di farlo, persone con abilità, punti di vista, sensibilità diverse dai noi, cosiddetti normodotati, persone che rappresentano una ricchezza per tutti. E’ spiacevole dirlo ma in Italia, superata l’infanzia, in cui non in tutto il paese e non sempre, esistono servizi di diagnosi e, diciamo così, di primo intervento, gli autistici, come la maggior parte dei disabili sono considerati sostanzialmente invalidi, una sorta di ex pazzi (o nella migliore delle ipotesi, ex scemi del villaggio) che dopo la chiusura dei manicomi restano a carico delle famiglie. Ed è importante oggi aver sentito qui che il problema degli adulti autistici comincia ad avere diritto di cittadinanza nelle istituzioni, che si pensa a linee guida per gli adulti autistici e ci ha fatto piacere cogliere la sensibilità del Ministro Lorenzin anche nel confronti del disagio delle famiglie e sul grande (e doloroso) tema del “dopo di noi”. Noi crediamo che i nostri figli non siano “invalidi” dal punto di vista sociale. Crediamo che la società sia “invalida” se rimuove non il problema autismo, ma tutte le opportunità e le risorse che questi ragazzi, domani adulti, possono dare. Crediamo che la nostra scuola sia “invalida” se ci sono istituti in cui i genitori dei “normali” ritirano i propri figli da una classe perché un autistico “disturba”. Da parte del sottosegretario alll’Istruzione Marco Rossi Doria abbiamo ascoltato dell’impegno del Governo nel pacchetto scuola sui temi della disabilità, è un segnale apprezzabile, ma va detto che oggi i nostri ragazzi di norma ottengono il sostegno pieno dal pretore dopo essersi scontrati con le croniche carenze del sistema scolastico. Ci rendiamo conto che la nostra è una lunga, estenuante, battaglia culturale e civile, ma non accettiamo l’abito mentale della recriminazione pietistica, ciò che chiediamo alla classe dirigente di questo paese, prima e ancora più dei soldi per servizi, assistenza, case famiglia, formazione mirata al lavoro, quello che chiediamo è di capire l’autismo, capire che esistono molti autismi, capire che non c’è una ricetta valida per tutti, ma per tutti c’è la possibilità di essere una risorsa e non un peso per gli altri. Capire che non ci sono bambini autistici ma persone autistiche e che, se esistono doveri della società nei loro confronti, cominciano dalla diagnosi precoce ma non finiscono 5 o 6 anni dopo, finiscono 70 anni dopo, altrimenti, il paragone è forte ma credo sia calzante, l’Italia per gli autistici rischia d’essere come quelle madri che partoriscono i figli e poi li abbandonano nei cassonetti perché non possono permettersi di mantenerli. Una società che segue i bambini autistici e poi, appena adolescenti li abbandona nel cassonetto della invalidità per il resto della vita, somiglia a quelle madri sotto il profilo etico. Questo atteggiamento sta cambiando soprattutto grazie a persone come l’on. Binetti che sta svolgendo un lavoro istituzionale importantissimo per porre l’autismo all’ordine dle giorno del sistema socio-sanitario nazionale, e dal convegno di oggi abbiamo sentito parole confortanti soprattutto per gli autistici di domani, perché oggi la situazione è quella che ho descritto e che chiunque ha un autistico in famiglia ben conosce. Per questo chiediamo consapevolezza e, al contempo, lavoriamo ogni giorno per aiutare le famiglie a trovare attività che consentano ai propri figli di acquisire autonomie sociali, per questo lavoriamo con l’obiettivo di medio e lungo termine di realizzare condizioni lavorative e di comunità autosufficienti, anche economicamente, attraverso le quali i nostri ragazzi, domani, cioè fra pochissimi anni, adulti, possano essere risorsa e non peso. Noi sogniamo un’Italia con mille luoghi in cui le persone autistiche possano vivere, lavorare, fare comunità, ma anche aprirsi alla comunità. Noi non sogniamo cliniche, sanatori, ospizi, noi non sogniamo centri di salute mentale con costi standard e regioni che litigano e finanziarie che tagliano i fondi. Noi, come diceva Albert Camus e ripeteva Ernesto Che Guevara, “siamo realisti, vogliamo l’impossibile”. Ciò che oggi appare impossibile, ma se ci avessero detto 2 anni fa che avremmo fatto illuminare di blu per una notte l’arco di Costantino nella giornata mondiale dell’autismo facendo partecipare Roma e l’Italia alla manifestazione mondiale Light it up blue, o che avremmo distribuito con il Venerdì di Repubblica 350 mila calendari con i nostri ragazzi sorridenti e felici accanto a campioni dello sport, avremmo detto che era impossibile. Se ci avessero detto che i nostri figli avrebbero fatto parte di equipaggi di una vera regata velica come è accaduto il 31 agosto di quest’anno, avremmo detto che era impossibile. Noi sogniamo un’Italia che dia la possibilità alle famiglie, ai centri di organizzarsi liberamente, che non imponga dall’alto metodologie esclusive, che non trasformi l’autismo in un business sanitario. Sogniamo un sistema normativo moderno, poco burocratico e che, come accade in Gran Bretagna con l’ ”Autism Act”, assuma la consapevolezza della condizione autistica di centinaia di migliaia di adulti e definisca un quadro di riferimento chiaro di diritti e doveri. Questo oggi in Italia è probabilmente volere l’impossibile, ma come diceva Camus, noi siamo realisti, lo vogliamo, perché siamo impegnati ogni giorno a costruire un futuro migliore per i nostri ragazzi.