Epo, non solo lo scandalo Armstrong

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Epo, non solo lo scandalo Armstrong
Bici d'epoca e bici d'oggi
Epo, non solo lo scandalo Armstrong
Epo, non solo lo scandalo Armstrong
La grande truffa ai danni dei malati
Non c'è solo l'imbroglio sportivo legato all'uso dell'eritropoietina. Un libro di Kathleen Sharp (inedito in Italia) spiega come
dietro l'ormone che ha sconvolto lo sport negli ultimi 20 anni ci siano state anche strategie commerciali di aziende e
medici senza scrupoli per impadronirsi di un mercato ricchissimo. Spesso con gravi danni alla salute delle persone che
avrebbero dovuto curare.
di Eugenio Capodacqua
Lance Armstrong perderà i sette titoli del Tour de France
conquistati fra il 1999 e il 2005, sarà bandito a vita
dal ciclismo agonistico.
Roma 16 novembre 2012. Non c'è solo l'imbroglio. Non ci sono solo le regole infrante, lo spirito sportivo messo sotto i
tacchi e i sette Tour persi. Le conseguenze delle vicende doping legate all'americano Lance Armstrong hanno anche un
aspetto collaterale molto inquietante che rende ancora più vergognosa la frode.
Ne parla Kathleen Sharp in un interessantissimo libro, dal titolo che già dice tutto:"Blood Medicine: Blowing the Whistle on
One of the Deadliest Prescription Drugs Ever" ( Medicina del sangue: far crescere il gioco delle prescrizioni in una delle
droghe più mortali di sempre"). Un libro in cui si capisce come le strategie commerciali delle aziende che dalla fine degli
anni 80 in avanti hanno prodotto la famigerata eritropoietina (Epo) non abbiano guardato in faccia nessuno pur di
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impadronirsi di un mercato che valeva miliardi di dollari. Infischiandosene anche delle severe leggi americane e degli
obblighi imposti dalla FDA (Food ad Drug administration). E che si ricollega alla vicenda Armstrong; fra i finanziatori della
sua US Postal c'era agli inizi degli anni 80 un'azienda, la Montogomery Securities, fondata da un cicloamatore, Thom
Weisel, che faceva parte di un "panel" per sostenere le iniziative della Amgen, una delle maggiori aziende produttrici
dell'epo, appunto, l'ormone che ha sconvolto lo sport negli ultimi 20 anni.
L'Amgen, secondo l'autrice, sarebbe stata condannata a pagare 780 milioni di dollari per aver promosso illegalmente
l'uso di epo. Da una parte gli atleti di nome che fungono da ideali ed efficientissimi "testimonial" del "prodotto", dall'altra
medici senza scrupoli e aziende farmaceutiche che pensano solo al business anche a dispetto della salute dei malati di
cui dovrebbero preoccuparsi. L'Amgen, che è anche uno degli sponsor della corsa più importante degli Usa, l'Amgen
Tour of California, appuntamento importante del calendario mondiale, sta facendo fronte a numerose cause legali (ve ne
sono almeno 10 in 15 stati degli Usa) per vendite considerate illegali. E potrebbe essere condannata a pagare una cifra
vicino al miliardo di dollari per aver incoraggiato i medici a precrivere alte dosi di epo. Come? Attraverso un meccanismo
semplice. Regalando una certa quantità di prodotto per ciascuna dose prescritta. In questo modo si consentiva di lucrare:
più dosi, più prodotto "free", più guadagno per i medici. Il tutto in un quadro in cui l'unico obbiettivo sembra essere il
massimo profitto e l'ultima preoccupazione quella della salute, dei malati prima di tutto, cui vengono iniettate dosi in
quantità industriali, fuori dalle prescrizioni.
La storia è esemplare. A metà degli anni '80 l'Amgen, che compra il brevetto dell'epo ricombinante da un ricercatore
americano, Eugene Goldwasser, intende commercializzare il prodotto ed ha bisogno di una licenza da parte della FDA,
la Food ad drug Administration. Per ottenerla più facilmente - racconta la Sharp - si appoggia alla Johnson & Johnson
che però, occupandosi del settore medicale e non farmaceutico, non può vendere il prodotto ai malati di reni, obbiettivo che
costituiva per l'Amgen stessa parte importante del business. Ovviamente anche altri giganti dell'industria farmaceutica
individuano le potenzialità del mercato e comincia così la concorrenza e l'escalation. Lo sport e il ciclismo in particolare
diventa il veicolo migliore.
In Europa l'epo ricombinante, all'epoca ancora allo stadio di "trial" arriva attraverso il mercato nero e raggiunge a
maratoneti, atleti dello sci nordico, ciclisti. Sono le "cavie" ideali. E le conseguenze della "sperimentazione" non si fanno
attandere. Fra il 1987 e il 1990, racconta sempre la Sharp, muoiono 18 giovani ciclisti in circostanze misteriose. Fra
questi il 27enne belga Johannes Draajer (20° nel Tour del 1989). Anche se non si riesce a stabilire se abbia usato epo o
no, la vedova dichiarò in un'intervista che si augurava che la morte del marito servisse per mettere in guardia gli altri atleti
sui pericoli dell'epo. Ma l'Amgen si affrettò a precisare che l'epo era sicura ed efficace se usata nelle dosi adeguate. Quali
dosi? E adeguate a cosa?
Nessuna chiarezza in merito. Johnson & Johnson la fissò a 3.500 unità internazionali al giorno; la FDA stabilì un "range" da
3.000 u. i. a 6.000 u. i. Ma l'Amgen si spinse più avanti: 7.500 u. i. Ma l'escalation alla "dose adeguata" era appena
cominciata. Nel tempo si arrivò fino a 10.000 u. i. e addirittura 40.000 u. i. a settimana. Ben oltre le 2-3.000 u. i.
abitudinariamente consigliate negli anni '90. I malati, specie quelli terminali subirono trattamenti da 10 a 100 volte più
intensi rispetto alla posologia prescritta. Spesso senza essere nemmeno informati.
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Nel 1989 la FDA dà il suo benestare all'Epogen (Amgen.) Nel 1991 segue il Procrit della Johnson & Johnson e comincia la
competizione che, secondo le accuse emerse dai procedimenti penali, porta le due aziende a farsi una lotta feroce,
facendo strame di ogni regola. Il giro di affari dell'Amgen sfiora il 2 miliardi di dollari l'anno e si innesta una spirale
perversa. Vengono messe in campo tutte le tecniche del marketing più smaliziato per conquistare un mercato in
rapidssima espansione. Offerte promozionali, sconti, pubblicità non corretta, corteggiamento serrato di medici prescrittori
(viaggi, convegni e quant'altro), percentuali sulle vendite. Qualche medico, emerge sempre dalle cause in discussione
negli Usa, secondo la Sharp, arriva a prescrivere 100.000 dollari di epo l'anno con percentuali di guadagno che arrivano
al 25%. Dal 1991 al 2003 la dose media prescritta si quadruplica. E il mercato illegale (sport) si allarga a macchia d'olio
come provano gli scandali clamorosi del tempo, caso Festina (1989) su tutti. A metà degli anni '90 una dose di epo da
30.000 unità costa dai 300 dollari in su. Ma sul mercato nero le cifre llievitano in modo esponenziale arrivando ai 6.000
dollari per la stessa quantità.
Con la complicità di alcuni medici compiacenti l'epo viene prescritta anche per usi "off label" non consentiti dalla FDA.
Come ai pazienti affetti da mielodiplasia (MDS) da HIV, AIDS e cancro. E in dosi nettamente superiori a quelle ammesse
dalla FDA. Uno dei dirigenti della Johnson & Jhonson. McLellan, spiega, davanti ai giudici, come fosse comune la dose
da 40.000 unità, una dose che può provocare aneurisma, attacchi cardiaci, infarto. Come provato da uno studio della
stessa Amgen, tenuto nascosto per anni. Insomma il grande profitto a spese della salute.
All'inizio degli anni 2000 l'Amgen studia nuove molecole per far fronte alla concorrenza sempre più agguerrita ed è
autorizzata dalla FDA alla commercializzazione fra i pazienti sottoposti a chemioterapia, dell'Aranesp, l'epo di seconda
generazione. Ma le vendite non decollano, così l'Amgen inventa il trucco decisivo per promuovere di più le vendite:
vendere al prezzo di una dose una quanità maggiore del 19%. Nel 2006 le vendite complessive di epo raggiungono i 12
miliardi di dollari e molta di questa quantità è venduta "off label". In questo quadro anche la condanna per l'Amgen a
pagre 780 milioni di dollari per le vendite considerate illegali risulta ben poca pena. Ma c'è di più e di ben più grave: studi
successivi hanno rivelato come questo ormone ottenuto con tecniica ricombinante fosse pericoloso al punto da
costringere la FDA a lanciare un allarme e metterlo nella lista nera. Dal 2010 è divenuto chiaro come l'epo in molti casi
non abbia più effetto di un placebo come terapia e in qualche paziente malato di cancro, stimoli addirittura la
proliferazione delle cellule cancerogene.
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