La chimica analitica dell`atmosfera

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La chimica analitica dell`atmosfera
La chimica analitica
dell'atmosfera
L'applicazione mediante interfaccia di sistemi computerizzati di banche dati,
la miniaturizzazione dei sistemi d’analisi, i cromatografi a Plasma, rappresentano
alcune evoluzioni delle tecniche moderne che hanno permesso e stanno
consentendo l'estensione degli studi di chimica ambientale dalla scienza
dell'inquinamento vera e propria alla sismologia e vulcanologia
Da circa una decina d'anni la scienza della
chimica atmosferica è in continua espansione. Nella stratosfera, la parte più alta dell'atmosfera, è ormai acquisito che tracce di un
certo numero di gas possono perturbare lo
strato di ozono del nostro pianeta. Nella troposfera, la parte più bassa, si è compreso che
è in atto un generale processo ossidativo che
coinvolge molte specie sia radicali che libere
ed un gran numero di molecole gassose contenenti elementi come idrogeno, carbonio,
azoto, ossigeno, zolfo, fosforo, fluoro, cloro,
bromo, iodio. In aree vicine ad elevate densità di popolazione questo porta a fenomeni di smog fotochimico, in aree
lontane ad eccessi di acidità nelle acque piovane Al fine di ottenere informazioni su questi problemi e comprenderne le cause, sono state sviluppate alcune nuove tecniche analitiche per lo più basate sulla chemiluminescenza, la spettroscopia laser, la gas cromatografia, la spettrometria di
massa. Ognuna di esse si presta alla soluzione di particolari quesiti ed è
caratterizzata da limiti precisi di applicabilità. Così per lo studio delle molecole gassose i due metodi più versatili sono la spettroscopia e la gas cromatografia, generalmente combinate a rivelatori di ioni ed elettroni (spettromtria di massa). I metodi spettroscopici sono i più impiegati ed i più utili per
studiare specie instabili come radicali liberi ed ossidanti. I metodi cromatografici sono in grado di risolvere miscele analitiche complesse presenti nell'atmosfera, ma generalmente consentono soltanto lo studio di specie stabili. La storia dell'applicazione della spettroscopia alla chimica dell'atmosfera parte da circa 70 anni fa (e forse anche da prima) quando nel 1938 nella
regione infrarosso dello spettro solare furono individuate le bande di assorbimento degli ossidi di azoto e, più tardi, con misure nell'ultravioletto fu
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determinato l'ozono atmosferico. Dal 1950 in avanti è praticamente iniziata una competizione scientifica tesa ad individuare direttamente mediante
tecniche spettroscopiche tutti i gas che, sia pure in traccia, sono presenti
nell'atmosfera. Il fenomeno della chemiluminescenza si registra quando
molecole molto reattive interagiscono dissipando sotto forma di luce emessa l'eccesso di energia. Con questo meccanismo l'ozono reagisce con un
elevato numero di molecole come olefine, ossidi di azoto e metallo- carbonili; l'effetto di questa reazione è stato sfruttato per determinare sia l'ozono che gli altri reagenti raggiungendo valori limite di concentrazione dell'ordine delle parti per trilione (1 su 1012) per alcune specie (NO, ad es.).
La ricombinazione di atomi di zolfo in una fiamma di idrogeno produce una
forte emissione di luce che viene impiegata per rivelare la presenza di
poche parti per bilione (1 su 109) di SO2; gli altri gas solforati sono a concentrazione tanto più bassa che ad essi questo metodo non può applicarsi
direttamente ma combinato con la gas- cromatografia.
La spettroscopia laser ha praticamente esteso il campo di applicazioni della
spettroscopia di assorbimento ad un numero molto elevato di specie nell'atmosfera, quali i radicali OH° (per i quali questa rilevazione è stata la
prima diretta, consentendo di confermare sperimentalmente l'ipotesi formulata circa l'esistenza di questa specie), il diossido di carbonio, la formaldeide, gli ossidi di azoto. La spettroscopia nell'infrarosso è potenzialmente
strumento analitico a più elevato potere risolutivo della spettroscopia nell'ultravioletto: ciò a causa delle bande spettrali più strette; gli unici inconvenienti sono rappresentati dalle larghe bande di assorbimento dell'acqua
e dell'anidride carbonica presenti nell'aria, dalle intensità più basse alle frequenze più basse e dalla mancanza di sistemi di rivelazione nell'infrarosso
di qualità paragonabile al fotomoltiplicatore. La recente messa a punto dei
diodi laser e l'avvento della spettroscopia opto-acustica hanno consentito
di superare alcune di queste difficoltà. Un altro notevole passo in avanti è
stato realizzato con l'impiego in combinazione della spettroscopia infraros-
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so tradizionale con la interferometria. La presenza nell'aria di molti idrocarburi, ozono, nitrato di perossiacetilene (PAN) ed acido formico è emersa
attraverso lo spettro derivato da una trasformata di Fourier di un interferogramma. Operando con cammini ottici dell'ordine delle centinaia di metri
è possibile registrare lo spettro su un larghissimo intervallo di lunghezza
d'onda e quindi rivelare contemporaneamente la presenza di numerosi
composti (solfuro di carbonile, acido nitroso, acqua ossigenata, ossido di
carbonio, alogenoderivati organici) a livelli di concentrazione fra 1 e 10
parti per billione che, con l'impiego di diodi laser e metodi a modulazione
di segnale, possono anche essere abbassati. Conclusivamente si può dire
che la spettroscopia di emissione e quella di assorbimento sono caratterizzate da valori confrontabili delle sensibilità, ma quest'ultima risulta caratterizzata da un più largo campo di applicazione. Un cenno conclusivo in questa rassegna delle tecniche spettroscopiche per lo studio dell'inquinamento atmosferico meritano oltre a quelli fotoionici anche i rivelatori ionici: la
risonanza di spin elettronico a radiofrequenza e microonde che ha consentito di rivelare perossiradicali del tipo RO2 e la spettrometria di massa,
soprattutto in combinazine con la gas cromatografia. La gas cromatografia
costituisce un efficiente metodo di separazione dei vari componenti in
miscele, anche molto complesse. Allo stesso tempo tale metodo, concentrando il componente in una sorta di "impulso", ne facilita il rilevamento.
I rilevatori migliori sono quelli basati sulla produzione di ioni e di elettroni
con i quali si raggiungono limiti minimi di rilevabilità molto più bassi di
quelli ottenibili con i metodi ottici. L'inconveniente del metodo sta nel passaggio della miscela da analizzare attraverso la fase stazionaria (colonna
cromatografica) il che rende assai complicata la separazione per specie
molto reattive come ozono, acqua ossigenata, formaldeide e sostanze
acide, ma la maggior parte dei composti di interesse ambientale atmosferico, come anidride solforosa, cloruro di carbonile, mitrato di perossiacetile
(PAN) vengono facilmente analizzati. Proprio attraverso questo tipo di
misure, in combinazione con determinazioni di ozono, è stato di recente
confermato che l'inquinamento fotochimico dell'aria è la forma più comune di inquinamento in Europa rispetto ad inquinamenti più tradizionali
come quelli per SO2 e fumo nero. Il PAN è una molecola molto caratteristica dell'attività fotochimica nell'atmosfera, tanto che può essere considerata il migliore indicatore di tale fenomeno, assai più dell'ozono che può
essere prodotto oltre che da processi fotochimici anche da fenomeni di trasporto dalla stratosfera. Probabilmente però il più importante impatto della
cromatografia con la chimica dell'atmosfera è rappresentato dalla misura
dei composti clorofluorurati del carbonio nella troposfera lontana. La concentrazione di tali composti (CFCl3; CF2Cl2; CCl4) è tanto bassa (ben al di
sotto di 1 parte per bilione in volume) che soltanto il rivelatore cromatografico a cattura di elettroni può evidenziarli; è però anche sufficientemente
elevata da costituire un pericolo per il nostro pianeta a causa dell'impoverimento della fascia di ozono che il cloro di questi composti può provocare. Misure della crescita della concentrazione di questi composti nella troposfera sono state eseguite per alcuni anni giungendo alla conclusione che
il tempo di vita di alcuni di essi è dell'ordine dei 50 anni e che di fatto, probabilmente, non esiste a livello di troposfera, al contrario di quanto avvie-
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ne per la stratosfera, alcun meccanismo di rimozione. Sono state anche
ipotizzate trasformazioni di un composto in un altro, ad esempio di CFCl3
in CHFCl2, sulla superficie di aerosoli sospesi nell'atmosfera: ovviamente i
livelli di concentrazione coinvolti sono talmente bassi che soltanto tecniche
molto sensibili risultano capaci di fornire risultati attendibili. Tra tali tecniche la gas massa, accoppiamento della gas cromatografia con la spettrometria di massa, appare la più impiegata: si pensi che il suo limite minimo
di rivelabilità per una iniezione di 10 ml è teoricamente pari a 1 parte su
1014 in volume; il rumore di fondo in pratica non consente di scendere a
tali valori e più realisticamente si può pensare di rivelare concentrazioni fino
a 1 parte su 1011 in volume. Un indice delle potenzialità analitiche della
gas massa può essere espresso dall'analisi di 2 litri di aria concentrata ed
iniettata in una colonna cromatografica di alluminio: il risultato mostra la
presenza contemporanea di più specie, non sempre prevedibili, legata a
prodotti di comune impiego commerciale (antincendio, refrigeranti), consente di calcolare in 1 milione di tonnellate il CF4 emesso nell'atmosfera e,
tenuto conto del suo tempo di vita medio molto prossimo ad infinito e del
suo assorbimento nei confronti della radiazione infrarossa, di pensare con
concretezza a questo composto come ad un responsabile del cosiddetto
"effetto serra" attribuito comunemente soltanto all'anidride carbonica.
La gas massa consente ovviamente lo studio e la determinazione di numerose altre classi di composti, dagli idrocarburi armonici indicatori dell'inquinamento da autoveicoli, in quanto prodotti quasi esclusivamente da questi, a quelli alifatici, dal solfuro di carbonio ai composti organici ossigenati.
Le sole sostanze in tracce non rilevate dallo spettrometro di massa sono
l'anidride solforosa, l'ipoazotide e l'ozono. La sostituzione delle colonne a
riempimento con le colonne capillari in un sistema a gas massa aumenta il
potere risolutivo, ma nel caso di campioni gassosi, al contrario di quanto
avviene per campioni liquidi, gli svantaggi che ne derivano in termini di
dimensioni del campione sconsigliano l'impiego di tali colonne alle quali
vengono preferite le più antiche colonne a riempimento. L'applicazione
mediante interfaccia di sistemi computerizzati di banche dati, la miniaturizzazione dei sistemi di analisi, i cromatografi a plasma rappresentano alcune evoluzioni tecniche moderne che hanno consentito e stanno consentendo l'estensione di questi studi di chimica ambientale dalla scienza dell'inquinamento vera e propria alla sismologia e vulcanologia.
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