Corte di Cassazione Quinta penale Data: 28.02
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Corte di Cassazione Quinta penale Data: 28.02
Per aversi diffamazione, infatti, è necessario che l'autore comunichi con almeno due persone ovvero con una sola persona, ma con tali modalità che detta notizia sicuramente venga a conoscenza di altri ed egli si rappresenti e voglia tale evento REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PALLA Stefano - Presidente Dott. ZAZA Carlo - Consigliere Dott. MICHELI P. - rel. Consigliere Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo G - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto nell'interesse di: A.M., ; avverso la sentenza emessa il 07/11/2012 dal Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Carini; visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. MICHELI Paolo; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CEDRANGOLO Oscar, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per sopravvenuta prescrizione del reato contestato, con conferma delle statuizioni civili. DirittoItaliano.com - Tutti i diritti riservati - Autorità: Corte di Cassazione Quinta penale Data: 28.02.2014 Numero: 9843 ESTREMI: Corte di Cassazione Quinta penale Data: 28.02.2014 Numero: 9843 Svolgimento del processo Il difensore di A.M. ricorre avverso la pronuncia indicata in epigrafe, recante la conferma della condanna della predetta imputata, di cui alla sentenza del Giudice di pace di Carini del 01/12/2011, per il delitto di diffamazione, in ipotesi commesso in danno di L.P.G. nell'agosto ______. Secondo l'assunto accusatorio, la A. avrebbe affermato, durante un colloquio occasionale con due coniugi presso un lido balneare, che la L.P. aveva "rubato" del denaro presso il palazzo dove abitava la stessa imputata, nel senso di avere preteso - quale amministratrice di quel condominio - pagamenti eccessivi o non dovuti: i due coniugi in questione erano peraltro i suoceri della L. P., senza che la A. fosse consapevole di tale rapporto di affinità. Il difensore della ricorrente propone cinque motivi di doglianza. I primi tre si riferiscono ad una asserita nullità della sentenza di primo grado e di tutti gli atti conseguenti, a seguito della omessa rinnovazione in favore dell'imputata dell'iniziale decreto di citazione a giudizio: ciò in quanto, all'udienza del 26/06/2008, il giudice aveva solo preso atto - pur non pronunciandosi sul punto, ma comunque non provvedendo alla declaratoria di contumacia della A., nè formalizzando la costituzione di parte civile della L.P. - di una istanza di rinvio per legittimo impedimento della donna, disponendo il differimento del processo all'udienza dell'11/12/2008 in vista del prescritto tentativo di conciliazione, ma senza curare l'anzidetta rinnovazione della citazione (imposta dall'art. 420 ter c.p.p.) nè provvedere affinchè all'imputata venisse notificata quanto meno copia del verbale. Il difensore della A. richiama giurisprudenza di legittimità a sostegno della tesi della nullità assoluta ed insanabile che si verifica allorquando, ad un imputato comunque non comparso e non dichiarato contumace, non venga notificato un nuovo decreto di citazione ovvero l'ordinanza di rinvio. Detta nullità non verrebbe meno, secondo la difesa, anche ammettendo che il giudice di primo grado avesse tacitamente riconosciuto il legittimo impedimento dell'imputata in occasione della prima udienza, pur sempre dovendosi curare le incombenze sopra ricordate: a tal fine, il ricorso si sofferma sulla differenza lessicale e concettuale tra le previsioni di cui dell'art. 420 ter, comma 1, (dove viene sancita la necessità di una nuova citazione a giudizio, in caso di impedimento a comparire dell'imputato per la prima udienza) ed al successivo comma 3 (quando, in ragione di un impedimento verificatosi per udienze posteriori, il giudice deve disporre la notifica del provvedimento di fissazione della udienza di rinvio): solo in quest'ultimo caso, non verificatosi però nel caso concreto, sarebbe sufficiente la comunicazione del rinvio e la nullità conseguente all'omissione potrebbe dirsi di carattere generale ed a regime intermedio. Ne deriva la insostenibilità della tesi esposta nella sentenza di appello, secondo cui il vizio sopra descritto avrebbe comportato una nullità sanabile, in concreto non tempestivamente eccepita. La difesa censura peraltro la decisione adottata dal Tribunale, in quanto la nullità de qua, seppure in ipotesi tardivamente evidenziata dalla parte interessata, era stata comunque dedotta prima della pronuncia della sentenza di primo grado, con la conseguente necessità che il vizio fosse rilevato di ufficio, ai sensi dell'art. 180 del codice di rito. Il quarto e quinto motivo di ricorso riguardano invece i profili sostanziali, deducendo la difesa: - che nel caso concreto non potrebbe dirsi ravvisabile il delitto di cui all'art. 595 c.p., atteso che la propalazione diffamatoria sarebbe intervenuta alla presenza di due soli soggetti, difettando così il requisito della comunicazione a più persone; - mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, laddove l'affermazione della penale responsabilità della A. viene fondata sulla deposizione di appena due testimoni, per di più legati da vincoli personali con la parte civile, uno solo dei quali avrebbe peraltro confermato di avere udito la frase riportata in rubrica: ciò a fronte di una pluralità di testimoni a discarico che, pur avendo assistito al colloquio tra l'imputata ed i suoceri della L. P., risultano aver offerto una opposta versione. Motivazione 1. Deve prendersi atto dell'intervenuta prescrizione del reato addebitato alla ricorrente; il ricorso - di cui non è possibile dichiarare l'inammissibilità, involgendo tematiche processuali che impongono una compiuta disamina da parte di questa Corte - è in ogni caso da rigettare agli effetti civili. 1.1 Sul profilo processuale oggetto della prima doglianza, va tenuto presente che le sentenze evocate nell'interesse della ricorrente affermano in effetti principi a conforto della tesi difensiva: nelle relative massime ufficiali si legge che "l'imputato non comparso ha diritto, ove non sia dichiarato contumace, alla rinnovazione della citazione per l'udienza di rinvio, per mezzo della notificazione di un nuovo decreto di citazione o della notificazione dell'ordinanza di rinvio, pena altrimenti la nullità assoluta dell'intero giudizio" (Cass., Sez. 1^, n. 15814 del 19/03/2009, Calandi, Rv 243733) e che "l'omessa notificazione all'imputato non comparso, ma non ancora dichiarato contumace, dell'ordinanza di rinvio del dibattimento è causa di nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado dello stesso" (Cass., Sez. 6^, n. 14376 del 26/02/2009, Amendola, Rv 243260). Più recenti pronunce hanno tuttavia ritenuto che "la mancata rinnovazione della citazione a giudizio all'imputato assente, che non abbia allegato alcun legittimo impedimento e del quale non sia stata dichiarata la contumacia, da luogo ad una nullità di ordine generale e a regime intermedio che deve essere eccepita dal difensore appena possibile secondo quanto disposto dall'art. 182 c.p.p., comma 2" (Cass., Sez. 5^, n. 13283 del 17/01/2013, Bucca, Rv 255188); principio ribadito, anche nello specifico caso del rinvio disposto per legittimo impedimento, da Cass. Sez. 5^, n. 17027 del 23/01/2013, Musciolà, Rv 255503, pronuncia nella cui massima ufficiale si legge che "l'omessa notifica all'imputato - al quale sia ritualmente notificato il decreto di citazione a giudizio - dell'avviso di fissazione della nuova udienza, nel caso di rinvio del dibattimento per legittimo impedimento del medesimo imputato, da luogo ad una nullità a regime intermedio, come tale sanabile se non dedotta nei termini di cui all'art. 180 c.p.p. e, nel caso in cui la parte assista al compimento di atti che richiedano il predetto avviso, nei termini di cui all'art. 182 c.p.p., comma 2". La motivazione di quest'ultima sentenza richiama lo stesso precedente evocato dal Tribunale nel corpo della decisione oggi impugnata (Cass. Sez. 6^, n. 2324 del 22/11/2006, Lucarelli), ricordando come fosse stato ivi affermato -con riferimento al giudizio di appello, ma con argomenti validi anche per quello di primo grado - che "la notifica della citazione a giudizio va distinta dall'avviso all'imputato della nuova udienza alla quale il processo sia rinviato per legittimo impedimento del medesimo. Solo l'omessa notifica del decreto di citazione a giudizio configura nullità assoluta e insanabile poichè incide direttamente sulla vocatio in iudicium e, quindi, sulla regolare instaurazione del contraddittorio, impedendo all'imputato di conoscere il contenuto delle accusa e di apprestare le proprie difese. Mentre, nell'ipotesi in cui si deve provvedere alla rinnovazione dell'avviso dell'udienza "in prosecuzione" e cioè quando, come nella specie, deve informarsi l'imputato dell'udienza di "prosecuzione del giudizio", la situazione processuale è diversa, dovendo solo effettuarsi l'avviso della nuova udienza in prosecuzione, a norma dell'art. 484 c.p.p. e art. 420 ter c.p.p., comma 1, avviso la cui omissione non può che essere ricondotta alle nullità di ordine generale a regime intermedio e come tale sanabile se non dedotta nei termini di cui all'art. 180 stesso codice e - nell'ipotesi in cui la parte assiste al compimento di atti che avrebbero richiesto il predetto avviso - nei termini di cui all'art. 182 c.p.p., comma 2". Il collegio ritiene di prestare piena adesione all'indirizzo appena segnalato, dal momento che appare doveroso distinguere i casi di vera e propria omissione della citazione in giudizio (nei quali è corretto porsi un problema di vizio nella instaurazione del contraddittorio) rispetto a quelli in cui l'imputato, già ritualmente destinatario di una vocatio in iudicium della quale sia stato debitamente informato, non abbia avuto soltanto comunicazione del differimento di un'udienza in occasione della quale egli era stato posto in condizione di apprestare pienamente la propria difesa. Quanto al problema della rilevabilità o deducibilità, la tesi difensiva secondo cui il giudice avrebbe dovuto pronunciarsi su una questione comunque portatagli a conoscenza è parimenti da disattendere, alla luce della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte che insegna come debbano essere tenuti distinti i limiti temporali di deducibilità delle nullità a regime intermedio di cui all'art. 180 c.p.p., da quelli per la formulazione dell'eccezione di cui all'art. 182 c.p.p., comma 2: nel primo caso si individua uno spazio procedimentale nell'ambito del quale od oltre il quale è possibile "dedurre" o rilevare le nullità, nel secondo caso, invece, si stabilisce una correlazione temporale tra il compimento di un atto nullo e la relativa "eccezione" di parte. Ciò significa non solo che in questo secondo caso la mancanza dell'eccezione consente al giudice di non "rilevare" la nullità di ordine generale, perchè essa deve intendersi sanata, ma anche che, pur non essendo ancora decorso lo spazio temporale di cui al citato art. 180, la nullità, essendo stata sanata, non può più essere "dedotta". Pertanto, la circostanza che il difensore non abbia assistito all'atto non può portare alla conclusione che deve applicarsi la seconda parte dell'unico comma del citato art. 180, ma deve portare soltanto alla constatazione che non si è verificata una sanatoria per omessa formulazione della relativa eccezione, rimanendo doveroso verificare se per la "deduzione" siano stati rispettati i limiti temporali di carattere generale posti dall'art. 180 c.p.p." (Cass., Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, Scibè). 1.2 Del tutto infondata è la censura concernente il mancato rispetto del requisito della comunicazione a più persone quando una frase offensiva dell'altrui reputazione sia pronunciata in presenza di soli due soggetti: per aversi diffamazione, infatti, è necessario che l'autore "comunichi con almeno due persone ovvero con una sola persona, ma con tali modalità che detta notizia sicuramente venga a conoscenza di altri ed egli si rappresenti e voglia tale evento" (Cass., Sez. 5^, n. 36602 del 15/07/2010, Selmi, Rv 248431). 1.3 Del tutto lineare, ed immune dai vizi denunciati nell'interesse della ricorrente, si palesa infine la motivazione della sentenza impugnata, laddove viene offerta una plausibile spiegazione del perchè i testimoni indotti dalla difesa (i quali comunque non erano stati protagonisti della conversazione in atto fra la A. ed i suoceri della L.P.) poterono non udire la frase indicata in rubrica, salvo tornare a prestare attenzione al colloquio una volta che l' A. si era sentito in dovere di prendere le difese della persona di cui si stava parlando, trattandosi di sua nuora. 2. E' comunque maturata, come ricordato, la prescrizione del reato, venutasi a perfezionare il 01/02/2013 (al più, tenendo conto di 62 giorni di sospensione dei relativi termini, il 04/04/2013): si impone pertanto - pur essendo detta causa estintiva sopravvenuta in epoca successiva alla sentenza di appello, ma in difetto di elementi per una declaratoria di inammissibilità del ricorso - la conseguente pronuncia ex art. 129 del codice di rito. PQM Annulla senza rinvio la sentenza impugnata senza rinvio, per essere il reato estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili. Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2014. Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2014.