INSEGNAMENTO DI PEDAGOGIA GENERALE

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INSEGNAMENTO DI PEDAGOGIA GENERALE
INSEGNAMENTO DI
PEDAGOGIA GENERALE
LEZIONE V
“IL COSTRUTTIVISMO”
PROF. RICCARDO FRAGNITO
Pedagogia Generale
Lezione V
Indice
1.
Introduzione al costruttivismo..................................................................................................3
2.
Costruttivismo e learning environments................................................................................10
3.
Papert e il costruzionismo .......................................................................................................20
4.
I Micromondi di Papert...........................................................................................................23
Bibliografia .......................................................................................................................................26
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1. Introduzione al costruttivismo
Nel corso degli anni ‘80 nella corrente costruttivista si sono collocati epistemologi,
cognitivisti, filosofi, tecnologi. Il costruttivismo scaturisce dal crollo di un modello epistemico,
razionale, lineare, dell’idea che la conoscenza potesse essere esaustivamente “rappresentata” in
particolare avvalendosi di modelli logico-gerarchici e proposizionali.
Tale scuola di pensiero assume un approccio che non è più ontologico, ma pragmatico;
concentra la propria attenzione sul processo di costruzione dei significati, che sono al tempo stesso
individuali e sociali: il mondo si conosce e si organizza attraverso i concetti e le categorie che
l’individuo stesso costruisce e che in parte adatta ai concetti e alle categorie degli altri, utilizzando
gli strumenti culturali che ha a disposizione. La conoscenza, quindi, è un prodotto storicamente,
socialmente e culturalmente costruito; mentre l’apprendimento è considerato come un’attività non
più solo individuale, ma come risultato dell’interazione collettiva con la realtà.
Il termine costruttivismo fa la sua comparsa intorno agli anni Settanta, sviluppandosi a
partire dal cognitivismo di seconda generazione, per soddisfare soprattutto l’esigenza di superare il
cognitivismo HIP (Human Information Processing) che ha considerato l’uomo e i suoi processi
cognitivi attraverso la metafora del computer, cioè quale sistema di elaborazione di informazioni.
Il costruttivismo si fonda su una posizione teorica, condivisa in molte discipline, secondo la
quale la realtà non può essere considerata come un qualcosa di oggettivo, indipendente dal soggetto
che la esperisce. In questa prospettiva il soggetto occupa una posizione rilevante in quanto
rappresenta il “costruttore della realtà”. Pertanto essa non può essere considerata indipendente da
colui che la osserva, dal momento che è proprio l’osservatore che le dà un senso partecipando
attivamente alla sua costruzione.
Tale nuova corrente di pensiero ritiene che non sia possibile una rappresentazione oggettiva
della realtà indipendente dal soggetto che la esperisce, poiché essa è il risultato dell’attività
costruttrice dell’individuo stesso.
Dunque, ciò che noi chiamiamo realtà non è altro che un’interpretazione personale del
mondo, interpretazione che viene costruita tramite la comunicazione e l’esperienza, partendo da una
rielaborazione interna di emozioni, sentimenti, conoscenze, credenze, che non hanno un ordine o
una struttura. Tutto questo, inoltre, è permesso e condizionato dal linguaggio.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Alcuni studiosi ritengono che Gianbattista Vico1 sia il “padre” del costruttivismo, il primo
filosofo cioè a mettere in discussione la concezione razionalistica di Cartesio, affermando che la
conoscenza razionale corrisponde alla costruzione della mente che organizza l’esperienza.
Intorno agli anni Quaranta, in Svizzera, Jean Piaget, rendeva pubblici i suoi studi su come i
bambini costruiscono la realtà: agiscono sull’ambiente per conoscerlo, costruendosi così le proprie
strutture concettuali.
Egli ritiene che ciascun individuo seleziona ed interpreta attivamente le informazioni del suo
ambiente. Da qui cambia la concezione del soggetto come recettore passivo di conoscenze,
diventando costruttore attivo delle stesse.
All’interno del costruttivismo si possono individuare molteplici varianti: costruttivismo
radicale (von Glasersfeld), costruttivismo interazionista (Papert), costruttivismo culturale (Bruner e
Cole), costruttivismo storico-sociale (Vygotskij), costruttivismo cibernetico (Wiener).
Gli assunti più importanti condivisi dai costruttivisti possono essere individuabili nella
partecipazione attiva dell’individuo nella costruzione della conoscenza; nell’esistenza di una
struttura cognitiva di base che, in ogni soggetto, dà una determinata forma all’esperienza; nella
visione dell’uomo come un sistema autopoietico che protegge e mantiene la propria integrità.
Il costruttivismo teorizza che la conoscenza umana, l’esperienza e l’adattamento, sono
caratterizzati da una partecipazione attiva dell’individuo. Attraverso questa “comunicazione”, che
rappresenta un punto fondamentale nella teoria dei costrutti personali di G. A. Kelly 2 , si enfatizza
che la conoscenza è “una costruzione della mente in un contesto sociale”. La realtà, quindi, non va
considerata come un qualcosa di oggettivo, indipendente dal soggetto che ne fa esperienza, poiché è
il soggetto stesso che la crea, partecipando in maniera attiva alla sua costruzione. Per Kelly l’uomo
è “proattivo”, ovvero è capace di correggere il proprio comportamento abituale rispetto alle nuove
possibilità di comprensione del mondo circostante. Su questa base Kelly afferma che l’uomo, come
essere pensante, ha una inesauribile potenzialità di automodificarsi e di adattarsi alla realtà. In
ambito strettamente pedagogico, questa potenziale adattabilità che possiede l’uomo deve essere
sempre più controllata da strumenti meta-culturali, meta-mentali e meta-cognitivi; potenziando ciò
che l’uomo già possiede e con i quali affrontare e confrontarsi con una società mutevole quale può
essere la società postmoderna.
1
Vico G., La Scienza Nuova e altri scritti, Utet, Torino 1996.
Cfr. Kelly G., The Psychology of Personal Constructs, Norton, New York 1995; Mancini F., Semerari A., La
psicologia dei costrutti personali. Saggi sulla teoria di G. A. Kelly, FrancoAngeli, Milano 1985.
2
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La definizione di costruttivismo radicale fu coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare che il costruttivismo non deve ricadere in un “realismo elaborato” ovvero nell’idea che
la realtà esiste indipendentemente dall’osservatore. Il concetto fondamentale del costruttivismo
radicale è che la conoscenza umana, l’esperienza, l’adattamento sono caratterizzati da una
partecipazione attiva dell’individuo. È il soggetto che crea le “realtà” alle quali poi risponde.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una realtà “oggettiva” ontologica, ma esclusivamente
l’ordine e l’organizzazione di esperienze nel mondo del nostro esperire.
Gli assunti del costruttivismo radicale sono:
¾
L’azione dell’individuo è alla base di ogni suo apprendimento, per cui occorre agire
se si vuole produrre conoscenza.
¾
La realtà non esiste indipendentemente dal soggetto che la osserva, anzi è lui che le
dà senso nel momento stesso in cui la osserva, partecipando alla sua costruzione.
¾
La conoscenza, l’esperienza sono caratterizzate dalla partecipazione attiva
dell’individuo.
¾
La conoscenza non riguarda più una realtà oggettiva, ma l’organizzazione delle
esperienze nel mondo.
Per tale filone, l’apprendimento è un’esperienza che implica un cambiamento, un
“modellamento del cervello” e una ristrutturazione percettiva.
I costruttivisti critici sono invece essenzialmente “realisti”: non negano l’esistenza di un
mondo fisico reale, sebbene riconoscano i nostri limiti nel conoscere questo mondo direttamente o
approssimativamente.
Il costruttivismo storico-sociale non è un metodo. È una teoria epistemologica che afferma
che la costruzione della conoscenza avviene all’interno del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo. Secondo questa prospettiva, pertanto, interazioni e linguaggi svolgono una funzione
fondamentale in un continuo processo di apprendimento.
In pedagogia alcuni autori che a ragione si possono collocare entro la corrente costruttivista,
ad esempio Piaget, avevano incentrato le proprie teorie sulle costruzioni individuali, trascurando
l’aspetto sociale ed interpersonale.
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Il costruttivismo sociale, invece, considera l’apprendimento come un processo di costruzione
di significati negoziati assieme agli altri, e non come l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
La moderna pedagogia deve molto alle osservazioni di Vygotskij, il quale ha avuto il merito di
sottolineare la natura intrinsecamente sociale, interpersonale dell’apprendimento. I suoi studi sulla
relazione tra pensiero e linguaggio hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo successivo
di correnti di pensiero e di metodologie didattiche che evidenziano gli aspetti cooperativi e
collaborativi nel processo di insegnamento/apprendimento.
Nella scuola psicologica russa si riconoscono le basi teoriche dell’interazionismo sociale che
riconosce come fondamentale, nello sviluppo e nell’apprendimento del soggetto, la dimensione
dell’interazione sociale, della negoziazione nella costruzione delle conoscenze e degli effetti
sociocognitivi dovuti a linguaggi, concettualizzando l’apprendimento come attività cognitiva
distribuita (e modellata) sugli scambi interpersonali e sugli strumenti culturali.
L’idea che l’individuo sia un soggetto attivo nel rapporto uomo-ambiente è teorizzato da Lev
S. Vygotskij esponente della scuola storico-sociale sovietica. Egli è consapevole che la condotta
umana e la conoscenza dell’uomo sono in gran parte determinate da condizioni storico-sociali ma è
altresì convinto che grazie alla sua facoltà simbolico-linguistica, l’uomo abbia una possibilità di
azione e di intervento attivo sugli stimoli che giungono dall’esterno, stimoli che l’uomo “codifica”
attraverso il linguaggio e che poi rielabora ed interpreta. Vygotskij attribuisce al linguaggio
un’importanza superiore a quella attribuitagli da Piaget, per lui l’uomo acquisisce le sue capacità ed
è dotato di un complesso comportamento grazie al linguaggio che media tra il soggetto e il mondo
esterno.
Il costruttivismo culturale, trova tra i suoi massimi esponenti Michael Cole e Jerome Bruner,
individua la sede della conoscenza non soltanto nella mente dei singoli, ma anche nelle
informazioni presenti negli oggetti di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto, ma il processo di costruzione della propria
conoscenza avviene attraverso una interazione fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
Bruner 3 sottolinea che non si deve trascurare la natura situazionale e distribuita della
conoscenza in quanto ciò significherebbe perdere di vista non soltanto la natura culturale della
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conoscenza, ma anche la natura culturale del processo di acquisizione della conoscenza stessa.
Michael Cole e Jerome Bruner hanno riconosciuto come fondamentale nello sviluppo e
nell’apprendimento del soggetto la dimensione culturale, ignorata dalla teoria piagetiana; «dalla
conversazione, dal confronto, dal dibattito e dalla discussione (sovente non pianificata e talvolta
strutturata) tra studenti, tra pari, tra colleghi, tra esperti e tra docenti scaturisce un apprendimento
assai significativo e una comprensione profonda; l’apprendimento è essenzialmente un’attività che
si svolge in comune e che coinvolge la costruzione sociale della conoscenza» 4 .
Il costruttivismo è un nuovo quadro teorico di riferimento che pone il soggetto che apprende
al centro del processo formativo (learning centered) in alternativa ad un approccio educativo basato
sulla centralità dell’insegnante (teaching centered) quale depositario indiscusso di un sapere
universale, astratto e indipendente dal contesto di riferimento.
Il costruttivismo si fonda su diversi principi che assumono la conoscenza come il prodotto di
una costruzione attiva da parte del soggetto; strettamente collegata alla situazione concreta in cui
avviene l’apprendimento; prodotto della collaborazione sociale e della comunicazione
interpersonale 5 .
Proviamo ad analizzare, attraverso le parole di Bruner, il primo principio del costruttivismo
ovvero che la conoscenza è il prodotto di una costruzione attiva da parte del soggetto. Egli sostiene
che la conoscenza è un “fare il significato”, vale a dire è un’operazione d’interpretazione che il
soggetto compie modificando e adattando a sé l’esperienza, costruendo, in tal modo, un modello
che lo stesso soggetto attiva tutte le volte che vuole comprendere la realtà che lo circonda. Non
esistono quindi conoscenze “giuste” e conoscenze “sbagliate”, come non esistono stili e ritmi di
apprendimento ottimali.
Wittgenstein sostiene che la conoscenza sia un criss-crossed landscape 6 (attraversamento
non lineare e multiprospettico) o meglio essa può essere raggiunta e completamente assimilata solo
se viene vissuta da diverse prospettive ed esperienze. Quindi qualsiasi obiettivo educativo per
poter essere raggiunto deve analizzare e valutare i possibili percorsi conoscitivi.
In questo ambito pensiamo alla concettualizzazione come una sorta di costruzione
progressiva, di itinerario da percorrere nel tempo, un passaggio dalla capacità di cogliere e di
3
Bruner J. S., La mente a più dimensioni, Laterza, Bari 1993.
Bruner J. S., La ricerca del significato. Per una psicologia culturale, Bollati-Boringhieri, Torino 1984.
5
Jonassen D. H., Peck K. L., Wilson B. G., Learning with technology: A constructivist perspective, Merrill/Prentice
Hall, Upper Saddle River NJ 1999.
6
Wittgenstein L., Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino 1999, p. 3.
4
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trasformare gli attributi sensibili del contesto in quelli simbolici.
«Il cervello impara meglio e fissa molte più cose quando 1’organismo è attivamente
impegnato nell’esplorazione di luoghi fisici e di materiali e nella formulazione di problemi che
desidera realmente risolvere» 7 .
Per i costruttivisti la conoscenza è strettamente collegata alla situazione concreta in cui
avviene l’apprendimento.
Invece di considerare l’insegnamento quale processo di trasmissione di informazioni e
l’apprendimento quale elaborazione ricettiva, indipendente e solitaria di dati, nel costruttivismo si
assume che la conoscenza nasce in un’esperienza situata in uno specifico contesto.
Il soggetto, spinto dai propri interessi, costruisce attivamente una propria concezione della
realtà attraverso un processo di integrazione di molteplici prospettive offerte. Il fine ultimo non è
l’acquisizione totale di specifici contenuti prestrutturati e dati una volta per tutte, bensì
l’interiorizzazione di una metodologia d’apprendimento che renda progressivamente il soggetto
autonomo nei propri processi conoscitivi.
Parafrasando Papert, uno dei maggiori esponenti del costruttivismo interazionista o del
costruzionismo, come ama definirlo lui, possiamo dire che lo scopo dell’istruzione non è quello di
“alimentare” le persone con del sapere codificato, ma è quello di assumersi il compito di far
scoprire al soggetto stesso le specifiche conoscenze di cui ha bisogno. Il vero sapere che si
promuove è quello che aiuterà ad acquisire altro sapere.
Il costruttivismo cibernetico, infine, deve la sua nascita a Norbert Wiener 8 , il quale si
interessò dei meccanismi di autoregolazione dell’individuo, cioè quei meccanismi che gli
permettono di essere un sistema autonomo in grado di scambiare informazioni con l’ambiente
esterno attraverso la retroazione (o feedback). Tale retroazione permette all’individuo di regolare il
suo output, controllandone il risultato.
La scuola costruttivista individua dei modelli didattici di riferimento, indicandone le
caratteristiche generiche:
7
Gardner H., Sapere per comprendere, op. cit., p. 83.
N. Wiener, Cybernetics: Or Control and Communication in the Animal and the Machine, Ist. ed., Cambridge, Mass.,
M.I.T. Press, 1948; tr.it. La cibernetica, Il Saggiatore, Milano 1982.
8
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¾ Porre in rilievo l’ambiente di apprendimento rispetto al concetto tradizionale di
istruzione, intesa come sequenza di nozioni da elargire, dando importanza ai supporti
e agli strumenti da utilizzare per favorire l’apprendimento;
¾ Considerare gli ambienti di apprendimento come luoghi virtuali in cui costruire
impalcature regolabili a seguito di adeguati interventi;
¾ Percepire la didattica come un processo non lineare ma ricorsivo;
¾ Porre il discente al centro del percorso di insegnamento/apprendimento;
¾ Utilizzare le tecnologie innanzitutto come amplificatori della comunicazione e della
cooperazione.
Infine il costruttivismo enfatizza l’aspetto che la conoscenza nasce dalla collaborazione
sociale e dalla comunicazione interpersonale. Il soggetto costruisce la propria conoscenza
all’interno di «comunità di interpreti», «comunità di discorso», attraverso un’interazione fitta e
continua con l’ambiente culturale, sociale, fisico in cui vive e opera usando lo strumento che Bruner
definisce della “narrazione”.
Chi apprende organizza le nuove conoscenze attraverso la negoziazione e la condivisione dei
significati: è possibile parlare di “costruzione della conoscenza”, di “interazione concettuale”.
Accettare e promuovere il confronto derivante da più prospettive è uno dei fini basilari del
costruttivismo. L’apprendimento, quindi, non è visto solo come un’attività legata al singolo, ma
come il risultato di una dimensione sociale d’interpretazione della realtà.
La nuova conoscenza nasce e si costruisce non solo in base a ciò che è stato appreso in
esperienze passate ma soprattutto attraverso la condivisione, la discussione e la negoziazione di
significati dichiarati da una “comunità di interpreti”.
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2. Costruttivismo e learning environments
Negli ultimi quindici anni le teorie costruttiviste hanno avuto una rapida evoluzione e
diffusione soppiantando progressivamente i modelli cognitivisti imperanti negli anni sessanta e
settanta. Oggi il costruttivismo sta riscuotendo un notevole successo in quanto la società della
conoscenza richiede sempre più che l’individuo sia il protagonista della propria formazione; da ciò
ne consegue che occorre “attrezzare” il soggetto di una metodologia conoscitiva che sviluppa
progressivamente capacità cognitive e metacognitive ed un pensiero critico necessari per affrontare
la sfida della complessità sociale.
In ambito educativo ciò ha comportato un passaggio da una prospettiva incentrata
sull’insegnamento (la formazione dal punto di vista dell’educatore/formatore) ad una focalizzata
sull’apprendimento (la formazione dal punto di vista del discente). La conoscenza, infatti, non può
più essere riducibile ad una semplice trasmissione classica del sapere legata al nozionismo, ma si
ispira sempre più ad un paradigma costruttivista-costruzionista ponendosi, in tal modo, come un
prodotto sociale e relazionale che si sviluppa tramite l’interazione tra i diversi attori e tra essi e gli
“strumenti di conoscenza”, in particolare attraverso le nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione.
Il costruttivismo alleandosi con le nuove tecnologie, ripropone modelli che ricordano per
alcuni
aspetti
le
forme
dell’attivismo
(apprendimento
basato
sull’attività
dell’allievo,
apprendimento per progetti), ma con una maggiore enfasi alle strutture regolative del processo di
apprendimento, ad un utilizzo più strutturato e flessibile di risorse, alle tecnologie come mezzo per
introdurre nuove modalità di apprendimento, alla “metacognizione” e alla trasformazione del
sistema classe-scuola in una classe globale.
Osserva Gardner «Nei modelli più compiutamente articolati di educazione progressiva io
trovo utili indicazioni per la costruzione di un ambiente educativo in cui l’autentica comprensione
possa diventare una realtà. Tale modello è presente negli scritti di John Dewey nonché nelle
iniziative di Francis Parker e di altri profetici pedagogisti di un secolo fa (...). Noi oggi siamo
convinti che questo tipo di educazione sia più difficile da realizzare di quanto pensavano gli
ottimisti dell’epoca della pedagogia progressiva. Nello stesso tempo, però, può essere che, per la
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realizzazione di questa visione educativa tuttora affascinante, noi abbiamo a disposizione strumenti
inediti» 9 .
Il termine learning environment, o anche setting educativo, o più semplicemente ambiente
di apprendimento è fortemente legato ad una concezione educativa costruttivista che si fonda sulla
consapevolezza che la conoscenza scaturisce da un insieme di significati costruiti attraverso la
componente interattiva. L’interazione con un ambiente di apprendimento ricco di strumenti e risorse
determina la conoscenza.
La strutturazione degli ambienti di apprendimento online riprende i requisiti metodologici
del costruttivismo in quanto ogni attore del processo formativo costruisce il proprio sapere sia
attivamente (in quanto è lo studente che agisce in prima persona attraverso quello che i costruttivisti
definiscono learning centered) sia interattivamente grazie agli strumenti di computer conferencing
che permettono di attivare una collaborazione e cooperazione con i soggetti della virtual classroom.
Inoltre si ha la possibilità di accedere all’informazione in maniera flessibile seguendo in tal modo i
diversi stili e ritmi apprenditivi dell’utente e di rileggere o riconsultare l’informazione ogni
qualvolta ritiene necessario farlo. Un ambiente di apprendimento, nell’ottica costruttivista, può
essere definito come una situazione nella quale gli studenti possono lavorare aiutandosi a vicenda,
utilizzando vari strumenti e risorse informative per conseguire obiettivi di apprendimento guidato o
attività di problem solving.
La mediazione tecnologica, con i suoi strumenti di comunicazione, favorisce un approccio
sistematico alla conoscenza; infatti, se proviamo a ripercorrere le fasi che conducono alla
costruzione di una nuova conoscenza, ci rendiamo conto che essa prevede una fase iniziale in cui il
soggetto entra in contatto con il nuovo sapere, quindi il soggetto inquadra una nuova informazione
all’interno della conoscenza pregressa, poi si ha una elaborazione, una chiarificazione, ma vi può
anche essere una destrutturazione di ciò che si conosce e si dà per certo (nascono quindi i dubbi, le
incertezze, le preoccupazioni) quindi, l’apprendimento solipsistico che caratterizza la fase iniziale
di ogni esperienza conoscitiva, deve essere supportato ed integrato se vuol diventare una vera
conoscenza.
Ed ecco che la strutturazione e l’organizzazione degli ambienti di apprendimento online
svolgono un ruolo determinante. Negli ambienti di apprendimento online si può dar vita a delle
9
Gardner H., Educare al comprendere. Stereotipi infantili ed apprendimento scolastico, Feltrinelli, Milano 1993, p.
209.
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forme di apprendimento che nella didattica in presenza sono di difficile attuazione sia per motivi di
tempo sia per l’organizzazione didattica.
Jonassen, infatti, afferma che creare un ambiente di apprendimento costruttivista seguendo
tale concezione pedagogica risulta essere molto più complesso che elaborare e progettare interventi
didattici tradizionali.
Il costruttivismo pone, dunque, molta attenzione al contesto formativo predisposto in
quanto esso deve poter offrire una molteplicità di stimoli e percorsi didattico-educativi generale e
personalizzati.
La stessa struttura dei materiali e delle attività didattiche innescano un processo
conoscitivo rilevante in quanto l’esperienza d’apprendimento si trasforma in un processo di
riadattamento flessibile della conoscenza preesistente rispetto alle necessità che emergono dalla
nuova situazione formativa.
A tal proposito lo studio dei casi, il problem-solving e le simulazioni vengono considerate
delle strategie didattiche in quanto riescono a far interiorizzare un nuovo sapere attraverso attività
pratiche. I fattori significativi che emergono da una situazione “problematica” determinano lo
sviluppo di processi mentali legati ad attività d’indagine che diventa funzionale alla elaborazione e
generazione di decisioni adeguate.
Se, come abbiamo già evidenziato, il costruttivismo si distanzia da un modello di
istruzione rigidamente organizzato e preordinato come una sequenza lineare di trasmissione
dell’informazione, diviene basilare il contesto formativo e gli strumenti offerti.
Il problem-solving e le simulazioni sono alcune delle ottime strategie didattiche non
essendo finalizzate alla memorizzazione di decine di definizioni riescono a far interiorizzare un
concetto semplicemente attraverso un’attività pratica.
Alla luce di queste considerazioni bisogna evidenziare che molto spesso i materiali e gli
ambienti di apprendimento sono privi di rilevanza contestuale e i discenti sono talvolta costretti ad
acquisire nozioni e regole che non hanno significato per le forme attraverso le quali sono veicolate;
al contrario, ciò che può stimolare e rendere utile l’apprendimento è l’immersione in un ambiente
che richieda loro di risolvere problemi o di gestire situazioni significative e interessanti.
Una attenta progettazione dell’ambiente didattico è fondamentale per assicurare che i
discenti intraprendano una interazione significativa per l’apprendimento; questa è una componente
chiave che interferisce sulla qualità, sulla natura e sulla gamma delle interazioni. Ovviamente, a
maggior ragione, quando ci troviamo in un contesto di ambiente online diventa necessario una
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adeguata progettazione dello Shared Information Space (SIS), ovvero un ambiente in cui si
sviluppano processi di apprendimento che superano i limiti temporali e spaziali di un ambiente
normalmente deputato ad attività didattiche.
Le modalità di comunicazione in un ambiente costruttivista devono permettere di
accedere ad innumerevoli risorse; i contenuti vengono strutturati e veicolati attraverso forme di
comunicazione interpersonali funzionali all’attivazione di un pensiero critico, riflessivo e
condiviso. I newsgroup o di forum di discussione rappresentano dei luoghi di incontro-confronto o
anche una sorta di tavola rotonda in cui si sviluppano dibattiti, colloqui, disamine; essi sono un
esempio di come si può confrontare il proprio punto di vista con quello degli altri. Le cooperative
learning e le communities of learning si realizzano in tutta la loro efficacia e possibilità
comunicative inedite determinate dalle tecnologie. Possiamo dire che è proprio per tali potenzialità
che il successo che sta riscuotendo il costruttivismo si lega all’indiscutibile forza attrattiva che
unisce tale paradigma pedagogico all’emergere delle nuove e promettenti forme dialogiche di
costruzione della conoscenza offerte dalle tecnologie di rete. «Naturalmente, oltre ad avere
conoscenze sulla pesca, è necessario anche disporre di buone lenze, ed è per questo che abbiamo
bisogno di computer e di sapere dove si trovano le acque più ricche» 10 .
Le comunità di apprendimento, l’apprendistato cognitivo, l’ambiente per l’apprendimento
generativo e l’ambiente di apprendimento intenzionale sostenuto dal computer (C.S.I.L.E Computer
Supported Intentional Learning Environment) rappresentano le più importanti tipologie di modelli
didattici costruttivisti.
Le comunità di apprendimento (community of learners 11 ) sono particolari ambienti di
ricerca cooperativa che per certi versi simulano le attività delle scientist communities, in cui la
riflessione problematica sulla conoscenza e la reciproca condivisione delle risorse intellettuali
diventa il principio ispiratore di ogni attività.
L’ambiente è considerato come una “intersecazione virtuale” di zone di sviluppo
prossimali all’interno delle quali si dispongono diverse impalcature (scaffolding) che sostengono,
stimolano e orientano il soggetto, garantendogli un ampio spazio di responsabilizzazione; infatti, il
discente ha la possibilità di scegliere tra diversi percorsi in un clima di condivisione e scambio
reciproco.
10
Papert S., I bambini e il computer. Nuove idee per i nuovi strumenti dell'educazione, op. cit., p. 45.
L’espressione “community of learners” si riferisce ad un progetto educativo di matrice antropologica, sotto la
direzione di Ann Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di Berkeley (California).
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Il modello dell’apprendistato cognitivo 12 , la cui origine risale a Allan Collins, John Seely
Brown e Susan Newman (1995), scaturisce dalla constatazione che la scuola non premette agli
studenti di acquisire la padronanza degli “utensili cognitivi”. A tal proposito gli studiosi
propongono di realizzare un’integrazione tra le caratteristiche della scuola formale e
dell’apprendistato, che ha rappresentato un aspetto dominante in tutte le società prima dell’avvento
della scolarizzazione.
Secondo l’orientamento tradizionale l’apprendistato, per promuovere nel soggetto lo
sviluppo di una competenza esperta, si serve di quattro importanti strategie:
Y
modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro che presenta le varie fasi del
lavoro in relazione alle difficoltà crescenti);
Y
coaching (il maestro assiste continuamente l’allievo ogni qual volta è necessario;
sposta l’attenzione su un aspetto del lavoro che merita maggiore attenzione
garantendo un continuo feedback, finalizzato all’agevolazione del lavoro);
Y
scaffolding (è un aspetto particolare del coaching; è la fase in cui il maestro fornisce
un supporto all’apprendista, senza il quale si potrebbero verificare dei disagi che
minaccerebbero il raggiungimento dell’obiettivo);
Y
fading (il maestro riduce gradualmente le azioni di scaffolding e conseguentemente
elimina il supporto, in modo da aumentare il grado di responsabilità nel soggetto).
L’apprendistato cognitivo si differenzia dall’apprendistato tradizionale per il maggiore
interesse ai processi metacognitivi e di controllo, ed alla diversità dei contesti di applicazione. Per
tal ragione vengono introdotte altre strategie, quali:
Y
articolazione (si incoraggiano gli studenti a verbalizzare la loro esperienza);
Y
riflessione (si spinge a confrontare i propri problemi con quelli di un esperto);
Y
esplorazione (si stimola a porre e risolvere problemi attraverso nuove modalità).
Dunque, anche tale approccio unitamente ai principi a cui si ispira, è alla base della
progettazione complessiva dei learning environments.
Nell’ambito dello stesso orientamento teorico dell’apprendistato cognitivo può essere
collocata la sperimentazione promossa dal Cognition & Technology Group sugli ambienti di
apprendimento generativo.
12
AA. VV., L’apprendistato cognitivo. Per insegnare a leggere, scrivere e far di conto, in Pontecorvo C., Ajello A. M.,
Zucchermaglio C. (a cura di), I contesti sociali dell’apprendimento. Acquisire conoscenze a scuola, nel lavoro, nella vita
quotidiana, Ambrosiana-LED, Milano 1995, pp. 181-231.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Pedagogia Generale
Lezione V
La differenza tra l’apprendimento adattivo (single-loop learning) e l’apprendimento
generativo (double-loop learning) si fonda sulla capacità del primo tipo di apprendimento di trovare
soluzioni ai problemi sulla base delle esperienze pregresse mentre il double-loop learning si fonda
su una continua discussione di ciò che si conosce in un atteggiamento sperimentale senza fine.
Il passaggio ad un apprendimento di tipo generativo risale a John Dewey, che con il suo
libro Generative Knowledge del 1916 spostò l’attenzione all’importanza che risiede nelle dinamiche
dell’apprendimento; ponendo l’attenzione sullo sviluppo di metodologie appropriate di integrazione
delle conoscenze; e osservando, comunque, che la natura di ogni strategia adottata in un modello di
“generative learning”, si basa sull’interazione dinamica del rapporto esistente tra Cervello/Mente.
«L’essenza del modello del generative learning consiste nel non considerare la mente, oppure il
cervello come un “consumatore” che passivamente riceve delle informazioni invece come
costruttore attivo che giunge alle deduzioni attraverso delle interpretazioni delle informazioni» 13 .
Le attività generative di conoscenza si contraddistinguono da una istruzione
tradizionalmente intesa come trasferimento lineare di conoscenze pre-codificate. L’apprendimento
generativo si lega indissolubilmente con la teoria vygotskijana della Co-Construction in cui si
evidenzia come la “creatività” di un sistema di apprendimento sia essenzialmente una diretta
conseguenza della crescita della coscienza sociale, e sfociando in un processo di cambiamento
cognitivo, che può avvenire nella zone of proximal development, in cui la trasformazione e la
costruzione e ristrutturazione di nuove conoscenze diviene socialmente necessaria.
Da ciò si deduce che la conoscenza acquisita nei curricoli scolastici e quindi separata dal
contesto rimane una conoscenza “inattiva” e “intangibile” che viene vissuta dagli alunni come
qualcosa di inattuabile praticamente in altri contesti.
Ne scaturisce, dunque, un orientamento che deve valorizzare un tipo di istruzione situata,
vale a dire, una condizione in cui i problemi debbano essere innanzitutto presentati tramite
situazioni significative e autentiche. Gli studenti, pertanto, devono vivere concretamente la
situazione; in genere, attraverso la discussione di gruppo, essi presentano le varie modalità di
soluzione personale, avendo successivamente la possibilità di esaminare le modalità proposte dagli
esperti o le soluzioni in differenti contesti; ed è per questa ragione che questi tipi di environments
vengono definiti generative learning.
13
Wittrock M. C., Generative learning processes of the brain Educational Psychologist, Educational Psychologist
(1992), 27(4), 531-541, p. 535.
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Lezione V
Questo tipo di modalità e di processo cognitivo che conduce all’acquisizione della
conoscenza trova un suo fondamento in un progetto di una certa rilevanza, il C.S.I.L.E. 14 acronimo
di Computer Supported Intentional Learning Environments di Bereiter e Scardamalia. Come
sostengono gli autori «le scuole hanno bisogno di essere ristrutturate come comunità in cui la
costruzione delle conoscenze è sostenuta come obiettivo collettivo ed il ruolo della tecnologia
dell’educazione dovrebbe rimpiazzare i modelli discorsivi della classe con quelli che hanno più
immediata e naturale estensione alle comunità di costruzione di conoscenza al di fuori della
scuola» 15 . Queste knowledge building communities in cui si promuove la costruzione delle
conoscenze hanno l’obiettivo di modificare fondamentalmente il modo di cooperare; esse si basano
su di un “modello distribuito” della conoscenza ovvero ogni nuovo sapere dovrebbe essere
dislocato in maniera differenziata tra studenti.
Tale apprendimento viene definito “intenzionale” in quanto si intende evidenziare
l’importanza della dimensione metacognitiva; i discenti, infatti, non sono solo stimolati ad
approfondire con appunti o note ma anche sono spinti a motivare e a fornire una giustificazione per
ogni scelta e decisione.
All’interno di questo scenario pedagogico in cui la componente legata ai processi
conoscitivi assume un ruolo determinante, non possiamo non menzionare, una teoria dell’istruzione
di grande rilevanza quale la Cognitive Flexibility Theory che si basa sull’utilizzo degli ipertesti, e da
cui dipende la tecnologia Cognitive Flexibility Hypertexts (CFHs) ideata da Spiro, un orientamento
costruttivistico secondo cui il fallimento delle teorie dell’istruzione tradizionali deriva da
rappresentazioni eccessivamente semplificate della realtà ma anche da una visione troppo statica e
rigida dell’attività cognitiva. Partendo da tali presupposti la Cognitive Flexibility Theory pone in
risalto la complessità del mondo reale e quindi è orientata al favorire l’apprendimento tramite una
14
Il progetto C.S.I.L.E. è stato sviluppato da Marlene Scardamalia e Carl Bereiter presso il Centre for Applied
Cognitive Science all’Università di Toronto (Ontario Institute for Studies in Education 1993-1994).
Questo progetto ha previsto due ambienti di lavoro: una banca dati e un programma di posta elettronica. Tutti i materiali
di vari tipo, testuali e disegni, prodotti dagli allievi vengono raccolti e categorizzati all’interno di un data base, mentre i
vari commenti e note vengono registrati in un’apposita categoria.
La banca dati viene progressivamente aggiornata nel corso dell’anno scolastico con i materiali e le varie attività svolte
in classe. Tutti gli allievi possono leggere e commentare il lavoro e le note dei propri colleghi confrontandolo con il
proprio lavoro e hanno la possibilità di intrecciare discussioni e conversazioni tramite uno scambio di e-mail. Il
C.S.I.L.E. è stato ideato e realizzato in modo tale da favorire un “apprendimento intenzionale”; in questo ambiente
vengono fornite specifiche istruzioni che supportano e incoraggiano continuamente la discussione e l’argomentazione,
soprattutto in situazioni in cui è importante avvalorare il proprio punto di vista o anche giustificare le proprie idee,
generando, in tal modo, una continua riflessione sul proprio lavoro.
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Lezione V
varietà di modi differenti e per una diversità di scopi e di rappresentazioni multiple della
conoscenza. Ciò si riferisce al criss-crossed landscape di Wittgenstein, ovvero, quella conoscenza
che nasce da un attraversamento non lineare e multiprospettico di un territorio, per cui è necessario
raggiungere più volte lo stesso luogo, ma seguendo direzioni diverse. È fondamentale, infatti, per
una reale padronanza rivisitare lo stesso materiale in tempi diversi e in contesti modificati.
Wittgenstein organizza l’opera Ricerche filosofiche in modo tale che forma e contenuto si
rimandino continuamente; propone “esempi e non definizioni” ritornando sugli stessi concetti. Il
filosofo ritiene che la ricerca «ci costringe a percorrere una vasta regione di pensiero in lungo ed in
largo ed in tutte le direzioni» 16 .
Spiro definisce la flessibilità cognitiva come «l’abilità di ristrutturare spontaneamente le
proprie conoscenze in molti modi, in risposta adattiva al cambiamento radicale delle risposte
situazionali» 17 . Nell’analisi della Cognitive flexibility evidenziata dalla Varisco emerge che «Tale
flessibilità presuppone una rappresentazione della conoscenza mediante multiple dimensioni,
perseguibile attraverso multiple spiegazioni, multiple analogie, multiple dimensioni di analisi. Essa
ancora presuppone processi di assemblaggio degli schemi cognitivi invece che l’inerte recupero
della loro integrità.
Il dominio di conoscenza deve allora essere necessariamente decostruito per poter poi
essere variamente ricostruito: ciò porta alla necessità della frammentazione del dominio in unità di
conoscenza mobili e ricomponibili»18 .
Il modello teorico che è posto alla base di tale orientamento si contrappone a questi
modelli cognitivisti che intendono la conoscenza come una sorta di ritrovamento nella memoria di
pre-conoscenze e la loro implementazione su nuovi dati. Questo modello della Cognitive Flexibility,
invece, pone in risalto l’attività conoscitiva come riadattamento flessibile della preesistente
conoscenza in relazione ai bisogni che possono emergere dalla nuova situazione.
15
Scardamalia M., Bereiter C., Computer Support for Knowledge-Building Communities, in “The Journal of Learning
Sciences”, Special issue: Computer Support for Collaborative learning, III, 3, L.E.A., Erlbaum, Hillsdale, N.J. 1994,
pp. 265-283.
16
Wittgenstein L., Ricerche Filosofiche, Il Mulino, Bologna 1983, pag. 3
17
Spiro R.J., Feltovich P.J., Jacobson M.J., & Coulson R.L., Cognitive flexibility theory, constructivism, and hypertext:
Random access instruction for advanced knowledge acquisition in ill-structured domains, in “Educational Technology”,
1991, pp. 24-33.
18
Varisco B. M., Le teorie e le pratiche didattiche, in Galliani L. (a cura di) “Ambienti di apprendimento multimediali”,
Pensa Multimedia, Lecce 1999, p. 130.
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Lezione V
Il computer, e nello specifico gli ipertesti, si presentano come degli strumenti
particolarmente adatti per favorire lo sviluppo della flessibilità cognitiva, grazie alla loro dinamicità
di funzionamento che consente di pervenire ad una specifica informazione da differenti direzioni.
Riassumendo i modelli didattici di impronta costruttivista, si può evidenziare che essi:
a) pongono in risalto l’“ambiente di apprendimento” rispetto all’istruzione intesa come
sequenza di nozioni preordinabile. Non aboliscono, dunque, la programmazione
curricolare, ma orientano l’attenzione sul “contorno”, cioè sulla molteplicità dei supporti e
dispositivi collaterali, da utilizzare durante la fase di apprendimento;
b) considerano l’ambiente di apprendimento come un luogo virtuale in cui si costruiscono
molteplici impalcature modificabili e che si possono regolare tramite adeguati interventi;
c) percepiscono il processo didattico come non lineare ma ricorsivo e generativo;
d) pongono molta attenzione sul discente, sulla propria autodeterminazione del percorso e
degli obiettivi;
e) attribuiscono molta importanza alla pluralità delle “strade” percorribili ed alla
molteplicità prospettica con cui si può raggiungere la conoscenza;
f) si avvalgono sensibilmente di tecnologie, in particolare intese come amplificatori della
comunicazione e della cooperazione interpersonale.
Resta accesso il dibattito sulla sua natura teorico-pratica della didattica. Essa appare come
luogo di convergenza tra modelli teorici ed istanze che emergono dal mondo delle pratiche e delle
tecnologie. La riflessione sulla progettazione didattica oscilla tra un orientamento più centrato
sull’alunno che apprende e un orientamento basato sul sistema di istruzione. Ad ogni buon conto
c’è da sottolineare che da un lato l’approccio comportamentista e cognitivista ha avuto il merito di
porre in evidenza la possibilità di una strutturazione ordinata, razionale del percorso di
apprendimento, con un consapevole perseguimento di obiettivi stabiliti operazionalmente. La sua
debolezza consiste nella difficoltà di frammentazione di apprendimenti complessi, nel riduttivismo
a cui può condurre e nel rischio continuo della perdita di significatività per il discente.
Il costruttivismo orienta l’attenzione al contesto di apprendimento ponendo in primo piano
il soggetto che apprende, l’imprevedibilità dell’atto acquisitivo, l’esigenza di fornire al soggetto una
molteplicità variegata di sostegni e impalcature, l’importanza della negoziazione interpersonale e
della cooperazione. Il rischio maggiore di tale orientamento consiste nella dispersività e nella
eccessiva diversificazione dei risultati tra gli attori del processo apprenditivo.
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Una forte impalcatura metacognitiva può, in tal caso, davvero trasformare i discenti in
“apprendisti scienziati” e, in generale, le forme di collaborative learning, supportate eventualmente
dalle nuove tecnologie, possono aprire nuove frontiere all’attività conoscitiva, valorizzando i
differenti apporti individuali.
La “costruzione sociale della conoscenza” rappresenta l’elemento fondamentale del
costruttivismo. Il costruttivismo dà vita a nuovi dialoghi tra modelli della conoscenza, modelli
didattici e nuove tecnologie ed è da ciò che deriva la sua indiscutibile forza di attrazione.
In conclusione si può affermare che è proprio per queste potenzialità che il successo che
sta ottenendo il costruttivismo è riconducibile all’indiscutibile forza attrattiva che unisce questo
nuovo paradigma pedagogico all’emergere delle nuove e promettenti forme dialogiche di
costruzione della conoscenza proposte, sempre più, dalle tecnologie di rete.
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3. Papert e il costruzionismo
Nella visione costruttivista il processo di apprendimento non è visto come un travaso di
conoscenze dal docente all’allievo ma come un impegno attivo da parte dei discenti a costruire la
propria conoscenza. Colui che negli ultimi anni ha dato una forte impronta a questa concezione,
definendola costruzionista è stato Seymour Papert, matematico, pedagogista e padre del Logo, oltre
che uno dei pionieri dell’intelligenza artificiale.
La sua teoria apre la strada ad una utilizzazione attiva degli strumenti tecnologici della
comunicazione e dell’informazione.
Secondo questo autore, l’apprendimento non è altro che un processo di costruzione di
rappresentazioni più o meno corrette del mondo con cui si viene ad interagire.
Egli introduce il concetto di artefatti cognitivi, intendendo con essi l’insieme di oggetti e
dispositivi che facilitano lo sviluppo di specifici apprendimenti.
L’essere umano necessita di materiali concreti che gli permettano di acquisire una conoscenza
quanto più rispondente possibile alla realtà; tali materiale devono essere appropriati al compito che
si deve eseguire, dando modo di presentare il prodotto finito per poterlo esaminare, discutere,
osservare, ammirare.
«Uno dei miei punti fermi centrali matetici è che la costruzione che ha luogo ‘nella testa’
spesso si verifica in modo particolarmente felice quando è supportata dalla costruzione di qualcosa
di molto più concreto: un castello di sabbia, una torta, una casa di Lego o una società, un
programma di computer, una poesia, o una teoria dell'universo. Parte di ciò che intendo dire col
termine 'concreto' è che il prodotto può essere mostrato, discusso, esaminato, sondato e ammirato.
Perché è lì e esiste» 19 .
L’informatica cognitiva di Papert ha dato una svolta alle applicazioni del computer nella
didattica. Lo slogan “è il bambino che programma il computer e non il computer che programma il
bambino” ha generato quell’inversione epistemologica che, offrendo all’utente la gestione del
sistema, è riuscito a contrapporre una didattica fondata sul concetto di “imparare per usare” ad una
didattica fondata sul concetto di “usare per imparare”. Da parte sua, quindi, si evidenzia una
19
Papert S., I bambini e il computer. Nuove idee per i nuovi strumenti dell’educazione, Rizzoli, Milano 1994, p. 14.
Papert introduce il termine matetica per indicare il campo di studi che ha per oggetto i metodi per costruire in modo
efficace il sapere, termine che ha le stesse origini greche di matematica, da “imparare”.
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distanza da Piaget nella rivalutazione di quello che chiama il “pensiero concreto”, “cioè una
rivalutazione degli aspetti non astratti del pensiero”, che spesso vengono non considerati in favore
della presunta superiorità del pensiero astratto e formale.
L’attenzione, dunque, si sposta dagli stadi generali dello sviluppo cognitivo agli stili di
apprendimento e allo studio dei contesti che rendono possibile lo sviluppo stesso, considerato ora
come un avanzamento verso forme di pensiero ipotetico-deduttivo.
In un ambiente strutturato su queste nuove concezioni relative all’apprendimento, il docente
modifica il suo ruolo, diventando una sorta di animatore di comunità, promuovendo attività in cui
sono i bambini a progettare, imparando così ad esporre e a discutere teorie sul mondo con cui
entrano in interazione. È tramite queste discussioni che i bambini hanno la possibilità di imparare
l’uno dall’altro, condividendo idee, opinioni, conoscenze, informazioni, ecc.
In questo tipo di apprendimento notevole importanza, secondo Papert, è assegnata alla
gestione dell’errore: unico modo possibile per imparare in modo significativo, per il discente, è
prendere coscienza dei propri errori.
Papert, quindi, definisce il “costruzionismo” attraverso una serie di principi, vediamo quali:
™ il primo principio è quello che questi ambienti di apprendimento debbano favorire lo
sviluppo di abilità cognitive e metacognitive del sapere;
™ il secondo principio è la cosiddetta “inversione epistemologica” che costituisce il processo
sequenziale di “imparare per usare” con quello di “usare per imparare” dando maggiore
spazio ai momenti di apprendimento piuttosto a quelli di insegnamento anche in questo
caso favorendo i processi di metacognizione e autocontrollo dell’apprendimento;
™ il terzo principio è relativo alla cosiddetta apologia dell’errore che Papert evidenzia nella
sua “matetica” 20 ovvero la sua teoria dell’apprendimento, che anche dagli errori si
apprende o meglio riflettendo sui propri errori si impara. Questo sua posizione è
all’antitesi come per molte altre cose dal rinforzo negativo di Skinner per il quale l’errore
è visto come un motivo di disturbo per l’apprendimento.
Il costruzionismo si configura anche con la connotazione di “set da costruzioni”, che rimanda
al set del Lego, così come il bambino costruisce una casetta con i mattoncini del Lego così
20
Papert afferma che mentre esisteva una parola che definiva l’“arte di insegnare” ovvero la didattica; allo stesso tempo
non esisteva un termine per esprimere l’“arte di apprendere”. Papert, quindi, propone il termine “Matetica” facendolo
derivare da una famiglia di parole greche inerenti all’apprendimento (mathematikos: predisposto ad imparare, mathema:
lezione e manthano: imparare).
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attraverso il Logo, che si avvale di un semplice linguaggio di programmazione, il bambino può
costruire delle figure geometriche e simulare procedimenti matematici.
«I bambini adorano costruire oggetti, così mi dissi, scegliamo un set di costruzioni e
aggiungiamogli tutto quello che serve per creare dei modelli cibernetici. I bambini dovranno essere
in grado di costruire una tartaruga dotata di motori e sensori e avere il modo di scrivere programmi
Logo per guidarla; ma se desiderano fabbricare un drago o un camion o un letto ribaltabile, devono
avere anche quella possibilità. L’unico limite deve essere quello della loro immaginazione e delle
loro capacità tecniche. Nel caso dei primi esperimenti condotti sulla scorta di questo indirizzo, i
motori e i sensori dovettero essere collegati a un computer tramite un'interfaccia. In tempi più
recenti siamo riusciti a costruire computer abbastanza piccoli da poter essere inseriti nei modelli
stessi. La differenza è sostanziale; ora l’intelligenza si trova in realtà all'interno del modello non in
un computer fuori scala. Inoltre i modelli possono essere autonomi. Possono muoversi a piacimento
senza un cordone ombelicale. Tutto insomma appare più reale» 21 .
Il Logo fu sviluppato da Papert insieme a Marvin Minsky per il MIT (Massachusetts Institute
of Technology). Papert propone un ambiente di sperimentazione geometrica che coinvolge l’allievo,
lo rende diretto costruttore del proprio apprendimento, ovvero gli permette di apprendere operando
“Learning by doing”.
Il Logo è un ambiente di apprendimento che permette all’allievo di
programmare una piccola tartaruga che si muove sullo schermo del
computer in risposta a dei comandi. I comandi fondamentali per
muovere la tartaruga sono Avanti-Destra-Sinistra, dal movimento della
tartaruga si ottengono delle figure geometriche.
Il Logo è in grado di offrire all’utente, opportunamente guidato nella fase iniziale, un
ambiente di apprendimento interattivo che fa emergere e sviluppare un personale e stimolante
“atteggiamento di scoperta”. È, infatti, l’apprendimento “per scoperta”, quello che porta ad
impossessarsi di un sapere finalmente vissuto come cosa propria e non come un “portato” di
sconosciute e spesso incomprensibili esigenze altrui.
L’obiettivo principale del Logo, come già affermato, non è quello di “insegnare a
programmare” ma di “insegnare ad imparare”.
21
Papert S., I bambini e il computer. Nuove idee per i nuovi strumenti dell’educazione, op. cit., pag 25.
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Lezione V
4. I Micromondi di Papert
Il termine Micromondi, oggi molto diffuso soprattutto nell’ambito delle tecnologie
dell’istruzione e dell’apprendimento, ha subìto molto spesso delle errate interpretazioni. Esso
indica la versione ipermediale di Logo, integrando la grafica
classica della tartaruga in un ambiente che offre maggiori
possibilità con nuovi comandi e diverse funzionalità, tra cui il
disegno, le animazioni, i progetti multimediali. Micromondi è
utilizzato in molte scuole del mondo con l’intento di avviare
gli alunni alla tecnica e alla logica della programmazione in
Figura: Logo di Micromondi
modo creativo e facile. Esso è un linguaggio e, come tutti i
linguaggi naturali, ha sue regole e un suo vocabolario, necessari per costruire comandi: è
possibile inserire una varietà di “oggetti” multimediali, tra cui immagini, suoni, illustrazioni
bitmap, file midi; file video, pulsanti, ecc., il cui comportamento è programmabile in LOGO.
Obiettivo di questo software è quello di consentire agli alunni di costruire modelli e acquisire
concetti scientifici, matematici e tecnologici, tramite l’esplorazione, nell’ottica dell’imparare
facendo, manipolando, intervenendo sui concetti stessi, vestendo i panni degli scienziati e degli
inventori.
È lo stesso Papert ad introdurre il termine Microworlds associandolo alle attività
didattiche, perché consapevole del fatto che, se con il Logo la tartaruga poteva semplicemente
permettersi di tracciare dei segni colorati, l’impiego della multimedialità si offre, invece,
un’ampia gamma di oggetti programmabili (suoni, immagini, colori, pulsanti, slide, ecc.), dando
la possibilità al bambino di creare, governare, interagire con “nuovi mondi”, molto più
complessi.
Quindi, l’aspetto innovativo è senz’altro il multitasking, o lavoro in parallelo: molti
processi possono ora essere lanciati contemporaneamente – un uccello può volare in cielo e
cinguettare, mentre un bambino corre con l’aquilone. Cosa possibile anche in un ambiente Logo
tradizionale, ma sicuramente più naturale e semplice all’interno di Micromondi.
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Senza spiegazioni complesse sul suo utilizzo, chiunque può costruire Micromondi,
acquisendo in tal modo le basi di una programmazione ad oggetti 22 , avendo così modo di
comprendere come un oggetto possegga proprietà sue proprie.
Questo ambiente può essere facilmente utilizzato da bambini di scuola elementare e
media, ma anche da bambini più piccoli, con la presenza e l’assistenza di un adulto; essi
dispongono di una “scrivania multimediale” programmabile, con cui realizzare, giochi
interattivi, simulazioni, ipertesti, ecc., in totale autonomia.
Figura: Barra degli strumenti di disegno
Il programma permette, quindi, di generare micromondi in un unico file, chiamato
“project”, con estensione .mw2, che arricchisce la versione Logo con un’ampia serie di comandi
e di tools che rendono possibile la creazione e l’inserimento di elementi multimediali da parte
dei bambini.
Figura: Barra per l’inserimento di oggetti multimediali
È nel 1998 che l’Istituto di Tecnologie Didattiche di Genova comincia ad interessarsi
alla realizzazione della versione italiana di Micromondi, che non si risolve in una semplice
traduzione in italiano, ma in una vera e propria riscrittura del set di comandi dall’inglese
all’italiano: operazione in cui l’aspetto linguistico ha un ruolo determinante, in quanto si vuole
che i nomi dei comandi e le loro abbreviazioni restino efficaci, continuando a rispettare la
sintassi del linguaggio Logo.
Per il pieno e proficuo utilizzo di questo software didattico occorre abbandonare il
tradizionale modello di insegnamento dove è il docente che detiene e trasmette la conoscenza, in
22
La programmazione ad oggetti permette di costruire un programma spezzandolo in una serie di oggetti, ognuno dei
quali presenta una propria struttura di dati e una libreria di funzioni, di procedure che vanno ad operare sui dati stessi,
creando così un oggetto. Dati e funzioni sono, per così dire, impacchettati insieme in un oggetto, di modo che
qualunque parte di un programma che utilizza un dato oggetto ha accesso sia agli attributi dei suoi dati, che a tutte le
operazioni disponibili.
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quanto qui l’alunno non riveste più un ruolo passivo, ma è elemento attivo che impara con il
docente, interagendo con lui al fine di trovare le migliori strategie per la risoluzione dei
problemi: impara a “saper fare”, provando e riprovando fino a giungere alla giusta soluzione.
La struttura stessa del software, aperta e con possibilità di far procedere per tentativi ed
errori, permette ai bambini di comprendere come funziona il computer e come utilizzare il
linguaggio Logo.
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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Pedagogia Generale
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