In collaborazione con la Camerata Strumentale Alfredo Casella

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In collaborazione con la Camerata Strumentale Alfredo Casella
In collaborazione con
la Camerata Strumentale
Alfredo Casella
15a
¡D IZ IO N E
1
Intrapreso a quattro anni lo studio del pianoforte, Paola Bruni
ha in seguito frequentato il Conservatorio “Gioachino Rossini”
di Pesaro, dove si è diplomata con il massimo dei voti, lode e
menzione speciale sotto la guida di Franco Scala. Successiva­
mente perfezionatasi con Bruno Canino, Jorge Demus, Nikita
Magaloff, Aldo Ciccolini, Lazar Berman e Vladimir Ashkenazy, nel 1986 ha conseguito il Primo Premio assoluto al
Concorso Intemazionale “Alessandro Casagrande” di Temi
dedicato a Schumann. Da allora impegnata in un ’intensa attività
concertistica, è stata ospite delle principali istituzioni musicali
italiane e straniere, esibendosi tra l’altro al Festival di Salisbur­
go, ad Amsterdam, Bruxelles, Cannes e Londra. In veste di
solista ha collaborato con importanti complessi orchestrali sotto
la guida di direttori quali, Emil Tchakarov, Donato Renzetti e
Reinhard Schwarz, prendendo inoltre parte a registrazioni ra­
dio-televisive sia per la RAI che per emittenti estere.
Gioachino Rossini
(1792-1868)
da “Album de château” vol. VIII
n. 7 Valse anti-dansante
n. 2 Prélude pétulant rococo
n. 3 Un Regret, Un Espoir
n. 9 Tarantelle pur Sang
(avec Traversée de la Procession)
da “Album pour les enfants
dégourdis” vol. VI
n. 9 Un petit train
de plaisir. Comico-imitatif
n. 7 Une caresse à ma femme
Erik Satie
(1866-1925)
“Nouvelles pièces froides”
1. Sur un mur
2. Sur un arbre
3. Sur un pont
“Heures séculaires et instantanées”
1. Obstacles venimeux
2. Crépuscule matinal (de midi)
3. Affolements granitiques
Sonatine bureaucratique
Allegro
Andante
Vivace
“Embryons desséchés”
1. d ’ Holothurie
2. d ’Edriophthalma
3. de Podophthalma
“Les trois Valses distinguées
du précieux dégoûté”
1. Sa taille
2. Son binocle
3. Ses jambes
“Avant-dernières pensées”
1. Idylle, à Debussy
2. Aubade, à Paul Dukas
3. Méditation, à Albert Roussel
“Croquis et agaceries
d’un gros bonhomme en bois”
1. Tyrolienne turque
2. Danse maigre (à la manière
de ces messieurs)
3. Espanana (sorte de valse)
Il pianoforte come confidente di segreti e struggimenti, latore di
messaggi poetici, palestra di svettanti performance virtuosisti­
che: ecco come l’Ottocento, attraverso le sue molteplici e talora
contraddittorie manifestazioni, recepì le potenzialità dello stru­
mento a tastiera elevandolo al rango di principe assoluto. Se per
i romantici rappresentò il banco di prova sul quale misurare la
propria sensibilità e manifestare umori ed amori, sospiri e
virtuosismi, vi fu anche chi ne fece veicolo di lazzi e stravagan­
ze. AH’ombra degli indiscussi capolavori del repertorio roman­
tico si annida un fitto pulviscolo di pezzi più o meno brevi,
talora creati in punta di penna proprio da coloro che non posero
il pianoforte al centro del proprio iter creativo. Non stupirà,
quindi, scoprire che uno dei più vivaci pianisti informali fu il
grande festeggiato del ’92, Gioachino Rossini, impegnato in
un’operazione consimile a quella che Erik Satie realizzerà più
di trent’anni dopo, sotto il segno dell’antiretorica e dell’antiromanticismo. Proprio nell’uso del pianoforte, Rossini e Satie
trovano il punto di coincidenza intellettuale e, manco a dirlo, il
punto di fuga delle rispettive parabole creative. Se, come
sostenne Massimo Mila, la semplicità “è consentita a chi abbia
conosciuto più complicate esperienze, a chi ci pervenga dal
polo opposto, dopo aver navigato attraverso mari più difficili e
tempestosi” nulla appare più vero ascoltando i brani pianistici
di Rossini e di Satie. Le stesse date di composizione possono
dirci qualcosa in merito: i pezzi di Rossini risalgono all’ultimo
decennio 1857-1868 trascorso tra Parigi e Passy e appartengono
a due raccolte “Album de Château e Album pour les enfants
dégourdis”, incluse nella ricca produzione comprendente anche
lavori per voce e piccoli “ensembles” che lo stesso Rossini
battezzò Péchés de vieillesse.
I lavori di Satie oscillano tra il 1910 e il 1915, a cavallo tra il
secondo periodo, quello “popolare e satirico” e il terzo “umori­
stico e dada”. Per entrambi una bella fetta di carriera si era già
conclusa. Rossini animava il salotto più raffinato di Parigi e di
lì a poco avrebbe iniziato la stesura del suo estremo capolavoro,
la Petite Messe Solennelle (le dernière Péché mortai de ma
vieillesse). Satie aveva appena concluso la sua esperienza
pubblica che lo vide impegnato in azioni sociali ed assistenziali
dopo il periodo “mistico e simbolista”, con alterne adesioni al
gruppo dei Rosacroce. Il pianoforte fu dunque la valvola nasco­
sta per allentare la tensione di quello spirito razionalista che
animava entrambi e prendere posizioni eccentriche in un clima
storico di analogo trapasso. Le esperienze precedenti si pongo­
no come giganti ingombranti ormai consegnati alla storia. Se,
Rossini soprattutto, comprese di aver esaurito la propria vena in
campo operistico e lo dichiarò con ironica sincerità (“Scrivevo
opere quando le melodie venivano a cercarmi e a sedurmi; ma
quando capii che toccava a me andare a cercarle, nella mia
qualità di “scansafatiche” rinunciai al viaggio e non volli più
scrivere”), alla musica non poteva rinunciare, soprattutto a
quella prodotta in assoluta libertà, senza la vessazione di editori,
impresari e cantanti. Ecco allora la riboccante produzione
volutamente disimpegnata, sottilmente umoristica e diretta alla
canzonatura del sentimentalismo borghese, che si esaurisce
nella caustica bizzarria dei titoli a sostegno del gusto per la
boutade, il guizzo motteggiatore o il ghigno pungente. Rossini
è ormai fuori dalla mischia, spettatore della propria gloria
osserva con parnassiana ironia gli eventi musicali europei, Satie
si trincera dietro la nuova bohème, piu fosca di quella romantica
perché di mezzo sono passati Baudelaire e i poeti maledetti. Il
“Socrate del boulevard”, come è stato definito, rivela però una
sorta di aristocratico distacco, simile a quella eccezionale luci­
dità con cui Rossini avvertì di aver esaurito il proprio compito
nei confronti del futuro. Se nei pezzi pianistici Rossini si
divertiva con l ’umorismo dei saggi, Satie spianavala strada alle
future soluzioni neoclassiche. Il “Cigno di Pesaro” scriveva per
i propri amici quelle pagine per “pianisti di quarta classe”
(anche se nessun pianista di quarta classe le potrebbe sostenere),
tra i quali annoverava se stesso; Satie fece del grottesco,
secondo la lezione di Adorno, la forma sotto la quale elementi
troppo avanzati vengono resi accettabili da chi rifuggirebbe un
“modernismo” scoperto. Ma se per Satie, l’atteggiamento "pa­
rodistico” va assunto come indice di una situazione culturale
presa nel suo insieme, - spiega Roman Vlad - in Rossini si tratta
più che altro di fenomeni che riguardano la sua storia particola­
re. Cosi, distribuiti nei vari Album, Rossini registra i suoi
commenti ad un mondo che aveva tenuto attentamente sotto
osservazione nel periodo del gran silenzio. Seguendo uno sche­
ma logico perfettamente simmetrico che lega i volumi tra loro
{Album de chaumière ovvero casetta dal tetto di paglia, si
contrappone ad Album de château e i pezzi appartenenti al
primo si rivelano più semplici e modesti di quelli del secondo)
e i brani all’intemo delle singole raccolte, Rossini sfodera
caratteri stilistici e tecniche musicali ben precise. Vi compaiono
inequivocabili riferimenti a specifici personaggi storici, così
come reminiscenze di grandi compositori per il pianoforte, a lui
contemporanei. E poi una serie di forme: soprattutto Prélude,
Valse e Fugue, modellati sulle più stravaganti caratterizzazioni.
E’ l’andamento di Valzer, ad esempio, a sorreggere Valse antidansante, ma la condotta armonica sorprendente traduce me­
glio la negazione della danza mentre l’umorismo appare rac­
chiuso più che altro nel titolo senza investire direttamente le
strutture musicali. “Si tratta di musica da salotto introspettiva,
-suggerisce Philipp Gossett- nei confronti della quale è sempre
necessario mantenere un atteggiamento distaccato’ . Atteggia­
mento questo, che lo stesso Rossini avrebbe adottato nei con­
fronti di se stesso durante le esecuzioni nella sua dimora
parigina. Come ci riporta Louis Diémer, pianista del tempo,
“Rossini suonava il Pianoforte in modo delizioso, senza usare
il pedale e con un tocco argentino”. Questa estetica della
sonorità informa, ad esempio, il gàrrulo Prélude Petulant roco­
cò. Per contro, sui due brani seguenti, Un Regret, Un Espoir, da
eseguirsi senza soluzione di continuità, spira un intimismo
delicato. Anche la danza popolare viene ironicamente affronta­
ta in Tarantelle pur Sang (avec Traversée de la Procession). Il
carattere tutto speciale di questa tarantella emerge grazie alle
interpolazioni della processione, che rievocano un clima di
festa popolare, nella quale gli entusiasmi del popolo si fondono
alla solennità del “sacro”. Ancora un dato privato certifica il
gustoso racconto pianistico Un petit train de plaisir, vero
“balletto” alla Satie che Rossini inserisce nell’«Album Pour les
enfants dégourdis», manifestando la propria reazione nei con­
fronti della civiltà meccanica. Lui che aveva paura di salire sul
treno e che dopo il primo percorso sulla strada ferrata fu colto
da una vera crisi di nervi, imbastì una storiella sarcastica
costellando i pentagrammi di fantasiose didascalie in cui si
succedono eventi bizzarri. Ne riportiamo la descrizione di Luigi
Rognoni: «L'inizio è un Allegro: la “cloche d’Appel chiama i
viaggiatori in carrozza, “Pmontée en wagon” e “en avant la
machine”. Quando la corsa è al massimo, si ode il “sifflet
satanique” : ma poco dopo, con una “douce mélodie dufrein”,
è annunciata T “arrivèe à la gare” del mostro. Segue un
Andante cerimonioso (...) "Pour descendre du wagon”. Ma il
compositore non scende dal treno e, dopo aver osservato la
scenetta riprende con esso la corsa.(...) Sopraggiunge la cata­
strofe: “terrible déraillement du convoi”; seguono “le premier
blessé - second blessé” rappresentati da un breve recitativo, e
quindi “Premier mori en Paradis" (arpeggio ascendente) e
“Premier mori en Enfer” (arpeggio discendente). Dopodiché si
passa ad un “largo”funebre: “chantfunebre” che si conclude
con un bell’Amen in do maggiore. La più perfetta delle tonalità
sembra aver conciliato Rossini con la vita. (...) Poi riprende la
penna, scrive ancora: “Doleur aigue des héritiers”, e rimette le
mani sul pianoforte improvvisando un valzer da café-concert... ;
ma v’é ancora qualcosa che Rossini ha scritto, dopo T ultima
battuta prima della firma: “Tout ceci est plus que naif, c’est
vrai...». L'ultimo pezzo di Rossini, intitolato Une caresse à ma
femme rivela un'intonazione simile allo Schumann di Kinderszenen. La “scenetta” ha inizio con un Andantino semplice, ove
un disegno di botta e risposta oscilla tra. sol maggiore e sol
minore prima di un Allegretto moderatissimo in 6/8 che ricon­
duce all’affettuosa ripresa del primo tempo.
L’ascolto delle pagine rossiniane rivela infine una sorta di
stilizzazione estrema del melodramma serio: la lunghezza spro­
positata di talune pagine, le reiterazioni meccaniche, le proble­
matiche tecniche, sembrano riproporre in ambiente salottiero
ciò che avveniva a teatro.
In questo senso anche la musica dei Péches è una musica che fa
da contorno ad eventi diversi. Proprio come quella “musique
d'ameublement” che Satie comporrà agli inizi del secolo suc­
cessivo.
Come Rossini, Satie sradica il pianoforte dai consunti cliché del
Romanticismo e, in più, dell’impressionismo. Attraverso l’au­
dacia delle soluzioni armoniche adottate, avvicinando gli
accordi secondo la logica della sensazione piuttosto che
secondo le convenzioni sintattiche, Satie ritorna ad una nuova
“semplicità”, vicina a quella sobrietà della musica che gli
antichi Greci denominarono oligocordìa. Il punto di sutura tra
l’esperienza precedente del compositore e la produzione piani­
stica di questi anni si trova infatti nel recupero di quella grecità
che nel gusto del tempo faceva tutt’uno con il Medioevo e che
si contrapponeva all’arcaismo estetizzante di Debussy (si pensi
alle Six Epigraphes antiques del 1914). Volutamente Satie
scrive in modo sciatto e insipiente per fare dei suoi aforismi
pianistici la caricatura un po’ crudele del presente e della storia
passata. Abbandonata ogni ispirazione trascendente, egli apre
la porta alla vita, “al diavolo”, che si presenta con le vesti delle
melodie da cabaret (in questi anni sbarcava il lunario come
pianista allo “Chat noir”. E il trait d’unión tra le due fasi
creative si scorge nel linguaggio letterario che scorre al fianco
di quello musicale, spesso privo della divisione in battute,
secondo la più antica tradizione semiografica medievale. Ciò
giustifica in parte la presenza di vere e proprie storielle apposte
sopra i pentagrammi di tutte le pagine pianistiche per sorregge­
re l’esecutore (talora quasi minacciandolo) per puntualizzare,
tramjte la precisazione verbale, un accordo o una modulazione.
Egli spiega così le proprie intenzioni per le quali la sola musica
non è sufficiente.
Spunti arcaici vagamente grecizzanti informano, ad esempio, il
primo brano dei “Nouvelles pièces froids" , Sur un mur, ove la
cornice preclassica circonda un canto dato oscillante tra gli
instabili movimenti del modo ipofrigio. Oppure il primo e il
terzo “Avant-dernières pensées”, piccoli presenti a Debussy
(Idylle) e a Dukàs (Meditation). Il contrappunto, studiato dili­
gentemente sotto la guida d’Indy e Roussel presso la “Schola
Cantorum” (1905-1908) contrassegna invece il terzo Valzer
(Ses jambes) de “Les trois Valses distinguées du précieux
dégouté” in cui la contrapposizione di nota contro nota crea
effetti armonici dissonanti solo parzialmente attenuati dal mec­
canico ritmo di Valzer. Analogamente il terzo (Sur un poni) dei
“Nouvelles piècesfroides”ricalca lo stile del ricercare trattando
il tema con dovizia di modulazioni e cadenze perfette.
Non mancano neppure argute caricature dei moduli classici,
come l ’efficacissima Sonatine bureaucratique in cui il testo
(redatto come sempre sopra i pentagrammi) narra la grigia
giornata di un “Travet” ante litteram mentre la musica ricalca
smaccatamente la Sonatina op. 36 n. 1 di Clementi, cavallo di
battaglia di tutti gli aspiranti pianisti. Dopo Clementi è la volta
di Chopin: su un frammento della Marcia Funebre della Sonata
op. 35, Satie intesse il pianto dell’edrioftalma, l ’immaginario
crostaceo (très triste...ritiré du monde...) che con l’oloturia e il
podoftalma forma il trittico degli “Embryons dessechés”. Un
breve poemetto strampalato funge da testo e le solite bizzarre
didascalie convivono al fianco delle note con cui instaurano un
gioco di associazioni e di interferenze reciproche sul filo del
nonsense. Le stesse denominazioni degli animaletti sono scher­
zose neoformazioni di radici neogreche. La galleria dei riferi­
menti appare assai ricca in relazione agli stilemi romantici: a
partire dagli arpeggi del basso della scrittura pianistica nel
secondo “NouveI pièce froid” (Sur un arbre) fino alla citazione
esplicita della celeberrima Mazurka di Schubert nell’Embryon
d’Edriophtalma, ultimo sberleffo agli ascoltatori distratti.
Gli ultimi tre pezzi in programma compongono “Croquis et
agaceries d ’un gros bonhomme en bois" (“Chiaroscuri e pun­
zecchiature d’un gran buon uomo tutto d’un pezzo”), una
sagace presa in giro di certi lati rigidi del carattere di Debussy.
Uno schizzo della Marcia Turca di Mozart per Tyrolienne
turque e una gustosa Danse maigre sono sufficienti per dipin­
gere l’autore di Jardin sous la pluie. Esportarla è l ’ultima
“punzecchiatura” che Satie lancia ai suoi contemporanei facen­
do il verso a quello spagnolismo di maniera che imperversava
in quegli anni tra i compositori francesi: qui l’ironia sfuma dalle
idee musicali alle didascalie. Alcune vie di Parigi vengono
definite con nomi spagnoli (plaza Clichy), un ammiccamento a
Ravel (sorte de Valse), uno aBizet (la belle Carmen) e l’ultimo
a Chabrier (montez sur vos doigts). Nel concreto, dietro la
brevità di questi frammenti, scheletrici e macchiettistici, si
nasconde la forza di un manifesto programmatico, anche se
Satie si vantò di non aver mai “fatto scuola” e di non aver
lasciato neppure un’ombra di “satismo”.
Le sue provocazioni stuzzicanti rimangono uniche nella storia
della musica, così come sono, veloci e guizzanti, pronte a
pungere i pedanti e a divertire chi ascolta.
Consegnate al pianoforte, certo. Ma non all’indomabile grancoda. Semmai al pianino verticale da cabaret, umile e dimesso, e
magari un po’ scordato.
L a u r a
D e
B e n e d e tti
Y.
....
leggere di musica
L'itinerario rossiniano “breve”presenta snodi oramaifissi: Radiciotti (1) per
tante notizie che inutilmente si cercherebbero altrove (il problema è semmai
quello di rintracciare toro, i tre volumi, ma per fortuna la Biblioteca Musicale
li possiede): il libro di Rognoni (2) per uno sguardo penetrante rivolto a
ciascuna opera, con attenzioni speciali per la produzione seria: ottimo il
D o s s ie r di Vlad(3) aifini di un approccio generale ma non generico: Mioli (4)
a completamento del quadro. Una firma eccellente (5) infondo a uno dei rari
contributi specificamente dedicati alla produzione oggi in programma. Satie.
Non ci si neghi il piacere di prenderlo alla larga: le pagine di Cocteau (6),
specie ora che sono disponibili anche in italiano, sono una lettura gradevolis­
sima, oltre che importante per farsi un’idea di "quella" Parigi; bel sussidio
iconografico il catalogo di una mostra spoletina (7). La monografia più
recente è opera di un solerte ventiseienne (8): Satie dalla culla alla tomba, con
linearità tale da far considerare superfluo all’editore addirittura un indice.
E s p r it d e f in e s s e ?! Voci di spicco, in un coro forse inaspettatamente numero­
so. Bredel (9, libro “in tre movimenti" - occhiolino a Strawinsky? - il secondo
dal titolo indicativo del punto di vista dell’autore, S a in t E r ik d ’A rc u e il,
c o m é d ie n e t m a rty r), Wehmeyer (10, rilievo dato subito all’elemento sottoli­
neato da altri - non dal giovanissimo Mila, I l - quasi incidentalmente, in
occasione della riflessione sul S o c ra te : l'ideale “neogreco" di pura e severa
compostezza) e, nel nostro paese, Guarnieri Corazzol ( 12) . R ic e r c a e p ro v o ­
c a z io n e : opinioni divergenti a confronto (indiretto) in Cage (13) e Boulez (14,
scritto “mimetico", molto satieano). Succinto capitolo analitico sul pianofor­
te nel libro di Myers (15), arricchito in traduzione francese da una nota
programmatica (S a tie e s t m o ri, v iv e S a tie !) di Jean Cocteau.
R iz z u ti
(1 ) G . R A D I C I O T T I , G i o a c h i n o R o s s i n i . V i t a d o c u m e n t a t a , o p e r e e
i n f l u e n z e , 3 v o li., T iv o li, M a je lla , 1 9 2 7 -2 9 .
(2 ) L . R O G N O N I, R o s s i n i , T o rin o , E R I, 1968.
(3 ) R . V L A D , R o s s i n i , in « Musica & Dossier», 2 4 , 1988.
( 4 ) P . M I O L I , . I n v i t o a l l ' a s c o l t o d i R o s s i n i , M ila n o , M u rs ia , 1 9 8 6 .
(5 ) P H . G O S S E T T , R o s s i n i e i s u o i « P e c h é s d e v i e i l l e s s e » , in «Nuova
Rivista Musicale Italiana», 1980.
(6 ) J. C O C T E A U , I l r i c h i a m o a l l ’ o r d i n e , T o r in o , E in a u d i, 1990.
(7 ) E r i k S a t i e e g l i a r t i s t i d e l n o s t r o t e m p o , catalogo della mostra di
Spoleto. 1981 a c u ra d i 0 . V o lta , R o m a , D e L u c a E d ito re , 1981.
(8 ) V . L A J O IN IE , E r i k S a t i e , L a u s a n n e , L ’A g e d ’H o m m e , 1985.
(9 ) M . B R E D E L , E r i k S a t i e , P a ris , M a z a rin e , 1982.
(1 0 ) G . W E H M E Y E R , E r i k S a t i e , R e g e n s b u rg , G u s ta v B o s s e V e rla g , 1974.
(1 1 ) M . M I L A , I l m i t o d e l l a s e m p l i c i t à , in Cent'anni di musica moderna,
T o r in o , E D T , 1992.
(1 2 ) A . G U A R N I E R I C O R A Z Z O L , E r i k S a t i e f r a r i c e r c a e p r o v o c a z i o n e ,
V e n e z ia , M a rs ilio , 1979.
(1 3 ) J. C A G E , D i f e s a d i S a t i e , in «Lo spettatore musicale»,\91l.
(1 4 ) P . B O U L E Z , C a n e f l a c c i d o , in Punti di riferimento, T o rin o , E in a u d i,
1 984.
(1 5 ) R . M Y E R S , E r i k S a t i e (e d iz . o rig . in g l. L o n d o n , 1 9 4 8 ), a v e c u n e
in tr o d u c tio n d e J. C o c te a u , P a ris , G a llim a rd , 1959.
La maggior parte delle pubblicazioni indicate può essere consultata presso la Civica
Biblioteca Musicale “Andrea Della Corte” - Villa Tesoriera - Corso Francia, 192.
Nell’intento di dare un contributo alla salvaguardia deH’amblente, i program­
mi di sala di Settembre Musica vengono stampati su carta riciclata.
Slampa: Tipolitografìa Anale iTo)
A lb e rto