La violazione delle regole di condotta dell`intermediario finanziario

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La violazione delle regole di condotta dell`intermediario finanziario
ARGOMENTI•CONTRATTO DI INVESTIMENTO
La violazione delle regole
di condotta dell’intermediario
finanziario fra responsabilità
precontrattuale e contrattuale
di VALERIO SANGIOVANNI
Nelle controversie fra investitori e intermediari finanziari i rimedi di cui gli attori fanno richiesta, e che
trovano poi accoglimento presso i giudici, variano molto da caso a caso. La giurisprudenza sviluppatasi in
materia di responsabilità dell’intermediario appare piuttosto caotica e, talvolta, contraddittoria. Il criterio
fondamentale di distinzione deve essere il momento in cui la violazione della regola di condotta viene posta in essere. Se tale inosservanza si colloca prima della conclusione del contratto i rimedi sono la responsabilità precontrattuale e l’annullamento del contratto. Se la violazione si realizza dopo la conclusione del
contratto la tutela si realizza mediante la responsabilità contrattuale e la risoluzione del contratto.
Introduzione
A
lcuni recenti scandali finanziari hanno assunto
dimensioni preoccupanti. I tre principali crac
cui si allude sono conseguenza della emissione
di obbligazioni da parte di Argentina (nel 2001), CirioDel Monte (nel 2002) e Parmalat (nel 2003). In Italia
sono stati sottoscritti circa 12 miliardi di euro di obbligazioni argentine, 1 miliardo di euro di obbligazioni Cirio
e 4,8 miliardi di euro di obbligazioni Parmalat (1). Nel
complesso si tratta dunque di quasi 18 miliardi di euro.
Alcune centinaia di migliaia d’investitori hanno perso i
propri danari nelle operazioni citate. I tre casi menzionati non sono peraltro gli unici. Vi sono state altre emissioni obbligazionarie non adeguatamente rimborsate, per
così dire «minori», che hanno comunque interessato un
discreto numero d’investitori.
Il danno conseguente a vicende del genere implica un
problema di tutela civilistica degli investitori (2). I risparmiatori che hanno perso i propri danari non accettano questa situazione e agiscono in giudizio. Si sta così
formando una copiosa giurisprudenza, sinora quasi solo
di merito (3). Sfogliando le ultime annate delle rilevanti riviste giuridiche si scopre che sono state pubblicate
diverse decine di pronunce giudiziarie sulla responsabilità dell’intermediario finanziario (4) in relazione agli
esiti di cattivi investimenti (5).
Ciò che colpisce il lettore delle sentenze è che le linee argomentative seguite dai giudici sono molto diverse. Ciò
non succede quando la fattispecie è univoca. Si pensi al
caso, lineare, di un contratto d’investimento che non è
stato stipulato in forma scritta. In una situazione del genere si verifica una chiara violazione dell’art. 23, primo
comma, D.Lgs. n. 58/1998, con conseguente nullità del
contratto (6). Le parti sono obbligate alle restituzioni. In
altri casi, tuttavia, le sentenze edite risultano in contrasto
Note:
(1) Sono i dati elaborati da B. Scienza e G. B. Ponzetto e riportati in La
Repubblica, Affari & Finanza, 15 maggio 2006, 32.
(2) Sulla tutela civilistica dell’investitore cfr. G. Alpa, La direttiva sui mercati finanziari e la tutela del risparmiatore, in questa Rivista, 2004, 742 s.; G.
Alpa, Qualche rilievo civilistico sulla disciplina dei mercati finanziari e sulla tutela del risparmiatore, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, I, 372 ss.; G. Alpa,
Nuovi aspetti della tutela del risparmiatore, in Vita not., 1998, 655 ss.
(3) Si è rinvenuta una sola sentenza di legittimità in tema di responsabilità degli intermediari. Si tratta di Cass. 29 settembre 2005, n. 19024, in
questa Rivista, 2006, 446 ss., con nota di F. Poliani, in Corr. giur., 2006,
669 ss., con nota di G. Genovesi e in Danno resp., 2006, 25 ss., con nota
di V. Roppo/G. Afferni. Questo precedente dà applicazione alla normativa vigente prima del D.Lgs. n. 58/1998. Il contenuto dei precetti normativi è rimasto però sostanzialmente immutato, con la conseguenza che i
principi affermati nella sentenza della Corte di cassazione devono ritenersi validi anche per i casi da decidersi in base alla legge Draghi.
(4) L’art. 18 D.Lgs. n. 58/1998 definisce i soggetti che possono prestare i
servizi d’investimento. In particolare questa disposizione prevede che
«l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi di investimento è riservato alle imprese di investimento e alle banche». La stessa
norma elenca altri soggetti che, a certe condizioni, possono prestare determinati servizi d’investimento. Per semplicità nel presente articolo si
utilizzano le espressioni «intermediario finanziario» e «banca» quali sinonimi. La vendita di strumenti finanziari a piccoli risparmiatori avviene
normalmente tramite la filiale della banca di fiducia presso cui l’investitore ha da tempo aperto un conto corrente.
(5) Tra le più recenti rassegne di giurisprudenza in tema di responsabilità
degli intermediari si segnalano: G. Gobbo/C.-E. Salodini, I servizi d’investimento nella giurisprudenza più recente, in Giur. comm., 2006, II, 5 ss.; A.
Missaglia, Rassegna di giurisprudenza sulla tutela del risparmiatore, in Consumatori, diritti e mercato, 2006, 136 ss.
(6) Dichiara la nullità del contratto per inosservanza dell’obbligo di forma, per esempio, Trib. Milano 25 marzo 2006 (ord.), in Corr. mer., 2006,
737 ss., con nota di V. Sangiovanni (cui sia consentito il rinvio).
I CONTRATTI N. 12/2006
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con altre decisioni giurisprudenziali. Capita che diversi
provvedimenti giudiziari ricolleghino a uno stesso comportamento dell’intermediario finanziario conseguenze
diverse. Incertezza sussiste, in particolare, relativamente
agli effetti delle violazioni di regole di condotta. Al riguardo sono state sostenute in giurisprudenza, e anche in
dottrina, praticamente tutte le tesi: si è parlato di annullamento del contratto per vizio del consenso (art. 1427 ss.
Codice civile), di nullità del contratto per violazione di
disposizione imperativa (art. 1418 ss. Codice civile), di risoluzione del contratto per inadempimento (art. 1453 ss.
Codice civile) e di risarcimento del danno (7). Due sono
gli orientamenti prevalenti. Una parte della giurisprudenza dichiara la nullità del contratto per contrarietà a
disposizione imperativa (8). Un’altra parte dei giudici
tende a ricondurre la violazione delle regole di condotta
a un inadempimento contrattuale che obbliga al risarcimento del danno e, se l’inadempimento è grave, determina risoluzione del contratto (9).
Una parte della popolazione italiana dispone di risorse finanziarie in misura maggiore di quanto ne abbia immediato bisogno. Il semplice deposito del danaro su un conto corrente non è particolarmente fruttuoso. Al fine di ottenere un rendimento maggiore si investe così in strumenti finanziari. L’acquisto di azioni e obbligazioni avviene tramite intermediari finanziari. Dall’investimento ci si
aspetta un certo ritorno economico. Sennonché il reale
andamento degli strumenti finanziari può risultare ben diverso da quello che ci si attendeva. Nel caso delle azioni il
problema principale è dato dal fatto che il corso, con il
passare del tempo, può - invece di salire - calare . Nel caso
delle obbligazioni il pericolo principale è rappresentato dal
fatto che l’emittente può diventare incapace di far fronte
ai pagamenti promessi. Vi è così il rischio che l’investitore
non riesca a ottenere, dapprima, il pagamento degli interessi e, poi, la restituzione della somma capitale prestata.
Nei tre principali crac degli ultimi anni (Argentina, Cirio
e Parmalat) i risparmiatori avevano acquistato obbligazioni. Essi non sono riusciti a ottenere la restituzione integrale della somma data in prestito.
Quando un investimento non produce i risultati sperati,
l’investitore cerca di rifarsi sull’intermediario finanziario.
Questi però sembra avere poco a che fare con le vicende
dell’emittente. Si pensi al caso Argentina. Questo Stato
ha emesso obbligazioni che ha collocato praticamente in
tutto il mondo. I collocatori erano consapevoli del rischio-Paese, pericolo che si è poi effettivamente realizzato quando l’Argentina non è più stata in grado di onorare i propri debiti. Ma che colpa ha l’intermediario rispetto a vicende addirittura di carattere macroeconomico,
come quella che riguardano lo Stato argentino? In linea
di principio le banche non hanno responsabilità. La crisi dell’Argentina è dovuta a circostanze quali il malgoverno argentino e il generale andamento negativo dell’economia mondiale. Rispetto a questo ultimo elemento lo stesso Stato argentino può fare poco, si immagini
cosa può fare una banca collocatrice. L’intermediario
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non ha, di fatto, alcuna influenza sulle vicende che interessano l’emittente. Ragionando in questi termini, si sarebbe portati a pensare che le banche debbano andare
esenti da qualsiasi responsabilità. Eppure la soluzione
non può essere così semplice. Va difatti tenuto presente
che la condotta dell’intermediario non è libera da vincoli. Sulla banca incombono degli obblighi di comportamento che sono posti nell’interesse dei cliente e per l’integrità dei mercati. Si tratta della più importante regola
di condotta, sancita espressamente dall’art. 21, primo
comma, lett. a, D.Lgs. n. 58/1998: i soggetti abilitati devono «comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati» (10). Se l’intermediario viola questa disposizione
Note:
(7) Per una panoramica sui vari rimedi a disposizione dell’investitore sia
consentito rinviare a V. Sangiovanni, Inadeguatezza della operazione finanziaria, risoluzione del contratto per inadempimento e risarcimento del danno, in
Cor. Giur., 2006, 1569 ss.; V. Sangiovanni, Circolazione dei prodotti finanziari e responsabilità degli investitori professionali: il nuovo art. 100 bis TUF, in
Società, 2006, 1355 ss.. V. Sangiovanni, La nullità del contratto di gestione di
portafogli di investimento per difesa di forma, in questa Rivista, 2006, 966 ss.; V.
Sangiovanni, Scandali finanziari: profili di responsabilità dell’intermediario, in
Danno resp., 2006, 874 ss.; V. Sangiovanni, La responsabilità dell’intermediario nel caso Cirio e la recente legge per la tutela del risparmio, in questa Rivista,
2006, 686 ss.; V. Sangiovanni, La responsabilità dell’intermediario nel caso
Parmalat e la recentissima legge per la tutela del risparmio, in Le Società, 2006,
605 ss. Più in generale sul rapporto fra annullamento, nullità e risoluzione
cfr. G. Sicchiero, Nullità per inadempimento?, in Contr. impr., 2006, 368 ss.
(8) Trib. Ferrara 25 febbraio 2005, n. 217, in Le Società, 2006, 203 ss., con
nota di S. Rizzini Bisinelli ha, per esempio, dichiarato la nullità del contratto per contrarietà a disposizione imperativa. In particolare l’autorità
giudiziaria ferrarese ha stabilito che l’inosservanza da parte della banca degli adempimenti posti dalla normativa a tutela dell’investitore, ai fini dell’effettuazione di un investimento consapevole (nella specie mancata acquisizione di notizie sul profilo dell’investitore, mancata comunicazione
di notizie sull’investimento proposto, mancanza della comunicazione che
l’operazione era effettata dalla banca in contropartita diretta), rende nulle le relative operazioni. Trib. Firenze 30 maggio 2004, in Giur. it., 2005,
755 ss., con nota di P. Fiorio, è un altro esempio di una sentenza che dichiara la nullità del contratto per contrarietà a disposizione imperativa.
(9) Trib. Rimini 11 maggio 2005, in Giur. it., 2006, 522 ss., con nota di
G. Cottino, ha, per esempio, dichiarato la risoluzione del contratto per
inadempimento.
(10) L’art. 21, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 stabilisce che «nella prestazione dei servizi di investimento e accessori, i soggetti abilitati devono:
a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei
clienti e per l’integrità dei mercati. I soggetti abilitati classificano, sulla
base di criteri generali minimi definiti con regolamento dalla Consob,
che a tal fine può avvalersi della collaborazione delle associazioni maggiormente rappresentative dei soggetti abilitati e del Consiglio nazionale
dei consumatori e degli utenti, di cui alla legge 30 luglio 1998, n. 281, il
grado di rischiosità dei prodotti finanziari e delle gestioni di portafogli
d’investimento e rispettano il principio dell’adeguatezza fra le operazioni
consigliate agli investitori, o effettuate per conto di essi, e il profilo di ciascun cliente, determinato sulla base della sua esperienza in materia d’investimenti in prodotti finanziari, della sua situazione finanziaria, dei suoi
obiettivi d’investimento e della sua propensione al rischio, salve le diverse disposizioni espressamente impartite dall’investitore medesimo in forma scritta, ovvero anche mediante comunicazione telefonica o con l’uso
di strumenti telematici, purché siano adottate procedure che assicurino
l’accertamento della provenienza e la conservazione della documentazione dell’ordine; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; c) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in
(segue)
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oppure altri canoni di comportamento, si pone la questione della sua responsabilità.
Nella prassi gli investitori scelgono di agire nei confronti
degli intermediari finanziari essenzialmente per ragioni di
opportunità. È difatti difficile non avvedersi che le banche sono convenuti capienti. Gli investitori sono certi
che se ottengono una condanna nei confronti dell’intermediario, questi è in grado di pagare quanto dovuto. La
strada dell’azione nei confronti dell’emittente è più impervia. Limitiamoci, per semplicità, al caso di emittenti in
forma societaria (si pensi a Cirio e Parmalat) (11). Che
responsabilità si può far valere nei confronti degli emittenti? Ci si può immaginare una responsabilità da prospetto (12). Ma anche nell’ipotesi in cui si riuscisse ad affermare questo genere di responsabilità, la società - essendo andata in crisi - non ha normalmente le risorse per ristorare il danno causato. Si dovrebbe allora agire nei confronti degli amministratori dell’emittente. Se i gestori sono assicurati, si può agire in giudizio anche contro le società di assicurazione che hanno garantito il rischio della
responsabilità civile. Gli investitori possono poi prendersela con i sindaci delle società emittenti, accusandoli di
non avere posto in essere controlli adeguati. Andando al
di là della responsabilità civile, si può cercare di far valere
una responsabilità penale di amministratori e sindaci. Se
viene affermato questo genere di responsabilità, è poi possibile ottenere il risarcimento del danno: la disposizione di
riferimento è l’art. 185 Codice penale. A tal fine ci si costituisce parte civile (13). Un’altra categoria di soggetti
nei cui confronti ci si può rifare sono le persone preposte
al controllo esterno delle società, come le società di revisione. In casi estremi si può tentare di convenire in giudizio le società di rating. Infine è possibile ipotizzare una responsabilità della Consob per omessa vigilanza (14). Il panorama dei soggetti su cui rifarsi e delle azioni esperibili è
dunque molto ampio. Quasi sempre viene tuttavia scelta
la strada della chiamata in responsabilità dell’intermediario finanziario. I motivi principali sono due. Alla capienza delle banche si è già accennato. Ma vi è un altro motivo. Gli intermediari devono, per disposizione comunitaria e attuazione italiana, rispettare un lungo catalogo di
regole di condotta. Ecco allora che è facile individuare
una qualche norma che le banche hanno violato e cercare di fondare su tale inosservanza l’esercizio di un rimedio.
I rimedi esperibili dall’investitore nei confronti dell’intermediario finanziario si lasciano suddividere in due grandi
categorie: restitutori e risarcitori. I rimedi restitutori intaccano il contratto che è stato stipulato fra banca e
cliente. Essi sono: l’annullamento, la nullità e la risoluzione. Una volta che sono stati dichiarati - rispettivamente - l’annullamento, la nullità oppure la risoluzione,
chi ha prestato qualcosa in base al contratto riconosciuto
invalido ha diritto a ottenerne la restituzione. Trova applicazione l’art. 2033 Codice civile, secondo il quale «chi
ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato». Questo è proprio il beneficio
principale delle azioni restitutorie: quando l’attore ha di-
mostrato che ne sussistono i presupposti, egli ha diritto a
ottenere la restituzione dell’intera somma (15). I rimedi
restitutori possono essere affiancati da conseguenze risarcitorie. È il caso della risoluzione del contratto per inadempimento. Se l’investitore riesce a ottenere la risoluzione, egli può chiedere anche il risarcimento del danno.
L’art. 1453, primo comma, Codice civile stabilisce espressamente che è «salvo, in ogni caso, il risarcimento del
danno». Vi è poi la possibilità di esperire rimedi risarcitori per così dire «puri». L’investitore può cioè limitarsi a
chiedere il risarcimento del danno derivato dal comportamento dell’intermediario. In questo caso il contratto rimane fermo (non viene né annullato né dichiarato nullo
né risolto), ma il cliente può pretendere dalla banca una
certa somma che va a ristorarlo del nocumento subito. Si
tratta di un’evenienza rara nella prassi. Quasi sempre gli
investitori esperiscono rimedi restitutori. Si tratta difatti
della via più efficace, che consente di ottenere la restituzione della somma capitale. Le azioni di carattere risarcitorio producono effetti diversi da quelle restitutorie. L’attore può essere ristorato solo nei limiti del danno subito.
Uno studio approfondito di tutti i rimedi a disposizione
dell’investitore nei confronti dell’intermediario finanziario richiederebbe una trattazione più ampia di quella
che è possibile svolgere in questa sede. In questo articolo ci si intende soffermare solo sui possibili effetti risarcitori conseguenti alla violazione delle regole di condotta
da parte delle banche. Si tratterà invece solo marginalmente dei rimedi restitutori.
Sguardo d’insieme sulle regole di condotta
che possono essere violate dall’intermediario
finanziario
L
a legge stabilisce che i servizi d’investimento si devono svolgere secondo certe regole di condotta
che sono sancite nell’art. 21, primo comma,
Note:
(segue nota 10)
situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti
trasparenza ed equo trattamento; d) disporre di risorse e procedure, anche
di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi; e) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare
misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati».
(11) Nel caso dell’Argentina ci si trova di fronte a un emittente non in
forma societaria, bensì a uno Stato sovrano.
(12) Sulla responsabilità da prospetto cfr., fra i tanti, U. Carnevali, In tema
di c.d. responsabilità da prospetto delle banche, in Corr. giur., 1989, 1003 ss.
(13) Al processo in corso a Parma per bancarotta per la vicenda Parmalat un solo avvocato si è costituito parte civile per conto di ben 32.000
obbligazionisti. Il dato è riportato da E. Rho, Crac, caccia ai soldi spariti, in
Panorama, 15 giugno 2006, 144.
(14) Come è noto, è già successo che la Consob sia stata condannata a risarcire il danno subito dagli investitori. Su questa materia cfr., fra i tanti,
G. Alpa, La responsabilità extracontrattuale della Consob: alcuni problemi di
metodo e di merito, in Nuova giur. civ. comm., 2004, II, 90 ss.; A. Tina, Responsabilità della Consob per omessa vigilanza sulla veridicità delle informazioni contenute nel prospetto informativo, in Corr. giur., 2004, 938 ss.
(15) Cfr., sul punto, A. Perrone, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, in Riv. soc., 2005, 1015 s.
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D.Lgs. n. 58/1998 (16). Esse vengono specificate meglio
nel Regolamento Consob n. 11522/1998 (17).
A livello legislativo vi è innanzitutto la clausola generale dell’art. 21, primo comma, lett. a, D.Lgs. n. 58/1998,
secondo cui i soggetti abilitati devono «comportarsi con
diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei
clienti e per l’integrità dei mercati».
Vi sono poi regole di condotta più specifiche. Si pensi alla disposizione in base alla quale i soggetti abilitati devono «acquisire le informazioni necessarie dai clienti e
operare in modo che essi siano sempre adeguatamente
informati» (art. 21, primo comma, lett. b, D.Lgs. n.
58/1998) (18). Questa norma contiene, a ben guardare,
due distinti precetti. La prima regola impone un flusso
informativo dall’investitore all’intermediario. A questa
situazione ci si riferisce con l’espressione inglese di regola dello «know your customer» («conosci il tuo cliente»). La seconda regola impone invece un flusso informativo in direzione opposta. Spetta, in altre parole, all’intermediario informare adeguatamente l’investitore. È
frequente che banca e risparmiatore dispongano di un
patrimonio informativo diverso. L’intermediario è un
soggetto che svolge professionalmente attività finanziaria, mentre l’investitore può essere una persona che non
conosce il funzionamento dei mercati mobiliari. Il legislatore ritiene che questa asimmetria informativa debba
essere ridotta a vantaggio del cliente. L’intermediario
non può sfruttare la sua posizione per trarne indebiti
vantaggi. Complessivamente vale osservare come la formulazione dell’art. 21, primo comma, lett. b, D.Lgs. n.
58/1998 sui flussi informativi fra investitore e intermediario (e viceversa) sia alquanto ampia. L’ambito di applicazione di tale disposizione viene limitata solo dal fatto che le informazioni da ottenersi da parte della banca
devono essere «necessarie», mentre le informazioni da
darsi devono essere «adeguate» (19). Un altro aspetto di
fondamentale importanza è che l’obbligo informativo
degli intermediari finanziari non si esaurisce nella fase
che precede il contratto, ma continua durante tutto il
rapporto contrattuale. L’esame delle sentenze edite in
materia di responsabilità delle banche rivela come gli investitori contestino frequentemente la violazione di doveri informativi.
Vi sono poi altre regole di condotta, sempre previste a livello legislativo (cfr. l’art. 21, primo comma, lett. c, d ed
e, D.Lgs. n. 58/1998), la cui contestazione nei confronti
degli intermediari finanziari appare meno frequente nella prassi. Per questa ragione non ci si soffermerà su di esse.
Le regole di condotta sono poi specificate, talvolta in
grande dettaglio, nella normativa secondaria. Del Regolamento attuativo rileva innanzitutto l’art. 26 (rubricato
«regole generali di comportamento») (20). Questa disposizione ha uno stile simile all’art. 21, primo comma,
D.Lgs. n. 58/1998. Essa individua alcune regole generali
di comportamento cui sono tenuti gli intermediari finanziari. Per la sua genericità si tratta di una disposizio-
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ne che tende ad essere violata con frequenza da parte
delle banche.
Fra le regole generali di comportamento statuite dall’art.
26 Reg. n. 11522/1998 va in particolare ricordata la disposizione che impone agli intermediari autorizzati di acquisire «una conoscenza degli strumenti finanziari, dei
servizi nonché dei prodotti diversi dai servizi di investimento, propri o di terzi, da essi stessi offerti, adeguata al
tipo di prestazione da fornire» (art. 26, lett. e, Reg. n.
11522/1998). Si tratta della regola, per usare la caratteristica espressione inglese, del «know your merchandise»
(«conosci la tua merce»).
L’art. 27 Reg. n. 11522/1998 concerne il conflitto d’interessi (21). Frequentemente gli intermediari finanziari dispongono di un patrimonio informativo più ampio degli
investitori che si rivolgono ad essi. Sussiste dunque il peNote:
(16) Su regole di condotta e responsabilità degli intermediari cfr. le monografie di F. Annunziata, Regole di comportamento degli intermediari e riforme dei mercati, Milano, 1993; M. Lobuono, La responsabilità degli intermediari finanziari, Napoli, 1999; F. Sartori, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, 2004. L’opera di Sartori è stata da me recensita in
www.dirittobancario.it.
(17) Delibera Consob 1 luglio 1998, n. 11522. Regolamento di attuazione del Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli intermediari.
(18) L’intero funzionamento dei mercati mobiliari si fonda sull’informazione, che deve essere corretta, completa e tempestiva. Sul ruolo dell’informazione nei mercati finanziari cfr., fra i tanti, R. Costi, Informazione e contratto nel mercato finanziario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1993, 719
ss.; A. Perrone, Informazione al mercato e tutele dell’investitore, Milano,
2003. La centralità del ruolo dell’informazione nel buon funzionamento
del sistema finanziario è riconosciuta in ogni ordinamento. Per riferimenti al regime tedesco sia permesso il rinvio alla mia monografia, V.
Sangiovanni, Die Ad-hoc-Publizität im deutschen und italienischen Recht,
Frankfurt am Main, 2003. In lingua italiana sia permesso rinviare a V.
Sangiovanni, Documento d’offerta pubblica e responsabilità civile nel nuovo
diritto tedesco, in Riv. dir. civ., 2004, I, 153 ss.; V. Sangiovanni, L’attuazione della direttiva sull’insider trading nel diritto tedesco, in Banca, borsa, tit.
cred., 2000, I, 540 ss.; V. Sangiovanni, L’informazione c.d. continua o permanente nel diritto tedesco del mercato dei capitali, in Banca, borsa, tit. cred.,
1998, I, 582 ss.
(19) Sulla «adeguatezza» dell’informazione cfr. E. Battelli, L’inadempimento contrattuale dell’intermediario finanziario, in questa Rivista, 2006, 469 ss.
(20) L’art. 26 Reg. n. 11522/1998 prevede: «gli intermediari autorizzati,
nell’interesse degli investitori e dell’integrità del mercato mobiliare: a)
operano in modo indipendente e coerente con i principi e le regole generali del Testo Unico; b) rispettano le regole di funzionamento dei mercati in cui operano; c) si astengono da ogni comportamento che possa avvantaggiare un investitore a danno di un altro; d) eseguono con tempestività le disposizioni loro impartite dagli investitori; e) acquisiscono una
conoscenza degli strumenti finanziari, dei servizi nonché dei prodotti diversi dai servizi d’investimento, propri o di terzi, da essi stessi offerti, adeguata al tipo di prestazione da fornire; f) operano al fine di contenere i costi a carico degli investitori e di ottenere da ogni servizio d’investimento
il miglior risultato possibile, anche in relazione al livello di rischio prescelto dall’investitore».
(21) L’art. 27 Reg. n. 11522/1998 puntualizza: «gli intermediari autorizzati vigilano per l’individuazione dei conflitti di interessi. Gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni con la o per conto della
propria clientela se hanno direttamente o indirettamente un interesse in
(segue)
ARGOMENTI•CONTRATTO DI INVESTIMENTO
ricolo che questa asimmetria informativa venga sfruttata
dalle banche in danno dei risparmiatori. Il rischio è maggiore quando gli intermediari sono portatori di interessi
divergenti da quelli degli investitori (22).
L’art. 28 Reg. n. 11522/1998 disciplina lo scambio di
informazioni fra gli intermediari e gli investitori (23).
Infine, fra le regole di condotta, è importante menzionare l’art. 29 Reg. n. 11522/1998 sulle operazioni non adeguate (24). L’espressione inglese per questo precetto è
«suitability rule» (regola della adeguatezza). Nella prassi
si tratta di una delle disposizioni la cui violazione viene
contestata con maggior frequenza da parte degli investitori (25). Questi sostengono di non avere autorizzato
l’acquisto di certi strumenti finanziari, inadeguati rispetto al loro profilo di rischio.
L’esame della copiosa giurisprudenza esistente in merito
lascia emergere come gli intermediari finanziari tendano
a violare sia disposizioni di legge sia disposizioni regolamentari. Può rilevare anche l’inosservanza del solo regolamento (26)? Al fine di rispondere a questa domanda
occorre tenere presente che, astrattamente, si possono
realizzare tre situazioni: violazione della sola legge; violazione di legge e regolamento; violazione del solo regolamento.
Partiamo dal primo caso: violazione della sola legge. Se è
stata violata la legge, non è nemmeno necessario chiedersi se - contemporaneamente - sia stato violato il regolamento.
Vi è però un secondo caso: si tratta della violazione contemporanea di legge e regolamento da parte dell’intermediario. È l’ipotesi sicuramente più ricorrente nella
prassi. Per esempio: gli intermediari che effettuano operazioni non adeguate violano senz’altro l’art. 29, primo
comma, Reg. n. 11522/1998. Essi, tuttavia, violano necessariamente anche i criteri di diligenza, correttezza e
trasparenza fissati dall’art. 21, primo comma, lett. a,
D.Lgs. n. 58/1998. Si può ritenere diligente, corretto e
trasparente un intermediario che suggerisce a un cliente
un investimento del tutto inadeguato? La risposta è negativa. Concorrono allora la violazione di legge e la violazione di regolamento. In una situazione del genere non
è necessario chiedersi se l’inosservanza di regolamento
possa, da sola, far sorgere l’obbligo di risarcire il danno.
L’interprete può limitarsi ad accertare che è stata violata
(anche) la legge.
Vi è poi il terzo caso, quello che - dal punto di vista
astratto - appare più problematico. Si possono, teoricamente, realizzare ipotesi in cui gli intermediari finanziari
- senza violare la legge - violano precetti regolamentari.
La questione appare «teorica» perché l’inosservanza di
una disposizione regolamentare quasi sempre configura
Note:
(segue nota 21)
conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, dalla prestazione congiunta di più servizi o da altri rapporti di affari propri o di società del gruppo, a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l’in-
vestitore sulla natura e l’estensione del loro interesse nell’operazione e
l’investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all’effettuazione dell’operazione. Ove l’operazione sia conclusa telefonicamente,
l’assolvimento dei citati obblighi informativi e il rilascio della relativa autorizzazione da parte dell’investitore devono risultare da registrazione su
nastro magnetico o su altro supporto equivalente. Ove gli intermediari
autorizzati, al fine dell’assolvimento degli obblighi di cui al precedente
comma 2, utilizzino moduli o formulari prestampati, questi devono recare l’indicazione, graficamente evidenziata, che l’operazione è in conflitto
di interessi».
(22) Sulla materia del conflitto d’interessi è stato scritto molto. Ci si limita in questo articolo a segnalare alcuni dei principali contributi: G. De
Nova, Gli interessi in conflitto e il contratto, in Riv. dir. priv., 2004, 241 ss.;
G. De Nova, Conflict of interests and the fair dealing duty, in Riv. dir. priv.,
2002, 479 ss.; D. Maffeis, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano,
2002; D. Maffeis, Tutela dell’interesse e conflitto di interessi nella rappresentanza e nel mandato, in Riv. dir. priv., 2004, 253 ss. Vi è letteratura anche
sul conflitto d’interessi nello specifico contesto della intermediazione
mobiliare. È utile segnalare innanzitutto due contributi di diritto europeo: L. Enriques, L’intermediario in conflitto d’interessi nella nuova disciplina
comunitaria dei servizi d’investimento, in Giur. comm., 2005, I, 844 ss.; L.
Enriques, Dum Romae consulitur… verso una nuova disciplina comunitaria
del conflitto d’interessi nei servizi d’investimento, in Banca impresa società,
2004, 447 ss. Sul conflitto d’interessi nella materia della intermediazione
mobiliare nel diritto italiano v. D. Maffeis, Conflitto di interessi nella prestazione dei servizi di investimento: la prima sentenza sulla vendita a risparmiatori di obbligazioni argentine, in Banca, borsa, tit. cred., 2004, II, 452 ss. Sul
conflitto d’interessi nel processo civile sia, infine, lecito il rinvio a V. Sangiovanni, Impugnazione di deliberazione assembleare, conflitto di interessi e
nomina di curatore speciale. La battaglia giudiziaria per il controllo di Antonveneta, in Corr. giur., 2005, 1261 ss.
(23) L’art. 28, primo comma, Reg. n. 11522/1998 prevede: «prima della
stipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e dell’inizio della prestazione dei servizi d’investimento e dei servizi accessori a questi collegati, gli intermediari autorizzati devono; a)
chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L’eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di
cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall’investitore; b) consegnare agli investitori il documento sui rischi
generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui all’allegato n. 3».
L’art. 28, secondo comma, Reg. n. 11522/1998 recita: «gli intermediari
autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il
servizio di gestione se non dopo aver fornito all’investitore informazioni
adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento».
(24) L’art. 29 Reg. n. 11522/1998 stabilisce: «gli intermediari autorizzati
si astengono dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni
non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione. Ai fini di
cui al comma 1, gli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all’articolo 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati. Gli intermediari autorizzati, quando ricevono da
un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo
informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l’investitore intenda comunque dare
corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel
caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute».
(25) Trib. Napoli 22 marzo 2005, n. 3257, in questa Rivista, 2006, 113 ss.,
con nota di M. M. Gaeta, ha per esempio dichiarato la risoluzione del
contratto per inadempimento della banca perché questa aveva posto in
essere un’operazione inadeguata.
(26) Sulla rilevanza dei regolamenti al fine dell’affermazione di responsabilità degli intermediari finanziari cfr. S. Rizzini Bisinelli, Violazione di
norme regolamentari e nullità asimmetrica, in Società, 2006, 207 s.
I CONTRATTI N. 12/2006
1137
ARGOMENTI•CONTRATTO DI INVESTIMENTO
anche la violazione di una norma di legge. Ad avviso di
chi scrive è pressoché impossibile violare un regolamento attuativo senza violare contestualmente la legge. L’inosservanza di regolamento può, praticamente sempre,
essere sussunta sotto un’inosservanza di legge. Se non si
tratta dell’art. 21, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 (canoni di diligenza, correttezza e trasparenza), può essere per esempio - l’art. 1176 Codice civile secondo il quale
«nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la
diligenza del buon padre di famiglia». Come può un intermediario che ha violato regole di condotta fissate da
regolamento sostenere di avere operato con la dovuta diligenza ai sensi del Codice civile?
Si supponga comunque che esistano rarissimi casi in cui
sia possibile violare solo il regolamento senza violare la
legge. In questa ipotesi, effettivamente, il giudice dovrebbe svolgere un’indagine volta ad accertare se l’inosservanza di una disposizione regolamentare possa determinare l’obbligo di risarcire il danno. La risposta dovrebbe essere positiva. Le nozioni di «non esatta esecuzione della prestazione dovuta» (art. 1218 Codice civile) e di «non adempimento delle obbligazioni» (art.
1453, primo comma, Codice civile), quali fatti da cui
scaturisce l’obbligo di risarcire il danno, non fanno riferimento a una fonte precisa. Il contenuto della prestazione è normalmente stabilito dai contraenti. Nel caso
di contratti d’investimento è richiesta la forma scritta a
pena di nullità (art. 23, primo comma, D.Lgs. n.
58/1998). La lettura del testo contrattuale fa emergere i
doveri delle parti, la cui violazione comporta responsabilità. Ma fonte di obbligazioni per le parti non è solo il
contratto scritto. Merita qui di essere menzionato l’art.
1374 Codice civile, il quale stabilisce che «il contratto
obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo
espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge». Ne consegue che l’assetto degli
obblighi contrattuali è, almeno in parte, predeterminato ex lege (27).
Questa disposizione menziona peraltro solo la legge (e
non i regolamenti) quale fonte di obblighi per le parti. Si
potrebbe dunque essere portati a concludere che l’intermediario non è tenuto, dal punto di vista civilistico (28),
a osservare i regolamenti. Una soluzione del genere lascia però perplessi. Essa equivale a dire che la tutela degli investitori nei confronti degli intermediari trova
espressione nel solo obbligo di osservare le disposizioni di
legge, mentre le norme regolamentari potrebbero essere
violate impunemente. Il problema è di particolare complessità e meriterebbe riflessioni più approfondite. Ci si
limita in questo contesto a menzionare nuovamente
quanto stabilito dall’art. 1176, primo comma, Codice civile secondo cui «nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia».
È difficile sostenere che un intermediario finanziario può
violare un regolamento che fissa certe regole di condotta e ciò nonostante comportarsi «da buon padre di famiglia». Un «buon padre di famiglia» dovrebbe quantome-
1138
I CONTRATTI N. 12/2006
no rispettare i regolamenti dell’autorità di vigilanza. Se
questa idea è corretta, ecco allora che anche una semplice violazione di regolamento può determinare l’obbligo
di risarcire il danno.
Violazioni delle regole di condotta precedenti
alla conclusione del contratto
L
a violazione delle regole di condotta da parte dell’intermediario finanziario attribuisce all’investitore il diritto al risarcimento del danno (29)? Quali sono le basi normative per una richiesta del risparmiatore di ottenere dalla banca il ristoro del nocumento subito? Al riguardo è importante operare una distinzione
con riferimento al momento in cui l’intermediario pone
in essere il suo comportamento scorretto. Occorre distinguere se la violazione della banca si è realizzata prima
o dopo la conclusione del contratto (30). In giurisprudenza questa distinzione talvolta non viene effettuata
con la dovuta nettezza. Ad avviso di chi scrive, tuttavia,
il momento in cui si verifica la violazione ha importanza
decisiva. Se l’inosservanza si colloca prima della conclusione del contratto, l’investitore può utilizzare certe basi
normative; se invece la violazione si colloca dopo la stipulazione, vengono in considerazione altre basi normative e, conseguentemente, altri rimedi.
Segue: a) l’art. 1337 Codice civile
I
niziamo l’esame con la possibile violazione, da parte
dell’intermediario finanziario, di regole di condotta
prima della conclusione del contratto. Al riguardo si
parla tecnicamente di responsabilità «precontrattuale»,
opposta alla responsabilità «contrattuale». L’art. 1337
Codice civile stabilisce che «le parti, nello svolgimento
delle trattative e nella formazione del contratto, devono
comportarsi secondo buona fede».
Note:
(27) Cfr. E. Battelli, op. cit., 474; F. Poliani, La responsabilità precontrattuale della banca per violazione del dovere di informazione, in questa Rivista,
2006, 453.
(28) Dal punto di vista amministrativo sono previste sanzioni pecuniarie
in capo ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione e ai dipendenti di società o enti, i quali non osservino le disposizioni
previste, fra l’altro, dall’art. 21 D.Lgs. n. 58/1998 ovvero le disposizioni generali o particolari emanate dalla Consob in base a tale articolo (cfr. l’art.
190, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998). Sul regime delle sanzioni amministrative nel D.Lgs. n. 58/1998 v. in particolare P. De Biasi, Persuasione e
castigo, Le sanzioni amministrative nel TUB e nel TUF, Milano, 2003.
(29) In questo articolo ci si limita ai profili di responsabilità precontrattuale e contrattuale. Sulla eventuale rilevanza in termini di responsabilità
extracontrattuale del comportamento posto in essere dall’intermediario
finanziario cfr. G. De Nova, La responsabilità dell’operatore finanziario per
esercizio di attività pericolosa, in questa Rivista, 2005, 709 ss. Sulla diversa
questione della responsabilità della SIM per fatto del promotore cfr., fra le
tante, Trib. Milano 11 giugno 1998, in questa Rivista, 1999, 487 ss., con
nota di A. Maniàci.
(30) In questo anche S. Ambrosini/L. Jeantet, Vendita di titoli di Stato argentini, conseguenze della violazione dei doveri comportamentali della banca ed
obbligo di informazione: una voce «fuori dal coro», in Giur. comm., 2006, II,
163.
ARGOMENTI•CONTRATTO DI INVESTIMENTO
Non è possibile in questa sede occuparsi approfonditamente della natura della responsabilità precontrattuale.
La rubrica dell’art. 1337 Codice civile la definisce «precontrattuale». Non è tuttavia così pacifico se e in che
misura la responsabilità precontrattuale sia un genere di
responsabilità a se stante (appunto «precontrattuale»)
oppure sia, almeno in parte, da ricondursi a una forma
di responsabilità «contrattuale» o «extracontrattuale».
L’orientamento giurisprudenziale è nel senso di riportare la responsabilità precontrattuale a una forma di responsabilità extracontrattuale (31). In questo senso milita la considerazione che si tratta di una responsabilità
per fatti posti in essere quando il contratto non è ancora stato concluso. Non essendo una responsabilità
«contrattuale», la si riconduce allora - per esclusione - a
una forma di responsabilità «extracontrattuale». La
questione è certamente complessa e merita ulteriori approfondimenti che non sono possibili in questa sede.
Non ci si può peraltro esimere da un’osservazione. Anche a voler ricondurre la responsabilità precontrattuale
alla responsabilità extracontrattuale, va dato atto delle
peculiarità della responsabilità precontrattuale. Questa
forma di responsabilità è in ogni caso legata a un contratto. Mentre vi sono forme di responsabilità del tutto
extracontrattuali (si pensi solo alla responsabilità da circolazione di veicoli di cui all’art. 2054 Codice civile: qui
non vi è alcun legame di alcun tipo con un contratto),
la responsabilità precontrattuale ha comunque a che fare con un contratto. Si potrebbe allora definirla «responsabilità che sorge in vista della conclusione di un
contratto».
Diventa dunque necessario chiedersi quale sia, nello specifico contesto che qui interessa dell’intermediazione
mobiliare, il contratto di riferimento. La risposta a questa domanda non è affatto facile perché fra intermediario e investitore viene posta in essere, frequentemente,
una pluralità di rapporti contrattuali. Il riferimento fondamentale deve essere quello al contratto d’investimento, disciplinato dall’art. 23 D.Lgs. n. 58/1998. Ma questo
contratto è talvolta preceduto da un altro rapporto contrattuale fra intermediario e investitore. Si può trattare,
per esempio, di un contratto di «deposito di denaro»
(art. 1834 Codice civile). L’investitore ha a disposizione
certe somme, sul proprio conto, e utilizza queste risorse
per effettuare un investimento. Oppure fra le parti intercorre già un contratto più sofisticato rispetto al mero deposito di denaro, vale a dire un contratto di «deposito di
titoli in amministrazione» (art. 1838 Codice civile).
Fonte di obbligazioni, in questi casi, è innanzitutto il rapporto contrattuale bancario. A questo contratto bancario si aggiunge un secondo contratto, «relativo alla prestazione di servizi di investimento» (art. 23, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998). Anche questo contratto è fonte
di obbligazioni per le parti. Infine sopravviene un terzo
contratto, di compravendita (art. 1470 ss. Codice civile), quando vengono compravenduti gli strumenti finanziari. Normalmente vi è dunque una serie di rappor-
ti contrattuali fra i contraenti, ciascuno dei quali fa sorgere obbligazioni in capo alle parti.
Si sta tuttavia qui esaminando la responsabilità «precontrattuale», che - per definizione - precede la conclusione del contratto. Il cortese lettore deve quindi immaginarsi che fra intermediario e investitore non sussista ancora alcun rapporto contrattuale. Per semplicità si
pensi al caso del risparmiatore che si rivolge a una banca presso la quale non ha un conto corrente e con la
quale non intercorre, al momento, alcuna relazione di
altro tipo. L’investitore entra nella filiale della banca,
incontra un dipendente della stessa ed esprime l’intenzione d’investire una certa somma di denaro in strumenti finanziari. Risparmiatore e intermediario intavolano delle trattative finalizzate alla conclusione del contratto. La banca illustra i prodotti di cui dispone e cerca
di convincere l’investitore a affidarle i propri danari. In
un contesto del genere possono porsi problemi di responsabilità precontrattuale, alla luce dell’art. 1337 Codice civile.
Ad avviso di chi scrive le regole di condotta non operano solo una volta che è stato formalmente sottoscritto
un contratto fra intermediario e investitore (32). La
prestazione dei servizi d’investimento è un’attività complessa. Parte di essa si esplica prima della conclusione
del contratto d’investimento. A questa conclusione
conducono alcuni elementi testuali. Innanzitutto l’art.
21, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 si esprime nel senso che le regole di condotta operano nella «prestazione
dei servizi» d’investimento. La scelta di questa terminologia sembra slegata dal fatto della conclusione di un
contratto. Il legislatore avrebbe potuto esprimersi diversamente e scrivere «nella esecuzione dei contratti di investimento, i soggetti abilitati devono…». In secondo
luogo la legge prevede la possibilità che danni al cliente
possano essere cagionati nello «svolgimento dei servizi»
(art. 23, sesto comma, D.Lgs. n. 58/1998). Anche qui si
fa riferimento allo svolgimento di un servizio piuttosto
che all’esecuzione di un contratto. In terzo luogo lo stesso capo secondo (artt. da 21 a 25 bis D.Lgs. n. 58/1998),
Note:
(31) Cass. 5 agosto 2004, n. 15040, ha deciso che la responsabilità precontrattuale derivante dalla violazione della regola di condotta posta dall’art. 1337 Codice civile a tutela del corretto dipanarsi dell’iter formativo
del negozio costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, cui
vanno applicate le relative regole in tema di distribuzione dell’onere della prova. Cass. 16 luglio 2001, n. 9645, ha stabilito che la responsabilità
precontrattuale, configurabile per violazione del precetto posto dall’art.
1337 Codice civile, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, che si collega alla violazione della regola di condotta stabilita a tutela del corretto svolgimento dell’iter di formazione del contratto, sicché
la sua sussistenza, la risarcibilità del danno e la valutazione di questo ultimo debbono essere vagliati alla stregua degli artt. 2043 e 2056 Codice civile, tenendo peraltro conto delle caratteristiche tipiche dell’illecito in
questione.
(32) In questo senso sono anche V. Roppo/G. Afferni, Dai contratti finanziari al contratto in genere: punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale, in Danno resp., 2006, 31.
I CONTRATTI N. 12/2006
1139
ARGOMENTI•CONTRATTO DI INVESTIMENTO
dove sono contenute le disposizioni che ci interessano,
è rubricato «svolgimento dei servizi» e non «contratti
con gli investitori». Ai contratti con i risparmiatori è
dedicata una sola norma particolare, l’art. 23 D.Lgs. n.
58/1998.
Per queste ragioni non si condivide la tesi sviluppata
molto recentemente dal tribunale di Rovereto (33). Secondo questa autorità giudiziaria gli obblighi di comportamento non sono obblighi precontrattuali. Essi sarebbe
invece solo adempimenti esecutivi di un contratto già in
essere. Questo contratto viene individuato dal tribunale
di Rovereto in un mandato. Ad avviso di chi scrive, invece, le regole di condotta implicano che gli intermediari debbano tenere certi comportamenti sia prima sia
dopo la conclusione del contratto, che è il contratto tipico di investimento previsto dall’art. 21 D.Lgs. n.
58/1998. Nella maggioranza dei casi le regole di condotta si esprimono sotto forma di obblighi che attengono alla fase di esecuzione del contratto d’investimento. E, tuttavia, in alcune ipotesi il legislatore impone all’intermediario di comportarsi in un certo modo prima della conclusione del contratto, si potrebbe dire «in vista» della
conclusione del contratto.
La distribuzione delle regole di condotta sia nella fase
che precede la conclusione del contratto sia nella fase di
esecuzione dello stesso può essere compresa bene esaminando l’obbligo di «acquisire le informazioni necessarie
dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati» (art. 21, primo comma, lett. b,
D.Lgs. n. 58/1998). Questo doppio dovere dell’intermediario finanziario (di acquisizione di informazioni e di dazione di informazioni) incombe in maniera stabile. Esso
sorge, in forza di legge, ancora prima che il contratto
d’investimento sia concluso. La banca che facesse sottoscrivere un contratto al primo malcapitato che entrasse
in una sua filiale senza assumere dallo stesso alcuna notizia violerebbe questo precetto. L’acquisizione d’informazioni è finalizzata alla conclusione del contratto, è strumentale allo stesso, è effettuata «in vista» dello stesso. E
una volta concluso il contratto, non è che venga meno
il dovere informativo dell’intermediario. Questi è obbligato, sempre, sia a raccogliere informazioni dall’investitore sia a fornirgli quelle notizie che possono essere rilevanti per l’investimento già effettuato o in funzione di
nuovi investimenti (34).
Alcune delle regole di condotta riguardano dunque la fase che precede la conclusione del contratto (35). L’acquisizione originaria di informazioni deve, per forza di
cose, precedere la conclusione del contratto. È solo in
base alle notizie acquisite prima della sottoscrizione del
testo contrattuale che si può proporre al risparmiatore
un investimento ragionevole. L’intermediario deve osservare alcune regole di condotta già prima della conclusione del contratto. Se la banca non rispetta queste disposizioni, si può ipotizzare una sua responsabilità «precontrattuale». Un’inosservanza del canone di buona fede in questa fase del rapporto può configurare violazione
1140
I CONTRATTI N. 12/2006
dell’art. 1337 Codice civile. Ciò può avvenire quando
non si fornisce alcuna informazione all’investitore oppure quando si danno informazioni insufficienti. Il cliente
può allora ottenere dall’intermediario il risarcimento del
danno.
Il ragionamento appena svolto trova conferma nella
recente giurisprudenza di legittimità (36). La Corte di
cassazione ha stabilito che l’art. 1337 Codice civile
«assume il valore di una clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in maniera precisa, ma certamente implica il dovere di trattare in modo
leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o anche
solo reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o anche solo conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto».
Segue: b) l’annullamento del contratto
I
l comportamento scorretto dell’intermediario precedente alla conclusione del contratto può avere conseguenze più gravi del semplice risarcimento del danno. Esso può difatti condurre all’annullamento del contratto per vizio del consenso (37). L’annullamento può
essere determinato da errore oppure da dolo.
Per quanto riguarda l’errore si immagini che le informazioni fornite dall’intermediario spingano l’investitore a
rappresentarsi una situazione diversa da quella reale. Se
l’errore è essenziale e riconoscibile (art. 1428 Codice civile) ricorrono i presupposti per ottenere l’annullamento del contratto.
Si può poi immaginare che la violazione delle regole di
condotta (in particolare la scorretta politica informativa) dell’intermediario non sia dovuta a semplice colpa
dello stesso, ma a dolo. Anche in un caso del genere
l’investitore potrebbe essere stato indotto a concludere
il contratto dalle affermazioni fatte dalla banca. Ricorrono allora i presupposti per l’annullamento del contratto per dolo (art. 1439 Codice civile). Il raggiro può
realizzarsi anche mediante una semplice «omissione
Note:
(33) Trib. Rovereto 18 gennaio 2006, in Contr. impr., 2006, 579 ss., con
introduzione di F. Galgano.
(34) Si condivide dunque quanto scritto da M. M. Gaeta, L’applicazione
del principio del know your customer rule ai contratti di deposito ed amministrazione titoli, in questa Rivista, 2006, 119 ss., secondo cui gli obblighi
d’informazione non sono circoscritti alla fase della stipula del contratto,
ma si estendono per tutta la durata del rapporto, avendo l’intermediario
l’obbligo preciso di aggiornare il profilo informativo del cliente.
(35) Sulla informazione precontrattuale v., per tutti, V. Roppo, L’informazione precontrattuale: spunti di diritto italiano e prospettive di diritto europeo, in
Riv. dir. priv., 2004, 747 ss. (trad. dall’inglese di G. Affermi).
(36) Cass. 29 settembre 2005, n. 19024, in questa Rivista, 2006, 446 ss.,
con nota di F. Poliani, in Corr. giur., 2006, 669 ss., con nota di G. Genovesi e in Danno resp., 2006, 25 ss., con nota di V. Roppo/G. Afferni.
(37) Sull’annullabilità del contratto per vizio del consenso nel contesto
dell’intermediazione mobiliare cfr. E. Battelli, op. cit., 476; G. Gobbo/C.E. Salodini, op. cit., 36 s.
ARGOMENTI•CONTRATTO DI INVESTIMENTO
informativa». Vi sono alcune pronunce di legittimità in
questo senso (38). Si possono verificare dei casi in cui i
risparmiatori, se fossero stati adeguatamente informati,
non avrebbero stipulato alcun contratto. Il silenzio dell’intermediario può configurare un raggiro determinante del consenso. Il Tribunale di Pinerolo ha stabilito che
è annullabile per dolo il contratto di compravendita di
strumenti finanziari concluso in violazione dei doveri di
comportamento imposti agli intermediari dall’art. 21
D.Lgs. n. 58/1998 (39). Il giudice piemontese ritiene
che sia integrato il dolo omissivo ove in capo al contraente reticente vi sia un obbligo legislativamente stabilito di fornire determinate informazioni e questo obbligo venga violato. Il Tribunale di Pinerolo afferma che
il comportamento della banca ha assunto, nel caso di
specie, le connotazioni del dolo, sia per avere fornito
informazioni inesatte, sia per avere taciuto informazioni
che - se fornite - avrebbero indotto i clienti a maggiore
cautela.
La violazione degli obblighi informativi che incombono
sull’intermediario può infine rilevare anche come dolo
incidente (40). La disposizione di riferimento è l’art.
1440 Codice civile, secondo cui «se i raggiri non sono
stati tali da determinare il consenso, il contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei
danni» (41). Il dolo incidente non produce peraltro effetti sulla validità del contratto, ma consente solo di ottenere il risarcimento del danno.
Violazioni delle regole di condotta successive
alla conclusione del contratto
S
i immagini ora che un contratto fra intermediario
e investitore sia venuto ad esistenza. La questione
da porsi è se esistano a questo punto delle basi normative che consentono agli investitori di chiedere all’intermediario, che ha violato le regole di condotta previste dall’art. 21, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998, un risarcimento.
Come si è visto sopra, vi possono essere più livelli contrattuali (contratto bancario, contratto d’investimento,
contratto di compravendita degli strumenti finanziari).
Fra investitore e intermediario viene generalmente stipulato, quantomeno, un contratto d’investimento. Si
tratta di un rapporto contrattuale del tutto particolare,
regolato dal D.Lgs. n. 58/1998, in particolare dal suo art.
23. Per usare la terminologia del legislatore ci si trova di
fronte a un «contratto relativo alla prestazione di servizi
di investimento». La fonte di obbligazioni per le parti è
allora questo contratto-quadro (detto anche, con espressione inglese, master agreement) (42). Il contratto-quadro non è però fine a sé stesso: esso è strumentale a una
successiva attività d’investimento. In esecuzione del
contratto-quadro vengono poi acquistati e venduti strumenti finanziari. Al master agreement fa dunque seguito
un contratto di compravendita (oppure più contratti di
compravendita).
Segue: a) l’art. 1218 Codice civile
S
e contratto vi è stato, la responsabilità dell’intermediario può fondarsi sull’art. 1218 Codice civile
secondo cui «il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del
danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è
stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile».
L’applicazione dell’art. 1218 Codice civile presuppone
che in capo all’intermediario vi sia l’obbligo di effettuare una prestazione. Occorre cioè risalire a un vincolo che
impone (o, a seconda dei casi, vieta) certi comportamenti alla banca. Queste fonti di obbligazione sono le
regole di condotta. Si può trattare, tanto per fare degli
esempi, di un’omissione d’informazioni (violazione dell’art. 21, primo comma, lett. b, D.Lgs. n. 58/1998) oppure del compimento di un’operazione in conflitto d’interessi (violazione dell’art. 21, primo comma, lett. c,
D.Lgs. n. 58/1998). La «prestazione dovuta» dal debitore ai sensi dell’art. 1218 Codice civile è quanto intermediario e investitore pattuiscono nel contratto che sottoscrivono. Ma questo contratto, per effetto delle previsioni normative di origine comunitaria e di derivazione nazionale, è particolarmente sofisticato. Il contratto d’investimento non è «a contenuto libero». Il suo contenuto minimo è fissato da legge e, soprattutto, da regolamento. In particolare l’art. 30 Reg. n. 11522/1998 definisce il contenuto minimo dei contratti con gli investitori. Il testo contrattuale risulta alla fine composto di due
elementi: il contenuto minimo prescritto da legge e regolamento e il contenuto a scelta che vi danno le parti.
Il rispetto delle regole di condotta da parte dell’intermediario finanziario non è un fatto neutrale per l’investitore. L’osservanza dei criteri di comportamento è normalmente in grado di far sì che non si verifichi il danno in
capo al risparmiatore. Si pensi all’obbligo di operare in
modo tale che i clienti siano sempre adeguatamente
Note:
(38) Cass. 12 gennaio 1991, n. 257, ha deciso che il dolo quale causa di
annullamento del contratto ai sensi dell’art. 1439 Codice civile può consistere tanto nell’ingannare con notizie false (dolo commissivo), quanto
nel nascondere alla conoscenza altrui, con il silenzio o con la reticenza,
fatti o circostanza decisive (dolo omissivo). Cass. 11 maggio 1977, n.
1817, si è espressa nel senso che la reticenza di un contraente può configurare comportamento doloso, al fine dell’annullabilità del negozio ai
sensi dell’art. 1439 Codice civile, quando abbia provocato l’occultamento di un fatto la cui conoscenza avrebbe escluso il consenso dell’altro contraente. Cass. 7 luglio 1976, n. 2528, ha stabilito che il dolo, quale causa
di annullamento del contratto, può consistere in una semplice reticenza.
(39) Trib. Pinerolo 14 ottobre 2005, in Giur. it., 2006, 521 ss., con nota
di G. Cottino.
(40) Cass. 29 settembre 2005, n. 19024, in questa Rivista, 2006, 446 ss.,
con nota di F. Poliani, in Corr. giur., 2006, 669 ss., con nota di G. Genovesi e in Danno resp., 2006, 25 ss., con nota di V. Roppo/G. Afferni.
(41) Sulla responsabilità dell’intermediario ex art. 1440 Codice civile cfr.
F. Poliani, op. cit., 454 ss.
(42) Per un approfondimento di questa problematica cfr. la monografia di
G. Gitti, Contratti regolamentari e normativi, Padova, 1994.
I CONTRATTI N. 12/2006
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ARGOMENTI•CONTRATTO DI INVESTIMENTO
informati (art. 21, primo comma, lett. b, D.Lgs. n.
58/1998). Si immagini ora che un investitore acquisti
tramite intermediario obbligazioni che verranno rimborsate a distanza di molti anni. Nel corso di questo periodo di tempo la situazione finanziaria dell’emittente
può modificarsi in peggio. Il rating può subire un declassamento. Questa circostanza è di grande importanza per
l’investitore. L’intermediario è tenuto a informare il
cliente del declassamento del rating. L’investitore può
così cercare di cedere le obbligazioni prima della scadenza. Il pregiudizio per i clienti è normalmente evitato in
presenza di adeguate informazioni da parte dell’intermediario. L’intermediario che viola obblighi che, per legge,
gli fanno capo non esegue esattamente la prestazione dovuta e la banca è tenuta a risarcire il danno che l’investitore subisce.
È utile richiamare in questo contesto un precedente
(43). Il tribunale di Monza, nel 2004, ha stabilito che il
cattivo esito di un’operazione d’investimento non è di
per sé indice di una responsabilità dell’intermediario finanziario. La banca non può garantire che l’investimento effettuato dal cliente sarà positivo. Chi intermedia professionalmente l’acquisto di strumenti finanziari
non è in grado di garantire che i titoli che suggerisce di
acquistare accresceranno il loro valore. Un incremento
oppure un decremento della quotazione dipende da tanti fattori, quasi sempre del tutto indipendenti dall’operato dell’intermediario. Semmai è la buona piuttosto
che la cattiva gestione degli amministratori della società, i cui strumenti finanziari vengono compravenduti dall’investitore, a determinarne la crescita o la perdita di valore. La legge non impone dunque all’intermediario di conseguire un obiettivo economico. Il legislatore, tuttavia, impone all’intermediario un obbligo di
mezzi (44). La banca deve, anche solo per riprendere il
tenore letterale dell’art. 21, primo comma, lett. a,
D.Lgs. n. 58/1998, «comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati». Un intermediario che violi questi
doveri o altri obblighi che la legge gli impone si rende
responsabile. Se il cliente non viene adeguatamente
informato, per esempio, la banca risponde del danno
che ne consegue. La responsabilità dell’intermediario
non è dovuta al fatto che l’emittente i cui strumenti finanziari sono stati suggeriti per l’acquisto va male, ma è
ascrivibile al fatto che la banca ha violato propri precisi
doveri.
Il fatto che il contratto relativo alla prestazione di servizi d’investimento sia regolato dettagliatamente nel
D.Lgs. n. 58/1998 non significa che non trovi applicazione la normativa generale in materia di obbligazioni e
di contratti. «Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza» (art. 1175 Codice civile). Inoltre «nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia»
(art. 1176, primo comma, Codice civile). Per quanto riguarda l’intermediario finanziario occorre tenere presen-
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I CONTRATTI N. 12/2006
te che questi svolge un’attività professionale: «nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di
un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con
riguardo alla natura dell’attività esercitata» (art. 1176,
secondo comma, Codice civile). In altre parole la banca
può essere ritenuta responsabile non solo nei casi d’inosservanza di quanto disposto puntualmente dal D.Lgs. n.
58/1998, ma anche quando pone in essere altri comportamenti - pur non espressamente previsti dalla legge speciale - che configurano una condotta non corretta (art.
1175 Codice civile) oppure non diligente (art. 1176 Codice civile). L’importanza delle clausole generali quali
«correttezza» (art. 1175 Codice civile), «diligenza» (art.
1176 Codice civile) e «buona fede» (art. 1337 Codice
civile) nell’ambito dei contratti d’investimento è sottolineata dalla dottrina (45). Ma anche le sentenze più attente risalgono dallo specifico contesto dell’intermediazione mobiliare ai principi del diritto civile.
Segue: b) cenni alla possibile risoluzione
del contratto
P
er completezza bisogna osservare che l’inadempimento del debitore può essere di gravità tale da determinare la risoluzione del contratto. L’interprete
deve chiedersi se l’inadempimento sia o meno grave (art.
1455 Codice civile). Se l’inadempimento non è grave, il
contratto non può essere attaccato. Il rimedio esperibile
è la richiesta di risarcimento del danno. Se invece l’inadempimento è grave, può essere chiesta la risoluzione del
contratto, oltre al risarcimento del danno (in questo
senso espressamente l’art. 1453, primo comma, Codice
civile).
In questa direzione si muove, per esempio, una recente
sentenza del tribunale di Milano (46). L’autorità giudiziaria milanese ha deciso che «il giudice, nell’esaminare
i comportamenti tenuti dagli intermediari nelle singole
fattispecie, potrà e dovrà valutare l’importanza dell’inadempimento dedotto dall’investitore, sia ai fini della
condanna al risarcimento dei danni, sia ai fini della
eventuale risoluzione del contratto, quando le violazioni
commesse risulteranno di gravità tale da compromettere
del tutto l’equilibrio del rapporto negoziale».
Note:
(43) Trib. Monza 14 ottobre 2004, in questa Rivista, 2005, 113 ss., con nota di E. Guerinoni.
(44) M. M. Gaeta, Responsabilità oggettiva degli intermediari e validità dei
contratti di investimento, in questa Rivista, 2005, 590; E. Guerinoni, Negligenza e giudizio di responsabilità degli intermediari finanziari, in questa Rivista,
2005, 117.
(45) Cfr., per esempio, V. Roppo, La tutela del risparmiatore fra nullità e risoluzione (a proposito di Cirio bond & tango bond), in Danno resp., 2005,
625, il quale, riferendosi al richiamo contenuto in alcune sentenze ai principi generali del diritto civile, scrive - con divertente espressione - di «musica, per le orecchie del civilista».
(46) Trib. Milano 25 luglio 2005, in questa Rivista, 2006, 460 ss., con nota di E. Battelli.
ARGOMENTI•CONTRATTO DI INVESTIMENTO
Osservazioni conclusive
1. La violazione delle regole di condotta degli intermediari finanziari produce conseguenze diverse a seconda
delle caratteristiche del singolo caso. Si può trattare di
nullità del contratto, di annullamento del contratto, di
risoluzione del contratto oppure di risarcimento del danno. L’applicazione di un rimedio piuttosto che di un altro
dipende dalle circostanze del caso. In questo articolo ci si
è soffermati soprattutto sul risarcimento del danno quale
possibile rimedio alle violazioni delle regole di condotta.
2. Le fonti normative dell’obbligo di risarcire il danno
sono diverse. Nella fase precontrattuale viene in considerazione l’art. 1337 Codice civile. Oppure il contratto
può essere annullato per errore o dolo.
3. Se è stato concluso un contratto (fase «contrattuale»)
possono trovare applicazione le clausole generali sulla
responsabilità del debitore. In particolare la responsabilità può essere affermata sulla base dell’art. 1218 Codice
civile. In caso di inadempimento grave può essere chiesta la risoluzione del contratto.
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