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La Sacra Scrittura e la reincarnazione
Damian Spătaru
ABSTRACT
Although the reincarnation doctrine initially occurred at the
oriental countries, it still remains an unfamiliar idea to the Holy
Scripture. The suggestion to put certain biblical verses at the basis
of the reincarnation theory, either from the New Testament and
the Old Testament, remains without foundation. A verse from the
Bible can not be interpreted if it is separated from its cultural,
historic and religious context. A Scripture interpretation has a
true value only after a careful reading of a Divine Word, only by
knowing the biblical context through different studies and always
under the guidance of the Church Magistery. It is not a surprise
that the supporters of the reincarnation theory do not study the
Holy Scripture. This fact can be easily noticed in P.A. Gramaglia’s
work Altre vite dopo la morte? La reincarnazione, Piemme, Casale Monferrato 19962, 399-455, in which a list with silly things
(“elenco di alcune stupidità”) is presented.
But, in the end, does this doctrine have to be supported by the
word of the Bible ? Because, in the end, this doctrine does not have
a content herself. By eliminating the myth around it and all the
speculation of Hindu-Buddhist origin, the reincarnation presents
herself as an idea that did not, does not and will never be able to
satisfy the human personal needs, made of body and soul. The only
thing that this doctrine can do is to confuse the human mind, cancelling any will towards a right, moral conduit and any hope for
the eternal happiness. Moreover, with its disrespect for the human
body, it opens the way towards violence, unfairness and hate.
Contrary, the Holy Scripture clearly shows the dignity of the
human being, as a whole (body and soul), the uniqueness of life,
against all the activities carried out and the ultimate ideal which
is the resurrection. In addition, from its first pages, the Holy
Caietele Institutului Catolic VII (2008, 2) 25-50
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Scripture is penetrated of the news of coming of The Saviour. This
divine plan was accomplished with the arrival of Jesus Christ. He
is the son of God who died and resurrected to open the doors of
eternal life to the ones who will love him and do well. Resurrection, on the other hand, presents a different perspective on the redemption, based on own forces. That’s why even one single word
in the Holy Scripture does not support the wrong idea of reincarnation. This is supported by those who do not know the Christian
message of the resurrection or know it superficially. That’s why a
lot of Christians state that they believe in reincarnation, showing
by this that they ignore the Holy Scripture.
In addition to Gramaglia’s book and the references mentioned
in the text, further references can be mentioned as follows: Commissione Teologica Internazionale, Alcune questioni attuali
riguardanti l’ecatologia, in La Civiltà Cattolica, quaderno 3401, I
(1991) 458-494; H. Zander, Geschichte der Seelenwanderung in
Europa. Alternative religiöse Traditionen von der Antike bis
heute, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1999, 119152 (nr. 8: Juden und Christen. Ewiges Leben statt Wiederkehr).
1. Introduzione
Il tema della reincarnazione costituisce, in modo particolare nel nostro tempo, una provocazione per la persona che osa
farsi delle domande sull’aldilà. La mancanza di chiarezza del
concetto di reincarnazione rischia portare confusione nella
fede cristiana e, più volte, accomunarla o interporla alla dottrina cristiana, considerando quest’ultima un elemento di una
certa reciproca identificazione.
1.1. Cosa significa la parola reincarnazione?
Il termine adoperato con prevalenza nella cultura moderna
per indicare la teoria secondo la quale all’anima umana, dopo
la morte, sia data la possibilità di prendere un altro corpo, di
re-incarnarsi, è reincarnazione. Alla base di questo vocabolo si
trova il termine greco metemyu/xwsij (metempsicosis), che significa letteralmente “transmigrazione dell’anima”, è utilizzato
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in modo particolare dall’orfismo, Pitagora, Empedocle, Platone, i gnostici, e in una misura molto ridotta ricordato e contestato da alcuni scrittori cristiani1.
Il termine «reincarnazione» comporta la possibilità di rinascita in corpi fisici di natura prevalentemente umana ed è preferito, da coloro che restringono la «migrazione» a corpi umani, a quello di metempsicosis che ammette il passaggio
dell’anima di corpo in corpo, dal mondo minerale a quello vegetale, poi a quello animale per finire all’umano, intendendo
quindi per “corpo” l’intera natura. Ma di per sé i due termini
sono «aperti» anche ad «incarnazioni» nel mondo animale e
vegetale2.
Ci sono anche altri termini che s’incontrano leggendo la letteratura antica. Per esempio, come sinonimo del metempsícosis, i Padri della Chiesa, quando combattono le teorie reincarnazioniste si servono anche del termine metenswma/twsij3
(metensomatosis = passare da un corpo all’altro). In più, un
termine utilizzato in una maniera alquanto estesa nella Chiesa antica, specie con riferimento all’escatologia e alla rinascita
spirituale, è paliggenesi/a (palingenesia) che significa “ricominciare di nuovo”, “rinascita”, e per gli stoici “restaurazione”4.
A partire già dalla terminologia, viene eliminato qualsiasi
nesso tra la reincarnazione e la risurrezione, quest’ultima professata dai cristiani: «credo […. ] carnis resurrectionem». In
merito alla traduzione dell’articolo del Simbolo apostolico
“Carnis resurrectionem” la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede milita per il mantenimento della traduzione
esatta tradizionale, cioè con risurrezione della carne, senza
dare una prevalenza esclusiva o totale alla formula “risurre1
Cfr. G. W. H. LAMPE, A Patristic Greek Lexicon, Oxford 2001, 863.
S. THURUTHIYIL, Induismo e reincarnazione, in «Religioni e Sette nel
mondo» 1 (1997), 25.
3
Cfr. LAMPE, Lexicon, 864.
4
Cfr. Tt 3, 5; LAMPE, Lexicon, 998-999; A. MERK (ed.), Novum Testamentum grasce et latine, ed., Roma 199111, 706; L. SCHEFFCZYK, Die Reinkarnationsgedanke in der altchristlichen Literatur, in «Bayerische Akademie der
Wissenschaften. Philosophisch- historische Klasse», Sitzungsberichte
1985, Heft 4 (München 1985), 9.
2
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zione dei morti” il che «costituirebbe un impoverimento
dottrinale»5. Il mistero della risurrezione per i cristiani riguarda l’evento finale quando i corpi umani prenderanno vita con
la stessa anima con cui nella unica vita terrena avevano formato una unione perfetta.
1.2. Chi sono quelli che ammettono la dottrina reincarnazionista?
Non solo gli induisti, i buddhisti o altre religioni sostengono
un tale insegnamento. Al giorno d’oggi la concezione spiritualista della reincarnazione è essenzialmente legata a sei correnti che si possono definire esoteriche:
1.- La reincarnazione fa anzitutto parte dell’insieme delle
credenze di molti frammassoni, sulla scia del cavaliere di Ranisay (1686-1743), uno scozzese conquistato al cattolicesimo da
Fénelon, legato al circolo mistico di Guyon, che cercava di integrare la credenza nella reincarnazione con i dogmi cristiani;
2. - La reincarnazione è anche una delle credenze del movimento dei Rosacroce (e di una serie di gruppi esoterici che si
rifanno ad esso, per esempio, Nuova Acropoli, Fraternìtà bianca universale) nato in Germania nel XVIII secolo, che però non
vuole essere una religione. Intende comunicare ai suoi membri
un insieme di verità e di poteri che permettono di «rigenerare
l’esistenza»;
3. - La reincarnazione è anche una credenza presente nella
cosiddetta teosofia. Si tratta di un esoterismo fondato in Inghilterra alla fine del XIX secolo e ha due caratteristiche: da
una parte lo sforzo di integrare e formulare in forma occidentale le tradizioni spirituali asiatiche, dall’altra un’analisi dei
diversi costitutivi dell’essere umano (corpo fisico, corpo astrale, corpo etereo o sottile), nella convinzione che tale analisi
possa spiegare i processi della reincarnazione;
4. - La reincarnazione è anche una credenza presente nello spiritismo. Tale concezione unisce l’esoterismo (conoscenze
5
SCDF, 14 dicembre 1983; cfr. CDF, Su alcune questioni concernenti
l’escatologia (17.5.1979); CTI, Alcune questioni attuali riguardanti
l’escatologia in La Civiltà Cattolica 1992 I 458-494.
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misteriose), l’occultismo (ricorso a poteri straordinari, in particolare a quelli dei medium) e infine un gusto molto occidentale di vedere o di verificare «nei fatti» le credenze che s’ipotizzano o si adottano. Legata soprattutto ad Allan Kardec, un
francese del XIX secolo (1804-1869), la dottrina della reincarnazione tiene conto, come la teosofia e l’antroposofia, dei diversi aspetti dell’essere umano. Insiste in particolare sul corpo
etereo o sottile che collega il corpo fisico al corpo astrale, lo
avvolge al momento della morte e si manifesta di nuovo al momento della reincarnazione. Inoltre, mobilita a favore della
reincarnazione alcuni fenomeni di comunicazione con i defunti e alcuni processi di comunicazione tramite medium, che tuttavia non implicano, in quanto tali, questa interpretazione. Da
ciò deriva l’ambiguità dello spiritismo;
5. - La reincarnazione è anche una credenza presente nella
Astrologia. Si tratta di un tentativo di spiegare il momento
delle reincarnazioni attraverso le posizioni dei pianeti: il ritorno di un morto nel mondo presente si compierebbe quando
avviene l’accordo tra questa posizione e il tema astrale del defunto. Indipendentemente dall’opinione che si può avere dell’astrologia, possiamo pensare che questo sforzo per armonizzare reincarnazione e astrologia non dia alcun apporto alla
dottrina stessa della reincarnazione, se non forse un «effetto»
di verosimiglianza sperimentale che può colpire l’immaginazione ma che non implica niente rispetto alla dottrina in questione. In realtà, infatti, non tutti gli astrologi o gli amatori di
oroscopi credono alla reincarnazione. Soprattutto, l’astrologia
può adattarsi alla reincarnazione, ma non si può dire che ne
costituisca assolutamente un fondamento;
6.- La reincarnazione è presente anche nell’Antroposofia.
Cerca di stabilire un nesso tra l’interpretazione spiritualista,
soprattutto nella sua forma di teosofia, e alcuni dati antropologici. Si tratta dell’«antroposofia» di Rudolf Steiner (18611925). Questa corrente, che ha le sue origini in Germania, assume l’esoterismo della teosofia ma anche l’eredità cristiana.
Nello stesso tempo, cerca di fondare su basi sperimentali
(escludendo però l’intervento dei medium, come fa la teosofia)
una concezione dell’essere umano che lascia spazio a un corpo
30
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fisico, a un’anima spirituale (che si reincarna) e infine a uno
spirito superindividuale che è metastorico e quindi non più
sottoposto al ciclo delle reincarnazioni6.
A questo punto è facile comprendere come, da una parte, la
Scrittura stessa sia citata ripetutamente dai fautori della reincarnazione, mentre che, dall’altra parte, sia considerata un
vero appoggio per sostenere, di fronte e contro l’insegnamento
cristiano, tali errori. La Scrittura parla veramente della reincarnazione? È la sua intenzione appoggiare o rifiutare una tale
idea?
2. L’Antico Testamento
Per capire quanto sia estranea l’idea della trasmigrazione
all’Antico Testamento bisogna mettere in risalto alcuni concetti chiave che respingono in modo contrastante un tale insegnamento. L’Antico Testamento vede la vita sulla terra come
su un’arena sulla quale si svolge l’attività al servizio di Jahvé;
questa vita è il luogo dove si accoglie la parola divina, si offrono dei sacrifici e si possono sperimentare gli interventi meravigliosi divini. Tutti gli sforzi compiuti per piacere a Dio e per
osservare i comandamenti sono indispensabili per essere retribuiti su questa terra. Tuttavia, l’interesse dell’ebreo per la
vita sulla terra non esclude in nessun modo la speranza in una
vita dopo la morte.
Secondo Fontinoy, per studiare il destino dell’uomo biblico,
significa studiare il modo in cui lui considera di dover vivere
per piacere a Dio, il modo in cui riconosce che ha un ruolo sulla terra. Quindi al posto di pensare «a cosa Dio destina l’uomo
secondo la Bibbia?» bisogna considerare, a partire dal testo sacro, «a cosa pensa l’uomo della Bibbia che Dio nel quale crede
6
Cfr. CESNUR, Enciclopedia delle religioni in Italia, Torino 2001, 767781; P. DESCOUVEMENT, Le risposte della fede. Piccola enciclopedia apologetica, (tit.or.: Guide des difficultés de la foi catholique, Paris 1969), Milano 1992, 470-471.
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lo destini»7. In un certo senso si potrebbe dire che è l’uomo che
sceglie il destino attraverso le opere compiute in questa vita.
2.1. Il significato del termine She’ôl
Il significato del termine She’ôl oscilla tra il concetto di
tomba, quello di uno stato di dopo la morte e quello di un mondo invisibile. Nella versione greca dell’Antico Testamento, la
Settanta, il vocabolo viene tradotto con Ade8. Per alcuni il termine She’ôl degli antichi israeliti ricorderebbe il concetto babilonese di arallū9. Alcuni sostenitori della reincarnazione lo
traducono con luogo di attesa (lieu d’attente) delle anime di un
nuovo corpo10.
Il She’ôl è visto come il luogo del sottoterra (Ez 31, 15. 17;
Sal 85, 13), della polvere (Gb 17, 16), dell’oscurità (Gb 10, 21),
del silenzio (Sal 93, 17) e della dimenticanza (Sal 87, 12). Molte volte certe caratteristiche della vita terrena sembrano continuare in She’ôl (Is 14, 9; Ez 32, 27).
Il She’ôl è anche un luogo di tristezza e in certi passaggi ha
un aspetto punitivo (Sal 48, 13-16); la destinazione prematura
al She’ôl è anche essa una forma di giudizio. Essere nel She’ôl
significa essere abbandonati dalla mano di Dio (Sal 87, 6). Ma
Jahvé è presente anche lì (Sal 138, 8) ed è capace di liberare
dalla corruzione coloro ivi si trovano (Sal 15, 10).
7
CH. FOTINOY, La destinée humanine d’après la Bible, in A. THÉODORIÈS
– P. NASTER – A. VAN TONGERLOO (edd.), Humana condicio, Acta Orientalia
Belgica VI, Bruxelle-Louvain-la-Neuve-Leuven 1991, 182.
8
Cfr. Gen 37, 35; Sal 16,10.
9
L’Arallu babilonese è immaginato come una città circondata da
sette mura dove coloro che arrivano sono calati nelle tenebre, privati
della luce senza mai vedere il giorno. Anche nelle altre religioni precristiane il luogo di residenza delle anime dopo la morte viene indicato con
diversi nomi: Earu per gli Egizi, Ades per i Greci, Orcus per i Latini; cf.
“Geenna” per il Nuovo Testamento; cfr. FOTINOY, La destinée humanine
d’après la Bible, 191.
10
Cfr. D. ENCAUSSE, La réincarnation. L’évolution physique, astrale et
spirituelle. Ce que deviennent nos morts, St. Jean de Braye (France) 1981,
111-112.
32
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Alcuni hanno visto, a partire da alcuni termini a volte sinonimi e paralleli di She’ôl come baddôn (= distruzione: Gb 31,
12; Sal 87, 11; Pr 15, 10-11), šahat (= fossa: Gb 33, 24; Ez 28,
8) e bôr (= pozzo: Sal 29, 4; Ez 31, 14) un luogo di condanna in
She’ôl. Nonostante tutto, nessun passaggio che contiene questi termini richiede esplicitamente una tale interpretazione.
Rimane difficile stabilire con esattezza a quanto la Bibbia
definisca veramente con questa parola. Il She’ôl non indica
semplicemente la tomba ma è un luogo dove si va quando si
muore. Per esempio in Genesi 37, 35: «Tutti i suoi figli e tutte
le sue figlie vennero a consolarlo; ma egli rifiutò di essere consolato, e disse: «Io scenderò con cordoglio da mio figlio, nel
soggiorno dei morti. E suo padre lo pianse». In questo racconto
Giacobbe pensava che il figlio Giuseppe fosse mangiato da una
bestia selvaggia. Il corpo di Giuseppe non poteva quindi essere
in una tomba. Giacobbe sapeva che l’avrebbe trovato da qualche parte: nel soggiorno dei morti. Il termine indica quindi
un’esistenza immateriale dopo la morte, dove vanno i buoni e
i cattivi. Fino qui vediamo che è presente l’idea di un’esistenza
dopo la morte, e non di un ritorno alla vita.
2.2. L’idea dell’anima nella Bibbia è diversa da quella dei
filosofi
Il disinteresse dell’Antico Testamento per la dottrina della
metempsicosi o della reincarnazione si osserva ancora più
chiaro valutando l’idea dell’anima che, nell’Antico Testamento, ha un significato diverso da quello del mondo dei filosofi e
delle altre religioni orientali. Mentre che per i platonici l’anima si identifica con lo spirito e ne è una sua emanazione, per
gli ebrei Dio è la sorgente della vita. L’anima rappresenta l’uomo intero (corpo e intelligenza), è il segno della vita, mentre lo
spirito è immortale e tornerà a Yahvé11. L’anima, anche se può
morire e accompagnare il corpo in She’ôl12, il Dio onnipotente
11
Cfr. Gb 34, 14; Sal 31, 6; Eccl 12, 7; X. LEON-DUFOUR, art. Âme, in
Vocabulaire de Théologie Biblique, Paris 19886, 41-42.
12
Cfr. Num 23, 10; Gdc 16, 10; Ez 13, 10, Sal 78, 50
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la farà risorgere da quel posto perché Lui «ha creato l’uomo
per l’immortalità»13.
Il Libro della Sapienza 3, 1-5, 16 fa vedere come la speranza
dei giusti è l’immortalità dell’anima, idea presente anche nell’ambiente greco. Ma la sopravvivenza dell’anima presso gli
ebrei implica anche quella della resurrezione dei corpi, perché
il pensiero ebraico non distingue tra corpo e anima14. Bisogna
sottolineare che il testo rispecchia anche l’idea di un giudizio
in quanto considera solo il caso dei giusti e non insegna direttamente la risurrezione di tutti gli uomini.
Per quello che concerne l’idea del corpo abbiamo nel Libro
della Sapienza un brano che sembra presenti una eccezione,
una differenza tra l’anima e il corpo: «un corpo corruttibile
appesantisce l’anima e la tenda d’argilla grava la mente dai
molti pensieri»15. Il brano, è vero che richiama il dualismo della filosofia greca tra corpo e anima o spirito, ma non presenta
un’impostazione differente, ritenendo tuttavia naturale l’unione dell’anima e del corpo, «trattandosi in questo caso dell’intelligenza dell’uomo e non dello spirito di vita»16. Non si tratta
di sottovalutare la materia né il corpo perché «essendo buono,
ero entrato in un corpo senza macchia»17 .
2.3. Il concetto di retribuzione e di punizione immediata personale o collettiva
L’idea di una remunerazione e di una pena, di un’escatologia individuale o di un’escatologia collettiva, distinzioni affermate in modo esplicito solo tardivamente, con la divisione tra
il She’ôl per i buoni e il She’ôl per i cattivi18, non favorisce in
13
Sap 2, 23.
Cf. Bibbia di Gerusalemme, Bologna 1991, commento al v. 7, 9,
1006-1007.
15
Sap. 9, 15.
16
LEON-DUFOUR, art. Âme, in Vocabulaire de Théologie Biblique, 42;
cf. Bibbia di Gerusalemme, commento al v. 9, 15, 1395-1396.
17
Sap 8, 20; cf. 13, 3.
18
Cfr. D. K. INNES, art. Şeol, in Dictionar biblic (tit. or.: New Bible
Dictionary, Wheaton 1962), Oradea 1995, 1245.
14
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alcun modo l’idea della purificazione specifica nelle teorie reincarnazioniste odierne e neanche quella più antica della metempsicosi.
Qualsiasi fosse la situazione dell’individuo dopo la morte
terrena, appare preferibilmente la nozione della retribuzione
personale, l’idea della resurrezione, della potenza di un Jahvé
in grado di liberare dalla corruzione coloro ivi si trovano: «non
abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo
santo veda la corruzione» (Sal 15, 10), ed in nessun caso l’idea
di un ritorno ad un’altra vita terrena. I diversi rapimenti a una
vita divina soltanto per singoli uomini, eccezionalmente dotati, come Enoch che Dio “prese” dopo che in vita aveva “camminato con Dio” (Gn 5,24) ed Elia che nel turbine salì in cielo
verso Dio (2 Re, 2, 11), appoggiano questa idea della risurrezione e accennano quella della retribuzione personale.
2.4. La fede nella risurrezione
I riferimenti alla vita dopo la morte, più accennati nel periodo tardivo, sono presenti in germe, senza una forma ben
definita, già dai primi libri della Torah. L’idea della risurrezione potrebbe essere vista in due dimensioni: quella della risurrezione collettiva e quella della risurrezione individuale. La
Torah mette in risalto le ricompense e le punizioni immediate
e concrete piuttosto che in uno stato futuro paradisiaco19, ma
in diversi punti indica che i giusti saranno riuniti con i loro
cari dopo la morte, mentre il cattivo sarà escluso da questa
riunione. Questa “riunione” è descritta come evento separato
dalla morte fisica del corpo o della sepoltura20. Violare l’alleanza con Dio significa essere separati dalla sua gente21. Questa
punizione significa che l’anima non avrà più parte nel mondo
futuro.
19
Cfr. Lev 26, 3-9; Deut 11, 13-15.
Abramo morì e si riunì ai suoi antenat (Gen. 25, 8); altrettanto Ismaele (Gen 25, 17), Isacco (Gen 35, 29), Giacobbe (Gen 49, 33), Mosé ed
Aronne (Deut 32, 50).
21
Cfr. Gen 17, 14; Es 31, 14.
20
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In modo più chiaro si percepisce l’idea dell’immortalità dalla voce dei profeti che dopo la prova dell’esilio invitano il popolo alla speranza. Una liberazione dal regno dei morti, She’ôl, è
presente in Osea, anche se solo in modo “metaforico”22. Verso
il 750 a.C., il profeta predicava con queste parole: «Venite, e
convertiamoci al Signore […]. Infra due giorni egli ci avrà rimessi in vita; nel terzo giorno egli ci avrà risuscitati, e noi vivremo nel suo cospetto»23.
Verso 593 a. C. inizia il ministero del profeta Ezechiele.
L’immagine delle ossa aride che si rivestono di nervi, di carne
e di vita il quale afferma: «Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi. […] Dice il Signore Dio: ecco, io apro i vostri
sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri
sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il
Signore»24.
Il Signore farà risorgere i morti dalla polvere come attesta
il Libro del profeta Isaia (composto tra il 550 a.C. e il 100 a.C.):
«Ma di nuovo vivranno i tuoi morti, risorgeranno i loro cadaveri. Si sveglieranno ed esulteranno quelli che giacciono nella
polvere, perché la tua rugiada è rugiada luminosa, la terra
darà alla luce le ombre»25.
Poi, attraverso i simboli utilizzati in alcuni testi profetici, si
intravede anche l’idea di una ricompensa individuale e della
risurrezione individuale della carne26.
L’idea della risurrezione dei corpi, ricordata già in Is 26, 19
e in Gb 19, 26-27, è presente in modo chiaro nel secondo Libro
22
Cfr. J. RADERMAKERS – P. GRELOT, art. Résurrection, in Vocabulaire de
Théologie Biblique, 19886, 1102.
23
Os 6, 1-3. Traduzione secondo la Bibbia Diodati. Vedi la nota al
versetto 6, 2 nella Bibbia di Gerusalemme, 1961; cfr. Os 13, 14.
24
Ez 37, 10. 12-14a.
25
Is 26, 19.
26
Cfr. Gb 19, 25-27.
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dei Maccabei «Giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re del mondo, dopo che
saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed
eterna»27.
Più esplicitamente ancora, il Libro di Daniele afferma che
«Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per
l’infamia eterna»28. L’idea del martirio per la fede richiede anch’essa una retribuzione individuale. La loro vita sarà trasfigurata perché «coloro che avranno indotto molti alla giustizia
risplenderanno come le stelle per sempre»29. Non si tratta «soltanto della fama postuma dei santi ma di una trasfigurazione
escatologica del loro corpo, ormai “glorioso”»30.
2.5. Sant’Agostino elimina le teorie della reincarnazione e
della preesistenza delle anime con la Scrittura
Alcuni passi biblici dell’Antico testamento sono spiegati da
S. Agostino. Il santo chiarisce la questione della natura dell’anima, la sua origine e la sua meta annullando così i presupposti dell’insegnamento reincarnazionista. S. Agostino afferma che «la sostanza dell’anima non può cambiarsi nella
sostanza corporea di modo che quella ch’era un’anima diventi
un corpo né cambiarsi in un’anima irrazionale, in modo cioè
che un’anima umana possa divenire l’anima d’una bestia né
cambiarsi nella sostanza di Dio; e così viceversa dobbiamo ritenere che né un corpo né un’anima irrazionale né la sostanza di
Dio possono mutarsi e divenire un’anima umana. Non dev’essere neppure meno certo che l’anima non può essere se non
27
2 Mac 7, 9; cf. 2 Mac 7, 11. 14. 22; 12, 43-46; 14, 46.
Dn 12, 2.
29
Dn 12, 3b.
30
Bibbia di Gerusalemme, commento al v. 12, 3, 1945. Il Libro apocrifo di Enoch dà altrettanto una presentazione spirituale della risurrezione: quando l’anima del defunto sarà risorta dagli inferi per ritornare alla
vita, essa entrerà nell’universo trasformato che Dio avrà riservato per il
mondo futuro; cfr. J. RADERMAKERS – P. GRELOT, art. Résurrection, in Vocabulaire de Théologie Biblique, 1104.
28
La Sacra Scrittura e la reincarnazione
37
una creatura di Dio. Per conseguenza, se Dio fece l’anima senza trarla né da un corpo né da un’anima irrazionale né da lui
stesso, resta che la fece traendola o dal nulla o da qualche creatura spirituale, ma in ogni caso razionale»31. Allo stesso modo
Agostino mostra che l’anima non deriva né dagli angeli né dagli elementi, né dalla sostanza divina32.
Uno dei testi più significativi spiegato da Agostino è Is 57,
16: «Vediamo dunque adesso a quale opinione di preferenza
danno sostegno i testi della sacra Scrittura: se a quella secondo
la quale si dice che Dio creò una sola anima e l’infuse nel primo
uomo e da essa fece derivare tutte le altre come dal corpo di
quello tutti gli altri corpi; oppure a quella secondo la quale si
dice che Dio crea un’anima individuale per ciascun essere
umano, mentre tutte le altre le crea come creò quell’unica per
Adamo senza farle derivare da essa. Ciò che la Scrittura dice
per mezzo d’Isaia: Sono io che ho creato ogni soffio vitale, per
il fatto che il contesto mostra chiaramente che parla dell’anima, può essere inteso conforme all’una e all’altra ipotesi. Poiché, sia che Dio faccia le anime col trarle dall’unica anima del
primo uomo, sia che le faccia col trarle da qualche altra fonte a
noi ignota, è sempre lui che crea tutte le anime»33.
Dopo l’analizza di alcuni versetti Agostino illustra come
debba intendersi Sap 8, 9-10. Infatti, il passo biblico del libro
della Sapienza è interpretato in modo errato da molti. Secondo
alcuni il testo «allude semmai alla preesistenza dell’anima, ma
non alla reincarnazione»34. Ma lì non si tratta neanche della
preesistenza dell’anima come vedremo.
Sant’Agostino mostra l’opinione riguardante Sap 8, 19-20 e
risponde alla questione sull’origine dell’anima. In questo modo
elimina la teoria della preesistenza dell’anima su cui si basa la
reincarnazione. Si domanda: l’anima viene da Dio o tramite i
genitori? Agostino commenta: «Ma un esame più attento esige
31
Agostino, De Gen. ad litt. 10, 4, 7.
Agostino, De Gen. ad litt. 10, 5, 8.
33
Agostino, De Gen. ad litt. 10, 6, 9. Vedi anche altri testi: Ps 32, 15;
Zac 12, 1.
34
L. DAL LAGO, Bibbia e tradizione cristiana di fronte alla reincarnazione, in CredOg 18 (3/1998) n. 105, 75.
32
38
Damian Spătaru
il passo del libro della Sapienza che dice: “Ho avuto in sorte
un’anima buona e, poiché ero più buono, entrai in un corpo
senza macchia” (Sap 8, 19-20.). Esso infatti sembra suffragare
l’opinione secondo la quale si crede che le anime non si propagano da un’unica anima bensì che vengano nei corpi dall’alto.
Che cosa significa tuttavia la frase: “Ha avuto in sorte un’anima buona?” Si potrebbe immaginare che nella “sorgente” delle anime, se pur ve n’è una, alcune siano buone ed altre no e
che vengano fuori in base ad una specie di sorteggio che deciderebbe quale dev’essere infusa in ciascun individuo umano;
oppure che al momento del concepimento o della nascita Dio
ne faccia alcune buone e altre non buone e in modo che di esse
ciascuno abbia quella che gli sarà assegnata dalla sorte.
Sarebbe strano che il testo citato potesse essere un argomento probante almeno per coloro i quali credono che le anime
create in un altro luogo vengono inviate da Dio ad una ad una
in ciascun corpo umano e non piuttosto per coloro i quali affermano che le anime vengono inviate nei corpi secondo i meriti
delle opere compiute prima d’essere unite al corpo. In base a
qual criterio infatti si può pensare che le anime, alcune buone
e altre no, vengono nei corpi se non a seconda delle loro azioni?
Poiché ciò non è conforme alla natura in cui le anime vengono
create da Colui che crea buone tutte le nature. […]. Se necessario, esamineremo in seguito quale sia il senso di questo testo
in modo che, se non potrà applicarsi a Cristo, cercheremo in
qual senso dobbiamo intenderlo per non andare contro la dottrina dell’Apostolo, immaginando che le anime abbiano dei
meriti derivanti dalle loro azioni prima di cominciare a vivere
nei loro corpi»35.
«Il testo succitato ci dimostra precisamente e in modo assai
chiaro che Dio fece dal nulla l’anima da lui data al primo uomo
e non la trasse da qualche altra creatura già fatta, come fece il
corpo con gli elementi della terra. Per questo motivo, quando
essa torna, non può tornare se non all’Autore che la diede e
non alla creatura mediante la quale fu fatta, come il corpo ritorna alla terra. Non c’è infatti alcuna creatura da cui l’anima
35
Agostino, De Genesi ad litteram 10, 7, 12.
La Sacra Scrittura e la reincarnazione
39
è stata fatta, poiché è stata fatta dal nulla e perciò l’anima, che
torna, torna al suo Autore che l’ha fatta dal nulla»36.
La Bibbia di Gerusalemme afferma: «questo testo non insegna la preesistenza dell’anima come si potrebbe pensare isolandolo dal contesto. Corregge il v. 19 che sembrava dare la
priorità al corpo come soggetto personale, e sottolinea la preminenza dell’anima»37.
2.6. Agostino rileva l’idea della vita eterna
nell’Antico Testamento
Sant’Agostino spiega che anche se l’espressione il “regno
dei cieli” non contenuta in quelli scritti , tuttavia le testimonianze che parlano della vita eterna nell’Antico Testamento
sono molto esplicite o un po’ oscure: «Tutt’al più (non lo direi
a caso) non so se qualcuno trovi in quei Libri l’espressione “regno dei cieli”, che tanto spesso usa il Signore. Vi si dice senza
dubbio: “Onorate la sapienza, perché possiate regnare sempre” (Sap 6, 22). E se proprio la vita eterna non fosse stata
preannunciata chiaramente lì, il Signore non avrebbe detto,
infatti, ai cattivi Giudei: “Voi scrutate le Scritture credendo di
avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi
rendono testimonianza” (Gv 5, 39). A cosa si riferisce se non a
questo, ciò che lì è scritto: “Non morirò, resterò in vita e annunzierò le opere del Signore” (Sal 117, 17); e: “Conserva la
luce ai miei occhi, perché non mi sorprenda il sonno della
morte” (Sal 12, 4); e: “Le anime dei giusti, invece, sono nelle
mani di Dio; nessun tormento le toccherà”; e poco dopo: “Ma
essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono
castighi, la loro speranza è piena di immortalità. Per una breve
pena, riceveranno grandi benefici” (Sap 3, 1-5); e in un altro
luogo: “I giusti, al contrario, vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore e l’Altissimo ha cura di loro. Per questo riceveranno una magnifica corona regale, un bel diadema
dalla mano del Signore” (Sap 5, 16-18)? Queste e molte altre
36
37
Agostino, De Genesi ad litteram 10, 9, 16.
La Bibbia di Gerusalemme, commento al v. 20, 1394.
40
Damian Spătaru
testimonianze della vita eterna, molto esplicite o un po’ oscure, si trovano in quegli scritti. E sulla stessa resurrezione dei
corpi non tacquero i profeti. Onde i farisei combattevano assai
aspramente contro i sadducei, che non vi credevano. […] Pertanto quella Scrittura abbonda di testimonianze della vita
eterna e della resurrezione dei morti»38.
3. Il Nuovo Testamento
Come punto importante da sottolineare è il fatto che il Nuovo Testamento non ha l’intenzione di considerare la dottrina
della reincarnazione, né direttamente né indirettamente. Ma
per capire l’inconsistenza di certe pretese attuali, e per afferrare anche l’atteggiamento della chiesa antica nei confronti
dell’«empia dottrina» bisogna riferire i dati del Nuovo Testamento richiamati spesso in loro appoggio da alcuni favoreggiatori reincarnazionsti.
Al centro dell’insegnamento cristiano nel Nuovo Testamento si trova la fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, divenuto uomo,
morto e risorto per la salvezza dell’umanità. Il suo insegnamento richiama il cristiano a decidersi per il bene in questa
vita e in questo modo avrà parte alla gioia eterna oppure in
senso contrario la condanna eterna. La speranza del cristiano
è quella di essere con Gesù e di risorgere con Lui: «Quindi la
nuova condizione promessa e sperata è già incominciata con
Cristo; l’invio dello Spirito Santo le ha dato il suo slancio e per
mezzo di lui essa continua nella Chiesa, nella quale siamo dalla
fede istruiti anche sul senso della nostra vita temporale, mentre portiamo a termine, nella speranza dei beni futuri, l’opera
a noi affidata nel mondo dal Padre e attuiamo così la nostra
salvezza (cfr. Fil 2,12)»39. Qualsiasi pensiero sulla reincarnazione non può includersi nelle coordinate del cristianesimo.
Molti cercarono di trovare nei dati del Nuovo Testamento le
basi delle loro idee reincarnazioniste. Così fecero nel II secolo
gli gnostici e al presente si affaccendano sollecitamente i loro
38
Agostino, Contra Faustum 29, 31.
Concilium Vaticanum II, Const. dogm. Lumen gentium 48: AAS 57
(1965) 53.
39
La Sacra Scrittura e la reincarnazione
41
seguaci e le diverse correnti teosofiche e antroposofiche, come
abbiamo già detto prima.
3.1. Il Vangelo di Matteo
Il punto di partenza dei fautori di tale idea è costituito dal
testo di Matteo: «Allora i discepoli gli domandarono: Perché
dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?»40. Il momento in cui i tre apostoli Pietro Giacomo e Giovanni fanno
questa domanda a Gesù segue all’evento della trasfigurazione.
Gli apostoli avendo visto il Messia già venuto e nella sua gloria
in persona di Gesù si stupiscono che Elia non abbia assolto il
ruolo di precursore che gli assegnava Malachia41. Egli lo ha
fatto, risponde Gesù, ma nella persona di Giovanni Battista
che non è stato riconosciuto.
Del ritorno di Elia si parla più volte nel Nuovo Testamento.
Ma in che senso? Gesù rispose una volta ai discepoli: «E se lo
volete accettare, egli è quell’Elia che deve venire»42. E aggiunge l’evangelista: «Allora i discepoli compresero che egli parlava
di Giovanni il Battista»43. L’identificazione fatta da Gesù tra
Elia e il Battista non può essere letta nel senso della metempsicosi44. Si tratta solo di una “credenza” a cui fanno riferimen40
Mt 17, 10; cfr. Mc 9, 11; P. CANTONI, Una critica teologica della reincarnazione, in La sfida della reincarnazione, a cura di M. INTROVIGNE,
Cesnur, Milano 1993, 176-179.
41
Cfr. Mal 3, 23.
42
Mt 11, 14.
43
Mt 17, 13.
44
Origene, commentando il passo evangelico riguardante Giovanni
Battista, il quale nega di essere Elia, suppone che alcuni tra i giudei fossero a conoscenza della dottrina della metensomatosi. Sulla perplessità
di Erode, il quale afferma che Gesù è Giovanni Battista risuscitato dai
morti, Origene scrive: «Qualcuno dirà che l’errore della metensomatosi
fece credere a Erode e ad alcuni del popolo, che colui che per sua nascita
era stato una volta Giovanni era ritornato dai morti e riviveva nella persona di Gesù», Origene, Commentarii in Matthaeum 10, 20 (GCS
40,27,25-27); cfr. Mt 14,1-2; SCHEFFCZYK, Die Reinkarnationsgedanke in
der altchristlichen Literatur, 10; DESCOUVEMENT, Le risposte della fede,
474; CANTONI, Una critica teologica della reincarnazione, 179.
42
Damian Spătaru
to i discepoli45. Sarebbe abusivo concludere, a partire da questo
fatto, che gli ebrei avessero ammesso la metempsicosi perché
qui si parla di un caso speciale, quello presentato in 2 Re 2, 11
dove si dice che Elia non è morto ma «salì nel turbine verso il
cielo» e dovrà ritornare alla fine dei tempi. In proposito ci sono
anche altri testi che parlano dei profeti saliti al cielo senza
morire46.
L’identificazione realizzata da Matteo si deve intendere nel
senso di una tipologia: si tratta di una relazione tra l’antitipo
(Verheissung) e il tipo (Erfüllung) 47, tra la promessa e il suo
compimento, come quando Gesù è visto come il nuovo Mose48,
oppure quando la figura di Melchisedek è presentata come la
figura profetica di Cristo49.
Contro una formale identificazione delle due figure profetiche parlano altri testi dei Vangeli di Luca e di Giovanni. Giovanni Battista «gli camminerà innanzi [al Signore] con lo spirito e la forza di Elia […]»50, fatto che non significa affatto una
propria identificazione. Alla domanda dei sacerdoti e dei leviti:
«[…] Sei Elia?» il Battista risponde: «No»51. Il parallelismo
realizzato tra la persona di Elia e quella di Battista è inteso in
senso storico-salvifico-escatologico e non può essere incluso
nel ciclo morte-rinascita della natura.
3.2. Il Vangelo di Giovanni
Un secondo luogo che viene preso da alcuni in senso reincarnazionista è l’episodio della guarigione del cieco dalla nascita: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli na45
Cfr. CANTONI, Una critica teologica della reincarnazione, 177.
Enoch «camminò con Dio» come Noè (Gen 6, 9) e scomparve misteriosamente, rapito da Dio; cfr. Gen 5, 24.
47
Cfr. SCHEFFCZYK, Die Reinkarnationsgedanke in der altchristlichen
Literatur, 11-12.
48
Cfr. 2 Cor 3.
49
Cfr. Ebr 7.
50
Lc 1, 17.
51
Gv 1, 21.
46
La Sacra Scrittura e la reincarnazione
43
scesse cieco?»52. Di fronte a questa domanda non si può
concludere che l’idea della reincarnazione e l’esistenza di una
vita anteriore fossero ammesse dai contemporanei di Gesù,
fatto possibile, d’altra parte, nell’ambiente della cultura greca.
Neanche si può affermare che in questo testo Gesù abbia voluto combattere l’idea della reincarnazione. Quindi, questo testo
non è «né in favore né a sfavore della reincarnazione: essa [la
reincarnazione] è semplicemente fuori dalla sua [Gesù] ottica»53.
In realtà, la domanda degli apostoli esprime una sorpresa
fondata sull’impossibilità di ammettere una colpa anteriore
alla nascita, fatto ribadito più tardi anche dall’apostolo Paolo:
«[…] quando essi non erano nati [i figli di Rebecca] e nulla
avevano fatto di bene o di male […]»54. Di seguito, con queste
parole viene scartata sia la possibilità che il cieco avrebbe potuto peccare nel grembo materno, il che è assurdo accettare un
tale presupposto, sia la preesistenza dell’anima55.
Il malinteso degli apostoli di fronte al cieco consiste nel considerare che la malattia fosse una punizione, parere forse basato sulla lex talionis56, oppure sulla problematica della responsabilità collettiva, cioè la solidarietà nella pena dei membri
di una medesima famiglia57. Tuttavia, Gesù corregge questa
opinione con la sua risposta e nega il pensiero della responsabilità collettiva per i peccati personali58. La stessa cosa vale
anche per il parere della “gente” quando Gesù domanda: «La
gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?»59. Risposero: «Alcu52
Gv 9, 2.
CANTONI, Una critica teologica della reincarnazione, 187.
54
Rm 9, 11; cfr. Agostino, De Gen. ad litt. 10, 7, 12.
55
K. HOHEISEL, Das frühe Christentum die Seelenwanderung, in Jahrbuch fürAntike und Christentum 27/28 (1984/85), 37.
56
Cfr. Es 21, 23-25; Lv 24, 17-20; Dt 19, 21; Mt 5, 38; SCHEFFCZYK, Die
Reinkarnationsgedanke in der altchristlichen Literatur, 9.
57
Questo è un parere combattuto già dai profeti con l’indicazione di
una responsabilità e punizione (ricompensa) personale; cfr. Ger 31, 29;
Ez. 18, 2; Ez 14, 12
58
Cfr. R. HEDDE, Métempsycose, in DThC X (1928) 1586.
59
Mt 16, 13.
53
44
Damian Spătaru
ni Giovanni il Battista, altri Geremia o qualcuno dei profeti»60.
Gesù non si ferma a questa risposta perché non la “gente” indica giustamente il mistero della persona di Cristo, ma l’apostolo Pietro che riconosce in Lui il «Figlio del Dio vivente»61.
Nell’episodio del cieco «Gesù esclude ogni nesso tra la malattia e un qualsiasi peccato. Egli non accenna mai a un possibile rapporto di causa effetto tra le disgrazie degli uomini e
una macchia contratta in una vita precedente»62 e afferma:
«Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio»63. Le parole di Gesù: «ma è
così perché si manifestassero in lui le opere di Dio» non presuppongono, come alcun ambiscono, una vita o più vite precedenti in cui sia stato commesso il peccato. Di conseguenza, non
possono essere lette e interpretate in alcun modo nel senso
della reincarnazione.
Gli apostoli esprimono un giudizio di fronte ad una situazione inspiegabile umanamente e per la quale essi cercano di
trovare una soluzione, una risposta, utilizzando acquisizioni
tradizionali ebraiche, cioè, che riguardo alla giustizia, ogni
opera buona debba ricevere il premio mentre il male la condanna. In modo chiaro qui non si tratta della presenza di
un’idea reincarnazionista. Preferibilmente, ci si trova, con
questo testo, di fronte all’insufficienza della normativa veterotestamentaria sul senso escatologico della vita, incompletezza
che dovrà essere illuminata dalle parole di Gesù, venuto a dare
compimento alla Legge e ai Profeti64.
Un terzo punto preso in considerazione è il discorso di Gesù
a Nicodemo: «Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto gennhqh=nai a!nwqen)»65. Qui viene utilizzato l’avverbio a!nwqen che nel senso della terminologia indica sia il luogo (dall’alto) sia il tempo (dall’inizio, di nuovo). L’utilizzo
60
Mt 16, 14.
Mt 16, 16.
62
DESCOUVEMONT, Le risposte della fede, 480.
63
Gv 9, 3.
64
Cfr. Mt 5, 17.
65
Gv 3, 7.
61
La Sacra Scrittura e la reincarnazione
45
generale nel Vangelo di Giovanni e il contesto giovanneo lascia
comprendere in modo molto chiaro che qui si parla della nascita dall’alto, da Dio66 e non di una seconda nascita, così come
viene tradotto dalla Volgata: “nasci denuo”67.
Eliade mostra anche lui che il battesimo di Giovanni indicava un rinnovamento spirituale: «Giovanni [il Battista] battezzava gli uomini con acqua, li purificava dai loro vecchi peccati,
annullando la loro antica personalità e assicurando loro una
“nuova nascita”»68. Perciò, in nessun caso si può parlare quindi della reincarnazione: «Un insegnamento sulla trasmigrazione della anime che alcuni oggi indicano in Gv 9, 2 non ha alcun
fondamento»69.
3.3. La Lettera di Giacomo
Cantoni mostra un’altro testo soggetto ad essere letto nel
senso della trasmigrazione e del concetto samsâra di certe dottrine orientali: «Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità, vive inserita nelle nostre membra e contamina tutto il
corpo e incendia il corso della vita (to_n troxo_n th=j gene/sewj),
traendo la sua fiamma dalla Geenna»70.
L’espressione incendia il corso della vita è un’espressione
che letteralmente si tradurrebbe incendia il ciclo della creazione, «espressione che molto probabilmente proviene dai mi66
Cfr. Gv 1, 13: «[…] da Dio sono stati generati»; SCHEFFCZYK, Die
Reinkarnationsgedanke in der altchristlichen Literatur, 12.
67
Cfr. HOHEISEL, Das frühe Christentum die Seelenwanderung, 36;
CANTONI, Una critica teologica della reincarnazione, 181. Per esempio i
manichei danno a loro volta al testo di Gv 3, 3 il significato della «liberazione dell’anima dalla soggezione a “questo corpo di morte”» (cfr. Rom
7,24); vedi G. GNOLI (a cura di), Il manicheismo, vol. II, Fondazione Lorenzo Valla 2006, XXIX.
68
M. ELIADE, Mélanges. Locum refrigerii, in Zalmoxis. Revista de studii religiose, vol. I-III (1938-1942), Iasi 2000, 216.
69
R. SCHACKENBURG, Il vangelo secondo Giovanni, vol. II (tit. or.: Das
Johannesevangelium, II, Freiburg 1971), Commentario teologico del Nuovo Testamento IV/2, Brescia 1977, 407.
70
Gc 3, 6.
46
Damian Spătaru
steri orfici ed indica il mondo creato»71. Si è visto già prima
come in Pitagora veniva utilizzata un’altra espressione simile
a quelle della Lettera di Giacomo: la ruota del divenire ku/kloj
oppure troxo_j th=j ene/sewj). Quindi il termine “corso” (troxo/
j) in senso tecnico è utilizzato per indicare il ciclo delle rinascite in connessione con i misteri orfici72. Il senso dell’espressione
nella Lettera non è quello tecnico, nel senso ciclico delle reincarnazioni, ma rappresenta la ruota della vita «che percorre il
suo giro fatale dalla nascita alla morte»73.
3.4. La Lettera agli Ebrei
L’unico posto nella Sacra Scrittura dove viene esplicitamente eliminata l’idea della reincarnazione è la Lettera agli
Ebrei. L’unico sacrificio di Cristo è paragonato all’unica morte
dell’uomo, dopo la quale segue il giudizio. La Lettera afferma:
«E come è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta,
dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto
una volta per tutte allo scopo di togliere i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione col peccato, a
coloro che l’aspettano per la loro salvezza»74.
Questo testo è menzionato espressamente dal Concilio Vaticano II nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa quando parla della natura escatologica della nostra vocazione. Con la morte, secondo i reincarnazionisti, «non terminerebbe la
possibilità di decisione personale che si ripresenterebbe in altre esistenze terrene»75.
Il Concilio ha insistito sull’unicità della vita terrestre contro le idee reincarnazioniste ancora attuali in molti paesi, indicando come punto di riferimento preciso il testo della Lettera
71
La Bibbia di Gerusalemme, 2594, nota al v. 3, 6.
Cfr. CANTONI, Una critica teologica della reincarnazione, 183.
73
CANTONI, Una critica teologica della reincarnazione, 184.
74
Ebr 9, 27-28; cfr. La civiltà cattolica, Che cosa pensare della reincarnazione?, in La civiltà cattolica 2 (1985) 523; G. GRESHAKE, Reinkarnation. Theologische Beurteilung, in Lexikon fur Theologie und Kirche, vol.
8, Freiburg-Basel-Rom-Wien, 1999, 1020.
75
C. POZO, Teologia nell’aldilà, Roma 19864, 446.
72
La Sacra Scrittura e la reincarnazione
47
agli Ebrei76: «Siccome poi non conosciamo il giorno né l’ora,
bisogna che, seguendo l’avvertimento del Signore, vegliamo
assiduamente, per meritare, finito il corso irrepetibile della nostra vita terrena (cfr. Eb 9,27), di entrare con lui al banchetto
nuziale ed essere annoverati fra i beati (cfr. Mt 25,31-46), e
non ci venga comandato, come a servi cattivi e pigri (cfr. Mt
25,26), di andare al fuoco eterno (cfr Mt 25,41), nelle tenebreesteriori dove “ci sarà pianto e stridore dei denti” (Mt 22,13 e
25,30)»77.
Accanto alla Lettera agli Ebrei alcuni autori citano due passi dell’apostolo Paolo come testimonianza contro la reincarnazione78.
4. Conclusione
Abbiamo visto che nella Bibbia non esiste un insegnamento
che riguardi la reincarnazione e neanche l’intenzione di combatterlo. È un’idea molto lontana dalla dottrina dell’Antico
Testamento, che prepara la venuta del Salvatore dopo il peccato originale. Contemporaneamente si osserva come nell’Antico
Testamento cominciano a svilupparsi tre idee nuove: quella
della retribuzione nell’aldilà, il giudaismo tardivo distinguendo per il luogo dei morti dei gradi diversi secondo gli atti compiuti; quella della risurrezione della carne annunciata per la
prima volta nel Libro di Daniele (Dan 12, 2-3); quella dell’ani76
È interessante il fatto che nei lavori di preparazione dello Schema
Costitutionis dogmaticae de Ecclesia, tre Padri conciliari (brasiliani)
avessero chiesto la soppressione della formula «in fine mundi». Ma i «123
Patres volunt ut post verba “vigilemus oportet ut” addatur: expleto unico terrestris huius vitae cursu, ut affirmetur unicitas huius vitae terrestris contra reincarnationistas. […] – Propter rationes pastorales modus admittitur, addita referentia ad Hebr 9, 27 et deleta referentia ad Mt
25, 1-13» (Modi ad c. 7 de Ecclesia, ad n. 48, modus 30: ActSynConcVatSec vol. III, Periodus termia, pars VIII, p. 143), testo citato in POZO, Teologia nell’aldilà, 519, nota 61.
77
Concilium Vaticanum II, Const. dogm. Lumen gentium 48: AAS 57
(1965) 53.
78
Cfr. 1 Cor 15, 42-44; 2 Cor 5, 1-4; CANTONI, Una critica teologica
della reincarnazione, 189-191;
48
Damian Spătaru
ma immortale distinta dal corpo, sotto l’influsso della filosofia
greca nel Libro della Sapienza79.
Nell’ebraismo biblico Dio e solo Lui è quello che salva e libera l’uomo da quanto lo opprime e lo conduce verso la terra
promessa in cui si sente pienamente realizzato. Oltre gli elementi fondamentali dell’ebraismo biblico, nell’ebraismo postbiblico è diffusa anche la convinzione di dover vivere in questo
mondo segnato dal male in attesa del Messia liberatore; qui
possono essere descritte anche le «aspirazioni di liberazione di
carattere mistico e socio-politico» sorte nel corso dei secoli80.
Immarrone riassume con queste parole le due prospettive
escatologiche dell’ebraismo biblico: una prospettiva «immanente alla storia», dove il mondo stesso è destinato a diventare
“cielo nuovo e terra nuova” (cf. Is 49, 54; 65, 17; 66, 22); una
prospettiva trascendente, metastorica, che «delinea il futuro
dell’uomo come partecipazione dei giusti ora tribolati al “nuovo mondo” […] che un giorno scenderà dall’alto per sostituire
quello presente segnato dal peccato, dalla corruzione e dalla
morte e votato alla distruzione (cf. Dn 11, 40-12, 3; 2, 44; 7, 914)». L’ebraismo postbiblico presenta più prospettive: il futuro
dell’uomo e del mondo si realizzerà nella storia, nella riconciliazione di tutti i popoli e nell’armonia con la natura stessa81.
Non si può affermare che gli ebrei dell’Antico Testamento
credano nella trasmigrazione delle anime. Quello che si può
affermare è che esisteva comunque la pratica di «interrogare»
i morti82, fatto vietato già da Mose, e quella di negromanzia,
fatto «eliminato dal paese» dal re Saul83. L’unico testo che viene interpretato da alcuni nel senso della reincarnazione è Sap
8, 19-20. La traduzione della Volgata favoriva in un certo senso
questa interpretazione: «Puer autem eram ingeniosus, et sortitus sum animam bonam. Et cum essem magis bonus, veni ad
79
Cf. CH. FOTINOY, La destinée humanine, 192.
Cfr. G. IMMARRONE, Identità dell’antropologia teologica cristiana, in
B. MORICONI (ed.), Antropologia cristiana. Bibbia, teologia, cultura, Roma
2001, 38-39. 52-53.
81
IMMARRONE, Identità dell’antropologia teologica cristiana, 58-59.
82
Cfr. Dt 18, 11; HEDDE, Métempsycose, 1585.
83
Cfr. 1 Sam 28, 3. 8-10; Is 8, 19.
80
La Sacra Scrittura e la reincarnazione
49
corpus incoinquinatum». Però, il senso primitivo del testo è
diverso ed è tradotto da Filone e dalla Bibbia di Gerusalemme
così: «Ero un fanciullo di nobile indole, avevo avuto in sorte
un’anima buona; o piuttosto essendo buono, ero entrato in un
corpo senza macchia». Questo passo biblico ha già ricevuto la
spiegazione di S. Agostino.
La reincarnazione o la metempsicosi è un’idea che non trova il suo posto neanche nel Nuovo Testamento. È chiaro che il
cristianesimo ebbe origine in un periodo storico in cui una parte del mondo greco-romano aveva accolto una dottrina secondo
cui le anime sono soggette a successive reincarnazioni84, ma
questo non vuol dire che abbia condiviso la dottrina reincarnazionista. Il Nuovo Testamento mostra il compimento della promessa antica nella venuta di Gesù Cristo e indica in termini
chiari l’ideale della persona umana, la sua integrità e la sua
unicità in questa vita e nella risurrezione.
Il cristianesimo, appunto, è il portatore di questa coscienza
dignitosa della persona umana, formata di corpo e anima.
«L’uomo è una sostanza razionale che consiste di anima e di
corpo»85, per cui il corpo e l’anima sono uniti in un’unica persona. Non un’unità estrinseca, come tra la radice dell’albero e
la terra circostante, oppure come la relazione tra l’artigiano e
i suoi attrezzi86, ma una unità intrinseca, irripetibile, destinata alla redenzione di Cristo. Il corpo non è qualcosa di aggiunto, o penna di un peccato o carcere dell’anima, sarebbe «sciocco»87 sostenerlo, ma parte essenziale dell’uomo. L’anima e il
corpo quindi non sono elementi estranei nell’uomo, come in
Platone, ma si esigono a vicenda. Dio ha creato anche il corpo
che non può essere un elemento negativo «ove l’anima sconta
delle pene, onde la morte diventa naturale purificazione dell’anima»88. Questa persona umana, il capolavoro del Creatore,
primeggia nella creazione, e ha il dominio su di essa.
84
HOHEISEL, Das frühe Christentum und die Seelenwanderung, 27.
Agostino, De Trin. 15, 7, 11.
86
Plotino, Enneadi, I, 1, 3.
87
Agostino, De anima et eius orig. 4, 2, 3.
88
R. PICCOLOMINI, La filosofia antica, Roma 1983, 31-33.
85
50
Damian Spătaru
Innanzitutto, per capire l’incompatibilità delle teorie reincarnazioniste con il cristianesimo bisogna determinare giustamente la concezione cristiana dell’uomo intero, della persona
umana è lo sviluppo di un tale concetto.
Di seguito, se oggigiorno la stessa parola, la reincarnazione,
è utilizzata in diverse aree culturali per esprimere il complesso
di dottrine sulla visione escatologica del mondo, il suo contenuto e la sua interpretazione variano in modo sostanziale, cioè
senza prestarsi alla mutua e/o definitiva assimilazione. Molte
volte c’è chi afferma di credere nella reincarnazione, ma alla
fine quest’affermazione è solo una fuga dalle domande esistenziali. Infatti, «l’antropologia occidentale non è in grado di proporre oggi una visione reincarnazionista in quanto non ha una
comprensione dell’etica che sia riportabile neppure lontanamente al mondo orientale, non ha una visione dell’io che sia
simile a quella orientale, non ha la concezione ciclica del tempo, presupposto necessario indispensabile per capire il tema
della reincarnazione […]. L’uomo e la concezione dell’uomo ha
il sopravvento assoluto su ogni altra considerazione e la storia
è tanto importante perché è fatta dagli uomini, perché si osserva che è fatta di eventi irrepetibili […]»89.
Affermare la credenza nella reincarnazione indica nello
stesso tempo un atteggiamento di disimpegno morale e sociale
e di disprezzo della storia in cui se è immersi. Qualcuno sbaglia
e pensa ancora che abbia la possibilità di reincarnarsi e allora
avrà anche l’occasione di diventare migliore. Purtroppo questa
possibilità non sarà data a nessuno. L’unico che garantisce la
vita eterna come premio del bene compiuto in questa vita è
Gesù Cristo. Perciò bisogna attenersi alle parole della Lettera
agli Ebrei e all’avvertimento del Concilio Vaticano II prima indicate.
89
A. N. TERRIN, Reincarnazione. Un’antropologia senza confini o una
fede in un’immortalità più accessibile?, in Credere oggi 105/3 (1998) 20.