Mangiacavalli (Ipasvi) «Comma 566, è ora di voltare pagina. Metodo

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Mangiacavalli (Ipasvi) «Comma 566, è ora di voltare pagina. Metodo
Mangiacavalli (Ipasvi): «Comma 566, è ora di
voltare pagina. Metodo “sacco a pelo” al
ministero finché non si trova una soluzione»
di Barbara Gobbi e Lucilla Vazza
Un ministero arbitro se non regista della soluzione sul comma 566. Il punto sulle competenze
specialistiche avanzate. Le novità del Ddl Lorenzin. Barbara Mangiacavalli, 47enne presidente
della Federazione Ipasvi da marzo 2015, direttore sociosanitario della Assr Bergamo Ovest, parla a
tutto campo della professione.
Partiamo dalle competenze: a che punto siamo con il comma 566?
Alla conferenza Fnomceo di Rimini la ministra Lorenzin ha invitato medici e infermieri, cioè le
professioni più numerose, a trovare un punto di caduta sul comma 566. Un’affermazione pesante:
significa che la politica sta abdicando al suo ruolo di terzo in questa partita e lascia alle professioni
la definizione di perimetri e accordi. Ma un arbitro è necessario: Ipasvi solleciterà ufficialmente una
convocazione con la Fnomceo sotto la regia della Salute per trovare un accordo.
Ma medici e infermieri pari sono?
Sono due professioni autonome: il medico ha come ambito peculiare, che nessuno tocca, la
formalizzazione delle diagnosi e la definizione del percorso terapeutico; l’infermiere ha la presa in
carico assistenziale e la definizione del percorso assistenziale. Sono ruoli complementari e
integrabili, tant’è che nell’operatività questo problema di perimetri non si pone. Nel percorso
paziente ogni professione fa una parte ma è importante mantenere l’unitarietà e concorrere a una
presa in carico d’équipe. Certo è che il comma 566 blocca la formalizzazione di un percorso che già
esiste nella realtà. Gli infermieri hanno già acquisito i loro titoli di formazione complementare
specialistica, li stanno usando “gratuitamente” per il Ssn: non sono formalizzati sul piano giuridico
e del riconoscimento economico-contrattuale.
Quale realtà vive l’infermiere?
Gli infermieri agiscono già con competenze specialistiche avanzate, sia perché ce lo riconoscono
norme come la direttiva Ue 55/2013 su libera circolazione e tessera professionale, sia per i nuovi
bisogni di salute che hanno portato alle specializzazioni in infermiere del territorio, di famiglia, cure
palliative, oncologiche, cura della cute. Sono competenze che già nelle aziende e nei servizi sono
utilizzate.
Come si esce da questa impasse?
Con la presidente Fnomceo Roberta Chersevani e con la titolare della Dg del personale Rossana
Ugenti ci siamo riproposte di aggiornarci, anche alla luce dell’invito della ministra. Io punterei sul
“metodo sacco a pelo”, utilizzato a suo tempo per il Patto della salute: fare notte al ministero pur di
portare a casa una soluzione. Rilettura? Riscrittura? Interpretazione autentica? Modifica?
Mantenimento? Si vedrà... noi siamo disponibili a sederci a un tavolo.
Il Ddl Lorenzin: cosa cambia con il passaggio da Collegio a Ordine?
Il passaggio da Collegio a Ordine ci pare doveroso vista l’evoluzione disciplinare e formativa degli
infermieri e delle altre professioni. In ogni caso, il Ddl attualizza alcune norme: il Dpr che ci
regolamenta è del 1950 e c’è tutto un sistema di governo da aggiornare. La forza degli Ordini sta, da
una parte, nella tutela dell’assistito tramite la vigilanza sugli iscritti e l’esercizio della magistratura
interna; dall’altra nel controllo sulla deontologia e sull’accreditamento periodico delle competenze
dei professionisti. L’iscrizione all’Ordine non è un atto formale di cui fregiarsi senza rivedere
preparazione, formazione e competenza. Va introdotto un percorso di accreditamento periodico
professionale e continuativo.
Esiste una doppia anima tra vecchia guardia e nuove generazioni?
I nostri iscritti agli albi sono 437mila e sono variegati. Neo laureati che hanno frequentato le
università insieme ai giovani medici, seguendo percorsi comuni che favoriscono l’integrazione; poi,
la generazione di colleghi che ha promosso all’evoluzione attuale; infine, chi appartiene ai percorsi
precedenti l’università e che lì è rimasto. Le generazioni nuove sono naturalmente più orientate allo
sviluppo delle competenze e all’innovazione; le meno nuove sono più caute ma con la loro
esperienza possono accompagnare i giovani: due anime che possono e devono valorizzarsi a
vicenda.
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