Cassazione Civile, Sez. II, 06 maggio 2004, n. 8594

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Cassazione Civile, Sez. II, 06 maggio 2004, n. 8594
Cassazione Civile, Sez. II, 06 maggio 2004, n. 8594
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Franco
PONTORIERI
- Presidente Dott. Rosario
DE JULIO
- Consigliere Dott. Vincenzo
COLARUSSO
- Consigliere Dott. Olindo
SCHETTINO
- Consigliere Dott. Carlo
CIOFFI
- Rel. consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AZIENDA AGRICOLA CASTELLER DI MARANGONI MARIO & C SAS, (già AZIENDA
AGRICOLA CASTELLER DI VANIN SANDRA & C, SNC) in persona del legale
rappresentante pro tempore MARIO MARANGONI, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA VARRONE 9, presso lo studio dell'avvocato SILVIA MARIA
CINQUEMANI, difeso dagli avvocati SILVIO MALOSSINI, PAOLO STEFENELLI,
giusta delega in atti;
- ricorrente contro
PROVINCIA AUTONOMA TRENTO, in persona del Presidente pro tempore
Giunta Provinciale LORENZO DELLAI, elettivamente domiciliato ROMA VIA
CAMPO MARZIO 69, difeso dagli avvocati LINO ROSA, DANTE CONTI, con
procura Provinciale Autonoma di TRENTO N. Cartella 29397, n. rep
2522A n. pratica 12/proc del 20/4/2001;
- controricorrente avverso la sentenza n. 396/00 della Corte d'Appello di TRENTO,
depositata il 05/12/00;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
28/01/04 dal Consigliere Dott. Carlo CIOFFI;
udito l'Avvocato MALOSSINI Silvio, difensore del ricorrente che ha
chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato ROSA Lino, difensore del resistente che ha chiesto
il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Renato FINOCCHI GHERSI che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
Con atto notificato il 17 settembre 1998 la società Casteller affermò che aveva usucapito la
servitù di passaggio pedonale e carrabile sul fondo nel dettaglio specificato, di proprietà della
Provincia di Trento, esercitata da tempo immemorabile; e convenne quest'ultima innanzi al
Tribunale di Trento, al quale chiese che tanto fosse accertato e dichiarato.
La Provincia di Trento si costituì e chiese il rigetto della domanda. Affermò in particolare che
diventata proprietaria del detto fondo nel 1990 a seguito di espropriazione, e lo aveva quindi
acquistato libero da pesi e servitù; che esso faceva parte del suo patrimonio indisponibile; e
che la società Casteller aveva acquistato il fondo dominante nel 1984.
Il Tribunale accolse la domanda.
La Corte d'appello di Trento, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto l'appello della
Provincia di Trento, ed ha rigettato la domanda della società Casteller.
Ha in particolare affermato che in via di principio con l'espropriazione l'ente espropriante
acquista la proprietà del bene espropriato, libero di pesi e servitù; che la conservazione della
servitù su un fondo espropriato, quando non pregiudica le finalità perseguite con
l'espropriazione (art. 45 della legge n. 2359 del 1865) è possibile, ma solo se la servitù non
solo sia conosciuta dall'espropriante, ma sia anche iscritta nei pubblici registri immobiliari,
ovvero intavolata, quando si tratti, come della specie, di immobili soggetti al regime tavolare;
e che nel caso di specie l'usucapione della servitù rivendicata dalla società Casteller non era
stata ancora (al tempo dell'espropriazione) giudizialmente accertata, e non era stata
intavolata.
Ha inoltre osservato che in ogni caso nel regime tavolare l'accessione nel possesso, prevista
dall'art. 1146 comma 2° del codice civile, non è consentita, e dunque che l'usucapione
affermata dalla società Casteller, che aveva acquistato il fondo in tesi dominante nel 1984, non
si era ancora compiuta.
La società Casteller ha chiesto la cassazione della sentenza impugnata per due motivi.
La Provincia di Trento ha resistito con controricorso.
Diritto
Con i due motivi del suo ricorso la società Casteller censura le due ragioni, in narrativa
sintetizzate, per cui la Corte d'appello di Trento ha rigettato la sua domanda; ragioni che sono
entrambe da sole sufficienti, in ipotesi, a dar conto della decisione adottata.
Con il primo in particolare afferma che la norma di cui all'art. 52 della legge n. 2359 del 1865,
a termini del quale, volta che sia pronunziata l'espropriazione, "tutti i diritti, reali parziali o
personali, che i terzi vantano sul fondo espropriato, si possono far valere non più sul fondo
espropriato, ma sull'indennità che lo rappresenta", va coordinata con quella contenuta nell'art.
45 della stessa legge, a termini del quale "non deve farsi luogo ad alcuna indennità per le
servitù che possono essere conservate o trasferite senza danno o senza grave incomodo del
fondo dominante o servente".
La ricorrente afferma inoltre che la Corte territoriale ha errato nell'affermare che quest'ultima
norma è applicabile solo nel caso in cui la servitù sia iscritta nei pubblici registri immobiliari, o
sia intavolata, e che è irrilevante la circostanza che l'esistenza della servitù sia conosciuta
dall'ente espropriante, "perché tale limitazione non ha riscontro nella norma".
La censura è infondata.
Dalla formulazione dell'art. 45 citato non è dato desumere il diritto del titolare di un diritto di
servitù sul fondo espropriato a conservarla, se tale conservazione è possibile senza danno o
senza grave incomodo del fondo servente, limitandosi tale norma a stabilire che, se si verifica
la detta ipotesi, ossia se la servitù viene conservata, "non deve farsi luogo ad alcuna
indennità"; non anche che, nel caso in cui sia possibile la conservazione della servitù senza
danno o grave incomodo del fondo servente, il proprietario del fondo dominante ha diritto alla
sua conservazione.
La verifica poi della compatibilità dell'esercizio della servitù con le finalità perseguite dalla
pubblica amministrazione con l'espropriazione, e di cui alla dichiarazione di pubblica utilità,
costituendo in definitiva una concreta puntualizzazione di quest'ultima, è espressione
anch'essa della discrezionalità amministrativa che caratterizza tale dichiarazione, e rende
configurabile al più un interesse legittimo del titolare della servitù alla conservazione della
servitù, non anche un suo diritto a tale conservazione, del quale possa invocarsi tutela
all'autorità giudiziaria ordinaria.
Sotto un diverso profilo va poi rilevato che quel che consente l'art. 45 innanzi citato è, a tutto
concedere, la conservazione della servitù, e dunque di un diritto, che risulti accertato ed
acquisito prima dell'espropriazione, e che il mero esercizio di una servitù non è un diritto,
anche se in tesi è possibile che, con l'esercizio, tale diritto possa essere stato usucapito. In
proposito sembra chiaro il disposto di cui all'art. 52, in virtù del quale l'azione confessoria della
servitù non può che essere proposta nei confronti dell'espropriato (come ha rilevato autorevole
dottrina).
Ed ancora: che la detta compatibilità, nel caso di specie, è un fatto che la ricorrente si limita ad
affermare, ma che non risulta essere stato acclarato nel giudizio di merito, per quel che risulta
dalla sentenza e dal ricorso.
Il secondo motivo di ricorso, relativo alla seconda delle due ragioni di cui si è detto all'inizio
della motivazione, è inammissibile per carenza di interesse.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società Casteller a rifondere alla Provincia di Trento le
spese del giudizio di legittimità, che liquida in 1.600,00 euro, di cui 1.500 per onorari e 100
per spese vive.
Roma, 28 gennaio 2004
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 06 MAG. 2004.