la protesi s`e` presa il mio braccio destro (parte seconda)
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la protesi s`e` presa il mio braccio destro (parte seconda)
A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus La protesi s'è presa il mio braccio destro! PARTE SECONDA Il presente documento delinea pensieri e metodi utilizzati durante gli incontri di consulenza al Tavolo territoriale di Nave (Bs) nella seconda parte dell'anno 2010: cosa è accaduto (tutto, o quasi) e cosa ci si può aspettare. Buona lettura! 1 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus Indice generale La protesi s'è presa il mio braccio destro!............................................................................................1 Prologo...............................................................................................................................3 Introduzione.......................................................................................................................3 CAPITOLO PRIMO.............................................................................................................................4 Seduto in quel caffè..............................................................................................................................4 Avvertenze e limiti......................................................................................................................5 Il Caso.........................................................................................................................................6 Step n. 1 Prestare attenzione..............................................................................................6 Step n. 2 Rispondere e facilitare l'esplorazione.................................................................7 Step n. 3 Personalizzare.....................................................................................................8 Step n. 4 Facilitare l'azione..............................................................................................11 Che cosa è una relazione di aiuto (perché è di questo che stiamo trattando)..................12 Competenze comunicative nella relazione di aiuto.........................................................13 CAPITOLO SECONDO.....................................................................................................................14 Prodotti preventivi docg.....................................................................................................................14 Prerequisiti generali di un buon pacchetto di prodotti preventivi ...................................14 Requisti specifici di un buon pacchetto di prodotti preventivi........................................14 Alcune idee......................................................................................................................17 Nota.................................................................................................................................18 CAPITOLO TERZO...........................................................................................................................18 Per approfondire..............................................................................................................20 2 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus Prologo “La protesi s'è presa il mio braccio destro” è tutt'altro che una titolazione casuale. Mi stupisce che nessuno dei partecipanti abbia mai desiderato postularne il significato. Sono orientato a concludere che si tratti di una titolazione tanto banale da non richiedere spiegazione, oppure tanto ermetica da scoraggiare l'animo dello studioso. E' un tratto della nostra cultura, che ci vuole sempre sicuri di noi stessi, efficienti e all'altezza dei compiti, quello di non concedere esitazioni; e di fronte a slogan banali oppure a riflessioni acute, ci fa saltare le pagine e alzare le spalle, volgere il capo da un'altra parte sperando che nessuno ci chieda quello che abbiamo capito (o non capito). Comunque, qualunque sia il significato della titolazione, che sia una frase acuta o banale, che c'entri o meno con le droghe e la prevenzione, l'unica (grave e indiscutibile) conseguenza è la mancata occasione di un confronto tra aula e facilitatore. Capita, quando si selezionano metafore sofisticate ed acute; oppure semplici e dimesse. Capita! Introduzione La seconda parte, qui raccontata e riveduta, si apre mentre si chiude la prima. Durante gli incontri pre-estivi il difficile lavoro di prevenzione e contenimento dei comportamenti di consumo ha lasciato spazio ad un altro e altrettanto gravoso, se non impossibile, incarico collettivo: il lavoro di rete. Tra le diverse indicazioni finali, il curatore scomodava persino il Garibaldi nazionale parafrasandone una delle citazioni migliori1. Si dava così sacramento (senso e significato) ad una delle istanze migliori del tavolo di lavoro. Siamo qui insieme intorno a questo tavolo per guardare tutti dalla stessa parte, perché i giovani sono patrimonio di tutti noi, perché sono navensi, perché si spostano da una soglia all'altra, perché i problemi che ho io sono gli stessi che hai tu, perché se non uniamo le forze..., perché il gruppo è meglio e più della somma delle parti, ecc ecc. Il dubbio è se si stiano o meno manifestando i primi sintomi di una delle malattie sociali più gravi e contagiose: la sindrome da sfida impossibile. Questa patologia, ampiamente studiata e curata, solitamente ha un decorso piuttosto sistematico. Quando un gruppo sociale si ritrova di fronte ad un compito molto difficile e complesso, in genere, dopo vari tentativi di approccio al problema e constatata la reale difficoltà del processo, può essere portato a spostare tensione ed attenzione su un compito altro che essendo però di gran lunga più difficile e complesso del precedente impantana il gruppo di lavoro. Facciamo un esempio. Un gruppo di alpinisti esperti deve scalare una montagna, ma non sa proprio da quale lato “attaccarla” perché, diciamocelo, si tratta di una cima malagevole. In cuor loro gli alpinisti si scoraggiano, ma siccome sono molto esperti e c'è un'intera Nazione che attende il successo delle loro gesta, non possono mostrare cedimenti o titubanze. Così, iniziano ad ingaggiare consulenti esterni ben pagati, organizzano riunioni e inevitabilmente cominciano ad emergere le naturali conflittualità e differenze. L'attesa per la scalata aumenta il senso di insicurezza per la scalata stessa. Si innesca una spirale che porta in breve gli alpinisti a diffidare gli uni degli altri; un sentimento di 1 “Nino, qui si lavora in rete o si muore” 3 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus sotterranea disperanza si diffonde nel gruppo. L'impossibilità di raggiungere la vetta non viene però esplicitata, ma, semmai, spostata su altri sentimenti come l'incapacità di andare d'accordo, la nonconoscenza dell'altro. L'obiettivo chiaro ed elevato si perde tra esigenze triviali e confuse... e la Nazione resta ad attendere la scalata accontentandosi di spot e proclami. Lo spostamento dell'obiettivo è uno dei tanti meccanismi di difesa e di funzionamento delle persone, che ha molto a che fare con le insicurezze personali ed organizzative (si intenda bene: insicurezze, non debolezze o inefficienze). Se il compito di fare prevenzione è molto importante e difficile, è naturale fare fatica... se sorge un sentimento disperante è bene riconoscerlo e navigarlo. L'accorato richiamo al lavoro sinottico o di rete non deve far dimenticare questa mission, perché altrimenti non si persegue l'obiettivo preventivo, e nemmeno si da retta alla fatica di raggiungerlo. Tutto ciò premesso, si tratta di capire se l'agognato lavoro di rete sia da intendere come passaggio importante e necessario per fare prevenzione oppure un'uscita di sicurezza per stare fermi ad osservare. Garibaldi aveva tanti difetti, ma in quanto ad obiettivi chiari ed elevati ha da insegnare molto se poteva permettersi di sacrificare le vite dei suoi soldati pur di fare l'Italia. CAPITOLO PRIMO Seduto in quel caffè... Prendo una gassosa con un adolescente che consuma sostanze stupefacenti. Uso la parola e provo a fargli cambiare idea. Stile, avvertenze ed errori evitabili di una comunicazione possibile ed efficace. Ovvero L'utilizzo della parola (e del silenzio) come prodotto preventivo Fino a che punto le parole utilizzate all'interno della relazione educativa possono determinare il cambiamento dei comportamenti di consumo? Molti educatori sono consapevoli della potenza della dimensione dialogica come importante momento di incontro educativo, ma spesso di fronte a situazioni ad alto tasso emotivo diventa difficile, anche per le persone più esperte, mantenere la giusta distanza dai facili giudizi ed esercitare un ascolto completo ed accogliente, che si faccia orientativo e che sia in grado di accompagnare la modificazione del comportamento. La ricerca meticolosa della giusta parola non è priva di controindicazioni. Infatti c'è il rischio di una deriva retorica e imbonitrice della comunicazione. In tal senso, l'oratore sarebbe più interessato a sedurre e convincere l'altro, piuttosto che a stimolare la sua crescita e ad educarlo alla sobrietà. Non c'è bisogno di sottolineare come la comunicazione educativa si muova da premesse ben diverse rispetto a quelle dell'imbonitore. Quest'ultimo fa leva sulla stupidità del suo ascoltatore o sulla propria capacità di aggirare la sua intelligenza per raggiungere l'obbiettivo (in genere di carattere commerciale). L'educatore, invece, attraverso la comunicazione, stimola l'intelligenza dell'interlocutore e non presume la sua stupidità. Anche l'educatore si trova ad utilizzare metafore, iperboli ed altre figure retoriche, ma la sua intenzionalità è certamente opposta a quella commerciale! Nell'esercizio seguente sarà richiesto, quindi, di studiare e ricercare la parola giusta come passaggio 4 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus necessario per dare voce ad un prodotto preventivo; se vi fossero delle perplessità per il timore di apparire falsi e/o bugiardi, l'invito è quello di prendere contatto con la propria intenzionalità e valutare lì se è il caso o meno di attendere, proseguire o abbandonare la comunicazione educativa2. Avvertenze e limiti Il modello qui presentato è molto complesso ed è 'previsto' che di primo acchito sia difficile da applicare. In genere, quando cerchiamo di parlare con qualcuno per fargli cambiare opinione su un determinato comportamento, tendiamo ad essere prescrittivi e direttivi. Questa è una tendenza piuttosto diffusa, perché ritenuta molto efficace e sbrigativa. In realtà, nella maggior parte delle situazioni la prescrizione e il “buon consiglio” non sempre vengono percepiti come leve di cambiamento; in molti casi l'atteggiamento biasimante, giudicante e anticipatorio della soluzione finisce con il privare l'interlocutore della propria potenza di cambiamento e non gli è di aiuto. Quante volte ci è capitato di consigliare di non usare droghe e di evitare comportamenti di consumo, sentendoci molto efficaci in questo, ma nello stesso tempo notando che sul lungo periodo il giovane non modifica il suo comportamento. Oppure quante volte ci siamo sentiti di 'allontanare' un consumatore mandandogli un messaggio di forte critica e ci siamo resi conto che abbiamo “espulso” anche la persona e non solo il suo comportamento. Lo scopo di questa esercitazione è quello di imparare alcune regole per essere efficacemente di aiuto nel processo di cambiamento. Proveremo quindi a presentare un modello di funzionamento dialogico orientativo, non esaustivo, problematizzante e che prevede le seguenti avvertenze: 2 • In primo luogo è necessario tenere ben distinto il comportamento di consumo dalla persona che consuma. E' un po' come distinguere il peccato dal peccatore... • Applicare questo modello dialogico non è semplice; servono esercizio, disciplina di sé e anche supervisione. “Non posso aiutare gli altri a trovare se stessi, se sono ancora alla ricerca di me”. Il minimo di partenza è avere la chiara consapevolezza della propria asimmetria “in azione”, sentirsi cioè in azione educativa e percepire l'altro come 'educabile'. • Il contributo testuale di seguito presentato è verosimile, nel senso che gli errori della comunicazione presenti sono tratti dalla realtà, mentre non lo sono sempre le situazioni di efficacia. • E’ un modello che si studia sui libri, ma che può essere applicato in molti setting: dalla panchina alla clinica. • E’ un modello che implica l’incontro vis a vis e che tiene conto quindi anche degli aspetti non verbali e para verbali della comunicazione (non qui rappresentati per ovvie ragioni). • Si tenga comunque presente che il fatto che un consumatore si rivolga a voi per consiglio ed aiuto, non significa che desideri sospendere il consumo o che sia predisposto ad accettare tutte le vostre proposte… anzi! (ambivalenza del consumatore) • Il dialogo è presentato a step: procede se è efficace, altrimenti si interrompe. Il dialogo è tanto efficace quanta è l’abilità dell’educatore di entrare in empatia, di fornire di volta in volta risposte appropriate, di individuare e personalizzare i problemi e di iniziare una serie di azioni per sostenere il processo di cambiamento. Concludo, aggiungendo che maggiore è nell'educatore il timore di apparire retore e falso e più alta è la protezione circa il rischio di diventarlo! 5 A cura di Davide Bonera, Pedagogista • La Vela Soc. Coop. Soc. onlus Le abilità dell’educatore portano l’adolescente consumatore ad effettuare tre passaggi: esplorare, comprendere e agire. Il Caso Fabio è uno studente di 16 anni. Chiede di DAVIDE perché “ha bisogno di parlare con qualcuno”. DAVIDE ha 28 anni e fa l’educatore in oratorio. Non conosce i reali motivi di questa richiesta, anche se in testa gli frullano alcune ipotesi. Qualche giorno prima, un amico di Fabio è stato fermato per uso di stupefacenti e pare che abbia fatto i nomi degli amici consumatori, tra cui lo stesso Fabio. La compagnia di Fabio è molto presente in oratorio e seppur in forma diversa a seconda delle individualità, partecipa alle attività di animazione. Il consumo di cannabinoidi del gruppo è noto a DAVIDE. In passato gli è capitato di parlarne coi ragazzi. Fabio è molto preoccupato. Step n. 1 Prestare attenzione Per iniziare un qualsiasi rapporto di carattere dialogico è necessario prestare attenzione. Entrare cioè nella dimensione di osservazione ed ascolto lasciando spazio all'altro per accoglierlo e comprenderlo. Sembra banale questa considerazione, ma se riflettiamo sui ritmi quotidiani del nostro lavoro, non avremo molta difficoltà ad individuare le situazioni nelle quali non “prestiamo (sufficiente) attenzione”. Mentre DAVIDE è indaffarato negli ultimi preparativi per un festa, si presenta Fabio. DAVIDE: Ciao Fabio, entra, dammi una mano nei preparativi. Fabio: posso parlarti? DAVIDE: certo certo, dimmi Fabio: io… non saprei proprio da che parte cominciare. DAVIDE: non ti preoccupare dimmi, dimmi Fabio: è successo un casino… DAVIDE: (interrompendolo) forse so già di cosa vuoi parlarmi. Ti riferisci alla faccenda delle canne della scorsa settimana. Hai ragione ad essere preoccupato. La situazione vi è sfuggita di mano. Quante volte ti ho detto che non dovevi fumare quella merda. Cosa pensi, che l’amicizia si rinforzi perché fumate quattro canne? DAVIDE: ciao Fabio, entra entra. Scusami sono molto indaffarato, ecco però accomodati qui. Mi ci vuole una piccola pausa. Grazie. Fabio: non saprei da che parte cominciare DAVIDE: (prende qualcosa da bere) mi sembrava di aver capito che volessi incontrarmi per qualcosa che ti preoccupa.. Fabio: sì sì. E’ successo un casino, non so cosa hai sentito in giro. DAVIDE: beh qualcosa ho sentito in giro, ma a te cosa frulla nella testa? Fabio: la settimana scorsa hanno beccato il Rudy con gli spinelli, ma io non c’entro. Non ho fatto niente. Quel cretino si è fatto beccare e ha infamato tutti, tutti, per salvarsi il culo. Quello stronzo. Sono tutti incazzati con Fabio: no lui, brutta merda. Questo paese di merda, questa gente di DAVIDE: vedi? se tu avessi imparato ad aprirti un po’ di merda. In questo oratorio c’è un sacco di gente che non si più, ad essere meno timido, ad ascoltarmi quando ti dicevo fa i cazzi suoi. Tutti che hanno da criticare… di non farlo. Guarda quante cose abbiamo qui. Basta poco per stare bene. Voi siete in gamba e potete tirare fuori del (pausa) positivo da questa faccenda. Bisogna sempre tirare fuori il Scommetto che adesso mi cazzi anche tu. bicchiere mezzo pieno.. DAVIDE: penso che tu non abbia bisogno di uno che ti Fabio: non so che fare… cazzi come dici tu. Sicuramente non sei venuto da me per essere rimproverato. Magari vuoi solo sfogarti. DAVIDE: ascoltami. Ho un’idea: comincia a venire qui 6 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus stasera a darmi una mano, tirati fuori da quegli “amici”. Adesso sono un po’ impegnato, ma vieni stasera che c’è un po’ di musica. Poi magari ne parliamo ancora. Fabio: se lo dici tu DAVIDE (solo): cavolo sono proprio storditi sto gnari, con tutte le volte che gliel'ho detto! DAVIDE: tu sei maturo per permetterti un comportamento infantile. Se vuoi che io ti aiuti dobbiamo parlare ancora di questa faccenda. DAVIDE: se tu mi hai chiesto di parlare… penso piuttosto al fatto che ho bisogno di capire come sei tu e come ti Fabio (alzandosi un po’ stranito e poco convinto). Va bene, senti. Ho bisogno di conoscerti meglio vedrò se riesco a passare. Fabio: io non voglio stare male, non voglio incazzarmi come un bambino Fabio: ok, va bene. Dialogo NON efficace Dialogo MOLTO efficace: guadagni la possibilità di continuare la chiacchierata con Fabio. (Hai fatto una bella predica e hai detto cose giuste, ma con ogni probabilità ti sei giocato la possibilità di continuare la chiacchierata con Fabio. Vai al secondo step. Mi dispiace... vai a casa!) Step n. 2 Rispondere e facilitare l'esplorazione “Molto bene benissimo”3 hai dimostrato di prestare attenzione: sei stato bravo a sospendere l'attività che stavi svolgendo, a guardare negli occhi il tuo interlocutore e ad ascoltarlo senza anticipare contenuti e soluzioni; senza interromperlo e soprattutto permettendogli di esplicitare le proprie rabbia e frustrazione. Il passaggio che ti aspetta ora è quello di rispondere in modo appropriato e facilitare l'esplorazione del problema. Per farlo è necessario restare sul contenuto, intercettare lo stato d'animo e trovare il vero significato delle sue parole (dato dalla somma del contenuto e del sentimento). DAVIDE e Fabio si incrociano alla fine della festa. DAVIDE invita Fabio a proseguire la discussione. Fabio, durante la festa, ha avuto modo di vedere alcuni dei suoi amici e di rilassarsi con loro. DAVIDE li ha visti nel consueto “mordi e fuggi”. DAVIDE: ciao Fabio, eravamo d’accordo di proseguire la chiacchierata di oggi. DAVIDE: Ciao Fabio, se non sbaglio eravamo d’accordo di incontrarci per proseguire la chiacchierata di oggi Fabio: Ehm… Fabio: Ehm… DAVIDE: non ti sono più simpatico? Hai da lavorare a casa (scherza)? DAVIDE: ti senti perplesso Fabio: mi sento più tranquillo DAVIDE: guarda che non bastano due baci e quattro abbracci per sistemare le cose coi tuoi amici, prima o poi la faccenda va affrontata di petto Fabio: sì sì, lo so… DAVIDE: lo so lo so… non è sufficiente. Datti una mossa Fabio: veramente mi sento meglio rispetto ad oggi. Ho visto gli amici e non mi sembra che sia tutto così negativo DAVIDE: ti senti sereno perché sei stato coi tuoi amici Fabio: siamo stati tutta sera qui e non abbiamo né fumato e neanche bevuto e comunque siamo stati bene. Non è come pensi tu.. che siccome ci siamo fumati, siamo tornati amici 3 Come direbbe il Moldavo. 7 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus altrimenti non li molli più quegli amici. Ti ho visto stasera… DAVIDE: non ti fidi molto di me, perché temi che io non sia in grado di capirti. Fabio: che cosa hai visto? Fabio: no, è solo che adesso mi sento meglio DAVIDE: niente niente DAVIDE: deve essere un bel sollievo ristabilire i rapporti di amicizia e la serenità nel gruppo Fabio: conosco quelle espressioni del tipo: dico non dico. Si vede benissimo cosa stai pensando! Fabio: sì, in effetti se penso a come stavo oggi… DAVIDE: hai la coda di paglia eh? Fabio: non ho nulla da nascondere DAVIDE. Nemmeno i tuoi amici? Fabio: io sono una cosa, loro un’altra DAVIDE: vabbé… però le canne ve le fate insieme Fabio: io non più DAVIDE: sei sicuro? Fabio: sì DAVIDE: da quando? DAVIDE: eri preoccupato per quella faccenda degli spinelli Fabio: sì avevo paura che Rudy infamasse tutti DAVIDE: la paura di fare brutta figura è una delle paure peggiori. Ti blocca e spesso ti fa arrabbiare Fabio: mi ha fatto piacere parlare con te. Ho finito ancora meglio la serata ora vado a casa DAVIDE: io domani sono abbastanza libero, fammi un colpo di telefono per dirmi a che ora hai intenzione di passare in segreteria Fabio: ok grazie… Fabio: da una settimana DAVIDE: un po’ presto per cantare vittoria… Fabio: E’ già qualcosa…scusa ma devo andare DAVIDE: non te ne andare incazzato, tutto… ma incazzato no. DAVIDE (solo): cavolo sono proprio storditi sto gnari, con tutte le volte che gliel'ho detto! Dialogo NON efficace Dialogo MOLTO efficace: guadagni la possibilità di continuare la chiacchierata con Fabio. Hai schiacciato l'acceleratore presumendo cose non vere e cercando facili e veloci soluzioni. Hai ascoltato poco e svalutato i progressi di Fabio. Tanto che se ne va arrabbiato. Non credo che tornerà a parlare con te. Vai al terzo step. Mi dispiace... vai a casa! Step n. 3 Personalizzare “Personalizzare” il problema è un passaggio critico indispensabile per ogni cambiamento. Si tratta di condurre l'altro a comprendere in modo personale la propria situazione. La tendenza dell'educatore è spesso quella di individuare nella storia dell'interlocutore elementi comuni ad altre biografie, credendo in questo modo di offrire orientamenti. In realtà, ciò può portare l'interlocutore a non entrare in contatto con se stesso e il proprio vissuto; passaggio invece indispensabile per responsabilizzarlo rispetto alla soluzione dei propri problemi. E' importante che l'educatore assuma un atteggiamento non giudicante, ma soprattutto deve essere capace di non schierarsi. 8 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus Ciò potrebbe essere molto difficile da applicare, perché implica la messa tra parentesi del proprio impianto di valori. A proposito dell'opportunità dello schierarsi, è stato ampiamente dimostrato attraverso prove ed esperimenti che lo schierarsi da una parte, implica quasi immediatamente che la controparte assuma una posizione opposta. Per non cadere in questo tranello, è importate utilizzare domande aperte o domande le cui risposte ci permettano di rispondere a nostra volta (in altre parole, domande che non spengano la comunicazione). Se nello step precedente la domanda martellante era: “come si sente Fabio, che cosa sta provando”. Ora l'area da esplorare è: “quali conseguenze ha questa situazione su Fabio”. Altre regole: • Individuare i temi dominanti, cioè quei temi ed argomenti che emergono e ritornano nella discussione • Mentre Fabio tende a parlare di terze persone, portarlo a parlare il più possibile di sé con formule che utilizzano il “tu” (quali sono le ricadute personali di queste vicende in Fabio?) • Rimanere sempre in contatto con i significati di Fabio, senza andare oltre, senza rimanere indietro • Personalizzare il problema: ma quale è il tuo problema? (concettualizzare il deficit, interiorizzarlo e concretizzarlo) • Personalizzare gli obiettivi: dove Fabio desidera arrivare rispetto a dove si trova? (concettualizzare l’obiettivo, interiorizzarlo e concretizzarlo) Fabio ha contattato telefonicamente DAVIDE e i due si sono dati appuntamento. Fabio: ciao DAVIDE Fabio: ciao DAVIDE DAVIDE: ciao Fabio, come ti senti? DAVIDE: ciao Fabio, come ti senti? Fabio: bene Fabio: bene DAVIDE: abbiamo un po’ più di tempo e possiamo DAVIDE: hai riflettuto su quello che è successo? affrontare meglio la situazione… Fabio: sì Fabio: non so nemmeno cosa ci possiamo cavare… DAVIDE: e cosa pensi? Fabio: non ne ho un'idea precisa DAVIDE: ti capisco. Ma tieni presente che queste cose capitano ogni tanto nel percorso esistenziale, sono i segni che ci dicono che dobbiamo riordinare la nostra vita. Pensa che tu non sei Rudy e per certi versi sei messo meglio… DAVIDE: ho pensato molto a quello che ti sta succedendo e mi sembra che ci siano alcune questioni che tornano Fabio: In che senso? DAVIDE: un argomento che, per esempio, spesso è emerso nei nostri discorsi e che non abbiamo mai affrontato è quello riferito al consumo di canne Fabio: perché è un problema? DAVIDE: a quanto pare ti sta creando qualche difficoltà coi tuoi amici Fabio: ma per Rudy mi dispiace, poteva capitare Fabio: sì ma adesso sto bene a tutti DAVIDE: ti senti bene perché hai parlato coi tuoi amici e hai capito che siete ancora uniti; ma la situazione non è DAVIDE: comprendo il tuo stato d’animo, sei triste per Rudy, perché gli vuoi bene, ma tu devi tanto cambiata: voglio dire: Rudy avrà comunque problemi con la giustizia e non so se la tensione tra di voi 9 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus è totalmente attenuata guardare avanti, recuperare le tue forze, correggere i tuoi sbagli… devi riordinare le cose Fabio: in realtà abbiamo deciso tutti di smettere di fumare così non avremo più problemi Fabio: non saprei DAVIDE: non ti scoraggiare. Una volta è capitato anche a me un problema simile e ti dico che non serve a niente rimuginare, devi capire dove hai sbagliato… parliamo per esempio delle canne. Fabio: eeh DAVIDE: tu sai che questa faccenda non è mai stata tollerata qui. Questa potrebbe essere un'occasione perché tutti i giovani comprendano quanto sia stronza questa abitudine. Rudy potrebbe essere da esempio per tutti Fabio: poveraccio DAVIDE: a parte che non credo che subirà danni irreparabili. Comunque non dobbiamo abbassare la guardia. Usiamo l’incidente per fare qualcosa per tutti. Dammi una mano a parlare di questa faccenda coi tuoi amici… possiamo fare smettere tutti DAVIDE: quando dici ‘problemi’ a cosa ti riferisci nello specifico? Fabio: nessuno ci rompe le balle, non siamo più sulla bocca di tutti, non possiamo essere noi stessi… che ci danno tutti addosso DAVIDE: significa che fumare è un scelta del vostro gruppo contraria a quello che dice la società? Fabio: fumare per noi è un passatempo che non fa male, ci fa stare bene, ma nessuno vuole che lo facciamo DAVIDE: ti senti arrabbiato perché è come se ti avessero, come dire,… smascherato Fabio: in effetti, io so che fumare non fa bene, può portare ad una dipendenza, ecc ecc ( a parte che fa meno male di altre droghe) ma sto male perché questa faccenda di Rudy mi ha messo in crisi DAVIDE: ma adesso hai deciso di non fumare più Fabio: ci ho provato altre volte, anche quando mi ha beccato mio zio… ma poi ho ricominciato. Non ne sento neanche il bisogno è proprio una cosa che non mi sembra così sbagliata… non so DAVIDE: deve essere difficile per te prendere la decisione Fabio: non credo che il problema sia solo quello di smettere di fumare quando non si sa da che parte stare di smettere di farsi le canne Fabio: intanto è una settimana che non fumo DAVIDE: c’è altro, ci sono in ballo altre droghe? DAVIDE: è una posizione che ti rende soddisfatto Fabio: penso che a dispetto di quello che tutti pensano, per me… è comunque un buon traguardo Fabio: no, non è questo DAVIDE: e allora fidati ancora una volta di me: questo tuo problema è un problema che coinvolge tutti: te, me, i tuoi amici e la comunità… possiamo decidere di starci dentro immobili oppure di rimboccarci le maniche e lavorare insieme. Dammi una mano a cambiare i consumi dei tuoi amici Fabio: mi pare una cosa grossa DAVIDE: ma non sei solo Fabio: … ci penso (perplesso). Adesso vado… ci si vede… DAVIDE: fammi sapere DAVIDE: a cosa pensi ti porterà questa decisione Fabio: sai cos’è che più mi dà da pensare? È il fatto che mi sembra di fare qualcosa di strano per le abitudini del nostro gruppo e questo un po’ mi mette a disagio DAVIDE: ti senti a disagio perché temi il giudizio dei tuoi amici e di deluderli Fabio: sì anche se almeno un paio di loro la pensano come me DAVIDE: probabilmente si tratta di una posizione non semplice da mantenere. Il gruppo in certe situazioni ci porta a fare delle cose delle quali non siamo pienamente convinti Fabio. È vero… non sai quante volte DAVIDE: è capitato anche in altre situazioni? Fabio. Sì, molte volte… nel bene e nel male, DAVIDE: è vero, il gruppo ti può aiutare a fare anche delle cose positive 10 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus Fabio: mi piacerebbe tenere duro… senza insomma farmi ancora le canne… vediamo DAVIDE: potremmo parlarne ancora… io posso aiutarti Dialogo NON efficace Hai posto questioni realistiche e sensate, ma ancora lontane dalla sensibilità di Fabio. Hai sostenuto tesi interessanti, ma non hai condotto Fabio a verbalizzare il consumo come comportamento da cambiare. Hai preferito darlo per scontato, anticipando di conseguenza soluzioni alle quali Fabio non si sente pronto. Forse tornerà a parlare con te, ma devi concentrarti meglio sull'ascolto. Dialogo MOLTO efficace: guadagni la possibilità di continuare la chiacchierata con Fabio. Vai al quarto step. Mi dispiace... vai a casa! Step n. 4 Facilitare l'azione Arrivati a questo punto di comunicazione educativa, molte delle difficoltà sono state aggirate ed è possibile immaginare alcune azioni concrete che portino Fabio a modificare il comportamento di consumo. Ciò implica sia l'esplicitazione degli obiettivi di cambiamento e che questi siano compatibili con l’adolescente e il suo sistema di valori, raggiungibili e valutabili nel tempo. Fare ciò non è semplicissimo, perché è molto frequente l'errore di anticipare le soluzioni, offrendo ricette spesso poco sostenibili da chi le deve applicare. FACILITARE L’AZIONE (dialogo non efficace) Fabio e DAVIDE si incontrano ancora a distanza di una settimana per proseguire la comunicazione avviata. …, ... DAVIDE: mi sembra allora che hai deciso di smettere di fumare. Sei ancora convinto di questa decisione? Non è che ti sei fatto una canna in questa settimana? Beh, comunque. Come ti dicevo io posso aiutarti… Fabio: dimmi DAVIDE: innanzitutto devi ammettere che il tuo consumo dipende moltissimo dal tuo gruppo di amici. Per cui il mio consiglio è quello di evitare di frequentarlo, pur mantenendo le amicizie. O meglio, evitando cioè quelle situazioni, diciamo più a rischio. Fabio: posso provarci DAVIDE: abbiamo molte attività nelle quali tu puoi inserirti Fabio: ma io faccio già tante cose in oratorio DAVIDE: lo so sei molto in gamba, eppure il pericolo, lo sai meglio di me, è sempre presente. Ti devi impegnare molto, sarà un percorso duro. Se vuoi possiamo pensare anche di parlarne coi tuoi 11 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus genitori… magari effettuare dei test che ti aiutano a stare lontano dalle droghe. …, … FACILITARE L’AZIONE (efficace) Fabio e DAVIDE si incontrano ancora a distanza di una settimana per proseguire la comunicazione avviata. …, ... DAVIDE: mi pare che tu abbia deciso di smettere di fumare. E' stata una decisione che penso molto saggia e importante per te! Fabio: sì DAVIDE: come è andata questa settimana? Fabio: … … “Buona fortuna e buona comunicazione a tutti!” Che cosa è una relazione di aiuto (perché è di questo che stiamo trattando) Una relazione di aiuto presuppone l'esistenza di due soggetti, dei quali, uno è in difficoltà, cioè ha un problema che lo blocca, impedendogli di evolvere verso decisioni e dando luogo ad una situazione di sofferenza e di disagio e l'altro si pone, attraverso l'esercizio di un ruolo, come sostenitore alla soluzione del problema. Questo secondo soggetto prende il nome di "facilitatore", proprio perché attraverso determinate tecniche di comunicazione aiuta il soggetto in difficoltà a trovare la sua strada. Il concetto di relazione di aiuto nacque con C. Rogers negli anni 50 e fu da lui sperimentato, all'inizio, con i reduci della guerra mondiale che erano usciti fortemente provati da tale esperienza. Attualmente, le tecniche di comunicazione applicate alla relazione di aiuto trovano spazio in svariati ambiti di attività, comprendendo le relazioni familiari, scolastiche, aziendali, interpersonali, in genere, oltre alla relazione clinica, caratterizzata dal rapporto psicologo-cliente. Una relazione di aiuto nell'ambito familiare può essere rappresentata ad esempio da un figlio che ha un problema e da un genitore che, attraverso modalità di comunicazione appropriate, lo aiuta a risolverlo; nelle relazioni scolastiche il rapporto può intercorrere tra un alunno e un insegnante; nelle relazioni aziendali, tra un dipendente e un capo. Ma vediamo quali sono i requisiti essenziali per far sì che si strutturi una relazione di aiuto: a) una minima volontà da parte di due persone di relazionarsi; b) una capacità e una minima volontà di entrambi di ricevere informazioni dall'altro; c) un rapporto che esiste da un certo periodo di tempo. Date queste premesse, si ipotizza come valida la seguente relazione: maggiore è la capacità di comunicazione in uno dei due individui, più la relazione con l'altro che ne deriva assumerà una tendenza alla comunicazione reciproca, che si caratterizzerà per una sempre maggiore congruenza, una tendenza alla comprensione più adeguata delle informazioni da parte di entrambi, un migliore adattamento psicologico, quindi un migliore funzionamento di tutti e due e una soddisfazione reciproca per la relazione intrattenuta. Lo strumento principale di cui si avvale una relazione di aiuto è L'ASCOLTO. 12 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus Spesso, il solo fatto di prestare attenzione, restando in silenzio e rivolgendo lo sguardo al parlante, crea un clima distensivo in cui la persona si sente accolta e questo già di per sé permette alla tensione di defluire. Restando in silenzio e mantenendo il contatto oculare, l'ascoltatore-facilitatore metacomunica al parlante che ha interesse per lui e questo significa anche rispetto. Il parlante, proprio perché si sente investito da sentimenti positivi, abbasserà le sue barriere difensive, perché sente che può fidarsi (In genere siamo portati a fidarci di chi ci comunica interesse e rispetto). Spesso le persone si bloccano ad uno stadio esistenziale perché non si fidano di se stesse e ciò perché hanno paura del giudizio degli altri. Mostrare un atteggiamento accettante durante l'ascolto è come voler dire all'altro che quello che sta dicendo non è sbagliato, perché quella è la sua esperienza e può essere accettata. Di fronte ad un atteggiamento di accettazione non è improbabile che la persona che ha un problema riesca a trovare in sé le risorse per poterlo risolvere. Una persona che decide di chiedere aiuto è spesso una persona confusa che sta male e non sa perché, il più delle volte presenta dei sintomi di cui non conosce la causa. Spesso si tratta di un soggetto che ha costruito un'immagine di sé rivolta a compiacere il gruppo di amici e/o gli altri adulti, rinunciando, senza accorgersene al suo potere personale. L'ascolto dell'educatore serve in questo caso a riavvicinare la persona a se stessa, aiutandola a riacquistare il coraggio di "osare", sperimentando se stessa attraverso l'espressione graduale delle proprie potenzialità. In questo modo, man mano, l'individuo si riappropria della sua soggettività e si sviluppa secondo le proprie potenzialità. Competenze comunicative nella relazione di aiuto "Il vero insegnamento inizia quando si smette di insegnare" (Socrate) 1) Il silenzio. Il silenzio è assenza di rumore interno, assenza di contenuti della propria coscienza. E' il vuoto che l'ascoltatore crea dentro di sé per ascoltare l'altro. E' totale disponibilità che presuppone l'assenza di fretta, è vuoto per accogliere l'altro e serve a far riflettere sull'esperienza. E' necessario quindi, non forzare l'altro a parlare, rispettare i ritmi e le scelte dell'altro. 2) Piccoli incoraggiamenti. Significa saper lavorare sulle resistenze ad aprirsi che la persona esprime. Si tratta di usare frasi sbloccanti e atteggiamenti facilitanti. 3) Ripetizione. Significa mettere a fuoco una sola parola che ci colpisce e ripeterla (es: “Terribile?". Si tratta di selezionare ciò che la persona ha detto. 4) Parafrasi. Consiste nel riprendere il contenuto espresso dall'interlocutore e ridirlo in maniera sintetica, creativa ed efficace. A volte la parafrasi diventa riassunto ed è quindi la reintegrazione dell'esperienza del parlante. 5) Riflessione del sentimento. Si tratta di comprendere il sentimento sottostante a ciò che la persona dice e di rimandarglielo. Es: Parlante:"Non so più da che parte andare!" Ascoltatore: "Ti senti confuso?". La riflessione dei sentimenti presuppone l'empatia e cioè il "sentire" l'altro, i suoi sentimenti e la sua esperienza. E' il rimando diretto ed esplicito della componente emozionale del messaggio che la persona manda. (Es. " Ti senti triste?"). Il sentimento si può anche contestualizzare (Es. " Ti senti triste perché tuo figlio se n'è andato?"), perché in questo caso vi è un contesto dal quale il sentimento prende vita. E' sempre importante contestualizzare i messaggi: se ad es. il parlante dice: "Sono sempre sfortunato con le donne!", è bene portare il parlante su un piano più realistico e dire ad es. "Ora ti senti così". Indicazioni per l'uso dell'ascolto empatico 13 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus Focalizzarsi sul sentimento ed esprimerlo con una sola parola. (Es. "Ti senti disperato"). Distinguere se l'emozione che si ascolta è negativa o positiva, usando la parola che esprime la forza dell'emozione stessa. Usare le metafore, perché le metafore evocano in maniera più intensa le emozioni. Parlare dal punto di vista dell'altro. Es."dal tuo punto di vista è così". Si tratta di mettersi nello schema di riferimento dell'altro. Riflessione del significato di un'esperienza fatta dal parlante. Si tratta di riflettere il significato, il valore, l'importanza, che l'altro attribuisce a quell'esperienza. Schizzi di (altre) abilità di comunicazione (da usare con cautela perché di per sé non efficaci) 1) Come e quando fare una confidenza. 2) Usare o meno il confronto. 3) Formulare il punto di vista dell'ascoltatore senza esprimere direttività non richiesta. 4) Dare indicazioni e consigli. CAPITOLO SECONDO Prodotti preventivi docg Dopo aver dedicato numerose parole digitalizzate alla relazione educativa come prodotto principale, prendiamo ora in considerazione alcune linee guida per la progettazione di prodotti preventivi più… complessi come campagne informative, interventi formativi, slogan, ecc ecc! Prerequisiti generali di un buon pacchetto di prodotti preventivi - la presenza di caratteristiche positive e modalità nuove di risoluzione di problemi; - la presenza di avanzamento delle conoscenze e/o di nuove tecniche; - la possibilità che siano replicate in situazioni diverse rispetto a quelle in cui sono nate e si sono sviluppate (anche spontaneamente); - una durata temporale tale che ne fa un’esperienza stabile piuttosto che un evento estemporaneo. Requisti specifici di un buon pacchetto di prodotti preventivi • Esplicitare e condividere i principi fondamentali Posizione chiara ed esplicita (a tutti i livelli) contro l'uso di sostanze “Non Uso” come... scelta di vita! Temperanti è... bello! La dipendenza è una malattia molto... compromettente. Soglia di attenzione a questi fenomeni permanentemente alta! Fruitori come soggetti alleati e consapevoli Uso di sostanze = problema di sanità pubblica Ci sono persone più vulnerabili di altre 14 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus Divieti e sanzioni ragionevoli La 'moderazione' è questione 'privata' non sponsorizzabile a livello sociale e culturale (no alle false sicurezze) Atteggiamento multimodale (multi target e edu/) Diritto di tutti ad una società temperante (no feste di consumo istituzionali) No alla discriminazione dei consumatori (la moderazione è una faccenda privata) Priorità della famiglia • Non rivolgersi esclusivamente ad un unico target Giovani Genitori Gruppo dei pari Amministratori Opinion leader sociali Operatori della scuola/educatori Personalità religiose Operatori dei Media Operatori ed organizzazioni dei Centri Commerciali Operatori delle associazioni sportive Gestori di ambienti di intrattenimento Operatori sanitari Persone del mondo dello spettacolo Operatori delle forze dell'Ordine Operatori del mondo produttivo (aziende, sindacati, ecc) • Considerare la variabilità del target: non tutti i giovani sono uguali (+ o – vulnerabili, + o – esposti, + o – a rischio), come non tutti i genitori sono uguali: ci sono quelli “bravini” e quelli “meno bravini”4. È necessario che la prevenzione non faccia leva solo sugli individui, ma su gruppi, organizzazioni, istituzioni, sugli stili relazionali. • Considerare la variabilità dei luoghi e le innumerevoli combinazioni del 'triangolo orientativo': persone/sostanze/contesti. La prevenzione, per essere un minimo efficace, deve considerare contesti come soggetti di lavoro: modelli di funzionamento della società, delle istituzioni, modelli d’identificazione, miti. Tempo libero – luoghi di divertimento/piacere di vendita e di consumo (discoteche, rave, stadio, bar, birrerie, casinò, sale scommesse, ecc) Tempo libero – luoghi di aggregazione senza finalizzazione di consumo (parchi, giardini, strada, ecc) 4 Lo so, lo so che sono locuzioni a dir poco aberranti... ma rendono l'idea! 15 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus Tempi e luoghi istituzionali (sert, noa, prefettura, forze dell'ordine) Luoghi „intermedi“ (Cag, Oratori, ludoteche) Sistemi formali di cura (PS, SPDC) Ambiti istituzionali non finalizzati (Scuola, Scuola guida) Spazi virtuali (blog, help line, pagine web) Luoghi di lavoro (cantieri edili, catene di montaggio) Luoghi privati e semiprivati (Domicilio, cortile, casamento, vicinato) … ... • Prevedere quindi una lettura analitica del contesto (profili comportamentali, culture, usi, ecc) analisi – obiettivo – risultato. Ciò permette la differenziazione dei prodotti preventivi sulla base dei bisogni espressi dai consumatori, ma anche dai comportamenti. • Scegliere un modello teorico: promozione della salute, approccio dei pari, life-skills, informativo, socio affettivo, lavoro di comunità... ed essergli fedele. • La differenziazione dell'offerta porta ad individuare tre livelli di strategia: prevenzione universale, prevenzione selettiva e prevenzione indicata (trattamento e prevenzione sono nello stesso processo) 16 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus • Ci vuole una squadra diversificata nei ruoli (Quante persone sono intenzionate a lavorare per la lotta alla droga?) “Il grado con cui le organizzazioni e i diversi segmenti di una comunità hanno la capacità di partecipare allo scambio politico, predice una più bassa mortalità” • Non illudere che le tecniche possano eliminare il problema o risolverlo, a volte ci allontanano (dalla soluzione). • Non illudere che le dipendenze possano essere prevenute con la sola competenza sanitaria, con il solo piano razionale. Alcune idee Ci limiteremo a suggerire alcuni prodotti preventivi “tangibili” particolarmente rivolti alla popolazione giovanile5. Offerte Principali iniziative Informazione e comunicazione • Distribuzione periodica di materiali informativi accreditati sui danni da sostanze nelle scuole e negli ambienti di aggregazione. • Esplicitazione da parte di un alto numero di opinione leader sociali delle loro posizioni contro l'uso di droghe. • Trasmissioni periodiche strutturate sui rischi e sui danni. Evitare i dibattiti sterili alla Tv su proibire o liberalizzare. Le persone hanno bisogno di una comunicazione semplice ed orientante con indicazioni chiare e coerenti (per es. “cosa devo fare con mio figlio per ridurre il rischio droga”). • Raduni giovanili per discutere sui temi specifici sopra riportati • Raduni giovanili per realizzare opere di solidarietà nei confronti di gruppi di popolazioni svantaggiate. • Gruppi di lavoro permanente sui diritti civili. • Gruppi di lavoro per la tutela e la difesa dei bambini. • Corsi di formazione su vari argomenti correlati alle possibili attività lavorative. • Corsi e stages che permettano ai giovani di entrare in contatto precocemente con le realtà produttive locali e non solo alla fine di Educative Formative 5 da “Marketing preventivo”, op. cit. in bibl. La 'tangibilità' non va però confusa con la ricerca della 'spettacolarità' e il solo accento alla 'visibilità fumosa'. Essere tangibili significa offrire situazioni nelle quali le persone possono immergersi, essere attive e 'toccare' il proprio protagonismo. 17 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus un percorso scolastico, in modo da concretizzare le proprie fantasie rispetto al proprio futuro. Intrattenimento • Corsi di formazione che avvicinino i giovani alle discipline creative e nello stesso momento educative, quali la musica e la danza. • Concerti esplicitamente finalizzati al supporto della lotta alla droga e all'alcol. • Spettacoli di danza esplicitamente finalizzati al supporto della lotta alla droga. • Raduni e gare sportive nelle varie discipline esplicitamente finalizzati al supporto della lotta alla droga, alcol e sostanze dopanti. • Concorsi creativi musicali. • Concorsi creativi di danza. • Raduni e gare motociclistiche e automobilistiche esplicitamente finalizzati al supporto della lotta alla droga e all'alcol. Nota E' possibile richiedere al redattore la documentazione riferita ai progetti presentati durante l'incontro del 18 ottobre 2010. Li ricordo brevemente: Toxi Taxi, Coop. Soc. Gaia di Lumezzane (Bs); LSD e CoCa & Co, Coop. Soc. Itaca di Morengo (Bg). Tale documentazione non viene qui allegata per ragioni di spazio. CAPITOLO TERZO Considerazioni finali Il comportamento tossicomanico è una malattia del corpo e dell'anima, come avrebbero argomentato qualche anno fa le guide spirituali. E' una malattia perché implica l'alterazione di alcune funzionalità dell'organismo, che finisce con l'attivarsi e sentire benessere solo in ragione di quel determinato comportamento o con l'assunzione di quella determinata sostanza. Il fatto che la tossicomania sia una malattia, che tra le altre cose ha degli enormi costi sociali, non significa collocare i consumatori su un piano etico e di valore inferiore rispetto al resto della popolazione. Questo sarebbe assurdo sia dal punto di vista morale, ma anche da quello pratico, perché significherebbe 'degradare' pressoché tutti, dal momento che un po' tutti sono “drogati” di qualcosa... Affrontare la tossicomania come malattia ci permette piuttosto di inquadrarla, seppur nella sua complessità, come un qualcosa che può essere curato e prevenuto. Bisogna aggiungere, come spesso accade nelle malattie 'meglio riuscite', che anche la tossicomania non si sviluppa nel vuoto sociale e culturale, bensì respira e si alimenta in contesti fisici, temporali e 18 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus relazionali. La tossicomania ha bisogno di uno strato culturale e sociale sul quale attecchire, ma più di questo, necessita di una cultura e di una società che lascia dei vuoti, che si presenta meno coesa, meno partecipata, meno attiva in senso politico. Il fattore che genera maggiore protezione è, infatti, la partecipazione sociale e politica. E allora, smetto di chiedermi quanto una persona sia tossica o problematica o dipendente, piuttosto mi chiedo fino a che punto quella persona ha l'opportunità o il desiderio oppure le competenze per... partecipare. Cercare di comprendere il fenomeno droga al di là del contesto sociale e culturale di riferimento è assolutamente inutile. Riflettere piuttosto sui miti e sulle rappresentazioni della società e della comunità di riferimento e confrontare poi questi miti con le evidenze scientifiche e il modus operandi delle organizzazioni e degli enti pare un passaggio necessario per fare prevenzione. Nonostante vi sia una spinta politica e tecnologica che mira alla semplificazione e alla chiarificazione, il mondo occidentale appare sempre più complesso, disorientato e disorientante. La ricerca di evidenze e soluzioni invece di offrire certezze conduce ad un moltiplicarsi di ipotesi che scardinano la possibilità di raggiungere non dico la verità, ma nemmeno una convinzione condivisa6. Questo è un paradosso estremo e disarmante: il massimo della scienza equivale alla massima incapacità di spiegare le cose inspiegabili e la delusione è così forte che l'individuo rimane bloccato, paralizzato, schiacciato con le dita su uno schermo touch touch. Questa grande illusione genera uno scenario inquietante. Vediamo affermati diffusamente intenzioni e principi, mentre nella prassi quotidiana sembra ci si muova in direzioni opposte. La sproporzione che c'è tra il dichiarato e il realizzato non ha mai raggiunto in passato un tasso così elevato come oggi. Nello scenario attuale si confondono vero e falso, promesse e realizzazioni, dato storico e rielaborazione fantastica: la dimensione affabulatoria e di fascinazione sembra sovrastare l’esame di realtà. La modernità è solo competizione, produzione e consumo7. Il principio di non contraddizione, la coerenza, la sequenza logica sembrano dettagli, ornamenti morali o etici e non la base del pensiero che ci permette di conoscere la realtà e di vivere una vita degna. L'aspetto più geniale di questo mega virus è che ci sono soggetti, persone, istituzioni che incarnano con la loro vita e con il loro funzionamento questo modello e lo estremizzano a tal punto da giungere all'auto-assoluzione (e all'assoluzione collettiva). C'è l'anestesia totale della ribellione ragionata e stabile e i conflitti sociali sono sopiti oppure gestiti solo con la violenza e la repressione. Persino nello stile educativo, abbiamo raggiunto un livello tale di fuga ed astensione dal conflitto che si è tradotto in una generalizzata sindrome di evitamento dell'incontro con l'altro. Una vera e propria Pedagogia dell'astensione... capitanata da padri sufficientemente deboli da rendere ogni prescrizione stupida ed inutile ogni proibizione. Mettersi a fare prevenzione in questa società significa in primis chiedersi fino a che punto nel proprio lavoro e nei propri servizi si stia alimentando o meno questa cultura, tenendo presente che, come diceva Baudelaire, la più grande astuzia del diavolo è quella di far credere al mondo di non esistere. Davide Bonera, Pedagogista. Consulente La Vela SCS onlus Concesio, 10 gennaio 2011 6 Io stesso, spesso, mi riconosco di incarnare questo disorientamento. Un giorno per classificare le titubanze adolescenziali (ovvie e necessarie) scelsi il cartesiano 'dubbio metodico' come direttrice per le mie ricerche e miei studi (complice una canzone di Bennato). Ottima idea, mi dissi. Ma la vita non è solamente un ambiente... euristico. 7 Marchionne docet... 19 A cura di Davide Bonera, Pedagogista La Vela Soc. Coop. Soc. onlus Per approfondire PAOLO BARONCINI, Clinica delle Tossicodipendenze, elementi di base epidemiologici, tossicologici, medici, psichiatrici, normativi, Ed. Clueb, Bologna 2007. EMILIO RENDA, Droga, immaginario e realtà, Armando Editore, Roma 1999. AA VV, Manuale di prevenzione alcol, droghe e tabacco, Franco Angeli, Milano 2001. Drugs, Ed Comunità Nuova, Milano RAIMONDO MARIA PAVARIN, Consumo, consumo problematico e dipendenza, Carocci Faber, Roma 2006. AA VV, Marketing preventivo, appunti per una nuova prevenzione del consumo di droghe. Tipografia Galli, Varese 2007. www.aduc.it www.dronet.org www.boneradavide.wordpress.com www.fuoriluogo.it www.comunitanuova.it www.progettouomo.it www.altalex.net IL COMUNICATTIVO, perché l'ignoranza fa più male della cattiveria, di Igor Righetti, Rai Radio1 ASCOLTA, SI FA SERA, Rai Radio1 20