la protesi s`e` presa il mio braccio destro (parte seconda)

Transcript

la protesi s`e` presa il mio braccio destro (parte seconda)
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
La protesi s'è presa il
mio braccio destro!
PARTE SECONDA
Il presente documento delinea pensieri e metodi utilizzati durante gli incontri di consulenza al Tavolo territoriale di
Nave (Bs) nella seconda parte dell'anno 2010: cosa è accaduto (tutto, o quasi) e cosa ci si può aspettare. Buona
lettura!
1
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
Indice generale
La protesi s'è presa il mio braccio destro!............................................................................................1
Prologo...............................................................................................................................3
Introduzione.......................................................................................................................3
CAPITOLO PRIMO.............................................................................................................................4
Seduto in quel caffè..............................................................................................................................4
Avvertenze e limiti......................................................................................................................5
Il Caso.........................................................................................................................................6
Step n. 1 Prestare attenzione..............................................................................................6
Step n. 2 Rispondere e facilitare l'esplorazione.................................................................7
Step n. 3 Personalizzare.....................................................................................................8
Step n. 4 Facilitare l'azione..............................................................................................11
Che cosa è una relazione di aiuto (perché è di questo che stiamo trattando)..................12
Competenze comunicative nella relazione di aiuto.........................................................13
CAPITOLO SECONDO.....................................................................................................................14
Prodotti preventivi docg.....................................................................................................................14
Prerequisiti generali di un buon pacchetto di prodotti preventivi ...................................14
Requisti specifici di un buon pacchetto di prodotti preventivi........................................14
Alcune idee......................................................................................................................17
Nota.................................................................................................................................18
CAPITOLO TERZO...........................................................................................................................18
Per approfondire..............................................................................................................20
2
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
Prologo
“La protesi s'è presa il mio braccio destro” è tutt'altro che una titolazione casuale.
Mi stupisce che nessuno dei partecipanti abbia mai desiderato postularne il significato. Sono
orientato a concludere che si tratti di una titolazione tanto banale da non richiedere spiegazione,
oppure tanto ermetica da scoraggiare l'animo dello studioso. E' un tratto della nostra cultura, che ci
vuole sempre sicuri di noi stessi, efficienti e all'altezza dei compiti, quello di non concedere
esitazioni; e di fronte a slogan banali oppure a riflessioni acute, ci fa saltare le pagine e alzare le
spalle, volgere il capo da un'altra parte sperando che nessuno ci chieda quello che abbiamo capito (o
non capito).
Comunque, qualunque sia il significato della titolazione, che sia una frase acuta o banale, che c'entri
o meno con le droghe e la prevenzione, l'unica (grave e indiscutibile) conseguenza è la mancata
occasione di un confronto tra aula e facilitatore.
Capita, quando si selezionano metafore sofisticate ed acute; oppure semplici e dimesse.
Capita!
Introduzione
La seconda parte, qui raccontata e riveduta, si apre mentre si chiude la prima.
Durante gli incontri pre-estivi il difficile lavoro di prevenzione e contenimento dei comportamenti
di consumo ha lasciato spazio ad un altro e altrettanto gravoso, se non impossibile, incarico
collettivo: il lavoro di rete. Tra le diverse indicazioni finali, il curatore scomodava persino il
Garibaldi nazionale parafrasandone una delle citazioni migliori1. Si dava così sacramento (senso e
significato) ad una delle istanze migliori del tavolo di lavoro. Siamo qui insieme intorno a questo
tavolo per guardare tutti dalla stessa parte, perché i giovani sono patrimonio di tutti noi, perché
sono navensi, perché si spostano da una soglia all'altra, perché i problemi che ho io sono gli stessi
che hai tu, perché se non uniamo le forze..., perché il gruppo è meglio e più della somma delle
parti, ecc ecc.
Il dubbio è se si stiano o meno manifestando i primi sintomi di una delle malattie sociali più gravi e
contagiose: la sindrome da sfida impossibile. Questa patologia, ampiamente studiata e curata,
solitamente ha un decorso piuttosto sistematico. Quando un gruppo sociale si ritrova di fronte ad un
compito molto difficile e complesso, in genere, dopo vari tentativi di approccio al problema e
constatata la reale difficoltà del processo, può essere portato a spostare tensione ed attenzione su un
compito altro che essendo però di gran lunga più difficile e complesso del precedente impantana il
gruppo di lavoro. Facciamo un esempio.
Un gruppo di alpinisti esperti deve scalare una montagna, ma non sa proprio da quale lato
“attaccarla” perché, diciamocelo, si tratta di una cima malagevole. In cuor loro gli alpinisti si
scoraggiano, ma siccome sono molto esperti e c'è un'intera Nazione che attende il successo delle
loro gesta, non possono mostrare cedimenti o titubanze. Così, iniziano ad ingaggiare consulenti
esterni ben pagati, organizzano riunioni e inevitabilmente cominciano ad emergere le naturali
conflittualità e differenze. L'attesa per la scalata aumenta il senso di insicurezza per la scalata stessa.
Si innesca una spirale che porta in breve gli alpinisti a diffidare gli uni degli altri; un sentimento di
1 “Nino, qui si lavora in rete o si muore”
3
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
sotterranea disperanza si diffonde nel gruppo. L'impossibilità di raggiungere la vetta non viene però
esplicitata, ma, semmai, spostata su altri sentimenti come l'incapacità di andare d'accordo, la nonconoscenza dell'altro. L'obiettivo chiaro ed elevato si perde tra esigenze triviali e confuse... e la
Nazione resta ad attendere la scalata accontentandosi di spot e proclami.
Lo spostamento dell'obiettivo è uno dei tanti meccanismi di difesa e di funzionamento delle
persone, che ha molto a che fare con le insicurezze personali ed organizzative (si intenda bene:
insicurezze, non debolezze o inefficienze). Se il compito di fare prevenzione è molto importante e
difficile, è naturale fare fatica... se sorge un sentimento disperante è bene riconoscerlo e navigarlo.
L'accorato richiamo al lavoro sinottico o di rete non deve far dimenticare questa mission, perché
altrimenti non si persegue l'obiettivo preventivo, e nemmeno si da retta alla fatica di raggiungerlo.
Tutto ciò premesso, si tratta di capire se l'agognato lavoro di rete sia da intendere come passaggio
importante e necessario per fare prevenzione oppure un'uscita di sicurezza per stare fermi ad
osservare.
Garibaldi aveva tanti difetti, ma in quanto ad obiettivi chiari ed elevati ha da insegnare molto se
poteva permettersi di sacrificare le vite dei suoi soldati pur di fare l'Italia.
CAPITOLO PRIMO
Seduto in quel caffè...
Prendo una gassosa con un adolescente che consuma sostanze stupefacenti. Uso la parola e provo
a fargli cambiare idea. Stile, avvertenze ed errori evitabili di una comunicazione possibile ed
efficace.
Ovvero
L'utilizzo della parola (e del silenzio) come prodotto preventivo
Fino a che punto le parole utilizzate all'interno della relazione educativa possono determinare il
cambiamento dei comportamenti di consumo?
Molti educatori sono consapevoli della potenza della dimensione dialogica come importante
momento di incontro educativo, ma spesso di fronte a situazioni ad alto tasso emotivo diventa
difficile, anche per le persone più esperte, mantenere la giusta distanza dai facili giudizi ed
esercitare un ascolto completo ed accogliente, che si faccia orientativo e che sia in grado di
accompagnare la modificazione del comportamento.
La ricerca meticolosa della giusta parola non è priva di controindicazioni. Infatti c'è il rischio di una
deriva retorica e imbonitrice della comunicazione. In tal senso, l'oratore sarebbe più interessato a
sedurre e convincere l'altro, piuttosto che a stimolare la sua crescita e ad educarlo alla sobrietà.
Non c'è bisogno di sottolineare come la comunicazione educativa si muova da premesse ben diverse
rispetto a quelle dell'imbonitore. Quest'ultimo fa leva sulla stupidità del suo ascoltatore o sulla
propria capacità di aggirare la sua intelligenza per raggiungere l'obbiettivo (in genere di carattere
commerciale). L'educatore, invece, attraverso la comunicazione, stimola l'intelligenza
dell'interlocutore e non presume la sua stupidità.
Anche l'educatore si trova ad utilizzare metafore, iperboli ed altre figure retoriche, ma la sua
intenzionalità è certamente opposta a quella commerciale!
Nell'esercizio seguente sarà richiesto, quindi, di studiare e ricercare la parola giusta come passaggio
4
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
necessario per dare voce ad un prodotto preventivo; se vi fossero delle perplessità per il timore di
apparire falsi e/o bugiardi, l'invito è quello di prendere contatto con la propria intenzionalità e
valutare lì se è il caso o meno di attendere, proseguire o abbandonare la comunicazione educativa2.
Avvertenze e limiti
Il modello qui presentato è molto complesso ed è 'previsto' che di primo acchito sia difficile da
applicare.
In genere, quando cerchiamo di parlare con qualcuno per fargli cambiare opinione su un
determinato comportamento, tendiamo ad essere prescrittivi e direttivi. Questa è una tendenza
piuttosto diffusa, perché ritenuta molto efficace e sbrigativa. In realtà, nella maggior parte delle
situazioni la prescrizione e il “buon consiglio” non sempre vengono percepiti come leve di
cambiamento; in molti casi l'atteggiamento biasimante, giudicante e anticipatorio della soluzione
finisce con il privare l'interlocutore della propria potenza di cambiamento e non gli è di aiuto.
Quante volte ci è capitato di consigliare di non usare droghe e di evitare comportamenti di
consumo, sentendoci molto efficaci in questo, ma nello stesso tempo notando che sul lungo periodo
il giovane non modifica il suo comportamento. Oppure quante volte ci siamo sentiti di 'allontanare'
un consumatore mandandogli un messaggio di forte critica e ci siamo resi conto che abbiamo
“espulso” anche la persona e non solo il suo comportamento.
Lo scopo di questa esercitazione è quello di imparare alcune regole per essere efficacemente di
aiuto nel processo di cambiamento. Proveremo quindi a presentare un modello di funzionamento
dialogico orientativo, non esaustivo, problematizzante e che prevede le seguenti avvertenze:
2
•
In primo luogo è necessario tenere ben distinto il comportamento di consumo dalla persona
che consuma. E' un po' come distinguere il peccato dal peccatore...
•
Applicare questo modello dialogico non è semplice; servono esercizio, disciplina di sé e
anche supervisione. “Non posso aiutare gli altri a trovare se stessi, se sono ancora alla
ricerca di me”. Il minimo di partenza è avere la chiara consapevolezza della propria
asimmetria “in azione”, sentirsi cioè in azione educativa e percepire l'altro come 'educabile'.
•
Il contributo testuale di seguito presentato è verosimile, nel senso che gli errori della
comunicazione presenti sono tratti dalla realtà, mentre non lo sono sempre le situazioni di
efficacia.
•
E’ un modello che si studia sui libri, ma che può essere applicato in molti setting: dalla
panchina alla clinica.
•
E’ un modello che implica l’incontro vis a vis e che tiene conto quindi anche degli aspetti
non verbali e para verbali della comunicazione (non qui rappresentati per ovvie ragioni).
•
Si tenga comunque presente che il fatto che un consumatore si rivolga a voi per consiglio ed
aiuto, non significa che desideri sospendere il consumo o che sia predisposto ad accettare
tutte le vostre proposte… anzi! (ambivalenza del consumatore)
•
Il dialogo è presentato a step: procede se è efficace, altrimenti si interrompe. Il dialogo è
tanto efficace quanta è l’abilità dell’educatore di entrare in empatia, di fornire di volta in
volta risposte appropriate, di individuare e personalizzare i problemi e di iniziare una serie
di azioni per sostenere il processo di cambiamento.
Concludo, aggiungendo che maggiore è nell'educatore il timore di apparire retore e falso e più alta è la protezione
circa il rischio di diventarlo!
5
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
•
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
Le abilità dell’educatore portano l’adolescente consumatore ad effettuare tre passaggi:
esplorare, comprendere e agire.
Il Caso
Fabio è uno studente di 16 anni. Chiede di DAVIDE perché “ha bisogno di parlare con qualcuno”.
DAVIDE ha 28 anni e fa l’educatore in oratorio. Non conosce i reali motivi di questa richiesta,
anche se in testa gli frullano alcune ipotesi. Qualche giorno prima, un amico di Fabio è stato
fermato per uso di stupefacenti e pare che abbia fatto i nomi degli amici consumatori, tra cui lo
stesso Fabio. La compagnia di Fabio è molto presente in oratorio e seppur in forma diversa a
seconda delle individualità, partecipa alle attività di animazione. Il consumo di cannabinoidi del
gruppo è noto a DAVIDE. In passato gli è capitato di parlarne coi ragazzi.
Fabio è molto preoccupato.
Step n. 1 Prestare attenzione
Per iniziare un qualsiasi rapporto di carattere dialogico è necessario prestare attenzione. Entrare cioè
nella dimensione di osservazione ed ascolto lasciando spazio all'altro per accoglierlo e
comprenderlo. Sembra banale questa considerazione, ma se riflettiamo sui ritmi quotidiani del
nostro lavoro, non avremo molta difficoltà ad individuare le situazioni nelle quali non “prestiamo
(sufficiente) attenzione”.
Mentre DAVIDE è indaffarato negli ultimi preparativi per un festa, si presenta Fabio.
DAVIDE: Ciao Fabio, entra, dammi una mano nei
preparativi.
Fabio: posso parlarti?
DAVIDE: certo certo, dimmi
Fabio: io… non saprei proprio da che parte cominciare.
DAVIDE: non ti preoccupare dimmi, dimmi
Fabio: è successo un casino…
DAVIDE: (interrompendolo) forse so già di cosa vuoi
parlarmi. Ti riferisci alla faccenda delle canne della scorsa
settimana. Hai ragione ad essere preoccupato. La
situazione vi è sfuggita di mano. Quante volte ti ho detto
che non dovevi fumare quella merda. Cosa pensi, che
l’amicizia si rinforzi perché fumate quattro canne?
DAVIDE: ciao Fabio, entra entra. Scusami sono molto
indaffarato, ecco però accomodati qui. Mi ci vuole una
piccola pausa. Grazie.
Fabio: non saprei da che parte cominciare
DAVIDE: (prende qualcosa da bere) mi sembrava di aver
capito che volessi incontrarmi per qualcosa che ti
preoccupa..
Fabio: sì sì. E’ successo un casino, non so cosa hai sentito
in giro.
DAVIDE: beh qualcosa ho sentito in giro, ma a te cosa
frulla nella testa?
Fabio: la settimana scorsa hanno beccato il Rudy con gli
spinelli, ma io non c’entro. Non ho fatto niente. Quel
cretino si è fatto beccare e ha infamato tutti, tutti, per
salvarsi il culo. Quello stronzo. Sono tutti incazzati con
Fabio: no
lui, brutta merda. Questo paese di merda, questa gente di
DAVIDE: vedi? se tu avessi imparato ad aprirti un po’ di
merda. In questo oratorio c’è un sacco di gente che non si
più, ad essere meno timido, ad ascoltarmi quando ti dicevo
fa i cazzi suoi. Tutti che hanno da criticare…
di non farlo. Guarda quante cose abbiamo qui. Basta poco
per stare bene. Voi siete in gamba e potete tirare fuori del (pausa)
positivo da questa faccenda. Bisogna sempre tirare fuori il
Scommetto che adesso mi cazzi anche tu.
bicchiere mezzo pieno..
DAVIDE: penso che tu non abbia bisogno di uno che ti
Fabio: non so che fare…
cazzi come dici tu. Sicuramente non sei venuto da me per
essere rimproverato. Magari vuoi solo sfogarti.
DAVIDE: ascoltami. Ho un’idea: comincia a venire qui
6
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
stasera a darmi una mano, tirati fuori da quegli “amici”.
Adesso sono un po’ impegnato, ma vieni stasera che c’è
un po’ di musica. Poi magari ne parliamo ancora.
Fabio: se lo dici tu
DAVIDE (solo): cavolo sono proprio storditi sto gnari,
con tutte le volte che gliel'ho detto!
DAVIDE: tu sei maturo per permetterti un comportamento
infantile. Se vuoi che io ti aiuti dobbiamo parlare ancora di
questa faccenda.
DAVIDE: se tu mi hai chiesto di parlare… penso piuttosto
al fatto che ho bisogno di capire come sei tu e come ti
Fabio (alzandosi un po’ stranito e poco convinto). Va bene, senti. Ho bisogno di conoscerti meglio
vedrò se riesco a passare.
Fabio: io non voglio stare male, non voglio incazzarmi
come un bambino
Fabio: ok, va bene.
Dialogo NON efficace
Dialogo MOLTO efficace: guadagni la
possibilità di continuare la chiacchierata con
Fabio.
(Hai fatto una bella predica e hai detto cose
giuste, ma con ogni probabilità ti sei
giocato la possibilità di continuare la
chiacchierata con Fabio.
Vai al secondo step.
Mi dispiace... vai a casa!)
Step n. 2 Rispondere e facilitare l'esplorazione
“Molto bene benissimo”3 hai dimostrato di prestare attenzione: sei stato bravo a sospendere
l'attività che stavi svolgendo, a guardare negli occhi il tuo interlocutore e ad ascoltarlo senza
anticipare contenuti e soluzioni; senza interromperlo e soprattutto permettendogli di esplicitare le
proprie rabbia e frustrazione. Il passaggio che ti aspetta ora è quello di rispondere in modo
appropriato e facilitare l'esplorazione del problema. Per farlo è necessario restare sul contenuto,
intercettare lo stato d'animo e trovare il vero significato delle sue parole (dato dalla somma del
contenuto e del sentimento).
DAVIDE e Fabio si incrociano alla fine della festa. DAVIDE invita Fabio a proseguire la
discussione. Fabio, durante la festa, ha avuto modo di vedere alcuni dei suoi amici e di rilassarsi con
loro. DAVIDE li ha visti nel consueto “mordi e fuggi”.
DAVIDE: ciao Fabio, eravamo d’accordo di proseguire la
chiacchierata di oggi.
DAVIDE: Ciao Fabio, se non sbaglio eravamo d’accordo
di incontrarci per proseguire la chiacchierata di oggi
Fabio: Ehm…
Fabio: Ehm…
DAVIDE: non ti sono più simpatico? Hai da lavorare a
casa (scherza)?
DAVIDE: ti senti perplesso
Fabio: mi sento più tranquillo
DAVIDE: guarda che non bastano due baci e quattro
abbracci per sistemare le cose coi tuoi amici, prima o poi
la faccenda va affrontata di petto
Fabio: sì sì, lo so…
DAVIDE: lo so lo so… non è sufficiente. Datti una mossa
Fabio: veramente mi sento meglio rispetto ad oggi. Ho
visto gli amici e non mi sembra che sia tutto così negativo
DAVIDE: ti senti sereno perché sei stato coi tuoi amici
Fabio: siamo stati tutta sera qui e non abbiamo né fumato
e neanche bevuto e comunque siamo stati bene. Non è
come pensi tu.. che siccome ci siamo fumati, siamo tornati
amici
3 Come direbbe il Moldavo.
7
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
altrimenti non li molli più quegli amici. Ti ho visto
stasera…
DAVIDE: non ti fidi molto di me, perché temi che io non
sia in grado di capirti.
Fabio: che cosa hai visto?
Fabio: no, è solo che adesso mi sento meglio
DAVIDE: niente niente
DAVIDE: deve essere un bel sollievo ristabilire i rapporti
di amicizia e la serenità nel gruppo
Fabio: conosco quelle espressioni del tipo: dico non dico.
Si vede benissimo cosa stai pensando!
Fabio: sì, in effetti se penso a come stavo oggi…
DAVIDE: hai la coda di paglia eh?
Fabio: non ho nulla da nascondere
DAVIDE. Nemmeno i tuoi amici?
Fabio: io sono una cosa, loro un’altra
DAVIDE: vabbé… però le canne ve le fate insieme
Fabio: io non più
DAVIDE: sei sicuro?
Fabio: sì
DAVIDE: da quando?
DAVIDE: eri preoccupato per quella faccenda degli
spinelli
Fabio: sì avevo paura che Rudy infamasse tutti
DAVIDE: la paura di fare brutta figura è una delle paure
peggiori. Ti blocca e spesso ti fa arrabbiare
Fabio: mi ha fatto piacere parlare con te. Ho finito ancora
meglio la serata ora vado a casa
DAVIDE: io domani sono abbastanza libero, fammi un
colpo di telefono per dirmi a che ora hai intenzione di
passare in segreteria
Fabio: ok grazie…
Fabio: da una settimana
DAVIDE: un po’ presto per cantare vittoria…
Fabio: E’ già qualcosa…scusa ma devo andare
DAVIDE: non te ne andare incazzato, tutto… ma
incazzato no.
DAVIDE (solo): cavolo sono proprio storditi sto gnari,
con tutte le volte che gliel'ho detto!
Dialogo NON efficace
Dialogo MOLTO efficace: guadagni la
possibilità di continuare la chiacchierata con
Fabio.
Hai schiacciato l'acceleratore presumendo
cose non vere e cercando facili e veloci
soluzioni. Hai ascoltato poco e svalutato i
progressi di Fabio. Tanto che se ne va
arrabbiato. Non credo che tornerà a parlare
con te.
Vai al terzo step.
Mi dispiace... vai a casa!
Step n. 3 Personalizzare
“Personalizzare” il problema è un passaggio critico indispensabile per ogni cambiamento. Si tratta
di condurre l'altro a comprendere in modo personale la propria situazione. La tendenza
dell'educatore è spesso quella di individuare nella storia dell'interlocutore elementi comuni ad altre
biografie, credendo in questo modo di offrire orientamenti. In realtà, ciò può portare l'interlocutore
a non entrare in contatto con se stesso e il proprio vissuto; passaggio invece indispensabile per
responsabilizzarlo rispetto alla soluzione dei propri problemi. E' importante che l'educatore assuma
un atteggiamento non giudicante, ma soprattutto deve essere capace di non schierarsi.
8
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
Ciò potrebbe essere molto difficile da applicare, perché implica la messa tra parentesi del proprio
impianto di valori. A proposito dell'opportunità dello schierarsi, è stato ampiamente dimostrato
attraverso prove ed esperimenti che lo schierarsi da una parte, implica quasi immediatamente che la
controparte assuma una posizione opposta.
Per non cadere in questo tranello, è importate utilizzare domande aperte o domande le cui risposte
ci permettano di rispondere a nostra volta (in altre parole, domande che non spengano la
comunicazione). Se nello step precedente la domanda martellante era: “come si sente Fabio, che
cosa sta provando”. Ora l'area da esplorare è: “quali conseguenze ha questa situazione su Fabio”.
Altre regole:
•
Individuare i temi dominanti, cioè quei temi ed argomenti che emergono e ritornano nella
discussione
•
Mentre Fabio tende a parlare di terze persone, portarlo a parlare il più possibile di sé con
formule che utilizzano il “tu” (quali sono le ricadute personali di queste vicende in Fabio?)
•
Rimanere sempre in contatto con i significati di Fabio, senza andare oltre, senza rimanere
indietro
•
Personalizzare il problema: ma quale è il tuo problema? (concettualizzare il deficit,
interiorizzarlo e concretizzarlo)
•
Personalizzare gli obiettivi: dove Fabio desidera arrivare rispetto a dove si trova?
(concettualizzare l’obiettivo, interiorizzarlo e concretizzarlo)
Fabio ha contattato telefonicamente DAVIDE e i due si sono dati appuntamento.
Fabio: ciao DAVIDE
Fabio: ciao DAVIDE
DAVIDE: ciao Fabio, come ti senti?
DAVIDE: ciao Fabio, come ti senti?
Fabio: bene
Fabio: bene
DAVIDE: abbiamo un po’ più di tempo e possiamo
DAVIDE: hai riflettuto su quello che è successo? affrontare meglio la situazione…
Fabio: sì
Fabio: non so nemmeno cosa ci possiamo cavare…
DAVIDE: e cosa pensi?
Fabio: non ne ho un'idea precisa
DAVIDE: ti capisco. Ma tieni presente che
queste cose capitano ogni tanto nel percorso
esistenziale, sono i segni che ci dicono che
dobbiamo riordinare la nostra vita. Pensa che tu
non sei Rudy e per certi versi sei messo
meglio…
DAVIDE: ho pensato molto a quello che ti sta succedendo
e mi sembra che ci siano alcune questioni che tornano
Fabio: In che senso?
DAVIDE: un argomento che, per esempio, spesso è
emerso nei nostri discorsi e che non abbiamo mai
affrontato è quello riferito al consumo di canne
Fabio: perché è un problema?
DAVIDE: a quanto pare ti sta creando qualche difficoltà
coi tuoi amici
Fabio: ma per Rudy mi dispiace, poteva capitare Fabio: sì ma adesso sto bene
a tutti
DAVIDE: ti senti bene perché hai parlato coi tuoi amici e
hai capito che siete ancora uniti; ma la situazione non è
DAVIDE: comprendo il tuo stato d’animo, sei
triste per Rudy, perché gli vuoi bene, ma tu devi tanto cambiata: voglio dire: Rudy avrà comunque
problemi con la giustizia e non so se la tensione tra di voi
9
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
è totalmente attenuata
guardare avanti, recuperare le tue forze,
correggere i tuoi sbagli… devi riordinare le cose Fabio: in realtà abbiamo deciso tutti di smettere di fumare
così non avremo più problemi
Fabio: non saprei
DAVIDE: non ti scoraggiare. Una volta è
capitato anche a me un problema simile e ti dico
che non serve a niente rimuginare, devi capire
dove hai sbagliato… parliamo per esempio delle
canne.
Fabio: eeh
DAVIDE: tu sai che questa faccenda non è mai
stata tollerata qui. Questa potrebbe essere
un'occasione perché tutti i giovani comprendano
quanto sia stronza questa abitudine. Rudy
potrebbe essere da esempio per tutti
Fabio: poveraccio
DAVIDE: a parte che non credo che subirà danni
irreparabili. Comunque non dobbiamo abbassare
la guardia. Usiamo l’incidente per fare qualcosa
per tutti. Dammi una mano a parlare di questa
faccenda coi tuoi amici… possiamo fare
smettere tutti
DAVIDE: quando dici ‘problemi’ a cosa ti riferisci nello
specifico?
Fabio: nessuno ci rompe le balle, non siamo più sulla
bocca di tutti, non possiamo essere noi stessi… che ci
danno tutti addosso
DAVIDE: significa che fumare è un scelta del vostro
gruppo contraria a quello che dice la società?
Fabio: fumare per noi è un passatempo che non fa male, ci
fa stare bene, ma nessuno vuole che lo facciamo
DAVIDE: ti senti arrabbiato perché è come se ti avessero,
come dire,… smascherato
Fabio: in effetti, io so che fumare non fa bene, può portare
ad una dipendenza, ecc ecc ( a parte che fa meno male di
altre droghe) ma sto male perché questa faccenda di Rudy
mi ha messo in crisi
DAVIDE: ma adesso hai deciso di non fumare più
Fabio: ci ho provato altre volte, anche quando mi ha
beccato mio zio… ma poi ho ricominciato. Non ne sento
neanche il bisogno è proprio una cosa che non mi sembra
così sbagliata… non so
DAVIDE: deve essere difficile per te prendere la decisione
Fabio: non credo che il problema sia solo quello di smettere di fumare quando non si sa da che parte stare
di smettere di farsi le canne
Fabio: intanto è una settimana che non fumo
DAVIDE: c’è altro, ci sono in ballo altre
droghe?
DAVIDE: è una posizione che ti rende soddisfatto
Fabio: penso che a dispetto di quello che tutti pensano, per
me… è comunque un buon traguardo
Fabio: no, non è questo
DAVIDE: e allora fidati ancora una volta di me:
questo tuo problema è un problema che
coinvolge tutti: te, me, i tuoi amici e la
comunità… possiamo decidere di starci dentro
immobili oppure di rimboccarci le maniche e
lavorare insieme. Dammi una mano a cambiare i
consumi dei tuoi amici
Fabio: mi pare una cosa grossa
DAVIDE: ma non sei solo
Fabio: … ci penso (perplesso). Adesso vado… ci
si vede…
DAVIDE: fammi sapere
DAVIDE: a cosa pensi ti porterà questa decisione
Fabio: sai cos’è che più mi dà da pensare? È il fatto che mi
sembra di fare qualcosa di strano per le abitudini del
nostro gruppo e questo un po’ mi mette a disagio
DAVIDE: ti senti a disagio perché temi il giudizio dei tuoi
amici e di deluderli
Fabio: sì anche se almeno un paio di loro la pensano come
me
DAVIDE: probabilmente si tratta di una posizione non
semplice da mantenere. Il gruppo in certe situazioni ci
porta a fare delle cose delle quali non siamo pienamente
convinti
Fabio. È vero… non sai quante volte
DAVIDE: è capitato anche in altre situazioni?
Fabio. Sì, molte volte… nel bene e nel male,
DAVIDE: è vero, il gruppo ti può aiutare a fare anche delle
cose positive
10
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
Fabio: mi piacerebbe tenere duro… senza insomma farmi
ancora le canne… vediamo
DAVIDE: potremmo parlarne ancora… io posso aiutarti
Dialogo NON efficace
Hai posto questioni realistiche e sensate, ma
ancora lontane dalla sensibilità di Fabio.
Hai sostenuto tesi interessanti, ma non hai
condotto Fabio a verbalizzare il consumo
come comportamento da cambiare. Hai
preferito darlo per scontato, anticipando di
conseguenza soluzioni alle quali Fabio non
si sente pronto. Forse tornerà a parlare con
te, ma devi concentrarti meglio
sull'ascolto.
Dialogo MOLTO efficace: guadagni la
possibilità di continuare la chiacchierata con
Fabio.
Vai al quarto step.
Mi dispiace... vai a casa!
Step n. 4 Facilitare l'azione
Arrivati a questo punto di comunicazione educativa, molte delle difficoltà sono state aggirate ed è
possibile immaginare alcune azioni concrete che portino Fabio a modificare il comportamento di
consumo. Ciò implica sia l'esplicitazione degli obiettivi di cambiamento e che questi siano
compatibili con l’adolescente e il suo sistema di valori, raggiungibili e valutabili nel tempo. Fare ciò
non è semplicissimo, perché è molto frequente l'errore di anticipare le soluzioni, offrendo ricette
spesso poco sostenibili da chi le deve applicare.
FACILITARE L’AZIONE
(dialogo non efficace)
Fabio e DAVIDE si incontrano ancora a distanza di una settimana per proseguire la comunicazione avviata.
…, ...
DAVIDE: mi sembra allora che hai deciso di smettere di fumare. Sei ancora convinto di questa
decisione? Non è che ti sei fatto una canna in questa settimana? Beh, comunque. Come ti dicevo io
posso aiutarti…
Fabio: dimmi
DAVIDE: innanzitutto devi ammettere che il tuo consumo dipende moltissimo dal tuo gruppo di
amici. Per cui il mio consiglio è quello di evitare di frequentarlo, pur mantenendo le amicizie. O
meglio, evitando cioè quelle situazioni, diciamo più a rischio.
Fabio: posso provarci
DAVIDE: abbiamo molte attività nelle quali tu puoi inserirti
Fabio: ma io faccio già tante cose in oratorio
DAVIDE: lo so sei molto in gamba, eppure il pericolo, lo sai meglio di me, è sempre presente. Ti
devi impegnare molto, sarà un percorso duro. Se vuoi possiamo pensare anche di parlarne coi tuoi
11
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
genitori… magari effettuare dei test che ti aiutano a stare lontano dalle droghe.
…, …
FACILITARE L’AZIONE
(efficace)
Fabio e DAVIDE si incontrano ancora a distanza di una settimana per proseguire la comunicazione avviata.
…, ...
DAVIDE: mi pare che tu abbia deciso di smettere di fumare. E' stata una decisione che penso molto
saggia e importante per te!
Fabio: sì
DAVIDE: come è andata questa settimana?
Fabio: … …
“Buona fortuna e buona comunicazione a tutti!”
Che cosa è una relazione di aiuto
(perché è di questo che stiamo trattando)
Una relazione di aiuto presuppone l'esistenza di due soggetti, dei quali, uno è in difficoltà, cioè ha
un problema che lo blocca, impedendogli di evolvere verso decisioni e dando luogo ad una
situazione di sofferenza e di disagio e l'altro si pone, attraverso l'esercizio di un ruolo, come
sostenitore alla soluzione del problema. Questo secondo soggetto prende il nome di "facilitatore",
proprio perché attraverso determinate tecniche di comunicazione aiuta il soggetto in difficoltà a
trovare la sua strada.
Il concetto di relazione di aiuto nacque con C. Rogers negli anni 50 e fu da lui sperimentato,
all'inizio, con i reduci della guerra mondiale che erano usciti fortemente provati da tale esperienza.
Attualmente, le tecniche di comunicazione applicate alla relazione di aiuto trovano spazio in svariati
ambiti di attività, comprendendo le relazioni familiari, scolastiche, aziendali, interpersonali, in
genere, oltre alla relazione clinica, caratterizzata dal rapporto psicologo-cliente.
Una relazione di aiuto nell'ambito familiare può essere rappresentata ad esempio da un figlio che ha
un problema e da un genitore che, attraverso modalità di comunicazione appropriate, lo aiuta a
risolverlo; nelle relazioni scolastiche il rapporto può intercorrere tra un alunno e un insegnante;
nelle relazioni aziendali, tra un dipendente e un capo.
Ma vediamo quali sono i requisiti essenziali per far sì che si strutturi una relazione di aiuto:
a) una minima volontà da parte di due persone di relazionarsi;
b) una capacità e una minima volontà di entrambi di ricevere informazioni dall'altro;
c) un rapporto che esiste da un certo periodo di tempo.
Date queste premesse, si ipotizza come valida la seguente relazione: maggiore è la capacità di
comunicazione in uno dei due individui, più la relazione con l'altro che ne deriva assumerà una
tendenza alla comunicazione reciproca, che si caratterizzerà per una sempre maggiore congruenza,
una tendenza alla comprensione più adeguata delle informazioni da parte di entrambi, un migliore
adattamento psicologico, quindi un migliore funzionamento di tutti e due e una soddisfazione
reciproca per la relazione intrattenuta.
Lo strumento principale di cui si avvale una relazione di aiuto è L'ASCOLTO.
12
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
Spesso, il solo fatto di prestare attenzione, restando in silenzio e rivolgendo lo sguardo al parlante,
crea un clima distensivo in cui la persona si sente accolta e questo già di per sé permette alla
tensione di defluire. Restando in silenzio e mantenendo il contatto oculare, l'ascoltatore-facilitatore
metacomunica al parlante che ha interesse per lui e questo significa anche rispetto. Il parlante,
proprio perché si sente investito da sentimenti positivi, abbasserà le sue barriere difensive, perché
sente che può fidarsi (In genere siamo portati a fidarci di chi ci comunica interesse e rispetto).
Spesso le persone si bloccano ad uno stadio esistenziale perché non si fidano di se stesse e ciò
perché hanno paura del giudizio degli altri. Mostrare un atteggiamento accettante durante l'ascolto è
come voler dire all'altro che quello che sta dicendo non è sbagliato, perché quella è la sua
esperienza e può essere accettata. Di fronte ad un atteggiamento di accettazione non è improbabile
che la persona che ha un problema riesca a trovare in sé le risorse per poterlo risolvere.
Una persona che decide di chiedere aiuto è spesso una persona confusa che sta male e non sa
perché, il più delle volte presenta dei sintomi di cui non conosce la causa. Spesso si tratta di un
soggetto che ha costruito un'immagine di sé rivolta a compiacere il gruppo di amici e/o gli altri
adulti, rinunciando, senza accorgersene al suo potere personale. L'ascolto dell'educatore serve in
questo caso a riavvicinare la persona a se stessa, aiutandola a riacquistare il coraggio di "osare",
sperimentando se stessa attraverso l'espressione graduale delle proprie potenzialità. In questo modo,
man mano, l'individuo si riappropria della sua soggettività e si sviluppa secondo le proprie
potenzialità.
Competenze comunicative nella relazione di aiuto
"Il vero insegnamento inizia quando si smette di insegnare" (Socrate)
1) Il silenzio. Il silenzio è assenza di rumore interno, assenza di contenuti della propria coscienza. E'
il vuoto che l'ascoltatore crea dentro di sé per ascoltare l'altro. E' totale disponibilità che presuppone
l'assenza di fretta, è vuoto per accogliere l'altro e serve a far riflettere sull'esperienza. E' necessario
quindi, non forzare l'altro a parlare, rispettare i ritmi e le scelte dell'altro.
2) Piccoli incoraggiamenti. Significa saper lavorare sulle resistenze ad aprirsi che la persona
esprime. Si tratta di usare frasi sbloccanti e atteggiamenti facilitanti.
3) Ripetizione. Significa mettere a fuoco una sola parola che ci colpisce e ripeterla (es: “Terribile?".
Si tratta di selezionare ciò che la persona ha detto.
4) Parafrasi. Consiste nel riprendere il contenuto espresso dall'interlocutore e ridirlo in maniera
sintetica, creativa ed efficace. A volte la parafrasi diventa riassunto ed è quindi la reintegrazione
dell'esperienza del parlante.
5) Riflessione del sentimento. Si tratta di comprendere il sentimento sottostante a ciò che la persona
dice e di rimandarglielo. Es: Parlante:"Non so più da che parte andare!" Ascoltatore: "Ti senti
confuso?". La riflessione dei sentimenti presuppone l'empatia e cioè il "sentire" l'altro, i suoi
sentimenti e la sua esperienza. E' il rimando diretto ed esplicito della componente emozionale del
messaggio che la persona manda. (Es. " Ti senti triste?"). Il sentimento si può anche
contestualizzare (Es. " Ti senti triste perché tuo figlio se n'è andato?"), perché in questo caso vi è un
contesto dal quale il sentimento prende vita. E' sempre importante contestualizzare i messaggi: se ad
es. il parlante dice: "Sono sempre sfortunato con le donne!", è bene portare il parlante su un piano
più realistico e dire ad es. "Ora ti senti così".
Indicazioni per l'uso dell'ascolto empatico
13
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
Focalizzarsi sul sentimento ed esprimerlo con una sola parola. (Es. "Ti senti disperato").
Distinguere se l'emozione che si ascolta è negativa o positiva, usando la parola che esprime la forza
dell'emozione stessa.
Usare le metafore, perché le metafore evocano in maniera più intensa le emozioni.
Parlare dal punto di vista dell'altro. Es."dal tuo punto di vista è così". Si tratta di mettersi nello
schema di riferimento dell'altro.
Riflessione del significato di un'esperienza fatta dal parlante. Si tratta di riflettere il significato, il
valore, l'importanza, che l'altro attribuisce a quell'esperienza.
Schizzi di (altre) abilità di comunicazione (da usare con cautela perché di per sé non efficaci)
1) Come e quando fare una confidenza.
2) Usare o meno il confronto.
3) Formulare il punto di vista dell'ascoltatore senza esprimere direttività non richiesta.
4) Dare indicazioni e consigli.
CAPITOLO SECONDO
Prodotti preventivi docg
Dopo aver dedicato numerose parole digitalizzate alla relazione educativa come prodotto principale,
prendiamo ora in considerazione alcune linee guida per la progettazione di prodotti preventivi più…
complessi come campagne informative, interventi formativi, slogan, ecc ecc!
Prerequisiti generali di un buon pacchetto di prodotti preventivi
- la presenza di caratteristiche positive e modalità nuove di risoluzione di problemi;
- la presenza di avanzamento delle conoscenze e/o di nuove tecniche;
- la possibilità che siano replicate in situazioni diverse rispetto a quelle in cui sono nate e si sono
sviluppate (anche spontaneamente);
- una durata temporale tale che ne fa un’esperienza stabile piuttosto che un evento estemporaneo.
Requisti specifici di un buon pacchetto di prodotti preventivi
•
Esplicitare e condividere i principi fondamentali
Posizione chiara ed esplicita (a tutti i livelli) contro l'uso di sostanze
“Non Uso” come... scelta di vita!
Temperanti è... bello!
La dipendenza è una malattia molto... compromettente.
Soglia di attenzione a questi fenomeni permanentemente alta!
Fruitori come soggetti alleati e consapevoli
Uso di sostanze = problema di sanità pubblica
Ci sono persone più vulnerabili di altre
14
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
Divieti e sanzioni ragionevoli
La 'moderazione' è questione 'privata' non sponsorizzabile a livello sociale
e culturale (no alle false sicurezze)
Atteggiamento multimodale (multi target e edu/)
Diritto di tutti ad una società temperante (no feste di consumo istituzionali)
No alla discriminazione dei consumatori
(la moderazione è una faccenda privata)
Priorità della famiglia
•
Non rivolgersi esclusivamente ad un unico target
Giovani
Genitori
Gruppo dei pari
Amministratori
Opinion leader sociali
Operatori della scuola/educatori
Personalità religiose
Operatori dei Media
Operatori ed organizzazioni dei Centri Commerciali
Operatori delle associazioni sportive
Gestori di ambienti di intrattenimento
Operatori sanitari
Persone del mondo dello spettacolo
Operatori delle forze dell'Ordine
Operatori del mondo produttivo (aziende, sindacati, ecc)
•
Considerare la variabilità del target: non tutti i giovani sono uguali (+ o – vulnerabili, + o –
esposti, + o – a rischio), come non tutti i genitori sono uguali: ci sono quelli “bravini” e
quelli “meno bravini”4. È necessario che la prevenzione non faccia leva solo sugli individui,
ma su gruppi, organizzazioni, istituzioni, sugli stili relazionali.
•
Considerare la variabilità dei luoghi e le innumerevoli combinazioni del 'triangolo
orientativo': persone/sostanze/contesti. La prevenzione, per essere un minimo efficace, deve
considerare contesti come soggetti di lavoro: modelli di funzionamento della società, delle
istituzioni, modelli d’identificazione, miti.
Tempo libero – luoghi di divertimento/piacere di vendita e di consumo
(discoteche, rave, stadio, bar, birrerie, casinò, sale scommesse, ecc)
Tempo libero – luoghi di aggregazione senza finalizzazione di consumo
(parchi, giardini, strada, ecc)
4 Lo so, lo so che sono locuzioni a dir poco aberranti... ma rendono l'idea!
15
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
Tempi e luoghi istituzionali
(sert, noa, prefettura, forze dell'ordine)
Luoghi „intermedi“
(Cag, Oratori, ludoteche)
Sistemi formali di cura
(PS, SPDC)
Ambiti istituzionali non finalizzati
(Scuola, Scuola guida)
Spazi virtuali
(blog, help line, pagine web)
Luoghi di lavoro
(cantieri edili, catene di montaggio)
Luoghi privati e semiprivati
(Domicilio, cortile, casamento, vicinato)
… ...
•
Prevedere quindi una lettura analitica del contesto (profili comportamentali, culture, usi,
ecc) analisi – obiettivo – risultato. Ciò permette la differenziazione dei prodotti preventivi
sulla base dei bisogni espressi dai consumatori, ma anche dai comportamenti.
•
Scegliere un modello teorico: promozione della salute, approccio dei pari, life-skills,
informativo, socio affettivo, lavoro di comunità... ed essergli fedele.
•
La differenziazione dell'offerta porta ad individuare tre livelli di strategia: prevenzione
universale, prevenzione selettiva e prevenzione indicata (trattamento e prevenzione sono
nello stesso processo)
16
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
•
Ci vuole una squadra diversificata nei ruoli (Quante persone sono intenzionate a lavorare per
la lotta alla droga?) “Il grado con cui le organizzazioni e i diversi segmenti di una comunità
hanno la capacità di partecipare allo scambio politico, predice una più bassa mortalità”
•
Non illudere che le tecniche possano eliminare il problema o risolverlo, a volte ci
allontanano (dalla soluzione).
•
Non illudere che le dipendenze possano essere prevenute con la sola competenza sanitaria,
con il solo piano razionale.
Alcune idee
Ci limiteremo a suggerire alcuni prodotti preventivi “tangibili” particolarmente rivolti alla
popolazione giovanile5.
Offerte
Principali iniziative
Informazione e
comunicazione
•
Distribuzione periodica di materiali informativi accreditati sui danni
da sostanze nelle scuole e negli ambienti di aggregazione.
•
Esplicitazione da parte di un alto numero di opinione leader sociali
delle loro posizioni contro l'uso di droghe.
•
Trasmissioni periodiche strutturate sui rischi e sui danni. Evitare i
dibattiti sterili alla Tv su proibire o liberalizzare. Le persone hanno
bisogno di una comunicazione semplice ed orientante con
indicazioni chiare e coerenti (per es. “cosa devo fare con mio figlio
per ridurre il rischio droga”).
•
Raduni giovanili per discutere sui temi specifici sopra riportati
•
Raduni giovanili per realizzare opere di solidarietà nei confronti di
gruppi di popolazioni svantaggiate.
•
Gruppi di lavoro permanente sui diritti civili.
•
Gruppi di lavoro per la tutela e la difesa dei bambini.
•
Corsi di formazione su vari argomenti correlati alle possibili attività
lavorative.
•
Corsi e stages che permettano ai giovani di entrare in contatto
precocemente con le realtà produttive locali e non solo alla fine di
Educative
Formative
5 da “Marketing preventivo”, op. cit. in bibl. La 'tangibilità' non va però confusa con la ricerca della 'spettacolarità' e il
solo accento alla 'visibilità fumosa'. Essere tangibili significa offrire situazioni nelle quali le persone possono
immergersi, essere attive e 'toccare' il proprio protagonismo.
17
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
un percorso scolastico, in modo da concretizzare le proprie fantasie
rispetto al proprio futuro.
Intrattenimento
•
Corsi di formazione che avvicinino i giovani alle discipline creative
e nello stesso momento educative, quali la musica e la danza.
•
Concerti esplicitamente finalizzati al supporto della lotta alla droga
e all'alcol.
•
Spettacoli di danza esplicitamente finalizzati al supporto della lotta
alla droga.
•
Raduni e gare sportive nelle varie discipline esplicitamente
finalizzati al supporto della lotta alla droga, alcol e sostanze dopanti.
•
Concorsi creativi musicali.
•
Concorsi creativi di danza.
•
Raduni e gare motociclistiche e automobilistiche esplicitamente
finalizzati al supporto della lotta alla droga e all'alcol.
Nota
E' possibile richiedere al redattore la documentazione riferita ai progetti presentati durante l'incontro
del 18 ottobre 2010. Li ricordo brevemente: Toxi Taxi, Coop. Soc. Gaia di Lumezzane (Bs); LSD e
CoCa & Co, Coop. Soc. Itaca di Morengo (Bg).
Tale documentazione non viene qui allegata per ragioni di spazio.
CAPITOLO TERZO
Considerazioni finali
Il comportamento tossicomanico è una malattia del corpo e dell'anima, come avrebbero
argomentato qualche anno fa le guide spirituali. E' una malattia perché implica l'alterazione di
alcune funzionalità dell'organismo, che finisce con l'attivarsi e sentire benessere solo in ragione di
quel determinato comportamento o con l'assunzione di quella determinata sostanza.
Il fatto che la tossicomania sia una malattia, che tra le altre cose ha degli enormi costi sociali, non
significa collocare i consumatori su un piano etico e di valore inferiore rispetto al resto della
popolazione. Questo sarebbe assurdo sia dal punto di vista morale, ma anche da quello pratico,
perché significherebbe 'degradare' pressoché tutti, dal momento che un po' tutti sono “drogati” di
qualcosa... Affrontare la tossicomania come malattia ci permette piuttosto di inquadrarla, seppur
nella sua complessità, come un qualcosa che può essere curato e prevenuto.
Bisogna aggiungere, come spesso accade nelle malattie 'meglio riuscite', che anche la tossicomania
non si sviluppa nel vuoto sociale e culturale, bensì respira e si alimenta in contesti fisici, temporali e
18
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
relazionali. La tossicomania ha bisogno di uno strato culturale e sociale sul quale attecchire, ma più
di questo, necessita di una cultura e di una società che lascia dei vuoti, che si presenta meno coesa,
meno partecipata, meno attiva in senso politico. Il fattore che genera maggiore protezione è, infatti,
la partecipazione sociale e politica. E allora, smetto di chiedermi quanto una persona sia tossica o
problematica o dipendente, piuttosto mi chiedo fino a che punto quella persona ha l'opportunità o il
desiderio oppure le competenze per... partecipare.
Cercare di comprendere il fenomeno droga al di là del contesto sociale e culturale di riferimento è
assolutamente inutile. Riflettere piuttosto sui miti e sulle rappresentazioni della società e della
comunità di riferimento e confrontare poi questi miti con le evidenze scientifiche e il modus
operandi delle organizzazioni e degli enti pare un passaggio necessario per fare prevenzione.
Nonostante vi sia una spinta politica e tecnologica che mira alla semplificazione e alla
chiarificazione, il mondo occidentale appare sempre più complesso, disorientato e disorientante. La
ricerca di evidenze e soluzioni invece di offrire certezze conduce ad un moltiplicarsi di ipotesi che
scardinano la possibilità di raggiungere non dico la verità, ma nemmeno una convinzione
condivisa6. Questo è un paradosso estremo e disarmante: il massimo della scienza equivale alla
massima incapacità di spiegare le cose inspiegabili e la delusione è così forte che l'individuo rimane
bloccato, paralizzato, schiacciato con le dita su uno schermo touch touch.
Questa grande illusione genera uno scenario inquietante.
Vediamo affermati diffusamente intenzioni e principi, mentre nella prassi quotidiana sembra ci si
muova in direzioni opposte. La sproporzione che c'è tra il dichiarato e il realizzato non ha mai
raggiunto in passato un tasso così elevato come oggi.
Nello scenario attuale si confondono vero e falso, promesse e realizzazioni, dato storico e
rielaborazione fantastica: la dimensione affabulatoria e di fascinazione sembra sovrastare l’esame di
realtà. La modernità è solo competizione, produzione e consumo7. Il principio di non
contraddizione, la coerenza, la sequenza logica sembrano dettagli, ornamenti morali o etici e non la
base del pensiero che ci permette di conoscere la realtà e di vivere una vita degna.
L'aspetto più geniale di questo mega virus è che ci sono soggetti, persone, istituzioni che incarnano
con la loro vita e con il loro funzionamento questo modello e lo estremizzano a tal punto da
giungere all'auto-assoluzione (e all'assoluzione collettiva). C'è l'anestesia totale della ribellione
ragionata e stabile e i conflitti sociali sono sopiti oppure gestiti solo con la violenza e la repressione.
Persino nello stile educativo, abbiamo raggiunto un livello tale di fuga ed astensione dal conflitto
che si è tradotto in una generalizzata sindrome di evitamento dell'incontro con l'altro. Una vera e
propria Pedagogia dell'astensione... capitanata da padri sufficientemente deboli da rendere ogni
prescrizione stupida ed inutile ogni proibizione.
Mettersi a fare prevenzione in questa società significa in primis chiedersi fino a che punto nel
proprio lavoro e nei propri servizi si stia alimentando o meno questa cultura, tenendo presente che,
come diceva Baudelaire, la più grande astuzia del diavolo è quella di far credere al mondo di non
esistere.
Davide Bonera, Pedagogista. Consulente La Vela SCS onlus
Concesio, 10 gennaio 2011
6 Io stesso, spesso, mi riconosco di incarnare questo disorientamento. Un giorno per classificare le titubanze
adolescenziali (ovvie e necessarie) scelsi il cartesiano 'dubbio metodico' come direttrice per le mie ricerche e miei
studi (complice una canzone di Bennato). Ottima idea, mi dissi. Ma la vita non è solamente un ambiente... euristico.
7 Marchionne docet...
19
A cura di Davide Bonera, Pedagogista
La Vela Soc. Coop. Soc. onlus
Per approfondire
PAOLO BARONCINI, Clinica delle Tossicodipendenze, elementi di base epidemiologici, tossicologici,
medici, psichiatrici, normativi, Ed. Clueb, Bologna 2007.
EMILIO RENDA, Droga, immaginario e realtà, Armando Editore, Roma 1999.
AA VV, Manuale di prevenzione alcol, droghe e tabacco, Franco Angeli, Milano 2001.
Drugs, Ed Comunità Nuova, Milano
RAIMONDO MARIA PAVARIN, Consumo, consumo problematico e dipendenza, Carocci Faber, Roma
2006.
AA VV, Marketing preventivo, appunti per una nuova prevenzione del consumo di droghe.
Tipografia Galli, Varese 2007.
www.aduc.it
www.dronet.org
www.boneradavide.wordpress.com
www.fuoriluogo.it
www.comunitanuova.it
www.progettouomo.it
www.altalex.net
IL COMUNICATTIVO, perché l'ignoranza fa più male della cattiveria, di Igor Righetti, Rai Radio1
ASCOLTA, SI FA SERA, Rai Radio1
20