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Alitalia: Crisi e possibilità di risanamento Tesi di laurea specialistica presso l’Università degli studi di Bergamo Di: Nicola Borella Matricola: 47255 Riassunto Il 16 settembre 1946 viene fondata a Roma la Alitalia-Aerolinee internazionali Italiane che inizia ad operare il 5 maggio 1947 con il decollo del primo velivolo. Dopo oltre quarant’anni dalla sua nascita, periodo di notevole crescita, le tensioni sindacali e l'eccessivo piano di investimenti hanno prodotto risultati di bilancio assai deludenti, sono stati i primi segnali di crisi. Alitalia, opera nel settore del trasporto aereo e rientra nel segmento dei Full Service Network Carriers e agisce in un contesto ambientale caratterizzato da diverse forze competitive, più o meno forti, la cui analisi viene condotta mediante l’utilizzo del modello Porter. Rispetto al potere contrattuale dei fornitori quello dei costruttori d’aerei e motori si è dimostrato non essere cosi forte nonostante vi sia un’elevata concentrazione, ed è proprio nel processo che ha portato alla concentrazione che risiede la causa. Elevati si sono dimostrati invece i poteri contrattuali di aeroporti e risorse umane. I primi poiché si sono trovati a operare in regime di monopolio naturale rispetto alle infrastrutture. I secondi, nonostante nei servizi di handling il potere contrattuale dei fornitori sia nettamente inferiore, a causa della loro fondamentale importanza e ai danni che uno sciopero potrebbe causare a livello operativo e di immagine. Rispetto alla minaccia dei prodotti sostitutivi gli altri mezzi di trasporto possono rivelarsi una minaccia effettiva in relazione alle distanze da coprire, ai tempi impiegati ed ai costi connessi. L’aereo si è rivelato essere insostituibile per gli spostamenti a media e lunga distanza che necessitano di un breve arco di tempo. Altra forza competitiva analizzata è la minaccia di nuove entrate il cui ingresso è complicato sia dalle barriere economiche, sia dalla dominazione degli hub da parte dei vettori maggiori. Rispetto al potere contrattuale dei clienti va distinto a seconda della tipologia. Per quanto riguarda le agenzie queste godono di un notevole potere contrattuale a differenza del singolo viaggiatore, al quale però rimane l’alternativa dello switching di fronte alla quale le compagnie si sono viste costrette a fidelizzare la propria clientela mediante i programmi frquent flyers (Alitalia ha sviluppato il piano Millemiglia). Alitalia: Crisi e possibilità di risanamento Tesi di laurea specialistica presso l’Università degli studi di Bergamo Di: Nicola Borella Matricola: 47255 Ultima tra le 5 forze competitive è l’intensità della concorrenza. I costi e la loro struttura sono un fattore decisivo per la competitività perché mentre la differenzazione del servizio è relativamente facile da imitare, i vantaggi di costo non solo sono maggiormente difendibili, ma normalmente consentono di praticare prezzi concorrenziali, e quindi potenzialmente capaci di far lievitare la domanda, i ricavi totali e la quota di mercato. Il management, per valutare le strategie, lavora agisce sui costi operativi in base alla capacità che possiede sul loro controllo. Vi sono costi su cui possiedono controllo nullo o modesto, costi su cui le possibilità di controllo sono limitate e altri costi su cui il management ha il pieno controllo. Dopo una prima analisi di Alitalia all’interno del contesto ambientale, l’analisi si è spostata su ciò che non ha permesso alla compagnia di bandiera di compiere il processo di risanamento sperato. Lo stato di crisi in cui Alitalia si è trovata va imputato alla pianificazione e alle azioni previste dai diversi Piani Industriali poiché essi riassumono le scelte fatte dal management rispetto a quelle che sono le leve operative e gestionali principali nel tentativo di ripristinare la situazione di profonda crisi. Per capire come mai quindi nell’arco degli ultimi 4 anni si siano succeduti ben 4 diversi Piani Industriali è stato elaborato un confronto tra i diversi Piani che evidenziasse anche i risultati raggiunti rispetto alle previsioni. Dal confronto sono emerse 6 aree di gestione comuni ai diversi Piani che nel tempo si sono viste modificare nei loro contenuti e che state oggetto di analisi individuali. Rispetto alla crescita dell’operatività gli obiettivi prefissati inizialmente sono stati in seguito rimodulati a causa della sempre più forte concorrenza nel settore e alle difficoltà di Alitalia nel ampliamento della propria flotta. Gli ultimi due Piani non hanno previsto obiettivi rispetto alla crescita della capacità offerta. Con questo si è voluto identificare il vero problema di Alitalia ossia l’incapacità di incrementare i profitti unitari piuttosto che l’incremento della capacità offerta. Una classifica rispetto alla capacità durante il 2007 vede Alitalia in quinta posizione rispetto ai concorrenti Full Service europei in termini di voli a settimana e sesta in termini di posti a sedere, mentre la medesima classifica rispetto ai vettori low cost evidenzia che due compagnie riportano entrambi i valori superiori ad Alitalia. Questo ha permesso di identificare in Lufthansa, Air France, British Airways e Iberia i concorrenti diretti e in Ryanair ed easyJet i due vettori low Alitalia: Crisi e possibilità di risanamento Tesi di laurea specialistica presso l’Università degli studi di Bergamo Di: Nicola Borella Matricola: 47255 cost responsabili del sempre più forte peso concorrenziale da parte della nuova tipologia di vettore aereo nata sulla scia della deregulation. Rispetto al network i Piani industriali hanno puntato sul rafforzamento del doppio hub. L’unica vera novità è stata introdotta con il Piano industriale 2008-2010, presentato a fine Agosto 2007 dall’amministratore delegato di Alitalia Maurizio Prato, che ha scelto Fiumicino come hub di riferimento ed ha tagliato i voli non remunerativi e addirittura in perdita. Alitalia non poteva tenere testa al doppio hub Fiumicino-Malpensa, a causa dell’esigua flotta di 24 aerei per il lungo raggio suddivisi tra l’aeroporto milanese e quello romano (contro i 150 aeromobili di AirFrance–Klm che li divide tra Parigi e Amsterdam). Lo scalo milanese era stato gestito come hub pur non avendone del tutto i requisiti. Innanzitutto perché per ragioni geografiche è fuori dalle ricche rotte del Nord Europa, battute dalla clientela business, ma anche perché subisce la concorrenza di Linate. I motivi alla base della scelta di Fiumicino come hub di riferimento sono quindi: 1. l’impossibilità di gestire in modo efficiente un sistema a doppio hub per il continuo accumularsi di perdite di esercizio, per la maggior parte concentrate sullo scalo di Malpensa; 2. miglioramento radicale nei collegamenti delle principali città italiane del Nord Italia e del Sud Italia, con più voli e migliori connessioni rispetto all’attuale assetto su Malpensa; 3. in Italia Roma è il maggior bacino naturale della domanda di trasporto aereo da e per l’Italia; in Europa è il terzo, dopo Londra e Parigi; 4. il 62% dei passeggeri originanti dal bacino di Milano e il 92% dei passeggeri originanti dal Nord Italia non utilizza Malpensa come aeroporto di partenza per i voli intercontinentali; 5. lo scalo di Malpensa è difficilmente raggiungibile via terra (auto, treno). Motivazioni che avrebbero dovuto da sempre spingere il management ad orientarsi verso la scelta del singolo hub. Rispetto alla quota di mercato il Piano industriale 2004-2006 aveva previsto il consolidamento della leadership. Con la rimodulazione, avvenuta 6 mesi dopo l’introduzione del Piano, l’obiettivo è stato modificato verso il recupero di quote di mercato nazionale anche attraverso partnership con operatori italiani. Questo cambiamento è stato causato dalla continua erosione della quota di mercato, sia per Alitalia: Crisi e possibilità di risanamento Tesi di laurea specialistica presso l’Università degli studi di Bergamo Di: Nicola Borella Matricola: 47255 quanto riguarda il segmento domestico che per quello internazionale, alla luce anche della sempre più forte concorrenza dei vettori low cost. In seguito, i Piani 2005-2008, 2007-2009 e 2008-2010, non hanno previsto un obiettivo specifico rispetto alla quota di mercato evidenziando una totale incapacità di far fronte al nuovo contesto ambientale e competitivo in cui Alitalia si è trovava ad operare, portando cosi ad un’ulteriore e inevitabile erosione della quota di mercato da parte principalmente dei vettori low-cost. La chiave del successo delle low cost è stata quella di riuscire a offrire voli a tariffe ridotte possibile grazie all’assunzione di un modello organizzativo tipico della lean production, in grado di garantire una struttura snella e flessibile che generari notevoli risparmi di costo. Spostando la competizione dalla leva prodotto a quella del prezzo si è resa necessaria la ricerca dell’efficienza, e per far questo si è provveduto all’eliminazione di tutti gli aspetti non necessari nella prestazione del servizio principale ossia l’offerta di trasporto aereo di medio/breve raggio. Le compagnie low cost oltre ad eliminare alcuni elementi ne hanno resi altri a pagamento, riuscendo a trasformare in voci di ricavo quelle che per le compagnie tradizionali costituiscono voci di costo. Il problema è stato che in Italia per molto tempo è stato il Ministero del Tesoro a voler scegliere quale compagnia dovesse restare sul mercato, diminuendo di fatto la concorrenza nel settore. In questo modo Alitalia ha sottovalutato il pericolo e le azioni per fronteggiare questa nuova realtà. I costi supportati dalle compagnie low-cost sono generalmente del 50 per cento inferiori di quelli dei full service. Si è dimostrato come esista una grande differenza soprattutto tra i costi del personale tra i due modelli. La produttività dei lavoratori è molto diversa; ogni impiegato di un vettore low-cost trasporta in media nove volte i passeggeri di un vettore tradizionale. I costi per il personale delle compagnie tradizionali sono quasi sei volte maggiori rispetto a quelli delle compagnie low-cost. Un’altra differenza notevole può essere individuata nei costi di manutenzione. Essi raggiungono gli 0,47 centesimi per il modello full service, mentre sono 0,26 centesimi per il modello low cost. La differenza risiede nel fatto che gli aeromobili sono più recenti e la flotta è composta da aerei dello stesso tipo. Dal confronto tra il modello tradizionale e quello low cost si può affermare che per i primi si è manifestata una situazione problematica dovuta al sovrapporsi di criticità quali l’intensificarsi della competizione tariffaria, la crescente aggressività di business models concorrenti, la lievitazione di rilevanti elementi di costo non pienamente governabili e Alitalia: Crisi e possibilità di risanamento Tesi di laurea specialistica presso l’Università degli studi di Bergamo Di: Nicola Borella Matricola: 47255 la stessa attitudine del passeggero, sempre più abituato a considerare il volo una commodity ad elevata fungibilità e basso costo. Il mercato del trasporto aereo europeo, nonostante le aggregazioni degli ultimi anni, risulta essere un mercato frammentato. Il leader di mercato è AirFrance–KLM, con quasi il 9 per cento, seguita dalla tedesca Lufthansa con una quota del 7,7 per cento. I primi tre operatori del mercato, non hanno nemmeno un quarto del numero di passeggeri trasportati in Europa. Le prime tre compagnie low cost (Ryanair, Easyjet e AirBerlin) hanno quasi il 14 per cento della quota di mercato, con Ryanair che da sola ha trasportato più del 6 per cento dei passeggeri totali. Alitalia risulta essere una piccola compagnia aerea, avendo trasportato poco più del 3 per cento del numero di passeggeri. A livello domestico la quota di Alitalia è al 23 per cento (meno della metà rispetto a dieci anni fa) mentre le compagnie low cost, non ancora presenti sul mercato nel 1997, hanno conquistato circa il 30 per cento del market share. Questi dati riconfermano l’incapacità di Alitalia di far fronte al nuovo tipo di competizione. Sotto il profilo della competizione negli ultimi anni si è assistito alla creazione e al consolidamento di alleanze tra vettori le cui motivazioni strategiche sono da ricercarsi nella condivisione del rischio commerciale e nell’allargamento dell’offerta, tramite la possibilità di accedere a nuove rotte ed espandere la capacità nei mercati già coperti. Alitalia ha cercato partnership sia in patria che all’estero entrando nel 2001 a far parte di SkyTeam. Questo ha permesso la pianificazione e il coordinamento del traffico realizzando una maggior collaborazione ed integrazione sulle rotte internazionali servite dalle compagnie interne all’alleanza. La clientela risulta cosi maggiormente fidelizzata, in virtù anche di opportune pratiche frequent flyer, grazie alla possibilità di poter offrire voli internazionali con opzioni di viaggio coordinate e a tariffe più competitive, nonché, mediante accordi di code sharing. Ma le alleanze internazionali non sono di per sé garanzia di salvezza per compagnie indebitate, fragili, con costi eccessivi come nel caso di Alitalia, anche se al giorno d’oggi sembrano essere l’unica via di scampo all’insistente erosione di quote di mercato da parte dei LCCs. Altro elemento gestionale di rilevante importanza riguarda il Piano d’investimento in flotta che costituisce l’aspetto principale tra ciò che incide sulle immobilizzazioni delle compagnie aeree. La composizione della flotta e la relativa età media incidono notevolmente sul costo del carburante, elemento di maggior criticità all’interno dei Alitalia: Crisi e possibilità di risanamento Tesi di laurea specialistica presso l’Università degli studi di Bergamo Di: Nicola Borella Matricola: 47255 bilanci delle compagnie aeree. Gli aerei sono diventati più efficienti rispetto ai consumi per un valore di circa il 30% negli ultimi dieci anni e questo ha fatto si che dal 2004, a seguito del caro petrolio si sia assistito ad un notevole aumento degli ordini di nuovi velivoli. L’introduzione di nuovi velivoli si è dimostrata quindi essere l’unica possibilità per poter sopravvivere nell’odierno scenario economico. Alitalia non avendo investito in nuovi velivoli ha operato con una flotta di età media superiore rispetto ai concorrenti e questo ha condotto verso una situazione sempre più negativa. Non rinnovando la flotta Alitalia si è trovata ad operare con velivoli meno efficienti e quindi non in grado di generare margini economici postivi al pari dei concorrenti, questo ha generato una situazione finanziaria che ha impedito di poter investire in nuova tecnologia il che ha peggiorato ulteriormente la condizione relativa all’età media della flotta. L’efficienza si è dimostrata essere la chiave fondamentale per la sopravvivenza nel settore aereo. Alitalia, nel Piano Industriale 2004-2006, ha preventivato un efficientamento che consentisse, tramite riduzione dei costi unitari, una dinamica dei costi complessivi meno che proporzionale alla dinamica dei ricavi al fine di recuperare in redditività, obiettivo che però non è stato raggiunto. Sul fronte dell’efficientamento rispetto alle risorse umane, il Piano 2004-2006, ha previsto azioni di revisione del perimetro di make or buy (outsourcing) per il recupero di efficienza e flessibilità stimando in 1500 le risorse in esubero sulle quali intervenire. Ad ostacolare il Piano vi è stata l’opposizione al dialogo da parte dei sindacati. Da qui è derivato un elevato livello di attenzione politica alla tematica della ristrutturazione. Il Piano 2005-2008, per quanto riguarda la prima fase di risanamento, ha previsto di nuovo l’obiettivo di efficientamento dei costi, fissando l’obiettivo della riduzione dei costi d’acquisto di beni e servizi per 315 mln/Euro. Il Piano, rispetto alle risorse umane, aveva preventivato la riorganizzazione e l’efficientamento delle attività operative e di supporto per un totale di 5.000 unità nuovamente ostacolato dal clima sindacale altamente conflittuale. Il Piano 2007-2009 ha rinnovato l’obiettivo di riduzione dei costi fino al 24%. Anche questa volta l’obiettivo prefissato non è stato raggiunto, al contrario le spese per servizi, i costi del personale e le altre spese operative hanno evidenziato una crescita. Rispetto alle risorse umane, visto il clima sindacale e l’attenzione politica all’argomento, vi è stata una sostanziale posizione di stallo che né i sindacati né la classe politica si sono preoccupati di smuovere e ciò ha avuto conferma anche dal Piano 2008-2010 in cui non Alitalia: Crisi e possibilità di risanamento Tesi di laurea specialistica presso l’Università degli studi di Bergamo Di: Nicola Borella Matricola: 47255 è stato fissato alcun obiettivo di efficientamento. Il principale problema che si deduce rispetto al costo del lavoro risiede nel modello delle relazioni industriali: l’interesse politico alle vicende della compagnia si è spesso tradotto in una delegittimazione del management aziendale e, sul piano strettamente tecnico, la struttura stessa peculiare dei contratti collettivi e l’assenza di un contrato collettivo nazionale di lavoro dei vettori aerei. Vi sono inoltre anomalie nella struttura e nella dinamica della rappresentanza sindacale a causa della la specializzazione del personale navigante, dell’elevato potere contrattuale derivante anche dal forte potere d’interdizione del servizio connesso all’insostituibilità della funzione, della dislocazione logistica decentrata e delle logiche corporative. Le relazioni sindacali avrebbero dovuto improntare un confronto produttivo tra le parti sociali sulla base di obiettivi concreti e coerenti con gli interessi dell’impresa. La politica inoltre ha pesantemente stravolto la gestione aziendale imponendo missioni incompatibili con la funzione industriale. Un confronto tra i costi di Alitalia e Iberia ha evidenziato un totale dei costi superiore al 25% della prima rispetto alla seconda, riconducibili ai costi di manutenzione e carburante (per via della flotta), alle spese di marketing e distribuzione e alle spese relative ad aeroporti e rotte (dovute alle scelte sul network). Ultimi tra gli elementi di gestione contenuti nei diversi Piani industriali sono i risultati economico finanziari. I dati a consuntivo hanno rilevato il non raggiungimento di quanto i Piani avevano preventivato sottolineando la situazione di profonda crisi economico-finanziaria se non addirittura un suo peggioramento. I risultati economico finanziari introducono alla parte conclusiva della tesi, ossia la dimostrazione dell’incapacità del management Alitalia di risollevare le sorti di una compagnia pubblica appesantita dalle inefficienze accumulate per molti anni. Per riuscire nell’intento mi sono servito dello strumento dell’analisi di bilancio del Gruppo Alitalia dal 2004 all’ultimo bilancio approvato, quello del 2007. Nell’analisi per margini il margine di struttura (MS) è stato negativo per tutti gli anni, il capitale circolante netto (CCN) nel 2004 e nel 2007 ha avuto valori negativi (Alitalia ha finanziato con fonti a breve attività immobilizzate, esponendosi così a notevoli rischi di natura finanziaria) e il Margine di tesoreria (MT) ha presentato per due volte valori negativi (Alitalia si è trovata in zona rischio finanziario poiché, a fronte di una richiesta di rimborso immediato di debiti non avrebbe avuto i mezzi monetari ordinari per farvi fronte). Alitalia: Crisi e possibilità di risanamento Tesi di laurea specialistica presso l’Università degli studi di Bergamo Di: Nicola Borella Matricola: 47255 Nel 2004 e nel 2007 Alitalia ha quindi passato una situazione di estremo pericolo a causa di un insufficiente grado di capitalizzazione, una notevole incidenza di oneri finanziari, un deterioramento della capacità di credito e una ridotta capacità di investimento e quindi di sviluppo. Negli anni 2005 e 2006 si è evidenziata una situazione di scarsa solidità patrimoniale dovuta a difficoltà di ricorso al credito e a una situazione finanziaria difficile, con una difficile gestione della tesoreria, un’incidenza molto alta di OF, insufficiente capitalizzazione, deterioramento della capacità di credito e diminuzione della capacità d’investimento. La posizione finanziaria netta, nel complesso, ha presentato un valore estremamente negativo al termine del 2004 che si è risollevato a termine del 2005, grazie alla ricapitalizzazione intervenuta, per poi tornare a valori sempre più negativi sia nel 2006 che nel 2007. A livello economico, nel 2004, solo il valore aggiunto è stato positivo, mentre negativi sono stati i risultati intermedi successivi. Per migliorare la situazione Alitalia avrebbe dovuto sia agire sulle tre leve tipiche della gestione (servizio, mercato e tecnologia) sia intervenire sul costo del personale razionalizzandone l’impiego. Per quanto riguarda invece gli anni 2005, 2006 e 2007 il margine operativo lordo è stato positivo mentre negativi sono stati i risultati successivi. Oltre a intervenire con quanto sopra indicato, Alitalia avrebbe dovuto fare in modo di ridurre gli ammortamenti, eliminando le immobilizzazioni non necessarie, ricorrendo al leasing e terziarizzando la produzione; operando quindi una ristrutturazione aziendale. Queste azioni, contenute nei diversi Piani industriali, sono state applicate in modo non consistente da parte di Alitalia e in maniera non razionale all’interno del gruppo. Sarebbe stato possibile migliorare la situazione anche agendo in modo da incrementare i volumi di vendita, al fine di assorbire meglio i costi fissi e riducendo di conseguenza i costi unitari. L’analisi per indici ha evidenziato una debolezza strutturale sia a livello di solidità aziendale sia a livello di liquidità. All’azienda inoltre non basta essere “liquida”, ma è anche necessario che il denaro investito in azienda sia in grado di trasformarsi in denaro nel minor tempo possibile. Il turnover crediti ha segnalato un aumento della velocità fino al 2006 e un calo nel 2007. Il turnover dei debiti ha mostrato un notevole calo nel 2007. Terza categoria è quella degli indici di redditività in cui Il ROE ha registrato valori perennemente negativi con un miglioramento solo nel 2005, in corrispondenza Alitalia: Crisi e possibilità di risanamento Tesi di laurea specialistica presso l’Università degli studi di Bergamo Di: Nicola Borella Matricola: 47255 dell’operazione di ricapitalizzazione, così come il ROI, che ha confermato la non convenienza degli investimenti in Alitalia. Quarta categoria di indici calcolati ha riguardato il rinnovamento, ossia lo sviluppo per effetto della capacità di creare risorse finanziarie al suo interno, tramite indicatori basati su ammortamento e autofinanziamento. A rivelarsi particolarmente critico è stato l’indice relativo al tasso di rinnovamento della flotta che rivelato una scarsa se non nulla capacità di ammodernamento, dovuta anche alla mancanza di autofinanziamento. Quinta e ultima categoria di indici è stata quella relativa all’efficienza dove gli indici hanno segnato parziali miglioramenti solamente rispetto al fatturato pro-capite e al rendimento delle materie mentre un calo nell’efficienza è stato registrato rispetto al rendimento delle materie. Sotto il profilo dei flussi Alitalia dal 2004 ha mostrato un flusso monetario di periodo perennemente negativo, ad eccezione dell’anno 2005. I fattori salienti dell’analisi rispetto alle fonti hanno evidenziato un dato particolarmente negativo, ossia il fatto che negli ultimi anni queste il più delle volte siano derivate da disinvestimenti in capitale fisso senza che ad esse siano stati contrapposti nuovi investimenti. Questo denota uno smantellamento d’impresa senza che nessun intervento sia stato previsto su quello che è uno dei maggiori problemi a livello di costi nel conto economico, la flotta. Inoltre analizzando gli impieghi è risultato ciò che già si poteva capire dal bilancio, ossia la prevalenza di impieghi interni. Questa è forse l’ipotesi peggiore di operatività che ci si poteva aspettare, in quanto la gestione anziché procurare risorse finanziarie le ha assorbite. In concreto la perdita d’esercizio è stata superiore all’entità degli ammortamenti e degli accantonamenti, ossia dei costi non numerari. Questa ipotesi avrebbe dovuto causare una reazione, da parte dei manager, che fosse in grado di raddrizzare la gestione. Forse intervenendo per tempo e in modo diverso si sarebbe riusciti ad evitare il destino cui Alitalia è andata incontro.