Dispensa Torazza Club 12 maggio 2015

Transcript

Dispensa Torazza Club 12 maggio 2015
CLUB PREVIDENZA 12 maggio 2015
JOBS ACT: NUOVI AMMORTIZZATORI SOCIALI E MISURE A SOSTEGNO
DELLA GENITORIALITA'
DECRETO LEGISLATIVO 4 MARZO 2015, N. 22
Il decreto legislativo n. 22/2015 attua la delega conferita al Governo
dall'articolo 1, commi 1 e 2 Legge n. 183 del 10 dicembre 2014 (cd.
Jobs Act) ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della
normativa in materia di ammortizzatori sociali tenuto conto delle
peculiarità dei diversi settori produttivi e rimodulando l'Assicurazione
sociale per l'impiego (AspI).
La legge 183/2014 ha conferito al Governo una delega ampia, che mira ad
incidere profondamente sull’intero sistema del lavoro, coinvolgendo tutti gli
aspetti relativi all’accesso al mercato del lavoro, alla regolamentazione
della disciplina del rapporto di lavoro, alla conciliazione dei tempi di
vita e di lavoro, agli ammortizzatori sociali, alle politiche attive.
Tra i temi oggetto di riforma, in particolare, è stata prevista anche una nuova
disciplina degli strumenti di tutela in caso di disoccupazione
involontaria.
Il legislatore delegante ha voluto assicurare, in caso di disoccupazione
involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori;
razionalizzare la normativa in materia di integrazione salariale; favorire il
coinvolgimento attivo di quanti siano espulsi dal mercato del lavoro ovvero
siano beneficiari di ammortizzatori sociali; semplificare le procedure
amministrative e ridurre gli oneri non salariali del lavoro.
La lettera b) del comma 2 della Legge n. 183/2014 stabilisce i seguenti criteri
che devono essere osservati nell'attuazione della delega:
•
•
•
•
•
rimodulazione dell'Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI), con omogeneizzazione
della disciplina relativa ai trattamenti ordinari e ai trattamenti brevi, rapportando la
durata dei trattamenti alla pregressa storia contributiva del lavoratore;
incremento della durata massima per i lavoratori con carriere contributive più rilevanti;
universalizzazione del campo di applicazione dell'ASpI, con estensione ai lavoratori con
contratto di collaborazione coordinata e continuativa, fino a suo superamento, e con
l'esclusione degli amministratori e sindaci, mediante l'abrogazione degli attuali
strumenti di sostegno del reddito, l'eventuale modifica delle modalità di accreditamento
dei contributi e l'automaticità delle prestazioni, e prevedendo, prima dell'entrata a
regime, un periodo almeno biennale di sperimentazione a risorse definite;
introduzione di massimali in relazione alla contribuzione figurativa;
eventuale introduzione, dopo la fruizione dell'ASpI, di una prestazione, eventualmente
priva di copertura figurativa, limitata ai lavoratori, in disoccupazione involontaria, che
presentino valori ridotti dell'indicatore della situazione economica equivalente, con
•
previsione di obblighi di partecipazione alle iniziative di attivazione proposte dai servizi
competenti;
eliminazione dello stato di disoccupazione come requisito per l'accesso a servizi di
carattere assistenziale;
Il D. Lgs. n. 22/2015 in tal senso
•
unifica i trattamenti di Aspi e MiniAspi in un'unica indennità (NASpI) (art. 1-14);
•
introduce in via sperimentale l'indennità di disoccupazione (DIS COLL) a favore dei
lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (art. 15);
•
riconosce a coloro che hanno fruito per intero nel 2015 della NASpI e si trovano in stato
di bisogno l'assegno di disoccupazione – ASDI (art. 16);
•
affida al Fondo per le politiche attive del lavoro il finanziamento di azioni per favorire la
ricollocazione di coloro che, in stato di disoccupazione, necessitano di assistenza intensiva nella
ricerca del lavoro (art. 17)
La legge delega interviene, in una logica di sostanziale continuità, sul sistema
di ammortizzatori sociali da poco ridisegnato dalla legge n. 92/2012, che, in
una prospettiva di universalizzazione e di rafforzamento dell'occupabilità delle
persone, aveva introdotto l’ASPI (a regime dal 1° gennaio 2016) ed aveva
previsto il progressivo venir meno della mobilità (al 31 dicembre 2016),
della disoccupazione (al 31 dicembre 2015) e degli ammortizzatori in
deroga (al 31 dicembre 2016).
La normativa del 2012, inoltre, rendeva stabile, a decorrere dal 1° gennaio
2013, la previsione di una misura di sostegno per i collaboratori coordinati e
continuativi a progetto, già introdotta in via sperimentale nel 2008.
Il legislatore del 2014, sia pure in sostanziale continuità con quello del
2012, ha inteso rafforzare il collegamento dello strumento alla storia
retributiva
e
contributiva
del
lavoratore
ed
universalizzare
tendenzialmente la tutela offerta dalla NASpI, confermando il venir meno
degli altri strumenti di sostegno al reddito per la perdita dell’occupazione.
Il D. Lgs. n. 22/2015 ha inteso rafforzare (art. 7 commi 1, 2 e 3) il legame tra
la spettanza del sostegno individuale al reddito per le ipotesi di
disoccupazione involontaria e la partecipazione ad iniziative di
“attivazione lavorativa” e a percorsi di riqualificazione professionale.
Si tratta di interventi che saranno proposti ai lavoratori in stato di
disoccupazione dai “servizi competenti” ai sensi dell'art. 1 comma 2 lett. g) del
D. Lgs. n. 181/2000 ossia dai Centri provinciali per l'impiego e dagli altri
organismi autorizzati od accreditati.
Il quadro normativo si arricchirà nei prossimi mesi, sia con l'emanazione di
specifiche disposizioni sanzionatorie per le ipotesi di inadempienza all’obbligo
del soggetto beneficiario, sia con l'adozione di ulteriori misure volte a
condizionare la fruizione della NASpI alla ricerca attiva di un'occupazione e al
reinserimento nel tessuto produttivo.
In particolare la decretazione riformatrice prevede la prossima introduzione del
“contratto di ricollocazione” assente dalla regolamentazione dell'ASpI
finanziato da uno specifico stanziamento inserito nel Fondo per le politiche
attive del lavoro.
L'art. 17 del D. Lgs. 22/2015 rinvia per le modalità attuative di questo
particolare istituto a prossime disposizioni regionali che potranno
introdurre un “servizio di assistenza intensiva per la ricerca del lavoro”
previa “definizione del profilo personale di occupabilità ai sensi di cui
all'articolo 1, comma 4, della Legge 183/2014.”
E' evidentemente un sistema dotale impostato con le modalità già proprie del
Programma Garanzia Giovani di cui al D. M. 1709/2014 poi declinato nelle
specifiche normative regionali in quanto prevede similmente il riconoscimento
di voucher proporzionati al profilo di occupabilità individuale, spendibili
presso soggetti accreditati.
La procedura sarà poi connotata, ai sensi del comma 4 lett. C) dell'art. 17
dall'introduzione “del diritto - dovere del soggetto a partecipare alle iniziative
di ricerca, addestramento e riqualificazione professionale mirate a sbocchi
occupazionali coerenti con il fabbisogno espresso dal mercato del lavoro,
organizzate e predisposte dal soggetto accreditato” in quanto si presuppone ai
sensi del 4 comma, lettera b), “il dovere del soggetto di rendersi parte attiva
rispetto alle iniziative proposte”.
La mancata partecipazione o il rifiuto ingiustificato di una congrua offerta di
lavoro comporteranno la decadenza dalla dote individuale.
NUOVA PRESTAZIONE DI ASSICURAZIONE SOCIALE PER L'IMPIEGO
(NASPI)
Messaggio INPS n. 2971 del 30.04.2015
Interpello Ministero lavoro n. 13 del 24.04.2015
INPS con il messaggio n 2971 del 30 aprile u.s. preannuncia la pubblicazione
della circolare con le indicazioni operative di dettaglio sulla presentazione della
domanda per l’indennità NASpI. Il messaggio citato fornisce solo alcune
indicazione di massima sui canali per la presentazione della domanda.
Decorrenza (art. 1)
La Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego ha sostituito, per
gli eventi di disoccupazione decorrenti dal 1° maggio 2015, i trattamenti già
riconosciuti ai lavoratori dipendenti ovvero ASpI e Mini ASpI, i quali pertanto
opereranno solo sino alle cessazioni intervenute alla fine di aprile 2015.
Agli eventi occorsi sino a tale data si applicherà l’ASPI nella disciplina della
legge n. 92/2012, che riguardava gli eventi verificatisi a decorrere dal 1°
gennaio 2013.
La disciplina NASpI trova applicazione con riferimento ai contratti di lavoro
interrotti dal 30 aprile 2015 (ossia, ultimo giorno giuridico del rapporto).
Destinatari (art. 2)
Sono destinatari della NASpI i lavoratori dipendenti, con esclusione dei
dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni di
cui all'articolo 1, comma 2, del D. Lgs. 165/2001, e s.m., nonché degli
operai agricoli a tempo determinato o indeterminato.
La nozione di Pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.
Lgs. n. 165/2001 è la seguente:
Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello
Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni
educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro
consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case
popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro
associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le
amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l'Agenzia
per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le
Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. ((Fino alla
revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente
decreto continuano ad applicarsi anche al CONI)).
2.
Sono invece destinatari della NASpI i dipendenti degli enti pubblici
economici che, pur essendo dotati di personalità giuridica di diritto pubblico,
svolgono in via principale o esclusiva un’attività economica ex art.
2082 cod. civ., in regime di concorrenza con gli altri imprenditori privati che
operano nel medesimo settore.
Destinatari della prestazione saranno pertanto i lavoratori subordinati, ivi
compresi gli apprendisti, e i soci lavoratori delle cooperative e il personale
artistico con rapporto di lavoro subordinato.
La legge Fornero, nel prevedere un ambito applicativo analogo, chiariva che nel
concetto di lavoratori dipendenti rientravano anche gli apprendisti e i soci
lavoratori di cooperativa che abbiano stabilito, con la propria adesione o
successivamente all'instaurazione del rapporto associativo, un rapporto di
lavoro in forma subordinata. Deve ritenersi che il venir meno della precisazione
sia dovuto alla sua superfluità, visto che il rapporto degli apprendisti e dei soci
lavoratori dipendenti è un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato.
Requisiti (art. 3)
L’art. 3 del DLgs 22/2015 stabilisce i requisiti per il diritto di accesso alla
prestazione previdenziale NASpI.
Nel particolare essi, da verificarsi in maniera congiunta, sono:
1. Essere in stato di disoccupazione art 1 c. 2 lett c) dlgs n. 181 del 2000;
2. 13 settimane di anzianità contributiva da ricercarsi nei 4 anni precedenti
l’inizio del periodo di disoccupazione;
3. 30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo,
nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
Relativamente al riferimento normativo contenuto al punto 1), va precisato che
l'articolo 1, c. 2, lett c) D. Lgs n. 181/2000 definisce "disoccupati di lunga
durata", coloro che, dopo aver perso un posto di lavoro o cessato un'attività di
lavoro autonomo, siano alla ricerca di nuova occupazione da più di dodici
mesi”.
Tale riferimento deve essere interpretato però senza tener conto della durata
della disoccupazione ma, già come avvenne in riferimento all’ASpI e alla mini
AspI secondo le previsioni dell’art. 2 c. 4 L. 92/2012, esclusivamente con
riferimento allo status di disoccupato ovvero alla condizione di colui il
quale sia immediatamente disponibile allo svolgimento di un’attività
lavorativa (sul punto si veda anche quanto già espresso dall’Inps con sua
circolare n. 142/2012).
In riferimento poi al requisito di cui al punto 3) preme evidenziare come la
locuzione “lavoro effettivo” consenta di far raggiungere le 30 giornate
anche attraverso la sommatoria di più rapporti di lavoro diversi, sul
punto già l’INPS si era espressa, anche se in relazione ad altra norma, con
messaggio n. 25301/07 e n. 1024/00.
Per tale requisito lavorativo, che si aggiunge al requisito contributivo delle 13
settimane negli ultimi quattro anni, non viene previsto il rispetto del
minimale contributivo per cui è sufficiente la durata della prestazione
lavorativa, senza rilevanza alcuna per la retribuzione percepita.
Il Ministero del Lavoro con un comunicato stampa del 20 marzo 2015 ha
chiarito che per la nuova prestazione saranno considerati neutri i periodi di
CIG a zero ore e quelli non utili al soddisfacimento del requisito
contributivo (per esempio malattia senza integrazione della retribuzione da
parte del datore di lavoro) immediatamente precedenti la cessazione del
rapporto di lavoro.
Gli eventi sopra richiamati saranno quindi considerati, come avveniva in
precedenza, periodi neutri e determineranno un ampliamento, pari alla loro
durata, del quadriennio all'interno del quale ricercare il requisito necessario di
almeno tredici settimane di contribuzione.
Allo stesso modo, quanto al nuovo requisito introdotto dalla recente disciplina,
consistente nel poter far valere almeno trenta giornate di lavoro effettivo nei
dodici mesi precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, il requisito delle
trenta giornate di lavoro effettivo verrà ricercato nei dodici mesi
immediatamente precedenti gli eventi sopra richiamati, anche qui considerati
periodi neutri.
Si ritiene, altresì, che rappresentano precondizione
prestazione le dimissioni qualora avvengano:
per
l’accesso
alla
1. durante il periodo tutelato di maternità (da 300 giorni prima della data
presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio);
2. per giusta causa secondo quanto indicato, a titolo esemplificativo, dalla
circolare n. 163 del 20 ottobre 2003 qualora motivate:
• dal mancato pagamento della retribuzione;
• dall'aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;
• dalle modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
• dal c.d. mobbing;
• dalle notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad
altre persone (fisiche o giuridiche) dell’azienda;
• dallo spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che
sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” previste
dall’art. 2103 codice civile;
• dal comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei
confronti del dipendente.
Per quanto attiene alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro si
precisa che essa non sarà ostativa al riconoscimento della prestazione qualora
sia intervenuta:
• per trasferimento del dipendente ad altra sede della stessa azienda
distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore e\o mediamente
raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici;
• nell’ambito della procedura conciliativa prevista dall’art. 7 L. n. 604/66.
Negli altri casi di risoluzione del rapporto di lavoro le prassi aziendali
possono essere orientate alla formalizzazione del licenziamento
individuale
contestualmente
alla
ratifica
di
specifiche
transazioni/conciliazioni finalizzate a prevenire eventuali impugnazioni a
fronte della corresponsione di un'agevolazione all'esodo. Si tratta di approcci
compatibili anche con l'erogazione della NASpI non risultando alcuna diversa
indicazione nelle disposizioni del D. Lgs. n. 22 del 4 marzo 2015.
A differenza della normativa sull'ASpI, in cui il Legislatore aveva
tassativamente indicato le fattispecie per cui non fosse possibile fruire del
trattamento indennitario, con il dettato dell'art. 3 D. Lgs. n. 22/2015 è stato
specificato l'ambito di applicazione “in positivo” per il riconoscimento della
nuova prestazione di assicurazione sociale, senza indicare le ipotesi di
esclusione.
Conseguentemente, con l'interpello n. 13/2015 è stato richiesto al Ministero
del Lavoro se la nuova indennità di disoccupazione possa essere riconosciuta
anche in favore dei lavoratori licenziati per motivi disciplinari e se sia possibile
ricomprendere, tra le ipotesi per le quali viene concessa la NASpI, anche i casi
di accettazione da parte del lavoratore licenziato dell’offerta economica
propostagli dal datore nella c.d. “conciliazione agevolata” ex art. 6, D. Lgs. n.
23/2015.
Il Ministero precisa che appare conforme al dato normativo, specie in
ragione della nuova formulazione, considerare le ipotesi di licenziamento
disciplinare quale fattispecie della c.d. “disoccupazione involontaria” con
conseguente riconoscimento della NASpI.
Il Ministero, con interpello n. 29/2013 sulla concessione dell’ASpI, aveva già
chiarito che “non sembra potersi escludere che l’indennità di cui al comma 1 e
il contributo di cui al comma 31 dell’art. 2, L. n. 92/2012 siano corrisposti in
ipotesi di licenziamento disciplinare.
La nota ministeriale sottolinea che il licenziamento disciplinare non può essere
inteso tout court quale forma di “disoccupazione volontaria”, in ragione del
fatto che la misura sanzionatoria adottata mediante il licenziamento non risulta
automatica; infatti, “l’adozione del provvedimento disciplinare è sempre
rimessa alla libera determinazione e valutazione del datore di lavoro e
costituisce esercizio del potere discrezionale” (v. Cass. n. 4382/1984) non
trascurando, peraltro, l’aspetto dell’impugnabilità del licenziamento stesso che
nelle opportune sedi giudiziare potrebbe essere ritenuto illegittimo.
In relazione alla nuova procedura della c.d. offerta di conciliazione “agevolata”
introdotta dall’art. 6, D.Lgs. n. 23/2015 (Disposizioni in materia di contratto di
lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti), si ritiene altresì possibile
riconoscere al lavoratore che accetta l’offerta de qua il trattamento indennitario
della NASpI.
La norma citata stabilisce che in caso di licenziamento il datore di lavoro può
offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del
licenziamento stesso, in una delle sedi di cui all’art. 2113, quarto comma, c.c.,
un importo che non costituisce reddito imponibile e non risulta assoggettato a
contribuzione previdenziale e la cui accettazione da parte del lavoratore
comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla
impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già
proposta.
L’accettazione dell'offerta di conciliazione non muta il titolo della risoluzione del
rapporto di lavoro che resta il licenziamento e comporta, per espressa
previsione normativa, esclusivamente la rinuncia all’impugnativa dello stesso.
La fattispecie, non modificando il titolo della risoluzione del rapporto,
costituisce sempre un'ipotesi di disoccupazione involontaria conseguente ad
atto unilaterale di licenziamento del datore di lavoro.
Tutto considerato, le condizioni di accesso alla nuova prestazione NASpI
risultano meno restrittive rispetto al precedente combinato AspIminiASpI.
Non sono infatti più richieste le due annualità di anzianità assicurativa e
soprattutto le 13 settimane di accredito contributivo vengono ricercate nelle
ultime quattro annualità e non negli ultimi 12 mesi come previsto per l’accesso
alla miniASpI.
Tutele a confronto
ASpI
MiniAspi
Requisiti
Almeno due anni di Almeno 13 settimane
assicurazione contro la di contribuzione nei 12
disoccupazione.
mesi precedenti l'inizio
del
periodo
di
Almeno un anno di disoccupazione.
contribuzione DS nel
biennio
precedente
l'inizio del periodo di
disoccupazione.
NASpI
Almeno 13 settimane di
contribuzione nei 4 anni
precedenti
l'inizio
del
periodo di disoccupazione.
Almeno 30 giornate di
lavoro o equivalenti nei 12
mesi che precedono l'evento
disoccupazione.
Dal punto di vista dell’accesso alla prestazione la NASPI rappresenta, dunque,
un sicuro miglioramento per i lavoratori dipendenti e accresce l'universalità
dello schema.
Ciò è confermato dalla simulazione diretta a stabilire la quota di lavoratori
dipendenti privati, occupati in un dato momento, che non sarebbero coperti
dalle diverse indennità di disoccupazione qualora venissero licenziati.
Infatti, il 10,6% dei lavoratori non soddisferebbe i requisiti dell'ASPI e il 5,1%
non avrebbe diritto neppure alla Mini-ASPI, mentre soltanto il 3,4% del nostro
campione non riceverebbe la NASPI in caso di licenziamento.
Calcolo e misura (art. 4)
Per la NASpI valgono i medesimi criteri di calcolo validi per le indennità ASpI e
mini-ASpI, con le sole modifiche dell'ampliamento del periodo di
riferimento della retribuzione imponibile dagli ultimi due agli ultimi
quattro anni e dell'elevamento del limite massimo di importo a 1.300
euro mensili (rivalutabile annualmente).
Per l’anno 2015, la retribuzione di riferimento indicata dalla legge per la NASpI
(€ 1.195) è sostanzialmente uguale a quella prevista per ASPI e MiniAspi (€
1.195,37 - v. circ. INPS n.19/2015), cambia il limite massimo dell’importo:
per ASPI e Miniaspi è pari, per il 2015, ad € 1.167,91, mentre per la NASpI
è di € 1.300.
Per la determinazione del valore della prestazione occorre preliminarmente
individuare la retribuzione mensile alla base del calcolo.
Tale base di calcolo è data dalla retribuzione imponibile ai fini
previdenziali degli ultimi quattro anni comprensiva degli elementi
continuativi e non, e delle mensilità aggiuntive (in sostanza l’imponibile
evidenziato in Uni-emens) diviso per il numero delle settimane di
contribuzione e moltiplicato per 4,33.
Nel caso in cui la retribuzione mensile di cui sopra sia non superiore al valore di
1.195 euro (valore riferito al 2015) si perviene al valore dell’indennità mensile
applicando il valore percentuale del 75 % alla retribuzione mensile predetta.
Nel caso contrario dovrà essere sommato al 75% del valore di 1.195 euro il
25% del differenziale tra la retribuzione mensile di cui sopra e 1.195€, fermo
restando che non potrà essere erogata una indennità di importo superiore a
1.300€ (valore riferito al 2015 annualmente rivalutato).
Nel caso in cui l’indennità sia da erogare per periodi inferiori al mese,
l’importo da erogare dovrà essere diviso per 30 giorni e moltiplicato per il
numero di giornate di effettiva sospensione.
Esempio di calcolo della retribuzione imponibile ai fini previdenziali
degli ultimi quattro anni
Lavoratore di qualsiasi età che negli
ininterrottamente, licenziato il 1 luglio 2015.
ultimi
4
anni
ha
lavorato
1) Il quadriennio di riferimento per l’individuazione della retribuzione sulla
quale calcolare la prestazione va dal 1 luglio 2011 al 30 giugno 2015 (48 mesi
antecedenti la data di licenziamento).
2) Determinazione della retribuzione media mensile.
Si supponga che nel quadriennio di riferimento, l’imponibile previdenziale del
lavoratore abbia la seguente distribuzione:
· Anno 2015 dal 1.1.2015 al 30.6.2015 € 17.000.
· Anno 2014 € 33.500.
· Anno 2013 € 33.000.
· Anno 2012 € 32.500.
· Anno 2011 dal 1.7.2011 al 31.12.2011 € 16.000.
Il montante retributivo dei quattro anni precedenti il licenziamento è pari a €
132.000.
3) Dividendo il montante retributivo del quadriennio per il numero delle
settimane di contribuzione (208 = 52 settimane annue moltiplicato 4 anni), si
ricava la retribuzione media settimanale per ogni settimana di contribuzione: €
132.000 diviso 208 = € 634,62
4) Per ragguagliare a mese la retribuzione media settimanale si moltiplica per il
coefficiente 4,33 che, in un anno, rappresenta il numero medio di settimane di
ciascun mese (52 diviso 12 = 4,33). Si ottiene quindi una retribuzione media
mensile sulla quale calcolare la NASpI pari a: € 634,62 moltiplicato 4,33 = €
2.747,88 medie mensili.
5) La retribuzione sulla quale calcolare la NASpI corrisponde a €
2.747,88.
Misura della NASpI
A) Retribuzione media mensile
B) Prima fascia per applicazione dell’aliquota del 75%
C) Differenza di retribuzione tra Retribuzione media mensile (punto A) e 1^ fascia (punto B)
D) Importo corrispondente al 75% della 1^ fascia (punto B)
E) Importo corrispondente al 25% differenza tra retribuzione media e 1^ fascia (punto C)
NASPI calcolata (somma tra punto D e punto E)
€ 2.747,88
€ 1.195,00
€ 1.552,88
€ 896,25
€ 388,22
€ 1.284,47
L’importo di 1.284,47 € sarà il valore lordo dell’indennità in quanto inferiore al
massimale di 1.300 €.
Percentuale di copertura della prestazione rispetto alla retribuzione
La struttura della NASpI prevede una copertura decrescente rispetto al reddito
del lavoratore, andando dal 75% di copertura per i lavoratori con retribuzione
media mensile fino a € 1.195 (solitamente si tratta di lavoratori con qualifica
operaia) al 43,33% della retribuzione media per i lavoratori con qualifica
impiegatizia e i quadri con retribuzioni più elevate.
Il tetto mensile di trattamento NASpI si raggiunge con una retribuzione media
mensile di € 2.810.
Retribuzione
1^ fascia ASPI per applicazione 75%
Differenza di retribuzione
75% della 1^ fascia
25% diff. tra retribuzione e 1^ fascia
NASPI calcolata
% copertura NASpI rispetto a retribuzione
€ 1.195
€ 1.195
€€ 896,25
€€ 896,25
75,00%
€ 1.500
€ 1.195
€ 305
€ 896,25
€ 76,25
€ 972,50
64,83%
€ 2.000
€ 1.195
€ 805
€ 896,25
€ 201,25
€ 1.097,50
54,88%
€ 2.500
€ 1.195
€ 1.305
€ 896,25
€ 326,25
€ 1.222,50
48,90%
€ 2.810
€ 1.195
€ 1.615
€ 896,25
€ 403,75
€ 1.300,00
46,26%
€ 3.000
€ 1.195
€ 1.805
€ 896,25
€ 451,25
€ 1.300,00
43,33%
Le modalità di determinazione della misura della prestazione sono le stesse di
quelle precedentemente previste dall’art. 2 commi 6-9 della legge 92 del 2012.
Ciò che è stato innovato rispetto al passato è il periodo di ricerca delle
retribuzione imponibile, l’importo del massimale e il sistema delle
penalizzazioni (il periodo di ricerca delle retribuzioni non più biennale ma
quadriennale è una innovazione trascurabile).
In particolare la retribuzione imponibile deve essere ricercata nei quattro anni
precedenti la cessazione del rapporto e non nei due anni precedenti come
previsto per l’ASpI.
Tale aspetto può risultare importante ai fini della misura della prestazione,
segnatamente nell’ambito della differenza tra NASpI e ASpI, quando nei
quattro anni precedenti la cessazione del rapporto si assiste a una
progressione retributiva crescente.
A titolo esemplificativo supponiamo la seguente progressione retributiva annua
nei quattro anni precedenti la cessazione del rapporto ipotizzata al 31 dicembre
2015:
Si osserva in questo caso che il valore mensile dell’indennità NASpI è pari
a 1.084 euro, mentre il valore mensile dell’indennità ASpI supererebbe il
massimale e quindi è pari al valore del massimale ovvero 1.169 euro.
Riguardo al massimale la normativa NASpI ha recato un notevole incremento.
Si è passati infatti da un valore di 1.169 euro al valore di 1.300 euro.Anche per
il legislatore del 2015, l'indennità NASpI si riduce progressivamente. La
riduzione è nella misura del 3 per cento ogni mese, a decorrere dal primo
giorno del quarto mese di fruizione.
Esempio di riduzione mensile del trattamento
Misura percentuale rispetto al
trattamento iniziale
Importo mensile in
Mensilità
(Riduzione del 3% sul mese precedente,
pagamento
a partire dal 1° giorno del 4° mese di
trattamento)
Mese 1
€ 1.284,47
100,00%
Mese 2
€ 1.284,47
100,00%
Mese 3
€ 1.284,47
100,00%
Mese 4
€ 1.245,94
97,00%
Mese 5
€ 1.208,56
94,09%
Mese 6
€ 1.172,30
91,27%
Mese 7
€ 1.137,13
88,53%
Mese 8
€ 1.103,02
85,87%
Mese 9
€ 1.069,93
83,30%
Mese 10
€ 1.037,83
80,80%
Mese 11
€ 1.006,70
78,37%
Mese 12
€ 976,49
76,02%
Mese 13
€ 947,20
73,74%
Mese 14
€ 918,78
71,53%
Mese 15
€ 891,22
69,38%
Mese 16
€ 864,48
67,30%
Mese 17
€ 838,55
65,28%
Mese 18
€ 813,39
63,33%
Mese 19
€ 788,99
61,43%
Mese 20
€ 765,32
59,58%
Mese 21
€ 742,36
57,80%
Mese 22
€ 720,09
56,06%
Mese 23
€ 698,49
54,38%
Mese 24
€ 677,53
52,75%
Come è evidente, il legislatore per stimolare il lavoratore alla ricerca di un
nuovo lavoro ha previsto una riduzione mensile del trattamento che porta a
percepire alla fine dei 24 mesi massimo erogabili (fino al 2016), un importo di
poco superiore alla metà di quello iniziale.
Le penalizzazioni sono state rese maggiormente proporzionali al numero delle
mensilità di godimento della prestazione, con significativi scostamenti dal
precedente impianto dove trovavano applicazione solo dopo la sesta e la
dodicesima mensilità di fruizione, in entrambi i casi nella misura fissa del 15
%.
Il nuovo sistema delle penalizzazioni, rispondente all’esigenza di incentivare
comportamenti attivi nel periodo di disoccupazione, fa in modo che l'indennità
NASpI rispetto alla precedente subisce una inferiore decurtazione in presenza
di ridotte mensilità di fruizione, e una più gravosa decurtazione in presenza di
elevate mensilità di fruizione.
Ad esempio dal settimo mese di fruizione l’indennità ASpI/miniASpI
avrebbe subito una decurtazione del 15%, l’indennità NASpI subisce una
decurtazione del 12%.
Ma già dal nono mese di fruizione l’indennità NASpI subisce una decurtazione
del 18% mentre la decurtazione dell'ASpI/miniASpI rimane fissa al 15%.
Si fa seguire una tabella esplicativa:
Ovviamente per scopi di semplificazione non è stato considerato negli esempi
di cui sopra l’elemento composto e non semplice del calcolo della
penalizzazione che dovrebbe rendere la stessa maggiormente gravosa in
riferimento alla NASpI.
Alla NASpI non si applica infatti il prelievo contributivo di cui
all'articolo 26 della Legge n. 41 del 28.02.1986 (come già previsto per i
trattamenti ASpI e miniASpI). Non è pertanto soggetta alla trattenuta in
misura pari all'aliquota posta a carico degli apprendisti.
La NASPI è apparentemente più generosa dei precedenti sussidi anche per
quanto riguarda l'entità delle prestazioni.
L'importo di ASPI e Mini-ASPI era pari al 75% della retribuzione media dei
mesi lavorati negli ultimi due anni, fino a un massimale (1.195,35 Euro nel
2015), e al 25% della quota di retribuzione eccedente il massimale, fino a un
importo massimo della prestazione fissato pari a 1.167,91 Euro al mese
nel 2015.
L'importo teorico della NASPI è invece superiore, dato che l'importo massimo
della prestazione è stato portato a 1.300 Euro al mese (la base di calcolo
è ora la retribuzione media del quadriennio precedente il licenziamento,
anziché del biennio).
Tuttavia, mentre l'ASPI rimaneva di importo costante fino al sesto mese di
erogazione, per poi diminuire del 15% (e di un altro 15% dal tredicesimo mese
per gli over 54), nel Jobs Act si è stabilito che, a partire dal quarto mese di
erogazione, l'importo della NASPI si riduca ogni mese del 3%. Nulla assicura,
dunque, che in termini di prestazioni complessivamente ricevute la NASPI sia
più generosa dell'ASPI.
E' stato analizzato quanto riceverebbero, qualora la disoccupazione durasse
esattamente 6 mesi, i lavoratori presi a campione ed è stata calcolata la
differenza fra l'importo complessivo che si sarebbe ricevuto nei 6 mesi nello
scenario pre e post Jobs Act.
Nonostante l'incremento della prestazione massima, che avvantaggerebbe i
lavoratori a salario medio-alto qualora questi dovessero cadere in
disoccupazione, le norme sul decalage della prestazione comportano che per
oltre metà del campione (54,2%) l'ammontare complessivo di NASPI che si
riceverebbe nei 6 mesi di disoccupazione si rivelerebbe inferiore a quello che
sarebbe stato pagato in base alle vecchie norme.
Durata (art. 5)
ASpI PERIODO TRANSITORIO 2013-2015
Età anagrafica
Anno di cessazione rapporto di
lavoro
Inferiore a 50 anni
Pari o superiore a 50 anni;
inferiore a 55 anni
Pari o superiore a 55 anni
2013
8 mesi
12 mesi
12 mesi
2014
8 mesi
12 mesi
14 mesi
2015
10 mesi
12 mesi
16 mesi
2016
12 mesi
12 mesi
18 mesi
La massima durata della NASPI, fino al 31 dicembre 2016, potrà arrivare a 24
mesi (con un temporaneo miglioramento del periodo massimo di trattamento
ASpI, previsto a regime dal 2016, per i lavoratori con età anagrafica pari o
superiore a 55 anni, in 18 mesi).
La durata del trattamento sarà pari alla metà delle settimane di
contribuzione degli ultimi quattro anni, quindi la durata massima della
prestazione sarà pari a 2 anni indipendentemente dal requisito anagrafico che
caratterizzava l’ASpI.
Dal 1° gennaio 2017, quando, tra l'altro, sarà definitivamente abrogata
l'indennità di mobilità, si otterrà un riallineamento al periodo massimo di
18 mesi (78 settimane) che, tuttavia, potrà essere beneficiato anche dai
lavoratori con età anagrafica inferiore a cinquantacinque anni, a cui, nel regime
ASpI, sarebbero spettati 12 mesi di sostegno al ricorrere del presupposto
contributivo.
L’introduzione di una perfetta relazione (almeno fino al 2016) tra accredito
contributivo e durata della prestazione (prima riscontrabile solo nella mini
AspI) determina rispetto al passato un sistema più premiante e al tempo
stesso più penalizzante a seconda della consistenza contributiva delle
ultime quattro annualità.
Infatti i soggetti che nelle ultime due annualità ovvero nelle ultime quattro
annualità vantino un accredito contributivo superiore alle 24 mensilità
dovrebbero avere tendenzialmente un beneficio in termini di durata della
prestazione con l'entrata in vigore della NASpI.
Invece i soggetti che nelle ultime due annualità ovvero nelle ultime quattro
annualità vantino un accredito contributivo inferiore alle 24 mensilità avrebbero
diritto a una indennità NASpI di durata inferiore rispetto a quella che sarebbe
spettata sulla base delle norme dell’ AspI.
Si consideri una durata tendenziale dell’indennità ASpI di 12 mesi, stante la
variabilità della stessa relativamente all’età anagrafica del percettore e
all’anno in cui si colloca l’evento disoccupazione involontaria.
Di contro, nessuna differenza, in termini di durata della prestazione, è
riscontrabile tra l’indennità mini ASpI e la nuova indennità NASpI.
Pertanto i soggetti che in base al precedente impianto avrebbero avuto diritto
alla miniASpi e non all’ASpI riceveranno la prestazione di sostegno al reddito
per la medesima durata.
A titolo esemplificativo si supponga un soggetto di età anagrafica pari a 53
anni che subisce la cessazione del rapporto di lavoro nell’anno 2015 e che nei
quattro anni precedenti la cessazione abbia un accredito contributivo pieno di
208 settimane.
Nel caso supposto l’indennità ASpI sarebbe stata erogata per un massimo di 12
mensilità mentre l’indennità NASpI viene erogata per un massimo di 24
mensilità.
Differentemente, se l’accredito contributivo nelle ultime quattro annualità fosse
stato di 14 mensilità allora la durata massima dell’ASpI (supponendo la
sussistenza dei 12 mesi nel biennio precedente) sarebbe stata di 12 mensilità
mentre la durata massima della NASpI sarebbe di 7mensilità.
Se invece il soggetto in discorso presenta un requisito contributivo di 26
settimane (ovvero rientrava nel campo di applicazione della miniASpI e non in
quello dell’ ASpI) la durata massima sia della miniASpI sia della NASpI sarebbe
di 3 mensilità.
Tutela a
confronto
ASpI
Durata
Dipende dall'età
dell'assicurato.
Mini ASpI
Numero
di
settimane pari alla
metà
delle
A regime avrebbe dovuto settimane
di
essere di
contribuzione nei 12
mesi
precedenti
12 mesi per i lavoratori l'evento.
di età inferiore a 55
anni;
18 mesi (nei limiti di
contribuzione negli ultimi
due anni) per quelli di età
superiore.
Naspi e lavoratori stagionali
NASpI
50%
dei
periodi
contributivi
accreditati
nei 4 anni precedenti la
data di cessazione del
rapporto di lavoro.
Con un massimo quindi
di 24 mesi (dal 1.1.2017 la
durata massima è limitata a
18 mesi).
Tra le categorie penalizzate dai nuovi requisiti per usufruire della NASpI vi sono
i lavoratori stagionali del settore del turismo (circa 300.000 in tutta Italia) che
hanno richiesto specifici chiarimenti, in vista dell’emanazione della circolare
INPS che dovrà illustrare i criteri di applicazione del nuovo sussidio.
I lavoratori stagionali del turismo lavorano dai 4 ai 6 mesi all’anno, e fino ad
ora erano percettori dell'assegno di disoccupazione per i restanti 6/8 mesi.
Il Decreto Legislativo n. 22/2015 prevede (art. 5), infatti, che: "Ai fini del
calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già
dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione.”
La durata della NASpI è pari alla metà delle settimane di contribuzione degli
ultimi quattro anni che precedono la disoccupazione, tuttavia, in tale calcolo
non si tiene conto dei periodi contributivi per i quali è già stata erogata una
prestazione di disoccupazione.
Pertanto, il periodo contributivo già utilizzato per ottenere il sussidio non può
essere riutilizzato. Le esperienze lavorative precedenti, dopo la prima
richiesta di sussidio, vengono annullate.
Nel caso dei lavoratori stagionali ciò implica (assumendo come esempio il caso
di un lavoratore che risulta occupato per soli 6 mesi in un anno) che, con la
NASpI, saranno considerati utili ai fini del calcolo per la durata del sussidio i
soli 6 mesi lavorati nel 2015 e non anche quelli precedentemente lavorati nel
2014 che, nella maggior parte dei casi sono già stati utilizzati, lo scorso anno,
per accedere al sussidio della ASpI o MiniASpI.
In tal modo per i lavoratori stagionali si prevede una sensibile riduzione del
sussidio di disoccupazione che diventerà pari alla metà dei soli mesi lavorati nel
2015 e, quindi, durerà per soli 3 mesi.
Trattasi di una situazione penalizzante per chi, invece, sino all'anno scorso
maturava il diritto all'ASpI ordinaria, che poteva durare anche un anno e
dunque coprire il dipendente stagionale per il semestre successivo, prima
dell'inizio di un nuovo periodo di lavoro estivo.
Al di là della diversa base di calcolo dei requisiti (il biennio per l'ASPI, l'anno
per la Mini-ASPI, il quadriennio per la NASPI), la possibilità che le nuove
norme, apparentemente più generose, comportino una riduzione della durata
potenziale dei sussidi è confermata dalle simulazioni.
Da esse emerge che il periodo massimo potenziale di erogazione del sussidio si
ridurrebbe per il 3,8% dei dipendenti privati e, soprattutto, che le nuove
norme penalizzerebbero in misura relativamente maggiore i dipendenti
a termine, caratterizzati, spesso, da carriere molto frammentate con frequenti
entrate e uscite dalla disoccupazione.
Il 10,3% dei dipendenti a termine, infatti, a causa della sottrazione dei periodi
di sussidio già ricevuto, riceverebbero come NASPI un sussidio potenziale di
durata inferiore a quello a cui avrebbero avuto diritto in base alla precedente
normativa.
Domanda e decorrenza della prestazione (art. 6)
Restano confermate, per la NASpI, le norme sul termine e la modalità di
presentazione della domanda e sui termini di decorrenza del trattamento già
vigenti per le indennità ASpI e mini-ASpI.
L’indennità decorre:
• dall'ottavo giorno successivo a quello della cessazione di lavoro se la
domanda viene presentata entro l’ottavo giorno;
• dal giorno successivo alla presentazione della domanda nel caso in cui sia
presentata successivamente all’ottavo giorno;
• dalla data di rilascio della dichiarazione di immediata disponibilità nel
caso in cui non sia presentata all’Inps ma al CPI e sia successiva alla
data di presentazione della domanda.
Più precisamente, riguardo al termine, che è stabilito sempre a pena di
decadenza, di presentazione della domanda, si opera una lieve riformulazione,
ponendosi un termine di sessantotto giorni dalla cessazione del rapporto di
lavoro che è sostanzialmente analogo al termine oggi vigente di due mesi ed
otto giorni (v. circolare Inps, n. 142/2012).
La domanda può essere presentata unicamente seguendo il canale telematico.
Il messaggio INPS n. 2971 del 30 aprile 2015 prevede che a partire dal 1°
maggio 2015, sarà possibile utilizzare i consueti canali telematici per l’inoltro
della domanda:
via web, attraverso il sito www.INPS.it (direttamente da cittadino in
possesso del PIN dispositivo INPS);
tramite patronato (che, per legge, offre assistenza gratuita);
tramite Contact Center Integrato INPS INAIL (chiamando da rete
fissa il numero gratuito 803 164 oppure il numero 06 164 164 da
telefono cellulare, con tariffazione stabilita dal proprio gestore).
La disciplina di dettaglio della indennità NASpI sarà regolata con apposita
circolare INPS in corso di pubblicazione.
A titolo esemplificativo, si ipotizza una cessazione del rapporto in data 1°
maggio 2015 e una domanda NASpI presentata il giorno 3 maggio 2015.
L’indennità avrà decorrenza 9 maggio 2015, ovvero dall’ottavo giorno
successivo alla cessazione del rapporto.
Diversamente se la cessazione del rapporto avviene il 1° maggio 2015 ma la
domanda viene presentata il 10 maggio 2015 allora l’indennità avrà decorrenza
11 maggio 2015, in quanto è spirato il termine degli 8 giorni.
Condizionalità (art. 7)
Vengono confermati, per la NASpI, i principi già vigenti ed espressamente
richiamati dalla Legge n. 92/2012, che subordinano l'attribuzione dei
trattamenti di disoccupazione alla partecipazione alle iniziative di
attivazione lavorativa o relative alla formazione ed alla riqualificazione
professionale, proposte dai servizi competenti nonché alle politiche attive
comprese quelle che saranno identificate dal decreto legislativo delegato di cui
all'articolo 1 comma 3 della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
L'art. 1 comma 3 della L. n. 183/2014:
“Allo scopo di garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di
politica attiva del lavoro su tutto il territorio nazionale, nonché di assicurare
l'esercizio unitario delle relative funzioni amministrative, il Governo è
delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, di concerto, per i profili di rispettiva competenza, con il Ministro
dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la
pubblica amministrazione, previa intesa in sede di Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, uno o
più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia
di servizi per il lavoro e di politiche attive. In mancanza dell'intesa nel
termine di cui all'articolo 3 del citato decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, il Consiglio dei ministri provvede con deliberazione motivata ai sensi del
medesimo articolo 3. Le disposizioni del presente comma e quelle dei decreti
legislativi emanati in attuazione dello stesso si applicano nelle province
autonome di Trento e di Bolzano in conformità a quanto previsto dallo statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione nonchè
dal decreto legislativo 21 settembre 1995, n. 430.”
Inoltre, si demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del D.
Lgs. n. 22/2015 (7 giugno 2015) la determinazione delle condizioni e
modalità per l'attuazione della disposizione di cui al primo comma dell'art. 7
nonché le misure conseguenti all'inottemperanza agli obblighi di partecipazione
alle azioni di politica attiva di cui al comma 1.
La NASpI non potrà essere riconosciuta, al di là dei casi di perdita dello
status di disoccupazione, qualora il soggetto non partecipi alle iniziative
di attivazione lavorativa o a percorsi di riqualificazione professionale
proposti dai Centri per l’Impiego e in tutti quei casi che saranno disciplinati
successivamente con l'apposito decreto ministeriale.
Incentivo all'auto imprenditorialità (art. 8)
Rimanendo sempre nell’ambito del diritto alla prestazione, l’art. 8 del D. Lgs.
22/2015 rende strutturali le misure inerenti all’anticipo dell’indennità in
un’unica soluzione al fine di avviare un’attività di lavoro autonomo o di
impresa individuale o per associarsi in cooperativa, cosa che nel precedente
impianto normativo (cfr. art. 2 comma 19 L. 92/2012, DM. 73380/2013) era
prevista in via sperimentale fino al 2015.
Rimane ferma l’insussistenza del diritto all’accredito della contribuzione
figurativa e all’assegno per il nucleo familiare cosi come viene riprodotta
la previsione della restituzione dell’intera somma percepita a titolo di
anticipo in caso di rioccupazione in lavoro subordinato durante il
periodo in cui sarebbe stata corrisposta l’indennità “salvo il caso in cui il
rapporto di lavoro subordinato sia instaurato con la cooperativa della quale il
lavoratore ha sottoscritto una quota di capitale sociale”.
I recenti indirizzi amministrativi resi noti dall’INPS con circolare n. 62/2015 in
materia di anticipo AspI e miniASpI sono da ritenersi applicabili anche
all’anticipo NASpI.
La circolare n. 62/2015 ha precisato che non ha alcuna incidenza sulla
titolarità del diritto a ricevere l’anticipo o a trattenere quanto già percepito a
titolo di anticipo il superamento del limite di reddito, in via presuntiva o
effettiva, utile alla conservazione dello stato di disoccupazione, consistente nel
lavoro autonomo a 4.800 euro su base annua.
Infatti, la possibilità di ricevere l’anticipo della prestazione in un’unica soluzione
trova il suo fondamento nella volontà del legislatore di finanziare attività di
lavoro autonomo o di impresa. Sarebbe stato del tutto illogico ritenere non
dovuto o ancor di più indebito l’anticipo da riconoscere o già riconosciuto
qualora l’attività finanziata produca un reddito superiore, in via presuntiva o
effettiva, al limite di 4.800 euro su base annua.
Compatibilità con il rapporto di lavoro subordinato o autonomo (artt.
9-10)
Vengono sostanzialmente confermati i principi generali vigenti relativi ai
trattamenti ASpI, relativamente all'ipotesi di instaurazione di un nuovo
rapporto di lavoro subordinato.
Una novità riguarda la previsione della possibilità che una quota
dell'indennità NASpI sia compatibile con l'instaurazione di un rapporto di
lavoro subordinato il cui reddito annuale sia inferiore al reddito minimo
escluso da imposizione IRPEF.
Viene, inoltre, previsto il diritto ad una quota dell'indennità NASpI nel caso di
cessazione di uno dei rapporti di lavoro a tempo parziale di cui sia titolare il
soggetto.
Per quanto riguarda la compatibilità con un rapporto di lavoro autonomo,
vengono sostanzialmente confermate, con alcune modifiche relative
all'autodichiarazione, le norme già vigenti, per i trattamenti ASpI e mini-ASpI,
relative all'ipotesi di parziale cumulo con il reddito derivante dallo svolgimento
di un'attività di lavoro autonomo, ipotesi che viene estesa alla fattispecie di
attività di impresa individuale.
Ai fini della compatibilità e cumulabilità, non rileva la natura del rapporto di
lavoro subordinato (a tempo determinato o indeterminato) quanto la durata
dello stesso e il reddito annuo percepito dal lavoratore.
Vengono di seguito esposte le fattispecie contemplate e i relativi effetti:
1) rapporto di lavoro subordinato superiore a 6 mesi con reddito annuo superiore
a 8.145 euro: decadenza dal diritto alla prestazione;
2) rapporto di lavoro subordinato non superiore a 6 mesi, con reddito annuo
superiore a 8.145 euro: sospensione d'ufficio della prestazione per tutta
la durata del rapporto di lavoro fino a un massimo di 6 mesi e rilevanza
della contribuzione ai fini dei requisiti e della durata di una eventuale
nuova prestazione;
3) rapporto di lavoro subordinato, anche superiore a 6 mesi, con reddito annuo
inferiore a 8.145 euro: mantenimento della prestazione dietro apposita
comunicazione all'INPS, entro un mese dall’inizio dell’attività, del
reddito annuo previsto (pena la decadenza); l’indennità NASpI subirà
una riduzione pari all’80% del reddito previsionale comunicato
all’INPS.
4) titolarità di due o più rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale e
cessazione di uno dei due rapporti per cause rientranti tra quelle che danno
diritto alla NASpI: è previsto il diritto di percepire la NASpI a condizione
che il reddito annuo, preventivamente comunicato all’INPS entro un
mese dalla domanda di prestazione pena la decadenza, non superi il
limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione.
L’indennità NASpI subirà una riduzione pari all’80% del reddito
previsionale comunicato all’INPS. La contribuzione versata in forza
dell’attività di lavoro subordinato non dà luogo ad accredito
contributivo.
5) attività di lavoro autonomo con reddito non inferiore a 4.800 euro:
decadenza della prestazione;
6) attività di lavoro autonomo con reddito inferiore a 4.800 euro: cumulabilità
della prestazione con il reddito da lavoro autonomo e relativa
riduzione dell'indennità NASpI pari all' 80% del reddito previsionale da
comunicarsi all'INPS entro un mese dall'inizio dell'attività, pena la
decadenza del diritto all'indennità NASpI. Al momento della
dichiarazione dei redditi viene operato il ricalcolo d’ufficio della
riduzione di cui sopra.
In questo caso la contribuzione previdenziale versata in forza
dell'attività di lavoro autonomo non darà luogo ad alcun accredito
contributivo.
Decadenza (art. 11)
Restano sostanzialmente confermate le disposizioni in materia di decadenza dal
trattamento già vigenti per l'ASpI e la mini-ASpI.
Più in particolare, la decadenza si verifica nelle seguenti ipotesi:
a) perdita dello stato di disoccupazione;
b) inizio di un'attività lavorativa subordinata senza provvedere alle
comunicazioni previste dalla legge;
c) inizio di un'attività lavorativa in forma autonoma o di impresa
individuale senza provvedere alla comunicazione prevista dalla legge;
d)
raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o
anticipato;
e) acquisizione del diritto all'assegno ordinario di invalidità, salvo il diritto
del lavoratore di optare per la NASpI.
Inoltre, la decadenza dal trattamento, come detto, si verifica quando il
lavoratore violi le regole relative alle iniziative lavorative e ai percorsi di
riqualificazione che saranno previste dal decreto di cui all'art. 7 comma 3.
L’art. 11, pertanto, ricomprende, oltre alle ipotesi già esposte, altre due cause
quali il raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o
anticipato e l’acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità,
a meno che in quest’ultimo caso non si opti per l’indennità NASpI.
E’ da segnalare che l’onere della comunicazione del reddito annuo
previsionale non va nella direzione della semplificazione, quantomeno nel
caso del lavoro subordinato, in quanto la comunicazione obbligatoria di
attivazione della prestazione lavorativa (c.d. UNILAV) è efficace nei confronti di
tutti gli enti cui è indirizzato e contiene anche i dati utili alla determinazione del
reddito conseguibile.
Contribuzione figurativa (art. 12)
In conformità ad una specifico principio della legge delega, il decreto legislativo
introduce un limite alla misura della contribuzione figurativa (inerente al
periodo di godimento della NASpI): per il computo della contribuzione
(rapportata, in linea di principio, alla base retributiva di calcolo della NASpI), si
applica un limite (per la medesima base retributiva) pari a 1,4 volte la
misura massima mensile (per l'anno in corso) della NASpI.
I contributi figurativi sono utili ai fini del diritto e della misura dei trattamenti
pensionistici, esclusi i casi in cui sia previsto il computo della sola contribuzione
effettivamente versata.
La Circolare INPS n. 180/2014 in merito alla valutazione ai fini pensionistici
della contribuzione figurativa accreditata a seguito della fruizione delle
indennità mensili di disoccupazione ASpI e mini–ASpI ha precisato che, come
precisato al punto 2.1 della circolare INPS n. 35/2012, ai fini del
raggiungimento del requisito contributivo minimo per il diritto alla pensione
anticipata, da parte dei soggetti in possesso di anzianità contributiva al 31
dicembre 1995, occorre il requisito dei 35 anni di contribuzione utile per il
diritto alla pensione di anzianità, come disciplinata dalla previgente normativa.
L’art. 22, comma 1, lett. b), della L. n. 153/1969 prevede che possano
accedere alla pensione di anzianità i soggetti che “possano far valere almeno
35 anni di contribuzione effettiva in costanza di lavoro…”, con esclusione,
pertanto, della contribuzione figurativa per disoccupazione ordinaria e
malattia.
Pertanto, la contribuzione figurativa riconosciuta per i periodi di fruizione
delle indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI è utile ai fini del diritto e
della misura della pensione anticipata, ma non anche ai fini del
requisito dei 35 anni di contribuzione richiesto per il diritto alla pensione
di anzianità.
Significative novità sono state introdotte riguardo alle modalità di
determinazione della contribuzione figurativa conseguente al perfezionamento
del diritto di accesso all’indennità NASpI.
La base imponibile utile alla determinazione della contribuzione figurativa è
da determinarsi, parimenti al calcolo dell’indennità, attraverso la somma delle
retribuzioni imponibili ai fini previdenziali, comprensive di tutti gli
elementi continuativi e non continuativi, percepite negli ultimi quattro anni,
diviso per il numero delle settimane accreditate nel medesimo arco
temporale e moltiplicato per 4,33.
Ai fini della contribuzione figurativa, viene previsto un massimale
individuato nel valore di 1,4 volte l’importo massimo mensile della
NASpI per l’anno in corso ossia 1.820 euro (1.300 x 1,4).
Le quote di retribuzioni eccedenti tale importo non danno diritto a
contribuzione figurativa, penalizzando così i lavoratori con salario medio-alto
che dovessero cadere in disoccupazione.
È stato inoltre previsto che, in riferimento al sistema di calcolo retributivo
della pensione, le retribuzioni figurative determinate sulla base del
massimale di cui sopra non devono essere prese in considerazione qualora la
retribuzione media pensionabile ottenuta con il computo di tali retribuzioni
risulti di un importo inferiore alla retribuzione media pensionabile determinata
tramite la mancata considerazione delle medesime retribuzioni.
Tale norma nasce dall’esigenza di limitare gli effetti che l’imposizione di un
massimale alla contribuzione figurativa e conseguentemente alla retribuzione
figurativa avrebbe potuto produrre sulla misura della pensione allorquando il
periodo di disoccupazione avesse trovato collocazione nel periodo di ricerca
delle retribuzioni utili alla determinazione della retribuzione media pensionabile
ovvero si fosse collocato in prossimità della decorrenza della pensione.
Il sistema di calcolo retributivo si applica:
− alle anzianità contributive maturate fino al 31/12/2011 dai lavoratori con
almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, ovvero
− alle anzianità contributive maturate fino al 31/12/1995 dai lavoratori con
un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995.
Secondo tale sistema, la pensione è rapportata alla media delle
retribuzioni (o redditi per i lavoratori autonomi) degli ultimi anni
lavorativi.
Si basa su tre elementi:
l'anzianità contributiva, è data dal totale dei contributi fino ad un
massimo di 40 anni che il lavoratore può far valere al momento del
pensionamento e che risultano accreditati sul suo conto assicurativo, siano essi
obbligatori, volontari, figurativi, riscattati o ricongiunti;
la retribuzione/reddito pensionabile, è data dalla media delle
retribuzioni o redditi percepiti negli ultimi anni di attività lavorativa,
opportunamente rivalutate sulla base degli indici Istat fissati ogni anno;
l'aliquota
di
rendimento,
è
pari
al
2%
annuo
della
retribuzione/reddito percepiti entro il limite (per le pensioni con decorrenza
nel 2012 di 44.161 euro annui) per poi decrescere per fasce di importo
superiore. Ciò vuol dire che se la retribuzione pensionabile non supera tale
limite, con 35 anni di anzianità contributiva la pensione è pari al 70% della
retribuzione, con 40 anni è pari all'80%.
L'importo della pensione con il sistema retributivo si compone di due quote:
Quota A determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata al
31 dicembre 1992 e sulla media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni, o
meglio, delle 260 settimane di contribuzione immediatamente precedenti la
data di pensionamento per i lavoratori dipendenti, e dei 10 anni (520
settimane di contribuzione) immediatamente precedenti la data di
pensionamento per i lavoratori autonomi;
Quota B determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata
dal 1° gennaio 1993 alla data di decorrenza della pensione e sulla
media delle retribuzioni/redditi degli ultimi 10 anni per i lavoratori
dipendenti e degli ultimi 15 anni per gli autonomi.
La neutralizzazione opera esclusivamente nell’ambito della determinazione
della retribuzione media pensionabile senza produrre alcun effetto nel
sistema di calcolo contributivo.
Pertanto la
retribuzioni
montante.
contribuzione figurativa accreditata in ragione di
figurative neutralizzate assumerà piena valenza nel
Anche se non espressamente previsto, risulta pacifico che la neutralizzazione
non opera ai fini del diritto di accesso alla pensione.
La neutralizzazione di cui sopra è sufficiente a evitare pregiudizi alla
misura della pensione limitatamente alla sua quota retributiva.
L'imposizione di un massimale alla contribuzione figurativa può
determinare effetti significativi sulla quota di pensione contributiva,
che come è noto sulla base dell’art. 24 comma 2 del DL 201/2011 valorizza le
anzianità contributive accreditate dal 1/1/2012.
Gli effetti sono ovviamente proporzionali al valore della retribuzione precedente
il periodo di disoccupazione in quanto tale retribuzione con la precedente
normativa (AspI) avrebbe interamente formato base imponibile per l’accredito
della contribuzione figurativa che a sua volta sarebbe stata valorizzata nel
montante contributivo.
La circolare INPS n. 142 del 18.12.2012 al paragrafo 6 indica il valore
della contribuzione figurativa riferita ai periodi di fruizione dell'ASpI. Per
i periodi di fruizione dell’indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI sono
riconosciuti d’ufficio i contributi figurativi pari alla media delle retribuzioni
imponibili ai fini previdenziali degli ultimi due anni.
A supporto di quanto sostenuto si fa seguire la seguente tabella, dove è stata
ipotizzata una fruizione complessiva della prestazione di disoccupazione per
una durata di 12mesi.
Quando la retribuzione figurativa è inferiore al massimale, fissato nel valore di
1.820 euro, l’importo della pensione non subisce penalizzazioni.
Quando invece la retribuzione figurativa supera il massimale di cui sopra, la
penalizzazione della pensione aumenta all’aumentare della retribuzione.
Per un importo della retribuzione figurativa pari a 2.000 euro la
penalizzazione su base annua della pensione è pari a 41,26 euro se il
diritto di accesso viene maturato dopo un anno dalla fruizione dell’indennità
NASpI/ASpI a 44,66 euro se viene maturato dopo cinque anni.
Stante un importo della retribuzione di 4.500 euro invece la penalizzazione
annua diventa 614,27 euro se manca un anno per il diritto di accesso alla
pensione 664,90 euro se mancano cinque anni.
La rilevanza della riduzione è confermata dalle simulazioni su quanto avrebbero
accumulato a fini previdenziali i lavoratori del campione AD-SILC, costruito a
partire dagli archivi amministrativi dell'INPS, in caso di disoccupazione di 6
mesi di durata nel vecchio e nel nuovo scenario normativo.
Infatti, con il nuovo sistema l'83,6% del campione accumulerebbe nei 6 mesi
una contribuzione figurativa inferiore a quella a cui avrebbe avuto diritto in
precedenza (riduzione montante contributivo).
Sulla base di queste simulazioni si può affermare che se si tiene conto di tutte
le circostanze rilevanti, e non solo dell’ampliamento della platea di potenziali
beneficiari, la NASPI non consentirà quel miglioramento generalizzato
di cui si parla.
Saranno tali quei lavoratori, e non sono pochi, che, in caso di licenziamento,
sarebbero tutelati per un periodo più breve, riceverebbero prestazioni di
minore entità e si vedrebbero riconosciute contribuzioni figurative più
contenute.
Inoltre, come si è visto a proposito della durata delle prestazioni cui avrebbe
diritto una discreta quota di dipendenti a termine, a essere maggiormente
penalizzati potrebbero essere proprio i lavoratori più esposti al rischio di
incorrere in frequenti periodi di non lavoro.
Effetti della NASpI sulla quantificazione delle agevolazioni all'esodo
E’ interessante verificare gli effetti che il D.Lgs. n. 22/2014 potrebbe avere sui
criteri di quantificazione delle agevolazioni all'esodo che le imprese erogano ai
lavoratori
licenziati
individualmente,
nell'ambito
delle
conciliazioni
tradizionalmente finalizzate a prevenire l'impugnazione del licenziamento,
qualora fosse prevista l'integrazione, a carico azienda, delle nuove indennità
INPS per la disoccupazione.
La forte limitazione apposta dal D.Lgs. n. 23/2015, anch'esso emanato in
attuazione della Legge n. 183/2014 e introduttivo del “contratto di lavoro a
tutele crescenti”, alla reintegrazione nel posto di lavoro da parte del
lavoratore licenziato determinerà - rispetto agli assunti o trasformati dopo il 7
marzo 2015 – una minore alea per il datore di lavoro recedente.
In caso di interruzione del rapporto con costoro, infatti, non troverà quasi più
applicazione l'obbligo di reintegra e di versamento della contribuzione
previdenziale piena a carico del datore di lavoro per il periodo intercorso dal
licenziamento fino all'effettiva reintegrazione.
In particolare, è verosimile che, per le ragioni di cui sopra, datore di lavoro e
lavoratore licenziato dovranno considerare maggiormente rispetto al passato,
quale agevolazione finalizzata ad evitare l'avvio o la prosecuzione di un
contenzioso giudiziario, l'attivazione di un sistema di sostegno al reddito a
carico azienda integrativo dei trattamenti di legge.
Anche la procedura di “offerta di conciliazione” che l'art. 6 del D.Lgs. n.
23/2015 prevede per ridurre il rischio di contenzioso giudiziario in caso di
risoluzioni del rapporto di lavoro conseguenti a licenziamenti individuali non
sembra ostare a tale dinamica.
Il ricorso a formule di sostegno al reddito integrative della NASpI potrebbe
essere opportuno in quanto mentre la procedura dettata dall'art. 6 è finalizzata
alla sola “rinuncia all'impugnazione del licenziamento” la transazione consente
di precludere, adottando una formula di rinuncia più ampia, anche eventuali
vertenze riguardanti altri aspetti del rapporto di lavoro: differenze di
inquadramento, prestazioni eccedenti l'orario normale, risarcimenti rivendicabili
a vario titolo ecc.
Le negoziazioni individuali, se finalizzate alla definizione di un sistema
integrativo di sostegno al reddito, potrebbero superare alcune rigidità del
modello NASpI che penalizzano alcune categorie di lavoratori.
Infatti, come già esposto:
- la NASpI a fronte di requisiti soggettivi piuttosto agevoli per la
maturazione del diritto al trattamento presenta una durata del sostegno al
reddito fortemente variabile a prescindere dall'età anagrafica, dal gravame
familiare o da altre condizioni del percettore e può risultare fortemente
penalizzante in caso di brevi anzianità contributive (art. 3, comma 1 e 5,
D.Lgs. n. 22/2015);
- la NASpI si valorizza in proporzione inversa al livello di reddito fruito
dal lavoratore prima dell'interruzione del rapporto;
Sono ipotizzabili due diverse soluzioni per la quantificazione dell’incentivo,
altrimenti ancorato alla mera considerazione del possibile costo del contenzioso
individuale.
La prima opzione, più tradizionale, consiste nell’erogazione al lavoratore, il
cui rapporto verrà risolto, di un importo economico una tantum
integrativo del trattamento assicurativo di disoccupazione e delle
spettanze di fine rapporto.
A seguito dell’entrata in vigore della NASpI, la quantificazione dell’importo
potrebbe essere commisurata a un valore economico che consenta di fatto la
prosecuzione della durata del sostegno offerto dall’INPS e/o l’integrazione del
relativo trattamento per avvicinare maggiormente il reddito effettivamente
percepito dal lavoratore in stato di disoccupazione a quello precedente la
risoluzione del rapporto.
Seguendo questa impostazione si potrebbe così quantificare l’agevolazione:
a) la contribuzione volontaria necessaria al lavoratore per il riscatto
pensionistico dei periodi ulteriori a quelli già coperti dal trattamento
NASpI a carico INPS;
b) l'importo necessario per l’integrazione della quota del 3% sottratta dal
quarto mese di fruizione;
c) una quota integrativa mensile eccedente il limite di importo e il limite di
durata applicati alla NASpI.
Una formula in tal senso potrebbe quindi risultare così impostabile:
Il secondo approccio di carattere innovativo, ferma l’applicazione del
trattamento fiscale e contributivo agevolato, seguirebbe i criteri ispiratori
dell’intervento riformatore.
Il valore economico a carico azienda andrebbe modulato in riferimento a tre
aspetti:
a) valorizzazione dell’anzianità lavorativa maturata, similmente al
rilievo dato alla contribuzione e anzianità pregressa dalla normativa in
esame;
b) correlazione al diritto-dovere di ricerca di nuova occupazione con
obbligo quindi sia di partecipazione agli interventi di
riqualificazione di cui all’art. 7 D. Lgs. n. 22, sia di accettazione di
offerte di lavoro aventi i requisiti di cui all’art. 17, comma 2, del D. Lgs.
22 ossia ritenute congrue ai sensi dell’art. 4 comma 1 lettera c del D.
Lgs. n. 181/2000 e pervenute in seguito all’attività di accompagnamento
attivo al lavoro previsto dai successivi decreti che renderanno operativo il
contratto di ricollocazione;
c) riduzione progressiva dell’importo in funzione del permanere
dello stato di disoccupazione, similmente alla contrazione percentuale
caratterizzante la NASpI a decorrere dal 4° mese di erogazione.
Vi sono due aspetti del D.Lgs. 22/2015 che non sono completamente definiti:
a) l’art. 15 prevede l’istituzione con successiva decretazione anche di un
assegno di disoccupazione (ASDI), spettante ai fruitori della NASpI i
quali risultino “privi di occupazione e che si trovino in una condizione
economica di bisogno” dopo avere goduto di tale indennità per l’intera
sua durata. Non è tuttavia attualmente previsto che tale intervento,
sperimentalmente introdotto per il solo anno 2015, assuma carattere
strutturale.
b) l'art. 17 prevede il contratto di ricollocazione la cui regolamentazione e
sistema sanzionatorio sono temporaneamente inapplicabili in assenza
delle disposizioni applicative, di prossima emanazione;
Il criterio alternativo di verifica dell'impegno individuale del lavoratore
disoccupato per la ricerca di nuova collocazione lavorativa al quale correlare le
disponibilità aziendali potrebbe fondarsi semplicemente sulla sola NASpI e
considerare, come condizione per il riconoscimento dell’agevolazione
economica integrativa, la sussistenza del seguente triplice requisito:
1) accettazione di offerte di percorsi di riqualificazione professionale
comunque presentate al lavoratore da soggetti autorizzati od accreditati;
2) mancato rifiuto di offerte di lavoro che abbiano i requisiti di cui
all’art. 4, comma 41, lett. b) della Legge n. 92/2012 (riguardante
genericamente tutti i percettori di forme di sostegno al reddito) ossia “lavoro
inquadrato in un livello retributivo superiore almeno del 20% rispetto
all’importo lordo dell’indennità di cui ha diritto”;
3) permanenza dello stato di disoccupazione (art. 3 c. 1 lettera a) D. Lgs.
n. 22/2015).
Si può ipotizzare un’agevolazione all’esodo erogata in quote mensili
subordinatamente alla certificazione del permanere dello stato di
disoccupazione del lavoratore nonché all’assenza di evidenze di rifiuto di
offerte di percorsi di riqualificazione e di offerte di lavoro per i quali il
datore di lavoro recedente si sia attivato.
All’atto della ratifica della conciliazione individuale comportante il
riconoscimento di un’agevolazione all’esodo come sopra quantificata e
condizionata, il datore di lavoro provvederebbe quindi ad interessare agenzie
per il lavoro autorizzate o accreditate per la predisposizione di offerte formative
o lavorative, assumendone all’occorrenza l’onere economico, al fine di rendere
efficace il sistema decadenziale sopra esposto.
Il lavoratore si impegnerebbe invece a certificare periodicamente il permanere
del proprio stato di disoccupazione.
La doppia decretazione legislativa del 4 marzo 2015 riferita alla NASpI ed al
contratto a tutele crescenti potrebbe produrre alcuni effetti anche in merito alle
modalità di quantificazione delle agevolazioni all’esodo dedotte nelle
transazioni individuali che formalizzano il consenso del lavoratore alla
cessazione del rapporto od alla rinuncia all’attivazione o prosecuzione di
contenziosi conseguenti all’irrogazione del licenziamento.
Rinvio (art. 14)
Con una tipica norma di chiusura, si fa salva l’applicazione delle norme relative
alla disciplina dell’ASPI “in quanto compatibili”.
Trattandosi di disposizioni che non sostituiscono l’intera normativa in tema di
ASPI, era necessario, secondo i principi della buona legislazione (L. n.
69/2009, art. 3), indicare espressamente le disposizioni abrogate.
Gli oneri contributivi previsti per il finanziamento di ASpI e mini AspI
rimangono identici anche per le nuove prestazioni previste dallo schema di
decreto legislativo presentato dal Governo compreso il c.d. ticket una
tantum di licenziamento.
Il provvedimento in esame, infatti, non apporta alcuna modifica alla misura
della contribuzione attualmente a carico delle imprese per i trattamenti di
sostegno alla disoccupazione.
Ne discende pertanto che continuano ad essere previste, a carico del datore di
lavoro del settore industriale, tre tipologie di contributo, ed in particolare:
1. quello ordinario, dovuto in misura pari all'1,61% (di cui lo 0,30% può
essere destinato al finanziamento dei Fondi interprofessionali per la
formazione continua) da applicarsi sulle retribuzioni imponibili di tutti i
lavoratori subordinati (e quindi anche degli apprendisti);
2. quello addizionale, pari all'1,40%, previsto con riferimento ai rapporti
di lavoro subordinato non a tempo indeterminato (contratti a tempo
determinato, somministrazioni a tempo determinato ecc.), con
esclusione dei lavoratori assunti a termine in sostituzione di
lavoratori assenti e di quelli assunti a termine per lo svolgimento di
attività stagionali;
3. quello straordinario (c.d. ticket di licenziamento), pari al 41% del
massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità
aziendale negli ultimi tre anni, dovuto dal datore di lavoro in tutti i
casi di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per
causa diversa dalle dimissioni.
Parimenti, si ritiene che possa trovare applicazione, a favore del datore
di lavoro che assume a tempo pieno e indeterminato il soggetto
percettore di NASpI, il beneficio economico pari al cinquanta per cento
dell’indennità mensile residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore
(Art. 7 c.5 D.L. n. 76/2013).
Occorre altresì rilevare che, non essendo espressamente previsto dal testo del
decreto in commento, occorrerà valutare se potrà essere restituito al
datore di lavoro, che stabilizza a tempo indeterminato un contratto a
tempo determinato, il contributo addizionale pari all’1,40% così come
previsto dall’art. 2 c. 30 L. n. 92/2012.
Va da sé però che, in caso di stabilizzazioni intervenute nel corso del 2015,
la restituzione parrebbe non poter aver luogo in quanto cedevole
rispetto all’esonero contributivo previsto dall’art. 1 c. 118 L. n.
190/2014 c.d. Legge di Stabilità 2015.
NASpI e mobilità
Con il 2015 è partito il count down che porterà, il 1° gennaio 2017,
all’abolizione dell’istituto della mobilità ordinaria.
La mobilità ordinaria erogata dall’INPS, è stata modificata con l’entrata in
vigore della Legge n. 92/2012, prevedendo un alternativo sistema di sostegno
ai lavoratori che perdono involontariamente il posto di lavoro: l’indennità
ASpI e della mini ASpI.
Per tutto il periodo transitorio, quindi fino a tutto il 2016, la durata della
mobilità non potrà superare l’anzianità di servizio del lavoratore in azienda
mentre rimarranno invariati i requisiti oggettivi e soggettivi per i beneficiari.
Per i soggetti che andranno nelle liste di mobilità nel corso del 2015
residenti nelle aree del centro nord la fruizione del trattamento sarà di 12
mesi per gli under 40 (qui resta invariata) di 18 mesi ( prima erano 24) se i
lavoratori hanno una età compresa tra i 40 ed i 49, e di 24 (invece che 36)
per gli over 50. Nel Mezzogiorno, ferme restando le fasce di età, l’indennità
resta a 12 mesi per la prima categoria ma cala a 24 per la seconda (prima
erano 36) ed a 36 per la terza (prima erano 48).
L’ASpI e oggi la NASpI hanno una durata inferiore a quella prevista ante 2015
per la mobilità degli over 50.
Le domande di mobilità presentate negli anni 2012 e 2013 sono cresciute
passando da 156.487 domande nel 2012 a 217.597 nel 2013.
Domande presentate negli anni 2011/2013 per le varie tipologie
Mobilità
Campo di
applicazione
Industria con più di
quindici dipendenti,
commercio con più di
50 dipendenti, alcuni
altri settori
individuati dalla
normativa per
analogia.
Aspi
Mini Aspi
Naspi
Tutti i settori,
escluso quello
agricolo.
Tutti i settori,
escluso quello
agricolo.
Tutti i settori,
quello agricolo.
Settore pubblico
solo per lavoratori a
tempo determinato.
Settore pubblico
solo per lavoratori
a tempo
determinato.
Settore pubblico solo per
lavoratori
a
tempo
determinato.
Prevista anche una
particolare
indennità a favore
dei lavoratori
parasubordinati con
contratti di mono
committenza.
escluso
Estensione, con regole
particolari, ai
lavoratori con contratto
Parasubordinato
Mobilità
Requisiti
soggettivi
Disoccupati licenziati
collettivamente
- anzianità aziendale di
almeno 12 mesi, di cui
6 effettivamente
lavorati
Aspi
Mini Aspi
Naspi
Disoccupati licenziati
individ. o coll. (senza
diritto alla mobilità),
ovvero dimessi per
giusta causa o con
risoluzione conciliativa
consensuale.
Disoccupati
licenziati individ. o
coll.,
ovvero dimessi per
giusta causa o con
risoluzione
conciliativa
consensuale
Disoccupati licenziati
indiv. o coll.,
o dimessi per giusta causa
o con
risoluzione conciliativa
consensuale.
- 2 anni di anzianità
assicurativa e 1 anno
di contribuzione nel
biennio precedente.
Mobilità
Durata
Aspi
Riduzione progressiva
dei periodi dal 2015 fino
a raggiungere i requisiti
ASPI (L. n. 92/2012).
A regime (2016):
12 mesi;
18 mesi lavoratori
con più di 55 anni.
Nel 2015:
Nel 2015:
12 mesi;
10 mesi, under 50
18 mesi lavoratori con più di
40 anni;
12 mesi lavoratori
con più di 50 anni;
24 mesi lavoratori con più di
50 anni.
16 mesi lavoratori
con più di 55 anni.
L’indennità non può in ogni
caso avere una durata
superiore
all’anzianità aziendale.
- almeno 13
settimane di
contribuzione negli
ultimi 12 mesi.
Mini Aspi
Metà delle
settimane di
contribuzione
negli
ultimi 12 mesi.
- nei quattro anni
precedenti 13 settimane di
contribuzione + 30
giornate di lavoro
nei 12 mesi precedenti
Naspi
Numero di
settimane pari alla
metà di quelle di
contribuzione degli
ultimi 4 anni.
Quindi: massimo di 104
settimane che,
dal 2017, si ridurranno
a 78
Mobilità
Valore
indennità
Equivalente alla CIGS:
80% dell’ultima
retribuzione con due
massimali che, nel
2015,
sono pari a:
retribuzione mensile
fino
a 2.102,24 €,
massimale di
971,71 € (lordi);
retribuzione mensile
oltre 2.102,24 €,
1.167,91 €
(lordi).
Aspi
Mini Aspi
75% dell’ultima
retribuzione fino ad
una retribuzione
massima, nel
2015, di
1.195,37 €.
75% dell’ultima
retribuzione fino ad
una retribuzione
massima, nel 2015, di
1.195,37 €.
Le quote
di retribuzione
oltre
tale soglia vengono
considerate al 25%
fino ad totale
massimo
di 1.167,91 €.
Le quote
di retribuzione oltre
tale soglia vengono
considerate al 25%
fino ad totale
massimo
di 1.167,91 €.
Naspi
75% di importo
rapportato a
retribuzione imponibile
ultimi 4 anni ÷ per sett.
di contribuzione X 4,33.
Retribuzione = o < nel
2015 al 1195 €, ind. =
75 % della retribuzione.
Retribuzione > 1195 €,
ind. = 75 % di 1165 €
increm. 25 % del differ.
tra retrib. e 1165 €.
Indennità max. pari, nel
2015, a 1300 €.
Mobilità
Aspi
Mini Aspi
Naspi
Riduzioni
Decurtazione
del
20%
dal secondo anno.
Decurtazione
15%
dal
settimo
mese e
ulteriore 15% dal
tredicesimo.
Nessuna
decurtazione.
Riduzione del 3% al
mese dal quarto
mese.
Contribuzio
ne
figurativa
Tutti i periodi sono
utili ai fini della
pensione e il valore di
riferimento è quello
dell’ultima
retribuzione piena.
Tutti i periodi sono
utili ai fini della
pensione e il valore di
riferimento è la
media delle
retribuzioni ai fini
previdenziali degli
ultimi due anni
Analoga
all’ASPI
2015: tutti i periodi
utili a pensione e valore di
riferimento
è
media
retribuzioni
ai
fini
previdenziali ultimi 4 anni.
Max
1,4 volte importo
max NASPI.
Periodo ricorso NASPI non
considerato
per
calcolo
valore
pensione
se
determina
riduzione retrib. media
pensionabile.
Una considerazione riguarda i riflessi che la riduzione della durata della
mobilità avrà sugli incentivi alla ricollocazione di questi lavoratori.
Nel caso di assunzioni a tempo determinato non cambierà nulla, l’unica
agevolazione sarà uno sgravio contributivo del 10% per 12 mesi, nel caso di
assunzione a tempo indeterminato invece, alla contribuzione ridotta per 18
mesi si accompagna il 50% dell’indennità di mobilità non ancora
corrisposta al lavoratore, quindi se il periodo di fruizione è ridotto (e lo sarà
in modo importante per gli over 40) ridotti saranno anche i vantaggi fiscali.
L’agevolazione prevista nella legge n. 190/2014 è un nuovo incentivo
che non si sostituisce agli altri, ciò vuol dire che fino al 31 dicembre 2016 ci
sarà una convivenza fra i diversi incentivi previsti da altre norme pertanto il
datore di lavoro, nell’ambito del contratto a “tutele crescenti”, potrà decidere
liberamente di usufruire dei diciotto mesi di contribuzione pari al 10%
oltre al 50% dell’indennità di mobilità non ancora percepita dall’interessato
oppure vedersi riconoscere l’agevolazione di 8.060 euro all’anno per tre
anni oltre al 50% dell’indennità di mobilità non ancora percepita
dall’interessato.
INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE PER I LAVORATORI CON RAPPORTO
DI COLLABORAZIONE COORDINATA E CONTINUATIVA (cd DIS-COLL)
(art. 15)
Circolare n. 83 del 27.04.2015
Dal 1° maggio è entrata in vigore la DIS-COLL, indennità di disoccupazione per
i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. L’istituto,
sostitutivo dell’indennità una-tantum, ha il grande pregio di avvicinare la
disoccupazione conseguente alla cessazione di un rapporto di collaborazione
alla cessazione di un rapporto di lavoro dipendente. Con circolare n. 83/2015,
l’Inps ha diramato le proprie istruzioni operative al fine di supportare sin da
subito gli utenti finali nella presentazione delle istanze.
La prestazione denominata DIS-COLL si sostituisce a quella prevista dall’art. 2
cc. 51-56 L.92/2012 per gli eventi verificatisi dal 1° gennaio 2015 (salvi i
diritti maturati in relazione ad eventi di disoccupazione verificatisi nell’anno
2013) e fino al 31 dicembre 2015.
Destinatari e decorrenza
La DIS-COLL è una prestazione periodica mensile (e non una tantum,
come prevista nella legge Fornero) rivolta ai collaboratori coordinati e
continuativi, anche a progetto, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata,
non pensionati e privi di partita IVA, che abbiano perduto involontariamente la
propria occupazione, con esclusione degli amministratori e dei sindaci.
La DIS-COLL riguarda gli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal
1° gennaio 2015 e sino al 31 dicembre 2015.
Dunque, mentre la legge Fornero – dopo un periodo sperimentale - aveva
istituzionalizzato la misura a decorrere dal 2013, sia pur nei limiti delle
disponibilità finanziarie, il legislatore del 2015 pone fine a questa esperienza,
limitando la misura al 2015, “in attesa degli interventi di semplificazione,
modifica o superamento delle forme contrattuali previsti all'articolo 1, comma
7, lettera a), della legge n. 183 del 2014”.
In realtà, come sembra emergere dalla bozza di decreto per il riordino delle
forme contrattuali, nel testo presentato nel Consiglio dei Ministri del 20
febbraio, la riconduzione al lavoro subordinato riguarderà solamente le ipotesi
di collaborazione “non genuina”, ossia quelle che si concretino in “prestazioni di
lavoro esclusivamente personali, continuative, di contenuto ripetitivo e le cui
modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con
riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.
Requisiti
Gli aventi diritto alla DIS-COLL devono essere in possesso di alcuni requisiti:
a) al momento della domanda di prestazione, devono essere in stato di
disoccupazione ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto
legislativo n. 181 del 2000, e successive modificazioni;
b) debbono poter far valere almeno tre mesi di contribuzione(si ritiene mesi
accreditati nella Gestione Separata) nel periodo che va dal primo
gennaio dell'anno solare precedente l'evento di cessazione dal
lavoro al predetto evento; es. cessazione al 30 giugno 2015 il periodo di
riferimento è quello che va dal 1/1/2014 al 30/06/2015;
c) debbono poter far valere, nell'anno solare in cui si verifica l'evento di
cessazione dal lavoro, un mese di contribuzione oppure un rapporto
di collaborazione di durata pari almeno ad un mese e che abbia dato
luogo a un reddito almeno pari alla metà dell'importo che dà diritto
all'accredito di un mese di contribuzione. Per l’anno 2015 il minimale di
reddito previsto dall’art. 1, comma 3, della Legge n. 223/1990 è pari a
15.548,00. Pertanto, il compenso minimo mensile deve essere pari ad €
1.295,66 (15.548/12) per fare valere una mensilità di contribuzione (€
398,02, importo pari all’applicazione dell’aliquota del 30,72% sul compenso
minimo mensile di € 1.295,66). Il requisito sarà anche soddisfatto nel caso
in cui il rapporto di collaborazione, di durata pari almeno ad un mese, abbia
dato luogo ad un reddito almeno pari ad € 647,83 (compenso minimo
mensile 1.295,66/2).
Riguardo ai requisiti di accesso, il nuovo istituto oltre ad essere svincolato
dall’elemento reddituale (prima l’indennità non era riconosciuta per redditi
dell’anno precedente superiori a 20.220 euro) non è sottoposto alla
monocommittenza, richiesta nella sostituita indennità in riferimento all’anno
precedente la presentazione della domanda (cfr. art. 2 comma 51 lett. a. L.
92/2012). Altresì non sono più richiesti i due mesi di disoccupazione nell’anno
precedente la presentazione della domanda.
Senza dubbio il nuovo sistema dei requisiti rende meno restrittivo rispetto al
passato l’accesso alla prestazione
Misura
La misura dell’indennità viene determinata sulla base del reddito imponibile ai
fini previdenziali risultante dai versamenti contributivi effettuati in base ai
rapporti di collaborazione, relativo all'anno in cui si è verificato l'evento di
cessazione dal lavoro e all'anno solare precedente, diviso per il numero di mesi
di contribuzione, o frazione di essi.
Su questa base, analogamente a quanto avviene per la NASpI, si individua
l’ammontare dell’indennità, che è pari al 75% dello stesso reddito (nel caso in
cui il reddito mensile sia pari o inferiore nel 2015 all'importo di 1.195 euro,
annualmente rivalutato) ovvero, se il reddito medio mensile sia superiore al
predetto importo, al 75 per cento del predetto importo incrementata di una
somma pari al 25 per cento della differenza tra il reddito medio mensile e il
predetto importo (con un importo massimo mensile di 1.300 euro nel 2015,
annualmente rivalutato).
Come per la NASpI, è prevista una riduzione progressiva mensile del 3% a
decorrere dal quarto mese di fruizione.
Diversamente dalla NASpI, invece, per questa misura di sostegno non è
prevista alcuna contribuzione figurativa.
Le modalità di determinazione dell’importo della prestazione seguono logiche
completamente diverse dalla sostituita “indennità una tantum” di cui all’art. 2
commi 51-56 L. 92/2012.
Infatti il valore dell’ ”indennità una tantum” era dato dal 7% del minimale di
reddito ai fini contributivi previsto per gli artigiani e i commercianti di cui
all’art. 1 comma 3 della legge 233/1990 (per l’anno 2014 pari a 15.516 euro)
moltiplicato per il minor numero da ricercarsi tra le mensilità accreditate e
quelle non coperte da contribuzione dell’anno precedente.
Pertanto, stante l’accredito minimo a regime (dal 1° gennaio 2016) di quattro
mensilità ai fini del diritto di accesso alla prestazione, il valore dell’indennità si
poneva in una relazione tendenzialmente negativa rispetto al reddito percepito
nell’anno precedente.
In buona sostanza la prestazione rispondeva più a logiche assistenziali che
previdenziali.
Il nuovo impianto, invece , conduce la prestazione in commento nella direzione
dell’equità introducendo meccanismi premianti in relazione alle dinamiche
reddituali e contributive.
A titolo esemplificativo, ipotizziamo un collaboratore che nel 2014 (l’anno
precedente) abbia conseguito un compenso imponibile di 5.172 euro e il
conseguente accredito in Gestione Separata di 4 mensilità ovvero l’accredito
minimo a regime (fino al 2015 ne erano richieste 3) , previsto per l’accesso
all’indennità una tantum (per la DIS-COLL ne sono richieste 3).
L’importo dell’ indennità una tantum sarebbe stato di 4.344 euro (
15.516*7%*4) da corrispondersi in quattro rate mensili da 1.000 euro e una
rata di 344 euro.
A parità di condizioni e trascurando la contribuzione accreditata nell’anno in cui
si verifica l’evento, con la DIS-COLL l’importo dell’indennità mensile
assumerebbe il valore dato dalla somma di 896,25 (1.195*75%)+ 24,50 (
(5.172/4 - 1.195)*25%) ossia di 920 euro. L’indennità sarà erogata per due
mensilità con un importo complessivo di 1.840 euro.
Ipotizziamo un secondo caso con compenso imponibile nel 2014 di 14.223 euro
e il conseguente accredito di 11 mensilità.
L’indennità una tantum avrebbe assunto il valore di 1.086 euro.
L’indennità DIS-COLL assumerebbe il valore mensile di 920 euro da
corrispondersi per cinque mensilità con un valore complessivo di 4.517 euro (
al netto delle penalizzazioni).
È evidente che nella precedente impostazione l’elemento premiante ai fini della
misura della prestazione era lo stato di bisogno, l’attuale schema invece, in
completa e apprezzabile controtendenza, operando, seppur entro specifici
limiti, un nesso di corrispettività tra misura complessiva della prestazione e
contribuzione versata, riporta la prestazione di tutela dell’evento
disoccupazione in un ambito più propriamente previdenziale che assistenziale.
Durata
Nella logica del collegamento con la storia contributiva del lavoratore, anche
per la DIS-COLL è prevista una durata pari al numero di mensilità pari alla
metà dei mesi di contribuzione relative al periodo di riferimento ovvero tra
1° gennaio dell'anno solare precedente quello dell'evento di cessazione dal
lavoro e l'evento stesso. Non vengono computati nel calcolo per definire la
durata della prestazione i periodi già considerati per l'erogazione di altre
prestazioni di disoccupazione.
La durata massima dell'indennità è 6 mesi.
Svolgimento di lavoro subordinato, autonomo o di attività d’impresa
Come per la NASpI, viene regolata la compatibilità tra il godimento
dell’indennità in questione e lo svolgimento di lavoro subordinato (con
decadenza o sospensione del trattamento a seconda della durata superiore o
inferiore a 5 giorni) ed autonomo (compatibile a condizione che il nuovo
reddito sia inferiore al limite utile per mantenere lo stato di disoccupazione,
attualmente pari a 4.800 euro netti annui).
Qualora il reddito da lavoro autonomo dichiarato sia inferiore o pari al limite
utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, la prestazione
DIS-COLL sarà ridotta di un importo pari all’80 per cento del reddito previsto,
rapportato al periodo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data in
cui termina il periodo di godimento dell’indennità o, se antecedente, la fine
dell’anno.
La riduzione della prestazione, come sopra determinata, sarà ricalcolata
d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.
Nei casi di esenzione dall'obbligo di presentazione della dichiarazione dei
redditi, il beneficiario è tenuto a presentare all’INPS un'apposita
autodichiarazione concernente il reddito ricavato dall'attività lavorativa
autonoma o di impresa individuale entro il 31 marzo dell’anno successivo.
Nel caso di mancata presentazione dell'autodichiarazione il lavoratore è tenuto
a restituire la DIS-COLL percepita dalla data di inizio dell'attività lavorativa
autonoma o di impresa individuale.
L’art. 70, comma 1 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 - come
modificato dall’art. 8, comma 2-ter del decreto legge 30 dicembre 2013, n. 150
convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15 - ha previsto
che “Per gli anni 2013 e 2014, prestazioni di lavoro accessorio possono essere
..… rese… nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo per anno solare, da
percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito”; la
medesima previsione normativa non è stata, ad oggi, rinnovata per l’anno
2015.
Pertanto, in attesa del completamento della riforma legislativa in materia di
riordino della disciplina delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro, per il
beneficiario della indennità DIS-COLL che svolga anche attività di lavoro
occasionale di tipo accessorio, la prestazione - analogamente a quanto previsto
al precedente paragrafo 2.7.b in caso di svolgimento di lavoro autonomo - sarà
ridotta di un importo pari all’80 per cento del reddito previsto, rapportato al
periodo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data in cui termina il
periodo di godimento dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno.
Il beneficiario della indennità DIS-COLL è tenuto a comunicare all’INPS entro
trenta giorni rispettivamente dall’inizio dell’attività lavorativa occasionale di
tipo accessorio o, se questa era preesistente, dalla data di presentazione della
domanda di DIS-COLL, il reddito derivante dalla predetta attività.
Presentazione della domanda e decorrenza della prestazione
Per ciò che attiene alla procedura, i soggetti richiedenti dovranno presentare,
con modalità telematiche, apposita istanza all’Inps entro 68 giorni, a pena di
decadenza, dalla cessazione del rapporto di lavoro.
L’indennità di disoccupazione DIS-COLL spetta a decorrere dall’ottavo giorno
successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro se la domanda è
presentata entro l’ottavo giorno o, qualora la domanda sia presentata
successivamente a tale data, la prestazione DIS-COLL spetta dal primo giorno
successivo alla data di presentazione della domanda.
Nel caso di evento di maternità o di degenza ospedaliera indennizzabili insorti
durante il rapporto di collaborazione successivamente cessato, il termine di
sessantotto giorni per la presentazione della domanda DIS-COLL decorre dalla
data in cui cessa il periodo di maternità o di degenza ospedaliera indennizzati.
Nel caso di evento di maternità o di degenza ospedaliera indennizzabili insorti
entro sessantotto giorni dalla data di cessazione del rapporto di collaborazione,
il termine di presentazione della domanda rimane sospeso per un periodo pari
alla durata dell’evento di maternità o di degenza ospedaliera indennizzabili e
riprende a decorrere, al termine del predetto evento, per la parte residua.
Nei casi di evento di maternità o di degenza ospedaliera di cui sopra l’indennità
DIS-COLL decorre - se la domanda è stata presentata durante il periodo di
maternità o di degenza ospedaliera indennizzati - dall’ottavo giorno successivo
alla fine del periodo di maternità o di degenza ospedaliera. Qualora la domanda
sia stata presentata successivamente alla fine del periodo di maternità o di
degenza ospedaliera ma comunque nei termini di legge, l’indennità DIS-COLL
decorre dal giorno successivo alla presentazione della domanda.
Gli eventi di malattia insorti durante il rapporto di collaborazione e proseguiti
oltre la cessazione di quest’ultimo nonché quelli insorti dopo la cessazione del
rapporto di collaborazione non determinano né slittamento né sospensione del
termine di presentazione della domanda di indennità DIS-COLL e non incidono
sulla decorrenza della indennità DIS-COLL.
Fino alla data del 11 maggio 2015 entro la quale saranno resi disponibili i
servizi di presentazione telematica, la domanda di DIS–COLL sarà accettata,
sia proveniente da parte del cittadino che da parte degli Enti di Patronato,
anche in forma cartacea mediante l’apposito modulo disponibile nel sito
www.inps.it. all’interno della Sezione “Moduli” e poi sezione “Prestazioni a
sostegno del reddito” o tramite PEC indirizzata alla Struttura INPS territoriale
competente il cui indirizzo è reperibile sul predetto sito INPS alla Sezione “ Le
sedi INPS” – Ricerca Testuale – Nome Sede Inps o Comune di Residenza”.
Fino alla data del 11 maggio 2015 non sarà possibile la presentazione della
domanda attraverso il canale del Contact Center.
Esclusivamente al fine di gestire adeguatamente le cessazioni del rapporto di
collaborazione intercorse tra la data del 1° gennaio 2015 e la data di
pubblicazione della presente circolare, il termine di sessantotto giorni per la
presentazione della domanda di DIS-COLL decorre dalla data di pubblicazione
della presente circolare.
In questi casi la prestazione viene corrisposta dall’ottavo giorno successivo alla
data di cessazione dal lavoro.
I collaboratori rientranti nel campo di applicazione della legge n. 92 del 2012
accedono fino al 31 dicembre 2015 esclusivamente alla indennità DIS-COLL in
presenza di tutti i requisiti richiesti per detta indennità dal d.lgs. n. 22 del
2015.
Pertanto le eventuali domande di detti soggetti - intese ad ottenere l’indennità
Una Tantum CoCoPro 2014 - presentate tra il 1° gennaio 2015 e la data di
pubblicazione della presente circolare per le quali la cessazione del lavoro si sia
verificata nel 2015 saranno gestite come domande di DIS COLL.
La relativa prestazione viene corrisposta dall’ottavo giorno successivo alla data
di cessazione dal lavoro.
Rapporto con la disciplina previgente
Poiché la disciplina introdotta dal decreto legislativo è innovativa rispetto alla
prestazione una tantum prevista dalla legge Fornero, viene esclusa ogni ipotesi
di sovrapposizione delle due misure e vengono comunque espressamente fatti
salvi i diritti maturati (nel vigore della legge n. 92/2012, articolo 2, commi da
51 a 56) in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi nell'anno 2013,
dal momento che la prestazione una tantum della legge Fornero riconosceva il
trattamento per la disoccupazione avvenuta nell'anno precedente.
ASSEGNO DI DISOCCUPAZIONE (ASDI) - Art. 16
La legge delega n. 183/2014 ha previsto l’introduzione (eventuale) di una
prestazione, dopo la fruizione dell'ASpI (più correttamente, della NASpI), in
ipotesi priva di copertura figurativa, limitata ai lavoratori, in disoccupazione
involontaria, che presentino valori ridotti dell'indicatore della situazione
economica equivalente, con previsione di obblighi di partecipazione alle
iniziative di attivazione proposte dai servizi competenti.
Il legislatore delegato ha dunque introdotto, in via sperimentale, questa misura
per il 2015, la cui gestione è posta in capo all’Inps.
L’Assegno di disoccupazione, in vigore sperimentalmente dal 1° maggio e per il
solo anno 2015 salvo eventuali ulteriori rifinanziamenti, è dunque destinato ai
soggetti che abbiano già fruito interamente della NASpI, siano ancora alla
ricerca di occupazione e si trovino in una condizione economica di
bisogno, valutata in termini di ISEE, secondo i parametri che successivamente
saranno individuati da apposito decreto interministeriale.
Ad esempio, un soggetto che abbia un requisito contributivo negli ultimi
quattro anni di 156 settimane può fruire dell’indennità NASpI per un massimo
di 78 settimane ossia per 1 anno e 6 mesi.
Percepita l’indennità NASpI per la durata massima di cui sopra, avrà diritto
all’indennità ASDI qualora sia ancora disoccupato e versi in una situazione
economica di bisogno (da declinarsi con apposito decreto ministeriale).
Durante il primo anno (indicazione che fa presagire una successiva
prosecuzione dell’intervento anche per il 2016), essendo le risorse predefinite
ed essendo quindi impedita l’erogazione qualora il Fondo destinato alla
prestazione si esaurisca, gli interventi saranno prioritariamente riservati ai
lavoratori appartenenti a nuclei familiari con minorenni e ai lavoratori
con età vicina al pensionamento ma senza averne maturato i requisiti.
Dovrà essere meglio definito il concetto di vicinanza alla pensione.
Le regole applicative sono demandate al decreto interministeriale da
emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo
cosi come l’attivazione dell’intera misura di sostegno rimane subordinata
all’emanazione del medesimo decreto.
Destinatari e finanziamento
Si tratta dei lavoratori disoccupati che hanno fruito dell’intera durata della
NASpI entro il 31 dicembre 2015 e che si trovino in condizione economica di
bisogno.
La dote finanziaria limitata (erogata da un apposito Fondo finanziato dallo
Stato in misura pari a 200 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016) e la
natura sperimentale hanno imposto l’indicazione di una priorità di soggetti da
tutelare (lavoratori appartenenti a nuclei familiari con minorenni e, in via
gradata, lavoratori in età prossima al pensionamento).
Requisiti
Oltre ai requisiti che consentono di individuare anche la platea dei destinatari,
le condizioni e le modalità per l’accesso alle prestazioni saranno regolate da un
decreto ministeriale entro 90 giorni dalla entrata in vigore del decreto
legislativo n. 22/2015 (7 giugno 2015).
Misura e durata
La prestazione mensile, di durata massima pari a sei mesi, è pari al 75%
dell’importo dell’ultima indennità di disoccupazione NASpI percepita e non può
superare comunque la misura dell’assegno sociale (448,52 euro per 13
mensilità).
L’ammontare dell’assegno è incrementato per gli eventuali carichi familiari del
lavoratore nella misura e secondo le modalità stabilite con il decreto
interministeriale.
Condizioni
Rilevante è poi l’ulteriore condizione richiesta per conseguire il sostegno
economico ovvero la specifica adesione a un progetto personalizzato,
redatto dai componenti dei servizi per l’impiego, contenente specifici
impegni in termini di ricerca attiva di lavoro, disponibilità a partecipare ad
iniziative di orientamento e formazione ed accettazione di adeguate proposte di
lavoro. La partecipazione alle inziative di attivazione è obbligatoria, pena la
perdita del beneficio.
Decreto Ministero Lavoro
Con il decreto interministeriale da emanare entro 90 giorni dall'entrata in
vigore del presente decreto, sono definiti:
a) la situazione economica di bisogno del nucleo familiare, valutata in
applicazione dell'ISEE, non computando l'ammontare dei trattamenti NASpI
percepiti dal richiedente l'ASDI;
b) l'individuazione di criteri di priorità nell'accesso in caso di risorse
insufficienti ad erogare il beneficio ai lavoratori;
c) le caratteristiche del progetto personalizzato e il sistema degli obblighi
e delle misure conseguenti all'inottemperanza agli impegni in esso previsti;
d) i flussi informativi tra i servizi per l'impiego e l'INPS volti ad
alimentare il sistema informativo dei servizi sociali, per il tramite del
Casellario dell'assistenza;
e) i controlli per evitare la fruizione indebita della prestazione;
f) le modalità di erogazione dell'ASDI attraverso l'utilizzo di uno
strumento di pagamento elettronico.
Finanziamento
Al finanziamento dell'ASDI si provvede mediante le risorse di uno specifico
Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali.
La dotazione del Fondo è pari ad euro 200 milioni nel 2015 e 200 milioni nel
2016.
All'eventuale riconoscimento dell'ASDI negli anni successivi al 2015 si provvede
con le risorse previste da successivi provvedimenti legislativi che stanzino le
occorrenti risorse finanziarie e in particolare con le risorse derivanti dai decreti
legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge n. 183 del 2014.
CONTRATTO DI RICOLLOCAZIONE (Art. 17)
L’articolo 17 del D.Lgs. n. 22/2015 dà attuazione a due specifiche deleghe della
Legge n. 183/2014:
(art. 1, comma 2, lett. c) attivazione del soggetto beneficiario degli
ammortizzatori sociali ………..(omissis)… con meccanismi e interventi che
incentivino la ricerca attiva di una nuova occupazione;
(art. 1, comma 4, lett. p) introduzione di principi di politica attiva del lavoro
che prevedano la promozione di un collegamento tra misure di sostegno al
reddito della persona inoccupata o disoccupata e misure volte al suo
inserimento nel tessuto produttivo.
Pare evidente il disegno del Governo di “compensare” l’introduzione delle
“Tutele crescenti” con differenti ammortizzatori sociali per i lavoratori ma
soprattutto con lo strumento del contratto di ricollocazione che dovrebbe
facilitare il reimpiego del lavoratore disoccupato.
La delega prevede la conclusione di accordi per la ricollocazione, che vedano
come parte le agenzie per il lavoro o altri operatori accreditati, con obbligo di
presa in carico del lavoratore e la previsione di adeguati strumenti e forme di
remunerazione, proporzionate alla difficoltà di collocamento, a fronte
dell'effettivo inserimento almeno per un congruo periodo.
Destinatari
Sono tutti i lavoratori disoccupati, ossia i soggetti privi di lavoro, che siano
immediatamente disponibili allo svolgimento ed alla ricerca di una attività
lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti.
Oggetto
Il contratto - stipulato tra il disoccupato ed i servizi pubblici e privati accreditati
– ha ad oggetto una servizio di assistenza intensiva nella ricerca del lavoro
(secondo i contenuti indicati nel comma 4 del medesimo articolo 17), a fronte
della quale il lavoratore si impegna ad effettuare la procedura di definizione del
“percorso personale di occupabilità” (per la definizione del quale la norma
rinvia ad un ulteriore decreto attuativo, da emanarsi sempre a norma dell’art.
1, comma 4, lett. p), di cui lo stesso D.lgs 22/2015 costituisce parziale
attuazione).
Una volta definito il profilo personale di occupabilità, al lavoratore viene
riconosciuto un voucher o “dote individuale di ricollocazione”, di importo
proporzionato al profilo di occupabilità.
Questa dote viene “spesa” presso i soggetti “accreditati” (pubblici e privati) e
comporterà la sottoscrizione (tra lavoratore e agenzia) del contratto di
ricollocazione.
A seguito di tale sottoscrizione il lavoratore avrà diritto a un’assistenza
specifica nella ricerca di nuova occupazione e alla realizzazione – sempre da
parte dell’Agenzia – di iniziative di addestramento e formazione.
Il contratto di ricollocazione prevede infatti:
a) il diritto del soggetto a una assistenza appropriata nella ricerca della nuova
occupazione, programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche
del settore, da parte del soggetto accreditato;
b) il dovere del soggetto di rendersi parte attiva rispetto alle iniziative proposte
dal soggetto accreditato;
c) il diritto-dovere del soggetto a partecipare alle iniziative di ricerca,
addestramento e riqualificazione professionale mirate a sbocchi occupazionali
coerenti con il fabbisogno espresso dal mercato del lavoro, organizzate e
predisposte dal soggetto accreditato.
L’Agenzia avrà diritto a riscuotere il voucher solo a seguito del raggiungimento
del risultato.
Finanziamento
La dote viene finanziata per il solo anno 2015 con una somma (32 mln di €)
derivante dal contributo del 41% del massimale mensile di ASpI per ogni dodici
mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, dovuto dai datori di lavoro nei
casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le
causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto
all'ASpI (art. 2, comma 31, L. n. 92/2012).
Poiché le risorse riguardano, come detto, il solo anno 2015, l’eventuale
rifinanziamento per gli anni successivi potrà essere garantito attraverso
l’attuazione della legge delega n. 183/2014.
Nulla è detto della misura della dote. Si ritiene che la definizione sia rimessa al
decreto legislativo attuativo del medesimo art. 1, comma 4 che dovrà definire
anche il profilo personale di occupabilità.
Decadenza
Analogamente a quanto previsto in via generale per gli ammortizzatori sociali
in ordine al principio di condizionalità, anche in questo caso il lavoratore perde
il diritto alla dote se non partecipa alle iniziative proposte o predisposte dal
soggetto accreditato, se rifiuta senza giustificato motivo una congrua offerta di
lavoro ovvero se perde lo stato di disoccupazione.
Attuazione e finanziamento regionale
La norma (art. 17, comma 1) prevede la “possibilità” che le Regioni diano
attuazione e finanzino il contratto di ricollocazione, nel rispetto dei principi
introdotti dal decreto legislativo in commento.
La previsione sembra estendere (soprattutto, nel tempo) la possibilità per le
Regioni di regolare e finanziare il contratto, dal momento che la norma di legge
limita il finanziamento del Fondo al solo anno 2015.
Disciplina transitoria
Il D. Lgs. n. 22/2015, entrato in vigore il 7 marzo 2015 (giorno successivo alla
pubblicazione nella Gazzetta ufficiale n. 54 del 6 marzo 2015), non reca una
disciplina transitoria espressa.
L’art. 1 prevede che la NASpI sostituisce le prestazioni di ASpI e mini-ASpI
introdotte dall'articolo 2 della legge n. 92 del 2012, con riferimento agli eventi
di disoccupazione verificatisi dal 1° maggio 2015.
Deve, quindi, ritenersi che gli eventi di disoccupazione verificatisi fino al 30
aprile 2015 seguano la disciplina dell’ASPI.
Non si chiarisce se i periodi di contribuzione nel quadriennio precedente e di
effettivo lavoro nell’anno precedente la disoccupazione siano validi per la
NASpI anche se hanno costituito in qualche modo presupposto per la fruizione
dell’ASPI/Miniaspi.
Anche per l’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di
collaborazione coordinata e continuativa, l’art. 15 fa riferimento agli eventi di
disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2015 e sino al 31
dicembre 2015.
Per l’assegno di disoccupazione, la norma, all’art. 16, fa riferimento al
presupposto che un lavoratore abbia fruito interamente della NASpI entro il 31
dicembre 2015 e si trovi in situazione di particolare bisogno. Questi, a
decorrere dal 1° maggio 2015 e fino al 31 dicembre dello stesso anno, potrà
fruire, ricorrendone le altre condizioni, dell'Assegno di disoccupazione (ASDI).
La norma non chiarisce se la previsione riguardi anche i fruitori
dell’ASPI/Miniaspi che terminino la possibilità di ricorso a quella prestazione
entro il 2015 e si trovino nelle stesse condizioni di bisogno.