Cassazione civile, SEZIONI UNITE, 22 ottobre 2002, n

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Cassazione civile, SEZIONI UNITE, 22 ottobre 2002, n
Cassazione civile, SEZIONI UNITE, 22 ottobre 2002, n. 14897
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Nicola
MARVULLI
Dott. Alfio
- Primo Presidente -
FINOCCHIARO - Presidente di sezione -
Dott. Angelo
GRIECO
Dott. Erminio
- Presidente di sezione -
RAVAGNANI
Dott. Alessandro
- Consigliere -
CRISCUOLO
- Consigliere -
Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI
- Consigliere -
Dott. Roberto Michele TRIOLA
- Consigliere -
Dott. Giulio
GRAZIADEI
Dott. Federico
- Consigliere -
ROSELLI
- Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MARTINI
CESARETTI
GIOVAN
BATTISTA,
FORTUNA
STEFANO,
SANNINO
ANTONIO,
NATALE, ANDI ELIO, CABUA LUACIANO, ANDI CLAUDIO, PETTINATO ANGELO,
FLORE GIOVANNI,
CAPONERA
FLORE
FRANCESCO,
DAMIANI
PIETRO
PAOLO,
ANELITO, DI BENEDETTO ANGIOLINO, MICOZZI ANTONIO, FARINA SECONDO,
CONSALVI MARCELLO, RICCIOTTI FAUSTO, TORNATI MAURIZIO, CALEDDA
PIERO,
FARINA GAETANO, DI NUZZO ANDREA, MARTINI GIUSEPPE,
SILVANO,
MOSETTI BENEDETTO, PASCUCCI AUGUSTO, ORATI
CAMILLO,
GATTUSO
ANTONIO,
RICCI
CENTONI M GRAZIA, ZUCCONELLI DANILO, RICCI SANDRO, MARCELLINI
PIETRO,
CARNEVALE BENEDETTO, D'URBANO GIUSEPPE,
FLUMIAN
SANTE,
STACCIOLI
ALIBERTI
RENZO,
TOMEI
RAFFAELE,
FASCIANO
MAFFUCCIO
GIUSEPPE,
RONALDO,
ANGELO, DI MATTIA BERNARDINO, PROIETTI GIANLUIGI, CERASI MICHELE,
SPAZIANELLI
CECCHINELLI
CARLO,
RODOENDRI
RENATO,
PROIETTI
FRANCESCO,
GIOACCHINO, MURA AGOSTINO, MATARAZZO LUCIA, DEL VERO
FORNELLI
ELIO,
NICOLA, LUPI ROMANO, MANCINI ROBERTO, VOLPE OLINDO, CITTI SERGIO,
CAMILLONI FRANCESCO, TOTI FERDINANDO, FIORI UMBERTO, GABBANI
GIULIANO, LIBERATI DOMENICO, FLAVIONI PIERO, COSENTINO MARIO, DE
PAOLIS GIOVANNI, D'INNOCENTI EGIDIO, D'INNOCENTI GIUSEPPE, ANTONINI
OTTAVIANO, BRAIDO AUGUSTO, TALOCCI MARIO, D'INNOCENTI MARIANO,
D'INNOCENTI PAOLO, TRANSOCCHI ELIO, ACQUAVIVA MICHELE, LEONELLO
ROBERTO, TIRELLI TULLIO, IANNIELLO ANTIMO, DI SEBASTIANI ARNALDO,
BEVILACQUA FRANCESCO, VINCIARELLI SILVANO, PALUDO GIANCARLO,
VINCIARELLI RINO, PAIELLA BERNARDINO, PIERAGOSTINI GIULIO, FIORAVANTI
ANTONIO, COSTANZI FRANCESCO, SCIPIONI ROMANO, PASQUINI ROLANDO,
ERME
CLAUDIO, CORVARO GABRIELE, BRUNO PIETRO, GIRALICO GABRIELE,
MERCANTINI SISTO, BOZZETTI GABRIELE, CACCIAGLIA LUIGI, PAYTA CARLO,
STABILE LEOPOLDO, LUCIDI ALBERTO, SALVATI ALDO, BIANCHINI MARIO,
NATALONI
AUGUSTO,
BERTOLLI
CANCELLIERI
SERGIO,
BRUNO,
BOZZETTI
MAURIZIO,
COZZATELLA
CORSETTI
DOMENICO,
MARINA, TROTTI BRUNO, DI SARRO ENZO ANTONIO,
MONALDI
DANILO,
PINARDI
BERTOLI
MAURO,
PORZI
ANGELO,
FRANCO, GRIMALDI STEFANO, DI LORENZO SEBASTIANO, BONANNI SAURO,
MASCI
LUIGI, L'ABBATE SEBASTIANO, PIRAMIDI FRANCO, SANTACROCE GIUSEPPE,
MARABITTI STEFANO, MARABITTI SERAFINO, LERI BENEDETTO, MARTINI
ORFEO,
CERRONI ALEANDRO, FANTAUZZI MARIANO, PERRONE PANTALEO,
ROCCI
LUIGI,
MARTINI MARIO, SCIPIONI DINO, GABRIELLI GIACOMO, CAMPELLI RENATO,
RAPPOCCIO
BORGOGNONI
FILIPPO,
DI
MICHELE
SANDRO,
SCORTICHINI
PIERINO,
CLAUDIO, CAMPORA ARDUINO, MINATI GIUSEPPE, BADEI RICCARDO, CAPRA
REMO, PELOSO SAVINO, GENTILE FRANCO, BELLINI RODOLFO, STRUGLIA
ADRIANO, GEMMITI FELICE, CALEDDA ROBERTO, DI VONA ALFREDO,
SEBASTIANELLI PIETRO, CALLEDDA MARIO, PROSPERI ACHILLE, GHIBELLI
IGINO, VASCIAVEO GIOVANNI, CURCIO ALESSANDRO, PROSPERI ANGELO,
BRASIELLO LUIGI, INGIOSI EMILIO, CESARINI ANTONIO, COCCIA CARLO, DEZI
STEFANO, DE ROSSI LUCIANO, CONTARINI SALVATORE, LO RUSSO LUIGI,
GRILLO MAURO, CECCHINI ORLANDO, SCIONI ANTONIO, TASCIONI MASSIMO,
DI
MATTIA ALFREDO, DI MEO MARIANO BENEDETTO, LA PREZIOSA MICHELE,
CIPRIANI TOMMASO, FRASCA GIANCARLO, PETRUZZI LUCIANO, PERSICO
GABRIELE, PIACENTINI GIANCARLO, BERTI LANFRANCO, DI BIAGI NAZZARENO,
DI FILIPPO
AGOSTINO,
FRANCO
FRANCESCO,
DE
LEONARDIS
GIULIANO,
TRULLI
BAROLI PIETRO ANTONIO, PANICCIA FEDERICO, DI CICCO BENEDETTO,
COBIANI
MARCELLO, MASTROBATTISTA GAETANO,
RUSCETTA
ANTONIO,
ZOPPINI
ALDO,
BILLI BENEDETTO, DI CICCO FAUSTO, DE FILIPPIS EMILIO, RINALDI
ANTONIO, IACOVELLI BRUNO, D'AMICO ENNIO, DI CRESCENZO ALBERTO,
IACOVELLI
FRANCO,
GIUSEPPE,
SEMENTILLI
ANTONIO,
BONANNI
CARLO,
CUGINI
TRUDU ENEA, PAGLIAROLI SERGIO, PAGLIAROLI MAURIZIO, CAPOCCETTA
DESSINO, DI TRAPANO UMBERTO, BERTI FRANCESCO, PEPE VINCENZO,
BRANCATO
CARLO, POTENZA PIETRO, ZAPPATERRENO DAVIDE,
TAGLIONI
LAMA
CLAUDIO,
VITTORIO,
MIZZONI
GRILLI
MARIANO,
TROIANI
FIORELLO,
BARTOLOMEI
MAURO,
VINCENZO, GABBANI CARLO, FABBRI SANTE, IZZO LUIGI, PAOLUCCI STEFANO,
SPADARO FIORAVANTE, DI
BIANCHI
DOMENICO
NICOLA,
SGREGGIA
ANGELO,
SERGIO, SENZACQUA ROBERTO, LELLI SERGIO, TABOLACCI MAURO, ZIACO
GIOVANNI, PRINCIPI AURELIO, LELLI GIOVANNI, PASCUCCI NICOLA,
VOLUTELLI ROBERTO, MASTROGREGORI
FUNGHI
RAIMONDO,
MARIANI
PIETRO,
BIAGIO, LEONARDI FRANCESCO GIUSEPPE, PROIETTI LEPRE ENZO, RATTANZI
FELICE, MACCHIONI LUCIANO, BERNARDINI MARIO, MORETTI
VINCENZO,
CECI
OSVALDO, MACCARINO FABRIZIO, BOTARELLI GIOVANNINO, CAVALLORO
STEFANO,
MOSTARDA
MENGONI
CARLO,
DOMENICO,
SALVATORE,
CECCHINI
BACIARELLO
GIANCARLO,
SALVATORE,
RENAIOLI
PETROCCHI
AMOS,
BRUNO,
SPARGOLI
MELLINI AMEDEO, SPARGOLI RUGGERO, SCUDERONI GIOVANNI, DI CEGLIE
NICOLA, NUNZI ORAZIO, LUPOLI MARIO, CASTAGLIA VITTORIO, DE RINALDIS
ROCCO, NAPOLEONI MAURO, TOMASSI ASCIENZO, CUZZI
SANTIS
CARMINE,
DE
ANTONIO, MORETTI OTELLO, DI GIALLEONARDO GIUSEPPE, CONSORTE
GABRIELE,
MANCINI
PASQUALE,
DANILO,
PATACCHIA
STEFANO,
PAPINI
UMBERTO,
SCOCCO
MORELLI ANTONIO, CECCARELLI GIUSEPPE, FANELLI SALVATORE, SILVI
ENRICO, PAOLUCCI ANTONIO, DE FELICE TOMMASO, CANTONI ROBERTO,
PELLEGRINO PIERO, POLINARI MASSIMO, DELL'ORSO GIACOMO, TINERI
MAURO,
TINERI AGOSTINO, NATALINI PAOLO, OBERTINI ENRICO, DI PROSPERI PAOLO,
LUDVIK
SELVAGGINI
IORGE
VINCENZO,
CALABRESI
EDUARDO,
CAPRIO
VENTURA
GARINO,
SERGIO,
CIFOLETTI
CECCHINI
MAURO,
BRUNO, MIMMOCCHI RONALDO, MENCARELLI LEDA,
MAURIZIO,
BOCCACCI
DI
SERGIO,
FABIO
RENZO,
BASILI
ALBERICO, MINAR LUMIR, PAOLUCCI GIUSEPPE, MOSTARDA FRANCESCO,
PECCARINI SILVANO, FERRARA GIUSEPPE E PER ESSO ER GROSSI, GROSSI
LISAURA, FERRARA MASSIMILIANO, FERRARA SERENA, GROSSI PIERINO,
MORETTI FRANCESCO, FRANCESCHINI CRISTIANO, BUCCI GIUSEPPE, BLASI
FRANCO E PER ESSO ER COMAZZETTO, COMAZZETTO ASSUNTA,
ALESSIO,
BLASI
BLASI ANGELO, PIERLUIGI FELICE, COLAPIETRO GIUSEPPE, CINAFERRI
LIONELLO, RANIERI ROBERO, PASSARINI FELICETTO, INCHES FRANCESCO,
MIRUZZI
ANTONIO,
CARLINO,
IACOBONI
ROBERTO,
INCHES
MASSIMO,
CAGNIZZI
MARIOTTI ROLANDO, MORETTI ALFONSO, FASANI ARMANDO, GUGLIELMI
ROBERTO,
MAMMETTI MARIO, FARESE MAURO, ANGELONI PAOLO, ROSSI MARIANO,
SIMBOLI
ROBERTO,
MARCELLO,
SIMOTTI
FRATTALI
MOSTARDA
ANTONIO,
AGOSTINO,
PASSACANTANDO
SAMPERNA
ROBERTO,
FELICE,
FERRETTI
BIANCHI
GIUSEPPE,
ARMANDO, FLAMINI MAURIZIO, SABETTA FILIPPO, VILLANI FERDINANDO,
BARBARINI MAURIZIO, ACCARINO GIANNI, BARBAGALLO CLAUDIO VITO,
FLAMINI
MARISA, CECCARINI ENZO, BRUNETTI ENRICO, PICARIEILO ANTONIO,
CHIZZONITI ALDO VALENTINO, GEMELLI GIUSEPPE, CALAMITA DANIELE,
FORTUNELLI GIANCARLO, BORDONI FRANCO, ZACCURI GIOVANNI, CHIFFI
ANTONELLO, GRIO PIERFRANCESCO, MARCOZZI ARMANDO, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DEI MILLE 41-A, presso lo studio
dell'avvocato SCAPPATICCI ENNIO, che li rappresenta e difende, giusta
delega in calce al ricorso. Per NARDINI MAURIZIO, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA FULCIERI PAOLUCCI DÈ CALBOLI 9, presso lo
studio dell'avvocato Piero SANDULLI, che lo rappresenta e difende,
giusta procura speciale del Notaio dott. Carlo Lollio, depositata in
data 7-06-2002, in atti;
- ricorrenti contro
TELECOM ITALIA S P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CHELINI 5 presso lo
studio dell'avvocato NUCCI FRANCESCO, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, BOURSIER NIUTTA
CARLO, per procura speciale atti Notar MISURALE rep. 132832;
controricorrente avverso la sentenza n. 10374-97 del Tribunale di ROMA, depositata il
27-05-97;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07-06-02 dal Consigliere Dott. Federico ROSELLI;
uditi gli avvocati Piero SANDULLI, Ennio SCAPPATICCI, Carlo BOURSIER
NIUTTA;
udito il P. M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Raffaele PALMIERI che ha concluso per il esclusione della necessità
dell'integrazione del contraddittorio del preteso terzo interposto, e
per la rimessione degli atti alla Sezione Lavoro.
Inizio documento
Fatto
Con ricorso del 1 dicembre 1992 al Pretore di Roma Giovan Battista Martini ed altri
colleghi esponevano di aver lavorato formalmente alle dipendenze di diverse imprese
societarie e fin dal 1 maggio 1990 della s.p.a. Comitel, ma di avere sempre prestato
effettivamente attività lavorativa nell'interesse ed alle dipendenze esclusive della s.p.a. Sip,
poi trasformatasi in s.p.a. Telecom Italia. Essi chiedevano perciò l'accertamento della
fattispecie di intermediazione di manodopera, vietata dall'art. 1 l. 23 ottobre 1960 n. 1369,
e della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la Telecom.
Costituitasi la convenuta, il Pretore rigettava la domanda con decisione del 28
ottobre 1993, confermata con sentenza del 27 maggio 1997 dal Tribunale.
Contro questa ricorrevano per cassazione il Martini e gli altri qui indicati in epigrafe
e la s.p.a. Telecom Italia resisteva con controricorso.
Tutte le parti depositavano memoria.
Con ordinanza del 24 ottobre 2000 la Sezione lavoro di questa Corte rilevava
d'ufficio un contrasto di giurisprudenza in ordine alla questione della sussistenza di un
litisconsorzio necessario (art. 102 cod. proc. civ.) tra asseriti interponente e interposto nel
rapporto di lavoro, nei sensi dell'art. 1 l. n. 1369 del 1960. La Sezione rimetteva perciò gli
atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni unite ai sensi dell'art. 374
cod. proc. civ. Il Primo Presidente decideva in conformità.
Nuove memorie di ricorrenti e resistente.
Inizio documento
Diritto
1.- La sola questione su cui queste Sezioni Unite si pronunciano ex art. 142 disp.
att. cod. proc. civ. è se, in un processo di accertamento della fattispecie di intermediazione
di manodopera, vietata dall'art. 1 l. 23 ottobre 1960 n. 1369, sussista il litisconsorzio
necessario ex art. 102 cod. proc. civ. fra appaltante (ossia interponente) di manodopera e
appaltatore (ossia interposto o intermediario).
2. Va innanzi tutto precisato che l'art. 1 della L. n. 1369 del 1960 vieta
all'imprenditore di affidare in appalto o in subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a
società cooperative, l'esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante impiego di
manodopera assunta e retribuita dall'appaltatore o dall'intermediario, qualunque sia la
natura dell'opera o del servizio cui le prestazioni si riferiscono e che è considerato appalto
di mere prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o subappalto, anche per l'esecuzione di
opere o di servizi, ove l'appaltatore impieghi capitali, macchine ed attrezzature fornite
dall'appaltante, quand'anche per il loro uso venga corrisposto un compenso all'appaltante,
con la conseguenza che i prestatori di lavoro, occupati in violazione di tali divieti, sono
considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell'imprenditore il quale effettivamente abbia
utilizzato le loro prestazioni.
Con la sentenza 21 marzo 1997 n. 2517 queste Sezioni Unite hanno osservato come
attraverso queste disposizioni il legislatore abbia inteso contrastare il fenomeno in cui
un'impresa, comunemente detta interponente o appaltante, si giovi di una persona fisica o
giuridica, la quale conserva lavoratori apparentemente alle proprie dipendenze, per poi
destinarli in realtà ad esplicare le proprie mansioni nell'azienda gestita dall'impresa
principale sotto la direzione tecnica e disciplinare di quest'ultima. Trattasi di un sistema
che pone in pericolo i diritti dei lavoratori, com'è detto espressamente negli atti
parlamentari che precedettero la legge n.
1360 (Relaz. alla proposta di legge n. 130, presentata alla Camera dei deputati il 22
luglio 1958, III legislatura Relaz. delle Commissioni permanenti giustizia e lavoro sulle
proposte di legge del 22 luglio 1958, n. 130 A e 134 A, Atti Camera, III legislatura, pag.
3).
La sentenza su indicata aggiunge altresì che l'effetto dell'interposizione vietata,
previsto nel quinto comma dell'art. 1 cit., può verificarsi altresì quando il rapporto di
lavoro, con l'appaltante o anche con l'appaltatore, sia stato già costituito ed anche quando
non sia ravvisabile un accordo fraudolento o simulatorio tra interponente e interposto: è
pertanto sufficiente che, malgrado l'apparente titolarità del rapporto in capo all'interposto,
rischio economico, organizzazione produttive e interesse soddisfatto dalle prestazioni
lavorative appartengano in realtà all'interponente (Sez.
Lav. 16 settembre 2000 n. 12249, 19 aprile 2001 n. 5737).
Le Sezioni unite hanno infine escluso la coesistenza di due rapporti di lavoro, del
prestatore d'opera con l'appaltatore e con l'appaltante (diverso è il caso in cui nello stesso
periodo il lavoratore sia il titolare di rapporti diversi, da attuare in ore diverse o comunque
con modalità che li rendono conciliabili), salve restando le eventuali e residue
responsabilità dell'interposto, che abbia costituito una situazione di apparenza
(responsabilità soprattutto nei confronti dei terzi) o che comunque versi in re illicita o,
ancora, che abbia esercitata il potere direttivo di cui all'art. 2094 cod. civ. agendo quale
lavoratore dipendente dall'interponente.
3. Tutto ciò premesso, è da osservare, sulla questione del litisconsorzio necessario
nel processo di accertamento dell'interposizione vietata e di condanna del vero datore di
lavoro a soddisfare i crediti del lavoratore, che fin dall'entrata in vigore della legge n. 1360
questa Corte si è espressa in senso negativo, osservando come l'accertamento del rapporto
di lavoro effettivo con l'interponente e della mera apparenza del rapporto con l'interposto
non imponga l'integrazione del contraddittorio nei confronti di quest'ultimo, non ricorrendo
un'ipotesi di litisconsorzio necessario, atteso che il secondo accertamento, salvo che sia
richiesto con efficacia di giudicato, può compiersi e produrre i suoi effetti riflessi tra le parti
del processo senza chiamare in giudizio il terzo, al quale non deriva alcun pregiudizio da
una decisione idonea a costituire giudicato nei suoi confronti (Cass. 6 giugno 1989 n.
2740, 23 novembre 1994 n. 9928, 23 giugno 1998 n. 6214, 23 dicembre 1999 n.
14510, 16 febbraio 2000 n. 1733).
In senso conforme, con la sentenza 27 novembre 1987 n. 8808 queste Sezioni unite
precisarono che, se il dipendente dell'appaltatore (o dell'interposto) proponga azione nei
confronti del committente (o dell'interponente) per far dichiarare l'avvenuta costituzione ex
lege del rapporto di lavoro rispetto a quest'ultimo, il lavoratore non ha l'onere di far
dichiarare, con efficacia di giudicato, la nullità del rapporto di appalto (o di
intermediazione), cui egli è estraneo, ma deve solo dimostrare che le sue prestazioni sono
state utilizzate dall'imprenditore committente con le modalità vietate dalla legge;
in tal caso, la domanda proposta dal dipendente può anche avere un'efficacia
riflessa sul rapporto di lavoro costituito con l'interposto, ma ciò può giustificare un
intervento di quest'ultimo ad adiuvandum, non già una necessaria partecipazione al
giudizio.
Diverso, e perciò ininfluente sull'attuale questione, è il caso deciso da Cass. 23
febbraio 1979 n. 1182, nel quale era lo (pseudo) datore di lavoro interposto ad agire, allo
scopo di negare ogni suo obbligo verso il lavoratore, attraverso la prova della nullità del
contratto d'appalto stipulato con l'interponente. In tal caso la nullità del rapporto datore
interposto - prestatore d'opere costituiva oggetto principale, e non incidentale, del giudizio.
4. Più di recente, con la sentenza 13 novembre 1997 n. 11241 la Sezione lavoro ha
manifestato un diverso avviso, ritenendo che, ove il lavoratore convenga in giudizio
l'appaltante affinché sia dichiarato che nei suoi confronti è in realtà intercorso il rapporto
di lavoro, sussiste il litisconsorzio necessario nei confronti dell'appaltatore, trattandosi di
situazione giuridica unitaria.
Nello stesso senso si è poi pronunciata la stessa Sezione con le sentenze 5 maggio
1999 n. 4511 e 12 giugno 2000 n. 8013.
Tutte queste pronunce sono state motivate ritenendosi che l'art. 1 l. n. 1360
disciplini "una situazione giuridica complessa, di cui sono parte necessarie l'imprenditore,
datore di lavoro effettivo, quello interposto e il lavoratore, situazione nell'ambito della quale
non è dato postulare la sussistenza del rapporto che si asserisce effettivo se non previo
accertamento della illegittimità e quindi della mera apparenza dell'altro rapporto".
Nella sent. n. 11241 del 1997 si aggiunge poi che l'interposto "resta pur sempre
formalmente il titolare del rapporto di lavoro, responsabile dei correlativi adempimenti".
Si osserva infine che "solo ammettendo il litisconsorzio necessario si evita che
all'esito del giudizio possa venire paradossalmente a risultare non essere la lavoratrice alle
effettive dipendenze nè dell'uno nè dell'altro imprenditore".
Benché queste affermazioni abbiano portata generale, ossia riferibile alla necessità
del litisconsorzio sostanziale, la sent.
n. 11241 del 1997 avverte che nel caso di specie si configurava un litisconsorzio
meramente processuale giacché l'interposto era stato chiamato iussu iudicis nel giudizio di
primo grado, "il che determinava l'esigenza di tenere integro il contraddittorio nel
successivo grado di giudizio".
Anche nelle sentenze 21 giugno 1999 n. 6277 e Sez. un 14 luglio 2000 n. 497 si
afferma la necessità di litisconsorzio, ma solo di natura processuale, ossia rilevabile non
nel momento dell'instaurazione bensì nelle successive fasi di svolgimento del processo.
5. Queste Sezioni unite ritengono di dover confermare il meno recente orientamento
della Corte, che è anche quello a cui si sono attenute le pronunce più numerose, e cioè
all'orientamento che esclude il litisconsorzio necessario.
L'art. 102 del codice di procedura civile, che impone il litisconsorzio "se la decisione
non può pronunciarsi che in confronto di più parti", venne introdotto nell'ordinamento
processuale del 1940 sulla base di una dottrina di ispirazione pubblicistica, ossia non
aliena dal porre limiti al potere dispositivo delle parti: esse sono pienamente libere di
esercitare le loro situazioni soggettive sostanziali e di disporne, ma, nel momento in cui si
rivolgono al magistrato, questi controlla lo svolgimento del processo e non può pronunciare
sentenze inutili, cioè non eseguibili oppure destinate ad essere caducate pur dopo essere
passate in giudicato. Gli effetti della sentenza non sono quelli che l'attore si propone, ma
anche quelli richiesti dalla situazione oggettiva onde realizzare la volontà concreta della
legge. Il litisconsorzio necessario si pone così come eccezione alla regola che riserva alle
parti di valutare l'utilità della sentenza e quindi anche la sua estensione soggettiva.
La decisione pronunciata a contraddittorio non integro è perciò inutile (inutiliter
data) in quanto non idonea a fissare la volontà della legge rispetto all'intera situazione
sostanziale dedotta in giudizio.
Nè occorre in questa sede stabilire se l'inutilità si traduca nell'inesistenza del
provvedimento oppure nella sua inopponibilità al litisconsorte pretermesso, legittimato alla
opposizione di terzo ex art. 404 cod. proc. civ..
6. La riportata formula dell'art. 102 non chiarisce però quando la sentenza debba
essere pronunciata nei confronti di più parti e lascia perciò aperto un problema
interpretativo da risolvere avendo riguardo al rapporto sostanziale affermato o negato dalle
parti.
La più accettata sistemazione dottrinale, costruita sulla base della casistica,
distingue i casi di legittimazione (straordinaria) ad esercitare un diritto altrui, nei quali
sono litisconsorti necessari sostituto e sostituito (ad es. art. 2900, secondo comma, cod.
civ.), dai casi in cui è il legislatore che, senza cogente necessità logica ma solo per
opportunità, prevede il litisconsorzio necessario (ad es. art. 784 cod. proc. civ., quanto ai
creditori opponenti), dai casi, infine, di litisconsorzio determinato dall'essere stato dedotto
in giudizio un rapporto giuridico sostanziale con più parti.
Tralasciando le prime due ipotesi, estranee all'attuale tema di decisione, debbono
essere qui considerati i rapporti che si presentano come unici ma con pluralità di soggetti,
o come situazioni soggettive con più contitolari, nella loro astratta configurabilità ossia
secondo la loro struttura quale risulta dalla normativa sostanziale; in questi casi la
necessaria partecipazione al processo di tutti i contitolari costituisce applicazione del
criterio della legittimazione ad causam canonizzato nell'art. 101 cod. proc.
civ.. Si suole portare l'esempio della divisione giudiziale, in cui sono litisconsorti
necessari tutti i comproprietari, o del giudizio avente ad oggetto la servitù su un fondo
comune, o l'usucapione del fondo comune (Cass. 28 novembre 1994 n. 10148), o la
demolizione della costruzione comune (Cass. 11 febbraio 1999 n. 1158), o ancora, nel
diritto delle obbligazioni, dei rapporti bilaterali connessi in modo particolarmente intenso,
come nell'azione di simulazione ex art.
1415, secondo comma, cod. civ. in cui sono litisconsorti i contraenti del negozio
simulato e il terzo (vedi infra, par. 8), o nella risoluzione di una vendita, quando più siano i
compratori o i venditori.
Una parte della dottrina osserva altresì come la necessità del litisconsorzio derivi
certamente dalla necessità che destinatari della sentenza siano non solo i soggetti
designati dall'attore ma tutte le parti del rapporto sostanziale, garantiti dall'art. 24 Cost.
del diritto di far valere le loro ragioni in giudizio, ma altresì dall'esigenza di fornire
alle medesime non un qualsivoglia provvedimento di merito, ma una sentenza idonea a
regolare compiutamente il rapporto controverso con la conseguenza che la necessità del
litisconsorzio va affermata sulla base del petitum invece che della causa petendi.
7. Così delineata, per quanto interessa, la nozione di litisconsorzio necessario, non
sembra alle Sezioni unite che nella fattispecie di interposizione di manodopera, vietata
dall'art. 1 l.
n. 1369 del 1960, sia ravvisabile quell'unica "situazione giuridica complessa", di cui
parla la citata sentenza n. 11241 del 1997.
La struttura del rapporto di lavoro subordinato, quale risulta dalla normativa
sostanziale (art. 2094 cod. civ.), è bilaterale e non plurilaterale (nè rileva ora l'inserzione
del lavoratore nella comunità di persone organizzata in quanto operante nell'impresa). Il
lavoratore che, agendo in giudizio, afferma l'esistenza di un rapporto con un certo datore di
lavoro e ne nega uno diverso con altra persona, non deduce in giudizio alcun rapporto
plurisoggettivo nè alcuna situazione di contitolarità (vedi Cass. Sez. un. n. 2517 del 1997,
cit. sub par. 2) ma tende ad un'utilità (il petitum) ottenibile rivolgendosi ad una sola
persona, ossia al datore vero.
L'accertamento negativo del rapporto fittizio, con il datore di lavoro interposto rapporto che per lo piè è frutto di accorso simulatorio fra interponente e interposto, ma
non necessariamente:
Cass. n. 2517 del 1997 - costituisce oggetto di questione pregiudiziale, conosciuta
dal giudice in via soltanto incidentale, ovvero senza vincolare il terzo attraverso la cosa
giudicata, ovvero, ancora, senza alcuna lesione del suo diritto di difesa.
8. Diverso, come s'è detto, è il caso deciso da Cass. n. 1182 del 1979, cit. sub. par.
3, nel quale il datore di lavoro interposto agiva per la dichiarazione di nullità del detto
accordo simulatorio e perciò coinvolgeva necessariamente i tre soggetti interessati.
In tema di simulazione soggettiva, questa Corte è solita ritenere il litisconsorzio
necessario tra tutte le parti del negozio simulato quando l'azione giudiziale sia
direttamente intesa all'accertamento della simulazione (Cass. 16 settembre 1986 n. 5626,
7 luglio 1987, n.
5958, 9 giugno 1989 n. 2819, 29 dicembre 1987 n. 13091, 3 aprile 1998 n. 3425)
ma non anche quando questa debba essere accertata in via incidentale e le parti
controvertono in via diretta sugli effetti del negozio dissimulato (Cass. 8 aprile 1989 n.
1708, 16 agosto 2000 n.
10841, 2 febbraio 2001 n. 1516).
È da aggiungere che, in mancanza di una nozione teorica, generale ed astratta, di
litisconsorzio necessario (l'enunciato dell'art. 102, primo comma, cod. proc. civ., si risolve
in una prescrizione in bianco), tanto completa e coerente dal poter definire soluzioni
logicamente irresistibili, è opportuno attenersi al criterio di libertà, che rimette, per quanto
possibile, alla parte, e non all'intervento autoritativo del giudice, la determinazione della
estensione (oggettiva) e soggettiva del provvedimento richiesto.
È da considerare che spesso il lavoratore, attore in giudizio per l'accertamento del
rapporto di lavoro vero, con l'interponente, afferma in giudizio la mera apparenza di una
pluralità di rapporti succedutisi, com'è avvenuto nel caso di specie, e intercorsi con
soggetti non sempre facilmente identificabili: sarebbe contrario ai principi di economia e di
speditezza processuale (tutelati dagli artt. 24 e 111, secondo comma, Cost.) l'ordine di
integrazione del contraddittorio ex art. 102 cit., secondo comma, nei confronti di questi
soggetti, dalla cui partecipazione al giudizio attore e convenuto non potrebbero trarre
alcuna utilità e che comunque essi potrebbero chiamare in causa, se interessati (art. 106
cod. proc.
civ). In altre parole, senza il litisconsorzio di questi soggetti il lavoratore - attore può
conseguire una sentenza idonea a fornirgli tutta l'utilità fisiologicamente derivante dalla
situazione sostanziale dedotta in giudizio, anche in sede esecutiva e senza pregiudizio di
terzi estranei ossia in definitiva una sentenza non inutiliter data.
Quanto all'eventualità, paventata dalla sent. n. 11241 del 1997, di giudicati
contrastanti logicamente (uno reso all'interponente e l'altro all'interposto), è da osservare
che essa sussiste sempre quando sulla questione pregiudiziale debba decidersi senza
efficacia di giudicato (cfr. art. 34 cod. proc. civ.) ed è bilanciata dalle suddette esigenze di
economia e di speditezza.
Non è vero infine che l'interposto rimanga "pur sempre e formalmente il titolare del
rapporto di lavoro, responsabile dei correlativi adempimenti: è configurabile invece una
responsabilità del medesimo, ma solo in via residua ed eventuale e per cause diverse dalla
titolarità del rapporto di lavoro.
In conclusione, queste Sezioni unite escludono il litisconsorzio necessario tra
interponente e interposto ed ordinano la trasmissione degli atti alla Sezione lavoro per
l'esame dei motivi di ricorso.
Inizio documento
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, esclude il litisconsorzio necessario tra la s.p.a.
Telecom e gli altri soggetti asseritamente interposti nel rapporto di lavoro; ordina la
trasmissione degli atti alla Sezione lavoro per l'esame del ricorso.
Così deciso in Roma il 7 giugno 2002.