fratture in dialogo 3 Rieccoci, amici! Ordinarie

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fratture in dialogo 3 Rieccoci, amici! Ordinarie
UNITA' PASTORALE NOVE-MARCHESANE
Giubileo Straordinario della Misericordia 8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016
fratture in dialogo 3
DILUVIO OVVERO DIO CANCELLA
Rieccoci, amici!
Ordinarie enormità. Da gennaio abbiamo ripreso lavoro, scuola, problemi, routines. Non è stato
facile ricominciare, vero? E con le fratture come va? Dopo quella economica in apertura di giubileo
(dicembre) e quella della gelosia fraterna (gennaio), se osassimo guardare anche qualche frattura
smisurata? Quando più niente, o quasi, resta su. Che il diluvio non sia solo un mito - della Bibbia
come di molte altre sapienze antiche - ce lo dicono ogni giorno i media. E l’esperienza.
Cosa resta ? Chi di noi non ha mai vissuto - o almeno sfiorato - un diluvio? Di quegli eventi con un
prima e un dopo. In mezzo, un indescrivibile disastro. Macerie, rottami, perdite. Coi mutamenti
climatici, le catastrofi naturali - da trombe d’aria a inondazioni passando per frane e terremoti - non
hanno più nulla di esotico. Ci sono poi gli attentati e la “guerra mondiale a pezzi”. Lasciamo pure le
migrazioni per marzo, con l’Esodo. Catastrofe vuol dire buttar giù. La salute, la famiglia, la
professione, le banche, la strada, la fede: tutte soggette a crolli. Niente che sia un tantino
antisismico.
Cambiato idea? I capitoli 6-9 di Genesi sembrano una brutta favola. A meno di leggerli dentro le
nostre vite. Diventano allora parabola. Dopo aver contemplato tutto il bello-e-buono del mondo (Gn
1), Dio - solo al cap. 6, notate, vien da dirgli: era ora! - “vede il male” (Gn 6,5). Il mondo, nella sua
autonomia, non va in direzione della vita. Il Creatore “si pente e si addolora”. Si dissocia cioè dal
movimento costruttivo dell’umanità. Cambia sponda e direzione. Per un tempo ben preciso e
determinato (il nostro racconto è sempre intento a contare i giorni!), passa - perdonate il
semplicismo - dalla parte delle energie distruttive già presenti nella complessità del cosmo e della
storia.
Anche Dio cancella. Eh sì. Anche Dio sbaglia e “cancella” (Gn 6,6.7,4). Dio non “distrugge” (Gn
6,13.17) da padre padrone o da madre tomba, tipo come che te go fato te desfo. In determinati
momenti, però, non solo non è assente dalle distruzioni dell’esistenza, ma sembra farsene l’alleato
per liberarci da sistemi mortiferi. Li avevamo accuratamente costruiti o comunque vi ci trovavamo
rinchiusi. Certe fratture sono anche brecce nelle mura di un carcere. Certi diluvi bastano appena a
spazzar via ciò che, col tempo, aveva finito col proteggerci dalla vita.
Battesimo o naufragio? I Padri della Chiesa vedevano nel diluvio il battesimo. Certo, perché c’è
l’arca di Noè a “conservare in vita” (Gn 6,19.7,3), a salvare i viventi. Ma amministrando il
battesimo essenzialmente ai bambini abbiamo scordato che battezzare - la radice ba, la stessa di
basso, significa giù - vuol dire anche affondare, sprofondare, naufragare. Un movimento distruttivo
è il presupposto necessario di ogni novità reale. Da cancellare non è una macchia esteriore, magari
quella del peccato originale. Si tratta di cambiare testa, stile, pelle, cuore, gusti. Tutta roba incollata
alla vita. Difficile staccarla senza rompere nulla.
Parola di donna. Sulla psicanalista ebrea russa Sabina Spielrein esistono due film recenti. Uno bello
Prendimi l’anima (2002), di Roberto Faenza. L’altro brutto A dangerous method (2011) di David
Cronenberg. È stata paziente, discepola e amante di Jung, poi discepola e probabilmente maestra di
Freud. Ha fondato a Mosca l’Asilo bianco, tutto improntato alla pedagogia della libertà. E
soprattutto ha scritto La distruzione come causa della nascita. Un titolo che raccoglie efficacemente
il messaggio proposto dal diluvio a certi travagli delle nostre vite. Chiaro, è il messaggio pasquale.
Ma è riconfortante riconoscerlo nelle parole di altri uomini e donne. Decifrarlo nelle pieghe oscure
della storia. Che enorme sbrego nascere!
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ESODI : QUANDO C’È DI MEZZO IL MARE
Buona quaresima e buona primavera, amici!
Migrante sarai tu. Rieccoci. Ancora qualcosa che si è rotto? Dopo quelle economiche, quelle tra
fratelli e quelle epocali, con l’Esodo e la Pasqua, la Quaresima ci fa pensare a fratture d’attualità: le
migrazioni. In Egitto, i nostri padri, erano giunti come migranti economici, sospinti dalle carestie
fin nel granaio d’Oriente, sempre irrorato dal Nilo. Dall’Egitto partono non si sa bene come, per
dove e perché. Se non si è un po’ incoscienti non si parte. Solo la speranza biblica vede all’orizzonte
qualcosa come una promessa. E quante volte si sono sentiti degli illusi a essersi lasciati alle spalle le
pentole piene per quel non so che (Es 16,3).
Passare nell’acqua e nel fuoco. Esegeti e storici ci spiegano che - tra mare e deserto - l’esodo
biblico è un percorso assurdo. Parla dell’uomo e di Dio più che di geografia reale. È un viaggio che
ti cambia. Dall’Egitto alla Palestina si poteva andare in due mesi a contare largo, a pensare un
popolo numeroso, carico. Quarant’anni rappresentano uno sproposito e raccontano una frattura.
Nessuno di quelli che sono partiti è arrivato. E anche questo la dice lunga. Ogni migrazione è un
salto mortale, una vertigine. Cambia il mondo.
Il gommone di piazza Matteotti. Avreste dovuto esserci domenica 17 gennaio, giornata dei migranti,
a Vicenza, per la marcia organizzata dai ragazzi di Non dalla guerra. Partecipavo con Ahmed somalo e musulmano -, Justice e Cletus - nigeriani e cristiani - del Centro Astalli. E, sì, dovevate
vederci quando in piazza Matteotti ci siamo trovati di fronte il gommone. Alberto Salvetti mimava
lo scafista. In silenzio ci stipava, dandoci strattoni e ordini contraddittori, arbitrari. It was the same!
Ripeteva Justice arrivato 6 mesi fa dalla Libia. E l’emozione si mescolava al sollievo di riviverlo
insieme a quegli italiani che sembravano voler capire almeno una briciola di quanto avevano patito
loro.
Nella stessa barca. Tutta la marcia, i ragazzi l’avevano pensata per metterci nei panni di chi arriva
da lontano. In their shoes dicono gli inglesi, dans leur peau radicalizzano i francesi. Non so cosa
dicano i tedeschi, gli spagnoli o gli olandesi. Ma tutte le lingue dovrebbero avere parole e parabole
per l’empatia. Curioso che anche la bibbia in certi punti cruciali della torà - l’etica d’Israele raccolga tutto l’insegnamento dell’Esodo nell’empatia. Sentite: Quando un forestiero abiterà presso
di voi, nella vostra terra, non lo opprimerete. Lo tratterete come colui che è nato fra voi. Tu
l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto (Lev 19,33-34).
Empatia contro fratture. Sentito a Verona, al convegno delle Pietre scartate. Vite inutili o pietre
angolari? dal geofisico francese Xavier Le Pichon: «Un’interpretazione erronea del darwinismo
vedeva nella forza la chiave dell’evoluzione. Studi recenti la individuano semmai nell’empatia che i
cervelli più evoluti hanno sviluppato per prendersi cura degli individui più fragili». Se rivisitassimo
Schengen da evoluti, cioè alla luce dell’empatia? Lasciatemi terminare con una storia di
migrazione, davvero biblica. Finita nel mare come Yassef, anche la storia lascia il libro e si tuffa.
Così spiega l’amore, quello di Pasqua.
Repubblica, 26 agosto 2009. «Yassief si è portato in barca una bibbia. La apre, e legge i salmi. A
sera, ogni sera, Yassief leggerà la bibbia, Giosuè, Tobia, i Salmi, e cercherà di confortare i
compagni. Muore qualcuno ogni giorno, ormai, e il numero varia. Dopo quindici giorni, appare una
nave in lontananza. Yassief e un altro ragazzo sono i soli che sanno nuotare: lasciano la Bibbia a una
donna che ha la borsa con sé, si tuffano, è l’ultima speranza, torneranno a salvarli con la nave e li
prenderanno tutti a bordo, dove c’è acqua e cibo. Tutti si alzano a guardarli, ma il gommone va
dove vuole, dopo un po’ nessuno li ha più visti, e pian piano la nave lontana è scomparsa, loro non
ci sono più».
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