i grandi restauri del Gruppo Trevi
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i grandi restauri del Gruppo Trevi
COVER_A5_tr 15-12-2014 16:05 Pagina 2 C Colori compositi M Y CM MY CY CMY K COVER_A5_tr 15-12-2014 16:05 Pagina 3 C Colori compositi M Y CM MY CY CMY K ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 1 C M Y CM MY CY CMY K 3 Introduzione Non si è visto spesso una tesi ad argomento umanistico che abbia come focus un argomento tecnico, la storia delle tecnologie di fondazione, di solito appannaggio di facoltà ingegneristiche. L'Academy del Gruppo Trevi , che ha come prima attività proprio la divulgazione delle conoscenze delle tecnologie di fondazione, ha colto l'occasione per supportare un'opera con al centro tale “storia”. L'opportunità ci è stata fornita da Giulia, che attraverso il suo saggio ha raccontato il nostro mondo, con un punto di vista ed un linguaggio volutamente estraneo ai tecnicismi dell'argomento che pensiamo possa raggiungere e appassionare un gran numero di persone al di là dei soli addetti ai lavori. L'opera assume così i toni di un racconto dal ritmo serrato e piacevolmente scorrevole, offrendo uno scorcio dell'impegno profuso dal personale del Gruppo Trevi nello sviluppo delle tecnologie e della loro applicazione ai campi di intervento più disparati: dalle fondazioni vere e proprie, alla conservazione di beni storici ed artistici. Ed è proprio in quest'ultimo campo che il racconto si rende ancora più affascinante. Due case history, due simboli della storia e della cultura dell'umanità, uno (la Torre di Pisa) legato al mondo occidentale e l'altro (i Buddha di Bamiyan) legato a quello orientale, permettono al lettore di assistere alla sinergia tra l'innovazione tecnologica e la tutela della tradizione culturale e del patrimonio artistico, con lo scopo di preservare due luoghi appartenenti alla lista dei Luoghi Patrimonio dell'Umanità in pericolo (Word Heritage in danger). Dott.ssa Alessandra Trevisani Academy Director Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 2 C M Y CM MY CY CMY Indice Colori compositi Cap.1. L'ingegneria del sottosuolo: una storia, la nostra storia 5 Cap. 2. Ingegneria, fondazioni, arte: racconti da un passato lontano 7 Cap. 3. Il Gruppo Trevi e Soilmec: un successo che parte dalle basi 35 Cap. 4. Storia, arte e ingegneria: i grandi restauri del Gruppo Trevi 4.1 Il grande restauro della Torre di Pisa 4.2 I Buddha di Bamiyan 47 50 60 Cap. 5. Per concludere 67 Cap. 6. Bibliografia e sitografia 68 K ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 3 C M Y CM MY CY CMY K 1. Cap. L'ingegneria del sottosuolo: una storia, la nostra storia Se proviamo a pensare alla storia dell'umanità, ci rendiamo conto che uno degli aspetti della vita su cui si è ben presto concentrato l'impegno dell'uomo è stata la costruzione di edifici: superato il periodo delle caverne, l'uomo ha sempre cercato di realizzare abitazioni e strutture, utilizzando via via i materiali che risultavano più idonei a garantire solidità e sicurezza. E così, dalle capanne si è passati alle pietre, fino ad arrivare, in tempi più recenti, a materiali più stabili come il cemento armato. Sono nati i villaggi, poi le città e le metropoli, e il “costruire” si è esteso a strutture molto complesse dando così vita al mondo in cui attualmente ci muoviamo ogni giorno, un mondo fatto di edifici in cui si snoda la vita di tutti in ogni suo aspetto. Da qui l'importanza del costruire bene, garantendo sicurezza, stabilità e anche la massima vivibilità di ciascun edificio. Un problema che l'uomo si è posto fin dai tempi antichi: firmitas (solidità), utilitas (funzionalità), venustas (bellezza) erano le caratteristiche fondamentali di una costruzione secondo l'architetto di epoca romana Vitruvio, che nel suo celebre De Architectura affermava: “Tutte le costruzioni devono avere requisiti di solidità, utilità e bellezza. Avranno solidità quando le fondamenta, costruite con materiali scelti con cura e senza avarizia, poggeranno profondamente e saldamente sul terreno sottostante; utilità, quando la distribuzione dello spazio interno di ciascun edificio di qualsiasi genere sarà corretta e pratica all'uso; bellezza, infine, quando l'aspetto dell'opera sarà piacevole per l'armoniosa proporzione delle parti che si ottiene con l'avveduto calcolo delle simmetrie”. Concentriamoci quindi sulle opere di fondazione, essenziali per le attività di costruzione di edilizia e di architettura. La loro importanza è insita nel loro nome: “fondamenta”, ovvero le basi su cui si regge una costruzione. Concetto che si può estendere a Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 4 C M Y CM MY CY CMY K 6 tutto: a un edificio, certo, ma anche a un progetto di altro tipo, allo sviluppo di un’idea. Senza “fondamenta” forti e ben articolate, nulla può reggere. Se pensiamo alle fondamenta edilizie, è noto che ingegneria, architettura e tecnologia si sono concentrate, nei secoli, sull’obiettivo di poter disporre di fondazioni sempre più sicure e di solidità garantita. Ma come si è arrivati ai risultati straordinari che conosciamo oggi? Nel 2012, il Gruppo Trevi, leader nel mercato dell'ingegneria del sottosuolo, ha ottenuto un primato incredibile, arrivando a realizzare diaframmi fino a 250 metri di profondità, con il prezioso contributo di Soilmec, la divisione meccanica del Gruppo. Se da questo traguardo proviamo a guardarci indietro, quello che vediamo è un immenso cammino, iniziato molti secoli fa, di cui il Gruppo Trevi ha compiuto i più recenti e importanti passi. Ecco perché vi portiamo con noi in questo viaggio nel tempo: perché ogni periodo storico, e tante, tantissime persone, hanno contribuito a scrivere un capitolo di una storia che, ancora oggi, è sotto gli occhi (e sotto i piedi) Campo prove Gualdo - Gualdo di Roncofreddo (FC) Italia -250 m “Recond mondiale di perforazione per diaframmi” di tutti noi. Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 5 C M Y CM MY CY CMY K 2. Cap. Ingegneria, fondazioni, arte: racconti da un passato lontano Per iniziare a raccontare questa storia, dobbiamo riavvolgere il nastro fino al 2980 a.C., quando un progettista di nome Imhotep, al servizio del Re d'Egitto Djoser, fu incaricato di costruire un particolare tipo di tomba detta mastaba, che rendesse omaggio alla grandezza del sovrano. Non lo si poteva ancora sapere, ma l'evento era storico: proprio allora, a Saqqara, fu eretto il primo grande edificio in muratura della storia, risultato della sovrapposizione di strati di pietra calcare di dimensioni decrescenti, per un'altezza complessiva di 59,94 metri. Per lavorare questi blocchi di pietra, gli operai ebbero a disposizione, con tutta probabilità, soltanto dei picconi di metallo. Le attrezzature per sollevare e trasportare i materiali grezzi non esistevano: era perciò necessario adoperare una grandissima quantità di manodopera che portasse con la sola forza fisica, tramite ceste o rampe provvisorie, la terra e le pietre. Pochi mezzi, molto sudore e fatica: questi gli strumenti che si avevano a disposizione all'epoca. Dunque fu Imhotep il primo costruttore di arte muraria; ma fu un architetto di nome Hemiunu che, nel 2570 a.C., segnò la storia erigendo, a Giza, in onore del faraone Cheope, una struttura di tale grandezza e fama da essere conosciuta e ammirata ancora oggi: la Grande Piramide, una delle sette meraviglie del mondo. Un'altezza di 146,6 metri, centomila uomini, vent'anni di lavori: numeri da capogiro se si pensa che le pietre di calcare di cui si compone questo incredibile edificio arrivavano a pesare tonnellate e che si trattò di un lavoro eseguito interamente a mano. La Piramide fu costruita Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 6 C M Y CM MY CY CMY K 8 sull'Altopiano di Giza, e non fu certo una scelta dettata dal caso: forte dell'esperienza passata, che aveva visto interi monumenti funerari crollare per lo smottamento del terreno, il Capo-costruttore considerò più adeguato quel sito, più solido perché costituito da roccia calcarea. La scelta della tipologia di suolo e i lavori di spianamento furono dunque determinanti e hanno permesso a questa mastodontica opera di arrivare fino a noi. A partire dal XVI secolo a.C., la Grecia divenne una vera e propria fucina di idee e di invenzioni nel campo dell'ingegneria. Nasceva una figura nuova e diversa dal Capo-costruttore egiziano: l'architekton, ovvero “maestro delle arti pratiche”, che coniugava una prima scienza teorica alla direzione delle forze operaie. I primi semi dell'ingegneria moderna per come la conosciamo oggi erano piantati, e piano piano si plasmava una scienza volta a facilitare e a migliorare la vita (e il lavoro) di tutti i giorni. In virtù della funzionalità, venne concepito, a Samo, il primo porto della storia, modello per molte costruzioni portuali successive, per agevolare il commercio marittimo; ci si impegnò per evolvere la tecnica di estrazione e di costruzione delle miniere, realizzando, a Laurion, pozzi straordinariamente profondi (fino anche a 115 metri) per l'estrazione di minerali. Un'impresa colossale se si pensa che il terreno roccioso veniva estratto a mano, con il solo aiuto di picconi e scalpelli. Attorno alla metà del III secolo a.C., Archimede inventava la pompa elicoidale, detta appunto vite di Archimede, usata soprattutto per gli scavi subacquei ma utilizzata anche oggi, per attività agricole e di irrigazione. Gli ingegneri dell'antichità non possedevano le conoscenze scientifiche approfondite disponibili adesso, eppure alcune delle loro “invenzioni” vengono utilizzate tuttora, testimoni di un'ottima lungimiranza e di un pizzico di fortuna. Durante l'Impero romano, a partire dal 31 a.C., si scoprì che dall'unione tra la calce e una polvere vulcanica si poteva ottenere un ottimo cemento idraulico, che si indurisce sott'acqua. E, in effetti, sono soprattutto acquedotti e ponti le opere di maggiore rilievo storico di questo periodo, come l'Acquedotto Appio, dal nome del primo costruttore romano più famoso, Appio Claudio (a cui dobbiamo anche la Via Appia). Evoluzioni, queste, che vengono “registrate”, nel 15 a.C., nel De Architectura Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 7 C M Y CM MY CY CMY K 9 di Vitruvio che abbiamo citato inizialmente, vera e propria pietra miliare della letteratura ingegneristica. È Vitruvio a descriverci la natura delle fondazioni romane dei ponti (uno dei più importanti, costruito nel 109 a.C., è Ponte Milvio a Roma, che ha resistito a tutti i pesi trasportati sopra di esso attraverso i secoli). Gli operai sollevavano i piloni, che non potevano superare certe dimensioni, aiutandosi con delle funi. I piloni dei ponti venivano quindi inseriti in cassoni in quercia, ben ancorati al fondale, dopo aver prosciugato la zona dall'acqua con delle pompe e aver riempito gli spazi vuoti con materiali come malta o sabbia, per poi aggiungere ulteriori pietre per garantire la longevità e la stabilità della struttura. Dobbiamo proprio ai romani un'ulteriore invenzione per la stabilità non solo dei ponti, ma anche degli acquedotti e dei teatri: l'arco. Se il monolite utilizzato precedentemente rischia spesso di spaccarsi, l'arco si sorregge grazie alla sola forza di pressione tra i massi, dunque i pesi che riesce a tollerare sono molto più elevati. Basti pensare che è costruito con la tecnica degli archi il Ponte Pietra, unico ponte di epoca romana rimasto oggi a Verona. Il Medioevo (tra il V e il XV secolo d.C.) è noto soprattutto per la ricchezza di cattedrali e fortezze. È interessante notare come le cattedrali, celebri per la loro magnificenza e grandezza, fossero spesso erette su terreno povero. Le fondamenta, che raggiungevano basse profondità, stentavano a sostenere il peso di quelle immense opere. Questa sarebbe una delle ragioni che hanno portato la Torre di Pisa, la cui costruzione iniziò proprio in quel periodo (nel 1174), a diventare “pendente”: avremo modo di approfondire questo caso molto particolare. Ad ogni modo, in altre occasioni l'esperienza si è rivelata più riuscita: lo storico Jean Gimpel, nel suo Costruttori di cattedrali, ci dice che: “le fondamenta delle grandi cattedrali penetrano fino a dieci metri di profondità (è il livello medio di una stazione del metro parigino) e forano in certi casi una massa di pietra non meno grande di quella visibile”. Non è quindi un caso se molte cattedrali gotiche, che tendevano a svilupparsi verso altezze mai raggiunte prima riuscendo, al tempo stesso, a coniugare tecnica e estetica, sono arrivate fino a noi e sono “sopravvissute” a guerre e sconvolgimenti della natura. La Basilica di Saint-Denis, nella periferia di Parigi, ne è la prova: costruita nel 1136, è uno dei primi edifici in stile gotico della storia. Le fortezze, come le cattedrali, appartengono al periodo medievale. Anche qui è la Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 8 C M Y CM MY CY CMY K 10 Archimede di Siracusa (Siracusa, 287 a.C. circa - Siracusa, 212 a.C.) è stato un matematico, fisico e inventore siracusano. Considerato come uno dei più grandi scienziati e matematici della storia, i contributi di Archimede spaziano dalla geometria all'idrostatica, dall'ottica alla meccanica. Nel 235 a.C. durante un viaggio in Egitto inventò la vite di Archimede, detta anche còclea, una macchina utilizzata per il trasferimento dell'acqua ai canali d'irrigazione. Fino a quel momento l'acqua di irrigazione veniva portata nei campi tramite secchi sollevati a mano, un metodo lento e faticoso. La vite di Archimede è costituita da una grossa vite (una superficie elicoidale che circonda un albero cilindrico centrale) posta all'interno di un tubo cavo. L'energia necessaria alla veniva solitamente fornita dalla rotazione di una maniglia o da eliche di mulini a vento. La parte inferiore del tubo è immersa nel liquido da sollevare e ponendo in rotazione la vite, ogni passo raccoglie un certo quantitativo di liquido, che viene sollevato lungo la spirale fino ad uscire dalla parte superiore e alimenta i sistemi di irrigazione. Oggi la vite di Archimede è stata sostituita da pompe a motore e ruote idrauliche, ma il principio dell'invenzione di Archimede ha valore duraturo e il concetto principale, utilizzare la vite per sollevare un liquido o un materiale granulare (sabbia, ghiaia o solidi frantumati), è stato esteso a varie applicazioni moderne. Nel campo delle tecnologie di fondazione è stato sviluppato un metodo per la costruzione di pali di grande diametro chiamato CAP. I Cased Augered Piles (CAP) vengono eseguiti per mezzo di un elica continua alloggiata all'interno di una camicia in acciaio. Durante la fase di perforazione il materiale di scavo viene caricato dall'elica e trasportato in cima alla camicia, sfruttando il principio della vite di Archimede, per venire poi scaricata a terra attraverso un sistema a secchioni. Raggiunta la profondità richiesta l'elica e la camicia vengono estratti mentre viene versato del calcestruzzo attraverso l'albero tubo cavo interno. Infine, se necessario, dei rinforzo in acciaio (gabbie, profili o travi) vengono calati nel calcestruzzo fresco. Rif. Bibliografici: 100 Greatest Science Inventions of All Time; Di Kendall F. Haven Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 9 C M Y CM MY CY CMY K 11 FASE 1 PERFORAZIONE FASE 2 ESTRAZIONE E CONTEMPORANEO GETTO DI CALCESTRUZZO Pali Secondari armati con gabbia Pali Secondari armati con gabbia Pali Primari non armati La produzione di attrezzature di perforazione Soilmec annovera diversi modelli dedicati alla tecnologia CAP/CSP, tra questi la SR-100 con una profondità massima di 28 metri. Colori compositi FASE 3 INSERIMENTO GABBIA DI ARMATURA Pali Primari armati con profilo ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 10 C M Y CM MY CY CMY K 12 pietra il materiale prediletto dai costruttori, che in genere progettano queste strutture sui promontori, al fine di avere la massima visibilità dell'orizzonte. Esse rappresentavano infatti una forma di protezione militare in seguito all'invenzione delle catapulte, per difendere le città o semplicemente i castelli dei reali. Un esempio su tutti è il castello di Coucy, in Francia, che con un fossato profondo 20 metri e le doppie porte era praticamente inespugnabile. Il suo torrione, che era usanza costruire affinché fungesse da ultimo rifugio per il proprietario in caso di attacco, raggiunge i 55 metri ed è tuttora il più alto d'Europa. Tra il XV e il XVII secolo, si cominciò ad ambire a combinare con la tecnicità dell'architettura e la scienza dell'ingegneria anche i “capricci” puramente estetici dell'arte. A questo periodo appartengono, ad esempio, la cupola di Santa Maria del Fiore, a Firenze, progettata dall'architetto Filippo Brunelleschi, nonché molti ponti di grande rilievo storico. Le tecniche di fondazione erano, tuttavia, ancora ben lontane dalla perfezione: basti pensare che il fissaggio dei piloni per il Ponte di Rialto di Venezia, completato nel 1591 sotto le direttive dell'architetto Antonio da Ponte, pose particolari problemi a causa del terreno paludoso e instabile. Secondo l'architetto Vincenzo Scamozzi, il ponte sarebbe addirittura potuto crollare da un momento all'altro. Oggi il ponte è ancora in piedi, ma l'usura sta pian piano provocando piccoli crolli parziali (l'ultimo, di una colonna, nel 2011). La scarsità di conoscenze relative alle tecniche di fondazione creò problemi anche a Parigi, quando vennero costruiti i cassoni per le fondazioni del Pont Neuf, il ponte più antico della Ville Lumière (risale al Seicento), nonché il primo ad attraversare la Senna in tutta la sua larghezza. Agli ingegneri che si occuparono dei cassoni fu chiesto di realizzare dei modelli in legno ma, nonostante questa precauzione, la spinta della corrente del fiume e l'assenza di piloni resero da subito il ponte instabile e le fondazioni dovettero essere riparate ancora prima di essere completate. Un c aso di eccellenza fu, invece, il Pont Royal, costruito tra il 1685 e il 1689: si tratta del primo ponte a essere stato costruito con fondazioni a pozzi. I cassoni erano aperti e a tenuta stagna e la parte superiore venne lasciata sopra la superficie dell'acqua. Al loro interno furono eretti i piloni, a loro volta circondati da una serie di palafitte. Il ponte rimase in buone condizioni e l'architetto che ne progettò le fondamenta, il religioso François Romain, acquisì una grande Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 11 C M Y CM MY CY CMY K 13 fama nell'ambiente degli ingegneri dell'epoca. Nello stesso periodo, furono completati i lavori di un'altra grande opera francese: il Canal du Midi, fortemente voluto da Luigi XIV per favorire e velocizzare gli scambi commerciali senza dover passare dallo stretto di Gibilterra. Il canale, lungo 240 chilometri, unisce l'oceano Atlantico e il mar Mediterraneo. Un progetto tanto complesso da essere passato per tante mani (era considerato infattibile), prima di arrivare sotto gli occhi dell'ingegnere Jean-Paul Riquet, che perfezionò il progetto e concluse l'opera con successo. Il Canal du Midi è oggi composto da più di cento chiuse, lunghe quasi 30 metri e larghe 5,8, e da innumerevoli dighe. Nel XVIII secolo, le conoscenze e le tecniche di fondazione vanno via via perfezionandosi. Per la prima volta, un ingegnere di nome Hubert Gautier, nel suo Traité des ponts (1716), fa il punto sulla situazione dell'ingegneria meccanica applicata alla costruzione dei ponti. Ci narra una storia delle tecniche utilizzate in passato e nella sua epoca, descrive i materiali di cui sono fatti; dedica un intero capitolo alle fondamenta, ponendo alcuni interrogativi relativi alle proporzioni dei piloni e degli archi e raccontando le sue esperienze personali sul campo. Inoltre, afferma che esistono tanti tipi di fondazioni quanti sono i terreni e le tipologie di struttura che si vogliono costruire, e incalza coloro che progettano tali costruzioni ad avere prudenza, recandosi in sito per osservarlo con attenzione, e a collaborare al meglio con coloro che, invece, sono incaricati di costruire effettivamente la struttura. Aggiunge, infine, che “colui che crea il progetto, deve farlo seguendo un ordine ben preciso, come se dovesse costruire la struttura con le sue stesse mani; per i progetti dei ponti, che sono una delle materie più difficili, si deve essere particolarmente cauti. Tutto dev'essere chiaro, per poter giudicare con obiettività; non ci dev'essere niente di eccessivo o di straordinario. È necessario chiarire quali sono le difficoltà, soprattutto quelle che riguardano le fondazioni”. Con dettaglio e dovizia di particolari giunge quindi a noi una prima opera scritta che ha lo scopo di insegnare a gestire le opere di fondazione. È tuttavia a un italiano che si deve un'importante svolta nel campo delle fondazioni Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 12 C M Y CM MY CY CMY K 14 del Settecento. Fino ad allora si erano usati esclusivamente i cofferdam o campane: Jean-Baptiste de Voglie sperimenta invece per la prima volta i cassoni per costruire le fondamenta del ponte di Saumur, in Francia (nel 1753). Questo sistema consente di scavare e preparare le fondazioni subacquee. Il cassone viene calato nel corso d'acqua e l'aria viene pompata fino a una pressione superiore al peso dell'acqua sovrastante. L'aria pompata fa defluire l'acqua e il lavoro può cominciare: gli operai devono poi uscire come fanno i sub, ossia previa lenta decompressione. Sebbene si tratti di un procedimento complesso, è efficace da secoli. Ad esempio, per costruire il ponte di Westminster a Londra, erano stati fatti degli scavi sul fondale del fiume per affondarvi un cassone, che fu poi svuotato per erigere al suo interno un pilone in pietra. Le fondazioni non erano comunque molto profonde e durature. Per garantire una maggiore solidità delle fondazioni nella fase di inserimento del cassone, l'ingegner De Voglie decise che, a Saumur, avrebbe fatto tagliare le palafitte direttamente sott'acqua utilizzando una particolare sega subacquea. Ciò permise di raggiungere anche una maggiore profondità, che sarebbe stata superata soltanto nel 1811, quando l'ingegnere francese Claude Deschamps utilizzò lo stesso procedimento per inserire i cassoni a quattro metri sotto terra. Nel XIX secolo, l'uso dei cassoni non soltanto divenne corrente per le fondazioni subacquee, ma fu sviluppata e migliorata la loro composizione con l'avanzare della tecnologia. Infatti, un altro ingegnere francese, Jacques Triger, affondò per la prima volta cassoni ad aria compressa (anche detti cassoni pneumatici) nei fondali subacquei, nel 1839. Questa speciale tipologia di cassone permette di raggiungere profondità superiori rispetto al più tradizionale cofferdam. Gli operai entrano nel cassone utilizzando una camera di pressione e di decompressione e scavano il terreno sottostante in zone sempre più ristrette. Quando gli operai tornano in superficie, l'eliminazione della pressione spinge il cassone verso il basso. Una volta reinserita Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 13 C M Y CM MY CY CMY K 15 la pressione, gli scavi possono continuare, e così via. Era la prima volta che si utilizzava il cemento per costruire i cassoni. Nel frattempo, un ingegnere americano di nome James Finley brevettava un modello di ponte che sarebbe stato “ricopiato” in tutti gli Stati Uniti e nel mondo. Si trattava infatti dell'inventore del ponte sospeso: questo tipo di ponte può supportare carichi anche molto pesanti, ferrovie comprese. L'area di attraversamento è sostenuta grazie a un sistema di cavi fatti di materiali rigidi, sorretti a loro volta o da strutture costruite sui piloni o da cavi posti alle estremità. Finley fece costruire il primo ponte di questo tipo, il Jacob's Creek Bridge, in Pennsylvania, nel 1801 (ma fu purtroppo abbattuto trent'anni dopo). Il sogno di Finley era di realizzare una costruzione che non richiedesse spese ingenti per i materiali o per il suo mantenimento, e che fosse abbastanza facile da costruire da poter rappresentare un modello per altri ponti, per altri progetti. Ci riuscì: i cavi erano costruiti in ferro fucinato, materiale poco costoso e resistente, e riuscivano a svolgere una doppia funzione. Da una parte, rendevano l'impalcato, ovvero il piano stradale del ponte, particolarmente flessibile e quindi sufficientemente solido da supportare carichi pesanti e, dall'altra, abbastanza rigido da non flettersi neanche con i venti forti. Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 14 C M Y CM MY CY CMY K 16 Nel 1869, fu costruito un altro ponte sospeso, decisamente più celebre, progettato da un tedesco trasferitosi negli Stati Uniti, che fece fortuna proprio con la costruzione di ponti sospesi. Si trattava di John Roebling, l'autore del ponte di Brooklyn che, a New York, collega Manhattan e il quartiere di Brooklyn. Sfortunatamente, morì poco dopo l'inizio dei lavori, così il progetto fu preso in mano dal figlio Washington Roebling. La prima cosa da fare era costruire le calotte a cui assicurare i cavi, c sarebbero dovute essere alte 84 metri. Per realizzarle era necessario che fondazioni f o s s e r o h e le particolarmente profonde. Venne costruito, quindi, un cassone in legno e in acciaio per ogni calotta. La tecnica utilizzata era, ancora una volta, quella dei cassoni ad aria compressa, che permetteva di scavare e, pian piano, affondare il cassone nel fondale. All'epoca non si conoscevano gli effetti che gli sbalzi di pressione potevano avere sul corpo, così molti operai che lavoravano dentro i cassoni (e lo stesso Washington Roebling che andava a visitare il cantiere di tanto in tanto) soffrirono di disturbi fisici importanti. Ma, per il bene dell'opera, i lavori continuarono. Quando Washington non ebbe più forze per proseguire, fu una donna a completare il progetto: sua moglie Emily. Si costruirono delle calotte in granito, con uno stile dal sapore gotico che coniugava funzionalità ed estetica. Infine, fu la volta dei cavi: ne furono realizzati quattro, in zinco, lunghi più di cinquemila metri; le estremità vennero fissate agli ancoraggi contenuti nelle calotte. La base era invece costituita da travi d'acciaio sostenute da tiranti. Il ponte venne completato nel 1883 e per molto tempo rimase il ponte sospeso più lungo del mondo, con un'estensione di quasi due chilometri. Il ponte di Brooklyn rappresentò una vera e propria punta di diamante nel settore delle fondazioni per ponti: i cassoni ad aria compressa erano stati utilizzati per la prima volta per un'opera così grande e in materiali così resistenti e moderni per l'epoca. Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 15 C M Y CM MY CY CMY K 17 Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 16 C M Y CM MY CY CMY K 18 John Roebling (Muhlhausen, 12 giugno 1806 - New York, 22 luglio 1869) Ingegnere prussiano naturalizzato statunitense, si stabilisce negli Stati Uniti nel 1831 e inizia a lavorare come ingegnere statale. Si occupa della gestione amministrativa di strade e canali e, spinto da questa esperienza, decide nel 1841 di aprire una piccola fabbrica per la produzione di cavi intrecciati in acciaio. Nel 1844 inizia la sua attività di ingegneria e diviene famoso per la progettazione di ponti sospesi ed in particolare per il ponte di Brooklyn. La maggior meraviglia del ponte di Brooklyn non sono le sue dimensioni, la bellezza, la funzionalità o le tecnologie utilizzate bensì il fatto che è stato costruito a mano. Roebling utilizzò delle tecniche innovative come il metodo del cassone pneumatico per le fondazioni dei due piloni e un sistema di ancoraggi con cavi metallici. I cassoni erano grandi scatole di legno che servivano da base per i piloni del ponte, gli operai entravano all'interno delle casse e queste venivano riempite di aria compressa. All'interno di questag camera di lavoro gli operai scavavano il fango dal letto del Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 17 C M Y CM MY CY CMY K 19 fiume fino a raggiungere la solida roccia. Infine a completamento delle fondazioni dei pilastri i cassoni venivano riempiti di calcestruzzo. Nonostante la funzionalità tecnica l'utilizzo dei cassoni pneumatici può provocare danni alla salute tanto che suo figlio Washington, che diresse i lavori dopo la morte di John, fu parzialmente paralizzato a causa della malattia da decompressione causata dall'aria compressa. "All'interno del cassone tutto aveva un aspetto strano, irreale. C'era una sensazione di confusione nella testa, come lo scorrere di molte acque. In un primo momento i battiti erano accelerati poi, a volte, le pulsazioni scendevano al di sotto della normale frequenza. La voce era debole, innaturale, parlare richiedeva un grande sforzo. Le luci fiammeggianti, le ombre profonde, il rumore confuso di martelli, trapani e catene, le forme seminude che sembravano svolazzare di qua e di la, in un indole poetica, realizzai il senso dell'Inferno di Dante. Una cosa per me era evidente - il tempo passava in fretta nel cassone (E.F. Farrington, meccanico del ponte di Brooklyn) ". Con lo sviluppo delle macchine da perforazione anche le tecniche per le fondazioni di grandi opere in acqua si sono fortemente evolute verso l'utilizzo dei pali trivellati. La procedura più utilizzata per lo scavo dei pali è con asta (kelly) e rivestimento metallico permanente utilizzando perforatrici posizionate su idonei pontoni galleggiati o su zampe affondate nel fondale, in funzione del battente d'acqua. Il Ponte Vasco da Gama sul fiume Tago (Lisbona - Portogallo) costituisce uno dei più importanti progetti infrastrutturali in acqua realizzati in Europa. Il ponte, che si estende per ca.18 km, si sviluppa su viadotti per circa un terzo dell'intero sviluppo completando il sistema viario che circonda la città di Lisbona e costituisce un nodo importante per l'attraversamento del Portogallo e della Spagna nella direttrice Nord-Sud. Le fondazioni adottate per i viadotti sono state di due tipi: pali trivellati di grande diametro e pali battuti in acciaio, con diametri variabili da 800 a 2200 mm fino ad una profondità di 79 m eseguiti da pontoni appositamente studiati per poter operare nelle diverse fasi produttive e con variazioni di marea e in totale sicurezza. Il ponte Vasco da Gama in numeri: 148 Pali Trivellati Ø 2200 mm 124 Pali Trivellati Ø 2000 mm 3 Prove di carico su pali in acqua 16400 Palancole in acciaio 80000 Dragaggi 110 3450 11300 6700 5200 Pali infissi Deck Surface Underwater laying of geotextiles Posa subacquea calcestruzzo Costruzione tubi in acciaio Rif.Bibliografici: DESIGN AND DESIGNERS by Michel Virlogeux www.brooklynbridgeaworldwonder.com Vasco da Gama bridge by Trevi Spa Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 18 C M Y CM MY CY CMY K 20 Non tutti sanno che nello stesso periodo acquisiva fama e talento per le sue costruzioni metalliche un ingegnere francese ancora sconosciuto. A soli ventisei anni aveva preso in mano la costruzione del ponte di ferro di Bordeaux ed era poi diventato il proprietario di officine che fabbricavano praticamente qualsiasi tipo di oggetto in acciaio. La sua fama sarebbe però esplosa soltanto nel 1889, in occasione dell'Esposizione Universale di Parigi. Era Gustave Eiffel, considerato il padre delle costruzioni metalliche e autore della celeberrima Tour Eiffel, vero e proprio emblema della Ville Lumière. La costruzione di quell'opera, che è tuttora l'edificio più alto di Parigi, richiese soltanto due anni. Eppure non fu certo facile: basta guardare i numeri: 18,038 parti metalliche, 300 operai, 50 ingegneri, 2,500,000 ribattini in ferro. Le fondazioni costituiscono il “pezzo forte” della torre e richiesero soltanto cinque mesi per essere costruite. Eiffel verificò tramite delle trivellazioni preparatorie se la natura del sottosuolo sarebbe stata in grado di supportare tranquillamente le quattro fondamenta previste e il peso della struttura. Il terreno dello Champ de Mars era composto da uno strato di argilla ricoperto da sabbia e ghiaia di vari spessori, che avrebbe potuto facilmente sorreggere le fondamenta. I cassoni ad aria compressa furono costruiti in acciaio e riempiti di calcestruzzo e, nonostante il peso considerevole previsto per la struttura, furono affondati soltanto fino a 15 metri nel sottosuolo. Terminate le fondazioni, i pezzi furono assemblati utilizzando delle impalcature in legno e l'opera fu completata ventuno mesi dopo: praticamente Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 19 C M Y CM MY CY CMY K 21 in tempo record, considerati i mezzi limitati dell'epoca. Alta 304 metri (senza antenna), criticata dagli artisti di allora e da alcuni parigini oggi, ma inevitabilmente entrata a far parte dell'immaginario di tutto il mondo quanto ad architettura di stampo francese, la Tour Eiffel mantenne il primato di edificio più alto del mondo fino al 1930, anno della costruzione del Empire State Building a New York (381 metri). Il mantenimento rappresenta la nota dolente della struttura: ogni singolo pezzo dev'essere controllato senza tregua, e il ferro, che tende a usurarsi, richiede a tutt'oggi riverniciature per trecentosessantacinque giorni l'anno. La tecnica dei cassoni pneumatici era quindi ormai diffusa e consolidata. Nel 1893, quattro anni dopo il completamento della Tour Eiffel, fu deciso di utilizzarla, per la prima volta, per un palazzo per privati. Si trattava dell'Empire Building, a New York. Fu progettato da due architetti, Kimball e Thompson, e furono tra i primi a Manhattan a utilizzare la tecnica di costruzione con lo scheletro in acciaio per raggiungere altezze più elevate. Ancora oggi, l'Empire Building è considerato uno dei più bei palazzi di New York per il suo stile neoclassico curato nel dettaglio. Il critico d'arte ed esperto di architettura Montgomery Schuyler definì le arcate del basamento “uno dei più raffinati esempi di architettura delle nostre strade”. Con l’affinarsi delle tecniche di fondazione e di costruzione, diventa sempre più facile sfruttare la tecnica non solo per la funzionalità di un edificio o di un ponte, ma anche per trasformare gli orizzonti cittadini, rendere le strutture sicure e solide ma anche piacevoli all'occhio, alla ricerca dell'accuratezza interiore ma anche della ricercatezza esteriore. A New York, le fondazioni pneumatiche continuarono a essere ampiamente usate anche durante il XX secolo. Oltre all'Empire Building, le fondazioni di molti edifici Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 20 C M Y CM MY CY CMY K 22 furono costruite seguendo questo metodo: l'edificio della Mutual Life (1900), l'Hudson Terminal (1906), l'edificio della Federal Reserve (1924) e il Verizon Building (1926). Tuttavia, fu spesso il materiale (roccioso) del sottosuolo a creare difficoltà. Piano piano si cominciò a preferire le palafitte in cemento per la costruzione di edifici “di uso comune”, che permettevano di penetrare una gamma più estesa di materiali e, cosa da non sottovalutare, penetrare il terreno a estremità più elevate, anche fino a 30 metri. Questa tecnica consiste nell'affondare i tubi d'acciaio nel terreno, svuotarli e riempirli di cemento. Il famoso edificio che ospita la Bank of Manhattan al 40 di Wall Street è stato costruito su fondamenta analoghe nel 1920 ed è anche stato uno dei grattacieli più alti del mondo prima di vedersi soffiare il primato dal Chrysler Building, sempre a New York. Per quanto riguarda le fondazioni di ponti, anche qui si misero da parte momentaneamente le fondazioni pneumatiche, alla ricerca di tecniche ancora più innovative. Venne così sviluppata la tecnica dell'isola di sabbia: per affondare il cassone, si usa come barriera un cofferdam pieno di sabbia e il sistema di dragaggio allo scoperto. Questa tecnica venne utilizzata, nel 1935, per affondare cassoni di 51,8 metri a un'analoga profondità per l'Huey P. Long Bridge, che si trova in New Orleans e attraversa il Mississippi per tutta la sua larghezza. Il terreno argilloso del sito non avrebbe permesso di costruire fondamenta solide con le tecniche tradizionali. Ci raccontano Tonja Koob Marking e Jennifer Snape in Huey P. Long Bridge, dedicato alla storia di questa grande struttura: “quando fu inizialmente concepito un ponte ferroviario che attraversasse il Mississippi, nel 1892, il terreno cedevole lungo il fiume e l'ambiente difficile che lo circonda facevano sì che quella costruzione fosse praticamente impossibile da realizzare con i metodi esistenti. Il progetto definitivo, sviluppato trent'anni dopo dal progettista di ponti Ralph Modjeski, spinse la progettazione e la costruzione oltre i limiti dell'ingegneria civile, per trasformare quel ponte in realtà. I costruttori di ponti sfruttano ancora oggi alcune delle idee di Modjeski, quasi ottant'anni dopo”. Nel 2011, questo ponte ha ricevuto addirittura il National Historic Civil Engineering Landmark dall'American Society of Civil Engineers, un premio per strutture, statunitensi e non, di grande valore storico nell'ambito dell'ingegneria civile. Tale riconoscimento è stato attribuito anche al canale di Panama e alla Tour Eiffel. Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 21 C M Y CM MY CY CMY K 23 La tecnica dell'isola di sabbia è stata sfruttata anche per un altro notevole ponte americano, il Bay Bridge di San Francisco, completato nel 1935. Questo ponte sospeso, lungo otto chilometri e mezzo, collega la città di Oakland con San Francisco. Analogamente al Huey P. Long Bridge, in fase di progettazione l'impresa parve pressoché impossibile. In certi punti l'acqua arrivava anche fino a 30 metri di profondità; il perimetro da coprire era particolarmente lungo; il terreno del fondale della Baia di San Francisco non si prestava bene ai metodi di fondazione tradizionali. Per questi motivi, il Bay Bridge rappresenta un'innovazione sotto più punti di vista. Innanzitutto, per costruire le sue fondazioni fu realizzato un cassone di dimensioni mai viste prima (28 metri per 60). Per l'ancoraggio centrale, furono impiegate cinquantacinque palafitte d'acciaio piene d'aria compressa da inserire nel cassone e affondare nel fondale della Baia. Per gli scavi, venne utilizzato un escavatore a benna mordente, ovvero un particolare tipo di escavatore dalla forma simile a una conchiglia, che veniva calato attraverso le palafitte per scavare il terreno fangoso della Baia. Il processo consisteva dunque nel calare una palafitta fino alla profondità desiderata, chiuderla e riempirla d'aria compressa, per poi fare lo stesso con la palafitta successiva. Ciò permise di affondare il cassone a 67 metri sotto il livello del mare. Il Bay Bridge ottenne così un altro primato, quello delle fondazioni più profonde, almeno fino agli anni Quaranta. Tutte le calotte (quattro in totale) furono costruite spingendo dei piloni in acciaio nel fondale a formare un cofferdam a tenuta stagna, per poi pompare via l'acqua e posizionare le fondamenta. La struttura in acciaio del ponte fu costruita con l'aiuto di gru posizionate sulle calotte. E per finire, un altro primato: la costruzione del Bay Bridge richiese anche la realizzazione di un tunnel attraverso la Yerba Buena Island per collegare le campate a est e a ovest del ponte. Questo tunnel è nel Guinness dei Primati come tunnel più grande del mondo, largo 26 metri e alto 17. Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 22 C M Y CM MY CY CMY K 24 È dunque evidente che la necessità di creare collegamenti per scambi commerciali spinse a realizzare grandi strutture. Un altro esempio è rappresentato dal canale di Panama, che unisce l'Oceano Atlantico al Pacifico e attraversa l'istmo di Panama, in America Centrale. Il canale è lungo quasi 80 chilometri: un'opera monumentale, che venne realizzata sotto la direzione dell'ingegner John F. Stevens e poi del colonnello George Washington Goethals, a partire dal 1907. Gli scavi rappresentarono la parte più problematica della costruzione del canale: si dovettero scavare circa 200 milioni di metri cubi di terra e roccia e costruire chiuse alte più di 20 metri. Nel complesso, dalla progettazione all'inaugurazione, la realizzazione del canale richiese più di trent'anni e le difficoltà incontrate durante gli scavi spinsero ad approfondire gli studi di geotecnica e di composizione dei terreni. Una delle differenze fondamentali tra le fondazioni del passato e quelle di oggi è proprio una diversa conoscenza del comportamento del suolo e della varietà di risposte che esso può dare a seconda della posizione geografica. Un fondamentale contributo nell'arricchimento delle conoscenze in questo ambito è stato portato da un uomo nato a Praga a fine Ottocento, che lavorò al MIT e a Harvard e scrisse un volume ancora oggi considerato un “must” dai professionisti del settore, intitolato Soil mechanics in engineering practice. Si tratta dell'ingegner Karl Terzaghi, comunemente definito come il padre della geotecnica. Ma facciamo un passo indietro: che cos'è, innanzitutto, la geotecnica? Si tratta, per definizione, della disciplina dell'ingegneria civile che studia su basi scientifico-matematiche il comportamento dei terreni e delle rocce interessati da opere di ingegneria. L'abbiamo visto viaggiando Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 23 C M Y CM MY CY CMY K 25 attraverso la storia di molte grandi opere: ponti, cattedrali, edifici che avrebbero potuto esistere ancora oggi sono crollati o sono stati irreparabilmente danneggiati a causa di fondamenta costruite senza riflettere sulla tipologia di terreno su cui si andava a lavorare, compromettendo intere strutture per non averne curato le “basi”. Diventa così essenziale avere una conoscenza approfondita dei terreni per poterne prevedere le reazioni, anticiparne il comportamento, costruire basi solide per strutture più durature. Karl Terzaghi ha avuto un ruolo determinante nel sottolineare l'importanza di questi studi, esaminando per la prima volta la natura dei terreni ed elaborando i principi della meccanica del suolo, nel 1948. A lui si deve il principio delle tensioni efficaci, che si riferisce all'interazione, nei terreni saturi, tra le particelle solide e il contenuto d'acqua presente nei pori. La tensione efficace è “lo sforzo che agisce sulle particelle del terreno”. Terzaghi era consapevole della scarsità di mezzi che l'epoca a lui contemporanea imponeva, ciononostante era convinto che una conoscenza approfondita del comportamento del suolo avrebbe potuto costituire una vera e propria svolta nell'ambito dell'ingegneria civile, ancor più dei mezzi di alta tecnologia in sé e per sé. Scoprendo e analizzando i meccanismi del suolo, soprattutto sul lungo periodo, Terzaghi sviluppò metodi per tenere questi meccanismi sotto controllo e garantire solidità e sicurezza alle fondazioni in ogni tipologia di terreno. Scrive nella prefazione del suo celebre Soil mechanics in engineering practice: “nella stragrande maggioranza dei lavori, non c'è bisogno che di previsioni approssimative, e se tali previsioni non possono essere fatte con mezzi semplici, non possono essere fatte altrimenti. Se non si possono fare previsioni approssimative, il comportamento del suolo deve essere osservato in fase di costruzione, e il progetto potrebbe necessitare Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 24 C M Y CM MY CY CMY K 26 di modifiche sulla base delle constatazioni fatte. Tutto ciò non può essere ignorato senza sfidare lo scopo stesso della meccanica del terreno”. Mezzi semplici, conoscenza e consapevolezza: se poi si hanno anche a disposizione tecnologie innovative, tanto meglio. Ma alla base di una struttura solida e duratura ci sono anche studio e metodo, senza tralasciare i dettagli. Forse è anche grazie a questa nuova consapevolezza se negli ultimi cinquant'anni geotecnica, edilizia, fondazioni e architettura hanno conosciuto uno sviluppo che, è proprio il caso di dirlo, è sotto gli occhi di tutti. Pensiamo al fenomeno dei grattacieli. La corsa verso l'edificio più alto richiede anche fondazioni più grandi, più solide, più durature. In Skyscrapers and the men who build them, William Starrett definisce la costruzione di grattacieli come una “lotta contro gli elementi”, anche perché “le fondazioni sono progettate nel terreno lungo i grattacieli svettanti già esistenti. Acqua, sabbie mobili, roccia e fanghi argillosi ci sbarrano la strada verso le rocce di fondazione”. A New York, nel 1931, fu completato l'Empire State Building, che tutti conoscono per essere stato il grattacielo più alto del mondo fino agli anni Settanta, quando furono costruite le Torri Gemelle del World Trade Center. Alto 381 metri (senza antenna), fu costruito dagli architetti Shreve, Lamb & Harmon, che fecero realizzare fondazioni in cemento profonde quasi 17 metri, con centinaia di operai che scavarono per giorni attraverso la roccia, per garantire un supporto solido a quell'enorme struttura in acciaio. La voglia di toccare il cielo di New York non cessa ed ecco che viene eretto il World Trade Center, un complesso di sette edifici tra cui le Torri Gemelle, tristemente famose per essere state distrutte dall'attentato dell'11 settembre 2001. Erano alte più di 410 metri e le fondazioni che vennero costruite da Minoru Yamasaki & Associates e da Emery Roth & Sons erano stupefacenti. Affondavano nel basamento roccioso a oltre 21 metri e, nel sito delle torri, sono stati rimossi più di 914 m2 di terra e roccia per far posto a fondamenta lunghe 298,7 metri e larghe 155,4. Venne utilizzato il metodo della trincea scavata con fanghi bentonitici, che serve a creare delle barriere sotterranee per evitare di compromettere le fondamenta degli edifici e delle strade Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 25 C Colori compositi M Y CM MY CY CMY K ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 26 C M Y CM MY CY CMY K 28 nelle vicinanze. Le fondamenta del cosiddetto “WTC” sono chiamate, negli Stati Uniti, bathtub, “vasca da bagno”, perché la gigantesca struttura serve a proteggere la zona di Lower Manhattan da eventuali fughe d'acqua provenienti dal fiume Hudson. Una struttura piuttosto fragile ma che ha resistito al crollo delle torri, pur presentando problemi in fase di ricostruzione a Ground Zero. Trevi Icos, società americana del Gruppo Trevi, è intervenuta proprio per il consolidamento del terreno di quest'area ricca di significato nell'immaginario americano e del mondo intero. Ad oggi, è sempre più l'Oriente a vantare grandi strutture che colpiscono l'occhio anche del più “profano” osservatore. Il grattacielo Burj Khalifa di Dubai, negli Emirati Arabi, è stato ufficialmente aperto al pubblico nel 2010 ed è attualmente l'edificio più alto del mondo (828 metri con antenna), ma non è da meno la Mecca Royal Hotel Clock Tower a La Mecca, in Arabia Saudita, alta 601 metri con l'antenna. In entrambi i casi sono stati necessari studi in sito e campionamenti del sottosuolo prima di poter costruire le fondazioni e la struttura portante. Per il terzo edificio più alto del mondo, il Taipei 101 (508 metri) a Taiwan, sono state realizzate analoghe ricerche. In questo caso, si è optato per fondazioni su pali a una profondità di 30 metri, con prove di carico e installazioni di prova dei pezzi. Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 27 C M Y CM MY CY CMY K 29 Ma le straordinarie evoluzioni delle fondazioni non sono solo quelle visibili agli occhi, ma soprattutto quelle che non si vedono e si “nascondono” nel sottosuolo, frutto dell’impegno, dell'applicazione e della cura di tante persone che oggi lavorano per costruire fondamenta sempre più solide e sofisticate. L'abbiamo ricordato: nel 2012, è stato il Gruppo Trevi ad aggiudicarsi il record delle fondazioni più profonde, grazie alla messa a punto da parte di Soilmec dell'Idrofresa “Tiger”, che permette di realizzare scavi fino a 250 metri di profondità, un limite mai raggiunto prima. Le sfide della geotecnica potranno quindi essere affrontate e vinte, specialmente nel settore delle infrastrutture idrauliche. Come dire: stiamo raggiungendo nuove vette, anche quelle più impensabili, anche quelle che non si sviluppano verso il cielo, ma verso ciò che si trova proprio sotto i nostri piedi e sostiene le nostre case, i nostri uffici, le nostre grandi strutture. Cosa ci riserva il futuro nel campo delle fondazioni? Certo è che la storia stessa, che abbiamo visto, ci insegna a far tesoro delle conoscenze e delle tecniche del passato, ma anche a non “adagiarsi” mai e a cercare sempre l'evoluzione e il progresso, perché grandi risultati possono essere ottenuti tramite la collaborazione, la ricerca, la messa a punto di tecniche sempre nuove. Ormai lo sappiamo: solo sulle basi più solide si costruisce qualcosa di veramente grande e duraturo. Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 28 C M Y CM MY CY CMY K 30 Grattacieli Sin dal medioevo la tendenza dell'architettura sia essa residenziale o militare, era sviluppare verso l'alto, costruire la torre più alta, ma l'altezza di questi edifici era fortemente limitata dalle dimensioni massicce e pesanti delle fondazioni. Nel XIX secolo grazie alla capacità di produrre acciaio industrialmente, all'invenzione di ascensori sicuri ed efficienti unitamente allo sviluppo delle tecniche di misurazione ed analisi di carichi strutturali è stato possibile progettare strutture alte fino al cielo: i grattacieli. La progettazione di un grattacielo implica la creazione di una struttura che sia in grado di sostenere il carico verticale e che ne garantisca resistenza e flessibilità tali da resistere ad un forte vento e non ondeggiare in maniera eccessiva tale da causare agli occupanti malessere fisico o emotivo. Il processo edilizio può essere suddiviso in tre stadi: Una sotto-costruzione, la sovrastruttura e le coperture esterne. Le fondazioni, solitamente costituite da pali o cassoni, penetrano attraverso gli strati superiori del terreno e si estendono basso fino a substrato roccioso. Delle travi metalliche vengono appoggiate allo strato di roccia per garantire sostegno e ancoraggio all'edificio. Una volta che l'armatura in acciaio è stata posizionata si procede a coprirne l'intera struttura con calcestruzzo. La sovrastruttura di un grattacielo è come un vero e proprio scheletro in acciaio. Ogni piano è composto da colonne verticali metalliche collegate a traverse orizzontali creando una struttura solida e flessibile. Negli edifici di maggiori dimensioni vengono poste anche delle travi diagonali per dare resistenza supplementare allo scheletro. Le coperture esterne invece non sono strutturali ma semplicemente ne racchiudono la struttura. Essi possono esser realizzati con pannelli di differenti materiali come vetro, Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 29 C M Y CM MY CY CMY K 31 metallo o lastre di materiali rocciosi. All'inizio del XX secolo cominciò una vera e propria gara per chi costruisse l'edificio più alto del mondo, in tutti gli Stati Uniti le multinazionali costruirono grattacieli per il loro valore promozionale in grado di dare notorietà e aumentare il prestigio. Dopo la prima guerra mondiale si è verificato negli Stati Uniti un vero boom del mercato immobiliare, con un particolare impulso alla costruzione di nuovi grattacieli nelle città di New York e Chicago. In particolar modo in un paio d'anni, tra il 1930 e il 1931, vi fu un vero e proprio “spareggio” con colpi di scena e finale a sorpresa. La gravità divenne obsoleta. Come in un moto di orgoglio al crollo della borsa di Wall Street del 1929 la Banca di Manhattan completò in tempistiche eccezionali la costruzione del grattacielo più alto mai costruito a New York. Sotto la supervisione dell'architetto H. Craig Severance la costruzione del Trump Building (conosciuto anche con il suo indirizzo: 40° Wall Street Building) cominciò nel maggio 1929 e venne ufficialmente inaugurato il 26 maggio 1930, solo 12 mesi dopo. L'edificio architettonicamente può essere considerato una moderna interpretazione di gotico francese. Dal centro del suo gigantesco basamento parte una torre centrale che culmina in un calotta metallica di colore verde fino ad un altezza complessiva di 283 m suddivisi in 71 piani. Sfortunatamente per Severance nello stesso periodo venne commissionato al suo exsocio William Van Alen il design dell'edificio Chrysler. Walter Percy Chrysler (18751940) nacque a Wamego, Kansas, e presto comincio a lavorare macchinista e meccanico. Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 30 C M Y CM MY CY CMY K 32 Passò alle case automobilistiche, sua vera passione e dopo una rapida carriera in Buick e General Motor gli venne affidata la riorganizzazione della società automobilistica MaxwellChambers e dopo cinque anni, nel 1925, l'assorbì nella neonata Chrysler Corporation. Per Walter P. Chrysler la costruzione dell'edificio più alto del mondo rappresentava un vero status simbolo. I lavori di fondazione cominciarono l'11 novembre 1928, e vennero rimossi in loco oltre 75000 tonnellate di rocce e terreni, dopo l'escavazione venne versato calcestruzzo fino alla profondità di 21 m al di sotto di Lexington Avenue. La costruzione della sovrastruttura in acciaio iniziò il marzo e a settembre venne posata l'ultima trave strutturale con una incredibile produzione settimanale di quattro piani. L'esterno è considerato un tour-de-force di Art Deco e l'abbondanza di utilizzo in ogni sezione di acciao Nirosta ne fa uno dei grattacieli più interessanti in assoluto. Il grattacielo della 40° Wall Street si sviluppava per settanta piani per un altezza di 282 m mentre il Chrysler Colori compositi ParteUNO 15-12-2014 15:08 Pagina 31 C M Y CM MY CY CMY K 33 Building era 77 piani per un altezza totale di 262 m. Per un attimo sembrò che Severance avesse vinto ma accadde l'impensabile. Venne segretamente trasportata e montata all'interno della torre Chrysler una guglia in acciaio lunga 56 m. Solo pochi mesi dopo il giorno di apertura del Trump Building venne eretta la guglia della Chrysler in cima all'edificio e in circa 90 minuti la gara dell'anno fu decisa: il Chrysler Building con i suoi 319 m è fu ufficialmente dichiarato il "più alto edificio del mondo". Il Chrysler rappresenta un monumento di un'epoca; è il ninnolo d'argento sul braccialetto di Manhattan, ma non avrebbe tenuto questo titolo per molto tempo: un anno dopo l'Empire State Building fu eretto. Il progetto dell' Empire State Building fu commissionato al rinomato studio di architettura di New York di Shreve, Lamb & Harmon. Il sito prescelto per il grattacielo era originalmente occupato dal Waldorf-Astoria hotel. La demolizione della struttura iniziò nell'ottobre 1929 e i lavori di costruzione delle fondazioni dell'Empire State building cominciarono ufficialmente il 17 marzo 1930. Enormi blocchi di cemento sono vennero posizionati 17 m al di sotto del marciapiede come base per le colonne di fondazione in acciaio più grandi mai realizzati, ciascuno del peso di oltre dodici tonnellate. Il grattacielo è un colosso in stile Art Deco, la sua facciata e stata composta con Indiana limestone, acciaio inox, alluminio, granito e vetro. L'Empire State Building venne inaugurato al pubblico con grande enfasi il 1 maggio 1931. Per la prima volta il numero totale di piani in un grattacielo conterrebbe tre cifre e con 102 piani e 443 m di altezza l'Empire State Building divenne per oltre 40 anni il grattacielo più alto del mondo, fino alla costruzione del del World Trade Center Torre Nord alla fine del 1970. Rif. Bibliografici: The American Skyscraper, 1850-1940: A Celebration of Height by Joseph J. Korom www.madehow.com/Volume6/Skyscraper Colori compositi MT-22 “ Pali Trevisani” Una delle prime attrezzature cingolate battipalo ParteDUE 15-12-2014 15:18 Pagina 1 C 34 Colori compositi M Y CM MY CY CMY K ParteDUE 15-12-2014 15:18 Pagina 2 C M Y CM MY CY CMY K 3. Cap. Il Gruppo Trevi e Soilmec: un successo che parte dalle basi Il Gruppo Trevi è leader nel settore delle fondazioni speciali, sia per quanto riguarda i servizi offerti sia per i macchinari realizzati dalla divisione meccanica Soilmec S.p.A. Il Gruppo rientra, inoltre, tra i protagonisti nel settore delle perforazioni petrolifere. Ma per raccontare bene una grande storia bisogna partire sempre dall'inizio, perché sono i singoli passi che si compiono a tracciare la via verso il successo. E l'inizio del cammino del Gruppo inizia nel 1957, quando Davide Trevisani fonda, a Cesena, l' “Impresa Palificazioni Trevisani Geom. Davide”. Impossibile prevedere come, nel giro di una manciata di anni, la determinazione, la ricerca incessante dell'eccellenza e la passione che si mette solo quando si vuole davvero raggiungere un obiettivo avrebbero portato a straordinari risultati anche a livello mondiale. Si stavano compiendo quei passi che, uno dopo l'altro, sarebbero diventati i capitoli più illustri della storia dell'azienda. Ripercorriamo insieme le tappe più salienti della vita del Gruppo Trevi fino a oggi. La grande svolta per l'internazionalizzazione dell'azienda è la commessa per la realizzazione delle fondazioni dell'Apapa Road, in Nigeria. Si tratta di una grande arteria in prossimità di Lagos, su cui passano migliaia di persone ogni giorno poiché collega la città portuale con il resto del Paese. Un primo incarico internazionale di grande responsabilità, dunque: la prova che quando si investe in ciò che si crede e si collabora con impegno e passione, se ne raccolgono presto i frutti. Quel risultato non può Colori compositi ParteDUE 15-12-2014 15:18 Pagina 3 C 36 Colori compositi M Y CM MY CY CMY K ParteDUE 15-12-2014 15:18 Pagina 4 C M Y CM MY CY CMY K 37 che spingere a insistere ancora di più sull'innovazione tecnologica. Davide e il fratello Gianluigi decidono allora di fondare Soilmec S.p.A., che ha fatto della costruzione di macchinari e impianti altamente tecnologici per l'ingegneria del sottosuolo la sua missione. Gli anni Settanta sono costellati di sfide accettate e vinte. Nel 1971, il Gruppo Trevi ottiene il contratto per costruire, in Argentina, le fondazioni dei ponti sul fiume Paraná, lungo quasi cinquemila chilometri e che attraversa il Brasile, il Paraguay e l'Argentina. La maggior parte del corso d'acqua è navigabile e viene utilizzato soprattutto per le attività legate alla pesca. È in quest'occasione che viene fondata la Pilotes Trevi sacims, che opera da ormai oltre quarant'anni per la costruzione di fondazioni speciali e di infrastrutture. La missione è di costruire le fondazioni per i ponti sospesi, stradali e ferroviari, di Zárate-Brazo Largo, che collegano Zárate e Brazo Largo. Questa struttura è poi diventata un'importante (e imponente) via di comunicazione tra la provincia a sud di Entre Ríos e quella a nord di Buenos Aires. Si tratta dei primissimi ponti strallati di grande luce del mondo, ovvero un particolare di ponte sospeso, in cui l'impalcato è sorretto da cavi ancorati a piloni. Qui il Gruppo Trevi ottiene un importante primato: per la prima volta vengono scavati pali da 2,2 metri di diametro in acqua, alla profondità di ben 74 metri. Non è un caso quindi se, in seguito, gli interventi in Argentina del Gruppo aumenteranno a dismisura, superando ormai ampiamente i trecento: citiamo, per esempio, le fondazioni per il ponte Rosario-Victoria (nel 2003), che collega la città di Rosario (in provincia di Santa Fè) e Victoria (in provincia di Entre Ríos), per cui sono stati realizzati 630 piloni in acqua lunghi fino a 50 metri; o la realizzazione di numerose dighe tra cui quella di Los Caracoles (2007), in provincia di San Juan. Nel 1976, il Gruppo ottiene il contratto per realizzare le nuove banchine del porto di Bandar-Abbas, la città portuale più importante dell'Iran affacciata sullo stretto di Hormuz, che chiude il Golfo Persico. Colori compositi ParteDUE 15-12-2014 15:18 Pagina 5 C M Y CM MY CY CMY K 38 Sfortunatamente, i lavori non poterono essere completati a causa della rivoluzione khomeinista, ma nel 2001 la Port Authority iraniana ha commissionato al gruppo cesenate l'ampliamento del porto: un dato significativo che sottolinea la capacità di fidelizzazione dell'azienda. Oggi il nuovo porto di Bandar Abbas, chiamato Shahid Rajaee Special Economic Zone, copre un'area di 20 km2 e consente di immagazzinare una grandissima quantità di merci e di effettuare le operazioni di carico e di scarico con rapidità. Il 1979 è un anno di grandi innovazioni tecnologiche. Viene realizzato e brevettato un macchinario sofisticato, il Vibrotrevi, che permette di “piantare” i pali battuti in sito senza dover asportare il terreno, arrivando a profondità di 25-27 metri, per tubi il cui diametro può variare dai 335 ai 610 millimetri. Il Gruppo Trevi concepisce, poi, la tecnologia Trelicon: questo tipo di palo permette di evitare la decompressione del terreno e l'utilizzo di fanghi bentonitici di perforazione. I pregi? Niente vibrazioni, pochissime emissioni acustiche, perfetto per le trivellazioni nei centri urbani. Lo smaltimento del materiale di risulta è facilitato, la varietà dei diametri e delle lunghezze dei tubi è ampia. Colori compositi ParteDUE 15-12-2014 15:18 Pagina 6 C M Y CM MY CY CMY K 39 Una nuova importante commessa getta le basi per una proficua collaborazione con l'allora concorrente Ing. Giovanni Rodio & C.: la realizzazione della diga di Khao Laem, in Thailandia. Ci troviamo a poche centinaia di chilometri da Bangkok, sul fiume Quae Noi, nei pressi del confine con la Birmania. La Thailandia desiderava sfruttare al meglio le proprie risorse idriche per dipendere il meno possibile dall'importazione di petrolio: da qui l'idea di costruire una diga con rivestimento in calcestruzzo, alta 90 metri e lunga 1000, per fornire energia elettrica e acqua per l'irrigazione a buona parte del Paese. Il Gruppo Trevi si occupa delle perforazioni e delle iniezioni per le costruzioni delle gallerie di spalla destra, mentre Trevi-Rodio costruisce il diaframma (un tipo di paratia in calcestruzzo) ed effettua le perforazioni e le iniezioni per la costruzione della diga stessa. Una collaborazione, questa, che sfocerà in una vera e propria acquisizione da parte del Gruppo Trevi di Ing. Giovanni Rodio & C., arricchendo il capitale di know-how del Gruppo. Infatti, la Società “Ing. Giovanni Rodio & C. Impresa Costruzioni” rappresentava una vera e propria pietra miliare nel campo dell'ingegneria civile ai suoi albori: fondata nel 1921 e forte dell'amicizia del fondatore con l'ingegner Karl Terzaghi, metteva per la prima volta in pratica questa scienza. Inevitabile la sinergia che sarebbe poi scaturita dall'incontro con il Gruppo Trevi, se si pensa alla natura già internazionale della Società e alla passione condivisa per l'innovazione tecnologica. Ricordiamo che si deve all'Ing. Giovanni Rodio & C. il brevetto del “palo lubrificato”, che non viene influenzato dagli assestamenti del terreno; la realizzazione delle prime miscele tixotropiche e chimiche per il miglioramento delle caratteristiche del terreno; il brevetto Rodio-Dehottay, per il congelamento del terreno con anidride carbonica, impiegato nel 1937 per l'Ara Pacis Augustae a Roma; l'esecuzione di pali di grandi dimensioni, ma anche i piccoli “micropali tubfix”. Insomma, tutta l'esperienza maturata in passato nel settore è passata nelle mani del Gruppo Trevi che gestisce questo capitale di competenze con rinnovata energia. Ma sono solo gli inizi di una lunga scalata verso successi sempre più soddisfacenti. Nel 1990, il Gruppo aveva già brevettato il Reinforced Protective Umbrella Trevi Method, una speciale tecnologia per lo scavo di gallerie in terreni sciolti, con gli impianti realizzati da Soilmec S.p.A.. Quell'anno, il Giappone, tecnologicamente Colori compositi ParteDUE 15-12-2014 15:18 Pagina 7 C M Y CM MY CY CMY K 40 avanzatissimo, importa metodo e attrezzature per l'Hasaki Tunnel & Bridge, un complesso progetto per la costruzione di ponti e tunnel sull'autostrada Hokuriku Expressway, nei pressi della città portuale di Niigata. Due anni dopo, la Trevi Construction Co. Ltd. di Hong Kong, appartenente al Gruppo Trevi, ottiene due contratti riguardanti la realizzazione della diga di Ertan, sul fiume Yalong, nella Repubblica Popolare Cinese. Un'occasione speciale per affermare la propria presenza in Oriente. Da una parte, viene realizzato un diaframma impermeabile per i cofferdam a monte e a valle. Dall'altra, il terreno roccioso che ospita le fondazioni della diga viene consolidato, impermeabilizzato e drenato. La centrale elettrica della diga dispone di sei generatori che possono produrre fino a 3300 MW di energia, che la rende la centrale più grande e potente della Cina. Il Gruppo si è avvalso di un team internazionale, con costruttori provenienti da tutti e cinque i continenti che hanno lavorato per portare a compimento questa mastodontica opera, alta 240 metri e lunga 774,7, nella top ten delle dighe più alte del mondo. Insomma, una tappa importante per il Gruppo, che ha segnato diversi record. Nel contempo, più precisamente nel 1994, al Gruppo Trevi veniva affidato anche un progetto di grande importanza culturale, e dal sapore, questa volta, tutto italiano: il consolidamento della Torre di Pisa, edificio di alto valore storico, uno tra i più importanti simboli dell'Italia all'estero. Ma di questo parleremo più avanti: il delicato intreccio tra innovazione tecnologica e arte merita un approfondimento a sé. Ma quello della Torre di Pisa non è l'unico grande restauro a cui il Gruppo Trevi ha dato il proprio contributo. La partecipazione, nel 1996, alla costruzione della nuova biblioteca di Alessandria, in Egitto, simboleggia l'importanza attribuita dall'azienda alla salvaguardia della cultura e dei beni artistici. La storia di questa biblioteca è nota: costruita attorno al III secolo a.C., sotto il regno di Tolomeo II Filadelfo, conteneva una grandissima quantità di opere dense di sapere. Un patrimonio dal valore inestimabile, almeno fino a quando, probabilmente prima del VII secolo d.C., andò distrutto in un incendio. Nel 1990, il governo egiziano annuncia una collaborazione con l'UNESCO per riportare la biblioteca ai suoi antichi fasti e riaffermare il suo grande valore culturale in tutto il mondo. La Bibliotheca Alexandrina risorge, quindi, Colori compositi ParteDUE 15-12-2014 15:18 Pagina 8 C M Y CM MY CY CMY K 41 come un'araba fenice dalle sue antiche ceneri, e con un'architettura all'avanguardia. Nel cuore di Alessandria, grande città che si affaccia sul Mar Mediterraneo, la nuova e moderna biblioteca ha acquisito circa quattro milioni di libri più alcune preziosissime collezioni di manoscritti egiziani. L'edificio principale si compone di monolito e granito grezzo, con incisioni degli alfabeti antichi e moderni di tutte le lingue del mondo, mentre la struttura in toto è in acciaio e possiede schermi in alluminio che racchiudono un doppio vetro antiriflesso per proteggere l'interno dalla luce del sole. Nel complesso, la Bibliotheca Alexandrina occupa 85,000 m2 e al suo interno si trovano gli immensi scaffali che ospitano le opere, un istituto per la conservazione e il restauro degli antichi manoscritti (era una delle funzioni dell'antica biblioteca), un'enorme sala di lettura (duemila postazioni), una biblioteca per l'infanzia, un museo della scienza e una scuola di informatica. Il Gruppo Trevi partecipa quindi non solo alla realizzazione di una grande e moderna struttura, ma a un vero e proprio avvenimento culturale di spicco, volto a riportare in vita e a omaggiare un'antica istituzione, rifondandola con un'ispirazione fresca e che guarda al futuro. Il desiderio del re Tolomeo II di “raccogliere tutti i libri del mondo” in quell'unica biblioteca potrebbe realizzarsi proprio nel nostro presente, grazie alla dimensione internazionale che caratterizza la nuova biblioteca di Alessandria. Nel 2003, il Gruppo Trevi collabora con l'UNESCO anche per un altro grande restauro, ovvero quello dei Buddha di Bamiyan, in Afghanistan. La distruzione delle due gigantesche statue da parte del regime talebano ha seriamente compromesso la stabilità del sito. Il Gruppo interviene per restaurare ciò che rimane e preparare l'area a un'eventuale ricostruzione. Ma ne parleremo più avanti: l'impegno necessario per garantire la solidità del sito merita di essere descritto in dettaglio. Nell'ultimo decennio, si sono susseguiti uno dopo l'altro importanti interventi, soprattutto negli Stati Uniti. Il Gruppo ha partecipato alla costruzione della Central Artery di Boston, detta anche the Big Dig (“il grande scavo”), un vero e proprio “megaprogetto” per convertire l'autostrada Interstate 93 (la principale autostrada della città di Boston) in un lunghissimo tunnel (quasi 6 km) sotto la città. Si è trattato di una delle infrastrutture più complesse mai state realizzate negli Stati Uniti e si componeva di due principali progetti: l'autostrada esistente, a sei corsie, viene Colori compositi ParteDUE 15-12-2014 15:18 Pagina 9 C M Y CM MY CY CMY K 42 rimpiazzata da un'autostrada sotterranea e da due ponti che attraversano il Charles River a nord del percorso; in più, l'Interstate 90 viene estesa tramite lo scavo di un tunnel fino al Logan Airport di Boston. Nel 2003, il Gruppo partecipa al consolidamento delle dighe di Walter F. George e Tuttle Creek. La prima, nel grande lago Walter F. George, che percorre più di 136 km e separa lo stato della Georgia da quello dell'Alabama. Il progetto richiedeva la costruzione del diaframma, con l'utilizzo delle tecnologie innovative in possesso dell'azienda nella parte superiore della diga situata sul fiume Chattahoochee. L'ottimo lavoro fatto dal Gruppo (controlli con piezometro hanno dimostrato la diminuzione significativa delle infiltrazioni) ha posto le basi per l'acquisizione di nuovi contratti per la realizzazione di altre tre dighe. A differenza del diaframma della diga di Walter F. George, che è plastico, per la diga nel lago di Tuttle Creek, in Kansas, sono stati realizzati 350 diaframmi di bentonite e calcestruzzo, lunghi 13,7 metri e profondi 21, perpendicolari all'asse della diga. Nel contratto, erano inclusi anche la costruzione della pedana di lavoro, il restauro del terrapieno a valle e il rivestimento della parte a monte della diga. Nel 2010, il Gruppo Trevi ha ottenuto commesse per la realizzazione di opere presso due delle università più importanti degli Stati Uniti, quella di Harvard e del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Nel primo caso, il compito è stato di costruire un diaframma per l'Harvard Art Museum (Massachusetts), un museo progettato dal celebre architetto Renzo Piano. La struttura viene estesa a formare un unico grande edificio per ospitare tre musei già esistenti: il Fogg Art Museum, il museo più antico di Harvard, con collezioni appartenenti al Rinascimento e ai Preraffaeliti); il Busch-Reisinger Museum, l'unico in Nord America dedicato all'arte germanica di tutte le correnti artistiche e di tutte le epoche; e, infine, l'Arthur M. Sackler Museum, dedicato all'arte asiatica, con collezioni che racchiudono, tra gli altri, bronzi cinesi e sculture provenienti da templi buddisti. Un compito delicato, dunque, che si intreccia con la rilevanza storico-artistica del sito e caratterizzato anche da difficoltà legate alla complessa geologia del terreno e al poco tempo a disposizione (il lavoro doveva essere terminato entro fine 2010). Il completamento Colori compositi ParteDUE 15-12-2014 15:18 Pagina 10 C M Y CM MY CY CMY K 43 di quest'intervento non è che un'ulteriore conferma delle competenze tecnologiche e della professionalità del Gruppo. Inoltre, sempre a Boston, il Gruppo realizza diaframmi di fondazione per il MIT, università di ricerca famosa in tutto il mondo. Infine, ricordiamo un intervento del Gruppo Trevi che ha ricevuto l'interesse dei media in Italia e all'estero. A New York, il Gruppo ha realizzato il diaframma per le fondazioni del nuovo centro trasporti del World Trade Center, caratterizzato da circa 1 km di gallerie per pedoni. Come è facile immaginare, questo progetto è carico non solo di tante aspettative e di volontà di dare il meglio, ma anche di fattori emotivi radicati nell'importanza ideologica che ha assunto il sito dalla distruzione delle Torri Gemelle nel 2001. Il lavoro, terminato nel 2007, ha quindi presentato difficoltà a livello emotivo ma anche a livello pratico, dato che il sottosuolo dell'area si compone di roccia e di strati inclinati, difficili da trattare. Eppure, anche questa volta, il Gruppo ha accettato la sfida, e l'ha vinta. I macchinari progettati da Soilmec S.p.A. sono stati importati nella Grande Mela, calibrati al millimetro in previsione del lavoro da eseguire. Precisione e impegno hanno portato il progetto al successo: oggi possiamo dire che le fondazioni del nuovo World Trade Center, e la volontà di rinascita del sito, sono più forti di prima. Riconosciuto leader mondiale dell'ingegneria del sottosuolo, il Gruppo Trevi continua a crescere, a sviluppare l'innovazione tecnologica oltre i limiti, a ottenere successi in tutto il mondo. Le persone che fanno parte di questo grande team internazionale, di 43 etnie differenti, aumentano di anno in anno e, nel 2012, si è arrivati a toccare la soglia dei 6,689 dipendenti. Ciò che caratterizza l'azienda sono anche e soprattutto i suoi orizzonti internazionali: le divisioni servizi del gruppo sono presenti negli Stati Uniti, in Canada, a Panama, in Colombia, Venezuela, Perù, Cile, Brasile, Argentina, Germania, Svezia, Danimarca, Austria, Italia, Turchia, Algeria, Nigeria, Angola, Mozambico, Iran, Oman, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait, Arabia Saudita, Hong Kong, Filippine, Australia e Nuova Zelanda; per non parlare della divisione metalmeccanica, presente negli Stati Uniti, in Colombia, Brasile, Francia, Regno Unito, Italia, Germania, Egitto, Iraq, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Russia, Bielorussia, Cina, Hong Kong, Giappone, India, Singapore e Australia. Colori compositi ParteDUE 15-12-2014 15:18 Pagina 11 C M Y CM MY CY CMY K 44 Una vocazione internazionale che si traduce in un interesse a trecentosessanta gradi su quanto può essere fatto per portare l'ingegneria del sottosuolo verso nuovi orizzonti di innovazione, garantendo il massimo grado di sicurezza e di efficienza, nel rispetto di ciò che può e deve essere salvaguardato. Pensiamo alla partecipazione del Gruppo a numerosi progetti di solidarietà in tutto il mondo, raggruppati sotto il grande progetto “Social Value”, come “Acqua per la vita”, per cui l'azienda ha donato un impianto di ricerca e perforazione per la realizzazione e la manutenzione di nuovi pozzi d'acqua in Uganda e Sudan. O ancora, il sostegno all'orfanotrofio di Vayalur, in India, nel quadro del progetto “Mariella Children's Home”; la costruzione e la gestione di un nuovo Centro Nutrizionale e un punto d'acqua a Cité Soleil a Haiti, o il progetto “Colora l'energia”, che ha coinvolto gli studenti delle scuole elementari, medie inferiori e superiori cesenati in un concorso pittorico sul tema delle energie rinnovabili. Anche l'etica, dunque, è uno dei pilastri su cui si fonda l'azienda, rendendola un'impresa professionale ed eclettica, e anche “buona”. Ci sono poi interventi che non solo vanno a sfiorare le corde dell'emotività di ognuno di noi ma riguardano direttamente il nostro passato, e soprattutto l'importanza della sua salvaguardia. Il Gruppo considera molto seriamente la protezione delle testimonianze storiche e lo dimostra con i fatti: nel prossimo capitolo, vi presentiamo due casi in cui il Gruppo Trevi ha messo le proprie capacità al servizio di questo importante e delicato scopo. Colori compositi ParteDUE 15-12-2014 15:18 Pagina 12 C M Y CM MY CY CMY K 45 Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 1 C 46 Colori compositi M Y CM MY CY CMY K ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 2 C M Y CM MY CY CMY K 4. Cap. Storia, arte e ingegneria: i grandi restauri del Gruppo Trevi Qual è l'importanza del passato? In cosa può esserci utile conservare e tramandare la memoria di ciò che è stato, le testimonianze dei nostri predecessori, le conoscenze che si nascondono dietro a un'opera di grande rilievo artistico e storico? Sono domande, queste, che ci si deve porre, se si vuole comprendere appieno l'impegno e la passione necessari per salvaguardare le testimonianze storiche. Attraverso il nostro viaggio nel tempo, dalle primissime fondazioni a quelle più sofisticate e moderne, abbiamo avuto modo di notare come ogni piccolo passo compiuto nella storia dagli uomini e dalle donne che l'hanno costruita ha contribuito a inserire un importante tassello del monumentale edificio che è il nostro passato, un edificio che non smette mai di svettare verso l'alto. Ma cosa sarebbe questo edificio se ad esso mancassero le fondamenta? O se non si lavorasse costantemente per tenerle monitorate, per sapere cosa può danneggiarle e come conservarle efficacemente nel tempo? Questa è l'importanza della storia. Determinate scoperte fatte in un passato molto lontano possono essere ritrovate, con la stessa velocità con cui erano state dimenticate. L'abbiamo visto: certe tecniche di fondazione utilizzate secoli fa sono usate ancora oggi, modernizzate, migliorate, sviluppate. L'umanità, nel corso della sua esistenza, è stata in grado di fare grandi cose, che spesso sono ancora (e devono essere) sotto gli occhi di tutti. Il Gruppo Trevi opera anche affinché ciò che di importante ci ha lasciato il passato non vada perduto. Gli interventi effettuati in tal senso sono tanti, ma due sono quelli Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 3 C M Y CM MY CY CMY K 48 più rappresentativi. Da una parte, il restauro delle fondazioni della Torre di Pisa, dal 1990 al 2002, in Italia. E poi il consolidamento e recupero del sito archeologico che ospitava due statue di Buddha nella valle di Bamiyan, in Afhanistan, nel 2001: una struttura forse meno conosciuta della prima, ma che simboleggia la necessità e l'urgenza della salvaguardia di beni storico-artistici a livello internazionale. Occidente e Oriente, dunque, zone lontane geograficamente, con un passato culturale diverso, eppure così vicine nella missione di tutelare un'eredità storica e artistica di un'importanza che trascende logiche politiche o economiche appartenenti al nostro presente. La nostra identità è nostra responsabilità, ma è definita anche dall'eredità che ci è stata lasciata da chi ci ha preceduto. L'UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura) che mantiene la lista dei patrimoni dell'umanità, tra essi annovera Piazza dei Miracoli, di fronte alla Torre di Pisa, e ha commissionato il restauro dei Buddha di Bamiyan. La convenzione internazionale del 1972, che definisce un sito come patrimonio dell'umanità, lo descrive come “il legame tra il nostro passato, ciò che siamo ora, e ciò che passeremo alle generazioni future”. In queste parole è racchiuso tutto il senso dell'importanza della salvaguardia dei beni storico-artistici che sono arrivati fino a noi. Il Gruppo Trevi si è impegnato al fine di mantenere solido e forte questo legame. Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 4 C M Y CM MY CY CMY K 49 Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 5 C M Y CM MY CY CMY K 50 4.1 Il grande restauro della Torre di Pisa La Cattedrale di Santa Maria Assunta, il Battistero di San Giovanni, il Campo Santo, e poi quel Campanile, noto ai più come “torre pendente di Pisa”, che agli occhi del turista profano di architettura e di ingegneria sembra sfidare ogni legge di gravità. Monumenti di rara bellezza, da cui Gabriele d'Annunzio rimase talmente colpito da scrivere, nel 1910, nel romanzo Forse che sì, forse che no: “l'Ardea roteò nel cielo di Cristo, sul prato dei Miracoli”. Da allora, la piazza del Duomo di Pisa è comunemente chiamata “piazza dei Miracoli”: perché quelle straordinarie opere di cui è costellata appaiono per la loro unicità come dei miracoli. Quella che tutti conoscono come “la torre pendente di Pisa” è, dunque, il campanile della Cattedrale di Santa Maria Assunta e troneggia sull'altrettanto celebre Piazza dei Miracoli. I lavori per la costruzione iniziarono nel 1173. La paternità dell'opera non è certa, ma è solitamente attribuita allo scultore Bonanno Pisano, il cui nome è stato ritrovato su un'urna a seguito di scavi archeologici. I lavori vennero interrotti pochi anni dopo, mentre veniva costruito il terzo piano. Le ragioni di questa interruzione non sono chiare: alcuni sostengono che la causa sia stata un primo cedimento del Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 6 C M Y CM MY CY CMY K 51 terreno, altri che diverbi di natura politica o economica abbiano portato ad abbandonare l'opera. Sembra comunque che i primi tre piani presentassero già una pendenza a poco tempo di distanza dall'inizio della costruzione. Nel 1275, l'ingegnere Giovanni di Simone prese in mano le redini del progetto e ne compì buona parte (aggiunse tre piani), apparentemente nel tentativo di “raddrizzare” la torre, come si può supporre a osservare l'inclinazione della struttura dal terzo piano in poi. Neanche in questo caso si riuscì però a portare i lavori a compimento, cui si arrivò soltanto a metà del XIV secolo, con l'aggiunta della cella campanaria da parte di Giovanni Pisano. La torre è alta circa 60 metri. Costituita da un corpo cilindrico di muratura, la sua struttura si compone di loggiati di archi e colonne. L'esterno è diviso in otto segmenti, detti “ordini”, ovvero il basamento, sei balconate e la cella campanaria. Quest'ultima è a cielo aperto ed è collegata al piano terra, ovvero alla cosiddetta Sala del Pesce (che deve questo nome a un bassorilievo che rappresenta un pesce), tramite tre rampe di scale e l'ultima, a chiocciola, è composta da 293 scalini e porta alla sommità. Il terreno sottostante è composto da una varietà di stratificazioni. In generale, si parla di un sottosuolo fatto di limi, argille e sabbie fini. Le stratificazioni possono essere divise in tre “complessi” differenti: il primo, detto Complesso A, è composto di limi, argille e sabbie che arrivano a una profondità di 10 metri. A sud della torre le sabbie s o n o particolarmente fini e quindi più suscettibili alla compressione; questa dovrebbe essere la ragione della pendenza Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 7 C M Y CM MY CY CMY K 52 iniziale della torre. Al contrario, il Complesso B, a una profondità di 40 metri, è composto prevalentemente di terreno argilloso, mentre il Complesso C si compone di sabbie inferiori, a una profondità di circa 70 metri. Dunque, la pendenza della torre è dovuta a due ordini di cause: da una parte il sottosuolo di sabbie fini, che per sua natura ha tendenza a essere facilmente compresso; dall'altra, il peso stesso della torre ha causato una deformazione proprio sotto di essa, in cui la superficie che separa le sabbie superiori dalle argille è minima. Non si può quindi attribuire l'inclinazione a una rottura delle fondazioni, bensì alle caratteristiche intrinseche dell'area in cui la torre è stata costruita. Come abbiamo visto, l'inclinazione della torre è evidente sin da poco tempo dopo la sua costruzione e ben prima del suo completamento. Ecco perché, nel corso dei secoli, sono state formate vere e proprie commissioni con l'incarico di trovare una soluzione al problema, avendo cura di non danneggiare l'opera. Un compito delicato, talmente delicato che le varie commissioni si sono succedute una dopo l'altra fino ai tempi recenti, senza apportare soluzioni significative. La primissima commissione, formata da due magistri lapidum e da un magister lignaminis (esperti di muratura e di legno), viene instaurata nel 1292 e ha il pregio di redigere un verbale comprensivo di misurazioni specifiche che sarebbero servite successivamente. Dopo la realizzazione di un catino con lo scopo Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 8 C M Y CM MY CY CMY K 53 di “riequilibrare” il peso della torre, ma che servì solo a peggiorare la situazione, venne formata una seconda commissione nel 1840 per prosciugarlo (senza riuscirci). Il crollo del campanile di San Marco, a Venezia, nel 1902, è la goccia che fa traboccare il vaso: da lì in poi numerose commissioni si concatenano alla ricerca quasi disperata di una soluzione. Nel 1965, viene formata la prima commissione composta anche da ingegneri geotecnici, e presieduta dal fisico Giovanni Polvani. È a questa commissione che si deve la raccolta della maggior parte dei dati tecnici riguardanti la torre. Nonostante un concorso internazionale, ancora non viene trovato un progetto che sia in grado di stabilizzare la torre senza comprometterne il valore storico e artistico. Ma il tempo stringe: nel 1989 crolla la Torre civica di Pavia, ci sono delle vittime, la gente vuole più sicurezza. Sarà il Comitato Internazionale, istituito nel 1990, ad agire davvero per portare alla soluzione tanto cercata. La sua forza è l'eterogeneità dei suoi membri: provengono da tutto il mondo, sono esperti restauratori e ingegneri geotecnici, ma anche storici dell'arte. Al fianco del Comitato, il Consorzio Progetto Torre di Pisa, con il compito di effettuare le indagini e il monitoraggio del sito. Per la prima volta, tecnica e storia si incontrano, e la loro sinergia sarà la chiave per lo straordinario restauro della torre. La corsa contro il tempo era partita. Eppure le cose non andavano fatte di fretta: era necessario coniugare efficienza ed efficacia. Ben presto si identificarono due problemi in particolare: alcune zone della torre erano tese, e poco sarebbe bastato per provocare un crollo improvviso dell'intera struttura; in più, se il terreno di fondazione si fosse rotto, la torre avrebbe finito per ribaltarsi. Bisognava quindi fare in modo di mettere da subito in sicurezza il sito con interventi temporanei, per poi cominciare ad attuare gli interventi definitivi di stabilizzazione. A questo scopo, nel 1992 vennero realizzate cerchiature provvisorie, con cavi, all'altezza della prima cornice. Una volta individuate le zone più tese della struttura, la muratura venne consolidata tramite iniezioni di malte e l'inserimento di barre in acciaio. Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 9 C 54 Colori compositi M Y CM MY CY CMY K ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 10 C M Y CM MY CY CMY K 55 Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 11 C M Y CM MY CY CMY K 56 A seguito di analisi approfondite sulla natura del terreno e dell'inclinazione della struttura, appare evidente come anche solo una lieve diminuzione della pendenza basterebbe a interrompere il progredire della torre verso il basso. Si decide allora di ridurre l'inclinazione di mezzo grado tramite un cedimento indotto a nord delle fondazioni. Ciò non solo permetterebbe di mettere in sicurezza la struttura, ma anche di salvaguardarne l'integrità e il valore storico. Il Comitato ha passato in rassegna tante possibilità per ottenere questo risultato, per poi arrivare a scegliere il metodo della sottoescavazione, nel quale si estraggono in modo controllato piccole quantità di terreno al di sotto della zona della fondazione scelta. La delicatezza del compito imponeva, tuttavia, un'estrema cautela prima di procedere a lavorare direttamente sulla torre. Venne addirittura realizzata una fondazione “sperimentale” in un angolo di Piazza dei Miracoli per controllare le risposte che il procedimento avrebbe avuto sul terreno. Nonostante i risultati positivi ottenuti anche in questa fase, ancora non si poteva avere certezza di come sarebbe andata la prova “reale”. Cura e attenzione erano le parole d'ordine che guidavano i lavori: si pensava prima di tutto a preservare la torre e a evitare danni che avrebbero potuto essere fatali anche e soprattutto da un punto di vista artistico. Perciò venne realizzata una Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 12 C M Y CM MY CY CMY K 57 struttura di presidio con due stralli (cioè strutture in cavo d'acciaio che servono a evitare l'inflessione laterale di determinati elementi di un edificio) collegati a livello del terzo ordine e assicurati a due strutture metalliche situate a nord della torre. Quest'opera di presidio permise di procedere a una sottoescavazione preliminare (quindi molto limitata) in tutta sicurezza, nella primavera del 1999. La risposta fu positiva: la torre arrivò a stabilizzarsi e, dal settembre di quello stesso anno, non si registrò più alcun movimento dell'edificio. Si passò così alla fase successiva: la sottoescavazione definitiva, che durò un anno, dal 2000 al 2001. 38 metri cubi di terreno asportato, il 30% dei quali al di sotto della fondazione e il 70% a nord di essa, arrivando a lavorare a una profondità massima di due metri: questi i numeri che sintetizzano i lavori di sottoescavazione definitiva. Questo procedimento diede risultati talmente straordinari che già mentre veniva effettuato si poté cominciare a rimuovere le opere provvisorie, come le cerchiature e gli stralli della struttura di presidio. L'unica cosa che non è mai stata smontata e che rimane ancor oggi, discreta, dietro gli edifici dell'ente Opera Primaziale, sono i cavalletti di ancoraggio degli stralli, che fungono un po' da testimoni del grande impegno e dell'immensa passione messi in quei dieci anni di lavoro per salvaguardare non solo un edificio, ma un vero e proprio simbolo. Gli ultimi interventi fatti riguardarono il consolidamento del catino. Il Comitato decise di collegarlo direttamente alla torre, trasformandolo in una sorta di estensione della fondazione della torre stessa. Venne realizzata una cerchiatura per la fondazione e ripristinata la continuità del fondo del catino. La variabilità della falda freatica sotto la torre, che aveva rappresentato una delle cause della sua pendenza, venne regolata tramite un sistema di drenaggio appositamente studiato, che non necessita di pompe ma che permette di raccogliere le acque di drenaggio e di spingerle nel collettore di scarico delle acque meteoriche del catino, per poi “inviarle” nella fognatura urbana. Tutto ciò permette quindi di controllare e ridurre gli “smottamenti” del sottosuolo e di evitare che la torre si inclini a causa della deformazione del terreno. Nel 1995, l'inclinazione della Torre di Pisa (3,97 gradi rispetto all'asse verticale) è Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 13 C M Y CM MY CY CMY K 58 stata riportata al livello a cui era prima della costruzione del catino, che ne aveva seriamente compromesso la stabilità, e da allora non è mai aumentata. Il sistema di monitoraggio che era stato installato durante i lavori è stato semplificato per consentire di tenere sotto controllo la struttura anche sul lungo periodo. Questo pur sempre complesso sistema permette di monitorare al tempo stesso la pendenza della torre, i movimenti della fondazione, le variazioni delle lesioni registrate, le variazioni del diametro del fusto della torre e gli eventuali eventi sismici. Il Gruppo Trevi ha affrontato questa sfida mettendo le proprie capacità organizzative e ingegneristiche al servizio di un ideale, quello della salvaguardia di beni storicoartistici di grande valore oggettivo ed emotivo. Gli occhi dell'Italia e del mondo sono stati per dieci anni puntati su questi lavori, in cui è stato possibile coniugare tecnologia, teoria, professionalità e anche cuore. Perché questa storia che vi abbiamo raccontato non è solo la storia di un intervento ingegneristico, ma la storia di un salvataggio. Il salvataggio di un monumento e di un valore inestimabile: quello della storia. A volte è solo grazie alla tecnica e alla competenza che si può salvaguardare la bellezza. Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 14 C M Y CM MY CY CMY K 59 Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 15 C M Y CM MY CY CMY K 60 4.2 I Buddha di Bamiyan Questa storia inizia in Oriente: più precisamente in Bamiyan, in Afghanistan. È una terra dal clima capriccioso, il Bamiyan: la valle è lunga e desertica, circondata dalle montagne, e d'inverno le temperature scendono anche decine di gradi sotto lo zero. Siamo sulla Via della Seta, un percorso che unisce l'Asia centrale e la Cina, utilizzato soprattutto per gli scambi commerciali tra tutti quei mondi. Oltre ai mercanti e ai commercianti di passaggio, però, il Bamiyan ospitava i pellegrinaggi di uomini religiosi, buddhisti, che qui decisero di installarsi e creare monasteri, luoghi di culto. Erano soprattutto monaci eremiti, che vivevano in una semplicità portata all'estremo, dormendo in grotte scavate nel terreno roccioso. Nella loro vita quotidiana, era inevitabile cercare di dare un'iconografia alla propria fede; e allora dipingevano, scolpivano, lavoravano la roccia e la plasmavano con immagini religiose. Probabilmente è stato proprio così che sono “nate” le due alte, imponenti statue di Buddha di cui siamo qui a parlarvi. Erano frutto del sudore, della fatica, ma anche di una fede incrollabile, che aveva portato a scolpirle per oltre due secoli, probabilmente tra il III e il V secolo d.C. L'area godeva di una grande prosperità, anche e soprattutto culturale: all'epoca, dominava la popolazione dei kushan, che sostenevano fortemente il valore della cultura. Così venne costruita una scuola, e poi un monastero, e poi loro, quelle colossali statue, una alta 38 metri (Small Buddha), l'altra 53 (Great Buddha): la più alta statua di Buddha che il mondo antico potesse vantare. Erano scolpite direttamente nella montagna, mentre ci si serviva di fango e paglia per plasmare i dettagli. Si dice anche che, in origine, le statue fossero ricoperte di meravigliosi gioielli. Ma la straordinaria opera di costruzione di queste statue è messa in ombra dalla loro incredibile distruzione. Nel XII secolo, quella terra culturalmente florida era caduta sotto il dominio islamico, che tollerava poco l'iconografia appartenente ad altre religioni. Eppure, per alcuni secoli, le due grandi statue furono risparmiate: in fondo, Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 16 C M Y CM MY CY CMY K 61 rappresentavano esseri umani e non dei; in più, appartenevano a un'epoca precedente al dominio islamico. Ecco quindi che si succedettero i sultani e i sovrani ma, a parte qualche lieve danno, i due Buddha rimasero lì, in piedi, apparentemente incrollabili. Ma l'adorazione delle icone, le icone stesse, erano un affronto inaccettabile per i talebani, anche se affondavano le radici quindici secoli prima e ormai di buddhisti, in quella terra, ne rimanevano pochi. A poco servì il decreto emanato dal Mullah Mohammed Omar, in cui affermava l'importanza della conservazione delle due statue per favorire il turismo in Afghanistan. La situazione ormai stava già degenerando, e nulla sembrava poter fermare quel processo: banditi musica, sport, televisione, era ormai nell'aria che venisse emanato il tanto temuto decreto che ordinava la distruzione delle statue. Il Mullah aveva cambiato idea a marzo del 2001 e, secondo il quotidiano Times, aveva dato ufficialmente il suo appoggio a quella “esecuzione”. A nulla valsero i richiami internazionali, le richieste di prendere in custodia le statue, di sradicarle e portarle lontano, pur di salvarle. La minaccia della distruzione di quelle opere che erano sopravvissute per 1500 anni provocò un vero e proprio dibattito internazionale e interno. L'ala oltranzista e quella più moderata dei talebani si scontrarono, mentre tutto il mondo guardava con apprensione all'imminente sorte delle raffigurazioni. Forse la miccia che aveva fatto scattare il sistema era stata un evento singolo (si diceva che una delegazione straniera avesse offerto fondi per restaurare le statue e che la cosa avesse fatto infuriare il Mullah, perché nel contempo migliaia di persone morivano di fame e non godevano di aiuti umanitari), oppure fu semplicemente un tentativo per affermarsi, per dimostrare qualcosa al mondo. Fatto sta che, quella primavera, quelle dibattute statue vennero fatte esplodere. E si scoprì che un po' incrollabili lo erano: erano grandi, la roccia dura e forte, e ci volle più di un mese per abbatterle quasi completamente, a colpi di cannone e dinamite. E neanche quello bastò: ancora oggi si possono distinguere alcuni tratti e alcune parti rimaste, oltre alle due enormi nicchie nella roccia in cui troneggiavano. Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 17 C M Y CM MY CY CMY K 62 Dal 2002, le organizzazioni internazionali cominciarono a riflettere sul recupero e il restauro del sito, oltre alla sua messa in sicurezza: le esplosioni avevano comportato l'instabilità dell'area, e si riteneva possibile un crollo improvviso, anche solo parziale. Nel 2003, il riconoscimento internazionale più importante, che permise di iniziare davvero i lavori: l'inserimento nella lista dei “patrimoni dell'umanità in pericolo” da parte dell'UNESCO. Le ragioni che portarono a questa decisione erano molteplici ed evidenti: quelle statue e le nicchie in cui si trovavano rappresentano una testimonianza preziosa dell'arte buddhista; in più, i loro resti testimoniano come gli scambi sulla Via della Seta tra le popolazioni orientali abbiano spinto a un'evoluzione multiculturale che si espresse anche attraverso questa forma d'arte. Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 18 C M Y CM MY CY CMY K 63 Si passò, allora, all'azione. Gli archeologi visitarono il sito, verificando ciò che poteva e doveva essere salvato; l'UNESCO, e il governo giapponese che forniva i fondi, diedero il via ai lavori di restauro. Innanzitutto, il Gruppo Trevi effettuò studi geologici sul terreno del sito, con campionamenti, test di laboratorio e ricerche sul campo. Un lavoro che, oltre che lungo e complesso, poteva rivelarsi anche pericoloso: c'era il rischio di trovarsi a urtare accidentalmente delle mine anti-uomo. Ciononostante, questi studi vennero portati avanti dal 2002 fino al completamento del restauro. Si poté stabilire che era necessario tenere conto dei grandi sbalzi di temperatura che caratterizzano l'area (forte caldo in estate, freddo gelido in inverno); che le rocce che compongono la zona sono prevalentemente conglomerati, e soprattutto siltiti, Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 19 C M Y CM MY CY CMY K 64 un tipo di rocce sedimentarie; che infiltrazioni d'acqua, erosioni, accumuli di fango sono i fenomeni geomorfologici che interessano il sito. In seguito a queste analisi, venne redatto uno studio di fattibilità per il consolidamento delle nicchie e della parete di roccia che le ospita. Era necessario realizzare un sistema di monitoraggio delle crepe sin da subito. Un sistema ad alta precisione. E poi: installare un supporto temporaneo che mantenesse stabili i blocchi di roccia, anche durante i lavori; evitare le vibrazioni da trivellazione; stabilizzare la parte posteriore delle nicchie. Ingegneri, archeologi ed esperti di conservazione dei beni culturali collaboravano in perfetta sinergia. Insomma, la storia si ripeteva, come per la Torre di Pisa. Il procedimento di restauro si rivelava ancora una volta delicato e complesso; il minimo errore poteva compromettere mesi di progettazione, di impegno e, soprattutto, l'integrità di un pezzo di storia. Era quindi necessario conoscere in profondità le caratteristiche del sito, fare esperimenti prima di agire, ma soprattutto avere come priorità la conservazione delle caratteristiche artistiche della struttura. Quando i lavori di consolidamento “effettivi” iniziarono, si aveva tutto sotto controllo: ci si servì di scalatori professionisti per percorrere la parete rocciosa con ancoraggi e chiodi. Una particolare miscela di malta venne ideata con l'aiuto di esperti dell'ICOMOS (ONG per la conservazione dei monumenti storici) per ridurre il più possibile l'impatto delle teste degli ancoraggi. Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 20 C M Y CM MY CY CMY K 65 I lavori di consolidamento e restauro sono terminati nel 2006. La parete e la nicchia del Buddha situato a est sono oggi stabili, e la nicchia del Buddha situato a ovest è protetta dalle infiltrazioni. Il pericolo di caduta pietre è sventato. Il sito è quindi pronto per un'eventuale ricostruzione. Il Gruppo Trevi, che per questa missione ha lavorato di concerto con importanti organizzazioni internazionali e con esperti d'arte e di storia di tutto il mondo, ha stabilizzato la struttura rimanente e l'ha messa in sicurezza per rendere possibili gli studi archeologici futuri. L'intervento si può dire perfettamente riuscito: i tecnici dell'UNESCO si sono complimentati con il Gruppo Trevi, sottolineandone la grande innovazione tecnologica e la professionalità. Le ombre delle nicchie che oggi si stagliano, vuote ma profondamente solide, nella valle di Bamiyan rimangono a testimonianza di come anche di ciò che viene distrutto è possibile salvare qualcosa. Un altro bene di altissimo valore storico è stato recuperato e protetto: il Gruppo Trevi ha lavorato per proteggere la storia, per salvare una forma d'arte. Dimostrazione del fatto che quando questi mondi incontrano l'innovazione tecnologica, la passione, le alte competenze tecniche e un know-how internazionalmente riconosciuto, non ci sono sfide che non possono essere vinte. Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 21 C 66 Colori compositi M Y CM MY CY CMY K ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 22 C M Y CM MY CY CMY K 5. Cap. Per concludere ... Qual è la scintilla capace di trasformare un’azienda in una “grande azienda” come il Gruppo Trevi, apprezzato e ammirato in tutto il mondo? La risposta risiede senz’altro nella storia che abbiamo appena raccontato. Quella di un'azienda che non ha mai rifiutato anche le sfide più difficili, anzi le ha affrontate con l’entusiasmo che caratterizza chi sa di poter vincere. Un entusiasmo per una mission in cui si crede, ma anche un serio impegno da parte di tutte le persone che hanno messo le loro capacità al servizio dell’azienda. Un lavoro veramente “di gruppo”, fatto di studio e progettazione ma anche di buona amministrazione e organizzazione, perché nulla si costruisce senza buone “fondamenta”. Il Gruppo Trevi queste fondamenta le ha sempre avute solide e trasmette questa sua forza nel lavoro di ogni giorno. Il Gruppo Trevi fa onore all'imprenditoria italiana e ha portato in giro per il mondo le sue competenze, la sua creatività, la sua passione per l’innovazione tecnologica. Le sue solide basi l'hanno reso un’eccellenza mondiale. Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 23 C M Y CM MY CY CMY K 68 6. Cap. Bibliografia e sitografia Bibliografia Bartelletti, R., P. Heiniger & C. Viggiani. (2004). La torre salvata - una storia per immagini. Pisa: Pacini Editore. Cetraro, F. (2012). Analisi di stabilità e messa in sicurezza dei pendii: pendii in terra e roccia. Sant'Arcangelo di Romagna: Maggioli Editore. Finch, K. J. (1962). Storia dell'ingegneria. Firenze: Sansoni. Gautier, H. (1716). Traité des ponts, ou il est parlé de ceux des Romains & de ceux des modernes. Vélizy: Hachette BnF. Gimpel, J. (1983). Costruttori di cattedrali. Milano: Jaca Book. Goodman, R. E. (1998). Karl Terzaghi: the engineer as artist. Reston: Asce Press. Jones, J. (2011). Storia della Tour Eiffel. Roma: Donzelli. Jumikis, A. R. (1987). Foundation engineering. Malabar: Robert E. Krieger Publishing Company. Margottini, C. & C. Crippa. (2009). The destruction of the giant Buddha Statues in Bamiyan (Central Afghanistan): UNESCO's emergency activities for the recovering and rehabilitation of cliff and niches. Viterbo: Union Printing S.p.A. Marking, T. K & J. Snape. (2013). Huey P. Long Bridge. Mount Pleasant: Arcadia Publishing. Starrett, W. A. (2012). Skyscrapers and the men who build them. HardPress Publishing. Steinman, D. B. & S. R. Watson (1941). Bridges and their builders. New York: Putnam. Terzaghi, K., R. B. Peck & G. Mesri (1996). Soil mechanics in engineering practice. Malden: Wiley Interscience. Vitruvio, M. (1567). I dieci libri dell'architettura. Roma: Scienze e Lettere. Whitehouse, B. (2010). Framing 9/11. New York: CreateSpace Independent Publishing Platform. Colori compositi ParteTRE 15-12-2014 15:20 Pagina 24 C M Y CM MY CY CMY K 69 Sitografia Argento, F. (2010). Empire Building. http://goo.gl/oP4Au Bertasi, G. (2011). Ponte di Rialto a pezzi, cade un'altra colonna. http://goo.gl/NAJvT Bucci, F. (2002). La biblioteca di Alessandria d'Egitto - Il nuovo sole del Mediterraneo. http://goo.gl/2M84Z9 California Department of Transportation. (2013). The San Francisco/Oakland Bay Bridge. http://goo.gl/KAJQ6 Cassinelli, M. (2013). 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