La torre-biblioteca e la città

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La torre-biblioteca e la città
Questotrentino.it
Servizi - QT n. 17, 15 ottobre 2005
La torre-biblioteca e la città
Il dibattito - angusto e fuorviante - sulla biblioteca di Mario Botta. Quando il problema vero sarebbe: il
rapporto con il fiume lo diamo per perso?
di Ettore Paris
Qsservatelo qui sotto lo schizzo dell’architetto Botta per la nuova Biblioteca dell’Università: non c’è dubbio che sia suggestivo.
Certo, uno schizzo è fatto per fermare un’idea, per attivare l’immaginazione, e poi tra schizzo e progetto la differenza è
grande, e grandissima quella con la realizzazione concreta. Eppure l’idea progettuale di Mario Botta ha subito calamitato
l’attenzione, acceso un dibattito; che però, francamente, non ci è piaciuto. Anzi, ci è sembrato decisamente arretrato: cosa
grave, perché per fare bella e vivibile una città, non bastano né i soldi né i grandi architetti, occorre la consapevolezza di
quello che si vuole: la grande firma dell’architettura internazionale va benissimo, però bisogna darle gli input giusti.
Cerchiamo quindi di sviluppare qui alcuni temi.
Sgomberando subito il campo dagli argomenti polemici a nostro avviso meno fondati, la contestazione dell’altezza eccessiva
(27 metri) e la richiesta di deroghe dai vincoli del piano. A Trento c’è costante una preoccupazione in sé positiva, ma troppo
dogmatica, sui vincoli in altezza, nel timore di sfregi al profilo urbano. Una preoccupazione che, quando riguarda parti urbane
esterne al centro storico, a nostro avviso discende da una visione troppo statica, immobilista, della città. "L’altezza in sé, non
è un elemento negativo - sostiene l’arch. Renato Bocchi, già autore del Piano per il centro storico - Un elemento titanico,
visibile da lontano, non è detto che sia una scelta sbagliata". Basti pensare, estremizzando per capirci, alla Torre Eiffel,
progetto a suo tempo contestato. "Si tratta di valutare il progetto architettonico - prosegue Bocchi - Anche in considerazione
di altri aspetti: la visibilità dall’interno, cioè la costruzione di un punto belvedere; e la possibilità di concentrare i volumi su
un’area limitata, e quindi dedicare più spazio alla formazione di una piazza interna".
Di qui anche il discorso delle deroghe. Aperto da una polemica del presidente dell’Ordine degli Architetti Roberto Bortolotti,
sulle progettazioni dell’Università, costantemente in deroga rispetto alle previsioni urbanistiche, con richieste di volumetrie
sempre eccedenti. Osservazione non del tutto peregrina, che però sembra poco calzante quando si parla di un servizio
pubblico (la biblioteca) e di un’edificio di grande valore simbolico: "La programmazione urbanistica dev’essere flessibile,
soprattutto per quanto riguarda l’edificazione istituzionale, che non può essere messa sullo stesso piano di quella privata ci dicono i nostri interlocutori. E infatti ci pare strano che le regole per i condomini debbano valere - esageriamo - per la Torre
Eiffel.
Il progetto di Botta va dunque giudicato da altri punti di vista: quello che dà alla città, come vi si inserisce.
"La riforma urbana rinascimentale e barocca si legava a una visione scenografica: si creavano poli di attrazione scenica:
la chiesa di San Saverio, quella della Santa Trinità, il Palazzo Larcher-Fogazzaro, la nuova porta del magno Palazzo, tutti
in fondo alla strada, a catalizzare lo sguardo - afferma l’arch. Sergio Dellanna - Manca invece il contrappunto prospettico al
Duomo: ed è evidente che Botta, da ottimo teorico della città, punta a questo".
La nuova biblioteca universitaria
PROGETTISTI: Arch. Maro Botta e Studio Yashimoto VOLUME: 50.000 metri cubi ALTEZZA: 27 metri POSTI: 1300
PATRIMONIO: 400.000 libri e 200.000 raccolte di riviste ORARIO D’APERTURA: almeno fino a mezzanotte, probabili le 24
ore su 24.
"Sanseverino è un’area, a ingresso del centro storico, che si presta ad essere un landmark, un caposaldo di relazioni. E
Botta vi piazza una pietra miliare, visibile da lontano. E d’altronde l’architettura di Botta è tipicamente monumentale, le
sue costruzioni si caratterizzano per il forte impatto" - sostiene Bocchi.
La preoccupazione dei critici nasce probabilmente dal timore di una monumentalità avulsa dalla città. Anche perché la nuova
biblioteca nasce in una zona delicata: affacciata al fiume, ma delimitata da un orrido sottopasso da una parte, dalla ferrovia
dall’altra (per non parlare della cortina di anonime costruzioni nel lato sud). Per capire meglio vediamo (piantina a destra)
attraverso quale sistema di relazioni Botta pensa di inserire la biblioteca nel contesto cittadino.
Sostanzialmente l’architetto ticinese immagina due grandi piazze: una (numero 1 nella mappa) a livello di via Sanseverino,
sulla quale dovrebbe affacciarsi l’ingresso della biblioteca, un bar, e che dovrebbe essere punto d’incontro e ritrovo; una
seconda piazza più ribassata (numero 2), a livello del sottopasso pedonale con cui è collegata (3), che dovrebbe fungere, anche
attraverso un nuovo sottopasso (4) verso il Mulino Vittoria e l’area CTE, da elemento di raccordo con la cittadella
universitaria e il resto della città.
Questa soluzione - in linea con la cultura progettuale che ha prodotto la parte più intelligente del Mart, la piazza a cupola
interna - sembra molto feconda: "Ci vedo una capacità di tessere relazioni col resto della città, e di assorbire flussi di
persone e forse anche di automezzi" - afferma Bocchi.
Poi, a nostro avviso, ci sono i limiti del progetto. Anzi, le note negative. La costruzione di Botta infatti, è visivamente rivolta
verso il Duomo, non verso il fiume: è una sorta di libro aperto, con il dorso verso l’Adige. E anche le relazioni, sono tutte
pensate in quella direzione, verso via Verdi e la cittadella universitaria, non verso via Sanseverino, che sembra essere terra di
nessuno, e il fiume, che pare non esistere.
Ben altre erano le intenzioni della città quando si ipotizzava la "finestra sull’Adige": un estendersi della città verso l’acqua, un
passaggio dal centro storico all’area ricreativo-naturalistica del lungofiume, attraverso un parco fluviale e un susseguirsi
discreto di edifici dedicati alla cultura e all’istruzione. Di quel progetto è rimasto ben poco: la "finestra sull’Adige" è oggi una
cortina di (peraltro non ignobili) edifici; il parco fluviale è stato spostato molto più a sud e soprattutto nel vago, nella lista dei
desideri sull’utilizzo delle caserme da dismettere; l’area ex-Michelin è stata ceduta da Dellai ai poteri forti locali, e su di essa
Renzo Piano ha progettato un (bel) quartierino nel verde, anzitutto sede di banche. Delle aspettative originarie rimane solo il
Centro della Scienza, e la fascia verde prevista da Piano. E ora anche l’Università e il suo progettista dimenticano
completamente il fiume.
E la città? La città si occupa di discutere dei metri di altezza.
"Beh, in parte giustifico la scelta di Botta - ci risponde l’arch. Bocchi, che proprio sull’idea dell’affaccio al fiume aveva
impostato la variante al PRG - Ormai, in seguito a una serie di operazioni, l’area a nord del campo sportivo è bloccata. E
Botta ha deciso di fare della biblioteca un caposaldo, più che un elemento di collegamento con il fiume".
Sulla stessa lunghezza d’onda l’arch. Dellanna: "Effettivamente il tema dello sguardo al fiume e delle relative relazioni non
c’è. Ma non mi scandalizza. Non è chiaro il contesto: se e dove ci sarà il nuovo ponte, se sarà pedonale o per le auto, che
senso si vuol dare a quell’area...". Basti pensare, aggiungiamo noi, che della funzione di terminal per i bus turistici che oggi
ha piazza Sanseverino, non si sa che ne sarà: se sarà spostata, come suggerito da Renzo Piano, in destra Adige e collegata con
una passerella, come i turisti si avvicineranno al centro passando per l’area della biblioteca, ecc.: non stupisce che Botta abbia
ignorato il problema.
Forse il problema è proprio questo: la città non ha le idee chiare. All’Università da una parte ci confermano che a Botta non
sono state date indicazioni in merito; dall’altra sottolineano che il progetto è molto aperto, che anche verso il Bondone è
prevista un’ampia vetrata, e che verso via Sanseverino si prevede, fra la biblioteca e il bordo strada, una fascia libera larga sei
metri, che ipotizza la possibilità di costruire nuovi rapporti.
Forse sarebbe bene che si iniziasse a discutere, a proporre soluzioni. Sono passati solo cinque anni dal concorso di idee che
aveva visto decine di studi di architettura misurarsi sul progetto della nuova fascia lungofiume (vedi Area Michelin: la grande
occasione, i grandi affari).
Sono stati cinque anni in cui si è andati indietro?