Prospetto LEYDI TBS:Layout 1

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Prospetto LEYDI TBS:Layout 1
La collezione e le ricerche musicali di Roberto Leydi
L’esposizione
Il Fondo Roberto Leydi
Nel mese di luglio del 2002 Roberto Leydi ha donato al
Canton Ticino e al Centro di dialettologia e di etnografia quanto da lui raccolto nel corso della sua lunga
e importante attività di etnomusicologo.
Dopo alcuni anni dedicati al restauro degli strumenti,
alla salvaguardia e alla digitalizzazione dei nastri
delle diverse inchieste e alla catalogazione dei dischi
e dei libri, è giunto ora il momento di valorizzare
questi materiali, portandoli a conoscenza di un pubblico
vasto, in una sede prestigiosa come quella del
Castello di Sasso Corbaro di Bellinzona, patrimonio
universale riconosciuto dall’UNESCO.
L’esposizione illustra lo sviluppo degli interessi culturali e scientifici di Roberto Leydi, iniziando con un
breve accenno alla sua multiforme passione per il collezionismo, passando dalle sue prime esperienze di
critico musicale e di appassionato ed esperto di jazz e
di musica elettronica, per poi giungere al suo principale campo d’azione e di interesse: la ricerca sui canti
e la musica popolare.
Nelle ultime sale della mostra è esposta una parte degli
strumenti da lui raccolti e sono abbozzati alcuni dei
molti temi affrontati nella sua lunga e intensa attività.
Il Fondo è costituito da materiali sulla musica e la cultura
popolare, risultato di numerose esperienze di ricerca sul
campo (in Italia, Grecia, Francia, Spagna, Scozia e Nord
Africa), di incontri con suonatori, costruttori, informatori,
e della sua lunga esperienza di docente.
Cinquant'anni di attività intensa e di solidi rapporti personali hanno permesso la costituzione di una collezione tra
le più interessanti e complete d'Europa. Essa comprende:
- 652 strumenti musicali popolari provenienti prevalentemente dalle regioni italiane;
- 1572 nastri magnetici con le registrazioni delle oltre
3000 ricerche effettuate;
- circa 10’000 dischi tra 78, 45 e 33 giri in vinile, CD
e musicassette;
- circa 6000 libri di interesse etnografico e musicologico,
400 periodici, 277 tesi di laurea e circa 2000 documenti
cartacei (fogli volanti, canzonieri e stampe popolari).
La ricchezza di questa collezione riflette la moltitudine
e la varietà di interessi di Roberto Leydi: la musica jazz,
la cultura musicale afro-americana, la musica
contemporanea, la musica liturgica tradizionale,
il canto sociale, il revival, la ballata, gli strumenti
musicali.
Questo prezioso patrimonio è conservato presso
il Centro di dialettologia e di etnografia di
Bellinzona, che si avvale per la sua gestione
e la sua valorizzazione della consulenza di
una Commissione composta da Carlo Piccardi
(presidente), Brigitte Bachmann-Geiser, Febo
Guizzi, Silvio Leydi, Franco Lurà.
Lo studio di
Roberto Leydi
a Orta
San Giulio
Franco Lurà, direttore
del CDE, Gabriele
Gendotti, direttore
del Dipartimento
dell’educazione, della
cultura e dello sport,
e Roberto Leydi
il giorno della presentazione pubblica della
donazione
Sentite buona gente
La collezione e le ricerche
musicali di Roberto Leydi
Castello di Sasso Corbaro
Bellinzona
Dal 17 maggio all’8 novembre 2009,
tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00
Un’esposizione promossa da
Centro di dialettologia e di etnografia
A cura di
Vincenzo La Vena e Silvio Leydi
Coordinamento
Andrea a Marca e Franco Lurà
Allestimento e grafica
Studio Delucchi & Team
Con il sostegno
e la collaborazione di
Dipartimento dell’educazione,
della cultura e dello sport
del Cantone Ticino
Divisione della cultura
e degli studi universitari
Città di Bellinzona
Bellinzona Turismo
Fonoteca Nazionale Svizzera
Radiotelevisione svizzera
Scuola cantonale di commercio
Percento culturale Migros Ticino
Ingresso
Intero Fr. 8.Ridotto Fr. 4.Gratuito per bambini fino a 6 anni
Informazioni
Bellinzona Turismo
Palazzo Civico
CH-6500 Bellinzona
Tel +41 91 825 21 31
Fax +41 91 821 41 20
[email protected]
www.bellinzonaturismo.ch
Centro di dialettologia e di etnografia
Viale Franscini 30a
CH-6500 Bellinzona
Tel +41 91 814 14 50
[email protected], www.ti.ch/cde
Nel corso dell’esposizione
verranno organizzati concerti,
manifestazioni e conferenze
il cui programma sarà reso noto
di volta in volta.
Roberto Leydi (Ivrea 1928 – Milano 2003) è stato
uno dei maggiori etnomusicologi italiani.
Nei primi anni del Dopoguerra Leydi collabora come
redattore all’Avanti!, curando con Nando Ballo
la terza pagina del quotidiano e divenendone critico
musicale. Gli interessi di Leydi si focalizzano sul jazz
e sulla musica contemporanea tanto da stringere
rapporti con i maggiori compositori italiani (Maderna,
Berio) nell’ambito del neonato Studio di fonologia
della RAI di Milano.
Sempre agli anni Cinquanta risale anche l’interesse
per il mondo popolare italiano, mediato attraverso
la scoperta delle analoghe esperienze americane
dedicate agli emarginati statunitensi. Inizia quindi
una serie di ricerche sul campo cui farà seguito la
pubblicazione di dischi e la realizzazione di spettacoli
di riproposta della musica popolare, prima nell’ambito del folk-revival e quindi, dal 1967, con interpreti
della reale tradizione popolare.
Nel 1958 Leydi era entrato nella redazione del settimanale L’Europeo che lascerà nel 1975; nel 1972
viene chiamato a ricoprire la cattedra di Etnomusicologia presso il DAMS dell’Università di Bologna,
cattedra che terrà fino al 2003. Sempre nel 1972, in
seguito all’istituzione delle Regioni, Leydi inaugura
una collaborazione con la Regione Lombardia che
porta alla fondazione dell’Ufficio cultura del mondo
popolare, mentre tra 1977 e 1986 è direttore
della Civica Scuola di Arte Drammatica di Milano.
Per molti anni è stato assiduo e apprezzato collaboratore della Radiotelevisione svizzera, fra l’altro
come autore e conduttore della nota trasmissione
Sentite buona gente.
Leydi ha avviato le sue ricerche sulla musica popolare
all’inizio degli anni Cinquanta del Novecento:
sposando la ricerca sul campo con l’uso delle fonti
storiche ed etnografiche, ha da allora condotto numerose ricerche in Italia e in altri Paesi.
La peculiarità del suo interesse per la musica di tradizione si basava, innanzitutto, sulla visione globale
della cultura popolare di cui la musica è parte
fondamentale: si spiegano così la sua attenzione per
gli spettacoli di piazza, per il teatro di animazione,
per le arti figurative e plastiche e per la lingua delle
tradizioni, per i contastorie e i cantastorie, per
i mestieri e le musiche dei Rom, per i contesti sociali
in cui la musica si situa. Questo sguardo a tutto
campo era motivato dalla convinzione che nelle culture del popolo siano stati elaborati originali e
rilevantissimi sistemi di comunicazione, con cui si
è espressa sia la personalità di grandi interpreti
delle arti, veri e propri “intellettuali” del popolo, sia
la dignità e l’originalità del loro patrimonio
culturale: la musica dunque come “altra musica”, non meno originale per il fatto di
essere anche intrecciata con molti aspetti
delle culture musicali delle classi dominanti.
Da qui l’attenzione per il canto sociale e
quello narrativo, per i repertori religiosi, per
le feste (i carnevali in primo luogo), per le
peculiari competenze dei costruttori e degli
utilizzatori virtuosi degli strumenti musicali.
E da qui, anche e soprattutto, l’impegno
a condurre la ricerca con grande rispetto e vicinanza morale nei confronti dei
protagonisti delle tradizioni
e con l’intento di parlare
del popolo per contribuire alla sua emancipazione.