27 |10|2010 fino al 7.XI.2010 Masashi Echigo Roma, Extraspazio

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27 |10|2010 fino al 7.XI.2010 Masashi Echigo Roma, Extraspazio
27 |10|2010
fino al 7.XI.2010
Masashi Echigo
Roma, Extraspazio / Gnam
Scontrini e scocche di motorini, resti urbani recuperati e riutilizzati. È l’impronta di un giapponese
che vive nelle Fiandre. E, passando per Roma, è intervenuto pure sullo scalone della Gnam.
Come se avesse creato un ordine minimalista nella sua raccolta di storie, Masashi Echigo (Toyama,
1982; vive a Ghent) ridimensiona l’habitat di Encounter e approda a Roma con una prima personale
capace di soppesare ogni dettaglio di "contenuto” e riporlo in un contenitore altro.
Per la Galleria Extraspazio, Emilia Giorgi cura Stories e invita l’artista giapponese a indagare anche
il mondo della Capitale. I viaggi di Echigo infatti lo hanno condotto a un centellinato ed elegante
"accattonaggio” della memoria, che ha trovato custodia nelle installazioni site specific: di strada in
oggetto, la sua collezione cattura cianfrusaglie passate di mani in abitazioni, in spazi e poi di nuovo
in mani, le sue, le stesse che utilizza per decorare quegli oggetti innalzandoli a costruzione e
assegnando loro un titolo di nobiltà tale da rivalutarne la funzione. Non di certo l’uso.
È così per Apologue, dove scocche di motorini prese in un deposito di rottami vengono installate
l’una di seguito all’altra, quasi fossero selle colorate per arredare puledri. Oppure per la scala
Broken Story, dove scalini di legno si sostituiscono a lastre di marmo e, nel ricordo di un’ipotetica
salita, si materializza la frazione di una rottura con il gradino spaccato che giace a terra. Con Bits &
Pleces, invece, minuscoli momenti urbani vengono racchiusi in un lightbox rettangolare che emana
luci artificiali, come per immortalare i rapidi e analitici passi dell’artista viaggiatore. Infine, una
delicata successione di sfere in vetro soffiato racchiude parole scritte su foglietti o spese elencate su
scontrini, una volta arredamenti per le strade e ora piccoli tesori da custodire per l’artista.
Una poetica della semplicità quotidiana, quella di Echigo, che edifica in uno spazio bianco
architetture di involucri per ricordi, in cui si costruisce la persistenza di una memoria ignota. La
mostra nella galleria romana lascia però solo delle ordinate tracce di quello che è il suo lavoro;
molto più "rumorosa”, infatti, è l’installazione pensata per la scalinata della Gnam, dove vecchi
cassettoni e mobili del Museo, una volta grembo di archivi ragionati, sostano all’esterno, svuotati
come se si volesse valorizzarne nuovamente il loro uso-contenitore, ora simbolico.
Così Immanence, a cura di Angelandreina Rorro, si avvicina sempre più alla concezione spaziotemporale che investe i lavori di Echigo colmandoli di memoria, com’è stato per Belongings nella
collettiva polacca The Fifth Element: una gabbia di dimensioni abitative risponde questa volta alla
sua funzione "contenitrice”, ospitando oggetti intimi e usati, quasi materializzando il ricordo
dell’archiviazione museologica assente della Galleria Nazionale.
A metà fra architettura e arte, la creatività poetica di Echigo si focalizza su attimi tracciati dalla sua
sensibile curiosità di ricerca che, dopo essersi materializzata nell’oggetto-simbolo, acquista epifanie
personali e insieme collettive.
Flavia Montecchi
mostra visitata il 30 settembre 2010
e x t r a s p a z i o via san francesco di sales 16 a 00165 roma [email protected] www.extraspazio.it