Sussidio della Lectio - Centro Giovanile Antonianum

Transcript

Sussidio della Lectio - Centro Giovanile Antonianum
Lectio divina mensile al Centro Antonianum 2008 - 2009
5° incontro (15.02.2009)
Vita di una comunità
liberata dalla paura
Introduzione
Nel quarto incontro abbiamo meditato il modo di agire, parlare, e pregare della comunità cristiana
rappresentata dalle due figure esemplari di Pietro e Giovanni. Essi hanno incontrato lo storpio che
sedeva da una vita alla porta Bella del tempio in un modo nuovo: la loro povertà, umanità e spiritualità
ha permesso loro di fargli il grande regalo di guardarsi negli occhi restituendogli dignità umana, di
risanarlo e di riammetterlo alla vita cultuale del popolo di Dio.
Tre miracoli compiuti per la fede riposta nella persona di Gesù, nel suo nome potente e misericordioso.
Per gli uomini e le donne della Pentecoste, infatti, Gesù non è un personaggio del passato, ma il Vivente
operante oggi con la stessa compassione e forza che aveva messo in opera sulle strade della Galilea e
della Giudea.
Gli uomini del potere civile e religioso, che credono di essere tanto importanti e che tutto dipenda da
loro, sono rimasti male nello scoprire persone che osavano operare e parlare ignorandoli
tranquillamente. Per la paura di perdere di autorità hanno cercato di metterli a tacere e di riportarli nei
binari da loro tracciati: ma i discepoli hanno riaffermato la vera e sacra gerarchia per cui il Signore viene
prima degli uomini e che l’obbedienza è una virtù solo se permette di compiere la volontà di Dio. Il segno
evidente compiuto per mano loro rimanda alla signoria di Dio attraverso Gesù e pertanto è necessario
chiedere perdono per tutte le volte che si è considerato Gesù un nemico, facendolo fuori come un
pericoloso malfattore. Agli ebrei del loro tempo e di ogni tempo i discepoli hanno ricordato che è stato
fatto un falso processo e che si è commesso un assassinio: la misericordia del Signore tuttavia non è
venuta meno, né la sua fedeltà all’alleanza e alle promesse fatte ai padri. Pertanto c’è una benedizione a
disposizione di tutti, anche degli assassini: liberati dalla paura della condanna, si può adesso riconoscersi
peccatori, invece di indurire il cuore nella propria presunta buona coscienza!
Dal momento che i capi non hanno molta voglia di accogliere la Buona Notizia, la comunità cristiana si è
radunata con Pietro e Giovanni per chiedere ancora segni e prodigi buoni che aiutino i peccatori a
pentirsi, chiedendo per se stessi solo la forza per continuare a testimoniare il vangelo con i fatti e le
parole.
In questo quinto incontro guarderemo più da vicino la vita di questa “gente della Pentecoste”, di questa
famosa comunità cristiana primitiva di Gerusalemme, di cui Luca ci traccia 3 rapidi schizzi, in modo
sommario, senza tacere le ombre e parlando anche dei personaggi meno fedeli.
Testi biblici
At 2,42–48; 4,32-37; 5,1-16
Testo di riferimento
BIZZETI P., Fino ai confini estremi. Meditazioni sugli Atti degli Apostoli, EDB, Bologna 2007, 67-73; 111-116
Sussidio n° 1
(DELBRÊL M., Noi delle strade, Gribaudi,Milano 1995, 129)
C'è gente che Dio prende e mette da parte.
Ma ce n'è altra che egli lascia nella moltitudine, che non "ritira dal mondo”.
E' gente che fa un lavoro ordinario, che ha una famiglia ordinaria o che vive un'ordinaria vita da celibe.
Gente che ha malattie ordinarie, e lutti ordinari. Gente che ha una casa ordinaria, e vestiti ordinari. E' la
gente della vita ordinaria. Gente che s'incontra in una qualsiasi strada.
Pagina 1 di 4
Lectio divina mensile al Centro Antonianum 2008 - 2009
5° incontro (15.02.2009)
Costoro amano il loro uscio che si apre sulla via, come i loro fratelli invisibili al mondo amano la porta che
si è rinchiusa definitivamente dietro di essi.
Noialtri, gente della strada, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada, che questo mondo
dove Dio ci ha messi è per noi il luogo della nostra santità.
Noi crediamo che niente di necessario ci manca. Perché se questo necessario ci mancasse Dio ce lo
avrebbe già dato.
Sussidio n° 2
(BALDUCCI E. – GRASSI L., La pace, realismo di un'utopia, Principato, Milano 1983, 142)
1854: risposta del capo indiano Seattle al grande capo bianco di Washington, che voleva comperare una
grande estensione di terre indiane, promettendo agli indiani una riserva.
“La Terra per noi è sacra.
Come si può comprare e vendere il firmamento o il calore della terra?
Noi non conosciamo questa idea.
Se noi non siamo padroni del fresco dell’aria, né della purezza delle acque, voi come potete comprarli?
Ogni pezzetto di questa terra è sacro per il mio popolo; ogni granello di sabbia della spiaggia, ogni goccia
di rugiada dei boschi e perfino il ronzio di ogni insetto è sacro per la memoria ed il passato del mio
popolo.
La linfa che circola nelle vene degli alberi porta con sé la memoria dei Pellirosse.
I morti dell’uomo bianco, quando iniziano il loro cammino fra le stelle, dimenticano il loro paese di
origine, in cambio i nostri morti non possono mai dimenticare questa terra buona, dato che è la madre
dei Pellirosse.
Noi siamo parte della terra e allo stesso tempo la terra è parte di noi.
I fiori profumati sono nostri fratelli; la selvaggina, il cavallo, la grande aquila: sono tutti nostri fratelli. Le
montagne scoscese, i prati umidi, il calore del corpo del cavallo e l’uomo appartengono tutti alla stessa
famiglia.
Perciò quando il grande capo di Washington nel suo messaggio ci dice di voler comprare le nostre terre,
ci sta domandando troppo.
Ma il Grande Capo ci dice anche che ci lascerà un luogo dove poter vivere confortevolmente fra di noi.
Lui diventerà nostro padre e noi suoi figli. Per questo prendiamo in considerazione la sua offerta di
comprare le nostre terre.
Non è facile, perché questa terra per noi è sacra.
L’acqua che scorre nei fiumi e nei torrenti, non è acqua solamente, ma rappresenta anche il sangue dei
nostri antenati.
Se vendiamo le nostre terre, dovete ricordare che sono sacre ed allo stesso tempo glielo dovete
insegnare ai vostri figli: e gli dovete insegnare che ogni riflesso fantasmagorico nelle acque limpide dei
laghi, racconta la storia e le memorie della vita della nostra gente.
Il mormorio dell’acqua è la voce del padre di mio padre.
I fiumi sono nostri fratelli e saziano la nostra sete; portano le nostre canoe ed alimentano i nostri figli.
Se vendiamo le nostre terre, dovete ricordare e insegnare ai vostri figli che i fiumi sono nostri fratelli e
quindi dovete trattarli con la stessa dolcezza con cui si tratta un fratello.
Sappiamo che l’uomo bianco non capisce il nostro modo di vivere.
Lui non sa distinguere fra un pezzo di terra ed un altro, perché è come un estraneo che arriva di notte e
prende dalla terra ciò di cui ha bisogno. La terra non gli è sorella, ma nemica, e una volta che l’ha
conquistata, prosegue il suo cammino lasciandosi dietro la tomba dei suoi padri, e non gli importa niente.
Sequestra la terra ai suoi figli: ed anche questo non gli importa.
Dimentica sia la tomba dei suoi padri che il patrimonio dei suoi figli.
Tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il firmamento, come oggetti che si comprano, si sfruttano e si
vendono come pecore.
La sua fame divorerà la terra e lascerà dietro di sé solo il deserto.
Non so, ma il nostro modo di vivere è diverso dal vostro.
Pagina 2 di 4
Lectio divina mensile al Centro Antonianum 2008 - 2009
5° incontro (15.02.2009)
Solamente il vedere le vostre città rattrista i Pellirosse.
Ma forse sarà perché il pellerossa è un selvaggio e non capisce niente.
Nella città dell’uomo bianco non esiste un uomo tranquillo, né luogo dove ascoltare come si aprono le
foglie degli alberi in primavera o come volano gli insetti.
Ma anche questo dev’essere perché sono solo un selvaggio che non capisce niente.
Il rumore sembra un insulto alle nostre orecchie.
E dopotutto, a che serve la vita se l’uomo non può ascoltare il grido solitario del gufo, né le discussioni
notturne delle rane sulla riva della palude?
Sono un Pellerossa e non ci capisco niente.
Noi preferiamo il lieve sussurro del vento sulla superficie della palude e pure l’odore dello stesso vento
purificato dalla pioggia del mezzogiorno o profumato dall’aroma del pino.
L’aria ha un valore incalcolabile per il Pellerossa, perché tutti gli esseri partecipano della stessa aria: la
bestia, l’albero, l’uomo, tutti respirano la stessa aria.
L’uomo bianco non sembra consapevole dell’aria che respira: come un moribondo durante l’agonia
molto lunga egli è insensibile alla puzza.
Ma se vi vendiamo le nostre terre dovete ricordarvi che l’aria per noi è inestimabile, il vento che ha dato
il primo respiro di vita ai nostri nonni ne riceve anche il loro ultimo respiro.
E se vi vendiamo le nostre terre, voi dovete conservarle come qualcosa di diverso e sacro, come un luogo
dove anche l’uomo bianco possa assaporare il vento profumato dei fiori dei prati.
Per questo prendiamo in considerazione la vostra offerta di comprare le nostre terre.
Se decidiamo di accettarla, io porrò delle condizioni: l’uomo bianco dovrà trattare gli animali di questa
terra come suoi fratelli.
Sono un selvaggio e non capisco altro modo di vivere.
Ho visto migliaia di bufali marcire nelle praterie, uccisi dalle pallottole dell’uomo bianco, sparate da un
treno in marcia. Sono un selvaggio e non capisco come una macchina fumante possa interessare più del
bufalo che noi ammazziamo solo per sopravvivere.
Che sarebbe dell’uomo bianco senza gli animali?
Se fossero sterminati tutti, anche l’uomo morirebbe di solitudine spirituale perché ciò che succede agli
animali, succederà anche all’uomo.
Tutto è collegato.
Dovete insegnare ai vostri figli che la terra che voi calpestate è la cenere dei nostri padri. Inculcate ai
vostri figli, come noi abbiamo insegnato ai nostri, che la terra è nostra madre.
Tutto ciò che accade alla terra, accadrà ai figli della terra.
Se gli uomini sputano in terra, sputano su se stessi.
Questo noi sappiamo: la terra non appartiene all’uomo, ma è l’uomo che appartiene alla terra.
Il nostro Dio è lo stesso Dio dell’uomo bianco: Egli è il Dio degli uomini.
Questo è ciò che sappiamo. Tutto è collegato, come il sangue che unisce una famiglia. Tutto è collegato.
Non è stato l’uomo a tessere la trama della vita: egli è solamente un filo.
Quello che fa alla trama, lo fa a se stesso.
Neppure l’uomo bianco, il cui Dio passeggia e parla con lui da amico a amico, sfuggirà al destino comune.
Nonostante tutto, forse siamo fratelli.
Lo vedremo.
Sappiamo una cosa che forse anche l’uomo bianco un giorno scoprirà: il nostro Dio è lo stesso Dio.
Voi adesso potete pensare che vi appartenga, così come desiderate che vi appartengano le nostre terre.
Ma non è così.
Egli è il Dio degli uomini, e la sua compassione si distribuisce nella stessa misura fra il Pellerossa e l’uomo
bianco.
Questa terra ha un valore inestimabile per Lui, e se viene danneggiata si provocherebbe l’ira del
Creatore.
Anche i bianchi perirebbero, forse prima delle altre tribù. Contaminate i vostri letti ed una notte perirete
affogati nei vostri stessi residui. Ma voi camminerete verso la vostra distruzione circondati di gloria,
ispirati dalla forza del Dio che vi ha guidati a questa terra e che a causa di qualche destino speciale vi ha
Pagina 3 di 4
Lectio divina mensile al Centro Antonianum 2008 - 2009
5° incontro (15.02.2009)
dato il dominio su di essa e sopra il Pellerossa. Questo destino per noi è un mistero, in quanto non
capiamo perché vengono sterminati i bufali, perché si domano i cavalli selvaggi, perché vengono saturati
gli angoli segreti dei boschi con il respiro di tanti uomini e si riempie il paesaggio delle colline
lussureggianti con i cavi parlanti.
Dov’è la pianura? Distrutta.
Dov’è l’aquila? E’ scomparsa.
Finisce la vita e incomincia la sopravvivenza”.
Sussidio n° 3
( BONHOEFFER D., Vita comune, Queriniana, Brescia 2007,22 )
Infinite volte tutta una comunità cristiana si è spezzata perché viveva un ideale. Proprio il cristiano serio,
che per la prima volta si vede posto a vivere in una comunità cristiana, porta con sé un’immagine ben
precisa della vita in comune di cristiani e cercherà di attuarla. Ma la forza del Signore ben presto farà
crollare tutti questi ideali. Dobbiamo essere profondamente delusi degli altri, dei cristiani in generale e,
se va bene, anche di noi stessi, quant’è vero che Dio vuole condurci a riconoscere la realtà di una vera
comunione cristiana. E’ la bontà di Dio che non ci permette di vivere, anche solo per brevi settimane,
secondo un ideale, di credere a quelle beate esperienze, a quello stato di entusiasmante estasi, che ci
mette come in uno stato d’ebbrezza. Il Signore non è Signore delle emozioni, ma della verità. Solo la
comunità che è profondamente delusa per tutte le manifestazioni spiacevoli connesse con la vita
comunitaria, incomincia ad essere ciò che deve essere di fronte a Dio, ad afferrare nella fede le
promesse che le sono state fatte. Quanto prima arriva, per il singolo e per tutta la comunità, l’ora di
questa delusione, tanto meglio per tutti. Una comunità che non fosse in grado di sopportare una tale
delusione e non le sopravvivesse, che cioè restasse attaccata al suo ideale, quando questo deve essere
frantumato, in quello stesso istante perderebbe tutte le promesse di comunione cristiana; l’ideale
impedisce la vera comunione e deve essere spezzato, perché la comunità possa veramente vivere. Chi
ama il suo ideale di comunità cristiana più della comunità cristiana stessa, distruggerà ogni comunione
cristiana, per quanto sincere, serie, devote siano le sue intenzioni personali.
Dio odia le fantasticherie, perché rendono superbi e pretenziosi. Chi nella sua fantasia si crea una
immagine di comunità, pretende da Dio, dal prossimo e da se stesso la sua realizzazione. Egli entra a far
parte della comunità di cristiani con pretese proprie, erige una propria legge e giudica secondo questa i
fratelli e Dio stesso. Egli assume, nella cerchia dei fratelli, un atteggiamento duro, diviene quasi un
rimprovero vivente per tutti gli altri. Agisce come se fosse lui a creare la comunità cristiana, come se il
suo ideale dovesse creare l’unione tra gli uomini. Ritiene fallimento tutto ciò che non corrisponde più
alla sua volontà. Lì dove il suo ideale fallisce, gli pare che debba venir meno la comunità. E così egli
rivolge le sua accuse prima contro i fratelli, poi contro Dio, ed infine accusa disperatamente se stesso.
Dio ha già posto una volta per sempre l’unico fondamento della nostra comunione. Dio ci ha uniti in un
sol corpo in Gesù Cristo, molto prima che noi entrassimo a far parte di una comunità con altri cristiani;
perciò ci uniamo con altri cristiani in vita comunitaria non avanzando pretesa alcuna, ma con gratitudine
e pronti a ricevere. Ringraziamo Dio per ciò che ha fatto per noi; lo ringraziamo perché ci ha dato fratelli
che vivono nell’ascolto della sua chiamata, del suo perdono e della sua promessa. Non lamentiamoci con
Dio per ciò che egli non ci concede, ma ringraziamolo per ciò che ci dà ogni giorno. Non è forse
sufficiente ciò che ci viene donato?
Consiglio a tutti coloro che, mossi dallo Spirito, desiderano vivere la vita comunitaria – in una della
molte forme possibili – o che già la vivono e vogliono vivificarla, la lettura e meditazione di
VANIER J., La comunità luogo del perdono e della festa, Jaca Book, Milano 1995.
BONHOEFFER D., Vita comune, Queriniana, Brescia 2007.
Pagina 4 di 4