La luce della fede e il dono del Concilio La possibilità/responsabilità

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La luce della fede e il dono del Concilio La possibilità/responsabilità
Documento della Presidenza nazionale Acli del
10 ottobre 2012
Nell’anniversario dei 50 anni dell’apertura del Concilio Vaticano II, l’11 ottobre le Acli si troveranno
in piazza san Pietro con papa Benedetto XVI per l’inizio dell’Anno della Fede, aderendo alla
fiaccolata “La Chiesa bella del Concilio” promossa dall’Azione Cattolica.
La luce della fede e il dono del Concilio
L'anniversario del Concilio ci stimola ad una forte riflessione e una verifica sul percorso e sul punto al
quale è giunto il cammino del popolo di Dio con il suo Signore.
Il Concilio ha certamente aperto orizzonti ancora da percorrere e sui quali ci sentiamo di dover
intensificare il nostro impegno individuale e comunitario. Tuttavia è importante fare tesoro dei frutti
del Concilio, riconoscendo le profonde trasformazioni che hanno prodotto nella vita dei credenti e nella
stessa società, cambiamenti dei quali spesso sono state protagoniste proprio le associazioni laicali.
Ne sottolineiamo almeno tre che si presentano contemporaneamente come possibilità e responsabilità
da vivere e da valorizzare come un tesoro per l'intera società e per il cammino ecclesiale, particolarmente
in questi anni in cui la fatica del presente sembra sempre più opprimere ed offuscare le speranze delle
donne e degli uomini del pianeta.
Se l'Anno della Fede nasce dalla constatazione del rischio che, come afferma il Santo Padre, «il sale
diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta», nel Concilio possiamo ritrovare dei doni che ci possono
aiutare a vivere il futuro non più come una minaccia, ma come una prospettiva carica di possibilità che si
apre solo a partire da un forte e generalizzato sussulto di responsabilità individuale e collettiva. Questo
accadrà solo se cominceremo da noi stessi, persone, associazioni, chiesa-popolo di Dio, a rispondere
anche di ciò che magari non abbiamo scelto o che solo in parte abbiamo consentito.
La possibilità/responsabilità della Parola
Il Concilio ha aperto a tutti la possibilità di un rapporto più diretto con la Parola (addirittura a chi non
crede), con la possibilità di accedere direttamente a una sua lettura, preghiera, celebrazione comunitaria e
personale.
Attorno a questa profonda "innovazione", in questi decenni si sono moltiplicate esperienze, sono nati
gruppi, associazioni, movimenti, e si incontra a volte anche chi non crede o chi è in ricerca o chi spesso,
magari quasi per caso, si trova a sentire e a percepire il senso della Parola. Questo accade talvolta in
momenti di dolore e abbandono come quelli di un estremo saluto a un proprio caro o conoscente,
potendone cogliere una prospettiva di senso e di conforto.
Certamente questa è anche una responsabilità, perché la Parola è una forza esplosiva che può riaprire
orizzonti e che spesso apre varchi di speranza anche in mezzo al dolore più profondo. Come tutte le
cose esplosive la Parola va maneggiata con cura, profondità, maturazione e competenza, pena – in un
mondo nel quale nessuno è vaccinato e immune all'egocentrismo dilagante –, confondere il Vangelo con
un abecedario morale o, peggio, confondere la volontà di Dio con quella del proprio io oppure brandire la
Bibbia come una bandiera per le proprie idee o verità terrene e non come un acqua che nel contempo
disseta e alimenta continuamente la nostra sete.
Per questo come Acli ci sentiamo chiamati a fondare la nostra esperienza su una vita secondo lo Spirito,
in cui è lo Spirito che ci dà la vita. Avvertiamo infatti la necessità di una ferialità della fede che ci aiuti a
vivere quotidianamente l'interrogativo sul "dove andiamo", a che punto siamo del nostro cammino di
persone, di famiglie, di società. Quando ogni domenica a messa, al Mistero della fede, pronunciamo la
frase: «annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua resurrezione, nell'attesa della tua venuta»,
prendiamo l’impegno a rintracciare nella quotidianità delle nostre vite e del mondo, i segni della morte e
i motivi e le speranze di una Sua Resurrezione. Non possiamo non credere che il suo Spirito non lotti e
non vinca costantemente, lontano dalla mitologia del successo, nella debolezza, laddove si manifesta la
potenza di Dio e laddove ci chiede di essere aiutata a farsi spazio. Non è nei nostri progetti che
troveremo la via di uscita, ma nella nostra capacità di vedere e dare spazio ai segni incarnati di
questa Resurrezione. Forse serve superare il rischio di una idea di spiritualità come vacanza o peggio
fuga dalla responsabilità della vita quotidiana, per ricercare e far crescere una vita che cerca di fondarsi
sullo Spirito, con tutte le nostre umane fatiche ed incertezze. Può essere un proposito insieme più
esigente e leggero, nel senso di essere capace di alleggerire l'oppressione del vivere, che è una costante
della nostra contemporaneità, conferendogli senso e prospettiva per coltivare le possibilità della speranza.
La possibilità/responsabilità delle coscienze.
Il Concilio ci consegna la possibilità e nel contempo la responsabilità di essere soggetti con una propria
coscienza. La libertà di fronte a Dio è naturale laddove soddisfa i criteri di una corretta ricerca di
coscienza.
Questo dono tutto da riscoprire ha di fatto visto crescere ancora una volta una diffusa e organizzata – in
molte esperienze – libertà e responsabilità dei credenti nell'interpretare i propri tempi e nel
contestualizzare il messaggio del Vangelo come proposta di salvezza universale, dentro la complessità
dei tempi e di una società sempre più caratterizzata da molteplici punti di vista.
Lungi da essere un rischio di esposizione all'individualismo, questo dono ne propone l'antidoto nel valore
della persona chiamata ad essere autrice e non comparsa della propria vita privata e pubblica.
In questi anni, il popolo di Dio ha perseguito questa strada da un lato vivendo l'esigenza di
interpretazioni e indicazioni comuni, elaborando una voce spesso lungimirante sui cambiamenti e sulle
trasformazioni della società come testimonia l'intenso magistero sociale della Chiesa, dall'altro
affermando un sempre più forte pluralismo sul "fare", sulle azioni, le scelte personali e politiche da
attuare. La stessa libertà di voto dei cattolici praticanti e una loro debole nostalgia per un partito dei
cattolici sono probabilmente segni di un forte senso della coscienza.
Certo, questo impone a tutti e in particolare all'associazionismo laicale un rilancio del proprio ruolo come
luogo di discernimento e di approfondimento della conoscenza del mondo e dei cambiamenti sociali,
della propria vocazione più culturale e educativa, più di compagni di strada che di guide, di luoghi di
riflessione e confronto sulla vita vera delle persone. Ogni autorità è chiamata a rifondare se stessa nella
capacità di testimoniare e accompagnare, soprattutto in tempi nei quali la pluralità dei messaggi e dei
punti di vista arricchisce, ma può anche far smarrire le persone, lasciandole esposte alla solitudine delle
proprie coscienze.
La possibilità/responsabilità del dialogo
Altro dono fondamentale è aver fatto sentire i credenti meno soli nella ricerca delle Verità, nel
cammino verso Dio. "Gli altri" diventano anch'essi, da comparse, veri autori e compagni di strada di un
percorso nel quale la propria identità si rafforza e si definisce nel dialogo.
Il mondo stesso si riscopre come luogo nel quale, in mezzo alle contraddizioni, fiorisce l'opera dello
Spirito, spesso laddove sembrerebbe che la speranza sia venuta meno e il dolore abbia avuto il
sopravvento. Anche questo dono di fronte a temi, interrogativi e sfide del nostro tempo e del futuro, come
quelli dettati dalle evoluzioni della scienza e della tecnica, sarà un tesoro prezioso che apre alla possibilità
di saperne cogliere il bene e le opportunità e alla necessità di maturare un forte esercizio di responsabilità.
In questi 50 anni questo dialogo nella quotidianità e nella storia ha consolidato lo sguardo e
l'autorità universale del popolo di Dio, facendolo spesso apparire come autorità morale e culturale
capace di profezia, su temi sui quali spesso i potenti del mondo preferivano glissare come le istanze di
una pace veramente universale e di una giustizia fondata sul perdono.