Tolita Tumaco - Associazione Piacenza Musei
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Tolita Tumaco - Associazione Piacenza Musei
AGOSTO 1998 pagina 3 IL COLLEZIONISMO PRIVATO Stregato dalla cultura pre-colombiana ”Tolita Tumaco” Un collezionista concittadino ha costruito una interessante raccolta di reperti preincaici imperniata su un’antica popolazione ecuadoriana, pressoché sconosciuta E ’ questo il primo articolo dedicato al collezionismo privato piacentino. Il ”collezionare” può essere riferito ad ogni genere di oggetto, dal più prezioso al più umile, spesso testimonianza di un modo di vivere e di concepire la vita ormai persi. Esistono collezionisti di quadri d’autore, di stampe, di auto d’epoca, di armi antiche, di tappeti orientali, di documenti, ma anche di bastoni, di abiti, di attrezzi agricoli, di bottoni e di qualunque cosa affascini l’appassionato raccoglitore. Per lui, alla fine, il valore commerciale dell’oggetto collezionato viene superato dal ”valore” personale, legato alla passione come ai ricordi. Mentre ringraziamo il collezionista che per primo ci ha aperto le porte di casa sua, ci auguriamo che altri nostri lettori seguano il suo esempio e ci consentano di far conoscere alcuni pezzi della loro raccolta. Naturalmente ci impegnamo a garantire al massimo l’anonimato dei nostri ospiti, se ci sarà richiesto. Quando Colombo sbarcò in America, convinto di aver aperto una nuova via per le Indie, si trovò di fronte dei ”selvaggi”. Colombo fu poi seguito da centinaia di ”colonizzatori”. Monaci, soldati, politici ed avventurieri ”civilizzarono” e portarono la vera Fede a milioni di selvaggi pagani. Selvaggi? Cortés e Pizarro, in pochi anni, si impadronirono di imperi secolari che si arresero quasi senza alcuna resistenza. Le vestigia di templi e città furono rapidamente inghiottite dalla vegetazione. Le memorie delle usanze di Aztechi, Maya e Incas furono distrutte come opera del Demonio e, mentre alcuni illuminati Europei, rispettando le tradizioni locali, cercavano di capirle e salvarle, la cultura predominante era quella di chi imponeva con la forza ed il terrore la supremazia europea e cristiana. Solo da poco più di un secolo si sta riscoprendo una cultura misconosciuta, per molti aspetti ancora misteriosa, forse più antica e complessa di quanto si potesse sospettare. Ma questa indagine, basata quasi esclusivamente sui ritrovamenti archeologici, è resa ancora più ardua dalle ottuse distruzioni e dai roghi ”purificatori” compiuti dai primi colonizzatori. Quelli di Aztechi (o Mexica), Maya e Incas furono solo gli ultimi grandi imperi, ed erano stati preceduti da Olmechi, Mixtechi, Totonachi, Huastechi, Toltechi, Chichimechi (per nominare solo alcuni popoli) e chissà da quante altre Culture, già organizzate migliaia di anni prima dell’arrivo di Colombo. Di molte di queste noi ora non conosciamo neppure la reale denominazione, ma ci limitiamo in genere ad identificarle col nome dei luoghi in cui sono state rinvenute le loro principali vestigia. Per dimostrare la nostra ignoranza in merito, basti pensare che un’intera popolazione, quella degli Incas, che costituì, nella regione ora grosso modo identificabile col Perù, un impero più grande di quello romano, viene identificata col titolo attribuito solo al suo sovrano (che era appunto detto ”l’Inca”). Narra una leggenda che intorno all’anno 1000 Manco Capac, i suoi tre fratelli, le loro mogli-sorelle e gli uomini di dieci clan, con l’aiuto del dio Tici Viracocha e del Sole, fondarono la città di Cuzco. Da allora avrebbe avuto origine il Statua preincaica: reperto raffigurante probabilmente un sacerdote con maschera zoomorfa futuro impero incaico. Ma, prima di quel leggendario episodio, più di dieci civiltà si sarebbero succedute tra gli altipiani rocciosi, i deserti e le foreste tropicali tra Ecuador, Bolivia, Colombia, Perù e Cile. Le più recenti scoperte sembrano confermare in parte il Statuetta raffigurante probabilmente una maschera rituale che mostra ancora le mito: prima degli policromie originali ”Incas” (il cui impero originerebbe intorno al XIII secolo) si trovano testimonianze di altre popolazioni evolute, denominate dai luoghi in cui se ne AGOSTO 1998 pagina 9 sono rinvenute le tracce: Chavin (circa X-IX sec. a.C.), Mochica (III-VII sec. d.C.), Tishuanaco, Huari (VII-XI sec.), Chimu (anche in questo caso per nominare solo alcune delle Culture ora note). Un esempio del continuo evolversi delle nostre conoscenze sulle Culture precolombiane è costituito dall’Ecuador. Solo fino a pochi anni fa questo Paese era culturalmente considerato poco più di un’espressione geografica - un insieme di tribù primitive che non erano state in grado di opporsi all’invasione degli ”Incas” prima e a quella degli Spagnoli poi -, non certo sede di una cultura autoctona storicamente affermata. Ora l’Ecuador viene sempre più considerato, nell’orizzonte preistorico sudamericano, come il primo centro di irradiazione di popoli che si trasformarono da cacciatori in agricoltori, divenendo così stanziali e non più nomadi, contemporaneamente alle popolazioni pre-olmeche dell’America centrale. Parallelamente alle origini dell’agricoltura in Mesopotamia nel ”vecchio mondo”, l’Ecuador è il protagonista, nel ”nuovo mondo”, di quella grande rivoluzione umana durante la quale nacquero i primi laboratori di ceramica (i più antichi delle due Americhe) e i primi insediamenti stabili di popolazioni contadine. Ebbero, probabilmente, origine qui, per quanto riguarda l’America Latina, tre conquiste fondamentali per la Civiltà : l’agricoltura, una religione organizzata e la tecnologia fittile. Ancora allo stadio neolitico, le popolazioni ecuadoriane utilizzavano tecniche sofisticate di lavorazione di conchiglie spondylus, ceramiche decorate e seguivano culti della fertilità umana e vegetale, rappresentati da migliaia di figurine fittili femminili. Dopo questa piuttosto sommaria (e me ne scuso con i lettori), ma indispensabile premessa, veniamo al nostro discorso dedicato al collezionismo privato. Esiste a Piacenza un’interessante raccolta di reperti preincaici imperniata su un’antica popolazione ecuadoriana pressoché sconosciuta, denominata ”La Tolita Tumaco”. La collezione comprende alcune statuette fittili, a base di durissime terre vulcaniche, che rappresentano probabilmente alti dignitari o guerrieri, sacerdoti o stregoni con maschere zoomorfe, divinità, animali. Alcune di queste statuette conservano ancora le tracce dei loro colori originali. ”Naturalmente - dice il proprietario - dei pezzi più interessanti è sempre stata vietata l’esportazione, e oggi che anche le leggi in America Latina sono diventate più severe, non è più possibile esportare pezzi come questi”. ”La Tolita Tumaco” (500 a.C. - 500 d.C. ca.) è una Cultura preincaica - la cui scoperta non raggiunge i 90 anni -, così chiamata dalle località costiere dell’Ecuador, presso il confine con la Colombia, in cui ne sono state rinvenute le tracce. Il nome di ”La Tolita” deriva da ”Tolas”, come sono detti i monticelli su cui erano edificate le abitazioni, di solito disposte ad U attorno ad uno spiazzo. Gli scavi hanno portato alla luce un gran numero di vasi e statuine, di cui quelle antropomorfe sono caratterizzate da un alto copricapo a foggia di bulbo. Sul popolo di La Tolita e di Tumaco, allo stato odierno delle ricerche, si possono solo fare delle congetture, basate sui rinvenimenti archeologici e sulle rappresentazioni fittili. La sua stessa origine non è chiara: se autoctona o frutto di migrazioni. Popolazione probabilmente di commercianti, oltre che di agricoltori, posta tra i due poli culturali del Mesoamerica e del Perù, piuttosto evoluta nella produzione di ceramiche e terrecotte, fu il primo popolo al mondo capace di lavorare correttamente il platino. Non risulta, allo stato attuale, che conoscesse alcun tipo di scrittura, né di ideogrammi, come i Maya, o di ”quipu” (sorta di cordicine a nodi), come gli Incas. E’ quindi dalla produzione fittile, in cui sono riconoscibili forti influssi mesoamericani o olmechi, e dai vari reperti che si possono ricavare notizie sui suoi usi e costumi. Viveva in semplici capanne a pianta quadrata o rettangolare, con tetti spioventi generalmente prive di finestre, con un forte senso della famiglia. Oltre a quella dei metalli e della ceramica, si svilupparono la lavorazione del legno, delle pietre preziose e dure, dei tessuti. Oltre all’agricoltura e al commercio, la popolazione si dedicava anche alla pesca e conosceva l’uso di strumenti musicali. Sviluppati il culto del sole e degli altri animali sacri a tutte le popolazioni precolombiane: giaguaro e serpente. Usanza particolare la deformazione artificiale del cranio, che avveniva fin da bambini, tramite bende e legacci. Una casta governante, collegata alla religione e costituita probabilmente da sciamani e da guaritori, guidava la società. Onorati anche orafi e fabbri, che si servivano del dio del Fuoco; nella scala gerarchica seguivano poi i ceramisti, i guerrieri (solitamente rappresentati senza armi). All’ultimo posto pare che fossero i lavoratori: agricoltori, cacciatori, pescatori ed artigiani. I morti venivano inumati, in posizione fetale, in spessi recipienti di ceramica. In alcuni casi sul viso dei morti si ponevano maschere in oro o argento, con occhi mobili realizzati in platino. Il loro culto denota un profondo rispetto per il mistero della morte. ”Viene spontaneo chiedersi - osserva con un’espressione strana il collezionista - cosa potremmo conoscere della storia d’Europa e dei vari popoli che l’hanno abitata e resa civile, se a sbarcare qui fossero stati i Maya e se questi avessero avuto la stessa intolleranza dei conquistadores... ma la Storia non si fa con i se”. F.S. Un guerriero: la ricchezza degli abiti e degli ornamenti lascia supporre che si tratti di un personaggio d’alto rango