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GIACINTO GIGANTE
Giacinto Francesco Paolo nasce a
Napoli l’11 luglio 1806 da Gaetano e
Annamaria Fatati, in una casa
sulla salita di Sant’Antonio a
Posillipo. Le prime lezioni sulla
pittura gli vengono impartite proprio
da l padre, un artista della “vecchia generazione”, allievo di Giacinto
Diano,affreschista legato ancora alla tradizione tardo settecentesca. Intorno al 1818
Gigante inizia a dipingere, cimentandosi nei primi paesaggi e ricalcando studi di
figura e ritratti, così come ci conferma una scritta a matita in calce al dipinto ad olio
già in collezione Talamo, raffigurante un Vecchio pescatore seduto: “questo
marinaio fu la prima figura che io feci dal vivo nel 1818. G. Gigante”. Nel 1820, per
pochi mesi, assieme al pittore Achille Vianelli inizia a frequentare privatamente lo
studio di Jacob Wilhelm Hüber, paesaggista tedesco di stampo accademico, il
quale,tuttavia ,gli fornisce i primi strumenti tecnici del disegno di paesaggio eseguito
con la cosiddetta “camera ottica” o “camera lucida”e caratterizzato da una linea di
contorno rigida e secca,in quanto il perimetro del paesaggio viene tracciato su di un
lucido e, dopo, ricalcato su di un foglio e ripassato a penna; questa tecnica sarà
peculiare delle prime opere dell’artista napoletano conservate, in gran numero,
presso le collezioni Ferrara Dentice ed Astarita dei musei napoletani di San Martino
e Capodimonte. Nel 1920 il pittore comincia a frequentare per volere del padre il
“Reale Ufficio Topografico” diretto, in quel periodo, da Ferdinando Visconti
imparando ben presto la tecnica dell’incisione ad acquaforte e della litografia, così
come si deduce da un disegno raffigurante Napoli da sopra la grotta di Posillipo,
datato 1820, conservato in collezione Astarita, che reca la scritta: “da me inciso
all’acquaforte e per ciò propagato”. Qui, con ogni probabilità, sia lui che il Vianelli
sono coinvolti, sia pure a livello puramente esecutivo, nel grande progetto della
Carta topografica ed idrografica di Napoli e dei suoi contorni e Gigante ha modo di
approfondire la nuova tecnica della litografia che, in modo sperimentale, era stata
introdotta nella attività dell’Officio dal 1818. In questi anni, e precisamente tra il
1822 e il 1823, numerosi suoi disegni a “fil di ferro” di paesaggi napoletani quali
Capri, l’Arco naturale (1823), Marina di Capri(1824) Il castello di Baia (1822),ma
anche vedute di Ischia,Miseno ed altre località del regno, possono essere legati
proprio al lavoro presso l’Officio Topografico.
Marina di Capri(1824)
Tempio di Paestum
Nel 1821, dopo la partenza di Hüber, sempre assieme al Vianelli, passa allo studio
dell’artista olandese Anton Sminck Van Pitloo a Vico Vasto a Chiaia,che diverrà il suo
primo vero e proprio maestro.
Dopo una già prospera produzione di disegni, quasi tutti a penna, nel 1824 esegue il
suo primo dipinto ad olio su cartone raffigurante il Lago d’Averno (Museo di San
Martino), che rispecchia i modi e lo stile dei bozzetti del suo maestro olandese,
caratterizzato da una pennellata densa e pastosa, dove, tuttavia è evidente la
conoscenza della tradizione pittorica del seicento napoletano, nonché la conoscenza
dei paesaggisti inglesi e francesi presenti a Napoli in quegli anni.
Due anni dopo si reca a Roma dove era, forse, già stato e dove certamente torna e
per un breve periodo lavora presso l’artista tedesco Johann Jacob Wolfenberger
“fabbricante di vedute lavorate ad acquerello”.
Sempre nell’ottobre del 1826 Gigante espone quattro suoi lavori alla prima “Mostra
delle opere di Belle Arti” nel Palazzo del Real Museo Borbonico, tra cui Veduta
dell’interno di un edificio con Sant’ Onofrio, Veduta del Colosseo, Veduta
dell’Anfiteatro di Pozzuoli ed una Veduta della Marina di Sorrento, oggi tutti
scomparsi.
Alcune fonti biografiche affermano che Gigante è iscritto al Real Istituto di Belle Arti
e che è stato premiato nel 1824 al concorso della seconda classe di paesaggio “con
voti 8 e ducati 6”, e che nel 1827 egli si iscrivesse all’ Istituto per ottenere
l’esenzione dal servizio militare. Nello stesso anno concorre al primo premio di
pittura con Una Casa rurale con cespugli e boscaglie, vincendolo.
In questo periodo stringe amicizia con il pittore olandese Peter van Hanseleare che
esegue per l’amico il ritratto di suo padre Gaetano ed a cui Gigante dona l’opera
risultata vincitrice nel 1827.
Nel 1929 l’artista riceve il compio di collaborare al “Viaggio pittoriche nel Regno
Delle due Sicilie” opera in 3 volumi che racchiude testi di altri grandi autori quali
Achille Vianelli e Raffaele Carelli.
Il 1 Febbraio 1831 sposa Eloisa Vianelli dalla quale ebbe otto figlie che si
imparentarono con le famiglie di altri pittori della Scuola di Posillipo.
Negli anni 1835-37 l’artista è in continuo contatto con esponenti dell’aristocrazia, in
special modo con quella russa da lui conosciuti già dagli anni ’20, forse tramite il
pittore Sylvestre Ščedrin, in Italia dal 1919 ed a Napoli dal 1825 al 1830, anno della
sua morte. Questi aristocratici, frequentemente di passaggio nella città, sono fonte
inesauribile di committenze per Gigante come denotano non solo le numerose
opere conservate nei musei russi quali un Paesaggio (1839), Sorrento(1842),
Panorama di Napoli(1845), Golfo di Napoli (1849) tutti all’ Hermitage di Leningrado,
ma anche i tanti disegni ed acquerelli custoditi nei musei napoletani raffiguranti
vedute e ritratti che recano spesso o la dedica al committente o il nome del
personaggio straniero ritratto.
Si sa inoltre che per lo Zar Nicola I egli aveva eseguito anche due grandi quadri
raffiguranti La veduta di Napoli da Villa Graven e La tomba di Virgilio come ci
conferma il suo biografo Gonsalvo Carelli.
Dopo la morte di Pitloo, avvenuta nel 1837, Gigante, divenuto ormai “leader”
indiscusso della cosiddetta Scuola di Posillipo, si trasferisce a Vico Vasto a Chiaia
nella casa del suo maestro e nel 1844 con i proventi dei numerosi lavori eseguiti per
una ormai vastissima committenza acquista un villa sulle pendici del Vomero, Villa
Salute, dove riunisce la sua numerosissima famiglia. Sempre con gli aristocratici russi
l’artista ritorna a Roma e si reca nel 1846 in Sicilia. Dice il Carelli: “… in questo tempo
egli fè conoscenza con diverse famiglie russe con le quali fece diverse gite in Roma
…venuto l’Imperatore di Russia in Napoli, egli amicissimo del conte Potosky, fu
inviato a seguire l’imperatrice a Palermo ove fece per la pregiata maestà un album
delle cose più stupende della Sicilia”.
Esegue in questa occasione, infatti, un “Album di Sicilia” ed un dipinto ad olio
raffigurante Il teatro di Taormina (già collezione Polisiero).
Molo di Napoli
Comincia quindi a viaggiare al loro seguito fino al 1855, dimorando nelle varie
residenze reali: Gaeta, Caserta, Ischia.
Nel 1852 riceve la nomina di Professore Onorario al “Real Istituto di Belle Arti” e
Socio corrispondente nazionale della “Real Accademia”. Tra il 1855 ed il 1862 sono
datati gli splendidi acquerelli e studi a seppia che riprendono in lungo e in largo
Pompei, località da lui visitata e studiata anche in anni giovanili: La Via dei Sepolcri è
uno dei soggetti che ritorna più volte in questi anni.
Via dei Sepolcri. Pompei.
Nel 1860 con il crollo del Regno Borbonico, Gigante ripiega in raffigurazioni per lo
più di interni e di figure anche a causa di un nuovo tipo di committenza non più
aristocratica bensì medio borghese. Nascono le famose composizioni degli interni
delle chiese napoletane di San Giovanni a Carbonara, S. Maria Donnaregina, San
Lorenzo, San Domenico arricchite di figurine, nonché lo splendido acquerello della
Cappella di San Gennaro del Duomo di Napoli, commissionatogli da Vittorio
Emanuele II e presente, nel 1867, all’Esposizione Nazionale di Parigi. In questa
occasione Gigante si reca di persona nella capitale francese
Durante gli ultimi anni della vecchiaia si “rinchiude” nella sua Villa alla Salute e si
dedica al riordino dei suoi numerosi disegni e delle opere di altri artisti da lui
acquisite in varie circostanze, appuntando in margine ai fogli ricordi ed annotazioni
per noi oggi di grande utilità. Muore il 29 novembre 1876.
A CURA DI:
D’Errico Stefania