Far vivere e lasciar morire Sono passati sei giorni dall
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Far vivere e lasciar morire Sono passati sei giorni dall
Far vivere e lasciar morire Sono passati sei giorni dall’espulsione di Mourad Trabelsi e delle sue sorti, una volta arrivato in Tunisia, ancora non si sa nulla. I familiari lo hanno cercato nelle carceri senza risultati e il suo avvocato non ha ricevuto notizie. Il governo italiano ha probabilmente collaborato all’ennesima sparizione di un individuo coinvolto nei processi per terrorismo internazionale. Secondo gli avvocati, molti degli espulsi, al rientro nei paesi di origine, sono stati arrestati, sottoposti a tortura e talvolta sono scomparsi. In questo caso si tratta di una persona condannata a sette anni di reclusione appena finiti di scontare in un carcere italiano e ad altri venti da trascorrere in un carcere tunisino, a seguito di una sentenza emessa in sua assenza nel paese di origine. Lo statuto degli individui coinvolti nelle indagini è immodificabile: sono terroristi a vita, non è prevista la possibilità di un ravvedimento. Un chiaro esempio di questa ineluttabilità è proprio la vicenda che coinvolge Trabelsi, a cui oltre alla condanna è stata applicata la pena accessoria dell’espulsione come misura di sicurezza. Quest’ultima, infatti, è stata annunciata dal Ministro dell’Interno il 3 dicembre, in occasione dell’arresto di altri due presunti terroristi, pochi giorni dopo gli attentati di Mumbai. Il suo avvocato, il 14 novembre del 2008, si è rivolto alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale ha chiesto al governo italiano, in applicazione dell’art. 39 del proprio regolamento, di non procedere all’espulsione (v. doc allegato). Lo stesso avvocato, appena Trabelsi è stato scarcerato (il 21 novembre), si è rivolto alla Commissione Territoriale di Riconoscimento dello Statuto di Rifugiato di Milano del Ministero dell’Interno per ottenere lo “status di protezione sussidiaria”, visto l’elevato rischio per il suo assistito di essere sottoposto a tortura al rientro in Tunisia. La commissione nella seduta del 26 novembre 2008 ha deciso di non concedere lo status di protezione internazionale. Allo stesso tempo, tuttavia, ha “consigliato” al Questore di Milano di rilasciare un permesso di soggiorno (ex art. 5 comma 6 del Dlg 186/98) sulla base di gravi motivi di carattere umanitario, valutati tenendo conto (v. doc. allegato): - dell’improcedibilità dell’espulsione verso la Tunisia del richiedente sulla base a) del provvedimento della Corte Europea sui diritti dell’uomo in data 18-11-2008 b) della sentenza Saadi vs Italy del 2802-2008 che concerne un caso analogo c) del principio di “non refoulement” incondizionato nel caso in cui la persona corra il rischio effettivo di essere sottoposto a tortura nel paese di origine (art. 3 Cedu) - delle presenza di tre figli minori nati in Italia e della moglie da tempo sul territorio nazionale. Il “rischio effettivo di essere sottoposto a tortura” e la presenza di figli e moglie sono stati presi in seria considerazione dalla Commissione Ministeriale. Lo stesso non si può dire sui media, che hanno annunciato la notizia dell’espulsione presentando il rischio di tortura come una illazione dell’interessato che, come è stato scritto, solo “a suo dire” rischierebbe la tortura. Altrettanto glaciale è la posizione del il Magistrato di Sorveglianza il quale, interpellato dall’avvocato per riesaminare la pericolosità sociale del suo assistito, ha confermato la misura di sicurezza. Il giudice è stato piuttosto veloce nel decidere sulla complessa questione: l’udienza si è tenuta il 3 dicembre, l’ordinanza è stata emessa nello stesso giorno (v. doc allegato). Il motivo principale su cui si fonda la decisione sulla pericolosità di Trabelsi – a parte il ragionamento tautologico sulla gravità del reato – è l’assenza di una occupazione al momento della decisione e prima del suo arresto. Va precisato che Mourad Trabelsi ha trascorso i suoi ultimi giorni in Italia - dall’uscita dal carcere fino alla sua espulsione - in un Centro di Permanenza Temporanea. A rafforzare la posizione del magistrato sempre il 3 dicembre il Ministro dell’Interno ha emesso un ulteriore ordine di espulsione (di cui non si ha alcuna documentazione). Il 4 dicembre è giunto un nuovo invito al governo italiano da parte della Corte Europea a non espellere Trabelsi (v.doc allegato). Ancora una volta l’invito è caduto nel nulla: il 13 dicembre il provvedimento è stato eseguito. Familiari e avvocato ne hanno avuto notizia a giochi fatti. La risposta, negativa, del funzionario della questura all’invito della Commissione ministeriale a rilasciare un permesso per motivi umanitari è arrivata all’avvocato quando Trabelsi era, forse, già in Tunisia. Mentre continua il conteggio dei giorni trascorsi da quando il terrorista a vita è stato inghiottito nel nulla, un’altra persona attende la stessa sorte nel carcere di Nuoro: è Drissi Noureddine che ha già rinunciato alla liberazione anticipata per evitare il rischio di essere “tradotto” in un Cpt. Un magistrato di sorveglianza di Nuoro nel frattempo sta esaminando la sua posizione. Per Noureddine, tuttavia, forse si può fare ancora qualcosa. Quello di Trabelsi è “solo” uno dei tanti esempi che dovrebbero far riflettere sulla reale incisività di un organismo come la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo le cui pronunce ormai sembrano relegata nello spazio della retorica sui diritti umani senza essere in grado di sortire alcun effetto concreto sulla vita di coloro che ricorrono alla sua autorità. Ancor di più, però, queste vicende dovrebbero attirare l’attenzione sul rischio che i tribunali si trasformino in uno spazio di transizione che indirizza verso le zone oscure del controllo amministrativo, dove vengono collocati i soggetti degradati umanamente e deprivati politicamente. Il tribunale, da questo punto di vista, può trasformarsi nel punto di avvio di un itinerario di invisibilità che conduce i terroristi verso la propria “sparizione”, nella mancanza generale di interesse e senza sollevare clamore.