scheda di sala - - Teatro Comunale di Monfalcone
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scheda di sala - - Teatro Comunale di Monfalcone
MARTEDÌ 3, MERCOLEDÌ 4 FEBBRAIO ORE 20.45 Isola Trovata in collaborazione con Teatro Eliseo presentano Giuliana Lojodice con la partecipazione di Giuseppe Pambieri in LA PROFESSIONE DELLA SIGNORA WARREN di George Bernard Shaw traduzione, adattamento e regia Giancarlo Sepe e con Pino Tufillaro, Fabrizio Nevola, Federica Stefanelli, Roberto Tesconi scene e costumi Carlo de Marino disegno luci Gerardo Buzzanca colonna sonora a cura di Harmonia Team musiche originali Davide Mastrogiovanni personaggi e interpreti Signora Warren Sir George Crofts Vivie Warren Signor Praed Frank Pastore Samuel Gardner Giuliana Lojodice Giuseppe Pambieri Federica Stefanelli Pino Tufillaro Fabrizio Nevola Roberto Tesconi Da inserirsi nel contesto letterario-sociale di avanguardia del suo tempo, quest’opera, di grande valore per la sua teatralità intrinseca - che si manifesta nella vivacità inesauribile del dialogo - per l’acutezza dei sentimenti posti in gioco, per la tensione etica e il coraggio di rottura morale in circostanze altrove possibilmente scabrose, va soprattutto vista come un vasto processo all’intera società del tempo (Shaw la scrive nel 1893), che si protrae tenacemente in quello attuale. Qui sta la ragione del suo inesauribile interesse oltre che, ovviamente, nella sua capacità di comunicarsi come azione teatrale. Le protagoniste sono in realtà due: la signora Warren e sua figlia Vivie; quest’ultima, dopo aver conseguito brillantemente un alto certificato di studi in matematica, a Cambridge, si sta prendendo la meritata vacanza, con tutta la comodità che i mezzi della ricca madre le consentono, in un cottage del Surrey. Questa madre che l’ha tenuta sempre lontana da sé, che l’ha allevata negli agi di una grande ricchezza, Vivie in fondo non la conosce affatto. Raramente, infatti, la donna ha visitato la figlia nei collegi di lusso dove era alloggiata, adducendo le fatiche di una vita di alta società. Ma ora la signora Warren viene a congratularsi con la figlia e ha l’imprudenza di portare con sé due uomini, Pread (un artista un po’ innocente, un po’ colpevolmente sprovveduto) e Crofts, suo socio nei loschi affari, vizioso quanto aristocratico. La signora Warren è infatti una prostituta, che in seguito è divenuta tenutaria di numerose case chiuse in tutta Europa. Pochi però conoscono il tipo del suo commercio e, giudicando in base al livello economico, l’accolgono nelle loro aristocratiche case. Naturalmente la sua è una storia dolorosa: giovanissima, bella, poverissima, tradita, sfruttata, derubata di ogni innocenza, è desiderosa di vendicarsi contro una società che l’ha umiliata e di proteggere la figlia da ogni possibile fallimento. L’errore della signora Warren è di credere che con la ricchezza può sanare tutto, soprattutto l’avvenire della figlia, avendone in cambio riconoscenza. Questo naturalmente non avviene… Vivie, evoluta, libera, cresciuta in un ambiente sano, non rifiuta la madre per il suo passato, anzi la capisce e l’assolve; ciò che determina la rottura è la sua incongruenza: “Se fossi stata in te, mamma, avrei fatto quello che hai fatto tu: ma non avrei fatto una vita credendo in un’altra. Tu, in cuor tuo, sei una donna convenzionale. È per questo che oggi ti dico addio”. Vivie non vuole il denaro della madre, si toglierebbe di dosso perfino l’educazione ricevuta con questo: non per moralismo ma proprio per l’inganno subito, per l’equivoco della sua posizione, che giudica falsa. Pronta ad accettare una madre prostituta, non accetta una madre che si nasconde dietro una ricchezza mal guadagnata e inganna se stessa. La condanna della madre è la condanna non tanto di una professione turpe, quanto di un tipo di civiltà che mistifica i valori morali, siano essi positivi o negativi. Ecco una delle commedie “sgradevoli” del grande George Bernard Shaw. È la prima volta che affronto quest’autore, che ho sempre apprezzato e ammirato ma mai veramente studiato. In questo caso posso dire che la lettura della Professione della Signora Warren mi ha aperto uno squarcio su un mondo che Shaw ha rappresentato con attitudini borghesi e ipocrisie varie, tutte legate prevalentemente al sesso e alla voglia di sesso dei quattro protagonisti maschili: c’è chi vuole conquistare la donna per interessi personali e non per amore, c’è chi crede di essere il padre della donna da cui è attratto, c’è addirittura un prete che ha amato la protagonista in tempi remoti. Possiamo dire che sono tutti dei “puttanieri” e le due donne, chi per un verso chi per un altro, sono vittime di una società maschilista. Giancarlo Sepe Dalla rassegna stampa Commedia d’avanguardia per i suoi tempi, La professione della Signora Warren è forse l’opera più celebre, e travagliata, di George Bernard Shaw. Scritta nel 1894 andò in scena per la prima volta solo nel 1902 e subì immediatamente la censura vittoriana, che la bandì dalle scene fino al 1924. La professione della signora Warren, infatti, è di quelle che non si possono nominare in società, meno che mai nell’alta società inglese di fine Ottocento intrisa di falsità e perbenismo. Shaw, con il suo consueto umorismo cinico e graffiante, affonda il coltello nel mondo borghese trattando il tema della prostituzione non come colpa individuale ma come male sociale. [...] Shaw è un maestro dei dialoghi e la Signora Warren è l’ideale prova d’attrice per una signora del teatro italiano come Giuliana Lojodice, con più di 40 anni di palcoscenico alle spalle e numerosi riconoscimenti, l’ultimo lo scorso settembre con il premio “Le Maschere del Teatro 2014”. Non da meno Giuseppe Pambieri, anche lui attore ormai di lungo corso eccezionalmente accanto alla Lojodice nel ruolo di Sir George Crofts. Ma la commedia è anche un acuto gioco di sentimenti. Le protagoniste sono in realtà due: la signora Warren e sua figlia Vivie (Federica Stefanelli), giovane neolaureata a Cambridge, vissuta in collegi di lusso, che conosce poco la madre. Quando la signora Warren decide di andare a congratularsi con lei, Vivie scopre che la ricchezza della madre viene dalle case di tolleranza di cui è tenutaria e vorrebbe immediatamente tagliare i ponti con le sue origini, ma l’intransigenza morale avrebbe un prezzo troppo alto: le comodità, i privilegi e il suo stesso futuro dipendono da quel denaro “sconveniente”. (lastampa.it, 13 gennaio 2015) [...] È fuori d’ogni dubbio, il piacere di vedere in scena una leonessa ad hoc, quale è la signora Lojodice, il cui sangue meridionale ha regalato quel quid inconfondibile al suo talento d’attrice, sviscerato nel corso dei decenni con successi invidiabili. Nell’affrontare un testo dalle tematiche scandalose, per l’epoca in cui fu scritto, il regista si è affidato con fiducia ad una scena il cui pilastro monolitico è offerto dal talento della protagonista stessa ma si è un po’ distratto, dimenticandosi di esplorarlo più approfonditamente con il proprio specifico linguaggio registico, sfruttando le grandi potenzialità che il testo stesso suggerisce ed evidenzia a chiare lettere. La verticalità necessaria alla messa in scena di tematiche come la prostituzione, l’indispensabile realizzazione della propria vita, la tutela della propria dignità e femminilità, il bisogno di custodia del rapporto umano per eccellenza, il più importante e genesi di tutti gli altri – quale è quello tra madre e figlia – si è un po’ persa dentro una regia orizzontale, piuttosto convenzionale, sia pur di grande mestiere. [...] Buona la direzione degli attori e l’amalgama tra i vari protagonisti, specie fra coloro che vantano più mestiere e una complicità scenica storicamente più lunga (PambieriLojodice). Del resto, anche Giuseppe Pambieri non ha mai tradito la sua grande scuola alle spalle, il Piccolo di Milano, e il suo spirito innovativo, affrontando spesso testi di rottura e nuovi accanto al repertorio classico. E ottima la simbiosi conflittuale fra madre e figlia – ognuna l’antitesi dell’altra – tanto sensuale e scivolosa la prima, quanto diretta, spigolosa e leggermente legnosa la seconda. Rivoluzionaria e molto attuale è, inoltre, la tesi del celebre autore irlandese che non permette di comprare i sentimenti con i soldi, anche se essi hanno posto in debito di riconoscenza e in condizioni di essere quel che è la giovane Vivie, figlia della signora Warren. Non è diversa la sua denuncia di un mondo maschilista e la lotta per la salvaguardia dell’amor proprio neppure nel suo capolavoro, Pygmalion, scritto a distanza di quasi due decenni, del resto. La responsabilità della propria vita non si può declinare né delegare e nulla al mondo può mai risparmiarci dal farne i conti, sacrificando a questo anche i rapporti primari – con una madre, una figlia, un amore – per non rinunciare al proprio principio di vita, ognuno secondo la propria personale cifra identitaria e caratteriale da perseguire sempre e comunque. (Margherita Lamesta, Sipario.it, 24 ottobre 2014) Comune di Monfalcone Area Servizi Culturali e Sociali - U. O. Attività Teatrali ed Espositive con il contributo di Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia - Assessorato alla Cultura Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia Programmazione Prosa Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia Assessore alla Cultura Paola Benes MARTEDÌ 3, MERCOLEDÌ 4 FEBBRAIO 2015 ORE 20.45 Dirigente di Area Giovanna D’Agostini LA PROFESSIONE DELLA SIGNORA WARREN [email protected] www.facebook.com/teatromonfalcone www.teatromonfalcone.it PROGRAMMA