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Ritorno dalla guerra
di Valentina Lotti
Mario tornò dalla guerra una sera d’estate che nessuno ci sperava più. I grilli smisero di cantare e
tutt’intorno calò un innaturale silenzio. Quando la porta cigolò sua madre stava asciugando i piatti. Nel
vederlo entrare, quel figlio dato per perso, una scodella le scivolò di mano e cadde sul pavimento.
“Benedetto il Signore…” il cuore le scoppiava in petto. Corse ad abbracciarlo, gli riempì le guance di
baci e lacrime. Lui restò immobile sulla soglia. Era cresciuto, s’era fatto uomo, con la barba che le
pungeva la bocca. “Fatti guardare quanto sei bello! Ma sei tanto magro, e bianco come un cencio! Da
quant’è che non mangi? Siediti che ti preparo qualcosa.” Lo spinse dolcemente verso il tavolo, lui non
oppose resistenza. Sembrava stanco. “Via, via, levati quella giacca lunga che ci navighi!” Cercò di
togliergliela, ma Mario si scansò infastidito. “Grazie mamma, ma resto solo un attimo…” “Come un
attimo? Torni dopo un anno che ti s’aspetta e mi dici “resto solo un attimo”!” “Son venuto con un
compagno, m’aspetta fuori.” “E l’hai lasciato da sé? Digli di entrare!”. La madre si sporse dalla finestra
per cercarlo nella penombra: in mezzo all’erba vide un figurino scuro trascinarsi su e giù, lentamente.
La colse un brivido improvviso nonostante la calura. “Preferisce star lì, è un tipo solitario.” Mario si
sedette a occhi bassi. “M’ha fatto la cortesia di deviare un poco per venirti a salutare.” Gli costava fatica
parlare, s’era come intristito; allora la madre, per scacciare il brutto presentimento che le stava serrando
lo stomaco, pensò di non insistere, di dar tempo alle spiegazioni, in fondo si ragiona meglio a pancia
piena. “Farà come vuole, che ce ne importa? Vieni, ti do qualcosa di buono. C’ho una cosa da parte
dalla scorsa vendemmia.” si chinò verso la madia, una mano sulla schiena curva “L’ho tenuta apposta
per te!” nell’altra mano una bottiglia di vino rosso “È quello di zio Gino, t’è sempre piaciuto!
C’intingevi i’ pane da piccino!” lo versò in un bicchiere, la mano le tremava “Bevi, bevi, che ti fa bene,
magari ripigli colore. Intanto ti guardo cosa m’è rimasto. Se sapevo che tornavi facevo ammazzare un
coniglio alla Piera, ma ora è tardi, ti dovrai contentare. Si festeggia domani, sì, domani, e si chiama tutto
i’ paese! Sai come saranno contenti? Soprattutto la Rosina, ti pensa ancora tanto.” la sua voce
rimbombava come in una stanza vuota. Aprì la dispensa: era quasi vuota, giusto un tozzo di pane
raffermo “E che t’invento? Non c’è più nulla!” si batté le mani sulle gambe e sospirò “Però aspetta,
costà in fondo…” si mise in punta di piedi, dall’angolo di una mensola tirò fuori un fagottino, lo aprì:
c’era dentro una fetta di torta “L’ho fatta l’altro giorno, come ogni domenica, ti ricordi che bizze
pigliavi se me ne scordavo? Ma non era mica vero, me ne ricordavo sempre, e quando facevi il bravo te
la davo. Non ho mai smesso di preparartela, anche se non c’eri.” prese un piatto dall’acquaio, ci mise il
dolce, lo posò accanto al vino “Visto che cena t’ha preparato la mamma? ”. Mario era rimasto zitto ad
ascoltarla mentre lei si muoveva nella cucina. Un’aria cupa gravava ormai su entrambi. Lui guardò la
cena, così familiare, ma non mangiò. Si fissarono un istante, lui sorrise appena, e fu il suo saluto. “Ora
devo proprio andare.” Si alzò, e lei con lui. “Ma come? Non mangi? Non assaggi nemmeno il vino?”
aveva gli occhi umidi “Dove vai a quest’ora? Sei appena tornato…” le venne un groppo alla gola. Lui
fece pochi passi, si fermò davanti alla porta. “Ma poi torni?” riuscì a dirgli in un soffio. Mario si voltò,
si sfilò piano la giacca, gliela porse “Quando torna rendila a Berto. Me la mise addosso poco prima
che…avevo tanto freddo, anche se era giugno.” Lei gli fissò il petto e impallidì. “Sant’iddio! Che
t’hanno fatto…” sentì le gambe sul punto di cedere. “Devo andare, ha pazientato abbastanza. Addio
mamma.” Lo vide allontanarsi col suo buio compagno, sparire nell’ombra. Solo allora i grilli tornarono
a cantare.
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