COMPLEMENTI DI TOPOGRAFIA

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COMPLEMENTI DI TOPOGRAFIA
COMPLEMENTI DI TOPOGRAFIA
1. COORDINATE PLANIMETRICHE
In Topografia le determinazioni planimetriche di punti vengono effettuate partendo
da altri punti di coordinate note (punti trigonometrici). Il sistema di coordinate è quello della
proiezione cartografica usata ed è riferito ad un sistema di assi cartesiani, uno dei quali
(ascisse) è generalmente diretto secondo un certo meridiano e l'altro (ordinate) è
perpendicolare al primo e con verso tale che il sistema risulti orario (la direzione positiva
del primo asse deve ruotare in senso orario per sovrapporsi alla direzione positiva del
secondo), come fig. 1.1.
fig. 1.1
Nella geometria analitica il sistema di riferimento è antiorario, come in fig. 1.2. I due
sistemi, in effetti, sono identici: se, infatti, si ruota di 90° il foglio su cui si è tracciata la fig.
1.2 e lo si guarda in trasparenza dalla parte posteriore si vede la fig. 1.1; è chiaro pertanto
che le relazioni tra gli elementi di una figura tracciata su quel foglio non cambiano variando
il punto da cui la figura stessa viene vista. In particolare, le relazioni espresse dalle
formule della geometria analitica valgono tali a quali nel sistema di riferimento usato in
Topografia.
fig.1.2
1
Nei libri di testo, per tradizione, viene assunto un sistema di riferimento come in fig.
1.3. L'asse delle Y, in questo sistema, viene considerato come asse delle ascisse e le
formule stabilite della geometria analitica devono essere modificate in conseguenza. Tale
sistema non è mai usato nella pratica ed agli effetti del presente corso sarà ignorato.
fig.1.3
Nella proiezione di Gauss, usata per la cartografia italiana e per quelle di molti altri Paesi
le coordinate vengono indicate coi simboli N (iniziale di Nord) ed E (iniziale di Est). Il
sistema di assi che noi considereremo sarà quindi come in fig. 1.4. L'asse E rappresenta
l'equatore e l'asse N il meridiano centrale del fuso.
Fig.1.4
Le relazioni tra le coordinate di due punti A=(NA, EA) e B=(NB, EB), il segmento AB e
l'anomalia o angolo di direzione (AB) (angolo che la congiungente rettilinea AB forma con
la parallela all'asse delle N condotta per A; in alcuni libri di testo viene usato il termine
azimut, che in questo caso è errato poiché esso indica esclusivamente l'angolo, sul piano
orizzontale, che una qualsiasi direzione forma con la direzione del meridiano), sono le
seguenti :
(1.1)
tg ( AB) =
EB − E A
NB − NA
2
(1.2)
AB =
EB − E A N B − N A
=
= ( N B − N A ) 2 + (EB − E A ) 2
sen( AB ) cos( AB )
(BA)=(AB)+1800
(1.3)
Da queste si ricava anche:
(1.4)
E B = E A + ABsen( AB) ; N B = N A + AB cos(AB)
(1.5)
E A = E B − ABsen( AB) = E B + ABsen( BA)
(1.6)
N A = N B − AB cos( AB) = N B + AB cos( BA)
Quelle ora ricordate sono le formule fondamentali che permettono di risolvere tutti i
problemi topografici. Si noti che la (1.1), da cui derivano le altre, non è che l'equazione
della retta passante per i punti A e B.
Per scopi particolari (ad es.: controllo di movimenti di un'opera di ingegneria o di
una particolare zona di terreno, oppure per rilievi a sé stanti) si assume talvolta un sistema
di riferimento arbitrario. Esso, però, sarà sempre orientato in senso orario e le formule
sopra ricordate conservano la loro validità.
2. ORIENTAMENTO
In un punto è noto l'orientamento quando è nota l'anomalia (o l'azimut) di una
qualsiasi direzione.
fig.2.1
In tal caso, infatti, per ottenere l'anomalia (o l'azimut) di una qualsiasi altra direzione, basta
sommare all'anomalia o all'azimut noti l'angolo che la direzione da orientare forma con la
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direzione orientata, eventualmente togliendo alla somma un angolo giro. La fig. 2.1 mostra
due esempi.
3. INTERSEZIONE IN AVANTI
Dati due punti di coordinate note, sui quali si fa stazione, è possibile determinare le
coordinate di un altro punto.
fig.3.1
a) Operazioni sul terreno
Facendo stazione con un teodolite (o con un tacheometro a seconda della
precisione necessaria nelle misure) su ciascuno dei punti noti, si misura l'angolo azimutale
che la direzione verso il punto da determinare forma con una qualsiasi direzione di cui si
possa determinare l'anomalia. Questa potrà essere la direzione verso l'altro punto noto su
cui viene fatta stazione, oppure la direzione su qualsiasi altro punto di coordinate note;
non è, cioè, indispensabile che i due punti su cui si fa stazione siano visibili tra loro. Due
schemi delle operazioni di misura sono indicati nelle figg. 3.1 e 3.2, ove con P è indicato il
punto da determinare e le altre lettere distinguono i punti di coordinate note.
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fig.3.2
b) Operazioni di calcolo
Supposte le note anomalie (AP) E (BP), applicando la formula (1.1) alle rette AP e
BP si ha
( N P − N A )tg ( AP) = E P − E A

( N P − N B )tg ( BP) = E P − E B
(3.1)
Sottraendo membro a membro le due equazioni e risolvendo rispetto a NP:
(3.2)
NP =
N A tg ( AP) − N B tg ( BP) + E B − E A
tg ( AP) − tg ( BP)
ed introducendo questo valore in ciascuna delle (3.1) risulta
E P = E A + ( N P − N A )tg ( AP)
(3.3)
E P = E B + ( N P − N P )tg ( BP)
La determinazione di EP in doppio modo permette di individuare errori di calcolo (si noti
bene: non errori di misura negli angoli sul terreno).
Per applicare le (3.2) e (3.3) è necessario conoscere le anomalie (AP) e (BP). In
uno schema come in fig. 3.1 si calcolano dapprima le anomalie (AB) e (BA) dalle relazioni
tg ( AB) =
EB − E A
NB − NA
( BA) = ( AB) ± 180 0
e quindi ( AP ) = ( AB ) + BAP ; ( BP ) = ( BA) + ABP
Essendo BAP e ABP gli angoli misurati sul terreno.
Nello schema della fig. 3.2 si ha
tg ( AC ) =
EC − E A
NC − N A ;
( AP ) = ( AC ) + CAP
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tg ( BD) =
ED − EB
ND − NB ;
( BP ) = ( BD ) + DBP
c) Controllo dei risultati.
Le misure di cui al paragrafo a) danno sempre luogo ad una coppia di coordinate
del punto P; è ovvio che se la misura di un angolo è errata si otterranno delle coordinate
errate. Per garantirsi contro tali errori occorrerà allora eseguire un'altra intersezione
facendo stazione in un terzo punto. Le coordinate di P provenienti dai primi due punti
dovranno coincidere, entro plausibili scarti, con quelle provenienti dal secondo o dal terzo
(o dal primo e del terzo).
Si ricorda, tuttavia che in genere non si esegue la sola determinazione planimetrica,
ma anche quella altimetrica. Se questa è fatta mediante livellazione trigonometrica, poiché
coordinate errate del punto P danno luogo a valori errati delle distanze AP e BP si
otterranno quote diverse partendo da A o partendo da B. Ciò è indizio di errore o nella
determinazione planimetrica o nella misura di una distanza zenitale.
4. INTERSEZIONE INVERSA
Dati tre punti di coordinate note, è possibile determinare le coordinate di un quarto
punto facendo stazione solo su di esso. Si noti che nel caso dell’intersezione in avanti
sono necessarie solo due rette per rilevare un punto perché l’orientamento dai punti noti è
determinato; nel caso attuale esso è incognito.
fig.4.1
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a) Operazioni sul terreno
Facendo stazione con un teodolite (o tacheometro) sul punto da determinare e scelta la
direzione ad uno dei punti noti come origine, si misurano gli angoli azimutali che ciascuna
direzione agli altri punti noti forma con essa. La fig. 4.1 ove con A, B, C sono indicati i
punti noti con P il punto da determinare e con α e β gli angoli misurati, mostra uno schema
di disposizione dei punti, in cui la direzione al punto A è presa come origine.
b) Operazioni di calcolo
Si osservi che le anomalie (AP), (BP), (CP) sono legate dalle relazioni
(BP ) = ( AP ) + α
(CP ) = ( AP ) + β
;
Applicando la formula (1.1) si ha:
EP − EA
NP − NA
tg ( AP ) =
4.1
tg (( AP ) + α
)=
EP − EB
NP − NB
tg (( AP ) + β
)=
E P − EC
N P − NC
Le (4.1) costituiscono un sistema nelle tre incognite (AP), NP, EP. Ricordando che
tg (BP ) = tg (( AP ) + α
4.2
) = 1 + tg ( AP )ctgα
ctgα − tg ( AP )
e l’analoga relazione per tg (( AP ) + β , eliminando dalle tre equazioni le incognite NP e EP si
ottiene:
4.3
tg ( AP ) =
(E B − E A )ctgα − (EC − E A )ctgβ + (N C − N B )
(N B − N A )ctgα − (N C − N A )ctgβ − (EC − E B )
Calcolato il valore di tg(AP), mediante le 4.2 si calcolano i valori di tg(BP) e tg(CP) dopo di
che si possono calcolare le coordinate di P per intersezione diretta mediante le (3.2) e
(3.3).
Si noti che non è necessario calcolare gli angoli (AP), (BP), (CP), per il che
occorrerebbe conoscere come sono disposti sul terreno i punti, in quanto è sufficiente la
conoscenza delle tangenti di quegli angoli. Operando nel modo detto, cioè stabilendo una
direzione origine, si ha una soluzione unica del problema e non la doppia soluzione
indicata nella maggior parte dei libri di testo.
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c) Controllo dei risultati
Le coordinate del punto P possono essere calcolate per intersezione diretta dalle
coppie di punti A, B oppure A,C od anche B,C. Il calcolo in doppio modo garantisce contro
gli errori aritmetici; per garantirsi contro errori nelle misure angolari occorre misurare sul
terreno anche l’angolo con un quarto punto noto; indicando con D questo punto è allora
possibile avere due determinazioni indipendenti, ad es. da A,B,C e da A,B,D (oppure
A,C,D) che devono fornire per il punto P valori delle coordinate coincidenti entro le
approssimazioni di misura. Anche la determinazione della quota mediante livellazione
trigonometrica può fornire un criterio sull'attendibilità delle misure.
5. COMPLEMENTI SULLE POLIGONALI
L’esecuzione delle misure indicate sui libri di testo permette solo la compensazione
empirica di una poligonale chiusa. Per poter procedere ad una compensazione rigorosa
occorre che le misure sovrabbondanti siano in numero molto maggiore. A tale scopo, nelle
poligonali ordinarie si potranno misurare da ciascun vertice non solo le direzioni ai vertici
contigui, ma anche quelle ad altri vertici ed ad altri punti noti eventualmente visibili, e sarà
anche opportuno aumentare le misure di distanza.
Si noti che quando in una poligonale che si svolge tra due punti trigonometrici
vengono misurate le distanze mediante un distanziometro elettronico, si misura con una
precisione maggiore di quella che ha la distanza tra i punti noti ottenuta dalle coordinate.
Nella compensazione occorre allora introdurre un fattore di scala, incognito, che alteri le
misure in modo da uniformare la scala del nuovo rilievo con quella della rete
trigonometrica esistente.
6. INTERSEZIONE MEDIANTE MISURE DI DISTANZA
Data la facilità di misura offerta dai distanziometri elettronici, questo metodo trova
frequenti applicazioni. Dati due punti di coordinate note, è possibile determinare le
coordinate di un terzo punto misurando le distanze tra questo e ciascun punto noto. Si noti
che la soluzione non è univoca (due circonferenze si intersecano in due punti): è perciò
necessario conoscere da quale parte si trovi il punto da determinare, rispetto
all’allineamento tra i punti noti.
Si consideri lo schema della fig. 3.1; dalle coordinate dei punti noti è:
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EB − E A
= tg ( AB ) → ( AB ) ;
NB − NA
AB =
(BA) = ( AB ) ± 180 0
EB − E A N B − N A
=
sen( AB ) cos( AB )
Mediante il teorema di Carnot (o le formule di Briggs) si determinano gli angoli PAB e
PBA, e quindi l’anomalia
( AP ) = ( AB ) ± PAB ; (BP ) = (BA) ± PBA
(il segno dipende dalla posizione del punto P), dopo di che con le formule del tipo della
(1.4) si calcolano le coordinate del punto P.
Misurando le distanze da tre punti noti l’ambiguità della determinazione non
sussiste più poiché tre circonferenze si incontrano in un punto. Le coordinate del punto P
si possono ottenere direttamente, in maniera semplice, nel seguente modo: seguendo una
traslazione di assi che porti l’origine delle coordinate in uno dei punti noti, ad. es. A, essi
avranno per coordinate:
A = (0,0) ; B = ( N B − N A , E B − E A ) ; C = ( N C − N A , E C − E A )
Dette X ed Y le coordinate di P in questo sistema, le equazioni delle circonferenze con
centro in A, B, C e raggio AP, BP, CP, rispettivamente, (che colle loro intersezioni
individuano il punto P) sono:
 X 2 + Y 2 = AP 2

 X − (N C − N A )

 X − ( N C − N A )
(
(
)2 + (Y − (E B − E A ) )2 = BP 2
2
)2 + (Y − (EC − E A ) ) = CP 2
svolgendo i quadrati e sottraendo dalla prima equazione la seconda e la terza, tenendo
2
presente che (formula(1.2)) ( N B − N A ) + (E B − E A ) = AB e l’analoga formula per AC, si
2
2
ottiene:
1

(
)
(
)
X
N
−
N
+
Y
E
−
E
=
AP 2 + AB 2 − BP 2
B
A
B
A

2

 X ( N − N ) + Y (E − E ) = 1 AP 2 + AC 2 − CP 2
C
A
C
A

2
risolvendo con la regola di Kramer, e posto
D = ( N B − N A )(E C − E A ) − ( N C − N A )(E B − E A )
Si ottiene:
9
(
)
(
)
X =
1
AP 2 + AB 2 − BP 2 (E C − E A ) − AP 2 + AC 2 − CP 2 (E B − E A )
2D
)
Y=
1
AP 2 + AC 2 − CP 2 ( N B − N A ) − AP 2 + AB 2 − BP 2 ( N C − N A )
2D
)
((
((
)
)
(
)
(
)
e, ritornando al sistema di assi originario,
NP = NA + X
EP = E A + Y
Per applicare il procedimento ora descritto le misure di distanza devono essere
congruenti, cioè devono soddisfare ad una condizione geometrica (vi è una misura in più
del necessario). Essa può essere espressa in vari modi equivalenti: ad es., riferendosi ad
uno schema come in fig. 4.1, la somma degli angoli BAP e CAP calcolati dalle lunghezze
dei lati dei triangoli ABP e ACP dovrà essere uguale all’angolo BAC calcolato dalle
coordinate dei punti noti; le misure, pertanto, dovranno essere prima sottoposte ad un
calcolo di compensazione secondo i procedimenti indicati dalla teoria degli errori. In
pratica, dato anche lo scarso significato di una compensazione con un solo elemento
sovrabbondante, si applica due volte il procedimento descritto per il caso di due soli punti
noti: le coordinate del punto P derivanti dalle due provenienze dovranno risultare
concordanti.
Vale anche qui l’osservazione fatta al paragrafo 5 per le misure geodimetriche circa
il fattore di scala: si ottiene, cioè, una figura simile a quella data dalle coordinate dei punti
noti, per cui le coordinate del punto P sono in accordo con quelle della rete già esistente.
Si ricordi, infine, che le misure fatte sul terreno devono essere ridotte al piano della
proiezione cartografica per mezzo del modulo di deformazione lineare.
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