Rassegna - Recenti Progressi in Medicina

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Rassegna - Recenti Progressi in Medicina
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Recenti Prog Med 2014; 105: 254-262
Antidepressivi-SSRI in gravidanza e rischio di malformazioni maggiori:
trattare o non trattare?
Cesario Bellantuono1, Giovanni Santone1
Riassunto. Dati di letteratura recenti suggeriscono che, dal
punto di vista del rischio teratogeno, gli inibitori selettivi
della ricaptazione della serotonina possono essere prescritti in gravidanza, anche se alcune molecole vanno considerate di seconda scelta. In ogni caso, la terapia antidepressiva in gravidanza deve essere accuratamente valutata in
relazione al rapporto rischio/beneficio che il farmaco presenta, ma anche alla disponibilità di altre terapie di provata
efficacia e alle preferenze della donna.
Antidepressants-SSRIs in pregnancy and risk of major malformations: treat or not to treat.
Parole chiave. Disturbi depressivi, gravidanza, malformazioni maggiori congenite, SSRI.
Key words. Congenital major malformations, depressive
disorders, pregnancy, SSRIs.
Introduzione
gravidanza, reclutate presso strutture ospedaliere
di Pisa, l’8,6% presentava un disturbo depressivo
(per il 3,5% delle pazienti si trattava del primo episodio, mentre il 5,1% soffriva di depressione ricorrente). La prevalenza si riduceva all’1,7% all’ottavo mese, anche in relazione al ricorso a terapia farmacologia e/o psicologica6. Il dato appare coerente
con una revisione sistematica della letteratura, la
quale evidenzia un picco di prevalenza nel primo
trimestre (circa 11%), e un progressivo calo nei
due trimestri gestazionali successivi; un episodio
depressivo maggiore rappresenta circa la metà del
totale degli episodi depressivi, con un picco nel secondo trimestre4. Secondo altre indagini, tuttavia,
il picco di prevalenza per i disturbi depressivi si
verificherebbe nel secondo e nel terzo trimestre di
gravidanza (12-13%) e non nel primo (7,4%)7.
Le differenze nella rappresentazione temporale
della prevalenza di disturbi depressivi appaiono in
relazione alla tipologia dei disturbi considerati (depressione minore verso maggiore), alla metodologia
di rilevazione (self-report verso eterovalutazione),
al contesto di osservazione (popolazione generale
verso pazienti che si rivolgono a centri ostetricoginecologici o psichiatrici). Da un punto di vista
clinico, per alcuni la sintomatologia dell’episodio
depressivo maggiore in corso di gravidanza appare
sovrapponibile a quella che si evidenzia in donne
non gravide8,9. Le variazioni fisiologiche che avvengono in corso di gravidanza possono associarsi a
sintomi che concorrono a determinare la diagnosi
Gli inibitori selettivi della ricaptazione della
serotonina (selective serotonin reuptake inhibitors -SSRI) rappresentano la classe di antidepressivi più prescritta nella terapia farmacologica dei
disturbi depressivi e d’ansia, anche in condizioni
di gravidanza1,2. Negli ultimi anni si è osservato
un crescente interesse, relativamente al rapporto rischio/beneficio di tali composti, per le importanti implicazioni che questi trattamenti possono
rivestire per lo sviluppo del feto e per la salute
della madre e del neonato. Questa rassegna della
letteratura internazionale vuole fornire una sintesi delle conoscenze più recenti sul rischio di malformazioni maggiori che l’esposizione in utero agli
SSRI nel primo trimestre di gravidanza potrebbe
comportare.
Dati epidemiologici sui disturbi depressivi
e d’ansia in gravidanza
Gli studi epidemiologici indicano una rilevante prevalenza dei disturbi depressivi e d’ansia in
corso di gravidanza. Si può ragionevolmente supporre che il 7-10% delle donne soffra, durante la
gestazione, di un episodio di depressione3,4, con la
possibilità di raggiungere il 20% se si considera la
sola, pur significativa, sintomatologia depressiva5.
In un campione di 1066 donne al terzo mese di
Summary. Considering teratogenic risk, recent data suggest that selective serotonin reuptake inhibitors (SSRIs) can
be prescribed during pregnancy, even though some SSRIs
are to be considered as a second choice. In any case, antidepressive treatment during pregnancy must be carefully
tailored to the pregnant woman, considering absolute risk/
benefit ratio of SSRIs, but also availability of other effective
treatments, as well as woman’s preferences.
1Clinica Psichiatrica, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Politecnica delle Marche e Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona.
Pervenuto il 15 ottobre 2013.
C. Bellantuono, G. Santone: Antidepressivi-SSRI in gravidanza e rischio di malformazioni maggiori: trattare o non trattare?
di depressione quali insonTabella 1. Fattori di rischio per depressione materna in gravidanza.
nia (ma anche ipersonnia) o
variazioni nell’appetito. Va
Fattori pertinenti
• Disturbi psichiatrici in anamnesi personale (in particolare disturperò tenuto presente che,
la madre
bi dell’umore e/o d’ansia).
in caso di vera sindrome de• Pregresse complicanze ostetriche, malformazioni in parte precepressiva, tali sintomi s’insedenti, aborti (spontanei o meno), morte in utero.
riscono in un contesto più
• Problematiche infantili.
• Basso livello di istruzione.
ampio, con la presenza di
altri segni e sintomi signifiFattori pertinenti
• Modificazioni endocrine, in particolare nelle fasi iniziali della
cativi (agitazione o rallentala gravidanza
gravidanza.
mento psicomotorio, faticaFattori pertinenti
• Carenza di sostegno sociale.
bilità e perdita di energia,
il contesto
• Difficoltà di inserimento sociale.
difficoltà di concentrazione,
• Problematiche di rapporto con il partner.
10. Inolideazione suicida)
• Mancanza del partner.
tre, la sindrome depressiva
• Maltrattamenti in famiglia.
comporta un preciso corteo
• Gravidanza non programmata.
cognitivo, caratterizzato da
• Basso livello socio-economico.
• Difficoltà ad accedere a cure ostetriche.
sentimenti di colpa, d’inde• Appartenenza a gruppo etnico minoritario.
gnità, d’inefficienza, d’inutilità, così come di perdita
dell’autostima11.
caratteristiche di funzionamento psicologico della
La definizione della prevalenza dei disturbi
donna (che influiscono sulle modalità di affrontad’ansia in gravidanza è difficile poiché sintomi
re lo stress della gravidanza, sulle aspettative di
d’ansia accompagnano frequentemente la gestaaccudimento) e alle risorse offerte dal contesto di
zione come espressione della preoccupazione per la
vita, fra cui un’importanza particolare va attribusalute del nascituro, per la capacità di accudimento
ita al rapporto con il partner (tabella 1).
verso il neonato, per le prevedibili modificazioni nei
Mentre esiste una particolare sensibilità reruoli familiare, sociale e lavorativo che seguiranno
lativamente a quelle che possono essere le conseil parto. Concorrono a determinare la sintomatoguenze dell’esposizione del feto a farmaci assunti
logia ansiosa anche gli effetti fisiologici delle modalla madre, si tende spesso a trascurare quanto
dificazioni somatiche, in particolare ormonali, che
la depressione stessa possa comportare rischi per
occorrono in gravidanza. Si dispone, comunque, di
la diade madre-bambino. Appare ormai certo che
dati che indicano una prevalenza significativa, pala depressione gravidica si associ a basso indice di
ri complessivamente a circa il 20%12; dati specifici
Apgar nel neonato, a basso peso alla nascita (fatsono disponibili in particolare per il disturbo di patore di rischio per morbilità e morbilità neonatale)
nico (1-2%) e per il disturbo ossessivo-compulsivo
ma anche ad alterazioni nello sviluppo del bambi(0,2-3%), mentre per il disturbo post-traumatico
no, a patologie cardiovascolari e diabete1,12. Sebda stress le rilevazioni hanno comportato un’ampia forbice (dall’assenza al 7%) attribuibile al fatto
bene l’associazione fra deficit di sviluppo intrauteche appare difficile definire la gravidanza, e gli acrino e patologia depressiva possa essere mediato
cadimenti al suo interno, come evento scatenante
da scarsa aderenza della donna al programma di
valido (ovvero in grado di giustificare la successiva
controlli prenatali, a carenze alimentari, al ricorso
diagnosi di disturbo post-traumatico). Anche per
all’alcol e/o ad altre sostanze di abuso e al fumo di
il disturbo d’ansia generalizzato vi è una difficolsigaretta, è stato ben evidenziato da uno studio
tà nella definizione dell’impatto epidemiologico in
recente come la depressione stessa sia un fattore
quanto la caratteristica del disturbo d’ansia e predi rischio16 (tabella 2).
occupazione eccessive relative a diverse attività o
Accanto a queste modificazioni funzionali, si
eventi viene considerata parafisiologica; per questo
evidenziano in nati da madri depresse alterazioni
motivo si ha nuovamente una forbice ampia, con
comportamentali a insorgenza precoce. È stato, invalori anche superiori all’8%13,14.
fatti, osservato come figli di madri depresse non dimostrino preferenza per il volto materno rispetto a
quello di un estraneo17; ciò si traduce nella difficoltà
I fattori di rischio e le conseguenze
di sviluppo del dialogo madre-bambino, problema
dei disturbi depressivi e d’ansia in gravidanza
che può essere ancora più grave se la madre stessa
soffre di depressione (la depressione in gravidanUna serie di fattori è stata associata alla preza, peraltro, è il maggiore fattore di rischio per lo
senza di disturbi psichici in gravidanza, anche se
sviluppo di una depressione puerperale). Schemi
non è sempre facile stabilire un nesso causale. Per
comportamentali come quello appena descritto soi disturbi depressivi è possibile descrivere fattori
no con ogni probabilità sottesi da alterazioni nella
legati alla madre, accanto ad altri ricollegabili al
più generale reattività allo stress, che si esprimono
contesto di vita della stessa1,15. Da un altro punto
anche con un’alterata variabilità nei livelli di cortidi vista, i determinanti della patologia depressisolo dopo stimolo doloroso (puntura al calcagno per
va appaiono ricollegabili a un ambito somatico, a
esami di screening neonatali)18.
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Recenti Progressi in Medicina, 105 (6), giugno 2014
Tabella 2. Rischi associati a depressione materna in gravidanza.
Rischi per la gestazione
• Parto prematuro.
• Aborto spontaneo.
• Preeclampsia.
• Suicidio materno o altri comportamenti autolesivi.
• Inosservanza di norme igieniche (alimentazione, alcol,
fumo, sostanze di abuso).
• Non aderenza ai programmi di controllo in gravidanza.
• Sanguinamento.
• Ricorso a parto cesareo.
Rischi per il nascituro
• Diminuita attività fetale.
• Parto pretermine.
• Preeclampsia.
• Ricorso a parto cesareo.
• Basso peso alla nascita.
• Basso punteggio di Apgar.
• Morte fetale.
• Maggiore probabilità di ricoveri in un’unità di terapia
intensiva neonatale.
• Minore sviluppo della circonferenza cranica.
Rischi per il neonato
e per la diade madre-bambino
• Mantenimento del quadro depressivo materno, con
carenza qualitativa e quantitativa nelle cure e compromissione del processo di attaccamento.
• Depressione post partum.
• Ritardo nella crescita neonatale e nel processo di sviluppo neuromotorio.
• Incremento del rischio di anomalie comportamentali
e/o di definiti disturbi psichici.
• Infanticidio.
• Possibili disturbi comportamentali e/o psichici a lungo
termine del bambino.
Uno studio statunitense a lungo termine in
nati da madri che avevano sofferto di depressione in gravidanza ha rilevato all’età di 20-35 anni
un significativo incremento nel rischio di disturbo depressivo o ansioso (soprattutto depressione
maggiore o fobia), così come di abuso di alcol/sostanze. Inoltre, rispetto a soggetti le cui madri
non avevano sofferto di depressione in gravidanza, gli eventuali episodi depressivi mostravano
un’insorgenza più precoce, con un significativo
incremento nell’adolescenza, con maggiori gravità e durata. Inoltre, nei soggetti nati da madri depresse si rilevava un significativo aumento nella
prevalenza di patologie cardiovascolari19. L’incremento nel rischio di disturbi ansiosi e/o depressivi in nati da madri depresse è stato osservato
anche da altri20.
I disturbi psichici riconoscerebbero una genesi
plurifattoriale che vede la concorrenza di alterazioni
nel programming individuale, ma anche di esperienze precoci in grado di fornire un imprinting significativo alle modalità cognitive e relazionali. Così, in
un campione di adolescenti l’incremento nel rischio
di disturbo depressivo si associava alla presenza sia
di depressione della madre in gravidanza sia di maltrattamenti (in famiglia o al di fuori di essa), mentre
nessuno dei due fattori da solo si associava in maniera significativa a depressione adolescenziale21.
Inoltre, tra i fattori di rischio va sempre ricordata
la familiarità: in una coorte di nati in Finlandia nel
1966, la presenza di psicosi
all’età di 30 anni si associava al rilievo di depressione
materna in gravidanza, ma
tale associazione risultava
ancora più forte (con un incremento di rischio di circa
10 volte) nei casi di familiarità per psicosi22.
La depressione può, infine, essere associata a un
rischio di suicidio sebbene
una revisione sistematica
della letteratura 23 abbia
evidenziato come in corso
di gravidanza il rischio di
suicidio diminuisca, rispetto
alla popolazione generale,
del 30- 60%, ma risulterebbe
aumentato di 3-6 volte nelle
donne che hanno avuto un
aborto.
Anche la presenza di
disturbi d’ansia, o comunque di una sintomatologia
ansiosa clinicamente rilevante, in gravidanza rappresenta un importante
fattore predittivo di rischio
per l’insorgenza di una depressione nel puerperio14.
Il rischio di malformazioni da esposizione
a psicofarmaci
Particolare attenzione deve essere riservata alla possibile associazione fra una terapia farmacologica (non solo psicofarmacologica) e il rischio di
malformazioni “maggiori”. Le malformazioni maggiori sono quelle che necessitano di cure mediche,
oppure di interventi chirurgici, anche estetici, correttivi. Diverse malformazioni possono comparire
associate a definire specifici pattern sindromici.
Il verificarsi di un’anomalia dello sviluppo intrauterino è il prodotto di diversi fattori, quali le
caratteristiche chimiche del farmaco, ma verosimilmente anche della dose assunta, della durata
di esposizione, della frequenza e via di somministrazione e del periodo gestazionale durante il
quale avviene l’esposizione. Entrano, inoltre, in
gioco altri fattori come le anomalie cromosomiche,
l’esposizione a elementi potenzialmente tossici
(per esempio, esposizione professionale o legata
all’inquinamento ambientale), così come la suscettibilità individuale della madre e del bambino, la
quale può essere determinata sulla base della capacità di metabolizzazione del farmaco, ma anche
della specifica sensibilità cellulare, del trasporto
transplacentare e dell’affinità recettoriale24.
Malformazioni congenite maggiori possono
ovviamente comparire anche nella popolazione
di donne apparentemente non esposte a specifici
C. Bellantuono, G. Santone: Antidepressivi-SSRI in gravidanza e rischio di malformazioni maggiori: trattare o non trattare?
agenti nocivi; la loro incidenza è stimata tra il 2-4%
dei neonati12, mentre non è stimabile la percentuale di aborti spontanei o provocati che abbiano alla
base tali malformazioni. Perché una malformazione congenita possa, invece, essere attribuita all’azione di uno specifico farmaco, o comunque di una
sostanza estranea, deve verificarsi un’associazione
definita (come, per esempio, quella fra esposizione a sodio valproato e spina bifida), conseguente
all’esposizione durante il periodo dell’organogenesi, con un rischio di tipo dose-dipendente ben
documentato. Non si possono, quindi, attribuire
all’azione teratogena del farmaco generiche malformazioni d’organo riportate solo in qualche studio ma non confermate in altri. Altro importante
livello di specificità risiede nell’assenza di un sicuro effetto di classe: due farmaci appartenenti alla
stessa classe terapeutica e/o con struttura chimica
affine non necessariamente si associano allo stesso
rischio teratogeno. È il caso della glutetimide che,
pur simile dal punto di vista strutturale alla talidomide, la cui associazione con la focomelia è ben
nota, non presenta invece un rischio teratogeno24.
Il rischio di malformazioni maggiori si associa
all’esposizione a un farmaco “a rischio” nel primo
trimestre di gravidanza, periodo dell’organogenesi.
Va tenuto presente che nelle prime due settimane
dopo la fecondazione dell’ovulo, l’eventuale tossicità si esprime con un meccanismo del tipo tutto-onulla: assenza di danno o morte del prodotto della
fecondazione per danno diretto o per problemi di
annidamento. Per alcuni organi, la fase critica si
estende oltre il terzo mese: è il caso della palatoschisi posteriore (prima metà del quarto mese) e
dell’ipospadia (seconda metà del quarto mese).
La qualità degli studi clinici sul rischio
di teratogenesi
È evidente l’importanza di poter disporre di dati affidabili sulla sicurezza della terapia farmacologica in gravidanza. Diversi studi epidemiologici
dimostrano come la preoccupazione, da parte della
donna e talora anche dei medici, per i possibili danni legati a un’esposizione intrauterina conduca alla
sospensione di una terapia in atto o alla mancata
prescrizione di una terapia necessaria, oppure alla
stessa interruzione della gravidanza24-26.
In generale, nella raccolta di dati riguardanti
l’efficacia e sicurezza di farmaci il gold standard è
rappresentato dagli studi randomizzati controllati (RCT). È ovvio che gli RCT non possono essere
condotti in gravidanza, poiché motivazioni etiche
impediscono che madre e bambino siano esposti a
medicamenti anche solo potenzialmente dannosi.
Molti dati riguardanti il rischio connesso all’assunzione di psicofarmaci in gravidanza derivano
dalla descrizione di singoli o di una serie di casi
(case report, case series) raccolti in maniera non
sistematica. Questi, sebbene si rivelino utili nella
formulazione d’ipotesi al fine di condurre più ampi
e costosi studi epidemiologici, non permettono di
stabilire, o almeno ipotizzare, un nesso di causalità fra esposizione al farmaco ed evento avverso.
I suddetti limiti sono in parte superati dagli
studi epidemiologici retrospettivi o prospettici. Gli
studi retrospettivi sono generalmente condotti secondo un disegno di tipo caso-controllo: una popolazione di soggetti che ha manifestato l’evento avverso è confrontata con una popolazione di soggetti
per cui il problema non si è verificato. Si procede
quindi a raccogliere informazioni (dati anamnestici) relativamente alla esposizione in utero, anche
sui farmaci. Gli studi caso controllo presentano
un limite essenziale legato al recall bias: le madri, così come le persone vicine a bambini nati con
problemi, tendono a ricercare una spiegazione per
l’accaduto, il che le porta a ricordare l’esposizione
a farmaci in gravidanza con maggior accuratezza
rispetto alle donne i cui figli sono nati senza problemi. Tale limitazione può essere almeno in parte
superata assumendo come controlli nati con difetti
plurimi (per esempio, confrontando soggetti affetti
da spina bifida con quelli che presentano più difetti oltre alla spina bifida); in questo caso il recall
bias dovrebbe interessare in maniera equivalente
i due campioni.
Gli studi prospettici sono condotti secondo un
disegno di coorte: le donne vengono incluse nel
campione all’accertamento di gravidanza in atto,
e seguite sino al parto, registrando informazioni
importanti, fra cui l’esposizione a farmaci, in questi studi si prevede generalmente un gruppo di
controllo. Gli studi di coorte presentano un limite
nel fatto che alcuni difetti alla nascita, molto rari,
possono essere osservati raramente anche in coorti
numerose. Inoltre, a questo tipo di studi sfuggirebbero difetti minori (meno evidenti) in quali fornirebbero comunque un contributo rilevante per
l’identificazione di potenziali teratogeni27. Al fine
di superare questa limitazione sono utili studi di
coorte che prevedono alla nascita un esame sistematico, condotto da un medico esperto.
Una fonte particolare d’informazioni utili per lo
studio del rischio di esposizione a farmaci in gravidanza è rappresentato dai registri. Questi possono
essere di due tipi: per l’esposizione e per i difetti.
Nel primo caso sono incluse nel registro tutte le
donne che nel corso della gravidanza assumono
un farmaco oggetto di studio, registrando al parto
eventuali problematiche a carico del neonato, che
è seguito per qualche tempo dopo la nascita. Si
tratta quindi di registri (database) che raccolgono
dati in maniera prospettica, e appare di estrema
importanza al fine della validità dei dati raccolti
la selezione del gruppo di controllo, che deve risultare quanto più simile al gruppo di studio, anche
se in alcuni studi si può fare riferimento ai dati
relativi alla popolazione generale. Ad Ancona, nel
Centro DEGRA afferente alla Clinica Psichiatrica
dell’Università (www.depressionegravidanza.it) è
da tempo attivo un registro di questo tipo (www.
degradatabase). Nel caso dei registri per i difetti
alla nascita, si raccolgono dati in maniera mirata, ma retrospettiva, e spesso non approfondita;
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questi registri risultano comunque utili per avere
informazioni relative a malformazioni rare.
Dati relativi all’esposizione farmacologica in
gravidanza possono essere desunti anche dai database amministrativi delle prescrizioni farmaceutiche. Tenendo presente che tali database non
sono disponibili in tutti gli Stati, va ricordato che
la prescrizione di un farmaco non implica assolutamente la sua assunzione, e ciò appare ancora
più vero per le donne in gravidanza, le quali sono
ovviamente restie ad assumere farmaci perché
preoccupate dei possibili ulteriori rischi per il nascituro28.
In sintesi, considerando l’impossibilità di condurre i classici RCT, i dati epidemiologici relativi alle possibili conseguenze dell’esposizione in
utero a terapie psicofarmacologiche risentono di
importanti limiti metodologici: numerosità del
campione, certezza dell’assunzione del farmaco e
sua posologia, periodo gestazionale di esposizione,
controllo per i fattori di rischio quali obesità, fumo
di sigaretta, consumo di alcol, abuso di sostanze,
polifarmacoterapia, presenza/gravità del disturbo
ansioso e/o depressivo, recall bias, attenzione diagnostica per malformazioni nel periodo neonatale1,29-31.
SSRI e rischio di malformazioni maggiori
Dati epidemiologici europei e statunitensi suggeriscono che sino al 10% delle donne in corso di
gravidanza assume antidepressivi al momento del
concepimento, con una spiccata tendenza all’interruzione della terapia nel primo trimestre (50-75%
dei casi), nonostante sia acquisito come l’interruzione o anche la riduzione posologica della terapia antidepressiva si associ a un elevato rischio
di ricaduta, soprattutto nei primi tre mesi di gestazione32-35. Si è anche verificato un incremento negli anni 15 anni nei tassi di assunzione di
antidepressivi nel corso della gravidanza, dovuto
quasi esclusivamente all’aumentata prescrizione
di SSRI, soprattutto nel terzo trimestre di gravidanza. La tendenza a (re)instaurare la terapia
con antidepressivo successivamente al primo trimestre potrebbe in molti casi essere conseguenza
di una recidiva depressiva33.
L’ipotesi di un’associazione fra assunzione di
SSRI in gravidanza e malformazioni maggiori è
stata avanzata circa dieci anni fa, quando l’esame
di database dell’industria farmaceutica evidenziò
un incremento del 50% nel rischio di malformazioni cardiache in caso di esposizione in utero alla
paroxetina36,37. Una revisione successiva dei dati
della letteratura relativi al rischio teratogeno associato a SSRI, e più in particolare a paroxetina,
evidenziava però notevoli limiti nella qualità degli
studi effettuati: disomogeneità metodologiche, inadeguata numerosità dei campioni esaminati, scarsissima attenzione ai possibili fattori di confondimento. Peraltro, questa revisione evidenziava
come studi condotti con lo stesso approccio meto-
dologico portavano a risultati decisamente discordanti; inoltre, le conclusioni degli studi prospettici
sembravano escludere tale rischio, a differenza di
quanto emergeva negli studi retrospettivi, decisamente meno affidabili38.
In aggiunta, uno studio prospettico caso-controllo, coinvolgente un campione relativamente
ampio di circa mille donne che avevano assunto
un antidepressivo in gravidanza, non evidenziava
un aumento del rischio teratogeno con gli antidepressivi in generale e con la paroxetina in particolare39. Una successiva meta-analisi di 21 studi
relativi a donne esposte a paroxetina nel primo
trimestre di gestazione rilevava un incremento
nel rischio relativo di malformazioni cardiache del
50% (OR 1,5); secondo questa analisi il rischio di
indurre una malformazione cardiaca nei neonati
esposti a paroxetina interesserebbe 3 neonati su
200, a fronte di 1 neonato su 100 nei non esposti40.
Una recente meta-analisi41, eseguita su 27 studi, ha evidenziato un lieve incremento nel rischio
relativo di malformazioni maggiori (in generale)
negli esposti ad antidepressivi (RR 1,09), risultato che tuttavia risulta statisticamente non significativo escludendo dall’analisi gli studi che non
rispondevano ad adeguati criteri di qualità. La
stessa meta-analisi evidenziava, inoltre, un lieve
incremento del rischio relativo per le malformazioni cardiovascolari (soprattutto rappresentate
da difetti settali) (RR 1,36). Va, comunque, sottolineato che a fronte di questi modesti aumenti
del rischio relativo di malformazioni cardiache, il
rischio assoluto, anche in questo studio, rimane
basso (circa 2%).
Per la fluoxetina, farmaco da tempo largamente prescritto, è stato possibile esaminare in una
successiva meta-analisi (su 21 studi) il rischio di
malformazioni nei neonati esposti; tale rischio non
è risultato aumentato per le malformazioni in generale, sebbene risulti lievemente aumentato per
quelle cardiache (OR 1,6), ma non di malformazioni maggiori. Limitando però l’analisi agli studi
caso-controllo, ed escludendo quindi gli studi di
coorte, tale incremento risultava non più significativo42.
Un interessante studio di registro, condotto in
Danimarca, ha considerato circa 850.000 gravidanze, fra le quali più di 4000 esposizioni a SSRI
nel primo trimestre e 806 con sospensione dell’assunzione nello stesso periodo43. È stato rilevato,
nei nati esposti a SSRI, rispetto ai non esposti: a)
un rischio (OR) pari a 1,33 per le malformazioni
maggiori (OR 1,27 nei nati da donne che avevano sospeso l’assunzione nel primo trimestre), b)
di 2,10 per le malformazioni cardiache (1,85 nei
nati da donne che avevano sospeso l’assunzione
nel primo trimestre), e c) 1,80 per le malformazioni dell’apparato digerente (incremento non significativo nei nati da donne che avevano sospeso
l’assunzione nel primo trimestre). L’incremento di
rischio per malformazioni cardiache si associava
all’esposizione a citalopram, fluoxetina e sertralina, ma non alla terapia con paroxetina. Gli autori
C. Bellantuono, G. Santone: Antidepressivi-SSRI in gravidanza e rischio di malformazioni maggiori: trattare o non trattare?
di questo lavoro, sottolineano, tuttavia, che questi incrementi modesti del rischio relativo per gli
SSRI vanno interpretati con cautela alla luce di
alcune importanti limitazioni nella metodologia di
raccolta dati.
I dati relativi a escitalopram (di più recente introduzione sul mercato) appaiono meno numerosi
di quelli di altri SSRI, anche se le evidenze disponibili sono rassicuranti44-46; decisamente scarsi
sono i dati relativi a neonati esposti in utero a fluvoxamina.
Conclusioni e implicazioni per la pratica clinica
Sebbene alcuni studi abbiano evidenziato negli
ultimi anni un lieve incremento nel rischio relativo di malformazioni maggiori (soprattutto cardiache) per i nati da madri che avevano assunto SSRI
nel primo trimestre di gravidanza, l’opinione degli
esperti internazionali e delle linee-guida recenti
tende a escludere per questa classe di antidepressivi un rischio clinicamente significativo di indurre
malformazioni maggiori2,29,47-49.
Peraltro, bisogna sempre ricordare che nel valutare gli studi in questo settore della psicofarmacoterapia l’incremento del rischio relativo (RR
o OR) di una certa malformazione deve sempre
essere riportato al rischio assoluto di quella malformazione nelle donne esposte a un SSRI, tenendo, ovviamente, conto dell’incidenza della stessa
malformazione nella popolazione dei neonati non
esposti (popolazione generale).
Per esempio, in uno studio condotto da Luik
et al.50 è stato evidenziato che l’esposizione alla
sertralina nel primo trimestre di gravidanza presenta un rischio relativo di indurre atresia anale
circa 4 volte maggiore (OR=4) rispetto all’incidenza della stessa malformazione nelle donne esposte
ad altri AD. Se si tiene conto che nella popolazione generale, l’atresia anale è una malformazione
congenita molto rara, poiché colpisce 5 neonati su
10.000 (0,06%), il rischio assoluto per una donna
che assume sertralina di avere un bambino con
tale malformazione sarebbe dello 0,2%. Questa informazione, come si può immaginare, è importante
perché una donna e il suo medico curante possano valutare correttamente, cioè quantificare sulla
base dei dati disponibili, i rischi di uno specifico
trattamento psicofarmacologico.
Va rilevato, in aggiunta, che diversi studi depongono decisamente per una sicurezza degli SSRI
nei primi mesi gravidanza. Non si osserva, infatti,
un incremento nella prevalenza di malformazioni
maggiori in nati da donne che in gravidanza avevano assunto una polifarmacoterapia con SSRI e
benzodiazepine, rispetto a controlli che avevano
assunto solo SSRI51, così come non è stato mai documentato un incremento di rischio di tipo dosedipendente per questa classe di farmaci43.
Allo stato attuale delle conoscenze è, pertanto,
possibile affermare con un buon livello di certezza che gli SSRI, con l’esclusione della fluvoxami-
na (per cui si dispone di dati scarsissimi), possono
essere utilizzati da donne in gravidanza, anche
nel primo trimestre, ovviamente se la situazione
psicopatologica lo richiede e se non esistono alternative terapeutiche di provata efficacia in quella
determinata condizione clinica.
Le linee-guida internazionali raccomandano
che la terapia psicofarmacologica sia attuata, come
qualsiasi altra terapia in gravidanza, utilizzando
la dose minima efficace nel singolo caso e periodi di
trattamento personalizzati alla condizione clinica
della gravida, evitando, se possibile, il ricorso a
polifarmacoterapie1,2,29,47.
Take home messages
• Idisturbi psichici clinicamente rilevanti, se non trattati durante la gravidanza, possono associarsi a problemi anche
gravi per la madre il feto e il neonato, oltre che per la stessa
gestazione.
• La valutazione del rischio teratogeno associato all’esposizione a SSRI fornisce, talora, dati discordanti, poiché influenzata dalla metodologia di raccolta dati e dall’analisi
statistica impiegata.
• Studi recenti e linee-guida internazionali tendono a escludere un rischio teratogeno nelle donne trattate con SSRI
nel primo trimestre di gravidanza.
• Negli studi dove è stato evidenziato un incremento (statisticamente significativo) del rischio relativo di indurre
malformazioni da esposizione ad SSRI, il rischio assoluto è
risultato basso e di scarsa rilevanza epidemiologica.
• La prescrizione di SSRI in gravidanza deve avvenire dopo
un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio del
singolo caso, considerando anche la disponibilità di trattamenti alternativi efficaci (anche non farmacologici) e la
preferenza della donna.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Prof. Cesario Bellantuono
Clinica Psichiatrica
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica
Università Politecnica delle Marche
Via Conca 71
60020 Ancona
E-mail: [email protected]
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