Non muri, ma tastiere. Inutile girarci intorno: oggi quasi tutti quelli
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Non muri, ma tastiere. Inutile girarci intorno: oggi quasi tutti quelli
Non muri, ma tastiere. Inutile girarci intorno: oggi quasi tutti quelli che non appartengono alla generazione dei nativi digitali sono concordi nell’affermare che i giovani hanno perso tutta la bellezza della comunicazione, paradossalmente a causa del miglioramento dei mezzi comunicativi di cui ormai non possono fare a meno. Sarebbero state quindi più le tastiere dei muri e dei chilometri a isolare gli individui e a farli procedere verso un’incontrastabile atomizzazione della società in cui ognuno è in contatto con tutti, ma non comunica con nessuno. Nell’analizzare questo processo è necessario però prestare attenzione al fondamentale nesso causale che di primo acchito potrebbe far percepire le nuove tecnologie come causa dei cambiamenti della comunicazione e della società mentre bisogna anche prendere in considerazione la possibilità che sia in realtà l’esatto contrario, ovvero che sia proprio la società figlia della terza rivoluzione industriale ad aver portato a una mutazione dei paradigmi comunicativi. In un mondo come questo in cui sembra che il Taylorismo sia stato proibito nelle industrie, ma solo per essere esteso alle intere esistenze, non esistono più i tempi morti, quelli in cui era possibile scrivere una lettera a un amico, fargli una telefonata o addirittura andare a trovarlo a casa sua e parlarci di persona. È anche e soprattutto per questo che non solo sul posto di lavoro ci serviamo di E-mail stringate al massimo e SMS degni del codice di Enigma per quanto sono criptici. I messaggi, siano essi inviati dal telefono, con l’uso di un servizio mail o di un Internet Relay Chat, possono essere analizzati tutti con la stessa chiave di lettura: sono un rapido mezzo per comunicare con qualcuno senza sprecare così nessun utilissimo istante del proprio tempo. E il vantaggio, in quest’ottica, non risiede solo nel tempo risparmiato dal mittente, ma anche in quello che guadagna il destinatario che, senza essere costretto a sprecarne con i convenevoli obbligatori durante una comunicazione diretta tra due individui, può ottimizzare il proprio leggendo il testo non appena trova il momento adatto per farlo. Sempre partendo da questi presupposti, si possono anche spiegare le scelte linguistiche adottate in quello che è stato rinominato dal popolo di internet come SMSese: le abbreviazioni come “nn” per “non” o le “k” impiegate in sostituzione di “ch” permettono infatti di risparmiare spazio e lettere in un mondo in cui sempre più spesso ciascuno si vede costretto a esprimere i propri “stati d’animo in 140 caratteri”. Apparentemente quindi questo stile di comunicazione ha portato a un isolamento degli individui sostituendo il dialogo con le persone con quello con uno schermo e ,a prima vista, il linguaggio degli SMS sembra essere il trionfo dell’impersonalità nella comunicazione, ma non è così e per comprenderlo è necessario considerare l’SMSese nella sua completezza, quindi anche nel suo vocabolario strettamente personale. In uno scambio di messaggi mittente e destinatario devono obbligatoriamente parlarsi con un codice comune per potersi comprendere ed è per questo che Cortelazzo parla di scrittura compendiata quando si riferisce al linguaggio degli SMS. Questo perché tutti coloro che partecipano a una conversazione basata su questo tipo di lingua devono obbligatoriamente conoscerne le regole sintattiche e non solo: i giovani spesso si servono di neologismi e termini il cui significato è chiaro solo ai membri di una ristretta cerchia. La scrittura di messaggi di testo da questo nuovo punto di vista diventa quindi espressione di quell’aggregazione che si pensava fosse stata solo vittima degli SMS. Certo, si potrebbe obiettare che questo linguaggio carico di neologismi, termini gergali e abbreviazioni potrebbe in un non troppo lontano futuro portare alla scomparsa dell’italiano scritto in favore di questa forma di comunicazione ibrida. I primi segnali premonitori di questo passaggio a un nuovo codice linguistico decisamente più informale che può essere presentato nei termini di una commistione di elementi tratti dall’italiano, dall’inglese e dall’SMSese, sono già emersi, come evidenziato dalla testimonianza di un agente di polizia riportata in “Se telefonando ti scrivo”. L’ufficiale delle forze dell’ordine descrive la reazione stupita dei giovani che si sentono dire che l’espressione “Menare le mani”, tipica locuzione gergale evidentemente fuori luogo in un qualunque contesto formale, è inadatta nella stesura di un verbale: per i ragazzi però essa risulta tranquillamente impiegabile in sostituzione di un più corretto “aggredire violentemente” in ogni contesto. Questo campanello d’allarme, che ha provocato sudori freddi a più di un professore di letteratura italiana, però, non deve far temere per le sorti dell’italiano colto che non è assolutamente destinato a scomparire ad appannaggio di questo nuovo protocollo comunicativo. Forse per desiderio di distinguersi, forse per amore per la propria lingua madre, infatti, sono sempre di più i giovani che, come spinti da una sorta di rigetto nei confronti dello sgrammaticato italiano new age, si rifiutano di servirsi di abbreviazioni, periodi sintatticamente scorretti e termini gergali. Probabilmente non nascerà un nuovo Dante Alighieri ancora per molti anni o forse mai, ma di certo non troveremo nelle antologie sonetti dal titolo “tnt gentile e tnt onesta pare”.