Prova 33

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Prova 33
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Il/La candidato/a legga il testo seguente
Il piatto piange
Sull’alimentazione degli “italiani con valigia” esiste un’abbondante letteratura. Negli anni
Settanta, quando i viaggi organizzati sono diventati un fenomeno di costume1, in molti hanno
provato a descrivere la figura dell’italiano che viaggiava più per dovere sociale che per effettiva
passione e vagava2 in città e Paesi di cui non sapeva nulla. Anziché apprezzare la varietà del
mondo, gli italiani ne soffrivano. In particolare, le abitudini alimentari degli altri popoli li
sconvolgevano. Per questo portavano in valigia olio e caffè e, appena arrivavano in un albergo
straniero, cercavano un fornello.
La tentazione sarebbe di scrivere subito: oggi è cambiato tutto. Gli “italiani con valigia”,
negli ultimi vent’anni, sono cresciuti: conoscono New Orleans, la Cina e l’Australia e si sentono
pronti a tutto. O meglio: si sentono pronti a quasi tutto. Solo all’ora dei pasti, davanti a una zuppa
dal nome strano, a una prima colazione cinese (zampe di gallina in umido e niente caffè) o a un
assaggio di Vegemite (una sostanza che gli australiani spalmano sul pane) l’italiano torna quello di
sempre. Vuole l’Italia.
Sono molte le ragioni per cui gli “italiani con valigia” conservano un sacrosanto timore3 dei
pasti. C’è, per cominciare, il fatto che in Italia si mangia bene e il viaggiatore avverte spesso una
struggente nostalgia4. A questo proposito, il giornalista Luca Goldoni scrive nell’articolo Italiani in
Africa, turisti sprovveduti: “Una sera mi sono unito a tre giovani coppie, una di Cremona, una di
Treviso e una di Messina, e ho fatto una scoperta curiosa. Siamo andati a cenare in un ristorante di
Nairobi con cucina locale e la sposa di Cremona ha cominciato a parlare dei tortelli di zucca; quella
di Messina ha chiesto se nessuno di noi aveva mai assaggiato la caponata di melanzane5 e i due di
Treviso hanno spiegato come si fa la polenta con il baccalà6. Io cercavo di riportare l’argomento sui
sapori che stavamo sperimentando quella sera, ma il discorso ritornava all’analisi comparata7 della
cucina regionale italiana”.
C’è un altro motivo per cui il senso di avventura dei viaggiatori si arresta8 spesso davanti a
un piatto sconosciuto: Spesso il problema non è il cibo, ma chi lo serve: le possibilità di
incomprensione in un ristorante straniero sono innumerevoli. È difficile descrivere la frustrazione di
chi, negli Stati Uniti non riesce a evitare il solito bicchiere di acqua e ghiaccio. È altrettanto difficile
mangiare con gusto una bistecca a Tokio soprattutto se costa 100 euro. Nessun turista affamato esce
indenne9 dall’esperienza di tradurre un menu coreano con l’aiuto del vocabolario.
(adattato da Beppe Severgnini, Italiani con valigia, BUR Saggi, 2007))
1
un fenomeno di costume: una consuetudine, un’abitudine
vagava: andava
3
il timore sacrosanto: die unantastbare Furcht
4
struggente nostalgia: grande nostalgia
5
Caponata: tipico piatto siciliano fatto con melanzane a pezzetti e altre verdure, condito poi in agrodolce
6
baccalà: Stockfisch
7
l’analisi comparata: il confronto
8
si arresta: si blocca
9
indenne: unversehrt
2
1. Il/La candidato/a sintetizzi il testo proposto, senza usare il discorso diretto. Usi i tempi e i
modi verbali più adatti e si serva di parole proprie, senza copiare frasi o parti di frasi del
brano (80-100 parole).
2. Il/La candidato/a immagini di lavorare come cameriere/a in un ristorante di Merano. Scriva
un dialogo tra sé e una turista o un turista di madre lingua italiana che non conosce il
tedesco, si siede a un tavolo, legge il menu, chiede spiegazioni su alcuni piatti tipici
sudtirolesi e ordina un primo, un secondo e un dessert della tradizione culinaria locale. Si
serva della forma di cortesia (100-120 parole).
3. Il/La candidato/a rifletta sulla seguente citazione del filosofo francese Cartesio: “È utile
sapere qualcosa dei costumi dei diversi popoli per giudicare i nostri in maniera più sana e
non pensare che tutto quello che va contro le nostre abitudini sia ridicolo e contro ragione,
come fanno di solito quelli che non hanno visto nulla” e spieghi in che modo i viaggi
servono a migliorare e ad approfondire la conoscenza di sé (180-200 parole)