l`osservatore romano
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLIII n. 164 (46.408) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano venerdì 19 luglio 2013 . Appello dell’alto commissariato per i rifugiati ai Paesi confinanti Sempre più drammatica in Siria l’emergenza profughi DAMASCO, 18. Il protrarsi del conflitto civile in Siria rende sempre più drammatica la condizione delle popolazioni e, in particolare, l’emergenza profughi. In questo senso si è di nuovo espresso ieri Antonio Guterres, il responsabile dell’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr). In una videoconferenza da Ginevra con il Consiglio di sicurezza a New York, Guterres ha reiterato l’appello ai Paesi confinanti a non limitare le possibilità di attraversare le frontiera per i rifugiati siriani. «Rinnovo la mia esortazione agli Stati, all’interno e fuori della regione, affinché tengano aperte le proprie frontiere e ricevano tutti i siriani che cercano protezione» ha detto Guterres. «Perché il mio appello abbia successo — ha aggiunto il responsabile dell’Unhcr — è fondamentale che gli Stati limitrofi garantiscano solidarietà». Guterres ha lamentato come per i siriani stia diventando sempre più arduo fuggire e andare ad aggiungersi ai circa un milione e ottocentomila rifugiati la cui presenza è accertata dall’Unhcr in Libano, Giordania, Turchia, Iraq ed Egitto. Il responsabile dell’Unhcr ha poi specificato che i due terzi dei rifugiati hanno lasciato la Siria dall’ini- Il campo profughi siriano di Azaz nei pressi del confine turco (La Presse/Ap) zio di quest’anno, a conferma di un progressivo inasprimento del conflitto, e ha ricordato che a una fuga di simili proporzioni da un Paese non si assisteva dai tempi delle stragi in Rwanda risalenti al 1994. In Iraq, che al momento accoglie oltre 160.000 rifugiati siriani, si sono intensificati gli scontri settari e il Paese ha chiuso i propri confini. In Egitto, dove l’Unhcr ha registrato circa 90.000 rifugiati siriani, la scorsa settimana diversi voli passeggeri provenienti dalla Siria sono stati rimandati indietro a seguito della decisione di imporre l’obbligo di visto e autorizzazione di sicurezza per i cittadini siriani. «Comprendo pienamente le sfide che l’Egitto sta affrontando in questo momento — ha dichiarato Guterres — ma allo stesso tempo auspico che il Paese continui a estendere la sua tradizionale ospitalità ai rifugiati siriani, come ha fatto fin dall’inizio del conflitto». In Turchia e Giordania, Paesi che insieme accolgono quasi un milione di rifugiati siriani, «le autorità adesso stanno gestendo attentamente i confini con la Siria, principalmente a causa di preoccupazioni per la sicurezza nazionale» ha aggiunto Guterres, ammettendo che «le frontiere non sono chiuse e i rifugiati infatti continuano ad attraversarle», ma lamentando che per molti ciò può avvenire sempre più solo in maniera graduale. Ma alle frontiere oltre alle difficoltà di natura politica si registrano purtroppo anche nuove violenze. In Turchia sono morti due adolescenti che martedì erano stati raggiunti da pallottole vaganti provenienti dal territorio siriano, dove si stanno fronteggiando milizie delle popolazioni curde locali e del cosiddetto Esercito libero siriano, uno dei principali gruppi armati che si oppongono al presidente Bashar Al Assad. Africani senz’acqua La siccità minaccia due milioni di persone soprattutto in Angola e Namibia LUANDA, 18. La siccità che da mesi affligge le regioni meridionali dell’Angola e la Namibia si è ormai trasformata in emergenza umanitaria, con più di due milioni di persone prive di fonti d’acqua per se stesse e per il bestiame. Secondo una nota diffusa dall’Unicef, l’agenzia dell’Onu per l’infanzia, servono 22 milioni di dollari per far fronte alle necessità immediate delle popolazioni locali, già allo stremo, soprattutto per quanto riguarda i bambini. «L’emergenza è appena incominciata — spiega la nota — ma si prevede che possa peggiorare ed è necessaria assistenza urgente per le popolazioni colpite, specialmente donne e bambini che soffrono una crisi nutrizionale e di salute in entrambi i Paesi». Secondo i dati diffusi da Patrick Mc Cormick, il portavoce dell’Unicef a Ginevra, l’ufficio namibiano dell’agenzia dell’Onu ha chiesto aiuti per 7,4 milioni di dollari e quello angolano per 14,3. La crisi, come detto, non si è ancora trasformata in una catastrofe, come spesso accaduto in passato, ma ha investito oltre due milioni di persone in zone inaridite. In Angola, secondo informazioni ufficiali e di organizzazioni non governative, sono almeno un milione e mezzo le persone colpite dalla siccità nel sud del Paese, dove migliaia di piantagioni sono andate distrutte e dove l’assenza di nutrimento per il bestiame sta costringendo la popolazione a migrare alla ricerca di cibo e di Il segretario di Stato americano John Kerry pronto ad annunciare la svolta Verso la ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi y(7HA3J1*QSSKKM( +%!"!/!=!} AMMAN, 18. Israeliani e palestinesi hanno ridotto «l’ampio divario» su possibili colloqui di pace diretti. Ad annunciarlo ieri è stato il segretario di stato americano, John Kerry, auspicando che le parti torneranno presto ai negoziati. Nel corso di una conferenza stampa accanto al ministro degli Esteri giordano, Nasser Judeh, ad Amman, Kerry ha commentato positivamente i progressi compiuti in tre mesi di «diplomazia silenziosa» tra israeliani e palestinesi per arrivare a una soluzione di quello che ha descritto come uno dei più difficili conflitti della storia. «Quando abbiamo avviato questo processo mesi fa — ha aggiunto Kerry — vi erano ampi divari tra le due parti, ma attraverso un lavoro duro, cauto e silenzioso siamo riusciti a colmarli significativamente. Continuiamo ad avvicinarci e continuo a nutrire speranze nel fatto che le parti potranno sedere allo stesso tavolo». Kerry ha invitato Israele a riconsiderare bene il piano di pace presentato dalla Lega araba nel 2002 e che in passato aveva respinto. «Israele deve guardare bene a quell’iniziativa che promette a Israe- le la pace con 22 Paesi arabi e 35 nazioni musulmane, un totale di 57 Stati pronti a cogliere la possibilità di fare la pace con Israele». Il piano presentato dall’Arabia Saudita a un vertice della Lega araba a Beirut prevedeva il pieno riconoscimento di Israele, ma solo se quest’ultimo avesse accettato di tornare ai confini precedenti alla guerra del 1967 e di trovare «una solu- zione giusta» per i rifugiati palestinesi. Tre mesi fa fonti del Qatar avevano presentato una versione più soft del piano basata soltanto sullo scambio di Territori tra Israele e l’Autorità palestinese. Secondo il quotidiano panarabo «Al Hayat», stampato a Londra, il segretario di Stato americano annuncerà la ripresa del processo di pace fra israeliani e palestinesi pri- Tre bambini iracheni dilaniati da una mina Cresce l’entusiasmo nel Paese per un incontro molto atteso Papa Francesco i giovani e il Brasile RAYMUND O DAMASCENO ASSIS A PAGINA 8 Il luogo di un attentato in Iraq (La Presse/Ap) BAGHDAD, 18. Ancora sangue innocente in Iraq. Ieri tre bambini sono morti dilaniati, dopo aver urtato una mina sull’argine di un torrente dove si stavano bagnan- do per sfuggire alla canicola. Si è poi appreso che una bomba deflagrata in una casa da tè, nella città di Mossul, ha provocato la morte di sette persone. ma di partire domani dalla Giordania. Il quotidiano cita fonti dell’ufficio di rappresentanza palestinese ad Amman. Anche l’Autorità palestinese, dopo cinque ore di colloqui con Kerry, ha fatto sapere che vi sono stati «grandi progressi» nel negoziato di pace in Medio Oriente, fermo dal 2010. «La leadership palestinese tornerà al tavolo dei negoziati con il Governo israeliano» dicono fonti palestinesi, pur mantenendo il più stretto riserbo sui dettagli dell’intesa che sostengono essere stata raggiunta tra Abu Mazen e Kerry. L’annuncio ufficiale potrebbe arrivare nelle prossime ore, dopo la riunione della leadership di Fatah guidato dallo stesso Abu Mazen. Dal canto suo, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha avuto ieri un colloquio telefonico con Kerry sostenendo che l’iniziativa dell’Unione europea riguardo la cooperazione bilaterale (iniziativa che esclude gli insediamenti nei Territori palestinesi) innesca nuove tensioni. Secondo Israele, queste decisioni dell’Ue «disturbano gli sforzi per riprendere i negoziati». Il segretario di Stato americano sta compiendo la sesta visita nella regione mediorientale da quando è entrato in carica lo scorso febbraio. In questa nuova missione ha già incontrato due volte ad Amman il presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, ma non è previsto nessun incontro con Netanyahu, contrariamente alle precedenti visite che l’avevano visto compiere la spola tra Amman e Gerusalemme. Domenica scorsa, il premier Netanyahu ha avuto un colloquio telefonico con il presidente Abu Mazen e gli ha espresso l’auspicio che i negoziati di pace bloccati da tre anni possano ripartire. «Spero che avremo l’opportunità di parlarci non solo per le ricorrenze» ha detto nel corso di una chiamata di saluto per il Ramadan. «Spero che gli sforzi» del segretario di Stato americano «daranno risultati», ha aggiunto il premier israeliano. acqua. Si tratta di 540.000 persone nella provincia del Cunene, di 830.000 in quella della Huila e almeno 250.000 in quella del Namibe. Secondo quanto scrive il Governo provinciale del Cunene, nell’ultimo anno le precipitazioni sono state pari a un terzo di quelle cadute in media negli ultimi dieci anni. In Namibia si registra una situazione analoga e, in base ai dati dell’Unicef, ci sono 778.000 persone vittime della siccità, compresi 109.000 bambini. Un’analoga minaccia incombe anche sui Paesi del Corno d’Africa. In particolare, per quanto riguarda Gibuti, è stato diffuso un allarme questa settimana dall’Ocha, l’ufficio dell’Onu per il coordinamento degli interventi umanitari. Secondo l’Ocha, nei prossimi mesi è destinata a peggiorare ulteriormente l’insicurezza alimentare che colpisce già più di 46.000 persone nel piccolo paese del Corno d’Africa. L’O cha attribuisce l’attuale situazione alle deboli piogge degli ultimi mesi, al calo della produzione pastorale e agricola, alle limitate competenze tecniche e all’insufficiente sostegno della comunità internazionale. Le zone più colpite sono la capitale Gibuti, il sud est confinante con Somalia ed Etiopia e la regione settentrionale di Obock. Sempre l’Ocha ha lanciato l’allarme anche per la Mauritania, dove 800.000 persone vivono in situazione di insicurezza alimentare, anche come conseguenza dell’afflusso di rifugiati dal Mali. Il 19 luglio 1943 gli aerei alleati bombardavano la città E Pio XII abbracciò Roma ferita PAGINE 4 E 5 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 venerdì 19 luglio 2013 Approvato un piano che comporta il taglio di migliaia di posti di lavoro nel settore statale Durante la tradizionale cerimonia del ventaglio La scure di Atene Napolitano chiede continuità nell’azione del Governo Letta Rigide misure di sicurezza per la visita del ministro delle Finanze tedesco ATENE, 18. È arrivato a tarda notte il voto con il quale il Parlamento greco ha approvato un contestato piano che porterà al taglio di migliaia di posti di lavoro nel settore pubblico. I tagli sono passati con il voto di 153 dei 300 deputati: all’esterno, nel frattempo, una folla di manifestanti protestava contro il provvedimento. Il piano di licenziamenti era stato richiesto dai creditori internazionali dell’Unione europea e del Fondo monetario internazionale come condizione per il versamento di un prestito da sette miliardi di euro. Secondo lo schema approvato, oltre quattromila lavoratori del settore pubblico, soprattutto insegnanti e dipendenti delle amministrazioni locali, perderanno il loro posto di lavoro entro l’anno. Altri venticinquemila riceveranno il 75 per cento del salario ancora per otto mesi: dopo verranno licenziati, se nel frattempo non saranno stati trasferiti ad altri incarichi. Prima del voto, il premier ellenico Antonis Samaras aveva annunciato in televisione il primo taglio delle tasse in quattro anni, con una riduzione dell’Iva per i ristoranti dal 23 al 13 per cento, a partire dal primo agosto, nel pieno della stagione turistica. Non si sono fatte attendere le reazioni alla decisione del Parlamento. Il leader della sinistra radicale, Ale- Dall’Ue nuove norme sugli appalti pubblici BRUXELLES, 18. I rappresentanti dei 28 Paesi dell’Unione europea hanno dato ieri il via libera alle nuove norme comunitarie sugli appalti pubblici, una delle azioni prioritarie previste dall’Atto per il mercato unico (varato nella primavera del 2011) che ha quale obiettivo il rilancio di crescita, innovazione e occupazione. Si tratta di tre direttive che regoleranno i diversi settori della complessa materia, e in particolare quello delle concessioni. In particolare, si è cercato di evitare ambiguità nelle norme sulle offerte troppo basse e sulle informazioni obbligatorie in caso di subappalto. Ora il testo sarà riesaminato dal Parlamento e successivamente approvato definitivamente dal Consiglio. Bruxelles intende così aprire i mercati nazionali alle imprese europee. Dal 1992 — dicono documenti e fonti di Bruxelles — il mercato unico ha apportato enormi benefici e creato nuove opportunità. La libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone non è tuttavia esente da problemi: in alcuni settori non esiste un mercato europeo veramente integrato. Lacune legislative, ostacoli amministrativi e un’applicazione insoddisfacente delle norme impediscono di sfruttare pienamente le potenzialità del mercato unico. Per questi motivi, la Commissione sta cercando di dotarsi di strumenti adeguati per realizzare gli impegni sanciti dall’atto nella maniera più efficace. I tecnici europei sottolineano infatti che serve anche molta più fiducia nel mercato unico per contribuire a stimolare la crescita economica. L’Europa deve agire con maggiore forza e convinzione per dimostrare che il mercato unico è sinonimo di progresso sociale e di vantaggi per i consumatori, i lavoratori e le piccole imprese. L’Atto per il mercato unico, presentato dalla Commissione nell’aprile 2011, identificava dodici leve per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia. Nell’ottobre 2012 la Commissione ha proposto un’altra serie di azioni (Atto per il mercato unico II) per sviluppare ulteriormente il mercato unico e attingere al potenziale non ancora sfruttato per favorire la crescita. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt 00120 Città del Vaticano [email protected] http://www.osservatoreromano.va Proteste ad Atene di fronte al Parlamento (Ansa) xis Tsipras, citato dall’agenzia Ansa, ha parlato di «sacrificio umano» e ha definito il progetto «un disastro». E oggi, intanto, è atteso ad Atene, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, rappresentante di quella Germania vista dai greci, e non solo, rilevano gli osservatori, come il principale sostenitore delle misure di austerità. Durante la visita del ministro delle Finanze tedesco è prevista la firma di un memorandum d’intesa fra i Governi di Atene e Berlino per l’istituzione di un fondo ellenico per lo sviluppo, destinato all’aiuto e al finanziamento delle piccole e medie imprese. Il memorandum sarà firmato dal ministro greco per lo Sviluppo, Costis Hatzidakis, e dal presi- dente della banca tedesca per lo Sviluppo, Ulrich Schröder. Il fondo ellenico per lo sviluppo, che nelle intenzioni di Atene e Berlino dovrebbe costituire la risposta al problema dell’economia reale, avrà sede in Lussemburgo, e dovrebbe disporre di circa cinquecento milioni di euro, cento dei quali saranno forniti dalla Germania: questo a condizione che la Grecia rispetti tutti gli impegni assunti nei confronti dei creditori. Il fondo funzionerà sulla base della legislazione dell’Unione europea con criteri di economia privata. Da segnalare che in occasione della visita del ministro delle Finanze tedesco, la polizia ha vietato proteste e manifestazioni nel centro di Atene. Misure simili erano state adottate durante la visita, del cancelliere tedesco, Angela Merkel, svoltasi lo scorso ottobre. Si è appreso intanto che il segretario al Tesoro statunitense, Jack Lew, si recherà in visita in Grecia domenica. L’obiettivo, riferiscono fonti diplomatiche, è quello di discutere le riforme economiche avviate da Atene e le politiche messe in atto dall’Ue per rilanciare la ripresa. La visita servirà ad aprire la strada all’incontro l’8 agosto a Washington, tra il presidente statunitense, Barack Obama, e il premier greco Samaras. ROMA, 18. È un discorso a tutto campo quello tenuto oggi dal presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, durante la tradizionale cerimonia di consegna del ventaglio da parte dell’Associazione Stampa Parlamentare. «Dallo scorso anno ad oggi abbiamo vissuto uno dei periodi più inquieti per la Repubblica con eventi straordinari, momenti di tensione e persino rischi di paralisi nella vita pubblica senza precedenti» ha sottolineato il capo dello Stato, precisando che «il punto di riferimento fondamentale è la criticità delle condizioni economiche del Paese». A fronte della recente decisione di Bankitalia, che ieri ha tagliato le stime sul pil di quest’anno, Napolitano ha chiesto di portare avanti l’azione governativa, ritenendo «indispensabile nell’interesse generale proseguire nella realizzazione degli impegni» attraverso un «cronoprogramma di 18 mesi già partito in Parlamento». Le parole del presidente della Repubblica si sono soffermate anche sull’attuale scenario politico. «Il clima di fiducia verso l’Italia può variare positivamente in presenza di una valida azione di Governo e di un concreto processo di La capitale nordirlandese da giorni teatro di scontri legati alle tradizionali e controverse marce orangiste Luglio di fuoco a Belfast BELFAST, 18. Per il quinto giorno consecutivo, la capitale nordirlandese Belfast è stata teatro anche ieri di scontri tra militanti lealisti e filorepubblicani, nei quali sono state coinvolte le forze di polizia. Le agitazioni sono cominciate nella parte orientale della città e la polizia ha fatto ricorso all’uso dei cannoni ad acqua. I primi incidenti erano scoppiati venerdì, dopo il tradizionale corteo del cosiddetto Ordine degli Orange, che il 12 luglio di ogni an- Il Parlamento britannico assolve l’intelligence LONDRA, 18. Il Parlamento britannico ha assolto l’agenzia di intelligence (Gchq) che si occupa di monitorare le comunicazioni: era accusata di non aver rispettato la legge nel raccogliere le informazioni dal programma di sorveglianza Prism. «Dalle prove che abbiamo raccolto emerge che tale accusa è infondata» si legge in una relazione della Commissione parlamentare sui servizi segreti, che ha potuto accertare come su ogni richiesta di informazione inoltrata alle autorità statunitensi vi sia la firma del ministro competente. Il ministro degli Esteri britannico, William Hague, ha accolto con soddisfazione il parere della Commissione «È la riprova dell’integrità e degli elevati standard degli uomini e delle donne che lavorano alla Gchq». Sul fronte statunitense, intanto, si segnala che ieri diversi membri del Congresso, sia democratici sia repubblicani, hanno affermato che con i programmi di sorveglianza elettronica, le agenzie di intelligence sono andate troppo in profondità nella privacy degli americani. E non è detto, hanno ammonito, che il provvedimento di legge che li ha autorizzati verrà rinnovato dopo la scadenza, nel giugno 2015. no ricorda la vittoria nel 1690 di Guglielmo di Orange, protestante, nella battaglia del Boyne contro le forze del cattolico Giacomo II. Al corteo era stato proibito di attraversare la zona di Ardoyne, dove risiedono molti filorepubblicani di confessione cattolica. Il divieto ha spinto alcuni esponenti di spicco della comunità lealista a convocare manifestazioni e proteste che sono degenerate in violenze, come accade pressoché ogni anno. Tra gli agenti di polizia ci sono stati finora una quarantina di feriti, nessuno in modo grave. Edward Stevenson, il leader dell’Ordine dell’Orange, ha denunciato il fatto che le autorità non sostengono i lealisti mentre i filorepubblicani stanno facendo «una guerra per cancellare tutti i simboli della Gran Bretagna». L’inizio di luglio, con la cosiddetta stagione delle marce lealiste, risulta sempre il periodo più critico per la tenuta dello storico accordo di pace del «Venerdì Santo», che il 10 aprile 1988 mise fine a trent’anni di guerra civile in Irlanda del Nord. Tali marce riaccendono infatti le tensioni ancora latenti, nonostante i quindici anni trascorsi da quella firma apposta, dopo un lungo negoziato mediato dagli Stati Uniti dell’allora presidente Bill Clinton, dai Governi di Londra e di Dublino e dalle principali forze politiche nordirlandesi, sia lealiste sia filorepubblicane. GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO Carlo Di Cicco don Sergio Pellini S.D.B. vicedirettore Piero Di Domenicantonio caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Fed ottimista sull’economia statunitense Scontri tra manifestanti e polizia a Belfast (La Presse/Ap) L’Fmi giudica lenta la ripresa del Regno Unito LONDRA, 18. «La ripresa economica del Regno Unito resta lenta e fragile» mentre l’efficacia della politica monetaria «è minata dalla persistente debolezza del sistema bancario»: è il giudizio espresso dal Fondo monetario internazionale (Fmi) nella valutazione annuale dell’economia britannica, in cui si evidenzia il rischio che «la persistente debolezza ciclica porti a una perdita permanente della capacità produttiva». Dopo aver elogiato il programma di risanamento strutturale di bilancio, gli analisti del Fondo monetario internazionale mostrano una di- direttore generale visione al loro interno sui rischi che il consolidamento porterebbe alla ripresa. Sul fronte bancario, il Fondo monetario internazionale invita a «un’attenta supervisione delle istituzioni finanziarie sistemiche a livello globale» e a una «cooperazione transfrontaliera» sulla supervisione e sulla risoluzione degli istituti. Le valutazioni dell’Fmi sullo stato di salute dell’economia britannica vengono dopo il rilancio del programma di austerità attuato dal cancelliere dello Scacchiere, George O sborne. Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] riforme — ha detto Napolitano — ma potrebbe peggiorare anche bruscamente dinanzi a una nuova destabilizzazione del quadro politico italiano». Non è quindi mancato un riferimento alla vicenda degli insulti del vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, lanciati contro il ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge. «È tempo di levare un argine comune contro l’ingiuria indecente e aggressiva, specie se a sfondo razzista o maschilista, e ancor più se pronunciata da chi dovrebbe unire alla dignità personale quella istituzionale». Il presidente chiede perciò di abbassare i toni del confronto, «anche al di là dei casi della giustizia». Sulla vicenda Ablyazov, che continua in queste ore ad agitare le acque della politica italiana, Napolitano ha spiegato che si tratta di un «caso inaudito», ma che l’Esecutivo «ha opportunamente deciso» di sanzionare i comportamenti di alcuni funzionari che «hanno assunto decisioni non sottoposte al necessario vaglio dell’autorità politica e non fondate su verifiche e valutazioni rigorose». Per quanto riguarda l’operato dei ministri, «è assai delicato e azzardato evocare responsabilità oggettive». Lo spinoso episodio, che ha portato all’espulsione e al rimpatrio in Kazakhstan della moglie e della figlia del dissidente, è stato al centro anche del vertice, oggi a Palazzo Chigi, tra Governo e maggioranza. La segreteria del Partito democratico ha già annunciato che domani, venerdì, non voterà la mozione di sfiducia al ministro degli Interni, Angelino Alfano, anche se «resta aperto il problema di come ridare credibilità alle istituzioni». Da Londra, dove si è recato in visita, il presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, ha confermato che sarà presente in Parlamento domani, sottolineando che dalla relazione del capo della Polizia, Alessandro Pansa, sul caso kazako «emerge l’estraneità di Alfano dalla vicenda». Letta ha inoltre tenuto a precisare che «la stabilità politica è necessaria, altrimenti sarà impossibile ottenere la ripresa». Intanto, il Popolo della Libertà, il partito di Alfano, esclude l’ipotesi delle dimissioni. Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va Condannato blogger anti-Putin MOSCA, 18. Il blogger anti-Putin Alexei Navalny è stato condannato a cinque anni di carcere per appropriazione indebita. Alexei Navalny è stato ammanettato e preso in custodia dalla polizia nell’aula del tribunale di Kirov, 900 chilometri a nordest di Mosca, che lo giudicava. Proprio ieri, a sorpresa, la commissione elettorale aveva ammesso la sua candidatura a sindaco della capitale proposta da un vasto fronte dell’opposizione. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818, [email protected] Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, fax 06 698 85164, [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 WASHINGTON, 18. «L’attività economica complessiva continua a crescere a un tasso che va da modesto a moderato»: è il giudizio sull’economia statunitense contenuto nel Beige Book della Federal Reserve, diffuso ieri, in cui si sottolinea come «nella maggior parte dei distretti» sia cresciuta l’attività manifatturiera, con un generale aumento di ordinativi, consegne e produzione. In aumento anche la spesa complessiva dei consumatori e le vendite di auto. Sul fronte immobiliare — si legge nel Beige Book — continua la ripresa sia nel settore commerciale che in quello delle costruzioni, con una crescita che in alcuni distretti si presenta molto sostenuta. Stesso andamento positivo anche sul fronte del turismo, nonostante i problemi creati in alcune aree dal maltempo. Le condizioni del settore bancario sono definite «generalmente positive» con una «modesta crescita generale di richiesta dei mutui», più forte nel distretto di New York. Leggeri miglioramenti anche nella qualità del credito, con segnali di un ritorno della concorrenza fra istituti. Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A System Comunicazione Pubblicitaria Aziende promotrici della diffusione de «L’Osservatore Romano» Intesa San Paolo Alfonso Dell’Erario, direttore generale Romano Ruosi, vicedirettore generale Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 Società Cattolica di Assicurazione [email protected] Banca Carige Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 19 luglio 2013 pagina 3 Colloqui di Ashton al Cairo Le elezioni del 28 luglio tra i principali temi nell’agenda del vertice dei Paesi dell’Africa occidentale Decine di morti a N’Zérékoré Non si ferma in Egitto la sfida delle piazze Incognita Mali In Guinea violenze tra etnie sempre più estese IL CAIRO, 18. Continua la sfida nelle piazze dell’Egitto tra gli oppositori e i sostenitori del deposto presidente, Mohammed Mursi. Anche stanotte attivisti dei due schieramenti sono scesi in strada per partecipare a manifestazioni che si sono protratte fino all’alba. Non si allenta dunque la tensione dopo la formazione del nuovo Governo. I Fratelli musulmani e le forze che sostengono Mursi hanno annunciato una escalation di iniziative per tenere alta la pressione della piazza e ieri migliaia di sostenitori sono sfilati nelle vie del centro del Cairo per tentare di avvicinarsi alla blindatissima sede dell’Esecutivo, mentre l’alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, Catherine Ashton, arrivava nella capitale egiziana per portare il messaggio europeo sulla necessità di riavviare una transizione democratica. «Avrei voluto incontrare anche Mursi» ha affermato Ashton, riferendosi al deposto presidente agli arresti in una località segreta, del quale ha auspicato la liberazione, dopo avere incontrato il presidente a interim, Adly Mansour, il suo vice, il premio Nobel per la pace Mohamed ElBaradei, e il premier, Hazem El Beblawi. La protesta del pomeriggio di ieri si è svolta pacificamente, complice il gran caldo e il digiuno del mese di Ramadan. Nelle stesse ore Ashton ha avuto una fitta sequenza di incontri per avere informazioni di prima mano dai nuovi responsabili politici del Paese. Al contrario del vice segretario di Stato americano, William Burns, che ha lasciato il Cairo un giorno prima del suo arrivo, Ashton ha avuto colloqui anche con la Fratellanza — all’incontro era presente anche l’ex premier Hisham Qandil — e il movimento Tamarod (ribelli, in arabo). Continuano, intanto, le inchieste della procura contro gli esponenti e i sostenitori dei Fratelli musulmani. Prorogata di quindici giorni la custodia cautelare per numerosi esponenti della Fratellanza. Agli arresti per almeno quattro giorni oltre 400 sostenitori di Mursi — secondo alcune fonti — per le violenze esplose nella notte di lunedì e che hanno provocato sette vittime in vari quartieri del capitale. Ashton, nei suoi colloqui con i nuovi responsabili egiziani, ha ribadito la necessità di un processo politico che tenga conto «di tutti i gruppi che appoggiano la democrazia» e un ritorno rapido al processo democratico. Sulle definizioni di quella che gli oppositori di Mursi chiamano la “rivoluzione del 30 giugno” non si è sbilanciato nemmeno il segretario di Stato americano, John Kerry, che da Amman ha detto che non bisogna affrettarsi nel dare un giudizio. Infine, tre agenti di polizia egiziani sono rimasti uccisi in una serie di attacchi eseguiti da presunti militanti jihadisti nella penisola del Sinai, nel nord dell’Egitto. Due militari sono stati assassinati nella città di Al Arish, il terzo è morto in un altro attacco contro una base a Sheikh Zuwayed. Il vertice dell’Ecowas ad Abuja (Afp) ABUJA, 18. La situazione del Mali è tra i principali argomenti in agenda del 43° vertice della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas), apertosi ieri pomeriggio ad Abuja, la capitale della Nigeria, e le cui conclusioni sono attese per questa sera. È prevedibile una conferma del sostegno alle elezioni previste per il 28 luglio per concludere appunto la transizione. Fu proprio l’Ecowas la prima organizzazione internazionale a decidere sanzioni dopo il colpo di Stato militare in Mali che nel marzo 2012 rovesciò il presidente Amadou Toumani Touré. I golpisti, guidati dal capitano Amadou Haya Sanogo, avevano poi dovuto accettare di avviare, sotto la pressione internazionale promossa proprio dall’Ecowas, una transizione guidata dall’attuale capo di Stato ad interim, Dioncounda Traoré, all’epoca presidente del Parlamento. Sempre l’Ecowas aveva deciso l’invio di truppe da affiancare a quelle francesi intervenute all’inizio di quest’anno contro i gruppi jihadi- sti che controllavano il nord del Mali. Tuttavia, nonostante le dichiarazioni di appoggio di diversi soggetti internazionali alle elezioni che dovrebbero ripristinare l’ordine costituzionale, la crisi in Mali appare tutt’altro che in via di risoluzione. Malgrado il silenzio calato sulle operazioni militari nel nord — dove sono ancora presenti e combattono le forze francesi che secondo impegni più volte dichiarati avrebbero dovuto ritirarsi al massimo a fine mettere fine alla transizione avviata dopo il colpo di Stato dell’aprile 2012. A Bissau restano dislocati 750 militari dell’Ecowas per garantire la sicurezza dei dirigenti della transizione e degli edifici pubblici. Infine, al vertice ad Abuja si sta discutendo anche di altri processi elettorali, come le imminenti legislative in Togo, fissate per il 25 luglio dopo numerosi rinvii, e quelle di settembre in Guinea, sulle quali incombe la minaccia delle riprese violenze tra etnie. Il Sud Africa celebra il Mandela Day CITTÀ DEL CAPO, 18. Il Mandela Day, la festa nazionale da tempo fissata in Sud Africa per il 18 luglio, giorno del compleanno del leader della lotta all’apartheid (quest’anno è il 95°), si celebra in queste ore in tutto il Paese. I festeggiamenti sono accompagnati dal sollievo originato dalle notizie sulla salute di Madiba, come viene affettuosamente chiamato Nelson Mandela, da diverse settimane ricoverato in ospedale per una ma- Parigi chiede al Myanmar di proseguire le riforme lattia che aveva fatto temere a lungo per la sua vita. Il presidente sudafricano Jacob Zuma, in un comunicato diffuso per questa ricorrenza, afferma che «Madiba rimane in ospedale a Pretoria, ma i suoi medici hanno confermato che la sua salute è in costante miglioramento». Zuma aggiunge ringraziamenti per quanti, in tutto il mondo, «hanno sostenuto Madiba durante il suo ricovero con amore e compassione senza limiti». Ancora divergenze tra Pyongyang e Seoul SEOUL, 18. La Corea del Nord e la Corea del Sud non sono riuscite a risolvere le controversie sul sito industriale congiunto di Kaesong, bloccato all’inizio di aprile dal regime comunista di Pyongyang. I rappresentanti delle Coree, riuniti ieri per la quarta sessione di trattative proprio a Kaesong, hanno però deciso di ritrovarsi lunedì per riprendere il dialogo intercoreano. Il capo della delegazione sudcoreana, Kim Ki Woong, aveva detto di sperare in negoziati «sinceri e sostanziali» da parte dei rappresentanti nordcoreani, ma, alla fine della riunione, ha confidato alla stam- Attacco maoista nello Stato indiano del Bihar NEW DELHI, 18. Cinque agenti di polizia sono stati uccisi ieri dai ribelli maoisti in uno scontro armato nello Stato indiano settentrionale del Bihar. Oltre duecento “naxaliti”, come sono chiamati i guerriglieri che controllano parte dell’India orientale, hanno lanciato un attacco contro un cantiere nel distretto di Aurangabad. Le vittime sono tre agenti di polizia e due contractor privati di una società che sta costruendo un ponte sul fiume Belaru. I ribelli maoisti hanno anche piazzato delle cariche esplosive e le hanno fatte esplodere. Da quanto si è appreso, i militari che avevano il compito di proteggere il sito erano stati trasferiti nel luogo sacro buddhista di Bodh Gaya dopo un altro sanguinoso attentato il 7 luglio. aprile — la situazione è tale da far ritenere impossibile la regolarità del voto. La stessa commissione elettorale ha ammesso che sarà estremamente difficile consegnare i certificati elettorali a tutti i cittadini, compresi quelli rifugiati in diversi Paesi confinanti. Un’altra situazione per alcuni aspetti simile al Mali e sulla quale l’Ecowas si sta confrontando è quella della Guinea-Bissau, dove pure sono in programma, in questo caso per novembre, elezioni generali per pa che esistono ancora «profonde divergenze» tra le parti. Intanto, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, è venuto a conoscenza della scoperta da parte delle autorità panamensi di una nave che trasportava armi da Cuba alla Corea del Nord e, afferma un portavoce del Palazzo di Vetro, «apprezza l’iniziativa intrapresa da Panama, che rispecchia gli obblighi dettati dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite». Ban Ki-moon attende l’esito delle indagini e sottolinea che è dovere di tutti gli Stati membri attuare le decisioni dell’O nu. CONAKRY, 18. Si stanno rivelando sempre più estese in Guinea le violenze esplose a N’Zérékoré, il capoluogo della regione sudorientale Forestale, tra le etnie dei guerzé, per lo più cristiani, ma anche animisti, e dei konianké, musulmani e legati alla comunità liberiana dei mandingo. Secondo fonti mediche, 54 corpi senza vita sono già stati identificati all’obitorio dell’ospedale centrale di N’Zérékoré, la seconda città del Paese dopo la capitale Conakry, con 500.000 abitanti, e vengono riconsegnati alle famiglie dei due gruppi etnici. Ci sono peraltro altri corpi che non sono stati ancora identificati, soprattutto a causa delle modalità particolarmente feroci delle uccisioni. A questo si aggiunge la scarsità dei medicinali che rende complicate le cure alle persone ferite, finora non meno di 130. Sembra quindi destinato a crescere ulteriormente il bilancio delle violenze scoppiate nella notte tra domenica e lunedì, dopo la morte di un giovane di etnia konianké, durante una presunta rapina in una stazione di benzina del vicino villaggio di Koulé. Nonostante il coprifuoco in vigore dalle 18 alle 6, il dispiegamento di rinforzi militari e una mediazione in corso tra le due comunità, a N’Zérékoré la situazione rimane precaria. La popolazione è rintanata nelle case e la maggior parte dei negozi rimangono chiusa. Nelle ultime ore le violenze hanno investito anche la città di Beyla, nei pressi del confine con la Costa d’Avorio e che dista una cinquantina di chilometri da N’Zérékoré. Secondo il sito d’informazione Guinée News, almeno due persone sono rimaste uccise in attacchi attribuiti a giovani konianké ai danni di decine di abitazioni, locali e chiese. Anche le autorità di Beyla hanno decretato un coprifuoco dalle 21 alle 6, in attesa del dispiegamento di altri soldati. Storicamente la regione Forestale non è nuova a ondate di violenza di questo tipo — la più grave risale al 1991 — e i fatti degli ultimi giorni hanno riaperto vecchie ferite e tensioni legate a motivi economici o di convivenza quotidiana tra i due gruppi. A complicare la coabitazione c’è la vicinanza di tre Paesi fortemente instabili: Sierra Leone, Liberia e Costa d’Avorio. I miliziani delle Nazioni confinanti, teatri di crisi e guerre negli ultimi decenni, hanno spesso trovato rifugio nel sud est della Guinea. Inoltre nel 2009 il capitano Moussa Dadis Camara, che aveva preso il potere con un colpo di Stato a Conakry, aveva riarmato centinaia di giovani originari della regione Forestale, ritornati a casa negli ultimi mesi, dopo un tentato processo di disarmo. Il riaccendersi delle violenze a N’Zérékoré si verifica mentre la Guinea si sta preparando a un cruciale appuntamento elettorale. Dopo anni di rinvii e prove di forza politiche tra la maggioranza del presidente Alpha Condé e l’opposizione, un voto legislativo è in agenda per il 24 settembre. A Islamabad il ministro degli Esteri britannico invita il Pakistan a sostenere la causa afghana La tela diplomatica di Hague Il presidente francese Hollande e il collega birmano, Thein Sein, all’Eliseo (Ansa) PARIGI, 18. Il presidente francese, François Hollande, ha rivolto oggi un appello al collega birmano, Thein Sein, giunto a Parigi per la sua prima visita ufficiale in Francia, a proseguire le riforme e a liberare tutti i prigionieri politici. Hollande, e in precedenza il premier francese, Jean-Marc Ayrault, hanno dunque incoraggiato il Myanmar a «proseguire la transizione politica e a consolidare le riforme economiche iniziate due anni fa». In visita a Londra lunedì scorso, il presidente Thein Sein, si è impegnato a far li- berare tutti i «prigionieri d’opinione» prima della fine dell’anno. In una nota l’Eliseo ha affermato che «il ritorno del Comitato internazionale della Croce rossa nelle prigioni birmane rappresenta un segno positivo». Ma la Francia è «preoccupata per la continuazione delle violenze contro la minoranza musulmana di rohingyas nella regione Rakhine. Il 13 giugno, il Parlamento europeo ha lanciato un forte appello affinché cessino le «persecuzioni» contro i rohingyas, parlando di arresti arbitrari, atti di tortura e distruzione di proprietà. ISLAMABAD, 18. Il Pakistan e il Regno Unito concordano sulla necessità di rilanciare il processo di pace in Afghanistan. La convergenza di valutazioni si è registrata in occasione della visita del ministro degli Esteri britannico, William Hague, a Islamabad. Ne dà notizia l’«Express Tribune» sottolineando, nello stesso tempo, che sia il Regno Unito sia il Pakistan hanno auspicato che la chiusura dell’ufficio politico dei talebani, a Doha, in Qatar, sia solo temporanea: altrimenti questa situazione di stallo rischierebbe di compromettere i negoziati con gli Stati Uniti diretti a trovare adeguate strategie per uscire dalla crisi afghana. In occasione della visita del capo della diplomazia britannica è stata anche richiamata l’esigenza di non “scavalcare” Kabul nella tessitura di un’accorta e lungimirante azione diplomatica. Del resto già gli stessi Stati Uniti, attraverso anzitutto il segretario di Stato, John Kerry, avevano dato ampie rassicurazioni circa la volontà di non marginalizzare in alcun modo l’Afghanistan nell’ambito di un’azione negoziale che lo riguarda direttamente. Le rassicurazioni di Washington sono state formulate subito dopo che il presidente afghano, Hamid Karzai, aveva espresso forti critiche agli Stati Uniti per aver deciso di stabilire contatti diretti con i talebani non rispettando, a dire del capo dello Stato afghano, la sovranità afghana. William Hague, incontrando il ministro degli Esteri pakistano, Sartaj Aziz, ha ribadito un concetto già espresso in passato: che la pace nell’intera regione passa necessaria- mente per l’Afghanistan. Ed è alla luce di tale consapevolezza che il capo della diplomazia britannica ha invitato Islamabad a sostenere, con sempre maggiore impegno, la causa afghana, così da favorire nell’area un clima di armonia. Intanto, in vista delle presidenziali afghane del 2014, Karzai ha promulgato una legge, riferisce la France Presse, che conferisce ufficialmente maggiore indipendenza alla Commissione incaricata di vigilare sul corretto svolgimento del voto. Si vuole in questo modo evitare il grande flusso di ricorsi per sospetti di brogli e irregolarità che caratterizzò le elezioni presidenziali del 2009. In una nota della presidenza si sottolinea che la legge mira a garantire la massima trasparenza nella gestione del voto presidenziale. pagina 4 L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 19 luglio 2013 venerdì 19 luglio 2013 Il 19 luglio 1943 gli aerei alleati bombardavano la città E Pio di EGIDIO PICUCCI ettant’anni fa, il 19 luglio 1943, l’aviazione statunitense bombardava Roma. «Prima di decidere il raid — scrive Gastone Mazzanti nel libro Roma violata. Dagli archivi segreti angloamericani, i bombardamenti della Seconda Guerra mondiale (Roma, Teos Grafica, 2006) — gli alleati anglo-americani fecero una serie di considerazioni di carattere politico, culturale, militare e religioso. Roma non era un bersaglio di secondo ordine; sede del papato, città eterna, culla della civiltà occidentale e centro della cristianità, era un delicatissimo obiettivo. Ogni precauzione doveva essere quindi presa per colpire solo sedi di interesse militare, evitando di centrare il Vaticano e i luoghi di importanza religiosa e storica». Nella ricostruzione di quanto avvenne in quel lontano lunedì in cui l’attacco aereo colpì soprattutto il quartiere San Lorenzo, provocando circa 1800 morti, Mazzanti, riferendosi ai motivi del bombardamento, aggiunge: «In termini militari Roma era ritenuta dagli Alleati il punto focale del sistema ferroviario italiano. Eccetto il tratto che legava Milano al Meridione via Bologna-Ancona, tutto l’altro traffico ferroviario tra Nord e Sud passava attraverso i due scali romani del Littorio (che si trovava sulla via Salaria, dov’è l’attuale aeroporto dell’Urbe) e di San Lorenzo, due punti ritenuti estremamente importanti nell’offensiva contro le linee di comunicazione dell’Asse italo-tedesco. Neutralizzarli, voleva dire bloccare il trasporto del- S Le prime bombe lanciate sullo Scalo di San Lorenzo: l’immagine è fornita dall’operatore di un B-17 dell’aviazione statunitense (Usa, National Archives) In ginocchio tra le macerie Da «L’Osservatore Romano» del 21 luglio 1943. Il cuore del Supremo Pastore, più che mai vigile nelle dolorose evenienze che affliggono l’immensa famiglia a Lui affidata, ha avuto ieri palpiti di ardentissima carità per i fedeli della Sua diletta Diocesi di Roma, colpiti dalla sciagura bellica. Sua Santità, infatti, appena informato delle gravi conseguenze del bombardamento aereo con numerose vittime nel rione di San Lorenzo e nei quartieri Tiburtino, Prenestino e Latino, e con gli ingenti danni inferti alla Patriarcale Basilica di San Lorenzo fuori le mura, decise di recarsi immediatamente nella zona devastata. Nessun preparativo, né alcuna aspettativa per una visita così augusta: essa perciò è stata tanto più acclamata e benedetta quanto più ne venne intuito dal popolo l’alto significato di conforto, di elevazione e di aiuto paterno. (...) In forma privatissima, senza alcuna scorta, senza nemmeno dar tempo acché venissero avvertiti i dignitari della Corte, accompagnato soltanto da S. E. Rev.ma Monsignor Giovanni Battista Montini, Sostituto della Segreteria di Stato, l’Augusto Pontefice alle 17,20, appena ricevute le prime informazio- ni sull’entità della sciagura, ha lasciato il Vaticano per recarsi al più presto a portare di persona sollievo ai sinistrati. Dinanzi ai tanti tristi spettacoli delle devastazioni il Santo Padre faceva sostare a lungo la macchina, e chiedeva notizie sulle vittime e sull’entità dei danni. Il volto pallidissimo accennava all’interno dolore: mai quadro più commovente di questo, nella partecipazione piena e profonda del Padre alle pene ed angoscie dei figli. (...) Al piazzale antistante alla Patriarcale Basilica di S. Lorenzo, ove mirabili opere di arte per lunghi secoli hanno reso omaggio ad una delle più insigni memorie di religione, e dove, tra i tanti tesori della cristiana pietà, si venera il sepolcro glorioso del Sommo Pontefice Pio IX, il corteo di folla fu invitato a sostare. A stento, di fronte al diroccato pronao del Tempio, Sua Santità poté discendere, mentre l’onda della acclamazione erompeva da tutti i cuori. Incurante del terreno impraticabile per le rovine, con gesto che, in un attimo, richiamava agli astanti le pagine più splendenti del Pontificato Romano, da s. Gregorio Magno, a S. Leone I, a Leone IV, a S. Pio V, il Successore di Pietro genufletteva sui detriti del fastigio monumentale e delle colonne invitando tutti alla cristiana preghiera per le lacrimate vittime. (...) Poi il Santo Padre si degnò di rivolgere alcune parole alla moltitudine: e fu balsamo celeste. Disse che Egli più che mai comprendeva l’affanno indicibile di tante famiglie così tragicamente private dei loro cari e delle loro case, e che implorava dal Signore di voler mutare sì grande dolore in tanta forza spirituale e morale, affinché, con rinsaldata fede e purezza di vita, più agevolmente ciascuno compisse i propri doveri di cristiano, uniformandosi pienamente alla santa volontà di Dio. Aggiungeva poi di voler benedire, con effusione particolare, i presenti, i danneggiati, le loro famiglie, l’intera amatissima Città e tutto il Paese. E infine, con quel gesto che abbraccia, protegge, impetra, tutti benedisse, da quell’improvviso trono di rovina e di schianto, elevandosi, Egli, angelico Servo dei servi di Dio, a confermare tutti nella fede, nella speranza. nella carità. Per oltre un’ora e mezza Egli rimase tra i Suoi figli. Da «L’Osservatore Romano» del 15 agosto 1943, dopo il bombardamento del 13 agosto. Ancora una volta il Santo Padre, vescovo di Roma, «centro e capo dell’Orbe cattolico e del pensiero e della fede cristiana», ha dimostrato ai vicini e ai lontani quale sia la Sua particolare sollecitudine per la santa Città. (...) Ancora una volta il cuore paterno ha sentito, nel palpito della universale carità, l’implorazione di sofferenti; e il Papa s’è portato tra essi, senza indugio, senza attendere informazioni circostanziate, attratto Le voci di allora in un documentario La lettera scritta da Pio XII a Roosevelt il 20 luglio 1943 «Mi salvai dall’arresto e dalla deportazione grazie a una provvidenziale nomina con cui venivo arruolato nella guardia d’onore pontificia»: è questa una delle tante voci che compaiono nel documentario Pio XII e il bombardamento di San Lorenzo, realizzato dallo storico Livio Spinelli e dalla regista Donatella Baglivo (con la consulenza di suor Margherita Marchione), che verrà presentato in anteprima il 19 luglio presso la Libreria Assaggi di Roma. Tra i documenti poco noti presentati, v’è la vibrante lettera che il Papa scrisse di proprio pugno al Presidente Roosevelt il 20 luglio, all’indomani di quel tragico evento. XII dispensato dalla missione, anche perché fu precisato che erano lontani dal bersaglio sia il Vaticano che le basiliche di San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura. Uno dei briefing venne concluso con queste parole «For God’s sake (“per amor di D io”): se non vedete l’obiettivo, portate indietro le bombe». Il 19 luglio, nel giro di quasi sei ore, furono sganciate su Roma 9.125 bombe di vario calibro da 690 aerei tra quadrimotori e bimotori, per 930,30 Furono sganciate 9.125 bombe da 690 aerei tonnellate di esplosivo, che provocarono per 930,30 tonnellate di esplosivo danni inestimabili al A sollevare la gente smarrita e angosciata patrimonio storico-religioso della città. Parnello stesso pomeriggio giunse la notizia ticolarmente colpiti dell’arrivo del Papa furono il cimitero del Verano e la basilica di reo. «L’ordine operativo, trasmesso San Lorenzo, della quale, in un memorandum compilato dalla Sezione dal quartier generale all’aviazione, Analisi Obiettivi del Comando della cominciava con un ironico “spaghetforza aerea alleata, si legge: «tale ti e polpettine di carne”, e proseguistruttura, posta a circa 600 metri dal va con una dettagliatissima esposicentro dell’area del bersaglio princizione e successione degli attacchi afpale, ricevette due colpi nel corso fidati ai vari stormi dei bombardieri del raid, e tre il convento [dei capche, partendo dallo scalo di San Lopuccini] a sud, ancor più vicino renzo, avrebbero dovuto colpire, in all’obiettivo». Non è dato conoscere successione, l’aeroporto di Ciampino la ragione della decisione di non ine lo scalo del Littorio». dicare la posizione della chiesa nella Durante i vari briefing di preparamappa, ma sicuramente l’edificio zione si fecero alcune importantissinon fu considerato alla stregua degli me raccomandazioni. Sganciare le altri monumenti che, invece, vennero bombe solo nell’assoluta certezza di segnalati; sicuramente la sua particocolpire gli obiettivi prescelti; possibilare ubicazione era tale da non galità di volare basso, se necessario, rantire che eventuali danni potessero dato che l’obiettivo coinvolgeva luoessere evitati senza ridurre l’efficacia ghi tra i più sacri e storici del mondella missione, ostacolando, così, il do; opportunità di rinunciare alla raggiungimento dei risultati militari missione per motivi religiosi o di codesiderati. scienza. Ma nessuno chiese di essere «Considerando un insieme di fattori — scrive Mazzanti — quali l’ampiezza dell’area bersaglio, la vicinanza a essa della basilica, il fumo prodotto dalle esplosioni, l’intervento difensivo del nemico, è da ritenere che qualsiasi tentativo per evitare danni alla basilica non poteva essere garantito, anche se la stessa fosse stata indicata nel materiale presentato al briefing». E infatti la basilica fu uno dei primi edifici a cedere sotto le bombe. Colpita direttamente da un ordigno che finì sulla finestra della facciata, perse il nartece, crollato sotto il peso della facciata stessa, come perse oltre metà del tetto e gran parte delle decorazioni interne. Danneggiata lievemente, invece, fu la chiesa dell’Immacolata Concezione, la parrocchia del quartiere di San Lorenzo, non colpita da bombe, ma da schegge e pietre per gli spostamenti d’aria. «Nel cimitero — si legge in Roma violata — furono dissepolte molte La basilica di San Lorenzo dopo il bombardamento soltanto dalla fosca, terrificante caligine, segno di lutto e di dolore. (...) verso Porta San Giovanni l’automobile papale dovette rallentare: a gruppi foltissimi la moltitudine infittiva e circondò la vettura, i più audaci salendo a grappoli sulle sporgenze esterne della macchina, nuova singolare guardia d’onore di umili lavoratori, fieri d’essere i primi a salutare il Pastore venerato nelle zone colpite dalla sciagura. (...) Egli è qui tra noi, in un misericorde richiamo, in atto di indefettibile amore. Allorché nella piazza di Villa Fiorelli il Papa a stento riesce a lasciare la vettura e a portarsi sul ripiano erboso, tra i pini schiantati, il suo pallido volto è visto rigato di lagrime. Come Gesù — secondo la narrazione del Vangelo domenicale di domani — Egli piange sulla sua città. (...) Chiediamo al Signore — Egli dice — anzitutto la pace eterna per le anime dei cari, morti a seguito di questa tremenda tragedia; poi rivolgiamoci fiduciosi alla infinita Bontà implorando luce, forza, serenità; assicurando rinnovamento di fervore cristiano e di purezza di vita. Ed ora — conclude — in ginocchio preghiamo. Egli stesso dà l’esempio e genuflette sulla nuda terra. (...) Allorché Egli allarga le braccia in forma di croce e poi leva la destra, la folla ha modo di scorgere sulla candida veste una larga macchia purpure: è sangue di feriti che la benevolenza paterna aveva sollecitamente avvicinato. Ricordo di Vincenzo Cerami Il laico che cercava abbracciò Roma ferita le armi all’interno del Paese. Inoltre, il bombardamento della capitale poteva avere riflessi positivi sul morale della popolazione in evidente fase calante, e quindi favorevole alla resa definitiva». Il momento era dunque opportuno per l’attacco tanto atteso. Nelle prime ore di quel lunedì, alcuni aerei britannici lanciarono un gran numero di volantini (non è stato possibile trovarne neppure uno) con i quali si preannunciava l’attacco ae- salme (colpita anche la tomba di famiglia di Papa Pacelli) che furono allineate nel piazzale interno, divise tra conosciute e non identificabili, per essere poi sepolte subito in fosse comuni per evitare possibili epidemie, vista l’alta temperatura di quel periodo. Per la gente, fu quella una ferita profonda, indimenticabile, data anche la grande devozione dei romani per i defunti. Molti, naturalmente, gli edifici distrutti o danneggiati nelle vie del quartiere, sotto i quali morì molta gente. In via dei Sabelli furono estratti dalle macerie settantotto bambini e otto suore; in via dei Reti ci furono una quarantina di morti, ospiti del carcere minorile; in via dei Marrucini quasi cento persone morirono in un rifugio. In via degli Apuli un pastificio bruciò per tre giorni, facendo vivere alla gente ore di incubo e di disperazione». Lo scenario che si presentò ai cittadini a esplosioni finite, quando il rombo degli aerei che, in ondate successive avevano sconvolto tutto, si stava smorzando, suscitò un’incredulità generale. I muri rimasti in piedi sembravano quinte slabbrate di un palcoscenico portato via dal vento. Il morale della popolazione era a terra: nessuno s’aspettava un attacco del genere e tutti si aggiravano smarriti e silenziosi per le strade polverose e ingombre di macerie. Roma, la città eterna, non c’era più. A sollevare la gente dall’angoscia che l’opprimeva, arrivò la notizia che il Papa avrebbe fatto una visita a San Lorenzo nel pomeriggio, verso le 17,30. A quell’ora ci fu un corri corri generale verso la basilica, di fronte alla quale la gente si strinse attorno a lui, parlando più con gli occhi e le lacrime che con le parole. Pio XII, visibilmente commosso, allargò le braccia come per stringere tutti a sé e non lasciarli più. In una lettera indirizzata al cardinale Marchetti Selvaggiani, vicario generale di Roma, egli aveva accennato ai suoi frequenti e inascoltati avvertimenti rivolti alle potenze belligeranti perché si astenessero dal colpire la città. A quel punto la speranza del Papa e dei romani tutti era che i bombardamenti non si ripetessero. Invece, com’è noto, il 13 agosto Roma subì un ulteriore attacco che colpì di nuovo lo Scalo San Lorenzo con l’impiego di 419 aerei che sganciarono altre 2.031 bombe per 460,62 tonnellate di esplosivo. Anche questa volta Papa Pacelli uscì dal Vaticano recandosi in mezzo alla folla, pregando con essa e per essa in ginocchio. Nonostante i gravi danni provocati, gli strateghi dell’aviazione alleata Centro per la promozione del libro (associazione culturale che proprio quest’anno celebra i trent’anni di attività), l’esposizione si snoda in un ricco percorso storico-iconografico, suddiviso in sessanta pannelli articolati cronologicamente. Documenti, fotografie, manifesti, giornali e periodici italiani e soprattutto stranieri: tutto questo ponendo sempre al centro dell’indagine la celebre basilica colpita al cuore. Dalle testate nelle diverse lingue ai volantini lanciati dagli alleati, dalle pagine di diari inediti (tra cui quelli dei frati della basilica, che si nascosero nelle catacombe) alle foto scattate dagli aerei statunitensi: è dunque da una moltiplicità di angoli prospettici che l’esposizione intende presentare al visitatore il bombardamento più cruento della recente storia romana. Per un totale di quattrocentocinquanta documenti, cercati e raccolti con meticolosità e pazienza negli anni da Cipriani e dalla sua associazione. Se l’appello alla pace dell’agosto 1939 apre il percorso, la chiusura della mostra è invece affidata al 1948, quando la fine della ricostruzione fu salutata con l’apposizione della celebre targa. Sarà il cardinale Agostino Vallini, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma, a inaugurare l’esposizione al termine del concerto di musica sacra e della celebrazione della messa nella basilica, nel tardo pomeriggio di venerdì 19 luglio. D sembravano decisi a effettuare un terzo raid. Un peggioramento delle condizioni atmosferiche impose un rinvio, fissato prima al 15 e poi rimandato al mattino del 16 agosto. Ma, proprio mentre le unità stavano per partire verso la capitale, fu comunicato che l’operazione era finita. I quadrimotori ripresero il volo la mattina del 17, diretti verso obiettivi al sud della Francia. Il bombardamento di Roma ebbe risonanze mondiali. Tutti si chiedevano come mai fosse stato possibile “violare” la città più bella e più significativa del mondo; ma nessuno trovò risposte soddisfacenti. La ricostruzione e gli scavi archeologici poli vaticana e da poco segretario della commissione, che già si preoccupava di tutelare le catacombe cristiane d’Italia, fu affiancato da Enrico Josi, altro esploratore degli scavi del Vaticano e ispettore della commissione, da Richard Krautheimer e dall’architetto Wolfgang Frankl. Padre Ferrua — per il tramite di monsignor Giovanni Battista Montini, allora sostituto della Segreteria di Stato — riuscì a ottenere i fondi dalla Santa Sede per recuperare l’insigne complesso paleocristiano tiburtino, anche con l’aiuto di istituzioni americane sollecitate da Richard Krautheimer. I lavori interessarono molte gallerie della catacomba di Ciriaca, venute alla luce in seguito ai bombardamenti. Del cimitero, organizzato in cinque livelli, si avevano notizie sin dai tempi di Antonio Bosio che, nel 1593, ispezionò l’area settentrionale del complesso individuando un cospicuo numero di epitaffi marmorei, oggetti di corredo e, in seguito, tra il 1597 e il 1616, anche alcuni cubicoli dipinti. Altri settori delle catacombe furono scoperti nel Settecento dai custodi delle sacre reliquie, Marcantonio Boldetti e Giovanni Marangoni, mentre tra Ottocento e Novecento furono sterrati, specialmente da Orazio Marucchi, alcuni ambienti affrescati con Il settore absidale della basilica di San Lorenzo durante gli scavi del 1948 le figure di Giona, di Mosè, delle Vergini stolte e prudenti e del mirama non si perse l’occasione per studiare dal colo della manna. Più di recente, qualche picpunto di vista archeologico il complesso monucola regione della catacomba è stata rinvenuta mentale e l’annessa catacomba di Ciriaca che, all’interno del cimitero del Verano, nella collicom’è noto, si distende sotto l’attuale cimitero na cosiddetta del Pincetto, non lontano dalle del Verano. voragini create dal bombardamento della seQuesti lavori furono seguiti dal segretario conda guerra mondiale. della Pontificia Commissione di Archeologia Proprio nelle catacombe di Ciriaca fu sepolSacra, padre Antonio Ferrua, scomparso dieci to il martire Lorenzo, arcidiacono di Papa Sianni orsono all’età di 102 anni. L’archeologo sto II, martirizzato il 10 agosto del 258, pochi giorni dopo lo stesso Pontefice, ucciso mentre gesuita, reduce dalle esplorazioni nella necroIl bombardamento del pomeriggio del 19 luglio 1943 colpì al cuore il popolare quartiere romano di San Lorenzo, toccandone il simbolo monumentale costituito dal complesso basilicale e dall’annesso monastero. Nel 1946 iniziarono i lavori di restauro della maestosa basilica, gravemente danneggiata, a cura della soprintendenza ai Monumenti medievali del Lazio, Immagini di una tragedia Con il pannello che riproduce l’appello alla pace di Pio XII del 24 agosto 1939 pubblicato all’epoca sulla prima pagina dell’edizione speciale de «L’Osservatore Romano», si apre la mostra «La Basilica di San Lorenzo dal bombardamento di Roma del 19 luglio 1943 alla ricostruzione», visitabile nel chiostro della celebre basilica romana. Curata da Giovanni Cipriani, segretario generale del Il “laico” Cerami entrò in questo orizzonte con una passione straordinaria, al punto tale che lo volli acevo confessare che, sotcanto a me nella Sala Stampa della to le volte del Pantheon Santa Sede a presentare il «Cortile lo scorso primo luglio, di Francesco», l’incontro svolto ad ho atteso che si compisAssisi il 5 e il 6 ottobre 2012 con il se una sorta di piccolo colloquio pubblico tra me e il presiprodigio. Sapevo che da qualche dente della Repubblica Giorgio Natempo Vincenzo Cerami era gravepolitano nel piazzale della Basilica mente ammalato, ma speravo lo stesdi San Francesco, e con una fitta seso di intravedere il suo volto tra corie di “tende” tematiche ove intelletloro che in quel pomeriggio stavano tuali, politici, insegnanti, sindacalipartecipando a un evento suggestivo sti, manager si confrontavano su una e significativo. Dovevo, infatti, conserie di questioni etiche, sociali, culsegnare ufficialmente le nomine dei turali, spirituali. In quell’occasione nuovi membri della più antica Accaegli aveva confessato di aver accostademia pontificia, quella di Belle Arti to il mondo della religione con tie Lettere dei Virtuosi al Pantheon, more ma anche con curiosità viva riconosciuta da Paolo III nel 1542. perché considerava il “Cortile” un Tra costoro Benedetto XVI aveva «luogo in cui bisogna ascoltare e ricooptato anche Cerami, noto al flettere prima di parlare». Anzi egli grande pubblico soprattutto per una era arrivato al punto di classificare delle sue tante fisionomie artistiche, quell’esperienza di dialogo come quella di sceneggiatore cinematogra«l’unica cosa che si muove nel panofico: aveva col regista Benigni aprama culturale italiano piuttosto prontato nel 1997 il copione de La asfittico». vita è bella, affrontando la sfida di Anche se non credente, si era afnarrare visivamente in modo lieve facciato con acutezza alla regione e un tema “indicibile” e pesante come alle ragioni della fede e lo aveva fatquello dei lager nazisti. to in quell’incontro di Assisi. Infatti, Come è noto, lungo questa via aregli era intervenuto con l’architetto tistica aveva incrociato altri registi Massimiliano Fuksas e il regista Erimportanti, a partire da Pier Paolo Pasolini nell’indimenticabile Uccelmanno Olmi nello scenario impreslacci e uccellini. Ma l’arcobaleno della sua creatività era «L’uomo è fatto anche di metafisica passato anche attraverso il romanzo, il racconto, la e la speranza dà senso all’esistenza poesia, il teatro, la critica ciche altrimenti non sarebbe altro nematografica. Anzi, proche apatico, passivo “passatempo”» prio quest’ultimo suo impegno mi aveva messo in sospetto sul suo stato di salute (non avevo notizie indirette persionante della Basilica Superiore di San Francesco davanti alle pareti afché i nostri erano stati sempre e solo frescate da Giotto e con una folla ascontatti personali): da molte settimasorta e in tensione di credenti e di ne, infatti, non trovavo più la sua atei (parola che però detestava). Profirma nelle recensioni filmiche sul ponendo ora quasi una memoria ulsupplemento letterario de «Il Sole tima e affettuosa di questo impor24 Ore». Ovviamente ora il mio non tante autore e operatore di cultura, vuole essere un profilo bio-bibliograuomo di pensiero e di passione, vorfico, ma un ricordo quasi intimo, sorei idealmente far risuonare nuovastenuto dai dialoghi, dagli incontri, mente alcuni sprazzi della sua voce dalle condivisioni ideali che abbiamo così come era risuonata in quel 6 otavuto. tobre 2012. Sono parole che poi aveSì, perché la mia conoscenza va anche cristallizzato in uno scritto esplicita con Cerami, pur essendo redestinato a diventare un articolo da cente, aveva acquistato subito i colopubblicare su «l’Unità». ri di una vera e propria amicizia. Penso che le frasi che affido adesCerto, ricordo ancora la lontana ma so ai lettori de «L’Osservatore Roforte emozione che provai da ancor mano» — giornale sul quale era ingiovane prete quando nel 1976 lessi tervenuto perché lo considerava il suo famoso Un borghese piccolo picaperto a coloro che sono «amanti colo, un testo livido e tragico, illumidel pensiero» serio e motivato, come nato dallo sforzo di sciogliere la dimi aveva confidato — possano essere sperazione e la violenza in un tentauna sorta di suo testamento spirituativo estremo di comprensione. Mai, le che da “laico” rivolge ai suoi comperò, avrei pensato che le nostre pagni di viaggio ma anche ai crestrade così diverse si sarebbero indenti. Saranno anche il mio ideale crociate proprio nella città di Cerasaluto e l’espressione della mia gratimi, a Roma, quando, divenuto presitudine per la sua amicizia, non avendente del Pontificio Consiglio della dolo potuto raggiungere prima della Cultura, pensai anche a lui, scrittore sua morte. Tra l’altro, proprio lunedì certamente “laico”, per l’incontro descorso — non avendo stabilito un gli artisti delle varie discipline e delcontatto con lui e con chi lo assistele diverse ideologie con Benedetto va (avevo solo il numero “inerte” del XVI il 21 novembre 2009 nella Capsuo cellulare) — avevo inviato al suo pella Sistina. indirizzo romano il biglietto papale Fu da quell’esperienza che nacque di nomina ad Accademico del Pantra noi un dialogo discreto, affidato theon: lo potrà ora aprire e leggere spesso all’implicito e alla condivisionell’eterno e nell’infinito di Dio, con ne spontanea di argomenti, di giudila stessa gioia che mi aveva manifezi, di attese. Il filo era tenuto vivo stato quando gli avevo comunicato a inizialmente proprio dal mio amore febbraio questa nomina. per la letteratura (avevo letto anche Ecco, allora, questo suo intenso e il suo Ragazzo di vetro, e poi La lepre forte messaggio ultimo. «Non esistoe ancora Fattacci, così come i racconno uomini e donne che, prima o poi, ti de L’ipocrita). Cerami aveva, così, non si interroghino sui grandi temi e accettato di presentare il 18 febbraio sul significato del loro vivere. E a 2012, nella festa del Beato Angelico ogni domanda nasce un dubbio. Il presso la chiesa di Santa Maria sodubbio è il sale della fede, ma anche pra Minerva, il catalogo di un partila bussola del non credente. Il dubcolare omaggio che sessanta artisti bio è il comune denominatore di diversi per genere e nazionalità avetutti gli individui pensanti, atei e revano presentato a Benedetto XVI in ligiosi; è un enigma da risolvere, un occasione dei suoi sessant’anni di sasegreto da svelare. L’artista, anche il cerdozio. In quell’occasione, di fronpiù blasfemo, nutre in sé l’idea di un te a una folla che si accalcava in mondo alternativo, idealmente miogni angolo della Sala Santa Caterigliore. E rimane fatalmente incantana, aveva letto un suo testo bellissito dall’infinito e sublime equilibrio mo ancora inedito, intrecciandolo dell’universo, dove anche le cellule, con le altre testimonianze degli artimiracolosamente, meravigliosamente sti di quel volume che recava un tiagiscono, si trasformano, lottano per tolo emblematico: Lo splendore della dare continuità alla vita. Cos’altro fa verità, la bellezza della carità. se non tentare di mettere in scena, Era una sorta di ballata modulata esplicitare tutto ciò che esiste e pure tematicamente e stilisticamente su non si vede? Lo scrittore, al contraQohelet-Ecclesiaste, un autore biblirio del cronista, lavora con le presenco caro a entrambi. Forse in quei ze invisibili. L’uomo di fede non fa versi egli esprimeva il succo delle forse la stessa cosa? Egli non sarebsue interrogazioni, della sua essenbe tale se non evocasse la rivelazione zialità esistenziale, della sua fiera certa, la sicurezza del giudizio. Ma convinzione che «l’uomo è fatto anQohelet, l’Ecclesiaste, già prima delche di metafisica e che la speranza la nascita di Cristo, ammonisce gli dà senso all’esistenza che altrimenti abitanti della Terra e spiega loro che non sarebbe altro che apatico, passiDio ha fatto in modo che “l’uomo vo “passatempo”», come mi aveva non trovi nessuna traccia di lui”. La confidato un giorno. Ormai, però, fede non è data una volta per tutte, era pronta un’altra tappa decisiva è quotidiano travaglio, come il racdella nostra amicizia, ancora una conto della realtà nascosta espresso volta fondata su un’iniziativa nata dall’artista. In questi anni di depresda una sollecitazione di Benedetto sione, crollato il mito totalizzante delXVI, quella del Cortile dei gentili per l’edonismo merceologico, è necessal’incontro dialogico tra credenti e rio trovare in sé risorse spirituali che ristabiliscano le gerarchie dei valori». non credenti. di GIANFRANCO RAVASI di FABRIZIO BISCONTI Le immagini dei quartieri romani devastati dal primo bombardamento (19 luglio 1943) e le copertine di alcuni quotidiani statunitensi che riportano la notizia della clamorosa operazione militare pagina 5 celebrava nelle catacombe di San Callisto, insieme ai diaconi Gennaro, Magno, Vincenzo e Stefano. Purtroppo, le vicende della morte del martire, deposto nell’ager del Verano, sono avvolte nella leggenda, le cui coordinate sono da ricercare nella passio Polichroni, laddove spunta il tòpos agiografico del tormento sulla graticola ardente, che apparirà nel mosaico ravennate di Galla Placidia. Proprio in seguito agli scavi sovvenzionati dalla Santa Sede, per interessamento di monsignor Montini, si chiarirono le fasi della monumentalizzazione del sepolcro di Lorenzo, inserito, come si diceva, nell’antico nucleo cimiteriale tiburtino del III secolo. Se già ai tempi di Papa Silvestro (314-335) la tomba del martire fu presumibilmente isolata e dotata di un itinerario obbligato per i pellegrini, che contattavano il sepolcro per il tramite di gradus ascensionis et descensionis, parallelamente l’imperatore Costantino fece costruire nei pressi del monumento martiriale una maestosa basilica, del tipo circiforme, ad corpus, di cui furono intercettate, Fu una grande fortuna che a Roma in anni così difficili vi fossero figure come Montini, Krautheimer e Ferrua durante i lavori postbellici, alcuni resti ben giudicabili. Il Pontefice Pelagio II (579-590) fece invece erigere la prima basilica supra corpus, che ebbe come centro di interesse una tomba della regione martiriale, che può essere attribuita proprio alla deposizione di san Lorenzo, attorno alla quale, definita da una struttura absidata, furono sistemate nel tempo una mensa oleorum, un pozzo votivo e alcune tombe di fedeli, che desideravano essere sepolti vicino al santo. Della basilica pelagiana restano ancora molte strutture, arredi e il luminoso mosaico dell’arco absidale, che dispiega intorno al Cristo cosmocràtor, i principi degli apostoli Pietro e Paolo, il protomartire Stefano, il martire romano Ippolito e san Lorenzo, che introduce il Pontefice, che, con le mani velate, sostiene il modellino della basilica. Agli esordi del XIII secolo Papa Onorio III (1216-1227) ristrutturò completamente la basilica pelagiana, sfondandone l’abside e mutando completamente l’orientamento dell’edificio, spostando nell’attuale presbiterio il nuovo monumento funerario, al di sotto dell’altare, da sempre considerato il luogo della primitiva sepoltura del martire tiburtino. Il complesso tiburtino fu compreso, in tutte le sue fasi e nell’articolata successione delle fasi proprio in seguito al bombardamento del luglio 1943, che mise a nudo sepolture, gallerie e strutture murarie. Fu una grande fortuna che, in quegli anni così difficili, fossero attivi a Roma figure sensibili e concrete come Montini, Richard Krautheimer e padre Antonio Ferrua. Dalle scarne pagine della Cronaca redatta da quest’ultimo, con la sua tipica grafia tremolante, relativamente all’attività della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra nel 1947 e nel 1948, si può stralciare un brano per testimoniare la tempestività e la passione con cui si procedeva alla ricostruzione del complesso tiburtino, così amato non solo dai romani, ma dai devoti e dagli specialisti di tutto il mondo. «6 giugno 1948 domenica. Josi mi annuncia che sta arrivando Krautheimer con un sussidio di 300 dollari concesso [per la ricostruzione della basilica di San Lorenzo fuori le Mura] da un’Istituzione Americana. Chiudiamo in fretta i lavori a S. Sebastiano (...) e riportiamo gli operai a S. Lorenzo, dove lavoreranno sempre in cinque. Conduciamo a fondo lo sterro della nave centrale ove apparirà per intero il pozzo avanti all’abside dove si trova un frammento di un’iscrizione damasiana e grossi pezzi di volta a crociera crollata con le sue pitture (del secolo XII circa). Sono sempre sul posto Krautheimer, Frankl e Josi. (...) Frankl disegna le piante e Josi e Krautheimer si incaricano della relazione preliminare da pubblicare negli Atti della Commissione». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 venerdì 19 luglio 2013 Dedicato ai popoli autoctoni il sussidio della prossima Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani Denuncia dell’associazione Aiuto alla Chiesa che soffre L’ecumenismo che dà voce agli aborigeni canadesi Allarme in Bangladesh per il diffondersi del fondamentalismo di D ONATELLA MARIA COALOVA «Possa esserci bellezza sopra di me, possa esserci bellezza sotto di me, possa esserci bellezza in me. Chiedo che questo mondo sia pieno di pace, d’amore e di bellezza». Le parole sommesse e fascinose di questa antica preghiera dei nativi d’America tornano alla memoria mentre si sfoglia il testo della prossima Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il testo della preghiera è stato preparato in Canada con una scelta significativa: dare spazio alla voce e alla cultura degli autoctoni, le First Nations (Prime nazioni), come essi si definiscono, appunto per sottolineare che erano già presenti sul territorio prima dell’arrivo degli europei. La cultura tipica delle Prime nazioni insegna da sempre un profondo rispetto per la vita e per il creato; un delicato senso di fraternità esteso agli animali, alle piante, ai fiumi; una grande generosità nell’accogliere gli ospiti. Fanno riflettere queste parole dette nel Settecento da un capotribù a un colono: «Nella vostra città vidi una grande casa. Mi dissero che era una banca dove gli uomini tenevano i loro soldi che aumentavano di valore. Da noi non ci sono banche e quando abbiamo molto, lo diamo via ad altri. Così il nostro cuore diventa la nostra banca che è rappresentata dal dare». Nel sussidio si raccomanda che, al momento di scambiarsi il segno di pace, i presenti si salutino dicendo: «don de Dieu» (dono di Dio), pensando al significato che questa espressione ha per i canadesi. «Quando i francesi giunsero in questo luogo — si ricorda nel testo — trovarono una terra ricca di risorse, e furono aiutati dalle Prime nazioni. Le parole don de Dieu hanno oggi una fresca vitalità nella comunità cristiana e nella cultura popolare. Richiamano un senso di gratitudine per la liberalità di Dio, che ci raggiunge dal periodo in cui i nostri antenati condivisero il rendimento di grazie insieme alle Prime nazioni». In tutto il sussidio si ribadisce a più riprese, con l’insistenza dolce di un leitmotiv, l’importanza di riconoscere con gioia i talenti altrui e di saperli condividere. Soprattutto va praticato «lo scambio ecumenico di doni spirituali» e, a tal fine, vengono dati preziosi suggerimenti. «Non possiamo vivere nelle solitudini delle nostre singole comunità cristiane — è scritto nell’introduzione — ma dobbiamo imparare a guardare con considerazione gli altri e a vedere in loro i carismi che arricchiscono l’intero corpo di Cristo». Il senso profondo di comunione e fraternità con i nativi è anche espresso dalla scelta di iniziare la liturgia con un rituale tratto dalla loro antica tradizione di pregare volgendosi in quattro direzioni: verso est, verso sud, verso ovest e verso nord. Gli appartenenti alle First Nations sono attualmente 704.851, dei quali 13.184 risiedono fuori dal Canada. I capi si riuniscono ogni anno nell’assemblea generale in cui vengono discussi tutti gli aspetti della vita delle comunità, per affrontare insieme i problemi e trovare delle soluzioni. Dal 16 al 18 luglio, a Whitehorse nello Yukon si è svolta l’assemblea sul tema «Le nostre Nazioni, i nostri diritti, il nostro futuro: mettiamo i nostri cittadini in grado di guidare il cambiamento». La riunione è stata preceduta da due giorni dedicati ai giovani, il 13 e il 14 luglio. Il 24 maggio 2012 è stato rieletto come “capo nazionale” per un triennio Shawn A-in-chut Atleo. Per lo più gli aborigeni canadesi (ossia gli appartenenti alle First Nations, ma anche i meticci e gli inuit delle zone artiche) si trovano confinati in situazioni di estrema miseria. A causa delle grandi sofferenze alcuni diventano anche vittime della depressione e dell’alcolismo. Purtroppo in certe frange della società canadese non sono affatto scomparsi pregiudizi e razzismo. Le donne delle First Nations patiscono cinque volte più delle altre episodi di violenza. Più di seicento nell’ultimo periodo sono scomparse o sono state uccise. Una piaga ancora ben viva è data inoltre dalle memorie dolorose lasciate dalle Scuole residenziali indiane che risalgono al 1870. In tutto il territorio canadese vennero disseminate 130 strutture di questo tipo in cui vennero condotti più di 150.000 bambini aborigeni, spesso strappati a forza dalle loro famiglie. Solo nel 1996 venne chiuso l’ultimo di questi istituti. Queste scuole erano finanziate dal Governo e gestite anche da persone appartenenti a varie comunità ecclesiali, tra cui quella cattolica. Attualmente sono viventi 80.000 ex studenti che portano nell’anima il ricordo delle durezze subite. Nel giugno 2008 il primo ministro Stephen Harper ha chiesto pubblicamente scusa per gli abusi sopportati dai bambini nelle istituzioni finanziate dal Governo. Il 29 aprile 2009 Benedetto XVI volle ricevere in udienza privata Phil Fontaine, allora capo nazionale dell’Assemblea delle Prime Nazioni del Canada, insieme a un gruppo di anziani aborigeni e di sopravvissuti delle Scuole residenziali indiane, per esprimere loro la sua «solidarietà orante» e sofferenza per i patimenti subiti dai bambini. Phil Fontaine, che conobbe personalmente la durezza delle scuole, disse poi che le parole del Pontefice erano state per lui «di grande conforto». In Canada, tuttavia, continua comunque a essere reale il problema dell’istruzione dei bambini aborigeni, costretti spesso a studiare in strutture fatiscenti e prive di mezzi. L’intero Paese è stato commosso dalla coraggiosa campagna per il di- ritto allo studio di Shannen Koostachin (1996-2010), una ragazzina vissuta nella poverissima comunità di Attawapiskat. A seguito della sua prematura scomparsa in un terribile incidente, è nato il movimento che porta il titolo di «Il sogno di Shannen», impegnato affinché tutti i bambini in Canada possano avere pari condizioni per accedere all’istruzione. Questo è una delle numerose iniziative a sfondo sociale che sono state promosse nel Paese. La città di Vancouver, per esempio, ha proclamato «Anno della riconciliazione» il periodo dal 21 giugno 2013 al 20 giugno 2014, perché fra le diverse culture «si sviluppino nuove relazioni, si guarisca dalle ferite del passato, e si vada avanti con reciproco rispetto». Varie attività di promozione umana sono portate avanti dalle diverse comunità ecclesiali, spesso in collaborazione tra loro. L’ecumenismo in Canada ha una lunga storia — sia pure con un andamento intermittente — in cui periodi di collaborazione e rispetto reciproco si sono alternati a fasi di intolleranza. La maggior parte dei francesi che arrivarono sul territorio erano cattolici, ma c’erano anche molti mercanti ugonotti. Inizialmente le tensioni religiose della madrepatria non giunsero nella Nuova Francia, e i gesuiti ebbero rapporti fraterni con i protestanti. Quando la Nuova Francia fu ceduta alla Gran Bretagna, per un buon periodo i franco-canadesi di religione cattolica videro riconosciute la loro libertà religiosa, anche se nello stesso periodo sul suolo inglese i cattolici venivano discriminati. In tempi a noi più vicini, è famosa la passione ecumenica contenuta nel testo Cristiani divisi, la lettera pastorale scritta nel 1962 dal cardinale Paul-Émile Léger, arcivescovo di Montreal. Nel 1963 un gesuita, padre Irénée Beaubien, ha fondato a Montreal il Centro canadese per l’ecumenismo, che offre molte risorse a livello nazionale e cura una rivista ecumenica ampiamente diffusa. Nel 1984 padre Bernard de Margerie fa nascere a Saskatoon il Centre des Prairies pour l’oecuménisme. Il sussidio per il 2014 è stato preparato da un gruppo di rappresentanti delle diverse Chiese presenti in Canada, riunitisi su invito del Centro canadese per l’ecumenismo e del Centre des Prairies pour l’oecuménisme. Il loro lavoro è stato poi riveduto nella sua redazione finale dalla Commissione internazionale nominata dalla Commissione Fede e costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Il testo così elaborato è stato dedicato alla memoria di due grandi ecumenisti recentemente scomparsi, il teologo Ralph Del Colle (1954-2012) e la professoressa Margaret O’Gara (1947–2012). Fanno parte del materiale diffuso alcuni inni e canti, appositamente preparati da scrittori e compositori canadesi per la prossima Settimana di preghiera. Il repertorio racchiude versi intensi come questi: «Tutte le razze, lingue e culture santificate dallo Spirito diventano una sola voce nel testimoniare Gesù Crocifisso. Uniti dallo Spirito: una luce per il genere umano. Il sacrificio di Gesù è sufficiente per quest’ora e per sempre». DHAKA, 18. «Il Bangladesh è una bomba pronta a esplodere: una nazione estremamente povera con serissimi problemi sociali e in cui il fattore religioso viene spesso strumentalizzato per fini politici»: è quanto si denuncia in un comunicato dell’associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs). Il Paese è stato recentemente visitato dalla responsabile internazionale della sezione Asia dell’associazione, Véronique Vogel. La rappresentante ha fatto riferimento alle tensioni socio politiche e alle conseguenze per la comunità cristiana, per quanto concerne in particolare la crescita del fondamentalismo religioso. «Ci preoccupa — ha sottolineato Vogel — quanto sta accadendo nel Paese. In particolare ci stiamo interessando alla diocesi di Dinajpur, dove i cristiani sono stati attaccati dagli estremisti islamici» in varie occasioni. «Nei mesi scorsi si sono verificati attacchi alla comunità buddista e ora è il turno dei cristiani» ha concluso Vogel. Il vescovo di Dinajpur, Sebastian Tudu, in una lettera inviata ad Acs si è detto sorpreso e turbato per un comportamento «privo di ogni motivazione». Il presule ha aggiunto che «ciò che più mi addolora è pensare che in questi tre villaggi donne e i bambini vivono nella paura perché i loro padri e mariti non sono più a casa». Il vescovo ha anche riferito che la missione cattolica del villaggio di Bulakipur, dove ha sede il seminario, è tuttora presidiata da trenta poliziotti per impedire possibili nuovi attentati. In questa diocesi poco più di un mese fa alcuni fondamentalisti hanno fatto irruzione nel seminario interdiocesano Jisu Dhyana Niloy, provando a uccidere il rettore e venticinque seminaristi. Tutti sono comunque riusciti a mettersi in salvo e ora gli studenti sono stati trasferiti in un’altra struttura. In cerca di vendetta, gli estremisti hanno preso di mira anche tre villaggi a maggioranza cristiana situati nelle vicinanze, aggredendo decine di persone e derubando diverse abitazioni. Chiesto dai cristiani in Malaysia Rispetto della Costituzione Se durante il Ramadan il digiuno si allarga ai social network ABU DHABI, 18. Privarsi o meno, durante il Ramadam, dell’utilizzo dei moderni sistemi di comunicazione, quali facebook o twitter? Oppure della possibilità di dissetarsi in casi di particolari necessità? Ruotano anche attorno a queste due questioni non secondarie, alcuni dibattiti in corso all’interno della comunità musulmana internazionale in occasione del Ramadan. Si tratta, come è noto, del mese sacro dedicato al digiuno e all’astinenza che si concluderà attorno all’8 agosto e che costituisce uno dei cinque pilastri dell’islam, i precetti fondamentali e obbligatori della religione musulmana. Esso è un mese di purificazione. Il dibattito, infatti, come riferisce l’agenzia Adnkronos, resta aperto tra coloro che ritengo l’utilizzo dei cosiddetti social network utili per diffondere i precetti della tradizione e quelli che invece sostengono che tali pratiche sarebbero dannose durante il mese sacro. Tra quest’ultimi, l’agenzia cita, il presidente della Lega degli studiosi della sharia del Consiglio di cooperazione del Golfo, Ujayl al-Neshmi, secondo il quale chattare durante il Ramadan «non porta a nulla di buono». In un’intervista alla televisione «al-Arabiyà», il professore di affari religiosi e sociali ad Al-Azhar, la più prestigiosa istituzione universitaria dell’islam sunnita, che si trova al Cairo, Abdul Ghani Hindi, ha spiegato che «astenersi dalle pratiche quotidiane può anche riguardare l’uso dei social network». Il docente ha aggiunto però che il discrimine dovrebbe riguardare il contenuto dei messaggi pubblicati. L’altra questione riguarda invece una fatwa emessa da un leader iraniano. Per il grande ayatollah, Bayat Zanjani, è «possibile dissetarsi durante il Ramadan per i musulmani che, durante il digiuno, dovessero trovarsi in condizioni particolarmente difficili». La fatwa, emessa a Qom, la città santa della Repubblica Islamica, ha suscitato tuttavia, secondo quanto affermato dal sito Iranpressnews, aspre critiche negli ambienti più conservatori del clero sciita. Alcuni religiosi hanno subito emesso una contro fatwa contestando l’opinione dell’ayatollah, puntualizzando che essa non rappresenta la linea ufficiale del clero sciita. I grandi ayatollah Makarem Shirazi e Nuri Hamedani, in particolare, hanno contestato l’interpretazione del grande ayatollah Zanjani, definendola «inaccettabile». KUALA LUMPUR, 18. I cristiani in Malaysia ribadiscono la necessità di osservare i principi della Costituzione come baluardo in difesa della libertà religiosa. Lo sottolinea, in un intervento, ripreso dall’agenzia Fides, il segretario della Christian Federation of Malaysia (Cfm), Tan Kong Beng. L’organizzazione riunisce tutte le confessioni cristiane presenti in Malaysia, dove vivono circa 3 milioni di battezzati su un totale di circa 27 milioni di abitanti. Il segretario della Cfm analizza in particolare tre questioni fondamentali che coinvolgono attualmente la comunità cristiana: la conversione religiosa dei bambini; l’istruzione islamica nelle scuole private; e l’utilizzo del termine Allah nelle pubblicazioni cristiane. «Nell’affrontare tali questioni — osserva il dirigente dell’organizzazione cristiana — il nostro riferimento è sempre la Costituzione che garantisce la libertà di religione a tutti i cittadini». In molti Stati della federazione malaysiana, sottolinea ancora il rappresentante cristiano, «tuttora è prassi che bambini, specie nei matrimoni misti, si convertano all’islam senza il permesso di entrambi i genitori e quindi chiediamo al Governo di far rispettare le disposizioni vigenti in proposito». Un’altra questione che incontra il disaccordo della comunità cristiana riguarda poi un’ordinanza del ministero dell’Istruzione in base alla quale gli studi islamici sono considerati come “materia obbligatoria” per gli studenti che sono accolti negli istituti privati di istruzione superiore. Infine, il terzo punto riguarda l’utilizzo del temine Allah anche da parte della comunità cristiana. Infatti, come è noto, una fetta della comunità musulmana in Malaysia rivendica come esclusivo dell’islam l’utilizzo della parola Allah per indicare Dio e la questione è attualmente al centro di una controversia giudiziaria che coinvolge anche il Governo. Allah è la parola con cui Dio è tuttora indicato nella Bibbia in lingua malay, fin dalle prime edizioni, come testimonia la Bibbia «Alkitab» (1612), edita prima della formazione della Malaysia (1963). La controversia fra i cristiani e il Governo è ancora aperta e resta “sospesa”, sebbene i primi abbiano vinto nel 2009 il primo processo in tribunale, che ha sancito il loro diritto di usare il temine Allah. «Usare il nome di Allah per chiamare Dio è un nostro diritto che tocca il 60 per cento dei cristiani malaysiani, che praticano il culto in lingua Bahasha Malaysia», spiega il segretario della Cfm. «Intendiamo — aggiunge — andare fino in fondo in questa vicenda. Se il tribunale accoglierà l’ultima richiesta dei cristiani, il Governo potrà presentare un ultimo ricorso alla Corte Suprema, quella federale». L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 19 luglio 2013 pagina 7 Critiche dei vescovi cattolici d’Inghilterra e Galles alla normativa sulle nozze omosessuali L’Ordinariato militare negli Stati Uniti su alcune iniziative del Congresso Uno spartiacque nel diritto e nella società Difesa della libertà di culto nelle forze armate LONDRA, 18. «Uno spartiacque nel sistema giuridico che preannuncia un profondo cambiamento sociale»: questo è il commento dell’episcopato cattolico in merito alla legalizzazione in Gran Bretagna delle nozze fra persone dello stesso sesso. Dopo infatti una breve lettura alla Camera dei Lord la legge, il Marriage (Same Sex) Couples Bill, ha ottenuto ieri anche il sigillo della regina e, pertanto, i primi “matrimoni” potranno essere celebrati a partire dal 2014. La legge prevede, in particolare, la possibilità di celebrare tali unioni anche nei luoghi di culto (tranne quelli della comunità anglicana per i quali è stabilito un espresso divieto). In una dichiarazione congiunta — a firma del presidente della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles, l’arcivescovo di Westminster, Vincent Gerard Nichols, e del vice presidente, l’arcivescovo di Southwark, Peter David Gregory Smith — si sottolinea che la normativa introduce una ridefinizione del matrimonio tradizionale che «rappresenta uno spartiacque nel sistema giuridico che preannuncia un profondo cambiamento sociale». Al riguardo i vescovi osservano che «il nuovo atto rompe i legami giuridici esistenti tra l’istituzione del matrimonio e della complementarietà sessuale». In sostanza il matrimonio diventa un atto di unione tra due persone e non tra un uomo e una donna. Pertanto, aggiungono i presuli, il matrimonio diviene un’istituzione in cui «non è più centrale l’apertura ai figli e, con essa, la responsabilità per i padri e le madri di rimanere uniti per crescerli» e per questo, concludono, «siamo contrari a questa legge». Come accennato la normativa prevede che i “matrimoni” omosessuali vengano celebrati nei luoghi di culto, tranne quelli anglicani. Durante il dibattito in Parlamento sono tuttavia stati adottati alcuni emendamenti che garantiscono alle comunità religiose la facoltà e non l’obbligo di aderire alla legge per quanto concerne appunto la celebrazione di tali unioni. Secondo l’episcopato gli emendamenti hanno «significativamente rafforzato» le protezioni legali per le comunità religiose, ma tuttavia, si puntualizza, permane ancora il problema che la futura applicazione della legge entri in contrasto con il tradizionale insegnamento religioso all’interno delle scuole. A tale proposito, si legge, «esiste il rischio potenziale che le indicazioni che verranno date in futuro dal ministero, sull’educazione sessuale nelle scuole, entrino in conflitto con l’insegnamento della Chiesa». La questione, per la Chiesa cattolica, implica quella più generale della libertà religiosa. In un precedente intervento l’episcopato aveva sottolineato che vi è la preoccupazione che le scuole cattoliche potrebbero essere costrette a «promuovere e sostenere tali matrimoni». Si tratta di una preoccupazione che, peraltro, è condivisa anche da una buona parte della società civile britannica, visto che, nei mesi scorsi, un sondaggio aveva fatto emergere che 40.000 insegnanti hanno detto di non voler incorporare i “matrimoni” omosessuali nelle loro lezioni didattiche. I vescovi auspicano quindi che «i cittadini non vengano discriminati se esprimono pareri contrari» alle unioni fra persone dello stesso sesso. Una rassicurazione è comunque stata data dal rappresentante del Governo durante il dibattito al Parlamento, che ha affermato che le scuole affiliate alle comunità religiose potranno «non seguire in maniera assidua» le indicazioni, se decidono di osservare i tradizionali insegnamenti basati sui valori religiosi. I vescovi si dicono, invece, «delusi» per il fatto che una serie di altre modifiche alla legge, per quanto concerne la salvaguardia delle libertà di espressioni e di obiezione di coscienza, non siano state introdotte durante la discussione parlamentare. Comunque, precisano i presuli cattolici, «assicurazioni» sono state date da parte del Governo affinché «nessuna persona possa subire un danno o un trattamento sfavorevole sul luogo di lavoro, perché ritenga con convinzione che il matrimonio sia solo quello fra un uomo e una donna». L’episcopato ricorda che «le consuetudini legali e politiche di questo Paese sono fondate sulla ferma convinzione che le persone hanno diritto a esprimere le loro convinzioni e, nello stesso tempo, rispettare coloro che non sono d’accordo». Ed è importante, concludono, in questo momento «rafforzare questa tradizione». WASHINGTON, 18. Promuovere la difesa della libertà religiosa all’interno delle forze armate degli Stati Uniti: questo l’impegno sostenuto dalla Chiesa cattolica, che ha espresso apprezzamento per gli interventi legislativi in atto al Congresso per proteggere il rispetto dei diritti dei militari in tema di espressione della loro fede. Si tratta in sostanza di due emendamenti introdotti alla Camera dei rappresentanti e al Senato che stabiliscono che, «salvo nei casi di necessità di natura militare» all’interno delle forze armate «si devono tenere conto delle credenze, delle azioni e delle parole che rispecchiano la coscienza e i principi morali del credo religioso dei suoi membri». Inoltre, si richiede che il segretario alla Difesa abbia consultazioni regolari con le organizzazioni religiose che fanno riferimento alle cappellanie militari. L’arcivescovo ordinario militare per gli Stati Uniti d’America, Timothy Broglio, ha accolto con favore, in un intervento, la nascita di una coalizione promossa dal Family Research Council che ha il compito di sensibilizzare il Congresso al fine dell’approvazione definitiva dei due emendamenti. Monsignor Broglio ha sottolineato che l’ordinariato militare «lavorerà a stretto contatto» con la coalizione «per garantire la continua protezione del regolamento che garantisce i diritti e la libertà di espressione dei membri delle forze armate». Il presule ha aggiunto che «nessuno che alza la mano destra per difendere la Costituzione dovrebbe sacrificare uno dei suoi principi fondamentali» quello che garantisce appunto la difesa della libertà religiosa. Nelle scorse settimane l’amministrazione Obama si era detta contraria all’introduzione degli emendamenti. In una nota si legge, fra l’altro, che il provvedimento legislativo «limitando la discrezionalità dei comandanti di occuparsi di affermazioni potenzialmente problematiche nelle proprie unità, avrebbe effetti negativi significativi sulla tenuta dell’ordine, sulla disciplina e sul compimento della missione». Nel 2012, l’arcivescovo Broglio aveva scritto un messaggio sul tema dell’aborto e della libertà di coscienza, rivolto alle forze armate, nel quale si richiamava la questione della difesa della libertà religiosa. Nel messaggio, sotto forma di lettera, si fa riferimento in maniera critica ai nuovi regolamenti sanitari che prevedono l’adeguamento dei piani di assistenza coperti dalle assicurazioni private, con una più ampia diffusione per quanto concerne l’utilizzo di farmaci abortivi e il ricorso a interventi di sterilizzazioni. La Chiesa cattolica negli Stati Uniti è da tempo in prima linea nella difesa dei valori fondanti della nazione, tra cui rientra anche la libera espressione di fede e di culto. In un intervento, il cardinale arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, Timothy Michael Dolan, ha esortato «a un’azione per proteggere le libertà fondamentali come quella della vita, di coscienza e religiosa, che ora sono in pericolo». Episcopato e associazioni sulla legge per la ricerca sull’embrione umano La Corte suprema sospende l’attuazione del controverso provvedimento sulla salute riproduttiva In Francia un deficit democratico Nelle Filippine si sceglie la via della riflessione PARIGI, 18. «Sono solo un embrione umano. Chi rimane turbato per il fatto che si legiferi sul mio destino in piena pausa estiva? Si è tanto detto che bisognava recuperare un ritardo e non ostacolare la ricerca scientifica. Sono solo un embrione umano. Bisogna che non rovini la vostra estate». Ha dato idealmente la parola a un embrione monsignor Bernard Podvin, portavoce della Conferenza episcopale francese, nella nota pubblicata sul sito in rete dell’episcopato transalpino, dopo l’approvazione definitiva, da parte dell’Assemblea nazionale, della legge che apre con minori restrizioni alla ricerca su embrione umano e cellule staminali embrionali. Associazioni, istituti universitari, giuristi ed esperti, che da tempo stavano esprimendo il loro parere contrario alla modifica sulla legge, denunciano un grave deficit democratico. «La legge — sottolineano — è stata approvata di soppiatto al termine di una sessione straordinaria e alla vigilia delle vacanze parlamentari». Le Associazioni familiari cattoliche (Afc), Alliance Vita, la fondazione Jérôme Lejeune e il Comitato protestante evangelico per la dignità umana (Cpdh), in un comunicato, parlano di una legge che «capovolge un principio fondamentale della nostra società» e sottolineano «l’inutilità della ricerca scientifica sugli embrioni umani viste le enormi possibilità offerte dalle cellule staminali adulte, dal sangue di cordone ombelicale e dalle promettenti cellule riprogrammate su cui si stanno concentrando gli sforzi della comunità scientifica internazionale». Padre Brice de Malherbe, co-direttore del dipartimento di etica biomedicale del Collège des Bernardins, ricorda il lavoro condotto sulle cellule riprogrammate dallo scienziato Shinya Yamanaka che gli è valso il premio Nobel per la medicina lo scorso anno ed esprime rammarico che «una disposizione di legge sopprima il dovere di favorire le ricerche alternative e conformi all’etica, a partire dalle cellule adulte e dal sangue del cordone ombelicale». Le Associazioni familiari cattoliche prendono la difesa dell’embrione perché «sono i figli delle nostre famiglie» e chiedono ai poteri pubblici di incoraggiare la ricerca sull’infertilità che è «causa di grande sofferenza per molte famiglie. Non si può alleviare questo dolore con qualsiasi mezzo, attraverso la fabbricazione di bambini in provetta alcuni dei quali poi sono destinati a divenire materiale di laboratorio». Secondo le associazioni — riferisce l’agenzia Sir — vi era un patto: ogni modifica alle leggi che regolano le questioni bioetiche sarebbe stato frutto di un vasto dibattito nazionale e dunque l’esito di un processo di discernimento condiviso. E invece con un iter legislativo che qualcuno ha addirittura definito “fantasma”, l’Assemblea nazionale francese ha approvato con 314 voti favorevoli e 223 contrari, la legge che apre con minori restrizioni alla ricerca sull’embrione umano e le cellule staminali embrionali. Fino all’approvazione, la Francia vietava la ricerca sull’embrione umano e le cellule staminali adulte mettendo in atto un regime di interdizione con deroghe che erano accordate da un organismo pubblico, l’Agenzia di biomedicina (Abm). La modifica approvata permette ora la ricerca sebbene «in maniera inquadrata». Significa che l’autorizzazione sarà sempre accordata dall’Abm, ma a condizioni: il progetto di ricerca deve essere «scientificamente pertinente», avere «uno scopo medico» e «rispettare i principi etici». Inoltre, il progetto di ricerca «deve dimostrare di non avere alternative se non quelle di ricorrere agli embrioni umani e alle cellule staminali embrionali». I protocolli saranno sempre autorizzati dalla agenzia di biomedicina, ma di fatto l’Assemblea nazionale ha aperto con la modifica una prima breccia sulla protezione degli embrioni umani. MANILA, 18. La Corte suprema delle Filippine ha prolungato la precedente sospensione dell’attuazione della controversa legge sulla salute riproduttiva (Rh Bill). Con un voto sul fil di lama di 8 a 7 — riferisce l’agenzia di stampa Ucanews — i giudici della Corte hanno ordinato che lo status quo ante venga prolungato fino a nuovo ordine con effetto immediato, lasciando quindi le cose come erano prima. La sopensione, che era in scadenza mercoledì 17 luglio, è stata esteso dopo che i giudici hanno sentito le argomentazioni di quattordici firmatari, molti dei quali appartenenti a gruppi e associazioni della Chiesa cattolica da sempre contraria alla legge. I giudici avranno così più tempo per valutare le eccezioni di incostituzionalità presentate da partiti e movimenti. I responsabili della Chiesa che hanno appoggiato le petizioni si sono detti fiduciosi che la Corte suprema alla fine fermi l’entrata in vigore della legge. Proprio la comunità cattolica, lo scorso 9 luglio, in concomitanza con l’udienza alla Corte suprema, aveva organizzato una veglia di preghiera alla quale avevano preso parte migliaia di filippini per dire no alla controversa legge. L’iniziativa era stata indetta dalla Commissione per la famiglia e la vita (Ecfl) della Conferenza episcopale. «I cattolici — aveva spiegato padre Melvin Castro, direttore della Ecfl — auspicano che i supremi giudici filippini boccino come “incostituzionale” la Republic Act (Ra) 10354, meglio nota come Reproductive Health (Rh) Law. Preghiamo per la giustizia e per difendere a spada tratta la nostra Costituzione». Contrarietà per la sentenza della Corte suprema è stato ovviamente espresso da coloro che appoggiano la Rh Bill. Eden Divinagracia, responsabile del consiglio delle Ong filippine, si è detta «addolorata per il voto dei giudici». La legge darebbe mandato al Governo di utilizzare i fondi pubblici per distribuire contraccettivi, impiegare ostetriche e insegnare l’educazione sessuale nelle scuole elementari. La legge sulla salute riproduttiva ha atteso quasi quattordici anni per essere approvata, dopo cinque diverse modifiche, oltre un anno di discussioni in Parlamento e la fiera opposizione della Chiesa cattolica. Il disegno di legge è promosso soprattutto dalle grandi organizzazioni internazionali, come ad esempio Onu e Unicef, che legano l’alto tasso di natalità alla povertà delle Filippine. I Paesi che non si attengono a tali norme perdono il diritto a ricevere aiuti umanitari. Il provvedimento, approvato nel dicembre scorso, rifiuta l’aborto clinico, ma promuove un programma di pianificazione familiare che invita le coppie a non avere più di due figli. Esso permette in alcuni casi l’obiezione di coscienza, ma allo stesso tempo favorisce la sterilizzazione volontaria. Chiesa e associazioni cattoliche sostengono invece il Natural Family Programme (Nfp), che mira a diffondere tra la popolazione una cultura di responsabilità e amore basata sui metodi naturali. In circa una dozzina di disposizioni, le 24 pagine della legge ricordano ripetutamente che i farmaci abortivi sono vietati, ma chiede agli operatori sanitari che prestino assistenza a quanti subiscono complicazioni da aborti illegali. Nelle Filippine — conclude Ucanews — il tasso di mortalità materna è di 221 per 100.000 nati vivi, con circa 5.300 decessi materni all’anno. Le Filippine hanno anche il tasso di natalità tra le teenager più alto tra i Paesi del Sudest asiatico. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 venerdì 19 luglio 2013 Un incontro molto atteso A colloquio con l’arcivescovo José Rodríguez Carballo Il Santo Padre i giovani e il Brasile Per tornare all’essenzialità del Vangelo di NICOLA GORI Tornare all’essenzialità del vangelo, riportare Cristo al centro del cosmo e sempre più vicino all’uomo, raccogliere la sfida della povertà uscendo da se stessi per andare verso le periferie dell’umanità, verso quelle frontiere e quei luoghi dove nessuno vuole andare. Sono le indicazioni di Papa Francesco per la vita consacrata. Lo sottolinea l’arcivescovo José Rodríguez Carballo, segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, in questa intervista al nostro giornale. Giovani in preghiera per le strade della favela carioca di Vidigal (Reuters) di RAYMUND O DAMASCENO ASSIS* Il Brasile vive nell’attesa della visita di Papa Francesco, che verrà nel nostro Paese per la Giornata mondiale della gioventù, in programma a Rio de Janeiro dal 23 al 28 luglio. È il suo primo viaggio internazionale da quando è stato eletto Pontefice quattro mesi fa. Questa circostanza è motivo sufficiente per risvegliare l’interesse di tutto il mondo, che, con gioia, accompagna i primi passi del vescovo di Roma. Il Santo Padre richiama l’attenzione soprattutto perché è il primo Papa latino-americano e anche perché ha adottato il simbolico nome di Francesco, tanto caro ai credenti e ai non credenti. Il sorriso e la semplicità del Papa, la sua vicinanza ai poveri e il suo sistematico ricordarsi di loro nei suoi gesti e nelle sue parole fanno di lui un Pastore disposto a profondersi in zelo e amore per le sue pecore. Le sue parole, semplici e dirette, nate da un cuore pervaso da profondo fervore pastorale, raggiungono nel più profondo le persone, che s’identificano subito con esse, perché riguardano la loro vita quotidiana. La leggerezza con cui il Papa le pronuncia, senza nulla togliere alla loro chiarezza, profondità e forza, conferisce nuovo vigore alla Chiesa e fa rinascere l’entusiasmo della fede. Con fermezza, ma senza perdere la tenerezza, Papa Francesco ha indicato i cammini per il rinnovamento delle strutture, auspicato da tempo dalla Chiesa. La sua apertura al dialogo ecumenico e interreligioso, in continuità con i suoi predecessori, ci riempie di speranza e ci fa scorgere quel consolidamento dell’unità che nasce dal rispetto e dall’amore fraterno. A Rio de Janeiro, insieme ai giovani di tutto il mondo, avremo l’opportunità di avvicinarci ancora di più a Francesco per abbeverarci alla spiritualità che emana dai suoi gesti e dalle sue parole. Egli viene qui per «confermare i fratelli nella fede», compito dato da Cristo a Pietro, e poi affidato ai suoi successori. In modo particolare riguardo ai giovani, Francesco viene per invitarli a conformare la propria vita a Cristo, diventando suoi discepoli-missionari, nell’impegno di annunciarlo a tutte le nazioni. La visita del Papa conferirà certamente nuovo ardore all’evangelizzazione dei giovani, che hanno meritato l’attenzione speciale della Chiesa in Brasile negli ultimi anni. Sebbene ci siano molti giovani che operano nelle nostre comunità, ci preoccupa il numero di quanti si stanno allontanando da esse. Non è che hanno smesso di credere in Dio. La fede continua a essere viva nel loro cuore, ma non sentono più il bisogno della mediazione della Chiesa per viverla e testimoniarla. Le parole del Papa, ispirate al Vangelo di Cristo, dovranno aprire gli occhi e i cuori di quanti si sono allontanati affinché ritornino al convivio della comunità di fede. Non passerà neppure inosservato al Papa il recente contesto politicosociale, che ha avuto come fautori principali i giovani brasiliani. Riecheggia ancora nelle nostre orecchie il clamore delle centinaia di migliaia di giovani che, riempiendo le piazze e le strade del nostro Paese, hanno espresso la propria indignazione verso le strutture di potere e le azioni delle istituzioni che feriscono la vita e violano la dignità umana. Le recenti manifestazioni tenutesi nel nostro Paese sono un segnale del fatto che, dinanzi alla situazione di sofferenza in cui si trovano tanti brasiliani, i giovani non si sono lasciati contaminare dalla cultura del benessere che porta all’indifferenza verso il prossimo, come il Papa ha ricordato di recente a Lampedusa, in Italia. Per lui «la globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto». Non vogliamo una gioventù alienata e indifferente! La Chiesa respira aria nuova con il primo Papa latino-americano. Da lui ci si aspetta molto anche per la costruzione della pace nel mondo. Che la sua presenza tra il popolo brasiliano c’incoraggi nell’impegno per la fede, la solidarietà e la giustizia sociale! Benvenuto Papa Francesco! *Cardinale arcivescovo di Aparecida presidente della Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani Dolore del Papa per l’incidente a giovani francesi in viaggio verso Rio Papa Francesco «si unisce con tutto il cuore al dolore delle famiglie» colpite dal tragico incidente accaduto mercoledì scorso, 17 luglio, nella Guyana francese, costato la vita alla ventunenne parigina Sophie Morinière, che avrebbe dovuto partecipare alla gmg. In un telegramma a firma del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, indirizzato a monsignor Emmanuel Lafont, vescovo di Cayenne, il Pontefice assicura «la propria preghiera ed esprime la sua più profonda solidarietà ai feriti, ai soccorritori» e a quanti sono stati coinvolti nell’incidente. Sono trascorsi poco più di tre mesi dalla sua nomina. Certamente avrà già chiara l’idea di quali sono le priorità da affrontare per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica? Sono principalmente due: quella di animare e promuovere la vita consacrata in tutte le sue forme e manifestazioni, e quella di regolare la pratica dei consigli evangelici in queste varie forme approvate dalla Chiesa. Animare e promuovere la vita consacrata vuol dire accompagnare il cammino dei consacrati, affinché la loro vita e missione si conformino allo spirito dei rispettivi fondatori e fondatrici, alle sane tradizioni delle diverse famiglie carismatiche, e si sviluppino tenendo presente la dottrina della Chiesa e i fini propri dell’Istituto. Il Santo Padre in una lettera che mi ha scritto in occasione della mia ordinazione episcopale mi ricordava la mia missione di pontefice. «Sei pontefice», mi diceva lui, cioè: sono chiamato a essere ponte, mediatore. Vedendo la mia missione nel dicastero, vorrei essere mediatore anche tra i diversi istituti, poiché oggi la vita consacrata deve collaborare tra le diverse realtà, e mediatore, ponte, tra i diversi istituti e la Chiesa. In questo modo aiuterò la vita consacrata a crescere e consolidarsi, un altro aspetto che mi ricordava il Papa Francesco nella lettera citata. Personalmente sono profondamente convinto che questa sia la priorità principale del mio servizio in congregazione. Quale futuro intravede per i consacrati? Io sono profondamente convinto che nella vita consacrata ci sia molta vita. A volte questa vita non appare così visibile, poiché, come si suol dire, un albero che cade fa più rumore di un bosco che si mantiene in piedi. Ma questo non vuol dire che non ci sia vita nella vita consacrata. Nel servizio come ministro generale dell’ordine dei frati minori ho percorso diverse volte il mondo, e nei luoghi più difficili e nelle frontiere più povere e lontane ho trovato sempre religiosi, e specialmente religiose, che, vivendo nella logica del dono, danno la loro vita gratuitamente e senza far rumore. Sono loro che in molte parti del mondo, particolarmente nelle periferie, assicurano la presenza della Chiesa. Nella vita consacrata, come in ogni realtà uma- na e anche ecclesiale, ci sono problemi, ma questi non possono impedirci di vedere la vita. In questo senso penso che a volte c’è molta miopia. Il mio principale servizio nella congregazione, in profonda comunione con il Santo Padre, con il prefetto e con quanti vi lavorano, è quello di mettere in evidenza questa vita e di promuoverla. Per raggiungere tale obiettivo vorrei essere molto vicino a tutti i consacrati, in atteggiamento di dare, ma anche di ricevere. Da quanto posso conoscere, so che loro vogliono questa vicinanza e ne sentono il bisogno, e anche noi del dicastero abbiamo bisogno di questa vicinanza per poter servire meglio la vita consacrata. Questo non comporta chiudere gli occhi ai problemi, ed ecco l’altro aspetto del mio servizio, quello di regolare la vita e la missione dei consacrati quando sia necessario e cercare insieme le soluzioni appropriate. E sottolineo la parola insieme, poiché sono convinto che questo sia il cammino appropriato. mino della Chiesa» (Francesco alle superiore generali, maggio 2013), è una realtà voluta dallo stesso Gesù come parte “irremovibile” della Chiesa (Benedetto XVI ai vescovi brasiliani nella visita ad limina il 20 novembre 2010). Quindi, né vita consacrata senza camminare e sentire con la Chiesa, né Chiesa senza vita consacrata. Questo lo dico pensando particolarmente ai “profeti di sventura” — come li ha chiamati Benedetto XVI — che profetizzano la fine della vita consacrata, e alle diocesi, dove, in alcuni casi, pochi a dire il vero, non sempre è facile la relazione tra i doni gerarchici e quelli carismatici. Si deve ricordare, come si legge nella proposizione 43 dell’ultimo Sinodo dei vescovi, che questi doni non entrano in concorrenza e competitività, ma che sono coessenziali alla vita della Chiesa e alla sua missione. Come ben diceva Benedetto XVI nell’udienza ricordata, si tratta, quindi, di superare tre tentazioni la pluralità di cui ha bisogno la sequela del Signore. La crisi economica e la povertà crescente di fasce sempre più ampie della popolazione interpellano anche i religiosi. Papa Francesco indica proprio la povertà come sfida da raccogliere. Per i religiosi dovrebbe esserlo in modo particolare. È così? Effettivamente, la crisi economica e la crescente povertà nel momento attuale non possono lasciarci indifferenti, particolarmente quanti hanno fatto liberamente voto di povertà. Molto è quello che i consacrati fanno nel campo della solidarietà con gli ultimi. Di questo sono testimone diretto. Ma in questo contesto noi consacrati siamo chiamati a riflettere su come rendere più trasparente il nostro voto di povertà, tante volte offuscato anche dalle nostre strutture. Il voto di povertà, tra le altre cose, ci chiede sempre, ma particolarmente in questo momento, essenzia- Quali speciali impulsi vengono alla vita consacrata da un Papa che, senza precedenti, ha scelto di chiamarsi Francesco? Sempre ho detto che la scelta del nome di Francesco da parte del Papa era un programma di vita più che una scelta più o meno inaspettata e certamente ben accolta dalla gente. Dal Papa Francesco la vita consacrata sta ricevendo molti impulsi. Tra questi io sottolineerei i seguenti: tornare all’essenziale, cioè al Vangelo come la forma di vita che unisce tutti i carismi; edificare sulla roccia che è Cristo; assumere la minorità e la kènosis come la nostra vera ricchezza e il nostro modo di stare nel mondo e di situarci nella Chiesa; camminare in trasparenza di vita e con la gente, stando vicini a tutti, particolarmente ai poveri; andare alle frontiere e in quei luoghi disumani, dove nessuno vuole andare. Il Santo Padre ci offre costantemente nuovi impulsi con la sua parola e i suoi gesti. Tocca ai consacrati, e non solo a loro, saper accogliere detti impulsi e tradurli in vita. Questo renderebbe molto più significativa la vita e la missione della vita consacrata. Parlando ai partecipanti all’assemblea plenaria dell’Unione internazionale delle superiore generali il Papa ha sottolineato un aspetto che fa riflettere perché ha detto: «La vostra vocazione è un carisma fondamentale per il cammino della Chiesa, e non è possibile che una consacrata e un consacrato non “sentano” con la Chiesa». Certamente noi consacrati siamo ben coscienti che la nostra vita è per la Chiesa e forma parte della Chiesa, fino al punto che non si può concepire al margine della Chiesa. I consacrati sono chiamati a “sentire” con la Chiesa e nella Chiesa, e come Chiesa a vivere la propria vita e missione. Questo è un aspetto irrinunciabile della vita consacrata. Allo stesso tempo però, non si deve dimenticare, come affermato da Papa Francesco, che la vita consacrata «è un carisma fondamentale per il cam- Papa Francesco con José Rodríguez Carballo durante la messa per l’inizio del ministero del vescovo di Roma (19 marzo 2013) sempre minacciose: isolamento e indipendenza da parte della vita consacrata, e assorbimento da parte della Chiesa particolare. I movimenti ecclesiali hanno sostituito la vita consacrata nella Chiesa? No. Nella Chiesa c’è posto per tutti. La vita consacrata, come ho ricordato prima, mai potrà mancare o morire nella Chiesa. E che questo sia vero lo sta dimostrando la nascita di nuovi Istituti che vengono approvati dalla Chiesa e che, insieme a carismi con molti secoli di esistenza, manifestano la bellezza della stessa Chiesa. E poi — lo si deve ricordare sempre — i veri carismi, proprio perché vengono dalla Spirito, non sono mai escludenti, ma si aprono gli uni gli altri. Per me questo è un segno dell’autenticità di un carisma. Quindi, le diverse forme di vita nella Chiesa non si possono mai vedere come contrapposte, ma in correlazione e complementarità, perché ognuna esprime un accento, un segno, un gesto della gratuità del Signore, tutti necessari per la ricchezza della Chiesa. Le diverse forme di vita cristiana si devono leggere in complementarità e sono la migliore espressione del- lità, frugalità e semplicità nella nostra vita, niente sprechi; ci sta chiedendo vicinanza ai poveri, solidarietà e comunione reale con loro, denuncia delle cause di povertà, giustizia verso di essi e trasparenza nella gestione dei nostri beni; ci chiede di riconvertire strutture non utilizzate per lo scopo per cui furono create, e anche di rivedere l’attività caritativa; ci chiede, in definitiva, di tornare alle opzioni di vita dei nostri fondatori e fondatrici. Questi, in un modo o in un altro hanno vissuto per i poveri e come loro. In questo contesto abbiamo bisogno di molta creatività. Penso alla creatività che nel medioevo hanno avuto i francescani creando i monti di pietà per venire incontro a forme di povertà dovute all’usura; penso alla possibilità di micro crediti, particolarmente ai giovani che iniziano una nuova vita. Nella lotta contro la crescente povertà, oltre alla giustizia, ci vuole molta creatività, secondo gli ambienti e le forme di povertà. La situazione attuale interroga il nostro modo di vivere la povertà e, allo stesso tempo, è un momento privilegiato per vivere in maniera sicuramente nuova il nostro essere poveri. Il cardinale Bertello presiede l’anniversario dell’apparizione dell’immagine di Santa Maria in Portico Parrocchia della carità Era il 17 luglio del 524. Nel palazzo di Galla, una matrona romana che si dedicava all’assistenza ai diseredati, come ogni giorno la mensa era piena di poveri intenti a consumare il pasto quotidiano. Tradizione vuole che quel giorno, mentre Galla serviva lei stessa i poveri, apparve una luce che celava l’immagine della Vergine Maria. Ancora oggi quella sacra immagine è assai venerata, gelosamente custodita nella chiesa edificata in piazza Campitelli a Roma, intitolata, proprio per la sua storia, a Santa Maria in Portico, poiché il Palazzo di Galla si trovava sotto il Portico di Ottavia. Il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, ha ricordato le origini di questa chiesa celebrando l’Eucaristia, mercoledì pomeriggio, 17 luglio, insieme con il parroco padre Davide Carbonaro, in occasione dell’anniversario dell’apparizione. E in considerazione delle sue origini il cardinale ha sottolineato il fatto che essa, «legata come è alla carità, non è riservata solo ad accogliere i pellegrini, ma ad andare incontro agli altri». Così «la nostra festa — ha detto — non diventa più solo una celebrazione, ma diventa un’0ccasione per impegnarci ad accogliere il Vangelo per metterlo in pratica». E ciò, ha aggiunto, «lo facciamo guardando a Maria. Possiamo chiederlo a lei, che ha creduto e ha accompagnato Gesù fino al Calvario e accompagna anche noi nella nostra vita». Il cardinale ha poi invitato a riflettere sul nostro rapporto con la Parola di Dio. «Vorrei ci chiedessimo: ascolto io la voce del Signore che mi parla, o mi lascio prendere da tante cose, dai rumori della vita, dai mezzi di comunicazione sociale?». E ancora: «Non sono più capace di fare un momento di silenzio nel mio cuore per sentire la voce di Dio? Confronto questa voce che sento nel mio cuore con la Parola del Signore e con il suo Vangelo?». Da qui l’invito a riflettere sulla fede. «Sono capace — ha chiesto — di trasformare quello che ho ascoltato in un rap- porto personale tra me e il Signore? Perché la fede è questo». E la fede, ha spiegato, «non è solo un bagaglio intellettuale, è un rapporto che ho con Dio, un rapporto che tra- sforma tutta la vita». Questo spinge a un esercizio quotidiano «per seguire l’esempio, per vivere quello che Gesù ha detto e ha fatto». Siamo nell’Anno della fede, ha poi sottolineato il cardinale. Benedetto XVI ha voluto questo anno «perché riscoprissimo la fede, il nostro rapporto con Dio, ma anche perché la annunciamo agli altri. E per annunciarla si deve osservare la Parola di Dio, vale a dire metterla in pratica, cercare di realizzarla nella vita». Se noi facciamo così, ha aggiunto, «diventa già una predicazione, una testimonianza, un esempio». Infine ha ricordato una celebre frase di Paolo VI, nella quale affermava che il mondo di oggi ha bisogno più di testimoni che di maestri. «Anche oggi — ha detto — siamo chiamati a essere testimoni del Signore. Dio ha affidato a noi il suo messaggio, perché lo portiamo in questa società, nel mondo in cui viviamo, a cominciare dalla nostra famiglia».