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GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA E DECRETI DI ACCOGLIMENTO DEI RICORSI
STRAORDINARI AL PRESIDENTE DELLA REGIONE
Nota a Cass. S.U. 28 gennaio 2011 n. 2065
di Marco Pennisi
Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza 28.1.2010 n. 2065,
affrontano la questione dell’ammissibilità o meno del giudizio di
ottemperanza in relazione ai decreti di accoglimento dei ricorsi
straordinari al Presidente della Regione Siciliana, attraverso l’esame del
dibattito delineatosi intorno al tema, strettamente connesso, della natura
giuridica del decreto che decide il ricorso straordinario, per poi risolvere la
questione alla luce dei recenti interventi legislativi.
La pronuncia in esame, nell’affrontare la questione, ripercorre
l’elaborazione
giurisprudenziale
sull’ammissibilità
del
giudizio
di
ottemperanza formatasi in relazione al ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica, in considerazione della possibilità di estenderne le
conclusioni anche al ricorso straordinario al Presidente della Regione,
attesa l’identità di struttura e di funzione dei due modelli procedimentali
(Cass. S.U. n. 15652/2002; Cass. n. 3660/2003).
Con riferimento al ricorso straordinario al Capo dello Stato, la
giurisprudenza tradizionale ha escluso che, di fronte all’inadempimento
della P.A., possa promuoversi l’azione di ottemperanza, in quanto questo
giudizio costituisce lo strumento esecutivo tipicamente previsto per
garantire l’effettività della tutela giurisdizionale amministrativa di fronte
all’inadempimento della P.A.
Pertanto, al ricorrente che ha ottenuto una pronuncia di accoglimento del
ricorso straordinario, non spontaneamente ottemperata dalla P.A., questa
giurisprudenza si limita a riconoscere, oltre all’azione risarcitoria, la tutela
contro il silenzio-inadempimento, attraverso cui il ricorrente può ottenere
l’ordine di dare esecuzione al decreto presidenziale, con la possibilità, in
caso di ulteriore inerzia della P.A., di ricorrere in sede di ottemperanza per
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l’esecuzione del provvedimento (certamente giurisdizionale) reso all’esito
del rito sul silenzio.
Quest’orientamento è stato avallato da Cass. S.U. n. 3141/1953, la quale,
nel confermare l’inammissibilità del giudizio di ottemperanza in relazione
ai decreti pronunciati sui ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica,
ha precisato che l’obbligo della P.A. di conformarsi ad essi non discende
dall’efficacia tipica del giudicato, di cui tali decreti sono sprovvisti in virtù
del loro carattere amministrativo, bensì dalla posizione di preminenza del
Capo dello Stato, con la conseguenza che l’obbligo di conformarsi rimane
interno alla stessa P.A., senza avere un’efficacia esterna che possa
legittimare
il
ricorrente
all’esecuzione
attraverso
il
giudizio
di
ottemperanza.
Successivamente, il problema della natura giuridica del decreto
presidenziale è stato affrontato, nella giurisprudenza comunitaria, da
Corte di Giustizia Europea 16.10.1997, cause riunite C-69/96 e C-79/96, la
quale ha ammesso che la questione di interpretazione di norme
comunitarie possa essere sollevata, in sede di parere sul ricorso
straordinario, dal Consiglio di Stato, che è stato espressamente qualificato
come giudice nazionale anche nella formulazione del parere, ciò che
induce a ritenere che il decreto pronunciato sul ricorso straordinario possa
avere natura giurisdizionale.
In senso contrario all’impostazione tradizionale, si pone inoltre una parte
della giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. IV, n.
6843/2000), la quale, in considerazione dell’esigenza di assicurare al
ricorrente
l’effettività
della
tutela,
ha
riconosciuto
il
carattere
giurisdizionale del parere reso dal Consiglio di Stato ed ha ammesso
l’esperibilità del giudizio di ottemperanza in caso di mancato, spontaneo
adempimento della P.A. al decreto presidenziale.
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Le Sezioni Unite, invece, con sentenza n. 15978/2001, sono rimaste fedeli
all’indirizzo tradizionale, escludendo la natura giurisdizionale dei decreti
presidenziali e la loro assimilabilità alle sentenze passate in giudicato.
Tale conclusione viene argomentata considerando sia la centralità del
ruolo dell’autorità amministrativa, la quale potrebbe anche discostarsi dal
parere del Consiglio di Stato, investendo della questione il Consiglio dei
Ministri che, esprimendo una decisione di carattere politico, determina il
venir meno dei caratteri tipici del procedimento giurisdizionale (terzietà ed
imparzialità di un giudice che decide nell’esclusiva applicazione del diritto
vigente); sia l’attenuazione del principio di alternatività tra lo strumento
giustiziale ed il ricorso giurisdizionale, in virtù della preferenza del
legislatore verso quest’ultimo, manifestata con la prevista possibilità per i
controinteressati di ottenere la trasposizione in sede giurisdizionale del
ricorso straordinario (che diviene improcedibile); sia, infine, le non decisive
circostanze della revocabilità del decreto, perché comune anche agli altri
ricorsi amministrativi, e della possibilità di revocazione ex art. 395 n. 5
c.p.c., per essere riferibile al contrasto con un precedente decreto su
ricorso straordinario (ferma restando, in ogni caso, la prevalenza della
sentenza passata in giudicato sul decreto con essa contrastante).
In ordine alla presa di posizione della Corte di Giustizia, le Sezioni Unite,
nel 2001 (con argomentazione successivamente condivisa da Corte Cost. n.
254/2004), hanno affermato come la decisione si fondi sulla nozione
comunitaria di giudice nazionale ex art. 234 del Trattato CE, funzionale alla
ricevibilità dei rinvii pregiudiziali, interpretativi e di validità, ma non
utilizzabile al diverso fine dell’ammissibilità o meno del giudizio di
ottemperanza, per il quale rileva la distinta nozione di giudice nazionale,
ricavabile dal diritto interno.
Sul richiamato dibattito giurisprudenziale, la sentenza in nota mostra come
abbia avuto un importante impatto la legge n. 69/2009, il cui art. 69, da un
lato, introduce la possibilità che la sezione del Consiglio di Stato, in sede di
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parere sul ricorso straordinario al Capo dello Stato, possa sollevare la
questione pregiudiziale di costituzionalità, sospendendo la formulazione
del parere; dall’altro, elimina la possibilità che il Ministero, nella
formulazione della proposta di decreto, si possa discostare dal parere
espresso dal Consiglio di Stato, stabilendo espressamente che il decreto sia
conforme al parere.
Il recente intervento legislativo ha spinto le Sezioni Unite, con la sentenza
in esame, a ritenere superate quelle differenze che, nell’elaborazione
giurisprudenziale tradizionale, inducevano ad escludere l’assimilabilità del
ricorso straordinario al ricorso giurisdizionale ai fini della proponibilità del
giudizio di ottemperanza.
In questo senso, infatti, la prevista possibilità che il Consiglio di Stato operi
quale giudice a quo, cioè svolgendo un ruolo tipicamente giurisdizionale,
nonché l’esclusione della possibilità che il Ministro si discosti dal parere
espresso, configurano il decreto quale provvedimento sostanzialmente
equivalente ad una pronuncia giurisdizionale (anche se da questa
formalmente diverso, in considerazione della natura dell’organo da cui
promana), meramente dichiarativo di un giudizio, con la conseguenza che
la tutela, di cui il ricorrente può avvalersi, corrisponde a quella piena e
diretta dell’esecuzione e non è, come ritenuto in passato dalla
giurisprudenza, limitata alla mera possibilità di ricorrere avverso il silenzioinadempimento o avverso la violazione o l’elusione del disposto del
decreto presidenziale, spesso inadeguata alle esigenze di garanzia del
ricorrente.
Secondo le Sezioni Unite, tra le ipotesi di ammissibilità del giudizio di
ottemperanza, previste dall’art. 112 comma 2 del codice del processo
amministrativo, i decreti presidenziali emanati in esito al ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica sono riconducibili alle
sentenze esecutive ed agli altri provvedimenti esecutivi del giudice
amministrativo, di cui alla lett. b).
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Pertanto, il ricorso in ottemperanza viene considerato ammissibile e va
proposto innanzi al Consiglio di Stato, quale “giudice che ha emesso il
provvedimento della cui ottemperanza si tratta” (art. 113 comma 1 c.p.a.).
Il riconoscimento dell’esperibilità dell’azione di ottemperanza anche
rispetto ai decreti di accoglimento del ricorso straordinario, è la coerente
conseguenza della manifestata volontà del legislatore di assimilare
quest’ultimo al ricorso giurisdizionale, pur nella persistente diversità sotto
il profilo formale del procedimento e dell’atto conclusivo.
In questo senso, peraltro, la giurisprudenza, tutte le volte in cui siano stati
riconosciuti poteri decisori su determinate controversie, analoghi a quelli
propriamente giurisdizionali, ha ritenuto coerente assicurare una tutela
altrettanto piena dei diritti coinvolti (si veda, in materia di autodichia,
Cass. S.U. n. 6529/2010), attraverso un’azione esecutiva che possa
garantire effettività ad una decisione di giustizia (cfr Corte Europea dei
Diritti dell’Uomo 16.12.2006 e 15.2.2004).
Pertanto, alla luce del nuovo sistema normativo, nell’interpretazione data
dalle Sezioni Unite con la sentenza in commento, la riconosciuta
ammissibilità del giudizio di ottemperanza in relazione al decreto di
accoglimento del ricorso straordinario al Capo dello Stato può estendersi,
per l’affinità tra i due procedimenti, anche al decreto del Presidente della
Regione Siciliana, pronunciato in esito al relativo ricorso straordinario.
Infatti, la Suprema Corte, da un lato, ammette che il Consiglio di Giustizia
Amministrativa possa sollevare, in funzione di giudice a quo, questioni di
legittimità costituzionale rilevanti ai fini della formulazione del parere e,
dall’altro, riconosce il carattere vincolante di quest’ultimo, con la
conseguenza che il decreto del Presidente della Regione, pur non essendo
formalmente identificabile come un provvedimento giurisdizionale, può
nondimeno assimilarsi ad esso ed essere suscettibile di tutela attraverso il
giudizio di ottemperanza.
Marco Pennisi