pdf - Liceo Scientifico Statale Einstein Milano

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Editoriale
Greta Maltecca (4E)
Storia dei Cessi in Europa
(?)
Riccardo Meli (4E)
Figli del Consumo
The Tallest Man On The Earth
(non c'entra il Guinness Wolrd
Record)
Fiammetta Morandi (3G)
Come Distruggere i Propri
Risultati Scolastici: The 100
Ludovica D'Orsa (4F),
Vittoria Tutucci (5B)
Progetto Cogestione
Federico Marcolongo (5B)
How I Told My Mother
Greta Maltecca (4E)
Le Scienze Umane Devono
Dire La Loro
Progetto Ciclofficina
Eva Ronchi (4E)
Se Una Notte d'Inverno Un
Giocatore
Bianca Beltramello (5C)
Vecchio ed Ipocrita Continente
Alla maniera e l'utilità delle
soluzioni
Anonimo
Redattori: Davide Campagna (5B), Ludovica D'Orsa (4F), Greta Maltecca (4E), Francesca Martelli (4F),
Fiammetta Morandi (3G), Otto Scaccini (4G), Matteo Truffo (4E), Vittoria Tutucci (5B)
Autori: Cecilia Alberti (1E), Bianca Beltramello (5C), Riccardo Cavallari (1L) Ludovica D'Orsa (4F), Vitttorio
Leonardo Fagone (1L), Klevis Gjoka (1L), Francesca Giuzio (1L), Greta Maltecca (4E), Federico Marcolongo
(5B), Riccardo Meli (4E), Fiammetta Morandi (3G), Eva Ronchi (4E), Leonardo Spreafico (1L), Vittoria
Tutucci (5B)
Disegnatori: Otto Scaccini (4G), Matteo Truffo (4E)
Impaginazione: Matteo Truffo (4E)
Contributi: prof. Anna Del Viscovo (Progetto Cogestione), prof. Paolo Quaglia (Progetto Cogestione), Tommasillo
Sakamoto (Cruciverba)
Nelle acque torbide e vorticose delle idee,
considerato che la realtà attuale non perde occasione
di immettere sempre nuove opzioni e varianti, ognuno
cerca di tenersi a galla come può.
Vi sono coloro che, col sangue che arde nelle
vene, saldi nelle loro adamantine convinzioni (religiose
o politiche che siano, poco importa) si scagliano
contro tutto ciò che macchia la loro piccola grande
utopia personale. Ahimè, a chi il cuore brucia troppo
in petto, spesso il fumo impedisce di vedere la realtà;
un lapidario Foscolo, per bocca del vecchio Parini
svela la cruda verità: 《Un giovine dritto e bollente di
cuore, ma povero di ricchezze ed incauto d'ingegno
[...] sarà sempre l'ordigno del fazioso, o la vittima del
potente.》 Palese esempio, senza andare a scavare
più di tanto indietro nel tempo, sono i recenti
avvenimenti relativi alle manifestazioni NoExpo, anche
se -la stupidità umana davvero è infinita- non sono
stati propriamente i cuori ad essere in fiamme.
Si possono poi osservare certi individui tanto
pomposamente formali e rigidi nel ripetere a menadito,
con malcelato orgoglio, ogni virgola e minuzia teorica
della fede (anche qui l'ambito è indifferente) che
hanno scelto -o dovuto scegliere? Ai posteri l'ardua
sentenza- di professare, quanto assolutamente e
totalmente incapaci di prendere una qualsivoglia
posizione a livello pratico. Loro, certo, sono anime
libere, superiori alle quisquilie della banale realtà, il
loro è un impegno psicologico, del tutto intellettivo,
loro si librano senza sforzo al di sopra della materiale
prosaicità di questo mondo che non li capisce e non
li capirà mai. Le loro riflessioni sono uniche ed
iridescenti perle di indispensabile saggezza, mica per
nulla hanno studiato tanto, e l'umanità intera dovrebbe
essere loro grata di tali meravigliosi parti culturali che,
generosamente, condividono con noi poveri mortali.
Però, per quanto necessarie in partenza, spesso le
speculazioni in astratto diventano vacue e cervellotiche
se non integrate all'esperienza del quotidiano, e si
riducono a complessi vaneggiamenti, elaborati soffi di
vento, adorni gracidii di rane che si gonfiano per
somigliare al bue.
In perenne aumento, tristemente, sono infine quelli
caduti nel torpore dell' indifferenza o in procinto di
cadervi. Seduti davanti all'ennesima portata, saturi,
forzano qualche boccone, spugnoso ed insapore a
questo punto, giù per la gola. Siamo commensali di
un banchetto lauto, fastoso, oggigiorno: principi per
tutti i gusti, in tutte le taglie, ci vengono offerti
ovunque. Grasso che cola. Vetrine scintillanti,
traboccanti di leccornie variopinte e succulente. Abili
venditori dalla lingua sciolta che sciorinano
elegantemente ideologie da supermercato, glassate e
lucide nelle loro confezioni elaborate. Eppure, mentre
si ingozzano di una nuova, golosa pietanza, sembra
loro di sentirne meno il gusto: le spezie si fanno
meno piccanti, lo zucchero meno dolce, e si lasciano
scivolare addosso, piatto dopo piatto, la serie
interminabile di punti di vista e visioni sul mondo,
priorità e grandi ingiustizie, che vengono loro
propinate. Sempre meno però sentono l'urgenza di
effettivamente avere un'opinione o si prendono la briga
di riconoscersi in una qualche corrente di pensiero:
l'abbondanza varia ed opulenta del carosello
multicolore in cui sono immersi, che dona in potenza
infinite possibilità, si traduce di fatto in una crescente
indifferenza alle crescenti offerte. I concetti più vari, le
promesse più allettanti, i progetti più promettenti: tutto
acquisisce le caratteristiche insapori di ciò che si
mastica meccanicamente, con la sensazione di aver
già sperimentato qualcosa di simile, ma migliore, che
ora è irrimediabilmente perso, ombra sbiadita nel
ricordo di qualcun altro.
Siate fiamme, vulcani in eruzione, lava bollente, ma
mai ciechi o burattini; analizzate le cose, elaborate più
che potete, siate sempre attenti, ma non lasciate che
ciò che c'è nella vostra testa prenda completamente il
posto di ciò che c'è fuori; siate avidi, abbuffatevi,
afferrate l'afferrabile, carpite ogni pagliuzza che vi
capita a tiro, ma non lasciate che la quantità di
informazioni vi soverchi, rendendovi recettori passivi di
una gelatinosa massa inscindibile di dati; selezionate,
masticate, assimilate ed assemblate, testate la qualità
di ciò che trovate, confrontatevi con voi stessi, con gli
altri e con la realtà: pensate, criticamente pensate,
criticamente pensiamo, perché da voi, da noi
germoglia il futuro.
Greta Maltecca
(
“Se io, andando al gabinetto, cominciassi a
orinare per terra fuori dalla tazza e lo stesso
facessero Zina e Dar’ja Petrovna, nel gabinetto
comincerebbe lo sfacelo. Quindi vuol dire che lo
sfacelo non è nei gabinetti, ma nelle teste.”
(“Cuore di cane”, Michail Bulgakov).
Ebbene sì ... Nel gabinetto potete vedere il vostro
riflesso, quello della vostra anima, e di tutti i millenni
di storia e civilizzazione che stanno dietro a quei
cinque minuti di “pausa WC”. Nonostante questo,
purtroppo il suo valore è spesso stato trascurato; non
solo quello meramente ‘organico’, ma anche quello
storico, simbolico, filosofico (sono convinto di non
esagerare), e per molti, sicuramente, anche affettivo.
La sua importanza va invece riconosciuta. Preparatevi
quindi ad un clistere di conoscenza: da oggi il bagno
sarà per voi un mondo nuovo in attesa di essere
esplorato, dal soffione della doccia fin dentro alla
fossa biologica ...
PARTE I : “Un mondo senza gabinetto”
Alcune decine di migliaia di anni fa, l’uomo
espletava i propri bisogni fisiologici (sapete a cosa
mi riferisco) in maniera semplice e naturale: si
assumeva una posizione consona all’espulsione del
malloppo e ci si esprimeva senza pudore davanti ai
propri simili. Tuttavia, poiché in momenti simili
l’organismo si trovava in uno stato di maggiore
vulnerabilità fisica, alcuni uomini avrebbero sviluppato
l’abitudine di ritirarsi in “luoghi appartati” dove
alleggerirsi (es: cespuglio) ... Inoltre, quando si
formarono le prime comunità sedentarie, la quantità di
materiale fecale aumentò in proporzione alla
popolazione: i “luoghi appartati” non sarebbero bastati
ed il territorio circostante sarebbe diventato un campo
minato; si decise quindi si raccogliere tutte le scorie
in un unico “luogo appartato”, dove non potessero
nuocere all’olfatto (e all’igiene), prima della piccola
comunità, poi dei singoli nuclei familiari. Erano queste
le prime latrine...
PARTE II: "La genesi del gabinetto"
Trascorsero i millenni e l’umanità si avviò ad uno
straordinario progresso culturale, sociale, e tecnologico
che, almeno in età antica, vide il proprio apice nella
)
civiltà greco-romana. Non a caso è proprio nella
civiltà romana imperiale (di quella greca ci rimangono
pochi reperti), che troviamo i precursori del gabinetto
moderno. I gabinetti pubblici erano in genere
riccamente decorati, collocati sotto a dei portici
oppure in ambienti chiusi, ma ben areati (per ovvi
motivi); essi erano costituiti da una fila di sedili
marmorei o lignei disposti a rettangolo o a
semicerchio, sotto ai quali scorreva un canale
idraulico che raccoglieva gli escrementi per poi
trasportarli fino alla cloaca più vicina. Qui i cittadini
potevano sedersi e chiacchierare liberamente durante
l’evacuazione. Questa mancanza di intimità potrebbe
sorprenderci, ma al tempo l’atto di defecare era
considerato con molta più naturalezza di oggi; basti
ricordare fra l’altro l’uso dei re, perdurato fino
all’ottocento, di defecare in apposite sedie davanti ai
membri della corte... I gabinetti privati invece,
all’epoca un vero e proprio ‘status symbol’, erano
normalmente collocati nella cucina della domus
(evidentemente per l’utilizzo delle stesse tubature di
carico e scarico).
PARTE III; "L'accessorio primo"
Davanti alla fila di gabinetti passava inoltre una
canaletta d’acqua in cui era possibile lavarsi le mani
e ripulire un particolare strumento (rimasto quasi
invariato fino ad oggi) che il grande epigrammista
Marco Valerio Marziale definirà come una «spugna
miserabile su un bastone disonesto» con la quale si
rimuovono i resti del pranzo ... Mi riferisco allo
xylospongium, antenato del moderno spazzolone del
W.C. (o scopino che dir si voglia) e di fatto il
primo accessorio con cui l’uomo abbia arricchito un
ambiente tanto eccezionale quale è il gabinetto. Esso
era costituito da un semplice bastone alla cui
estremità era legata una spugna; si ritiene tuttavia
che avesse una funzione leggermente diversa da
quella del suo corrispondente odierno: sarebbe servito
infatti non per nettare la superficie interna del “vaso
sanitario”, ma per detergere il luogo in cui il nostro
pasto torna a vedere la luce una seconda volta .
PARTE IV: "Il Medioevo del gabinetto"
Sotto molti aspetti il Medioevo rappresenta il
declino della civiltà, e con essa decade anche uno
(
dei suoi simboli più rappresentativi: il gabinetto,
ovviamente. Sebbene in fase di estinzione, vi sono
ancora alcune latrine pubbliche; nelle case private
erano in genere all'ultimo piano e collegate alla rete
fognaria (ammesso che ce ne fosse una). Come
ben noto, le condizioni igieniche erano deplorevoli:
non solo l’usanza di farsi il bagno era trascurata
dalla maggior parte del popolo, ma era denigrata
dalla Chiesa, la quale la considerava indice di vanità,
e perfino sconsigliata dalla Scienza, perché avrebbe
esposto il corpo all’attacco di agenti patogeni (disse
Leonardo in proposito che l’acqua«penetra tutti li
porosi corpi»); tuttavia questo sembrò non impedire
la diffusione della Peste... In questo frangente storico,
in cui il volgo prediligeva la deiezione en plein air o
vuotava il vaso da notte dalla finestra, il gabinetto
divenne sempre più un lusso per nobili, i quali
solevano ostentare il loro elevato tenore di vita
ricevendo gli ospiti comodamente seduti sulla loro
elegante poltrona dotata di un funzionale buco al
centro. Questa usanza continuerà fino all’età
moderna: lo stesso Luigi XIV annuncerà il proprio
matrimonio sedendo sul suo sontuoso “tronogabinetto”.
PARTE V: "Il Rinascimento del gabinetto"
Dopo secoli di decadenza, finalmente la società si
incammina verso una rinascita, ma in ambito sanitario
il progresso avviene in maniera graduale e ancora
dai piani alti delle abitazioni di città piovono liquami a
ciel sereno. Comunque, a seguito di iterate epidemie
di tubercolosi, febbre tifoide, dissenteria, colera ed
altre malattie dai nomi simpatici, alcuni ‘blasfemi’
cominciarono ad obiettare che il Battesimo non fosse
l’unico atto purificatore di cui l’uomo avesse bisogno
in tutta la sua vita. Un passo fondamentale nella
battaglia per l’igiene intima verrà fatto a Londra
(dove tuttavia il colera mieterà vittime fino alla
seconda metà del XIX secolo); qui il figlioccio della
regina, un certo John Harrington, realizzerà il primo
prototipo di water con flusso di scolo, denominato
Ajax (dal nome greco di Aiace che in inglese suona
simile a “a jakes” ovvero “una latrina”). Purtroppo
l’orgoglioso sir Harrington ne farà menzione in un suo
libro usando termini troppo ‘vivaci’, ed Elisabetta I,
)
indignata, ne proibirà l’uso.
PARTE VI: "I Lumi del gabinetto"
L’età moderna, nella fattispecie la sua parte finale,
fa da proscenio alla prima effettiva comparsa della
toilette come la intendiamo oggigiorno. Già sull’onda
del crescente interesse per la salute pubblica e del
ritorno in auge (almeno nelle fasce sociali medioalte) dell’abitudine alla pulizia, nel ‘600 era stata
intensificata la produzione di sapone (noto in Europa
dall’Alto Medioevo e conosciuto in Mesopotamia dal
III millennio a.C., ma spesso ignorato...). In
Inghilterra il commercio del sapone divenne così
redditizio da spingere nel 1622 il re Giacomo I a
concedere il monopolio della sua produzione per
l’equivalente di 100.000 euro l’anno. Ma sarà nel
‘700 che, con l’avvento dell’età dei Lumi, uomini
illuminati, pionieri dell’evoluzione, eroi dell'igiene,
risponderanno ai bisogni ormai incontenibili (ottima
scelta di parole) di una società in pieno sviluppo.
Fra questi guerrieri della scienza, J.F. Brondel
riprenderà lo sfortunato progetto di Harrington nel
1738, proponendo alcune modifiche. Modifiche poi
apportate dall'orologiaio inglese Alexander Cummings
nel 1775 e successivamente da Joseph Praiser nel
1777. Come saprete il XVIII secolo è anche quello
delle mode: i nobili d'Europa e del mondo trovano
modi sempre più raffinati di fare ogni cosa, compreso
andare al gabinetto. Un esempio eclatante di toilette
alla moda sarà quella di Maria Carolina d'Asburgo,
che nella seconda metà del '700 farà installare nella
reggia di Caserta il primo bidet d'Italia.
PARTE VII: "L'accessorio secondo"
Originariamente il termine bidet era usato per
indicare il pony, ma prima i francesi e poi tutti gli
abitanti della terra cominceranno a servirsene per
indicare quell'”oggetto per uso sconosciuto a forma di
chitarra” che si stava faticosamente diffondendo negli
arredi dei bagni settecenteschi. In effetti la posizione
che si assume per cavalcare un pony o un bidet è
pressoché la stessa. Pur non conoscendo di per
certo il nome del suo inventore, il più gettonato
sarebbe un certo Christophe des Rosiers , il quale
installò nel 1710 il primo esemplare nella casa della
(
famiglia reale di Francia. Un centinaio di bidet
decorarono Versailles per pochi anni, prima di venire
smontati e trasferiti nei bordelli parigini... Forse è
stata questa cattiva reputazione (durata fino al secolo
scorso) a rendere questo pony di ceramica poco
apprezzato in alcuni stati; s ta di fatto che
nell'Europa odierna l'uso del bidet è piuttosto
eterogeneo: l'Italia è al primo posto (97% di
utilizzatori), seguita dal Portogallo (92%) e dalla
Francia (42%)... Fra i paesi più 'ostili' troviamo la
Germania (6%)e l'Inghilterra (3%, no comment...).
PART VIII: "Il gabinetto oggi"
A Parigi cade la Bastiglia e si entra nell'età
contemporanea, un'epoca in cui il WC completa la
sua
straordinaria metamorfosi, raggiungendo nel
1883, sempre in Francia, la sua forma definitiva: un
superbo trono d'avorio di bellezza paragonabile ai
marmi di Canova, che ad ognuno è stato
democraticamente concesso di possedere, al fine di
potere espletare nel lusso più sopraffino l'atto più
quotidiano. Il WC, in tutte le sue forme, è il fulcro
su cui si muove tutto l'affascinante universo del
gabinetto ed ha ispirato, in virtù della sua
ineguagliabile amenità, alcune opere d'arte
indimenticabili, come la “Fontana”(1917), readymade di Marcel Duchamp, in cui l'artista illuminato
rivisita un orinatoio e lo ripresenta, per l'appunto,
come una fontana. Negli ultimi anni il bagno è
diventato fonte di estro creativo per maestri del
cinema, della letteratura, della musica! Il gabinetto è
sempre all'ordine del giorno, e per tenere il passo
con i tempi che avanzano un pool di ingegneri
)
giapponesi di Inex ha realizzato un WC high-tech
capace di connettersi a Internet
e controllabile
attraverso lo smartphone. Il suo nome è Satis e
potrete averne uno alla modica cifra di 380000 yen
(circa 3400 euro). Ma l'avventura del gabinetto non
si è ancora conclusa, l'impero della toilette deve
ancora coprire vaste aree del mondo ed il wc con il
paraschizzi sembra ancora un sogno... Comunque sia,
io continuo a sognare.
PARTE IX: "L'accessorio terzo"
Non manca qualcosa? Qualcosa a cui il nuovo
millennio ci ha abituati e di cui non possiamo fare a
meno (ma a quanto pare i bagni di certi licei sì...).
Indubbiamente a ognuno di voi sarà capitato di
stringere fra le dita un foglio, due, tre,
quarantacinque, di carta igienica; bianca, colorata,
trapuntata, firmata Armani (è successo). Ebbene,
questo prodigio dell'ingegno umano viene per la prima
volta prodotto su scala industriale da un certo Joseph
Gayetty a partire dal 1857, ma per la prima volta in
rotoli dalla Scott Paper Company di Philadelphia
nel1879. Eppure le prime tracce di utilizzo di carta
igienica risalgono al XIV secolo, ad opera della
famiglia imperiale cinese. I loro vicini nipponici
avevano un metodo diverso di lucidare la bassa
carrozzeria: si servivano infatti di alghe (raro) o di
chūgi, assicelle piatte di legno, poi sostituite (con
grande sollievo di tutto il Giappone) dalla particolare
carta washi, prima del “periodo Edo”.
Grazie per la vostra invidiabile pazienza,
Edmund
Come criticare un sistema mentre ci si affoga?
Liquido, tutto liquido, tutto si scioglie qui intorno,
troppe cose, troppo caos. Troppi colori, troppi valori,
tutto sbava in grigio, voglio altri colori, altri valori,
ecco nuovo grigio. Nuovo, qualcosa di nuovo,
inseguo il nuovo. Basta colori, ne voglio uno, rosso,
solo rosso, non vedo che rosso. Rosso e non-rosso,
rosso e grigio, non voglio il grigio, il rosso è Mondo.
Nessuna sfumatura, vero solo il rosso: l’ho scelto io.
Il grigio è falso, non lo voglio, è falso o non lo
voglio? E il blu, non voglio il blu? Niente più rosso,
il rosso è solo rosso. Mi sono stancato, mi sono
annoiato, il rosso è parziale, è banale, la realtà non
è rossa, è anche blu, verde, gialla, grigia. Grigio,
nuovo e solo grigio, tutto si risolve nel grigio. Affogo.
Complessità
Come ignorare questa nuova realtà, che si impone
ai nostri occhi, alle nostre menti? Poche immagini
sono più azzeccate della società di Bauman. Ma più
che la turbolenza, l’instabilità e la vorticosità del
liquido, è la sua regressione in indefinito, la vera
protagonista. La nostra risposta, immediata, al caos,
è l’uniformità. Non che ce ne accorgiamo, si tratta di
un fatto di mera percezione, più che di una reazione
attiva: il dettaglio si fa così piccolo, rispetto alla
totalità, che scompare alla vista. Basta prendere una
tavolozza, e iniziare a mischiare tutti i colori, senza
criterio. Il risultato è il grigio, ma è un grigio
ingannevole: quello che ci sembra un colore, e che
ci sembra omogeneo, è, e rimane, il caos degli altri
colori, presi singolarmente. In questo consiste la
relativizzazione della società moderna: i colori sono
tutti uguali, e tutti falsi, alla percezione, nel grigio.
Ma la nostra unica realtà è il grigio, e come
possiamo noi dire quali siano i colori originari, gli
ingredienti della realtà?
Consumo e semplificazione
C’è chi scende sempre più nel piccolo, e dei
colori li trova. Nell’esaltazione della scoperta induce,
e si illude, che siano quei pochi colori a comporre
tutto il resto della realtà, che più non vede, avendolo
perso nel viaggio. C’è chi predica sui colori della
tradizione, veri perché raccontati, o chi sguazza nel
grigio, aggravando il caos con le sue felici e
vorticanti bracciate.
Due forze emergono in questo caos, un po’ le
solite, e un po’ rinnovate. Una di queste è la sete di
semplificazione, ormai una necessità naturale
dell’individuo, che cerca e crea contorni netti là dove
tutto è ineluttabilmente sfocato, e che porta la cultura
e la conoscenza a regredire in favole; tesi e analisi
a regredire in opinioni. Eppure è futile e presuntuoso
considerare il semplificazionismo un problema: un
problema presuppone una soluzione. La realtà e
l’informazione del nostro secolo sono troppo estese e
al contempo troppo dense, e il nostro cervello, e
soprattutto la nostra attenzione, troppo limitati. Siamo
al limite dell’incomunicabilità tra specialisti, e,
trovandoci in una società che favorisce la
specializzazione, siamo in procinto di oltrepassare
questo limite, sempre che di limite si possa parlare.
Il semplificazionismo è una risposta quasi
fisiologica a un mondo troppo grande per l’individuo,
una condizione necessaria al tenere aperto un canale
con la realtà esterna.
L’altra forza è il consumo. Il consumo condizione
dell’esistenza. Una condizione che non si limita,
infatti, alla dialettica consumatore-prodotto, ma che
incarna l’esigenza dell’individuo di consumare
informazione. Consumiamo come palliativo all’indefinito
del mondo che ci circonda, indefinito che percepiamo
uniforme e noioso, come il grigio sulla tavolozza.
Questo consumo investe ogni fonte di informazione,
che siano banalmente nuovi prodotti o nuove notizie,
o che sia la cultura stessa. Perfino il pensiero critico
cade schiavo della necessità di consumare, e si erge
a paladino della rottura di schemi che vengono
facilmente a noia.
Il consumo è, a sua volta, una diretta reazione al
caos, regredente nel grigio, di un mondo troppo
esteso.
Consumo e semplificazione si alimentano
facilmente a vicenda: l’uno spesso incurante della
qualità dell’informazione, l’altra generatrice di
un’illusione di facilità di appagamento. Quanto detto
finora non intende che descrivere, per natura di cose
dall’interno, le condizioni in cui chi appartiene alla
società di oggi si trova ad esistere, senza possibilità
di scappare da questo immenso mondo, a meno di
rinchiudersi in una realtà ristretta, semplificando così
la realtà esterna.
Storia
tendenze, ma a un più frammentato livello di analisi,
Come intendere, allora, la Storia, in una tale
società? Se ne può ancora fare Storia o se ne può
solo trarre una storia? Senza bisogno di mettere in
discussione la possibilità e la capacità di analizzare
fatti e di legarli tra loro in causa-conseguenza, ma
dando peso alle sempre più difficili pretese di
scientificità dell’analisi storica. Già il Novecento ha
messo a dura prova queste capacità, e tuttavia dove
racimolare le fonti necessarie era ancora piuttosto
chiaro. Con il volgere del millennio passiamo dalla
Storia nella seconda guerra mondiale alla Storia del
mondo. Con informazioni che non vengono create
nello Stato e poi raccolte nei suoi archivi, ma che
circolano su reti esterne e allo stesso tempo materiali,
in quantità prima inimmaginabili, e ancora oggi
incommensurabili. Qui non si esclude che si continuerà
a stilare una storia dell’Italia, una storia degli
armamenti chimici, una storia dei provvedimenti
ambientali: si esclude, per motivi di quantità e al
contempo di limitatezza di risorse e capacità umane,
che queste storie possano essere integrate in una
visione di insieme coerente, non più al livello,
relativamente semplice, della storiografia novecentesca,
ancora capace di determinare a grandi linee delle
in cui la legge dei grandi numeri, applicata ai dati e
alle fonti, genera, in qualunque caso, dati opposti.
Credo che questa situazione permarrebbe fino al
momento in cui la società si polarizzasse nuovamente
in grandi blocchi, periodo in cui un’analisi della totalità
potrebbe risultare nuovamente abbordabile: le culture
locali sono ancora troppo forti per permettere una vera
polarizzazione culturale che non sia ideologica, e
sembra mostrato dall’esperienza che un polarizzazione
ideologica non porti con sé un effettivo superamento
delle strutture sociali. D’altra parte una vera
polarizzazione culturale, una fusione di molte
microculture nel corso del tempo, non farebbe che
aumentare l’entropia, ingrigendo la ricchezza culturale
ereditata nei secoli. Non v’è dubbio che apparteniamo
a un tempo di profonda crisi delle categorie
tradizionali, ma non è affatto scontato, data la
complessità del mondo che abbiamo contribuito a
creare, che esista una soluzione, un nuovo ordine,
che non sia l’entropia culturale. Per quanto riguarda la
Storia, potremmo ricorrere al vecchio adagio per cui è
l’evento ad esistere, ed ogni sua modellizzazione è
sempre più falsa, man mano che ci si allontana da
esso.
Federico Marcolongo
Negli infiniti anni del vostro liceo potrà capitarvi di
dover affrontare la più grande disgrazia
scolasticamente concepibile: il famigerato 3 secco in
matematica. Una volta ripresivi dallo shock causato
dal numero infame, vi ritroverete di fronte ad
un'impresa epica, titanica, rischiosissima: parlarne con
la vostra minacciosa genitrice, comunemente
conosciuta come 'mamma'. Noi cercheremo di offrirvi
qualche collaudata* strategia:
I) Pesce d'Aprile Una volta giunti alla vostra
domus, prima che vi venga posta la fatidica domanda
[ndr. "Come è andato il compito di matematica?"],
sparate la più grossa, colossale, impressionante balla
che la vostra mente sarà riuscita a partorire nel
trauma post-votaccio. Grandi classici sono "Mamaaa,
I just killed a maaan", particolarmente scenografico
con accompagnamento musicale, e "Sono incinta",
efficacissimo, specialmente se siete maschi. Poi, nello
sbigottimento generale, allargate uno stregattesco
sorriso a 777 denti ed esclamate con nonchalance:
"Pesce d'aprile!". Vi consigliamo, nelle ore precedenti,
di allenare i vostri riflessi per schivare eventuali
oggetti che potrebbero esservi lanciati da membri
della famiglia infuriati. N.B. La frase ad effetto può
essere usata anche se non è aprile: il mese
sbagliato aggiungerà verve alla vostra performance.
II) Monsieur Argan (o Il Malato Immaginario)
[Questa tattica richiede una certa quantità di tempo e
pazienza] Arrivati a casa, entrate trascinandovi e
gemendo nel vostro miglior stile fantasma medioevale;
se volete proprio strafare, procuratevi delle catene e
dei ceppi da sbattere lamentosamente. A tavola
ignorate con somma determinazione ciò che vi viene
messo davanti (in caso di bacon siete autorizzati a
rompere le righe e sacrificare il piano, è una causa
di forza maggiore). Dopo pranzo avvolgetevi in strati
su strati di maglioni e, mentre fate magistralmente
finta di studiare, deliziate l'intero condomino con
raffinatissime esecuzioni di concerti per naso e
trombone. Alle domande sul vostro stato di salute
che cominceranno logicamente ad arrivare, rispondete
inizialmente con stoici "Sdo bedissibo", ma badate
bene a cedere gradualmente fino ad ammettere,
verso sera, la vostra terribile, terribilissima -poveri
cari- malattia. A questo punto, una volta a letto, con
le coperte rimboccate, la minestrina di pollo con le
stelline scaldata ad 80°C mangiata, i denti lavati, le
preghierine dette e "Soft Kitty" cantata, reclamate lattenzione materna con la scusa della buonanotte (la
cosa la intenerirà oltre ogni dire), poi mormorare
velocemente la fatale notizia appena prima di cadere
in un improvviso e profondissimo sonno, dal quale
nulla sarà in grado di destarvi fino al giorno dopo.
III) Vodkamikaze [Da utilizzare quando la vostra
rettitudine morale entra in collisione con un poco
ardente ardire] Se, prima di gettarvi nella più alta
delle vostre res gestae, vi manca il coraggio e non
osate presentarvi con tale marchio d'infamia e
disonore, ma la vostra ferrea coscienza vi spinge a
compiere l'incompibile, potrete avvalervi della più
antica fonte di coraggio a memoria d'uomo. È
assicurato che, dopo aver debitamente tracannato
ingenti quantità di qualunque cosa abbia una
gradazione degna di questo nome, se non sarete
impegnati a vomitare l'anima nell'abbraccio affettuoso
di qualche water, osereste fare i funamboli
sull'Everest con in braccio Maurizio Costanzo in tanga
leopardato: cosa sarà mai, quindi, annunciare un 3 in
matematica? N.B. La possibilità che vi vengano fatti
dei glutei di dimensioni garguantesche è
statisticamente pari al 99.9%, ed è molto probabile
che mater non apprezzi la vostra sincerità se la
accoppiate con una sbronza delle dimensioni dell'ego
di Napoleone [o della sottoscritta].
IV) Probabilmente l'unica utilità di questo articolo
Se tutti i suggerimenti vi sono sembrati fino ad ora
soluzioni estreme o puttanate scritte a pene di
canide, questo è il momento di mettere a frutto
questo articolo: abilmente dissimulando il vostro
tormento interiore, porgete con fare scherzoso il
giornalino, strategicamente aperto su questa pagina,
alla temibile mamma e lasciate che legga la
precedente sfilza di idiozie fino ad arrivare circa qui;
a quel punto avvicinatevi alla via di fuga, che avete
precedentemente approntata, e cominciate a scappare
(con ogni probabilità ci incontreremo per strada). Ci
vediamo all'inferno.
* La redazione declina ogni responsabilità per qualsiasi eventuale conseguenza
Greta Maltecca
[ ]
Sembra che la via del successo, oggi, si ottenga
solo con formule, numeri e teoremi. L'importante è
saper fare conti, usare i linguaggi informatici e
scientifici, poco male se non si è in grado di scrivere
qualche riga in Italiano corretto. Ormai "quando entra
in campo la scienza, il resto del mondo tace, perché
è lei che ci dice le cose più 'vere' " [1]. In questa
prospettiva tutto ciò che è letterario ed artistico resta
chiaramente in secondo piano, trascurato e sminuito.
Lo studio delle discipline ritenute 'culturali' ed
'umanistiche' viene avvertito come inutile, non idoneo
a formare le qualità
necessarie per sentirsi in
sintonia coi tempi. Invece
le discipline 'scientifiche'
godono di un certo favore
da
parte dell'opinione
comune, soprattutto se
mettono in mostra dei
risultati che concorrono
non tanto ad ampliare il
nostro sapere quanto a
produrre
tecnica
e
tecnologia. Perché bisogna
riconoscere che la nostra
vita ormai dipende dagli
strumenti tecnologici, che
danno una soluzione ad
ogni
nostra
difficoltà,
correggono
errori
grammaticali, svolgono calcoli, ci aiutano coi lavori di
casa. Non va dimenticato, però, che per dare una
soluzione ad un problema bisogna anche capire che
quel problema esiste.
Il sapere umanistico ha proprio questo vero, primo
compito del pensare, che non è offrire solo soluzioni
ai problemi, ma innanzitutto riflettere sulla forma e la
natura di quei problemi. Motivo per cui sarebbe
impossibile continuare a sviluppare la Scienza senza
basi filosofiche o letterarie. Un sapere puramente
scientifico, se scisso da un progetto educativo più
ampio, rischierebbe di alienare l'essere umano dalle
sue vocazioni più alte per assoggettarlo alle leggi
pure e semplici dell'economia e della tecnologia, con
grave danno per quanto riguarda il governo stesso
dei processi economici e dei successi scientifici. E
non solo: la letteratura è necessaria anche per
permettere la diffusione delle nuove scoperte e
conoscenze. Non si tratta soltanto di comunicare il
sapere convincendo e seducendo l'altro affinché
ascolti, utilizzando a questo scopo la retorica
letteraria, ma anche di trascrivere in una vera e
propria forma letteraria l'insegnamento scientifico, in
modo da permetterne la diffusione più ampia
possibile.
Per
questo
la
sottovalutazione
degli
studi umanistici che si
sta verificando nelle
scuole di tutti i Paesi
avanzati è estremamente
pericolosa. Si corre il
rischio non tanto di
perdere la memoria di
fonti
preziose,
ma
addirittura
di
non
rintracciare più l'uomo
che è in noi, che invece
va ricercato ogni giorno,
riscoperto,
valorizzato.
Come affrontare le sfide
che giorno dopo giorno
ci vengono imposte, le
difficoltà
della
globalizzazione, le sempre più massicce immigrazioni,
se i sistemi di istruzione non riescono a porre al
centro delle loro attività la costruzione di un soggetto
che il mondo moderno rischia di vanificare e di
disperdere?
"Dobbiamo riconoscere che la scienza si autolimita
e non invade campi che esulano dalla giurisdizione
dei rapporti causali e quantificabili. Significa anche
che il sapere scientifico non ha validità rispetto ad
alcune delle nostre maggiori ansie" [2]. La
letteratura, così come l'arte, potrebbe anche non
servire a nulla, ma avrebbe ugualmente un posto
importante nella vita degli individui per il semplice
diletto che procura, per l'evasione che assicura, per il
[1] Da M. Luzzatto, Le inossidabili due culture, Linus, A. XLVI, n. 9, sett. 2010
[2] Da J. Starobinski, Dentro le acque di Scienza e Poesia, La Repubblica, 15, maggio 2002
[ ]
paesaggio interiore che coltiva e la nota segreta
che lascia dietro di sé. La letteratura, così come
l'arte e la musica, serve per vivere. Nell'esperienza
dei giovani, in particolare, fin dalla prima infanzia, il
mondo immaginario creato dalle favole, dai racconti,
dai romanzi, dalle poesie, ha un ruolo fondamentale
per crescere, è un nutrimento della mente e del
cuore, una chiave per leggere il mondo, per stare al
mondo, per far fronte alle prove inevitabili che
conducono all'età adulta. L'immaginario accumulato,
allora, sedimentandosi costituisce un serbatoio di
immagini, di figure, di luoghi indimenticabili, più veri
di quelli reali, più efficaci nel costituire percorsi stabili
della memoria, legami indelebili tra età e momenti
diversi della vita. La letteratura così vissuta poi
continua ad accompagnare l'adulto, lo riconduce alla
fantastica disponibilità infantile, lo trascina oltre la
realtà grigia del quotidiano, offre rifugi a portata di
mano, apre gli orizzonti di infinite altre vite. In un
mondo che moltiplica le reti di comunicazione e le
occasioni fittizie di svago, la letteratura offre argini
preziosi alla banalità e strumenti efficaci per penetrare
la crosta del consumo culturale. “La lunga tradizione
dei saggisti […] costituisce un patrimonio di contributi
e di riflessioni sulla condizione umana. Ma anche il
romanzo così come il cinema ci offrono ciò che è
invisibile alle scienze umane [e naturali]" [3].
Come i sassolini di Pollicino seminati nel bosco,
può servire a ritrovare la via nella foresta intricata del
vivere contemporaneo, delle moderne tecnologie e dei
media.
Bianca Beltramello
[3] Da E. Morin, La testa ben fatta, Cortina, Milano 2000
L'Occidente non è in grado né tantomeno vuole
affrontare i problemi sorti negli ultimi anni al'interno
dei rapporti con gli stati che non rispettano i diritti
umani. Ciò che impedisce un intervento significativo
europeo (e non intendo marce parigine, l'apoteosi
dell'ipocrisia negli ultimi mesi) contro il calpestare i
diritti dell'uomo, il terrorismo, il folle integralismo
religioso è la mentalità ipocrita, debole, ed
opportunista dell'Europa e dell'Occidente in generale.
Rapporto Europa - Stati che non rispettano i diritti
dell’uomo
L'uomo europeo si considera progressista,
tollerante e di larghe vedute. Vive, nonostante la crisi
(non solo economica) degli ultimi anni, nella parte
ricca del mondo. Soddisfa i più capricciosi desideri ed
ogni tanto si affaccia dall'altra parte del Mar
Mediterraneo, puntando il dito contro la disumanità
delle condizioni di vita in Africa, in Asia, in
Sudamerica. Ma l'europeo ama, dall'alto della sua
auto dichiarata superiorità, essere aperto a quello che
chiama diverso, nuovo, lontano. Zygmunt Bauman
afferma che "Le nostre vite hanno messo radici in un
multiculturalismo superficiale, una fascinazione per la
diversità che si esprime nel gusto per i cibi etnici o
per i festival del weekend, semplici flirt con ciò che
ci appare esotico". L'europeo accetta e prende ciò
che gli fa comodo delle altre culture, ma rifiuta
categoricamente tutto quello che è veramente diverso
dalla propria cultura ma soprattutto identifica un
popolo: la morale, l'etica, e anche la religione.
L'europeo non può non inorridire davanti a un
governo che impone l'obbligo di dare alla luce
soltanto un figlio, a una donna che è obbligata ad
azzerare la sua femminilità e ad essere declassata a
proprietà di un marito molto spesso non scelto da lei,
però il suo cellulare è fabbricato in Cina e le
automobili che vengono prodotte dalla sua nazione
sono esportate in Arabia Saudita. Ciò non significa
che bisogna chiudersi in sé stessi e inneggiare
all’autarchia, ma semplicemente fermarsi e chiedersi
quanto si è coerenti e difensori dei diritti umani.
Cecilia Strada, durante la cogestione di quest'anno,
ha detto che l'unico modo per evitare questa
contraddizione in termini è interrompere i rapporti,
diplomatici ed economici, con quegli stati che non
rispettano i diritti dell'uomo: questo significa che
l'europeo dovrebbe rinunciare a soddisfare i propri
piccoli capricci, ridimensionando il proprio stile di vita.
Medioevo islamico
Prendiamo in esame gli stati governati da un
governo integralista islamico. Sembra assurdo che,
per esempio, viga ancora la pena di morte, ma non
ci rendiamo conto di quello che, ora, gli stati islamici
stanno vivendo. Non è altro che un Medioevo,
esattamente come quello che l'Europa ha vissuto
dopo il crollo dell'Impero Romano. Un medioevo non
certo economico e commerciale, ma sociale. Piero
Ostellino sostiene infatti che "L'Islamismo è ancora
immerso nel Medioevo ed è soprattutto incapace di
uscirne", non solo perché la mentalità dei paesi
islamici è oggettivamente arretrata, ma anche perché
l'Europa è connivente: acquistando petrolio, vendendo
armi. E se le popolazioni oppresse da un
integralismo religioso non riescono, non possono o
non vogliono cambiare il proprio status quo, che
l'Europa dia un segnale decisivo: le decapitazioni, i
sequestri e gli attentati non possono essere tollerati.
Ma che questo segnale sia vero, concreto e non
ipocrita come le manifestazioni di Parigi a cui erano
presenti i rappresentanti di Egitto, Emirati Arabi,
Russia e Turchia, non di certo dei bonaccioni nei
confronti dei giornalisti o campioni di democrazia.
Thomas Mann scriveva che nel 1944 l'errore fu
"esercitare con troppa magnanimità il rispetto, mentre
non trovava nella parte avversaria altro che insolenza
e resolutissima intolleranza", esattamente come
l'Occidente si sta comportando con gli stati islamici
negli anni 2000.
Je ne suis pas Charlie
Il 7 gennaio 2015 sono morti i disegnatori di
Charlie Hebdo, settimanale francese satirico, uccisi da
due attivisti fondamentalisti islamici. In tutta Europa e
in tutto il mondo ci sono state manifestazioni al grido
di "Je suis Charlie", per rivendicare la libertà di
espressione, la libertà di criticare, il valore della
satira. Ma abbiamo mai preso in mano un numero di
Charlie Hebdo? Sfogliando in rete le vignette
dell'hebdomadaire parigino ci si può imbattere in un
"Le Coran, c'est de la merde!" che non è
esattamente una battuta satirica ma un insulto, e
anche banale. Non si tratta di libertà di espressione
ma di calpestare il credo di un'intera comunità che
vive al nostro fianco, comunità che pone la propria
fede religiosa su un piano diverso rispetto ad un
occidentale, magari anche ateo, o non praticante.
Ovviamente ciò non giustifica un attentato terroristico,
ma che non si inneggi alla libertà di espressione, se
intendiamo la libertà come chiusura in sé stessi e
disprezzo dell'altro. Per questa debolezza ed ipocrisia
di fondo l'Europa non è capace di imporsi nella
questione Islamica e continua a guardare, impotente,
donne che vengono lapidate perché adultere e
giornalisti che vengono decapitati perché occidentali. Il
silenzio europeo non è altro che un grido di
indifferenza, menefreghismo e falsità.
Anonimo
(
'
Il suo nome è Kristian Matsson, ma chi lo ha
ascoltato lo conosce col nome di Uomo Più Alto
Della Terra.
The Tallest Man On Earth è un ironicamente
basso ragazzo svedese, che ha passato metà della
sua vita a suonare un chiassoso rock nei più
disparati garage di Dalarna con la sua band
Montezumas, prima di innamorarsi della musica di
Bob Dylan; da allora la sua produzione musicale ha
subìto una svolta, passando dallo stile rockeggiante
dei Montezumas ad un folk più rustico, composto
solamente da una chitarra e dalla sua voce.
Fin dagli inizi ha cominciato a ritagliare consensi nella
critica svedese col suo primo album, nonostante sia
riuscito a puntare i riflettori su di sè solo dopo The
Wild Hunt, album firmato Dead Oceans che gli ha
assicurato un biglietto per il successo e un pubblico
in continuo aumento.
Matsson, con le sue capacità musicali degne di
un One Man Band, ha sempre composto da solo
tutte le sue canzoni, che possono vantare testi sia
allegri che malinconici, accompagnati da banjo,
chitarra o pianoforte, tranne nel suo terzo album
“There's No Leaving Now” dove per la prima volta
compare una band di accompagnamento.
The Tallest Man On Earth si può dire che tragga
ispirazione dalla natura; è a tutti gli effetti un
moderno figlio dei fiori, appassionato di tutto ciò che
possa esistere di hippie; dalle passeggiate a cavallo
nei boschi ai pomeriggi passati a suonare seduti sulla
)
cima di qualche collina, magari con una corona di
margherite in testa a completare il quadretto di un
cantautore nato nell'epoca sbagliata.
Probabilmente la natura svedese lo ha favorito
non poco nel portare avanti questo stile, e forse è
proprio per questo che la Svezia può vantare talenti
simili, mentre noi italiani dobbiamo accontentarci di
gente convinta che la neve cada ad agosto.
Come ogni hipster che si rispetti, Matsson è un
personaggio dall'animo tormentato, che si sente in
dovere di cantare di morte e di perdite, nonostante
nell'ultimo album sembri che la sua bipolarità
musicale si sia placata, stabilizzandosi su un mood
che, visti gli standard dell'individuo in questione, può
essere definito gioiosa euforia.
Il suo ultimo album, “Dark Bird Is Home”, è frutto
di una produzione itinerante, tutte le tracce sono state
registrate in luoghi diversi, dai granai agli studi di
registrazione di differenti Paesi, seguendo un viaggio
simbolico attraverso la mente di Matsson che, alla
fine, condurrà a casa.
Ovviamente, per restare in linea con il suo stile,
la vitalità trasmessa dal titolo è paragonabile a quella
che potrebbe esprimere la playlist preferita di un emo
autolesionista, ma, come già accennato,l'intero disco è
caratterizzato da arrangiamenti molto più allegri e
rilassati, che hanno spiazzato tutti i critici che si
aspettavano gli stessi toni malinconici che hanno
distinto lo svedese in buona parte dei suoi precedenti
lavori, forse addirittura accentuati dal recente divorzio
del cantante.
Per chi già conosce The Tallest Man On Earth,
“Dark Bird Is Home”rende omaggio ai suoi vecchi
cavalli di battaglia, portando avanti lo stile semplice e
pulito dello svedese, con qualche piccola novità che
contribuisce a non rendere monotona la sua
discografia.
Per chi non ha idea di chi sia l'Altissimo: bene!
Godetevi tutte le tracce, con la consapevolezza che
ci sono altri 40 gioiellini ad aspettarvi negli EP ed
album precedenti.
Fiammetta Morandi
Data la recente deadline per la consegna
dell’articolo e il crollo del nostro rendimento
scolastico, abbiamo deciso di utilizzare questo spazio
per spiegarne la ragione: the 100 (letto the
hundred, you n00b). Creata dalla rete televisiva
statunitense The CW, conosciuta principalmente per
Supernatural, Arrow e The Flash, e tratta da un
romanzo che non merita menzione, la serie è andata
in onda nel 2014 in America, e recentemente ha
iniziato ad essere trasmessa anche in Italia, che
come è noto è il nuovo terzo mondo della tv
(coughcough qualcuno ha detto Netflix?). E’
ambientata in un futuro post apocalittico, nel quale la
Terra è stata sconvolta da una guerra nucleare
globale, e l’umanità si è rifugiata in una stazione
spaziale, l’Arca, equipaggiata per la sopravvivenza
della specie. Cento anni dopo, in seguito a una falla
del sistema per il riciclo dell’aria, le normali misure di
controllo della popolazione, come la riduzione delle
nascite e l’esecuzione dei criminali maggiorenni, non
bastano più. Ecco allora la necessità di adottare
misure straordinarie: mandare sulla terra cento
prigionieri sotto i diciotto anni per verificare l’abitabilità
del pianeta. Nonostante la premessa da teen drama,
e per i primi episodi sembra quasi esserlo, gli
sceneggiatori sono riusciti a sviluppare trama e
personaggi in modo davvero incredibile: chiunque
appaia in scena, anche per pochi episodi, ha una
caratterizzazione che lo rende subito credibile e
riconoscibile, senza tener conto della perfettamente
calibrata evoluzione della personalità coerente con gli
avvenimenti (ricordiamoci che stiamo parlando di
adolescenti scaricati in un mondo di cui si sa ben
poco, che devono sopravvivere autonomamente:
praticamente “Il signore delle mosche” con l’aggiunta
di radiazioni). Ognuno agisce seguendo il proprio
interesse, e non ci sono eroi, solo protagonisti dalla
dubbia moralità. La serie sembrerebbe già perfetta,
ma riesce ancora a migliorare: badass female leads,
non so se mi spiego. Buona parte dei ruoli principali
è affidata a donne, che non sono lì per decorazione,
ma hanno una personalità, non sono fatte per essere
salvate e molto spesso risolvono la situazione. Sono
perfettamente alla pari con i personaggi maschili
(cosa rara in televisione), ed è proprio questo a
rendere le dinamiche del telefilm estremamente
interessanti e imprevedibili. Altra grande novità per la
tv americana: essendo l’Arca composta da più
stazioni spaziali internazionali, si hanno attori di
diverse etnie, cosa che sorprendentemente non ha
(ancora) scatenato rivolte in Louisiana e Texas.
Questo rende ancora più credibile il tutto. Oltre alla
grande diversity (ndr: ci siamo spaccati la testa a
cercare un sinonimo ma non c'è quindi vi
arrangiate), c'è un altro
elemento che rende
lo show credibile:
ottimi effetti speciali,
soprattutto a partire
dalla seconda stagione
tanto che la serie ha
ricevuto una nomination
per gli outstanding special
effects. Le occasioni per la
manipolazione digitale non
mancano certo, dato che si
va da cervi a due teste
e farfalle radioattive a
esplosioni di tutti i
tipi e epiche
battaglie, che di
notevole hanno
anche la grande
attenzione ai costumi,
che non sono solo adatti alla situazione e verosimili,
ma anche ben realizzati e studiati perché
contribuiscano
all'ambientazione
post-apocalittica.
Alcune delle poche note negative sono la lentezza
della storia e l'affidarsi a uno scandirsi dell'episodio
quasi determinato nella prima stagione, che però
viene completamente superato nel finale e lascia
spazio a una season 2 completamente imprevedibile
e incalzante. Scusate, ma ora che lo spot è finito ci
tocca andare a recuperare tutte le medie precipitate
nei più profondi abissi causa serie tv.
Ludovica D'Orsa,
Vittoria Tutucci
In seguito alla cogestione di quest'anno (magistralmente organizzata dai nostri irriducibili rappresentanti e dal resto
della commissione cogestione) il professor Quaglia e la professoressa del Viscovo hanno chiesto ai loro alunni di prima
di esprimersi sulle attività che hanno scelto, in modo da permettere a tutti, dato che i posti nelle singole aule erano
limitati, di scoprire di cosa si è parlato nei collettivi cui non hanno potuto partecipare. Ecco alcune delle loro
esperienze.
Come dovrebbe essere la scuola pubblica? Sarebbe bene che tutti si ponessero questa domanda.
È doveroso che se la ponga chi nella scuola pubblica insegna.
Di una cosa sono certo: non dovrebbe essere la scuola chiusa e ottusa che, vecchio profosauro qual sono,
ho fatto a tempo a sperimentare sulla mia pelle: una scuola dove gli insegnanti avevano sempre ragione a
prescindere, gli studenti non avevano diritto di parola, ogni stimolo proveniente dalla qualità andava evitato come un
pericoloso contagio.
Ma la situazione è davvero cambiata? Troppi insegnanti pensano tutt'ora di avere sempre ragione a prescindere,
guardano con pregiudiziale fastidio a tutto ciò che dicono gli studenti, considerano le proprie ore di lezione una
proprietà privata, sacra e inviolabile, che non può essere impiegata per altro che non siano le loro scolastiche
lezioni.
Per fortuna, però, certi diritti rappresentativi degli studenti, e dei loro genitori, sono ora sanciti per legge e non
pochi insegnanti sono aperti al confronto, capaci di mettersi in discussione, disponibili a lasciare spazio a questioni
non strettamente scolastiche.
È fondamentale, comunque, a quest'ultimo proposito, il ruolo svolto dalla Cogestione. È ufficialmente previsto dal
nostro liceo che ogni anno tre giornate siano dedicate a tematiche di vario genere che spesso non vengono
toccate a scuola. La Cogestione vive se un gruppo di studenti e di insegnanti la organizza e trova persone
disponibili. La Cogestione vive se la maggior parte degli studenti vi partecipa in modo serio e responsabile. Fa' in
modo anche tu che la Cogestione viva, se vuoi una scuola viva.
prof. Paolo Quaglia
"
"
Lo studente è in costante caduta, dall'iscrizione alle superiori fino alla maturità. Caduta libera. Ognuno sceglie
l''aereo' che più gli aggrada o l'altezza dalla quale vuole lanciarsi, ma il passo nel vuoto, prima o poi, lo devono
fare tutti. All'inizio i buchi nello stomaco si fanno sentire, altro che farfalle! Poi, col tempo, la situazione si
stabilizza, le correnti d'aria fredda ci vengono sempre incontro, ma sono ormai piacevoli,ci si gode il sole, il
paesaggio. L'impatto: alla fine giungerà il momento nel quale toccheremo terra, la paura che qualcosa vada storto
c'è, ma l'arrivo è sempre l'arrivo. Si ricorda il volo, fantastico, ma ora bisogna camminare.
Caduta libera, cinque anni di liceo. L'iscrizione come un passo nel vuoto, i buchi nello stomaco come i primi
tre o le prime lettere per le insufficienze, la 'tregua' quando ci si stabilizza relativamente sulla sufficienza, i 'drammi
adolescenziali' come le correnti d'aria fredda; gli amici, le passioni, le emozioni forti o gli amori come il sole e il
paesaggio; la maturità come l'impatto. Che siamo paracadutisti esperti o inesperti, possiamo dire che gli attimi in
cui si chiudono gli occhi e non si sente niente fanno sempre comodo. Che siano 365 secondi, metri, o quello
che volete, oppure i giorni, si è quasi sempre in travaglio: avremo dunque diritto ai nostri attimi ad occhi chiusi!
Per questi vi sono svariate soluzioni, ma una delle più produttive potrebbe essere la cogestione. In vacanza si
può oziare o meno, ma la cogestione garantisce all'incirca tre pomeriggi senza equazioni, disequazioni o algoritmi,
Dante, Boccaccio o Ungaretti, papiri di vocaboli in lingua straniera da imparare a memoria o registrazioni di
cinquanta minuti da sbobinare e, nel frattempo, ci consente (esonerati i 'balzoni') di apprendere e acculturarci su
ciò che più ci interessa.
Noi Einsteiniani godiamo della scelta tra una gamma alquanto vasta di film, che variano da quelli drammatici a
quelli storici, dibattiti, che spaziano da quelli sulla violenza sulle donne a quelli filosofici, e presentazioni, che vanno
da quelle riguardanti i viaggi studio a quelle su Milano e l'Expo. La nostra piccola 'società scientifica', ch si
potrebbe definire ben organizzata nella <<partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'impresa in cui lavorano>>,
è anche riuscita a portare nelle sue aule personaggi come i The Show, Zanetti e Pisapia (che afferma che vi sia
un grande affluire di gente, per l'Expo, "dalla Russia, dalla Cina e dalla New Yorka" e non ama molto i
congiuntivi).
Per garantire tutto ciò, questo acculturarsi in maniera differente dalle solite cinque ore giornaliere statici su sedie
di legno, bisogna però collaborare, a partire dalle iscrizioni, dall'ordine e da un minimo di diligenza: come studenti
(o insegnanti) facciamo parte della nostra piccola società e ne siamo in primis responsabili, dobbiamo fare le
piccole ed insignificanti gocce che, però, vanno tutte assieme a costituire l'oceano.
Lo studente è in costante caduta, dall'iscrizione alle superiori fino alla maturità. Caduta libera. Ognuno sceglie
l''aereo' che più gli aggrada o l'altezza dalla quale lanciarsi, ma il passo nel vuoto, prima o poi, devono fare tutti.
Dunque, caro studente, ormai ci sei dentro. Se vuoi i tuoi attimi ad occhi chiusi, se vuoi apprendere ciò che ti
piace senza essere incollato alla sedia, composto, minacciato da crocette, interrogazioni o "Extra Homework", sii un
doppio cittadino, italiano e Einsteiniano.
Cecilia Alberti
Mare Dentro è un film del 2007 diretto dal regista spagnolo Alejandro Amenabar.
Il protagonista, Ramon, è costretto a letto da trent'anni, accudito dalla sua famiglia. Il suo sguardo sul mondo
passa attraverso una finestra, quella della sua stanza, dalla quale immagina di poter tornare a quel mare per cui
ha tanto sofferto e nel quale ha avuto l'incidente che ha troncato la sua giovinezza.
Da allora, il suo unico desiderio è quello di mettere fine alla propria vita in maniera dignitosa. Per questo motivo
intenta una battaglia legale per il riconoscimento del diritto all'eutanasia.
Nella sua vicenda, Ramón viene assistito dalla famiglia del fratello, che ormai da 28 anni si prende cura di lui.
In questo periodo conosce Julia, un'avvocatessa affetta da una malattia neurodegenerativa. I due finiscono per
innamorarsi, e quando si rendono conto di non poter ottenere il consenso dei giudici meditano il suicidio insieme.
All'ultimo momento, tuttavia, la donna si rifiuta di compiere il gesto, lasciando Ramón solo e sempre più afflitto.
Interviene a questo punto una seconda donna, Rosa, un'amica di Ramon che, malgrado la sua avversione per
l'eutanasia, decide di aiutarlo nei suoi propositi. Sarà lei a porgergli il bicchiere in cui è stata sciolta la dose
letale di cianuro.
Finalmente Ramon può liberarsi di quella vita che da anni non sopportava più, non prima però di aver
registrato il suo ultimo appello sul diritto all'eutanasia volontaria per quanti soffrono.
Il film ci mette a contatto non solo con una richiesta determinata (il diritto all'eutanasia), ma con un'intera visione
del bene; Ramon ritiene che la morte corrisponda all'annullamento completo, ossia il ritorno al niente dal quale tutti
proveniamo.
In particolare il protagonista concepisce il suicidio come il compimento di qualcosa che il mare ha lasciato a
metà, un gesto paradossalmente 'bello' di fronte all'umiliazione quotidiana alla quale è costretto dal suo handicap.
La vicenda non vuole tuttavia elogiare l'individuo autarchico e padrone di se stesso, poiché Ramon in realtà
obbedisce ad una sorta di richiamo alla morte determinato dalla sua condizione: un 'mare dentro' impetuoso, che
gli impone un dovere assoluto.
Ramon resta dunque fedele alla sua dignità, e non prende mai neanche lontanamente in considerazione la
legittimità di posizioni diverse dalla sua. Lui reputa la morte, anche per suicidio, naturale: essa tocca a tutti e fa
parte della vita dell'uomo.
Saranno invece i suoi cari a soffrire per la dolorosa separazione finale.
"Mare Dentro" è un film che prende posizione, cercando tuttavia di evitare l'apologia del suicidio.
Esso vuole piuttosto sollecitare una riflessione complessiva su un tema poco dibattuto, sul quale spesso si
finisce per avere posizioni discordanti, un tema che molti preferiscono evitare.
L'eutanasia è un argomento che ha fatto molto discutere non solo in Spagna, ma anche in Italia con il caso di
Eluana Englaro. Dopo 17 anni di coma vegetativo ed estenuanti battaglie legali, la sua famiglia ha finalmente
ottenuto il diritto al 'suicidio assistito'. Hanno dovuto sostenere 11 anni di processi,15 sentenze della magistratura
italiana,1 sentenza della Corte Europea, l'opposizione del governo in carica,le proteste, le manifestazioni e gli
appelli di numerose associazioni cattoliche.
Se davvero la vita ci appartiene allora dovremmo poter decidere per essa.
Klevis Gjoka
Durante l'incontro "Antico e moderno possono convivere?", tenuto dal dott. Filippo Andreoli, è stato trattato il
tema delle trasformazioni architettoniche della nostra città. Negli ultimi anni sono state costruite nuove strutture che
hanno in parte modificato alcune zone di Milano, in particolare quella di Porta Nuova e quella dell'ex fiera. Queste
trasformazioni in realtà non sono le prime perché già negli anni '30 edifici, monumenti e anche interi quartieri sono
stati demoliti per ospitare edifici che erano per l'epoca all'avanguardia. Dal relatore sono stati citati diversi interventi,
fra i quali i tre riportati sono i più significativi.
Il primo riguarda piazza Missori, che fino agli anni '60 ospitava una grande chiesa in stile romanico che fu
demolita perché ritenuta 'ostacolo alla circolazione'. Oggi ne rimangono solo parte dell'abside a lato della piazza, la
cripta sotterranea (che è possibile visitare) e la facciata, che fu ricollocata sul Tempio Valdese nella vicina via
Francesco Sforza.
Il secondo ha interessato piazza San Babila, nella quale fino agli anni '30 era presente l'unico complesso di
edifici in stile neogotico veneziano della città, che fu brutalmente smantellato, perché considerato 'vecchio' e non in
linea con il progresso architettonico della zona.
Infine l'ultimo, forse il più 'drammatico', è quello al Palazzo Reale. Nel 1936 inizia la costruzione del Palazzo
dell'Arengario (oggi sede del Museo del Novecento) che avrebbe reso Piazza del Duomo uniforme alla vista
creando un asse fra la Galleria Vittorio Emanuele e i nuovi edifici. La costruzione però prevedeva la demolizione di
un'ala e di un cortile del Palazzo; quest'ultima fu effettuata e la costruzione terminò.
Queste trasformazioni nel corso del secolo scorso (e non solo) sono state in gran parte causate dalla
convivenza non sempre armoniosa di strutture antiche e moderne. Da qui il titolo 'Antico e moderno possono
convivere', perché in città metropolitane come la nostra, dove imponenti grattacieli sorgono di fronte a vecchie case
di ringhiera, una simile riflessione è d'obbligo.
Vittorio Leonardo Fagone
È importante sapersi immedesimare negli altri?
Il dibattito inizia con una spiegazione sull'importanza del saper comprendere i punti di vista altrui. Come cambia il
modo di vedere un'aula da varie angolazioni, così si modifica il modo di vedere un prodotto sul mercato in base
alle esigenze degli eventuali compratori e a come esse vengono soddisfatte.
Ecco il tema centrale dell'intervento sulle strategie del marketing e della comunicazione svoltosi durante la
cogestione.
La commercializzazione di un prodotto è un processo elaborato e gestito da ricercatori che si occupano di
individuare e selezionare i prodotti.
Fondamentale è anche la pubblicità; questa determina, infatti, il successo o meno del prodotto.
Con il termine pubblicità si intende quella forma di comunicazione di massa usata dalle imprese per creare
consenso intorno alla propria immagine ovvero per conseguire i propri obiettivi di marketing. La caratteristica
principale della comunicazione pubblicitaria è di diffondere messaggi attraverso i mass-media. L'obiettivo è che il
consenso si trasformi in atteggiamenti o comportamenti positivi da parte del pubblico o consumatore che non
consistano solo nell'acquisto del prodotto o servizio. Attorno al quesito se essa funzioni veramente o se aiuti solo
in minima parte, ci sono opinioni contrastanti.
Ma sta di fatto che ovunque vi è occasione di vederne manifestazioni (a livello statistico dai 300 ai 3000 al
giorno). Edward Bernays, pubblicitario del secolo scorso, ammette nel suo libro "Propaganda": "Coloro che hanno
in mano questo meccanismo(...) costituiscono (...)il vero potere esecutivo del paese. Noi siamo dominati, la
nostra mente plasmata, in nostri gusti formati, le nostre idee suggerite(...) loro tengono i fili".
A riguardo,la relatrice espone come esempi le campagne pubblicitarie, una fallita e una di grande successo, di
due yogurt condotte da due grandi aziende: la Kraft e la Müller.
La prima, nonostante il grande successo in altri paesi, in Italia è fallita a causa di una pubblicità poco
accattivante: per ironizzare sull'abbondanza di prodotti analoghi sul mercato sceglie uno slogan come : "Un altro
yogurt! Ce n'era veramente bisogno?".
Invece, la Müller ha proposto una campagna pubblicitaria vincente parallelamente alla produzione di uno yogurt
più gustoso, ha creato lo slogan diventato celebre "Fate l'amore con il sapore" [ndr: questa frase ha provocato un
attacco epilettico collettivo all'interno della redazione del giornalino], che nel giro di pochi mesi è diventata una
frase cult.
Leonardo Spreafico,
Riccardo Cavallari
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Il Papilloma virus è la principale causa del tumore al collo dell'utero, ecco perché con gli anni si è diffusa la
pratica, per le ragazze dai 9 ai 26 anni, di fare il vaccino contro questa malattia(anche se è più consigliato per
una fascia di età dagli 11 ai 15 anni).
In Sud America, Africa e India si conta un'altissima percentuale di tumori al collo dell'utero, poiché queste
nazioni non possiedono programmi di prevenzione a causa della loro povertà.
La ginecologa Daniela Fantini, durante il suo intervento per illustrare i benefici della vaccinazione contro il
Papilloma virus, ha sostenuto che chi ha la possibilità di fare la vaccinazione e non ne approfitta ha un rischio di
contrarre il tumore pari a quello di una donna di questi paesi; inoltre il vaccino non ha controindicazioni: su 3500
casi di contagio da Papilloma virus l'anno si registrano 1500 decessi, e di questi nessuno è riconducibile ad effetti
collaterali collegati al vaccino.
La dottoressa, nel corso dell'incontro, ha spiegato che il virus HPV va ad annidarsi in determinati punti, come il
collo dell'utero ed altre parti degli organi riproduttivi maschili e femminili, ma anche nella tiroide.
Esistono due test che si eseguono a distanza di dieci anni dalla vaccinazione, intorno ai venticinque anni, il
PAP-TEST e l'HPV-TEST: il primo serve per sapere se ci sono infezioni o se c'è il tumore al collo dell'utero,
mentre il secondo indica la presenza del Papilloma virus.
In Australia il vaccino è stato reso obbligatorio, infatti si è verificata una netta riduzione dei casi di tumori
all'utero.
È importante far capire che il vaccino opera per tutelare la donna non, come sostengono in tanti, per
penalizzarla.
La dottoressa ha ribadito che bisogna tutelarsi in tutti i modi possibili, con prevenzioni, ma soprattutto agendo
lucidamente in ogni occasione.
Francesca Giuzio
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ORIZZONTALI
1. Compose la "Sonata al chiaro di luna" - 10. Castello di... in un romanzo di Walpole - 11. Ninfa ridondante
- 12. Arabo letto di piume - 13. Confini di Antonio - 14. Lena senza pari - 15. Città tedesca resa celebre da
un trattato del 1122 tra Papa II e Enrico V - 17. Como sulle auto - 18. Vado in latino - 19. Dea
messaggera degli Dei - 20. Possono passarne infinite per un punto - 23. Nave a metà - 25. A quello gentile
rempaira sempre amor - 26. Gioachino, re di Napoli - 29. Mare senza consonanti - 31. Ne era la divinità
Mithra per i romani - 32. Nilde, Presidentessa della Camera dei Deputati - 35. Gemelle in moma - 36. John,
bassista dei Queen - 37. Tipo di farina
VERTICALI
1. Assemblea ateniese - 2. Alcol etilico - 3. Città ungherese - 4. Isola conosciuta anche con il nome di
Formosa - 5. Hacker news - 6. Animali simili alle foche - 7. Voce...spezzata - 8. Macchia della pelle - 9.
Altro nome con cui è conosciuto l'album Led Zeppelin IV - 13. Divinità norrena - 16. Abbreviazione di mister 17. È famosa l'ultima - 21. Arrabbiata - 22. Metà Enna - 24. Società statunitense produttrice di hardware e
videogiochi - 26. Coda di Como - 27. Divinità marina del mondo tolkieniano - 28. Fratello di Romolo - 30.
Ecc... a Londra - 32. Pronome determinativo latino singolare nominativo neutro - 33. Kore senza consonanti
Colui che in Arda recuperò un Silmaril e navigò
fino a Valinor per invocare l'aiuto dei Valar contro
Morgoth
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