Sommario in PDF - Cacucci Editore

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Sommario in PDF - Cacucci Editore
E. Ghera, S. Sciarra, U. Carabelli, M. Ricci, V. Speziale, M. Di Rienzo, M. Barbieri,
P. Chieco, V. Leccese, A. Uricchio, D. Garofalo, P. Curzio, C. Balducci, R. Bortone,
G. Roma, V. Peragine, S. Giubboni, R. Voza, V. Pinto, M. D’Onghia, L. Valente,
P. Albi, M. Aulenta, V. Bavaro, E. Fabrizi, S. Laforgia, G. Leone, M. McBritton,
A. Olivieri, V. Pasquarella, M. Raitano, A. Riccardi, M.L. Serrano, C. Spinelli, A. Vimercati
Flessibilità e tutele nel lavoro
Commentario della legge 28 giugno 2012 n. 92
a cura di
Pasquale Chieco
CACUCCI
EDITORE
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
© 2013 Cacucci Editore - Bari
Via Nicolai, 39 - 70122 Bari - Tel. 080/5214220
http://www.cacucci.it e-mail:[email protected]
Ai sensi della legge sul diritto d’autore e del codice civile è vietata la
riproduzione di questo libro o di parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilm, registrazioni o altro.
INDICE
Nota introduttiva
PASQUALE CHIECO
pag. 11
CAPITOLO PRIMO
Una “nuova” riforma del mercato del lavoro
EDOARDO GHERA
Le finalità della riforma del mercato del lavoro Monti-Fornero.
»
21
SILVANA SCIARRA
Monitoraggio e valutazione: la riforma nella prospettiva delle
politiche occupazionali europee.
»
37
ELENA FABRIZI, VITO PERAGINE, MICHELE RAITANO
Flessibilità e lavoro in Europa: la teoria economica e l’evidenza
empirica.
»
49
ROBERTO VOZA
Il contratto di lavoro a tempo determinato.
»
75
VITO LECCESE
A volte ritornano: il ‘diritto di ripensamento’ nel lavoro a tempo
parziale.
»
93
VITO LECCESE
La tenace sopravvivenza del ‘lavoro intermittente’ nell’ordinamento
italiano.
» 107
LUCIA VALENTE
Il lavoro accessorio
» 119
ANGELICA RICCARDI
Il contratto di somministrazione di lavoro.
» 133
CAPITOLO SECONDO
Flessibilità e lavoro: maggiori restrizioni
in entrata versus minori vincoli in uscita
SEZIONE PRIMA
Contratti di lavoro flessibile
5
SEZIONE SECONDA
Lavoro in formazione
MADIA D’ONGHIA
Il contratto di apprendistato
»
147
MARCO BARBIERI, MADIA D’ONGHIA
I tirocini formativi
»
173
VITO PINTO
La nuova disciplina delle collaborazioni a progetto.
»
199
ANGELICA RICCARDI
Il contratto di associazione in partecipazione.
» 233
SEZIONE TERZA
Lavoro autonomo
SEZIONE QUARTA
I nuovi licenziamenti:
le procedure, le sanzioni, il processo
MADIA D’ONGHIA
Le modifiche procedurali: comunicazione dei motivi, conciliazione
preventiva obbligatoria e revoca del licenziamento.
» 257
PASQUALE CHIECO
Il licenziamento nullo.
» 277
VALERIO SPEZIALE
Il licenziamento per giusta causa e giustificato motivo.
» 305
MADIA D’ONGHIA
I vizi formali e procedurali del licenziamento.
» 363
PASQUALINO ALBI
Il campo di applicazione della nuova disciplina dei licenziamenti.
Diversificazione del sistema rimediale ed effetti sulle garanzie
dei diritti.
» 381
UMBERTO CARABELLI, STEFANO GIUBBONI
Il licenziamento collettivo.
» 391
PIETRO CURZIO
Il nuovo rito per i licenziamenti.
» 407
6
CAPITOLO TERZO
La flexsecurity
nel rapporto e nel mercato del lavoro
SEZIONE PRIMA
Ammortizzatori sociali
DOMENICO GAROFALO
Il sistema pubblico di tutela della disoccupazione.
pag. 437
SEZIONE SECONDA
Cassa integrazione ed eccedenze temporanee
GIOVANNI ROMA
L’estensione dell’ambito di applicazione della Cassa integrazione
guadagni straordinaria.
» 543
SEZIONE TERZA
Fondi di solidarietà
VINCENZO BAVARO
Pubblico e privato nei fondi bilaterali di solidarietà.
» 555
STELLA LAFORGIA
Gli ammortizzatori sociali di fonte collettiva: i fondi di solidarietà.
» 565
ROBERTA BORTONE
Finanziamento, prestazioni e gestione dei fondi di solidarietà.
» 595
MASSIMO DI RIENZO
Obblighi di gestione e contabili dei fondi di solidarietà.
» 605
SEZIONE QUARTA
Politiche attive e servizi impiego
MAURIZIO RICCI
Servizi per l’impiego: analisi e prospettive alla luce della l. n.
92/2012.
» 623
VALENTINA PASQUARELLA
Gli interventi di raccordo tra politiche attive e passive.
» 639
ANTONELLO OLIVIERI
Condizionalità ed effettività nella l. n. 92/2012.
» 647
7
SEZIONE QUINTA
Apprendimento permanente
AURORA VIMERCATI
Apprendimento permanente e certificazione delle competenze:
strategie, soggetti e funzioni.
pag. 679
CAPITOLO QUARTO
Incentivi e tutele nel mercato del lavoro
SEZIONE PRIMA
Incentivi all’occupazione e promozione
della contrattazione e della partecipazione dei lavoratori
MONICA MCBRITTON
Incentivi all’occupazione dei lavoratori svantaggiati.
» 709
ANTONELLO OLIVIERI
Principi generali concernenti gli incentivi alle assunzioni.
» 717
LUCIA VALENTE
Sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo
livello.
» 727
GABRIELLA LEONE
La partecipazione dei lavoratori nella legge delega.
» 737
SEZIONE SECONDA
Lavoratori in condizioni di debolezza e tutele
MONICA MCBRITTON
Interventi a favore dei lavoratori anziani.
» 749
CATALDO BALDUCCI, MARIA LUISA SERRANO
La nuova disciplina delle dimissioni e della risoluzione consensuale.
» 759
CATALDO BALDUCCI, MARIA LUISA SERRANO
Sostegno alla genitorialità.
» 773
CARLA SPINELLI
L’inserimento al lavoro dei disabili: le novità della riforma
Monti-Fornero.
» 783
MONICA MCBRITTON
Interventi volti al contrasto del lavoro irregolare degli immigrati.
» 791
8
PASQUALINO ALBI
Sospensione dei mutui e cessazione dei rapporti di lavoro.
pag. 795
VALENTINA PASQUARELLA
La responsabilità solidale negli appalti.
» 799
VALENTINA PASQUARELLA
La clausola sociale nelle imprese ferroviarie.
» 819
CATALDO BALDUCCI, MARIA LUISA SERRANO
Il trasferimento di azienda delle imprese in concordato preventivo
e in ristrutturazione del debito.
» 823
CAPITOLO QUINTO
Ambito di applicazione e disposizioni finanziarie e fiscali
CARLA SPINELLI
Le nuove regole del mercato del lavoro e la loro (in)applicabilità
alle pubbliche amministrazioni.
» 833
ANTONIO URICCHIO, MARIO AULENTA
Disposizioni fiscali e finanziarie.
» 851
Elenco Autori
» 869
9
Nota introduttiva
Pasquale Chieco
I. L’introduzione al nostro “Flessibilità e tutele nel lavoro. Commentario
della legge 28 giugno 2012, n. 92” assume i tratti rapidi della presentazione
delle caratteristiche dell’opera, piuttosto che i contenuti sistemici dell’analisi
della riforma Monti-Fornero, perché funge da apertura a un volume collettaneo nel quale l’analisi di ciascuno dei molti istituti nei quali si articola la legge 92 affianca, al lavoro di stretta esegesi, una prima lettura sistematica delle
nuove discipline.
La struttura del volume riflette, ricomponendoli, gli snodi sistematici
della riforma e si sviluppa entro un percorso ricompreso tra il primo capitolo
– nel quale l’esame delle disposizioni di apertura della legge 92 in tema di
finalità (EDOARDO GHERA) e di monitoraggio e valutazione (SILVANA SCIARRA)
è accompagnato dalla verifica della congruità economica della scelte della
riforma, specie in tema di flessibilità (ELENA FABRIZI, VITO PERAGINE e
MICHELE RAITANO) – e l’ultimo capitolo – che saggia la tenuta della legge 92
sotto il profilo dei conti pubblici (ANTONIO URICCHIO e MARIO AULENTA),
ma anche in relazione alla scelta di tenere fuori dalla riforma il lavoro con le
pubbliche amministrazioni (CARLA SPINELLI).
Entro questa cornice, il commentario si articola nell’analisi dei due fuochi attorno ai quali ruota la legge 92, perlomeno nell’intendimento dei riformatori (EDOARDO GHERA).
II. Il primo fuoco, imperniato sul rapporto di continuità e di reciproca influenza tra flessibilità in entrata e in uscita, è oggetto del secondo capitolo e
propone, anzitutto (sez. I, II, e III), l’analisi delle diverse tipologie contrattuali toccate dalla riforma1 nell’intento di alzare l’asticella della loro convenienza, per renderla meno vantaggiosa in termini normativi ed economici.
In realtà, il percorso della regolazione è tutt’altro che lineare perché, fatta eccezione per il contratto di inserimento, non vi è un disboscamento ma
una conferma delle diverse tipologie di contratti “flessibili”, la cui manutenzione normativa non sempre riflette con pienezza l’intento (dichiarato dai riformatori) di diminuirne il tasso di convenienza. Infatti, la lettura dei commenti di questa parte della riforma ci consegna, dentro un quadro di ‘stretta’
complessiva della flessibilità in entrata (ancorché non sempre sufficiente o
1
ROBERTO VOZA (Contratto di lavoro a tempo determinato), VITO LECCESE (Lavoro a tempo
parziale e intermittente), LUCIA VALENTE (Lavoro accessorio) ANGELICA RICCARDI (Contratto di
somministrazione di lavoro e associazione in partecipazione), MADIA D’ONGHIA E MARCO
BARBIERI (Contratto di apprendistato e tirocini formativi), VITO PINTO (Collaborazioni a progetto).
11
efficace rispetto alle finalità perseguite), talune importanti deviazioni di percorso che sembrano puntare in una diversa direzione. In proposito, emblematiche risultano la nuova a-causalità del “primo rapporto” a termine (ROBERTO
VOZA) o, ancora, la disciplina delle collaborazioni autonome con prestazioni
soggette a IVA, altalenante tra i rigori dell’impostazione anti-fraudolenta e
gli allentamenti frutto del timore di soffocare attività effettivamente autonome (VITO PINTO); senza dimenticare la rivisitazione (al ribasso) della disciplina delle collaborazioni a progetto nell’ambito delle attività dei call
center (VITO PINTO), realizzata sotto la pressione di delocalizzazioni minacciate in risposta all’innalzamento degli standard dei corrispettivi imposto
dalla riforma.
Tralasciando per il momento queste ‘alterazioni funzionali’ delle finalità
dichiarate (v. infra) e tornando alla struttura duale del secondo capitolo, essa
si sviluppa (sez. IV) nell’esame della c.d. flessibilità in uscita. Ed è qui che
viene indagata la profonda riscrittura dell’art. 18 st. lav. e del suo regime
sanzionatorio2 e procedimentale3, con il corollario del nuovo rito per i licenziamenti4, senza peraltro trascurare l’analisi degli effetti a più ampio spettro
di tale riscrittura5: il tutto assecondando, nella struttura sistematica del commentario, il disegno riformatore che in questo intervento di ‘fluidificazione’
(dei licenziamenti ovvero) dell’uscita dal lavoro vede, a torto6, un ulteriore
strumento di contrasto all’abuso dei contratti di lavoro flessibile ovvero di
impulso in favore del lavoro a tempo indeterminato.
In realtà, la nuova formulazione dell’art. 18 st. lav. paga sul piano della
tecnica giuridica l’attitudine a raccogliere il consenso parlamentare della
“strana” maggioranza che l’ha approvata a colpi di fiducia (v. oltre). Ne risulta, così, una disposizione che, fatta eccezione per la disciplina unitaria del
licenziamento affetto da nullità, è estremamente contorta e, a tratti, oscura, in
quanto articola sanzioni reintegratorie e risarcitorie ripartendole entro ambiti
di applicazione – legati (non a fattori esterni, ma) ai motivi di illegittimità del
licenziamento e alle diverse gradazioni della loro antigiuridicità – che sembrano l’esito (incerto) dello scontro tra opposte fazioni e visioni, intente a
guadagnarsi spazio nella nuova regolazione7.
2
Con i commenti di PASQUALE CHIECO (licenziamento nullo), VALERIO SPEZIALE (licenziamento privo di giusta causa e giustificato motivo), MADIA D’ONGHIA (licenziamento privo dei requisiti formali), UMBERTO CARABELLI e STEFANO GIUBBONI (licenziamento collettivo).
3
Con l’analisi di MADIA D’ONGHIA.
4
Oggetto del commento di PIETRO CURZIO.
5
È la prospettiva dell’esame di PASQUALINO ALBI che parte dall’ambito di applicazione del
nuovo regime sanzionatorio per valutarne gli effetti sulle garanzie dei diritti dei lavoratori (specie
in tema di prescrizione).
6
Secondo le analisi, diversamente argomentate ma convergenti nelle conclusioni, degli economisti FABRIZI, PERAGINE E RAITANO (cap. I) e del giuslavorista SPEZIALE (cap. II, sez. II).
7
Il riferimento è al partito di maggioranza relativa (Popolo delle Libertà) e a quello più forte
della precedente minoranza parlamentare (Partito Democratico), che hanno sostenuto il Governo
del prof. Monti. È noto, infatti, che su molti degli istituti disciplinati nella legge 92 questi due par-
12
Di qui, nonostante le proposte interpretative di razionalizzazione sistematica del nuovo art. 18 st. lav. che nel commentario si sviluppano entro un confronto costante con le molteplici opzioni ricostruttive in campo, la corposa deduzione di questioni di legittimità costituzionale (VALERIO SPEZIALE), frutto proprio della diversificazione dei regimi sanzionatori che finisce per introdurre
soluzioni contraddittorie, trattando (molto) diversamente fattispecie simili8.
Non mancano, poi, effetti imprevisti, a tratti paradossali, conseguenti alla oggettiva difficoltà di intervento su istituti giuridici che interagiscono con
altre discipline e con gli assestamenti interpretativi e applicativi ad esse relativi. Ne costituisce esempio il nuovo regime sanzionatorio dell’inefficacia del
licenziamento che, con specifico riferimento all’atto di recesso privo di motivazione, prevede per le unità produttive con più di 15 addetti un indennizzo
compreso tra 6 e 12 mensilità, mentre nelle imprese con meno di 15 addetti
continua a operare la più pesante sanzione della nullità di diritto comune
(MADIA D’ONGHIA). E non meno emblematico degli effetti, certo, non voluti
è quello dell’impulso impresso dall’introduzione del nuovo regime sanzionatorio dell’art. 18 st. lav. alla (risalente) proposta interpretativa che ritiene
sanzionabile il licenziamento collettivo ‘ingiustificato’ con la nullità di diritto comune (CARABELLI, GIUBBONI): sanzione secca e (quindi) più incisiva
della (meramente) possibile reintegrazione prevista per il licenziamento individuale privo di giustificato motivo oggettivo.
Nel complesso, i nuovi regimi sanzionatori si innestano entro un ordinamento significativamente riformato dalla legge 92 anche sul versante delle
regole del processo, la cui durata, com’è noto, costituisce una delle ragioni di
maggiore criticità del sistema9. Tuttavia, sul punto, non vanno sottovalutati i
complessi problemi interpretativi che il nuovo rito, riservato alle controversie da
licenziamento “regolate” dall’art. 18 st. lav., pone sia sul piano delle delicate integrazioni con il sistema processuale civile (generale e del lavoro), sia su quello,
ancora più intricato, dell’individuazione delle altre domande (oltre quelle concernenti il licenziamento) proponibili con il nuovo rito. Si corre, infatti, il «forte
rischio di impegnare tempi e risorse del processo non per stabilire chi ha torto
titi avevano opinioni diverse, fondate su visioni spesso agli antipodi. E ciò vale, in particolare, per
la disciplina sanzionatoria del licenziamento e per la sua valenza nel “sistema” di diritto del lavoro,
intesa dagli uni (PD), quale architrave dell’effettività dei diritti e delle tutele costruite dalla legge
attorno ai lavoratori e, all’opposto, dagli altri (PdL), quale fattore di dissuasione all’utilizzazione
del contratto di lavoro standard a tempo indeterminato o, il che è lo stesso, di spinta all’uso abnorme della flessibilità.
8
Basti pensare alla “insussistenza del fatto” (art. 18, c. 4), sanzionata con la reintegrazione
nel caso di licenziamento basato su un (in)giustificato motivo soggettivo; sanzione che diventa
meramente possibile, perché rimessa alla valutazione discrezionale del giudice (non assistita, peraltro, da criteri legali di indirizzo), quando la insussistenza del fatto, addirittura “manifesta” (art.
18, c. 6), attenga a un licenziamento per (in)giustificato motivo oggettivo.
9
La (auspicata) velocizzazione del processo (v. infra) contribuisce a contenere le critiche alla
riforma per l’introduzione dei tetti agli indennizzi da licenziamento ingiustificato o inefficace, che
traslano sul lavoratore gli effetti negativi della durata del processo.
13
e chi ragione, ma semplicemente per stabilire quale procedura applicare»
(PIETRO CURZIO), compromettendo l’obiettivo della riforma di velocizzare i
processi e la definizione delle relative situazioni giuridiche.
III. Il secondo fuoco della riforma (capitolo III), è addensato, anzitutto,
attorno alla nuova assicurazione sociale per l’impiego (DOMENICO GAROFALO,
sez. I) che, superata la fase transitoria di ‘convivenza’ con gli altri ammortizzatori sociali (a cominciare dalla mobilità), è destinata a diventare (con la sola eccezione dei lavoratori agricoli) l’unica misura di sostegno al reddito dei
lavoratori involontariamente disoccupati fornita dal sistema pubblico di
welfare. La riforma, tuttavia, non riesce ad assicurare il pieno dispiegarsi della vocazione universalistica dell’Aspi che, nonostante il tendenziale abbassamento degli standard di tutela, non dà copertura agli inoccupati e neppure a
una parte degli stessi disoccupati, basata com’è sul possesso di un’anzianità
assicurativa e contributiva (DOMENICO GAROFALO).
In ogni caso, questa che appare come la parte più strutturata della riforma si connota, oltre che per un (limitato) intervento sulla Cassa integrazione
guadagni (GIOVANNI ROMA, sez. II), anche per l’istituzionalizzazione del
welfare aziendale, a complemento del sistema pubblico e in favore dei lavoratori
dipendenti dalle imprese non rientranti nel campo di applicazione della GIG.
Lo strumento è quello dei fondi di solidarietà (sez. III) la cui disciplina è tutta
incentrata sul filo sottile della separazione/integrazione tra il momento genetico privatistico e quello gestionale pubblicistico (VINCENZO BAVARO, STELLA
LAFORGIA, ROBERTA BORTONE), con le rilevanti criticità connesse all’adeguamento dei sistemi di bilateralità consolidati (VINCENZO BAVARO, STELLA
LAFORGIA) e i delicati riflessi di bilancio e patrimoniali (MASSIMO DI RIENZO).
Non manca, com’era ragionevole aspettarsi dall’approccio sistemico (specie) di questa parte della riforma Monti-Fornero, l’ennesima attività manutentiva
orientata alla promozione delle politiche attive del lavoro (sez. IV), che (ri)tocca
il livello essenziale delle prestazioni dei servizi per l’impiego (MAURIZIO RICCI)
e gli interventi di raccordo con le politiche passive (VALENTINA PASQUARELLA),
trovando un forte elemento di caratterizzazione nell’inasprimento della condizionalità (ANTONELLO OLIVIERI, MAURIZIO RICCI DOMENICO GAROFALO),
finalizzato a rafforzare l’obbligo di accettare offerte di lavoro pena la perdita
dello stato (e dei trattamenti) di disoccupazione.
Il tutto entro la cornice dell’apprendimento permanente (sez. V) che, con
le sue molte disposizioni, raccoglie l’ambizioso disegno della riforma di procedere alla complessiva (ri)organizzazione del sistema di istruzione e di formazione professionale – in una prospettiva di maggiore e più effettiva integrazione e in collegamento funzionale con le politiche occupazionali –, tanto
da apparire quale tessuto connettivo dell’insieme delle misure e degli interventi della legge 92 intesi a realizzare un mercato del lavoro inclusivo e
dinamico (AURORA VIMERCATI).
14
IV. Fra i due fuochi di cui si è detto, la riforma Monti-Fornero colloca, a
sostegno delle scelte effettuate e, in alcuni casi, a mo’ di correttivi (ad es.
dell’abrogazione del contratto d’inserimento), un insieme di disposizioni –
talune di grande impatto – che, proprio per questa loro funzione, sono oggetto di un’analisi coordinata e integrata (cap. IV).
È qui, in particolare (sez. I), che, accanto all’esame degli incentivi alla
contrattazione di II livello (LUCIA VALENTE) e a sostegno dell’occupazione
(MONICA MCBRITTON, ANTONELLO OLIVIERI), si colloca l’analisi delle disposizioni con le quali la legge 92 disegna la delega al Governo per l’introduzione di una regolamentazione organica degli istituti di informazione, di
consultazione e di partecipazione dei lavoratori, anche agli utili e al capitale
dell’impresa (GABRIELLA LEONE), che rappresentano, nell’economia della
riforma, i pilastri del modello auspicato di relazioni industriali, partecipate e
di stampo europeo.
Ed è ancora qui (sez. II), che, oltre al commento delle nuove disposizioni
a sostegno della genitorialità (CATALDO BALDUCCI e MARIA LUISA SERRANO),
si sviluppa l’esame delle misure che, in ragione delle condizioni di particolare debolezza, intervengono a tutela di lavoratrici e lavoratori dimissionari
(CATALDO BALDUCCI e MARIA LUISA SERRANO), anziani (MONICA MCBRITTON),
disabili (CARLA SPINELLI), immigrati (MONICA MCBRITTON), licenziati con
mutui in corso (PASQUALINO ALBI) o coinvolti in processi di ridefinizione
degli assetti produttivi e occupazionali dell’impresa (VALENTINA PASQUARELLA,
CATALDO BALDUCCI e MARIA LUISA SERRANO).
V. Nel complesso, la legge 92 ha un progetto ambizioso, una evidente
vocazione di governo complessivo del sistema lavoristico, che emerge con nitidezza proprio dall’ampiezza e dall’articolazione del suo contenuto. Quest’ultimo,
peraltro, va valutato considerando un tassello (strategico) del complessivo
disegno riformatore, che precede la legge 92, ma ne assicura, in certa misura,
la sostenibilità. Il riferimento è, ovviamente, alla riforma delle pensioni di cui
alla l. 22 dicembre 2011 n. 214 (di conversione del cd decreto legge “Salva
Italia”), con il progressivo innalzamento dell’età di accesso ai trattamenti di
vecchiaia (ancorati alla crescita delle speranze di vita) e la correlata abrogazione della pensione di anzianità in favore di un meccanismo di pensionamento “anticipato” costruito intorno a un mix di requisiti minimi contributivoanagrafici e di disincentivi economici.
E tuttavia, senza aprire, in alcun modo, a una (impossibile, in questa
sede) valutazione circa l’appropriatezza e la tenuta del disegno riformatore
complessivo10 del c.d. Governo dei tecnici e per rimanere, piuttosto, nel solco
10
Che imporrebbe, tra le altre cose, la considerazione della complessa (e ancora non definita)
questione dei c.d. “esodati” – apertasi per effetto della repentina posticipazione, disposta dalla l.
214/2011, dei requisiti di età per l’accesso ai trattamenti pensionistici – con tutti gli ingenti costi
(non programmati) conseguenti all’adozione degli interventi correttivi, capaci di incidere non poco
sul disegno di spostare risorse dal sistema pensionistico agli ammortizzatori sociali e alle connesse politiche attive del lavoro (ovvero, di spostare risorse da chi ha finito di lavorare a chi il lavoro lo cerca).
15
sin qui seguito della individuazione dei ‘formanti’ di quel disegno, va segnalata una vistosa “assenza” nella sistematica di un percorso legislativo orientato a toccare gli snodi di fondo della disciplina.
Anche qui il riferimento è ovvio e concerne l’area di crisi più intensa
dell’ordinamento giuslavoristico italiano che ha investito due dei tre pilastri
del nostro sistema di relazioni collettive e, specificamente, quello delle regole di individuazione e di misurazione della rappresentatività delle associazioni sindacali dei lavoratori (oltre che di quelle delle imprese) e quello, strettamente connesso, dell’efficacia della contrattazione collettiva:
l’uno e l’altro sottoposti agli scossoni dati dagli “accordi separati” alla
struttura della contrattazione collettiva, destinati a comporsi, in un mix
micidiale, con le criticità del disposto post-referendario dell’art. 19 st. lav.,
da un parte, e con la norma-monstre (per l’indefinita ampiezza del perimetro
e della profondità della sua portata derogatoria) dell’art. 8 della l. 148/2011,
dall’altra parte.
E tuttavia, pur scontando questa mancanza, va osservato che la legge 92
non si sottrae a una scelta di ‘sistema’, che traspare nell’uso della tecnica dei
rinvii ai contratti collettivi in funzione integrativa o sostituiva della disciplina
legale della flessibilità in entrata. Qui, infatti, il rinvio alla disciplina dei contratti collettivi stipulati dalle «organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei
datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale»
si completa con l’espressa previsione che tale disciplina può essere stabilita
«in via diretta a livello interconfederale o di categoria ovvero in via delegata
ai livelli decentrati». Viene così fissato un “primato” e, quindi, una “gerarchia” del livello nazionale (interconfederale o categoriale) rispetto a quello
decentrato, che mostra di voler superare la formulazione del rinvio in modo
indistinto ai contratti di livello nazionale e decentrato o tale, ancor più, da assegnare il primato direttamente alla contrattazione territoriale o aziendale.
È, però, evidente il limite di questo approccio parziale che mostra il fianco
alle incursioni della contrattazione di ‘prossimità’, realizzate in attuazione
della disciplina, diversamente orientata, dettata dal menzionato art. 8 della l.
148 del 2011.
VI. La legge 92 è il risultato di un percorso segnato da molteplici peculiarità, in quanto è stato piuttosto accelerato e disinvolto sul piano del confronto
con le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro (concluso con
una mera verbalizzazione delle diverse posizioni) e, ancora più, su quello del coinvolgimento delle autonomie locali (pressoché ignorate, anche sulle materie di
loro stretta inerenza: MAURIZIO RICCI), mentre ha trovato i suoi momenti più
complicati e delicati sul piano della ricerca della convergenza delle forze
politiche che, in forte contrapposizione sino al giorno prima, si sono ritrovate
a sostenere il Governo “Salva Italia” (dal titolo del suo primo provvedimento)
del prof. Mario Monti, presieduto e composto da tecnici.
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La riforma in commento è frutto, come si è ricordato, della strana maggioranza tra tali (diversissime) forze politiche ed è, quindi, in ultima analisi,
espressione di reciproche concessioni, a volte rintracciabili nella disciplina
del singolo istituto (emblematici gli equilibri espressi nella regolamentazione
del contratto a termine così come nella nuova formulazione dell’art. 18 st.
lav.: v. supra), ma, più in generale, testimoniate negli equilibri tra ‘comparti’
della riforma. È, probabilmente, in quest’ottica che deve leggersi la complessiva “stretta” sulla flessibilità in entrata in rapporto con l’abbattimento del
“tabù” della tutela reintegratoria dell’art. 18 st. lav.; ed è ancora in questa
prospettiva che va vista l’introduzione della nuova Aspi in relazione al mantenimento dell’indennità di mobilità ovvero del regime della CIGS straordinaria (DOMENICO GAROFALO).
La riforma Monti-Fornero (e, di riflesso, il nostro commentario) si è dovuta misurare con tre interventi correttivi, succedutisi nel corso di 6 mesi
dall’approvazione del 28 giugno 2012. Il riferimento è alla l. 7 agosto 2012
n. 134 (di conversione con modifiche del d.l. 22 giugno 2012, n. 83), alla l.
17.12.2012, n. 221 (di conversione con modifiche del d.l. 18 ottobre 2012, n.
179) e, infine, alla legge di stabilità del 24 dicembre 2012, n. 228.
Essi toccano diversi punti della legge 92, in alcuni casi di notevole importanza specie in materia di flessibilità in entrata (dal contratto a termine ai
rapporti di collaborazione; dal lavoro accessorio all’apprendistato) e di
flexsecurity (dalla Cig, all’Aspi e ai fondi di solidarietà), e modificano altresì
alcune importanti discipline che, in vario modo e misura, interagiscono con
parti della riforma Monti-Fornero (come il regime di solidarietà negli appalti
e i diritti dei lavoratori nel trasferimento di imprese in crisi).
L’idea che ne emerge è quella di un cantiere aperto, suscettibile di continui aggiustamenti anche in funzione degli ‘allarmi’ delle forze sociali ed
economiche rispetto agli impatti prodotti dalla legge nei diversi comparti e
settori: emblematiche le repentine e incisive modificazioni concernenti i contratti a progetto nei call center e le collaborazioni dei prestatori con partita
IVA (VITO PINTO) o, ancora, la riattivazione della CIGS appena abrogata, in
favore della imprese fallite, in liquidazione coatta amministrativa o in amministrazione straordinaria (GIOVANNI ROMA).
D’altro canto, questa sorta di approccio sperimentale della riforma sembra essere un suo dato strutturale, che trova espresso riconoscimento nel sistema di monitoraggio e di valutazione e nei previsti rapporti annuali sullo
stato di attuazione delle singole misure e sugli effetti prodotti “in termini micro e macro economici” che, per l’appunto, lasciano presagire cambiamenti e
integrazioni funzionali all’effettivo andamento del mercato del lavoro, oltre
che al raccordo con le politiche europee e con la loro fitta rete di vincoli e di
limiti (SILVANA SCIARRA).
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