TAR, Sicilia – Palermo, sez. III, 11 gennaio 2007, n. 49

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TAR, Sicilia – Palermo, sez. III, 11 gennaio 2007, n. 49
TAR, Sicilia – Palermo, sez. III, 11 gennaio 2007, n. 49
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Terza, ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 4984/2004, Sezione III^, proposto da D. B., rappresentato e
difeso, per procura speciale notarile, dall’Avv. Giovanni Palermo,
elettivamente domiciliato in Palermo, via S. Meccio n. 22, presso lo studio
dell’Avv. Giovanna Millocca (come da comparsa di costituzione depositata
in data 3.4.2006);
contro
il Comune di Trapani, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e
difeso dall’Avv. Salvatore Ciaravino, presso il quale è elettivamente
domiciliato in Palermo, via S. Meccio n. 25, presso lo studio dell’Avv.
Saverio Lo Monaco;
per l'annullamento, previa sospensione,
“della deliberazione n. 144, adottata dal Consiglio comunale di Trapani il
15-07-2004, pubblicata all'Albo Pretorio il 25-07-2004 e comunicata in data
13-09-2004, con la quale è stato individuato, vincolandolo ai fini
dell’esproprio, il sito idoneo alla realizzazione di una discarica per rifiuti
inerti, nell'area di mq. 71.025, di proprietà del ricorrente D. B., ubicata in
località Agnone del Comune di Trapani ed iscritta al N. C. T del Comune di
Trapani al Foglio di mappa …, particelle … nonché di ogni altro
provvedimento prodromico, presupposto e conseguenziale, in quanto
gravemente lesivi dei suoi diritti ed interessi”.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata e le
relative difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il Cons. Calogero Ferlisi;
Uditi, alla pubblica udienza del 22 novembre 2006, i difensori delle parti
come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO
1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, D. B., proprietario di aree
interessate dalla localizzanda discarica per rifiuti inerti nella c.da Agnone
del Comune di Trapani, impugna il provvedimento di cui in epigrafe
chiedendone l'annullamento, vinte le spese, deducendo:
I) Violazione del Piano di gestione dei rifiuti in Sicilia, adottato con
ordinanza Commissariale n. 1166 del 18-12-2002.
L’impugnato provvedimento di localizzazione sarebbe stato adottato sulla
base di “sommarie indagini”, e per l’effetto non sarebbero state rispettate le
prescrizioni del “Piano di gestione dei rifiuti in Sicilia”.
In particolare, si fa osservare che tale Piano, “all'Allegato «n» stabilisce i
criteri minimi per la progettazione, la gestione e gli adempimenti
amministrativi per ogni tipologia di impiantistica indicando al punto 2
(Impianti di discarica per rifiuti inerti), in modo analitico, una serie di
divieti e prescrizioni per quanto concerne l'ubicazione e i criteri di
progettazione degli impianti di discarica in argomento”.
Viene prodotta, in tal senso, una relazione tecnica (a firma dell’Arch. V. S. e
dalla Dott.essa Bio-naturalista E. L. C.), da cui risulterebbe che “...fra il
perimetro dell'impianto e la formazione boschiva sita in prossimità dello
stesso - estesa 6000 ha - vi è una distanza di poco superiore ai 300 metri,
mentre la normativa vigente come sopra evidenziato, impone una distanza
minima di 500 metri”.
Sotto l’aspetto, geologico e geomorfologico, viene prodotto uno studio (a
firma del geologo, Dr. A. B.), nel quale viene messo in rilievo che:
- il sito della realizzanda discarica, sarebbe “... addirittura confinante con il
corso d'acqua Agnone, mentre la normativa sopra riportata prescrive che «i
siti idonei alla realizzazione di un impianto di discarica per rifiuti inerti
non devono ricadere in fiumi, torrenti e corsi di acqua e le relative sponde o
piede per una fascia di 300 metri ciascuna»”.
- “... la scelta ... risulta inficiata ... da elementi negativi di inconfutabile
rilevanza” come sarebbe peraltro provato da un decreto della Prefettura di
Trapani, dell’11 gennaio 2003, n. 57/02/SRU, nel quale si è “... imposto che
la «strada prevista in adiacenza al torrente Agnone dovrà essere realizzata
alla distanza di metri 10 dalla sponda dello stesso»”, il che smentirebbe il
fatto che “tra il perimetro del sito della realizzanda discarica ed il corso
d'acqua (rectius: le relative sponde) vi sarebbe ... una fascia di rispetto
superiore ai 300 metri”.
In particolare la P.A. non avrebbe tenuto conto dei seguenti fattori negativi
di cui all'Allegato n) dei Piano dei Rifiuti della Regione Sicilia:
“A)- Forme, processi e depositi gravitazionali quali:
“- orli di scarpata di degradazione;
“- distacco di blocchi eterometrici;
“- detriti di falda derivanti dall'erosione delle rocce carbonatiche affioranti
e relativo “accumulo alla base del pendio.
“B)- Forme di erosione dovute alle acque correnti superficiali quali:
“- vallecola a V originata per azione del corso d'acqua Agnone;
“- ruscellamento diffuso;
“ruscellamento concentrato.
Infine, non si sarebbe tenuto conto della “presenza di una pozza d'acqua,
che non esclude la possibile esistenza di una sorgente nei detriti di falda e
l'esistenza di una falda idrica superficiale”.
Il che, peraltro, avrebbe richiesto l’acquisizione “... del nulla osta dei
competenti organi regionali” a mente del punto 2.1.1. dell'allegato n) del
detto Piano. Né il Comune potrebbe pretendere “... di sanare ex post le
carenze testé esplicitate ... per assoluta mancanza di idoneità materiale e
fisica dell’area”.
Sotto altro profilo, si fa osservare che nel caso di specie non sussisterebbero
nemmeno i fattori preferenziali previsti dal Piano regionale al punto 2.1.2.
dell'Allegato n) stante che il sito prescelto dal Comune di Trapani sarebbe,
lontano “da insediamenti produttivi, da vie di accesso e di collegamento
stradale e ferroviario, da bacini di produzione ..., da dotazione di
infrastrutture che non esistono, da aree degradate e cave abbandonate,
anch'esse inesistenti”.
2) Violazione dell’art. 1 del D.Lgs 13 gennaio 2003, n. 36 e relativo
Allegato 1.
Gli stessi profili di illegittimità sopra evidenziati finirebbero “...per
integrare altresì la violazione dei principi e delle finalità del D.Lgs. 13
gennaio
2003,
n.
36,
attuativo
della
direttiva
1999/31/CE”,
caratterizzandosi l’area per il fatto di “essere esondabile” e soggetta a
“processi di dissesto attivo”, come evidenziato nella citata relazione di
consulenza del geologo Dr. B.
Ciò contrasterebbe con i criteri stabiliti in materia nell’Allegato 1 (Criteri
costruttivi e gestionali degli impianti di discarica), di cui al citato D.Lgs. 13
gennaio 2003, n. 36, attuativo della direttiva 1999/31/CE, il quale prescrive
che " le discariche non devono essere normalmente localizzate: “1)- in aree
dove i processi geologici superficiali quali l'erosione accelerata, le frane,
l'instabilità dei pendii, le migrazioni degli alvei fluviali, potrebbero
compromettere l'integrità della discarica; 2)- in aree esondabili, instabili ed
alluvionali".
Nessuna approfondita analisi pertanto avrebbe “preceduto la scelta del sito
contro cui si ricorre, ne d'altra parte è stata effettuata alcuna valutazione
delle piene con tempo di ritorno di 50 anni, come prescritto dal predetto
Allegato 1”.
III) Violazione di legge: artt. 1, 4 e 10 della L.r. 6 aprile 1996, n.16 e del
D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, e del Piano di Gestione Rifiuti Sicilia
4/12/2002, adottato con Ordinanza Commissariale n. 1166 del 18 dicembre
2002, in quanto:
- la legge regionale n. 16/1996, sul riordino della legislazione in materia
forestale
e sulla tutela dell’ambiente “... è orientata alla difesa del
territorio, specificamente alla salvaguardia dei comparto agricolo ...
perseguendo l'incremento della superficie boscata”;
- “la scelta dell’Amministrazione di destinare i terreni del ricorrente a
discarica, sul falso presupposto, dichiarato ma non comprovato, del
recupero ambientale della zona”, si porrebbe in contrasto, “non solo
rispetto alla vocazione naturale dei lotti interessati dalla proposta di
intervento, ma altresì rispetto all’obiettivo primario della tutela
dell'ambiente, mediante la stabilizzazione ecologica del contesto territoriale
di riferimento, così da prevenirne il dissesto idrogeologico, che invece viene
favorito proprio dalla realizzazione della discarica di cui si discute”;
- in particolare, poi, il perimetro della realizzanda discarica sarebbe “...
addirittura adiacente al torrente Agnone, mentre rispetto alla formazione
boschiva estesa 6000 ha (per ciò stesso qualificabile «bosco» a tutti gli
effetti di legge), dista da essa ... poco più di 300 metri”.
IV) Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed illogicità manifesta.
La scelta del sito farebbe leva sull'assunto “dello stato di degrado dei
luoghi costituenti una ex cava” che in effetti non esiste. A tal fine si
richiamano le “ritrazioni fotografiche, allegate alle relazioni dei consulenti
tecnici incaricati dal Dr. B. D., le quali anche ictu oculi rivelano non già i
segni di una cava, bensì di un ambiente selvaggio che se lasciato
indisturbato, fa presagire un totale recupero delle valenze naturali che
l'area è in grado di esprimere”. Sicché non si comprenderebbe “... quali
finalità od interessi pubblici miri a perseguire la delibera impugnata,
realizzando essa piuttosto la radicale immutazione di un luogo avente le
caratteristiche di un ambiente naturale da salvaguardare e non da
modificare o recuperare”.
V) Eccesso di potere per istruttoria insufficiente.
La P.A. non avrebbe “adeguatamente motivato, in relazione alle
caratteristiche e alla consistenza dei rifiuti c.d. inerti, sulla eventuale
compromissione della stabilità del terreno, né sul depauperamento
dell'ambiente e sul regime delle acque”, tanto che non avrebbe compiuto
alcuna indagine sulla esistenza “... della pozza d'acqua emergente in
superficie, che rivela la presenza in sito di una sorgente attiva, meritevole
di essere salvaguardata”.
Conclude, il ricorrente, osservando come “il giudice amministrativo abbia il
potere di accertare tutti i presupposti di fatto della fattispecie dedotta in
giudizio,
ivi
compresi
i
processi
conoscitivi
seguiti
dalla
p.a.
nell'emanazione dei provvedimenti che incidono nella sfera giuridica dei
privati, ancor più se trattasi di diritti di proprietà”, sicché andrebbe
valutata “l’opportunità di disporre una consulenza tecnica per valutare lo
stato dei luoghi e l'inosservanza delle fasce di rispetto di cui ai motivi di
ricorso”.
2. Con comparsa di costituzione depositata il 3.4.2006 si è costituito in
giudizio, in sostituzione dell’originario procuratore, per il ricorrente, l’Avv.
G. P., giusta procura speciale notarile del 6.3.2006, insistendo per la chiesta
consulenza tecnica.
3. Per resistere al ricorso si è costituito in giudizio il Comune intimato che
con rituale memoria difensiva contesta la fondatezza del ricorso
concludendo per il suo rigetto con ogni conseguente statuizione sulle spese.
4. Con ordinanza collegiale n. 2159 del 8 dicembre 2004 è stata respinta
l'istanza di sospensione del provvedimento impugnato.
Tale ordinanza è stata annullata, in grado d’appello, dal C.G.A., con
ordinanza n. 419/2005, ritenendo doversi approfondire nel merito “alcune
questioni di fatto relative alla sussistenza o meno di una pozza d'acqua e di
una falda idrica di superficie nonché l'esatta distanza tra il perimetro del
costruendo impianto e la vicina formazione boschiva ".
5. Il Comune in data 10 novembre 2006, e con specifico riferimento alla
motivazione addotta dal Giudice d’appello nella citata ordinanza cautelare
n. 419/12005, ha prodotto memoria rappresentando che:
a) - “in data 17 febbraio 2005 presso la Prefettura di Trapani si è tenuta
una conferenza di servizi avente ad oggetto l'«approvazione del progetto di
discarica per rifiuti inerti, da realizzarsi in c.da Agnone... per un'estensione
di mq. 71.025 presentato dal Comune di Trapani adeguato al D.L.vo
36/03»”;
b) - per quanto concerne la pozza d'acqua, l'Ufficio del Genio Civile con
nota prot. n. 19741 del 25 novembre 2005, indirizzata per conoscenza anche
all’odierno ricorrente ha ribadito il contenuto di una precedente nota n.
10340 del 29.6.2005 specificando che “... non risulta alcuna richiesta o
comunicazione da parte della Ditta D. B. in ordine alla pozza d'acqua in
argomento” e “... che dai verbali dì constatazione redatti da funzionari di
quest’Ufficio in data 16.11.2005 e in data 23.11.2005 ... risulta che la base
della pozza di cui trattasi è infestata di muschio filamentoso acquatico, che
l'acqua in essa contenuta è di colore torbido e che la portata acqua
rinvenuta nella pozza in questione è pari a l\s. 0,10. Pertanto, la
sopraccitata portata non può avere alcuna rilevanza dal punto di vista di
utilizzazione per uso idropotabile";
c) - per quanto concerne il torrente Agnone, il Comune fa presente che:
1°) il torrente, di proprietà demaniale, “... risulta totalmente interrato con
materiale arido e viene utilizzato per il transito di automezzi anche pesanti
adibiti al trasporto di materiali di cava" (come da relazione del Capo
Settore T.A. del Comune del 20 ottobre 2006);
2) nella certificazione dello stesso Capo Settore del 20 ottobre 2006, si
attesta che "il toponimo catastalmente denominato Torrente Agnone (NCT
di Trapani, foglio di mappa n. …), ancorché non riscontrabile nelle
cartografie in possesso di questo Comune, non risulta vincolato ai sensi
dell’art. 142 del D.L.vo n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del
Paesaggio - ex legge n. 431/1985)";
- dalla nota prot. n. 4375 del 24.5.1994 della Soprintendenza BB.CC.AA. di
Trapani, con l'allegato elenco delle acque censite, risulta che il torrente de
quo “non è inserito nell'elenco dei corsi d'acqua censiti e di rilevanza
pubblica”.
d) - circa la “distanza tra il perimetro del costruendo impianto e la vicina
formazione boschiva" si deduce che con ordinanza commissariale n. 1260
del 30 settembre 2004 è stata modificata la precedente ordinanza n.
1166\2002, e nell’Allegato n. 3 non si prevede più “alcuna distanza
inderogabile tra il perimetro della discarica e le formazioni boschive”. Di
talché, la distanza (superiore ai 300 mt.) rilevata dal ricorrente, non
impedisce la realizzazione della discarica, sol che “l'Autorità legittimata a
vigilare la compatibilità esprima il proprio parere favorevole”; parere che
nella specie è stato regolarmente rilasciato dal competente Ispettorato
Ripartimentale delle Foreste in seno alla conferenza di servizio del 26
novembre 2002 ed in quella del 17 febbraio 2005);
e) - per quanto concerne il rischio geologico, il Comune sostiene che lo
stesso verrebbe “enfatizzato in ricorso”, e richiama una allegata relazione
tecnica redatta dal geologo che ha curato il progetto (Dr. G.), nella quale si
conferma “l'idoneità del sito alla destinazione per la quale è stato scelto (v.
relaz. cit., pag. 8, 2° periodo)”.
6. Alla pubblica udienza del 22 novembre 2006, presenti i difensori delle
parti - che si sono riportati agli scritti difensivi insistendo nelle relative
conclusioni - la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorrente, al fine di contestare la scelta operata dal Comune circa la
localizzazione della discarica per materiali inerti di cui in epigrafe, si
richiama ai criteri stabiliti nell’ordinanza n. 1166 del 18-12-2002,
contenente il Piano di gestione dei rifiuti in Sicilia, adottata dal
Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Sicilia, ed alle vigenti
disposizioni di legge in tema di difesa del suolo e degli ambienti naturali.
Assume, in sostanza, che la scelta del sito in argomento sarebbe illegittima
sia per la presenza dei “fattori negativi” e la contestuale assenza dei “fattori
preferenziali” indicati nella predetta ordinanza commissariale, sia per la
violazione delle distanze dal vicino bosco, nonché per l’omessa
considerazione della presenza di una pozza d’acqua sorgiva ed infine per
l’inesistenza (diversamente da quanto espressamente ritenuto dalla P.A.) di
una “ex cava” da recuperare sotto il profilo ambientale.
2. Gli argomenti addotti in ricorso non convincono il Collegio, anche perché
non appaiono del tutto esaustivi sotto il profilo della
disamina della
sottostante e pregressa attività istruttoria svolta dalla P.A. ed in particolare
dei vari pareri favorevoli espressi dagli Organi tecnico-amministrativi
competenti.
Ed invero, la localizzazione, in genere, di un’opera pubblica, contemplata in
un progetto regolarmente approvato, si configura come atto terminale di un
complesso ed articolato procedimento, nel quale intervengono numerosi
organi tecnici ed istituzionali di vario livello, quindi di una complessa ed
esauriente istruttoria tecnica che nel suo insieme costituisce essa stessa
motivazione della localizzazione dell’opera progettata (cfr. in materia Cons.
St., Sez. VI, 2/4/1997, n. 535).
Sotto lo specifico profilo procedimentale, allora, non si può non rilevare
come dagli atti di causa risulti che:
A) Il “progetto” relativo alla discarica in parola è stato a suo tempo
esaminato nella conferenza di servizio del 26.11.2002 con il sostanziale
consenso di tutti gli Organi tecnici preposti, tra cui il parere favorevole di
un apposito “Nucleo di Valutazione” istituito ai sensi dell’Ordinanza del
Ministero dell’Interno n. 2983 del 31.5.1999 (“Immediati interventi per
fronteggiare la situazione di emergenza determinatasi nel settore dello
smaltimento dei rifiuti urbani nella regione siciliana”; in Gazz. Uff. Rep. 8
giugno 1999, n. 132). Indi, il Prefetto di Trapani con decreto
dell’11.01.2003, visto il verbale della predetta conferenza di servizio ed i
pareri favorevoli espressi dai “rappresentanti degli enti interessati” ivi
compreso quello del predetto “Nucleo di Valutazione”, ha approvato il
progetto con annessa “valutazione di impatto ambientale” ai sensi dell’art.
27 D.L.vo 22/1997. Su tali dati di fatto, e sul sottostante procedimento di
valutazione tecnica delle caratteristiche del sito, il ricorrente nulla deduce di
specifico;
B) La delibera impugnata (basata, tra l’altro, su di una “relazione tecnica”
del 15.06.2004 redatta dall’Ing. D. F.) si limita a “prendere atto del Decreto
Legislativo n. 22 del 5.2.1997 art. 27”, ad “individuare” il sito della
discarica
nel rispetto del (sopravvenuto) D.L.vo n. 36 del 13/01/2003 e
quindi a “prendere atto” che, per realizzare la discarica, “necessita attivare
la variante” urbanistica, la quale “ai sensi e per gli effetti dell’art. 27 del
D.L.vo n. 22 del 05/02/1997, verrà ad essere costituita, dal punto di vista
formale e sostanziale, con l’approvazione del progetto definitivo da parte
dell’Organo competente”. Ma ancora una volta, sui dati specifici di tale
speciale e complesso procedimento (e sulla sottostante favorevole attività
istruttoria), nulla viene precisato in ricorso;
C) Il Genio Civile di Trapani ha espresso parere sostanzialmente favorevole
già in data 25.11.2002 (cfr. copia in atti), richiedendo solamente (come
verrà ribadito nella conferenza di servizio del 2005 di cui si dirà in seguito):
- che fossero previste opere di “ricostituzione” dell’alveo del “torrente
denominato Agnone” al fine “di ottenere un regolare deflusso dell’acqua”;
- che fosse valutata la reperibilità di altra area meno distante da Trapani, ma
ciò per ragioni di ordine finanziario (“i costi di trasporto potrebbe risultare
molto elevati”; così nel parere citato);
D) Nell’elenco delle acque pubbliche inviato - fin dal 1994 - dalla
Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Trapani al Comune di Trapani non risulta
indicato alcun “Torrente Agnone”, ai fini della preventiva autorizzazione
della medesima Soprintendenza ex art. 7 L. 1497/1939 e L. n. 431/1985;
F) In data 17 febbraio 2005 presso la Prefettura di Trapani si è tenuta una
nuova conferenza di servizio per adeguare il progetto, già approvato nel
2002, sia al D.Lgs. 13-1-2003 n. 36 (“Attuazione della direttiva 1999/31/CE
relativa alle discariche di rifiuti”), sia alle nuove disposizioni di cui al
D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (“Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”); ed anche
in questa occasione i vari Organi tecnici presenti hanno espresso parere
favorevole;
E) L’Assessorato regionale Territorio ed Ambiente, con nota del 4.8.2005
prot. n. 48935, ha chiarito (in risposta a precedente nota del Comune di
Trapani del 7.7.2005, prot. n. 6916) che il Commissario delegato per
l’emergenza rifiuti in Sicilia “ha autorizzato e finanziato la discarica in
oggetto per una volumetria di 100.000 mc., escludendo di fatto il relativo
progetto dalla valutazione d’impatto ambientale prevista dall’art. 5 del
D.P.R. 12.04.1996 e ss.mm.ii.”. Epperò, anche relativamente a questi ultimi
passaggi procedimentali, non sembra che parte ricorrente svolga
chiaramente ed esaustivamente (come pure sarebbe stato suo onere) le
proprie censure.
Per il resto non si può non osservare come secondo la giurisprudenza, in
tema di autorizzazione alla realizzazione di una discarica di rifiuti, la
valutazione degli aspetti ambientali e sanitari debba essere esternata sin dal
primo atto della sequenza procedimentale che conduce alla concreta
realizzazione della discarica; di guisa che la motivazione deve riferirsi alla
fase dell'approvazione del progetto generale dell' impianto, con particolare
riguardo alla congruità della sua localizzazione (Cons. St., Sez. V, 1347 del
30 settembre 1998); ossia proprio a quella fase procedimentale che il
ricorrente trascura quasi totalmente nelle prorie difese.
3. In termini generali, il Collegio osserva, altresì, come la localizzazione di
una discarica di rifiuti (di qualsivoglia natura) costituisca inevitabilmente
una alterazione dell’habitat naturale, sicché il paradigma “astratto” del
rispetto dell’ambiente non può mai costituire (salvi casi macroscopicamente
assurdi) parametro adeguato ed assoluto di valutazione della legittimità
delle scelte operate dall’amministrazione.
La localizzazione delle pubbliche discariche è essenzialmente basato su di
un “bilanciamento” di interessi contrapposti (la tutela dell’ambiente, da un
lato, ed il necessario smaltimento dei rifiuti, dall’altro) ed il sottostante
sillogismo logico-giuridico non può che definirsi in termini di “relatività”,
ossia di verifica della compatibilità tra gli interessi suddetti (o, se si vuole,
in termini di massimo risultato di efficienza nello smaltimento e di minimo
sacrificio dei valori ambientali e naturalistici coinvolti nel caso concreto).
Tanto è vero che costante giurisprudenza ritiene ex sè illegittimo il diniego
di un’autorizzazione all’esercizio di una pubblica discarica di R.S.U. basato
sul solo presupposto della destinazione agricola del terreno interessato, in
quanto la classificazione urbanistica di aree come agricole (e quindi
ambientalmente ancora integre) non impone un obbligo di utilizzazione
effettiva in tal senso e consente, di regola, interventi edilizi di vario genere;
con la conseguenza che, nell'ambito e nei limiti delle prescrizioni di zona, e
salve diverse previsioni normative, può risultare non incompatibile la
realizzazione di un impianto di discarica che, per ovvie ragioni, non può che
essere ubicato in aperta campagna e quindi in zona agricola, se il piano
regolatore generale non preveda apposite localizzazioni (Cons. St., Sez. V,
18 marzo 2002, n. 1557) .
In tale ottica, la localizzazione di una discarica si pone come determinazione
amministrativa basata in massima parte su valutazioni di puro merito, come
tali riservate all’esclusiva ponderazione dell’amministrazione agente e dei
suoi organi tecnici. Correlativamente, in sede giurisdizionale di legittimità,
la sindacabilità dei relativi provvedimenti è ammessa (a parte gli eventuali
specifici profili di violazioni di legge) entro i noti e ben ristretti limiti
dell’eccesso di potere per manifesta irrazionalità in relazione ai particolari
presupposti, di fatto e\o di diritto, presi in considerazione nel caso concreto.
Applicando tali considerazioni al caso di specie, il Collegio
ritiene,
pertanto, di dovere precisare fin d’ora che i motivi del ricorso in esame sono
da ritenersi ammissibili - e quindi possono essere esaminati - entro i limiti di
sindacato giurisdizionale sopra specificato.
4. Quanto ai dati di fatto cui si richiama il ricorrente, va osservato che dalla
produzione documentale dell’Amministrazione, depositata in data 27
ottobre 2006, emergono i seguenti elementi di giudizio:
a) il c.d. Torrente Agnone, pur indicato nelle planimetria del catasto terreni
di Trapani, non risulta censito nella cartografia ufficiale e “non risulta
vincolato ai sensi dell’art. 142 del D.L.vo n. 42 2004 (Codice dei Beni
Culturali e del Paesaggio - ex legge n. 431/1985)" - così nella certificazione
in atti del Capo Settore T.A. del Comune di Trapani del 20 ottobre 2006 -;
negli stessi termini è la dichiarazione ufficiale della Soprintendenza ai
BB.CC.AA. di Trapani (cfr. in atti la nota del 24.05.2004 prot. n. 4375, Gr.
II), la quale specifica che il torrente non risulta iscritto nell’elenco delle
acque pubbliche, riportato nella GURI 21.09.1971 n. 238 S.O., e come tali
soggette a tutela ex L. 431/1985;
b) nella relazione in atti del Capo Settore T.A. del Comune del medesimo
giorno 20 ottobre 2006, si attesta che: “Da sopralluogo effettuato in data
19.10.2006 si è rilevato che il c.d. Torrente Agnone ... risulta totalmente
interrato con materiale arido e viene utilizzato per il transito di automezzi
anche pesanti adibiti al trasporto di materiali di cava" (e si è già detto che
sulla base di tale dato il Genio Civile ha prescritto la realizzazione di
adeguate opere di scolo delle acque, in atto, verosimilmente impedito,
proprio per il rilevato interramento dell’alveo);
c) circa la c.d. “pozza d’acqua”, in una nota del 25.11.2005 il Genio Civile
di Trapani attesta che il sopralluogo effettuato da funzionari in data
23.11.2005 (ossia in corso di giudizio), ha portato alle seguenti conclusioni:
"... agli atti di questo Ufficio non risulta alcuna richiesta o comunicazione
da parte della Ditta D. B. in ordine alla pozza d'acqua in argomento e ...
dai verbali di constatazione redatti ... risulta che la base della pozza di cui
trattasi è infestata di muschio filamentoso acquatico, che l'acqua in essa
contenuta è di colore torbido e che la portata acqua rinvenuta nella pozza
in questione è pari a l\s. 0,10. Pertanto, la sopraccitata portata non può
avere alcuna rilevanza dal punto di vista di utilizzazione per uso
idropotabile";
e) il geologo che ha curato il progetto della discarica (Dr. G.) ha ribadito,
con apposita nuova relazione versata in atti dal Comune, l’inesistenza
dell’asserito “rischio geologico”, contestando analiticamente (e con
adeguato apparato tecnico-esplicativo, cartografico e fotografico) le
conclusioni - molto meno articolate - dei consulenti dell’odierno ricorrente,
riconfermando l'idoneità del sito alla destinazione prevista.
In relazione a tali dati di fatto, non altrimenti contestati dal ricorrente, è da
escludersi che la localizzazione effettuata possa dirsi palesemente illogica o
priva dei necessari di presupposti.
Infine va ricordato il condivisibile arresto giurisprduenziale secondo cui la
scelta del sito in cui collocare un impianto di smaltimento rifiuti è
finalizzata alla composizione di una pluralità di interessi potenzialmente
confliggenti e rappresenta pertanto una scelta di merito sindacabile solo se
fondata su accertamenti tecnici inattendibili o comunque in netto contrasto
con le esigenze rappresentate in conferenza di servizi o con le risultanze
istruttorie (T.A.R. Puglia, Lecce, 25 marzo 2002, n. 820).
5. Va, poi, considerato il particolare quadro normativo in tema di discariche
per i “rifiuti inerti” la cui definizione normativa è data dall’art. 2, lett. e) del
D.L.vo n. 36/2003: sono “i rifiuti solidi che non subiscono alcuna
trasformazione fisica, chimica o biologica significativa; i rifiuti inerti non si
dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o
chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie,
non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o
danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolati e la
percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonché l'ecotossicità dei
percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la
qualità delle acque, superficiali e sotterranee”.
Stanti le predette caratteristiche (di ridotto impatto ambientale) dei “rifiuti
inerti”, il successivo art. 3, comma 2, dispone poi che “il presente decreto
non si applica: ... b) all'impiego di rifiuti inerti idonei in lavori di
accrescimento o ricostruzione e riempimento o a fini di costruzione nelle
discariche; .... d) al deposito di terra non inquinata ai sensi del D.M. 25
ottobre 1999, n. 471 del Ministro dell'ambiente, o di rifiuti inerti non
pericolosi derivanti dalla prospezione ed estrazione, dal trattamento e dallo
stoccaggio di minerali, nonché dall'esercizio di cave”. L’art. 7 poi, onde
evitare un possibile uso distorto delle “discariche per rifiuti inerti”,
prescrive opportunamente che possono esservi “ammessi esclusivamente i
rifiuti inerti che soddisfano i criteri della normativa vigente” (ossia quelli
che abbiano le caratteristiche di scarsissimo impatto ambientale elencate nel
sopra riportato art. 2), tanto è vero che l’art. 14, comma 6, proprio per le
discariche di “rifiuti inerti” facoltizza le Regioni a non prevedere la
garanzia finanziaria richiesta di regola ai gestori delle altre tipologie di
discariche a termini del comma 2 del medesimo articolo 14.
Infine, l’Allegato 1 del D.L.vo n. 36/2003 nel dettare i “Criteri costruttivi e
gestionali degli impianti di discarica” indica, per i “rifiuti inerti”:
- i siti inidonei in cui esse discariche “di norma” “non devono ricadere” (v.
il comma 1);
- i siti in cui le discariche di inerti “non devono essere normalmente
localizzate” (v. comma 2);
- prevede, comunque, al comma 3, che “Le Regioni possono, con
provvedimento motivato, autorizzare la realizzazione delle discariche per
inerti nei siti di cui al comma precedente”, così enunciando chiaramente la
“relatività” delle prescrizioni prima imposte “di norma”.
6. Passando, ora, ai singoli motivi di gravame, il Collegio osserva quanto
segue:
6.1 Col primo motivo si sostiene che la localizzazione della discarica in c.da
Agnone sarebbe il frutto di “sommarie indagini”, che non avrebbero tenuto
conto dei "criteri minimi” prescritti dall’ordinanza commissariale n. 1166
del 18-12-2002 di approvazione del Piano di gestione dei rifiuti in Sicilia.
Il motivo non appare fondato in quanto, la presenza nel sito di elementi
negativi sotto il profilo “geomorfologico” implica valutazioni di
discrezionalità tecnica che nella specie trovano specifico riscontro sia nei
pareri favorevoli acquisiti dalla P.A. nel corso dell’istruttoria relativa
all’approvazione del progetto, sia nella relazione (a firma del geologo Dr.
G.) versata in atti dal Comune resistente, nella quale sono esaminati, con
corredo di carte tecniche, rilievi, sezioni, calcoli, documentazione
topografica e fotografica (ossia col sostegno di svariati elementi tecnici e di
valutazione ben più specifici delle opinioni espresse dai consulenti di parte
ricorrente), gli essenziali profili geologici, geomorfologici ed idrogeologici
dei luoghi interessati dalla discarica.
Nella stessa relazione sono, altresì, esaminati, in modo puntuale ed
esaustivo, i profili climatici, pedologici, vegetazionali, paesaggistici che
escludono una evidente irrazionalità della scelta operata.
Con riguardo, poi, alle diverse conclusioni cui si perviene nelle perizie
prodotte in giudizio dal ricorrente la predetta relazione evidenzia in
particolare che:
A) Relativamente al c.d. torrente Agnone (come si è detto, ormai interrato,
non incluso nell’elenco delle acque pubbliche e nemmeno censito nella
cartografia IGM) le perizie di parte non avrebbero tenuto conto dell’attuale
stato dei luoghi che risulterebbe radicalmente modificato, sia per la
realizzata costruzione di una strada interpoderale nel lato nord dell’area
della discarica (strada che ormai separerebbe fisicamente il torrente
dall’area medesima), sia per talune opere di “colmamento” con materiali di
cava del relativo fronte nord e dell’alveo di un preesistente affluente del
torrente Agnone. Su tali non secondarie circostanze (che secondo la
relazione
del
Comune
avrebbero
implicato
un
vero
e
proprio
sconvolgimento “del reticolato idrografico locale”), il ricorrente nulla ha
sostanzialmente replicato.
Né può rilevare, in contrario, il già citato decreto della Prefettura di Trapani
del’11 gennaio 2003, n. 57/02/SRU, nella parte in cui, approvando il
progetto della discarica de qua, ha imposto che la "strada prevista in
adiacenza al torrente Agnone dovrà essere realizzata alla distanza di metri
10 dalla sponda dello stesso”, dato che ciò non dimostra di per sé, né quale
sia la reale consistenza del predetto torrente ed in che relazione
“topologica” si ponga rispetto al limite della discarica, né quale sia la sua
attuale “consistenza” funzionale e geomorfologica (fermo restando che
secondo la già ricordata prescrizione del Genio Civile debbono essere
realizzate adeguate opere di scolo dell’acqua);
B) L’esistenza nel sito di una sorgente viene tecnicamente esclusa, dal
geologo Dr. G. sulla base della rilevata impermeabilità del sottosuolo ed
anzi la relazione in parola evidenzia come la “pozza d’acqua” cui si fa
riferimento in ricorso sia prova della predetta impermeabilità e dimostri
l’impossibilità della “percolazione in profondità dell’acqua meteorica” (v.
relaz. cit. p. 12). In sostanza i dati ivi forniti sembrano escludere la presenza
di alcuna falda idrica affiorante e si ascrive la predetta pozza d’acqua al
ristagno di acque di superficie impedite nel loro deflusso dalle opere di
“colmamento” di cui prima si è fatto cenno.
Tali conclusioni, pur non del tutto coincidenti con gli accertamenti operati
dal Genio Civile di Trapani nel 2005 (che, in effetti, ha rilevato una seppur
modestissima portata d’acqua nella pozza, pari a l\s 0,10), appaiono tuttavia
sufficienti per escludere che la prevista discarica (n.b. di materiali inerti,
quindi in assenza di “percolato” tipico di altro genere di discariche) possa,
in qualche modo, pregiudicare una eventuale falda idrica sottostante o lo
stesso scolo delle acque meteoriche di superficie.
Lo stesso Dr. G., inoltre, esclude la presenza di alcuna “faglia” significativa
e ciò sulla base di una analitica indicazione delle caratteristiche
“tettoniche” del sottosuolo;
C) Per ciò che concerne i denunciati “processi di dissesto attivo” che, a dire
del ricorrente, sarebbero presenti nell’area in questione, la relazione
prodotta dal Comune fa rilevare che in realtà tratterebbesi di fenomeno
dovuto ad una preesistete attività di cava ed alla pesante incidenza delle
attività agricole praticate, di guisa che risultano motivatamente confermati
gli
intenti
di
risanamento
geomorfologico
dell’area
perseguiti
dall’Amministrazione (v pagg. 13-16 della relazione, nonché la motivazione
della delibera impugnata). Si noti, in particolare, che, secondo la relazione
in parola, lo stato di degrado dei luoghi (ed in particolare la modificazione
dei pendii), è dovuta all’azione antropica (e non a cause naturali di
morfogenesi che avrebbero richiesto decine di secoli di tempo) come
provato anche dalla cartografia ufficiale che a partire dal 1968 riporterebbe
nel sito in argomento il toponimo “cava di detriti” (v. relazione cit. pag. 17,
con riferimento alla allegata carta topografica IGM 1:25.000).
In altri termini, la circostanza che nell’area destinata a discarica possano
sussistere alcuni “fattori penalizzanti” indicati nel punto 2.1.1. dell'allegato
n) del Piano dei rifiuti sopra citato, non vale di per sé ad inficiare la
localizzazione impugnata, a meno che non si dimostrasse (il che, nella
specie, non è) la palese irrazionalità di uno o più tra i pareri favorevoli
emessi dagli Organi pubblici a ciò deputati, ivi compreso quello
dell’apposito Nucleo di Valutazione ex
Ordinanza del Ministero
dell’Interno n. 2963\1999 (che, altrimenti, si potrebbe postulare la
illegittimità di qualsivoglia localizzazione di pubblica discarica, essendo
assai difficile - per non dire impossibile - trovare un sito che in tutto e per
tutto risulti “neutro” rispetto al profilo del rispetto ambientale).
Relativamente alla distanza dell'impianto dalla vicina “formazione
boschiva”, il Collegio osserva che la distanza minima di 500 metri, invocata
dal ricorrente, non risulta essere più prescritta dalla successiva ordinanza
commissariale n. 1260 del 30.9.2004, che, per le discariche di rifiuti inerti,
richiede solamente che le “caratteristiche del luogo ... o le misure correttive
da adottare, indichino che la discarica non costituisca un grave rischio
ecologico”; tanto che, nella specie, la competente Ripartizione forestale, in
sede di conferenza di servizio, ha rilasciato parere favorevole;
Quanto, poi, ad altri “fattori negativi” che inciderebbero sull’area di che
trattasi (“forme, processi e depositi gravitazionali quali: orli di scarpata di
degradazione; distacco di blocchi eterometrici; detriti di falda derivanti
dall'erosione delle rocce carbonatiche affioranti e relativo accumulo alla
base del pendio”; ovvero “forme di erosione dovute alle acque correnti
superficiali quali: vallecola a V originata per azione del corso d'acqua
Agnone; ruscellamento diffuso; ruscellamento concentrato”), trattasi, ad
avviso del Collegio, di una generica elencazione che non si ritiene possa
giustificare la domanda di annullamento del provvedimento impugnato:
tanto a fronte dei pareri favorevoli resi nella complessa attività istruttoria
prima ricordata (dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA., dal Genio Civile, dal
Nucleo di Valutazione, dalle due Conferenze di servizio quelle del 2002 e
quella del 2005); quanto a fronte degli analitici e documentati rilievi di cui
alla menzionata relazione geologica del Dr. G..
6.2 Col secondo motivo, il ricorrente sostiene che gli stessi profili di
illegittimità sopra evidenziati costituirebbero altresì la violazione dei
principi e delle finalità del D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, attuativo della
direttiva 1999/31/CE, caratterizzandosi l’area prescelta per il fatto di “essere
esondabile” e soggetta a “processi di dissesto attivo” (secondo quanto
evidenziato nella relazione di consulenza del geologodi fiducia del
ricorrente Dr. B.).
Il motivo è infondato, oltre che per quanto sopra osservato, anche per le
seguenti ragioni.
Per lo smaltimento in discarica dei rifiuti inerti, l’Allegato I (Criteri
costruttivi e gestionali degli impianti di discarica), di cui al citato D.Lgs. 13
gennaio 2003, n.36, attuativo della direttiva 1999/31/CE, specifica i
connotati delle aree nelle quali "le discariche non devono essere
normalmente localizzate”; ma l’uso dell’avverbio “normalmente” lascia,
con ogni evidenza, alla P.A. un adeguato spazio di discrezionalità volto a
bilanciare l’indubbio interesse pubblico alla tutela dell’ambiente con
l’altrettanto pregnante (e talvolta drammaticamente urgente) interesse
pubblico allo smaltimento dei rifiuti.
Si è già detto, peraltro, che la materia in argomento mal si presta agli assunti
di tipo astratto ed i criteri dettati dalla normativa invocata in ricorso valgono
“di norma”, onde ben possono aversi deroghe nei casi in cui se ne presenti
la necessità e non sussistano altre possibili scelte, secondo il prudente
apprezzamento di merito della P.A.. Ne segue che, a fronte della complessa
istruttoria prima ricordata da parte degli Organi tecnici competenti, la
censura in esame avrebbe avuto senso se ed in quanto si fosse dedotto e
dimostrato che la deroga ad uno o più criteri, tra quelli prescritti, sia
avvenuta in assenza di alcuna ragione giustificativa. Viceversa, non solo il
ricorrente mantiene le proprie doglianze su di un piano di notevole
astrattezza, ma la documentazione versata in atti dal Comune evidenzia
chiaramente che tutti gli Organi interessati sono stati concordi nel ritenere
l’area in argomento come interessata da fenomeni di grave degrado (e
comunque di alterazione ambientale); area che, proprio attraverso
l’accumulo di “rifiuti inerti”, verrebbe ad essere in certo modo
“stabilizzata” in perfetta aderenza con il parametro normativo offerto dalle
disposizioni richiamate in ricorso. (v. in particolare l’art.3, comma 2,
D.L.vo n.36/2003).
Per il resto, vale quanto sopra osservato circa i ristretti limiti del sindacato
giurisdizionale di legittimità nella materia in esame.
6.3.
Col
terzo
motivo
il
ricorrente
sostiene
che
“la
scelta
dell’Amministrazione di destinare i terreni del ricorrente a discarica, si
baserebbe sul falso presupposto del recupero ambientale della zona”,
anche in considerazione del fatto che il perimetro della realizzanda
discarica sarebbe “... addirittura adiacente al torrente Agnone, mentre
rispetto la formazione boschiva estesa 6000 disterebbe da essa ... poco più
di 300 metri”.
La tematica, già in parte negativamente riscontrata nelle precedenti
considerazioni, appare connessa, sia
con il quarto motivo di censura
(eccesso di potere per travisamento dei fatti ed illogicità manifesta), laddove
il ricorrente sostiene che la scelta dell’area farebbe leva sull'errato assunto
“dello stato di degrado dei luoghi” erroneamente ritenuti “una ex cava”;
sia con il quinto motivo (eccesso di potere per istruttoria insufficiente),
laddove si sostiene che la P.A. non avrebbe “adeguatamente motivato, in
relazione alle caratteristiche e alla consistenza dei rifiuti c.d. inerti, sulla
eventuale
compromissione
della
stabilità
del
terreno,
né
sul
depauperamento dell'ambiente e sul regime delle acque”, tanto da non
avere rilevato la presenza di una pozza d'acqua emergente in superficie, che
rivelerebbe la presenza in sito di una sorgente attiva, “meritevole di essere
salvaguardata”.
Anche tali profili di doglianza appaiono privi di fondamento.
A parte la considerazione che - come già detto - la motivazione del
provvedimento impugnato trova riscontro nella favorevole e complessa
istruttoria più volte ricordata, (cfr. Cons. St., Sez. IV, n. 535/1997 cit.), va
osservato che nell’analitica relazione tecnico-geologica prodotta dal
Comune, si evidenzia, a mezzo di appropriate tavole illustrative, la profonda
modificazione dei declivi che circondano l’area interessata dalla discarica
(v. in particolare i grafici delle sezioni A e B ricavate da cartografie e rilievi
distanziati nel tempo), le frane derivanti dalla pregressa attività di cava (v.
anche l’allegata documentazione fotografica) e quindi i conseguenti effetti
benefici che, dal punto di vista ambientale, conseguirebbero dalle opere
previste nella realizzanda discarica di “rifiuti inerti”, intesi, questi, come
materiale di riempimento e quindi - sembra di potere dedurre - ricostitutivo
del precedente è più stabile assetto geomorfologico dei luoghi.
Peraltro, il dato relativo al degrado ambientale dell’area, al di là degli atti
del procedimento, sembra trovare riscontro nella stessa toponomastica dei
luoghi ove si consideri che:
- nelle immediate vicinanze dell'area prescelta per la discarica la carta
topografica IGM riporta il toponimo "cava dei detriti" e nel versante sud
della vicina Montagna Grande si trovano toponimi (particolarmente
significativi nella presente vertenza) quali "portella agghiara" e "contrada
agghiara" (il termine siciliano “agghiara” equivale a “pietrisco”);
- ad est di Monte Agnone la medesima cartografia IGM riporta una "cava di
pietrisco" nel costone orientale del toponimo "Rocca che parla"; ed ancora
più oltre verso est (a circa 700 m.) riporta l’ulteriore indicazione "cava di
pietra".
Il che sembra indicare una particolare vocazione dei luoghi per l’attività di
estrazione di materiali lapidei e\o di sabbia che supporta ulteriormente il
presupposto del grave degrado geomorfologico in atto esistente in questi
luoghi, come, appunto, addotto dall’Amministrazione resistente nelle
proprie difese.
Convincente appare, pertanto, la conclusione del geologo Dr. G., laddove
osserva che:
“... il ripristino morfologico dell’area, da realizzare quanto più vicino
possibile alle sue condizioni primitive mediante i rifiuti inerti, in massima
parte di natura terrosa e, quindi, fondamentalmente non conflittuale con
quella del sito, rappresenta certamente:
“- un intervento di stabilizzazione ecologica del contesto ambientale, in
quanto tende a «restaurare» il rapporto edafico e la morfologia originali;
“- una difesa del suolo per le situazioni di rischio, in quanto diminuisce gli
effetti dell’erosione superficiale con il «raccordo delle anomalie
clivometriche» determinate dall’azione antropica”.
Alla stregua di tali valutazioni e della sottostante documentazione tecnica;
chiariti (secondo quanto delibato dal C.g.a. nell’ordinanza cautelare n.
419/2005) gli aspetti giuridici e di fatto relativi alla c.d. “pozza d’acqua” del
Torrente Agnone e della distanza dal bosco, non è dato al Collegio di
rinvenire alcuna violazione di legge o palese irrazionalità, o erroneità nei
presupposti di fatto e di diritto, come dedotti in ricorso, tali da giustificare la
domanda di annullamento formulata dal ricorrente.
Il ricorso, pertanto, non può essere accolto.
7. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari
del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Terza, rigetta
il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.