Curriculum vitae - Prof.Ledi Menabue 1972 Laurea Chimica

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Curriculum vitae - Prof.Ledi Menabue 1972 Laurea Chimica
Curriculum vitae ‐ Prof.Ledi Menabue 1972 Laurea Chimica (Università di Modena); 1974‐78 contrattista, 1978‐85 docente incaricato 1985‐90: Professore associato confermato di Chimica Generale e Inorganica presso la facoltà di Scienze MM.FF.NN. dell'Università di Modena. 1990‐93 professore straordinario di "Chimica" (C.L. in Ingegneria Informatica), presso la stessa Università; 1993‐96 professore ordinario di “Chimica”,Facoltà di Ingegneria della stessa Università; 1996‐ professore ordinario di Chimica Generale e Inorganica presso la Facoltà di Scienze MM.FF.NN.,insegnamenti: CL Chimica : 1997/98 – 2002/03: Chimica Inorganica II; 1996/97‐ Chimica Inorganica; 2002/03‐ Chimica dei materiali inorganici per l’industria ceramica; laurea specialistica in Scienze Chimiche: 2003/04 – 2007/08: Chimica Inorganica Superiore; 2008/09‐ Chimica dello stato solido. 1996‐2002: Direttore del Dipartimento di Chimica; Università di Modena e RE; 2006/07 ‐ Presidente del Consiglio di Interclasse in Chimica, Facoltà di Scienze MFN, Università di Modena e Reggio Emilia. Autore e coautore di 185 articoli pubblicati su riviste internazionali e libri, responsabile locale di progetti PRIN negli ultimi cinque anni. (2003‐05, Title of the national project: Interface between silica based materials and biomoecules and/or cell models, Prot. 2003032158; 2006‐2008: Title of the national project: Experimental and computational study of bioglass ‐ biological fluids interface, Prot. 2006032335). Ha collaborato e collabora con diversi ricercatori italiani e stranieri; è referee per la RSC per le pubblicazioni del settore della chimica inorganica e per la rivista J.Non‐Cryst. Solids. L’attività scientifica della prof. Menabue per diversi anni è stata rivolta prevalentemente allo studio di sistemi modello metallo‐biomolecole e dalla metà degli anni ‘90 è stata orientata verso la progettazione, caratterizzazione e reattività di bioceramici, sia cristallini che amorfi. Lo studio dei sistemi metallo‐biomolecole ha riguardato sia lo stato solido che la soluzione acquosa ed alcolica ed è stato focalizzato sulle interazioni di metalli di transizione con aminoacidi ed aminoacidi N‐
protetti come modelli delle interazioni metallo‐gruppo peptidico. Tra i risultati più significativi vi sono le strutture a raggi X di complessi di diversi ioni bivalenti (Mn, Co, Ni, Cu, Zn, Pd, Cd, Pb, Hg) con aminoacidi (aspartico, glutammico) e aminoacidi N‐protetti (N‐4‐tolilsulfonil‐ e N‐fenil‐sulfonil‐
glicina, N‐4‐tolil‐sulfonil‐beta‐ e alfa‐alanina, ‐valina, ‐leucina, ‐asparagina, ‐glutammico acido) e gli studi in soluzione per la determinazione dei complessi formati e delle loro costanti di formazione in funzione del pH e dei rapporti metallo‐legante; si definiscono così i siti di coordinazione dei leganti in funzione del pH, la geometria di coordinazione del metallo e le condizioni per la deprotonazione dell’azoto peptidico o solfonamidico. Sono state ottenute le prime evidenze anche strutturali di ioni Cd2+, Pb2+, Co2+ coordinati all’azoto solfonamidico deprotonato ed è stato dimostrato per via polarografica e spettroscopica che tra gli ioni bivalenti Pb2+ è il solo in grado di deprotonare l’azoto peptidico nella benzoil‐glicina . I risultati hanno permesso di razionalizzare il comportamento dei diversi ioni metallici nei confronti della reazione di deprotonazione dell’azoto, determinare l’entità dell’abbassamento del pK di deprotonazione dell’azoto del gruppo NH in funzione del metallo e valutare la diversa capacità del gruppo solfonamidico (R‐SO2‐NH‐) di agire da “ancora” rispetto al gruppo peptidico (R‐CO‐NH‐), formando con lo ione metallico un legame sufficientemente forte da impedirne l’idrolisi prima del pH al quale l’azoto deprotona. I metalli sono stati così ordinati secondo valore decrescente dell'abbassamento del pK(NH): Pd2+>Pb2+>Cu2+>Cd2+. Le altre tecniche utilizzate per gli studi in soluzione sono state la potenziometria e la spettrofotometria UV‐Vis. Lo studio su alometallati di metalli di transizione ha permesso di sintetizzare il primo pentaclorocuprato monometrico con geometria di coordinazione piramidale‐quadrata ( JACS, 102, 1303‐1309 (1980)) ed il primo caso un tetraclorocuprato che possiede due forme cristalline entrambe stabili a temperatura ambiente (Inorg.Chem.,21, 3919‐22, (1982)), nonché una serie di esaalodicuprati octaalotricuprati polimerici magneticamente interagenti. Nell’ambito dei pigmenti inorganici la sintesi del pigmento blu V‐ZrSiO4 ha permesso di chiarire la serie di reazioni che avvengono alle diverse temperature ed il ruolo dei diversi mineralizzanti possibili. Nell'ambito dei bioceramici cristallini, impiegati soprattutto per ricoprimenti di protesi d'anca, ha acquisito notevoli competenze sulla caratterizzazione chimico‐fisica e strutturale di ossidi e fosfati metallici (idrossiapatiti e zirconia micro e nanometrica). Di queste polveri ha studiato anche il comportamento in soluzione acquosa in diversi ambienti quali: soluzioni di ioni metallici, sali, biomolecole, tampone TRIS ed SBF. Nella caratterizzazione delle polveri ha utilizzato tecniche diffrattometriche,quali‐quantitative (metodo Rietveld‐RIR combinato) e microscopiche (SEM‐
EDS,TEM). I risultati hanno dimostrato che la differenza di reattività di apatiti verso ioni metallici è strettamente legata alla capacità dello ione metallico di dare idrolisi acida abbassando adeguatamente il pH. Cu2+ e Pb2+ che hanno questa caratteristica reagiscono rapidamente anche a temperatura ambiente con idrossiapatite (HAP) sintetica ad elevata cristallinità, formando nuove fasi cristalline attraverso un processo di dissoluzione e riprecipitazione, mentre Zn2+ e Cd2+ non sono in grado di solubilizzare HAP sintetica ma solo quella biologica. Uno studio parallelo, che ha comportato anche l’uso tecniche di analisi termiche è stato condotto su bioceramici amorfi quali i biovetri silicatici e fosfosilicati modificati con ossidi come CeO2, ZnO e Al2O3. Su questi ha condotto misure sperimentali per la determinazione di proprietà di bulk quali densità e temperatura di transizione vetrosa e di cristallizzazione ed ha eseguito simulazioni computazionali di dinamica molecolare (MD) per la determinazione della struttura del vetro a corto e medio raggio. La struttura del vetro a corto e medio raggio permette di definire il ruolo strutturale dei costituenti del vetro, ed in particolare gli effetti reciproci dei diversi ossidi componenti (struttura a livello atomistico), nonché l’organizzazione del reticolo a distanze di qualche nm evidenziando così la presenza di canali, “voids”, anelli che entrano in gioco nei processi diffusivi che possono avvenire in soluzione e che regolano la reattività del vetro (struttura a medio raggio). Un altro importante ed originale risultato ottenuto da queste ricerche è stato la dimostrazione dell’esistenza di correlazioni quantitative tra descrittori dedotti dalla simulazione MD e proprietà chimico‐fisiche del vetro. Infatti la disponibilità di simili correlazioni è un prerequisito per la previsione di formulazioni di vetri con proprietà determinate. L’originalità dell’approccio teorico‐sperimentale adottato è testimoniato anche dall’aver realizzato il primo studio sia su vetri quaternari che quinari contenenti ZnO, validando i risultati dal confronto con la struttura delle fasi cristalline ottenute dalla cristallizzazione dei vetri stessi. Questo ha permesso di fornire una base razionale per l’interpretazione del comportamento e delle proprietà dei vetri contenenti zinco, che in precedenza era interpretato su basi essenzialmente empiriche. I risultati hanno anche permesso di individuare un biovetro, denominato HP5, che modificato con zinco sembra essere molto promettente quale capostipite di una famiglia i cui componenti possono avere proprietà chimico‐
fisiche (es. durabilità controllabile) e biologiche (buona proliferazione di osteoblasti) modulabili in funzione della percentuale di ZnO. Attraverso lo studio in vivo (i vetri sono stati impiantati in ratti) è stata verificata la biocompatibilità, confrontando i risultati con l’analogo studio in vitro (fluido biologico simulato inorganico). Non sono stati rilevati % anomale di zinco indipendentemente dalla % di zinco nel vetro. La rilevanza di un approccio combinato teorico‐sperimentale alla chimica dei vetri è stata ulteriormente dimostrata dallo studio di vetri potenzialmente bioattivi, basati sulla composizione in peso 45%SiO2, 24.5% Na2O e CaO, 6% P2O5, corrispondente al biovetro Bioglass 45S5 di Hench e modificati per sostituzione di CaF2 alternativamente a Na2O o CaO. I risultati hanno dimostrato che su scala atomica i componenti del vetro sono distribuiti in modo non omogeneo, infatti ad alta % di fluoruro si riconosce una fase ricca di silice e contenente anche ioni metallici ed una fase ricca di fluoruri metallici unite da cationi metallici compensatori di carica.