Il botta e risposta tra Massimo Mucchetti e Paolo

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Il botta e risposta tra Massimo Mucchetti e Paolo
PARTE I
La performance di Scaroni rispetto alla gestione precedente e alle società concorrenti di Eni,
il botta e risposta tra Massimo Mucchetti e Paolo Scaroni
Mucchetti: Per quanto riguarda i dati, le questioni produttive e di risultati aziendali, mi trovo
abbastanza d’accordo con il Senatore Cioffi nel fare un confronto tra quello che si è trovato
nel 2005 e quello che si è lasciato al termine di sei anni, nove anni, etc.. Io nutro dubbi su
queste teorie che ci debbano essere per forza tre mandati come tagliola; se abbiamo Jack
Welch c'è lo teniamo tutta la vita. Ecco, da questo punto di vista, noi possiamo vedere come
l'andamento dell'Eni nel periodo della gestione del suo predecessore, Mincato, ha avuto un
andamento sia sul piano produttivo, della capacità produttiva dell'azienda, sia sulla
remunerazione del titolo (quindi anche in termini di dividendi) nettamente superiore a quello
della sua gestione. I critici di Mincato dicevano che era stato un amministratore fortunato,
trovando l’Eni con un prezzo al barile di 10 dollari e lasciandola che era a 55. Ma anche lei ha
avuto il beneficio di una rivalutazione sostanzialmente equivalente del prezzo del petrolio, con
le conseguenze per gli anni in cui andava bene di un'ottima performance del gas in quanto
prodotto oil-linked nei prezzi e poi invece le cose si sono ribaltate. Perché è vero che i
contratti hanno tante clausole, però è anche vero che sono un po' di anni che sul gas ci
stiamo un po' rimettendo. Naturalmente il complesso del bilancio dell'Eni è molto grande,
non è che il settore del gas di per sé determini una tragedia, però siamo ad una svolta: una
volta era il più bell'investimento nel mondo, adesso è un investimento che non è più il più
bello del mondo.
Ma il dottor Scaroni ci consiglia di vedere come l'Eni è andato non nel complesso, ma in
rapporto ai peers. Ebbene, proprio ora, sono andato a vedere come è andata la più
comparabile fra le diverse società del settore con Eni, la Total. Nel 2007, che è stato anche
l’anno migliore dell’Eni, la Total faceva 12-13 miliardi di utile netto, depurato dalle partite
straordinarie, e l’Eni ne faceva 10. L’anno scorso, la Total ha fatto ancora 10 miliardi di utile,
nonostante tutte le difficoltà perché le difficoltà c'è le hanno tutte le compagnie, l’Eni la
metà. Non sono andato a vedere la Shell, che va bene, la BP è stata sfortunata, l'incidente del
pozzo Macondo: troppo avida, paga pegno per aver compresso i costi laddove non andavano
compressi.
Chiudo con due osservazioni: una completa il discorso sull’effetto prezzo, che gioca a
favore/sfavore, su cui si è intrattenuto il dottor Descalzi. Il quale nega valore alla storia dei
200 milioni di dollari di utile in più per ogni dollaro di apprezzamento del barile. Non l'ho
inventata io questa storia: è un concetto ripetuto molte volte dai responsabili dell'Eni. Quando
si parla di utile, l'utile viene dopo i costi, quindi i costi saranno pure aumentati come dite, ma
noi stiamo parlando dell'utile. In più i costi evocati nella riunione precedente erano costi
relativi agli investimenti per le nuove ricerche, quindi l'acciaio con cui fare le nuove
piattaforme per l'estrazione, i tubi per i gasdotti: queste cose sono più care? È vero, era un
fenomeno che c'era anche prima, sono vent'anni che grosso modo le materie prime hanno un
apprezzamento sia pure con alti e bassi. Però torno a dire, questi sono costi che sono già
impliciti nel dato sull'utile e in ogni caso sono costi per gli investimenti, la cui incidenza
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nell'anno è quella della quota di ammortamento che, ebbene, non è enorme perché stiamo
parlando di roba che dura tanto.
Ultimo punto. Più e più volte, sia in interviste che nei piani di sviluppo, l'Eni ha dichiarato
l'obiettivo di superare i due milioni di barili al giorno. Io non so se i due milioni sia una cifra
magica o se sia una cifra che non ha particolare significato, però io registro quello che dicono
gli esperti dell'Eni. Questo era l'obiettivo che la gestione precedente di Mincato aveva lasciato
e che la gestione attuale ha ripetuto in tutte le occasioni in cui ha potuto. Il risultato è che
l'anno scorso l'anno scorso la produzione è stata inferiore a quella del 2005, quindi anziché
crescere è calata. Ci sono stati tanti problemi in mezzo, però come abbiamo appena finito di
ascoltare i problemi, chi più chi meno, gli anno tutti, nel delta del Niger stiamo soffrendo
assieme ad altri. Ecco, la mia osservazione è questa: se dopo 3 o 4 tentativi di arrivare a 2
milioni, la produzione è scesa da 1,7 a 1,6 milioni di barili al giorno come facciamo a credere
che, come ci ha detto ieri sera, la prossima sarà la volta buona?
Scaroni: Sul tema risultati del 2005 con il 2013, i confronti non vanno mai fatti con quello
che viene fatto oggi ma tra le performance delle società in quei mondi totalmente diversi. Nel
2005 era un mondo in cui tutto andava bene, nel 2006 abbiamo fatto ancora meglio che nel
2005, perché tutto andava bene. Nel 2007 abbiamo fatto ancora meglio che nel 2006, è
tutto andava bene. Certo che dal 2008 in poi, Eni, esattamente come tutte le altre società
che operano in Europa ha sofferto della crisi europea. È molto più sensato fare il confronto
con le società dello stesso settore, no nel tempo, ma nello stesso momento di tempo quando
tutti si trovano ad affrontare una congiuntura nello stesso momento. Poi, su tutte queste cose
che piacciono molto al nostro senatore Mucchetti che si mette a fare l'analista finanziario, io
mi limiterei, senza entrare in tante cose, a dire una cosa molto semplice. Io sono entrato in
Eni ed Eni aveva un patrimonio netto di 39 miliardi di euro. Oggi ha un patrimonio netto di 61
miliardi di euro. Quindi abbiamo generato ricchezza per 22 miliardi di euro. Nel frattempo
abbiamo pagato 36 miliardi di dividendi. Di cui 12 allo Stato italiano. Ho lasciato l’Eni peggio
o meglio? Il titolo parla da sé. Il patrimonio netto è una misura della ricchezza aziendale e
quindi è stata creata ricchezza e nel frattempo abbiamo distribuito 36 miliardi di dividendi.
Sul tema dei 2 milioni di barili al giorno, premesso che questo non è un indice di un accidenti
di niente...
Mucchetti: Lo dite voi eh...
Scaroni: Momento, fermi. Il mondo continua a cambiare. Se noi oggi andiamo dai nostri
analisti finanziari ci dicono, cosa vi interessa a voi? A nessuno gliene frega niente di quanti
barili produciamo, gli interessa solo ed esclusivamente di sapere i profitti che facciamo e
quanta cassa distribuiamo agli azionisti. Per produrre 2 milioni di barili ci metteremo un
momento, bastava che comprassimo un po' di shale negli Stati Uniti come tutti, ci
mettevamo a produrre shale gas, magari facendo un po' di svalutazione e avremmo
aumentato le nostre produzioni. Detto tutto questo, che è un obiettivo non lo abbiamo mai
scritto come obiettivo promesso agli azionisti, fa parte di quegli auspici che uno fa e che
faremo.
Mucchetti: Beh, era nei piani industriali.
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Scaroni: Ma no nei piani industriali. In nessun piano è mai scritto due milioni di barili. Tiratemi
fuori un piano dove è scritto due milioni di barili. Mai. È stato detto, traguardiamo nel nostro
futuro di arrivare a due milioni di barili. Ma cambieremo anche idea, perché se i nostri
azionisti vogliono più cassa invece che più barili noi facciamo più cassa e meno barili.
Sul tema dei 200 milioni di risultato per dollaro di differenziale di prezzo vorrei che tu (si
rivolge a Mondazzi, Chief Financial Officer) dimostrassi la validità di questa affermazione.
Mondazzi: Allora i 200 milioni, ogni volta che noi lo presentiamo ci spertichiamo nel far
presente che questa è una sensitivity per il breve termine e riferita a variazioni del Brent
molto contenute: se il prezzo del petrolio varia da 100 a 200 dollari cambia il mondo stesso
del petrolio. Se ho uno scenario a breve immagino 200 milioni in più per una variazione di un
punto: quei 200 milioni rappresentano un differenziale di guadagno su tutto l’anno, dollaro in
più, dollaro in meno. Se abbiamo un’ampia variazione del prezzo del petrolio, in positivo o in
negativo, comunque rinegoziamo con il governo fornitore, se no ci fanno neri. Per cui questo è
un numero che diamo quando facciamo le previsioni, per dire guarda che se io ho uno
scenario a 90 dollari, fossero 92, immaginati 400 milioni in più.
Scaroni: Lasciami aggiungere questa cosa. Allora, noi abbiamo una serie di contratti in ogni
Paese che gestisce il nostro rapporto, se oggi il petrolio andasse a 200 dollari al barile, no
facciamo un esempio, il Paese ci chiamerebbe a rinegoziare in tempo reale, mica ci fa
mettere in tasca 200 milioni per ogni dollaro. Se va a 50 dollari al barile noi rinegoziamo a
nostra volta. Cioè è un rapporto tutto dinamico, quei 200 milioni sono un dollaro in più, un
dollaro in meno per un anno. Perché poi l'anno dopo, salgono i prezzi ti fan rinegoziare, cioè è
una cosa che va presa in termini di sensitività non in termini assoluti.
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PARTE II
La direttiva del Mef sui requisiti di onorabilità e professionalità, gli orientamenti del Cda di Eni
sull'indipendenza del futuro presidente dell'Eni, il botta e risposta tra Massimo Mucchetti e
Paolo Scaroni
Mucchetti: Due tre cose. Lo scorso 13 giugno 2013, il Senato ha approvato una mozione,
pressoché all'unanimità, sui criteri di nomina, che è stata tradotta in una direttiva del Mef. In
questa direttiva si pone la questione, oltre che dei cosiddetti requisiti di professionalità, che
sono per così dire ovvi, anche la questione dei requisiti di onorabilità. Personalmente non ero
entusiasta della direttiva, perché mi sento più garantista rispetto all’opinione generale del
Senato, ma comunque, quella poi è diventata la direttiva del Mef. Da questo punto di vista, lei
dottor Scaroni si è dichiarato più volte disponibile a ricandidarsi per la quarta volta
all’incarico. Ritiene che questa disponibilità si aggiusti bene con questi orientamenti del
parlamento e del governo, oppure che ci sia un problema?
Secondo punto. Sempre con riferimento alla governance, negli gli orientamenti del Cda
espressi il 14 marzo 2014 ai fini dell'assemblea del prossimo maggio, tra le diverse cose si
dice che il presidente del consiglio di amministrazione Eni sia preferibilmente indipendente,
condizione che appare a maggior tutela del complesso degli azionisti. In questi giorni, si parla
sui giornali a piè sospinto delle possibilità che Lei sia eletto Presidente e non di nuovo AD. Lei
pensa di avere le caratteristiche di indipendenza come dice l'orientamento fin dalla prima
nomina?
Scaroni: Sulle domande del Senatore Mucchetti, allora per quanto riguarda i criteri di nomina
e la direttiva del Mef, naturalmente il parlamento e il ministero può fare quello che vuole, poi
mi pare che tutte queste cose dovranno essere approvate dall'assemblea dei soci di Eni.
Saranno approvate? Io penso di si. Ma io faccio questo ragionamento, senza entrare nella
norma. Dico, ma una norma di questo tipo è nello statuto della Esso, è nello statuto della
Apple? È nello statuto della Total? È nello statuto della Siemens? No, non ho capito perché la
dobbiamo avere noi. Cioè non entro neanche nel dire se è buona o cattiva, non è che noi
siamo i professori di corporate governance del pianeta. Allora, quando noi introduciamo una
norma che nessuno ha, io normalmente penso che non è che sia una norma che ci porti
molto bene. Poi, detto questo, ognuno fa quello che ritiene di fare. Sono un po' sorpreso che
ci mettiamo ad innovare su un terreno che è un po' strano. Perché noi siamo una società
quotata, abbiamo centinaia di azionisti, non si capisce bene perché dovremmo avere norme
diverse dagli altri.
Mucchetti: Questa però se posso dire non è una norma che il parlamento e il senato ha detto
deve essere messa nello statuto, dell'Eni, dell'Enel o della Finmeccanica, la norma dice il
Tesoro, nel fare le sue liste, per ragioni di scelta politica, di opportunità, tenga conto di questi
criteri.
Scaroni: No, no, no. Non è così. Noi abbiamo convocato un assemblea straordinaria di Eni e
credo che le altre società facciano analogamente, per inserire in statuto della società una
norma che non esiste in nessuna società al mondo. Poi vogliamo farla, facciamola. Sul tema
che riguarda me personalmente, non ho nessuna voglia di rispondere. Perché devo
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rispondere di quello che voglio fare io. Ma proprio non ci penso neppure. Io su questo terreno
faccio quello che credo, sono un libero cittadino e amministratore delegato, presidente, sono
fatti miei. Per quanto riguarda la....
Mucchetti: Noi le abbiamo chiesto una cosa diversa, non le abbiamo chiesto cosa vuole fare
lei...
Scaroni: No, come no, lei mi ha chiesto se sono disponibile...
Mucchetti: No, io le ho chiesto, partendo dal fatto che lei più volte ha dichiarato di essere
disponibile per il quarto mandato e questo riguarda l'amministratore delegato. Quanto al
tema presidenza, non ho chiesto se lei vuole fare o non vuole fare il presidente, ho chiesto se
rispetto all'orientamento del consiglio di amministrazione dell'Eni circa le caratteristiche di
indipendenza che deve avere il presidente...
Scaroni: Non deve, che preferibilmente deve...
Mucchetti:Perfetto, preferibilmente, ma l'ho detto anche io prima. Le chiedo se lei si ritiene o
no indipendente?
Scaroni: No, non è che mi devo ritenere da solo indipendente. Mi ritiene indipendente qualcun
altro, mi riterrà indipendente l'azionista. Pensi che il requisito di indipendenza, lo so perché
l'ho vissuto recentemente alle Generali, lo definisce addirittura il consiglio di
amministrazione. Cioè può definire che una persona ha delle caratteristiche personali tali da
essere indipendente anche se non lo sarebbe, in base alle norme Consob.
Mucchetti:Per cui in teoria il consiglio potrebbe dire che l'amministratore delegato uscente è
indipendente?
Scaroni: No dico solo, che anzitutto si parla di un preferibilmente, il preferibilmente lascia
tutti i gradi di libertà. Capisco che la domanda è volutamente maliziosa, la considero una
cosa un po' così.
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