JuraJ Valčuha| Direttore Dominik Wortig| Tenore markus Werba

Transcript

JuraJ Valčuha| Direttore Dominik Wortig| Tenore markus Werba
TO R I NO | AUDITORIUM RAI | CONCERTI
9°
giovedì 15 gennaio 2015
ore 21.00
venerdì 16 gennaio 2015
ore 20.30
Juraj Valčuha | Direttore
Dominik Wortig | Tenore
Markus Werba | Baritono
Haydn
Mahler
9°
giovedì 15 gennaio 2015
ore 21.00
venerdì 16 gennaio 2015
ore 20.30
Juraj Valčuha | Direttore
Dominik Wortig | Tenore
Markus Werba | Baritono
Joseph Haydn (1732 - 1809)
Sinfonia in fa diesis minore Hob I n. 45
Abschieds-Symphonie (Sinfonia degli addii) (1772)
Allegro assai
Adagio
Minuetto. Allegretto – Trio
Finale. Presto – Adagio
Durata: 25’ ca.
Ultima esecuzione Rai a Torino: 7 settembre 1993, Luca Pfaff
(Settembre Musica).
Gustav Mahler (1860 - 1911)
Das Lied von der Erde (Il canto della terra), sinfonia
per due voci e orchestra, su liriche tratte da
Die Chinesische Flöte di Hans Bethge (1907/09)
1. Das Trinklied vom Jammer der Erde
(Il brindisi del male della terra)
2. Der Einsame im Herbst
(Il solitario in autunno)
3. Von der Jugend
(Della giovinezza)
4. Von der Schönheit
(Della bellezza)
5. Der Trunkene im Frühling
(L’ubriaco in primavera)
6. Der Abschied
(Il commiato)
Durata: 65’ ca.
Ultima esecuzione Rai a Torino: 18 novembre 2005, Jeffrey Tate,
Michelle Breedt, Robert Gambill.
Redazione a cura di Irene Sala
Il concerto di venerdì 16 gennaio è trasmesso in
collegamento diretto su Radio3 per il programma
“Radio3 Suite” e in streaming audio-video su www.osn.rai.it.
La ripresa televisiva è effettuata dal Centro di Produzione TV
di Torino e sarà trasmessa da Rai5.
Joseph Haydn
Sinfonia in fa diesis minore Hob I n. 45 Abschieds-Symphonie
(Sinfonia degli addii)
Del cosiddetto “padre della sinfonia”, ovvero Joseph Haydn, si contano 108 sinfonie
catalogate da Anthony van Hoboken, nelle quali il musicista austriaco diede forse
il meglio della sua ars compositiva in quanto a sperimentazione stilistica, formale
ed espressiva che portò in particolare al consolidarsi dell’uso della forma-sonata.
Nella musica strumentale, Haydn riuscì con destrezza ed equilibrio a condensare
gli importanti traguardi del Settecento italiano e tedesco.
La maggior parte delle sue sinfonie vennero composte durante la permanenza
trentennale (dal 1761) alla corte dei principi ungheresi Esterházy: Paul Anton,
prima, e il fratello Nikolaus detto “il Magnifico”, poi. Presso la splendida
residenza estiva di quest’ultimo, il castello di Esterháza, che per pomposità
e magnificenza faceva il verso alla reggia di Versailles, si tenevano spettacoli
teatrali e musicali di vario genere e vi soggiornavano - trasferendosi dalla
residenza invernale - anche i musicisti di corte, ai quali non era però consentito
di portare con sé le rispettive famiglie per mancanza di spazio. Haydn, quale
maestro di cappella, aveva il diritto (assieme a pochi altri musicisti) di risiedere
nel castello con i propri cari, ma spesso preferiva lavorare da solo. In un certo
senso il complesso strumentale di cui disponeva era una “seconda famiglia” e il
compositore vi era sinceramente legato e affezionato. Così tanto da accogliere,
nel 1772, le lamentele dei musicisti che quell’estate erano da troppo tempo
lontani dai familiari e che sentivano il bisogno di lasciare Esterháza. Che cosa
poteva fare Haydn? Intercedere presso il principe con una richiesta diretta?
Secondo numerosi racconti il compositore scelse la via che più gli apparteneva,
ovvero quella della composizione musicale, e scrisse la Sinfonia n. 45 detta
“Abschieds-Symphonie” o “Sinfonia degli addii” con l’intento di lanciare questo
messaggio a Nikolaus Esterházy.
Nell’Adagio del Finale, che subito segue il Presto, i singoli musicisti smisero a turno
di suonare, spensero la luce (della candela) e abbandonarono i loro leggii. Due
violini con sordina, che furono quelli di Haydn e del Konzertmeister Luigi Tomasini,
suonarono insieme sino a un attimo dalla fine, quando il compositore si alzò per
lasciare le ultime note al virtuoso primo violino. Secondo i fatti biografici riportati
dal pittore Albert Christoph Dies, che fu direttore della galleria del principe
Esterházy ed ebbe l’occasione di vivere a stretto contatto con Haydn, il principe
«rimase sorpreso dalla straordinaria natura di quella musica».
La Sinfonia n.45 è scritta nella tonalità insolita, per l’epoca, di fa diesis minore e si
colloca nel periodo in cui Haydn risentiva del clima dello Sturm und Drang tedesco,
ovvero di quel primo Romanticismo che guardava all’uomo e alla natura con un
interiorizzazione e un sentimento nuovo rispetto all’Illuminismo. Il compositore
austriaco si accostò infatti più spesso al modo minore nelle sinfonie di questa fase.
Dopo un primo movimento Allegro assai vigoroso e drammatico in forma-sonata,
l’Adagio, anch’esso in forma-sonata, è pervaso da un lirismo denso di oscura
intimità. Uno stravagante Minuetto, che precede il Finale, “rompe” gli schemi
armonici della sinfonia utilizzando la tonalità d’impianto in modo maggiore.
Quando alla fine della composizione anche l’ultimo violinista lasciò la sala, il
principe e i presenti piombarono nel buio e Nikolaus capì le intenzioni di Haydn,
congedando il giorno seguente tutti i musicisti dalla corte di Esterháza, liberi di
tornare a casa dai propri cari.
Irene Sala
Gustav Mahler
Das Lied von der Erde (Il canto della terra)
Il 1907
Nel 1907 una serie di eventi cruciali e drammatici segnarono la vita di Mahler:
nella primavera lasciò dopo dieci anni la direzione della Hofoper di Vienna,
con cui i rapporti si erano definitivamente logorati; all’inizio dell’estate
morì di difterite Maria Anna, la maggiore delle sue figlie; subito dopo gli fu
diagnosticato un vizio cardiaco che lo costrinse ad abbandonare le abitudini
motorie all’aria aperta, elemento fondamentale del suo equilibrio e della sua
creatività. Lasciata la villa sul lago a Maiernigg, dove aveva trascorso molte
operose estati e dove era morta la bambina, si trasferì nei pressi di Dobbiaco.
Proprio in quel tristissimo ritiro nacquero le prime idee di Das Lied von der Erde,
a cui lavorò soprattutto nell’estate successiva. L’ultimo dei sei Lieder fu iniziato
il 1° settembre e l’opera vide la sua stesura definitiva tra il 1908 e il 1909. Fu
eseguita per la prima volta a Monaco con la direzione di Bruno Walter, il 20
novembre 1911, sei mesi dopo la morte di Mahler.
Una sinfonia di Lieder
Con Das Lied von der Erde Mahler portò alle estreme conseguenze la relazione
tra Lied e sinfonia, tanto importante nella sua produzione. Si tratta di un ciclo
liederistico ideato secondo un progetto sinfonico: ci sono alcuni testi poetici
tratti da una raccolta e due voci chiamate a intonarli, ma la successione dei
Lieder è definita da una struttura affine a quella della sinfonia:
1° Lied: 1° tempo di sinfonia (costruito fondendo forma-sonata e forma
strofica);
2° Lied: tempo lento;
3°, 4° e 5° Lied: Intermezzo - Scherzo;
6° Lied: finale;
Inoltre la voce si integra perfettamente nel tessuto orchestrale, come fosse
uno strumento. Tutti i Lieder sono basati su una cellula tematica fondamentale
e unificatrice. Dunque davvero Mahler riesce a coniugare il principio della
sinfonia con quello del ciclo liederistico, in un’opera da lui stesso considerata “la
cosa più personale” fatta fino a quel momento.
I testi
Mahler venne a conoscenza della raccolta Die Chinesische Flöte (Il flauto cinese)
proprio nella fatidica estate del 1907, dopo la morte della figlia e poco prima
di lasciare Dobbiaco. Si tratta di un’antologia di poesie cinesi di periodi diversi,
tradotte e rielaborate da Hans Bethge e pubblicate in quell’anno a Lipsia.
Mahler scelse componimenti appartenenti all’epoca T’ang (VII-X secolo):
1°, 3°, 4° e 5° Lied da poesie di Li Tai-Po;
2° Lied da Chang Chi;
6° Lied dall’accostamento di due poesie diverse di Mong-Kao-Jen e Wang-Wei.
Chi era
“Hans Bethge (1876-1946), laureato in filosofia a Ginevra, svolse a Berlino
attività di scrittore e poeta, dedicandosi fra l’altro alla libera rielaborazione
di poesie di altri paesi orientali: accanto al Flauto cinese che servì a Mahler
pubblicò una Primavera giapponese, le Notti arabe e una antologia da Hafis.
Bethge non conosceva il cinese e si servì di traduzioni in prosa tedesche,
inglesi e francesi: nella nota che accompagna il volume (Il flauto cinese)
egli cita le sue fonti menzionando la Chinesische Lyrik di Hans Heilmann
(suo principale punto di riferimento), Le Livre de Jade di Judith Gautier (la
figlia di Théophile che fu cara a Wagner), le Poésies de l’époque des Thang
(Parigi 1862) del Marquis d’Hervey-Saint-Denis e aggiungendo: ‘per i poeti
del diciannovesimo secolo ho usato fonti inglesi in prosa’”.
(da Paolo Petazzi, Le sinfonie di Mahler, Venezia, Marsilio, 2002).
Das Lied von der Erde
Il canto della terra
Das Trinklied vom Jammer der Erde
Il brindisi del male della terra
Schon winkt der Wein im gold’nen Pokale,
Doch trinkt noch nicht, erst sing’ ich euch ein Lied!
Das Lied von Kummer soll auflachend in die Seele euch klingen.
Wenn der Kummer naht, liegen wüst die Gärten der Seele,
Welkt hin und stirbt die Freude, der Gesang.
Dunkel ist das Leben, ist der Tod.
Herr dieses Hauses!
Dein Keller birgt die Fülle des goldenen Weins!
Hier diese Laute nenn’ich mein!
Die Laute schlagen und die Gläser leeren,
Das sind die Dinge, die zusammen passen.
Ein voller Becher Weins zur rechten Zeit
Ist mehr wert als alle Reiche dieser Erde!
Dunkel ist das Leben, ist der Tod.
Das Firmament blaut ewig und die Erde
Wird lange fest steh’n und aufblüh’n im Lenz.
Du aber, Mensch, wie lang lebst denn du?
Nicht hundert Jahre darfst du dich ergötzen
An all dem morschen Tande dieser Erde!
Seht dort hinab! Im Mondschein auf den Gräbern
Hockt eine wild-gespenstische Gestalt,
Ein Aff’ist’s! Hörst ihr, wie sein Heulen
Hinausgellt in den süssen Duft des Lebens!
Jetzt nehmt den Wein! Jetzt ist es Zeit, Genossen!
Leert eure gold’nen Becher zu Grund!
Dunkel ist das Leben, ist der Tod!
Già ammicca il vino nell’aureo boccale,
Ma non bevete ancora: prima vi canto una canzone!
La canzone del dolore deve scoppiare in riso risonandovi nell’anima.
Quando il dolore si avvicina giacciono deserti i giardini dell’anima,
Sfioriscono e muoiono la gioia, il canto.
Buia è la vita, è la morte.
Signore di questa casa!
Hai la cantina piena di vino dorato!
Qui questo liuto posso dir mio!
Il liuto suonare e i calici vuotare,
Queste le cose che van bene insieme.
Una coppa colma di vino al momento giusto
Val più di tutti i regni di questa terra!
Buia è la vita, è la morte.
Il firmamento è eternamente azzurro e la terra
Starà ancora a lungo immobile e rifiorirà in primavera.
Ma tu, uomo, quanto a lungo dunque vivrai?
Nemmeno per cent’anni ti puoi divertire
Di tutte le marce vanità di questa terra!
Guardate laggiù! Al chiaro di luna sulle tombe
Si curva una forma selvaggia e spettrale.
È una scimmia! Udite le sue grida
Erompere stridule nel doce aroma della vita!
Ma ora il vino! È tempo, amici!
Vuotate le vostre coppe d’oro fino in fondo.
Buia è la vita, è la morte!
Mahler realizza in questo primo pezzo una sintesi tra la forma-sonata tipica del
primo tempo di sinfonia e la forma strofica del Lied: la prima strofa espone le idee
musicali, la seconda ripete quest’esposizione variandola, la terza(preceduta da un
interludio orchestrale) è lo sviluppo delle idee musicali presentate finora, mentre
la quarta si può considerare la ripresa. Un’orchestrazione ricchissima, una vocalità
spinta nelle regioni estreme del registro acuto e un clima irrequieto caratterizzano
questo canto nichilistico tanto esaltato quanto disperato.
Der Einsame im Herbst
Il solitario in autunno
Herbstnebel wallen bläulich überm See;
Vom Reif bezogen stehen alle Gräser;
Man meint, ein Künstler habe Staub von Jade
Über die feinen Blüten ausgestreut.
Der süsse Duft der Blumen ist verflogen;
Ein kalter Wind beugt ihre Stengel nieder.
Bald werden die verwelkten, gold’nen Blätter
Der Lotosblüten auf dem Wasser zieh’n.
Mein Herz ist müde. Meine kleine Lampe
Erlosch mit Knistern; es gemahnt mich an den Schlaf.
Ich komm’zu dir, traute Ruhestätte!
Ja, gib mir Ruh, ich hab’Erquickung not!
Ich weine viel in meinen Einsamkeiten.
Der Herbst in meinem Herzen währt zu lange.
Sonne der Liebe, willst du nie mehr scheinen,
Um meine bittern Tränen mild aufzutrocknen?
Nebbie d’autunno ondeggiano azzurrine sopra il lago;
Di brina striato, immobile è ogni filo d’erba;
Si direbbe che un artista polvere di giada
Sui bei fiori abbia sparso.
Il dolce profumo dei fiori è svanito;
Un vento freddo ne piega gli steli a terra.
Presto appassiti, dorati i petali
Dei fior di loto sull’acqua se ne andranno.
Ho il cuore stanco. La mia piccola lucerna
si estingue crepitando; mi invita al sonno.
Vengo a te, fido rifugio!
Sì, dammi pace, di sollievo ho bisogno!
Piango tanto, nella mia solitudine.
L’autunno nel mio cuore dimora da troppo tempo.
Sole dell’amore, non splenderai mai più,
Le mie lacrime amare dolcemente asciugando?
Il secondo Lied è diviso in due parti di due strofe ciascuna: la prima dipinge un
paesaggio autunnale abbacinato e spettrale, la seconda dà voce a un soggetto
umano ormai sfinito. L’autunno è dunque metafora del disfacimento, dell’esaurirsi
delle forze vitali. La musica alterna zone desolatamente inespressive ad altre più
liriche; l’apice emotivo è toccato al verso Sonne der Liebe (sole dell’amore): vera e
propria irruzione di emotività, che subito si spegne in rassegnazione. L’orchestra
è ridotta a dimensioni cameristiche e la voce è trattata come parte del tessuto
strumentale.
Von der Jugend
Della giovinezza
Mitten in dem kleinen Teiche
Steht ein Pavillon aus grünem
Und aus weissem Porzellan.
Wie der Rücken eines Tigers
Wölbt die Brücke sich aus Jade
Zu dem Pavillon hinüber.
In dem Häuschen sitzen Freunde,
Schön gekleidet, trinken, plaudern,
Manche schreiben Verse nieder.
Ihre seidnen Ärmel gleiten
Rückwärts, ihre seidnen Mützen
Hocken lustig tief im Nacken.
Auf des kleinen Teiches stiller
Wasserfläche zeigt sich alles
Wunderlich im Spiegelbilde.
Alles auf dem Kopfe stehend
In dem Pavillon aus grünem
Und aus weissem Porzellan;
Wie ein Halbmond steht die Brücke,
Umgekehrt der Bogen. Freunde,
Schön gekleidet, trinken, plaudern.
In mezzo al piccolo stagno
C’è un padiglione di verde
E bianca porcellana.
Come il dorso di una tigre
Si inarca il ponte di giada
Il padiglione a raggiungere.
Nella casetta seggono amici,
Ben vestiti, bevono, chiacchierano,
Qualcuno scrive versi.
Di seta le maniche scivolano
Indietro, di seta i berretti
Si afflosciano lieti sulle nuche.
Del piccolo stagno sulla placida
Superficie appare tutto
Mirabilmente rispecchiato.
Ogni cosa a testa in giù
Nel padiglione di verde
E bianca porcellana;
Simile a una mezzaluna sta il ponte,
Capovolto l’arco. Amici,
Ben vestiti, bevono, chiacchierano.
Il Lied “del padiglione” è diviso in quattro parti: le prime due strofe descrivono
il padiglione di giada e il ponte, le due seguenti la conversazione degli amici, la
quinta il riflesso delle immagini nell’acqua del laghetto, infine le ultime due strofe
recuperano elementi delle prime due parti. La felicità della giovinezza riprodotta
dalla poesia e dalla musica è artefatta, lontana dalla vita vera, quasi fosse solo
immaginata e pronta a svanire nel nulla, come accade nella chiusura repentina
del pezzo.
Von der Schönheit
Della bellezza
Junge Mädchen pflücken Blumen,
Pflücken Lotosblumen sulla sponda.
Zwischen Büschen und Blättern sitzen sie,
Sammeln Blüten in den Schoss und rufen
Sich einander Neckereien zu.
Gold’ne Sonne webt um die Gestalten
Spiegelt sie im blanken Wasser wider,
Sonne spiegelt ihre schlanken Glieder,
Ihre süssen Augen wider.
Und der Zephir hebt mit Schmeichelkosen das Gewebe
Ihrer Ärmel auf, führt den Zauber
Ihrer Wohlgerüche durch die Luft.
O sieh, was tummeln sich für schöne Knaben
Dort an dem Uferrand auf mut’gen Rossen?
Weithin glänzend wie die Sonnenstrahlen,
Schon zwischen dem Geäst der grünen Weiden
Trabt das jungfrische Volk einher!
Das Ross des einen wiehert fröhlich auf
Und scheut und saust dahin,
Über Blumen, Gräser,wanken hin die Hufe,
Sie zerstampfen jäh im Sturm die hingesunk’nen Blüten,
Hei! Wie flattern im Taumel seine Mähnen,
Dampfen heiss die Nüstern!
Gold’ne Sonne webt um die Gestalten,
Spiegelt sie im blanken Wasser wider.
Und die schönste von den Jungfrau’n sendet
Lange Blicke ihm der Sehnsucht nach.
Ihre stolze Haltung ist nur Verstellung.
In dem Funkeln ihrer grossen Augen,
In dem Dunkel ihres heissen Blicks
Schwingt klagend noch die Erregung ihres Herzens nach.
Giovani fanciulle colgon fiori,
Colgono fior di loto al margine delle acque.
Tra siepi ed arbusti seggono,
Raccolgono fiori in grembo e scambiano
L’una con l’altra parole scherzose.
Aureo sole avvolge le figure
Le riflette nella limpida acqua,
Sole riflette quelle snelle membra,
Quei dolci occhi.
E lo zefiro solleva loro con dolci carezze la stoffa
Delle maniche, reca l’incanto
Dei loro profumi per l’aria.
Oh guarda, perché si aggirano quei bei ragazzi
Là sulla riva su fieri cavalli?
Di lontano, lucente come i raggi del sole
Già tra i rami dei verdi salici
s’avvicina al trotto questa bella gioventù!
Il cavallo di uno di loro nitrisce lieto
Le scarta e vola via,
Su fiori ed erba vorticano gli zoccoli,
Calpestano con furia i fiori abbattuti,
Ehi! Come svolazza nella corsa la criniera.
Fumano calde e froge!
Aureo sole avvolge le figure
Le riflette nella limpida acqua.
E la più bella fra quelle vergini rivolge
Lunghi sguardi a lui di desiderio.
Il suo contegno fiero è solo finzione.
Nelle scintille dei suoi grandi occhi
Nell’oscurità del suo ardente sguardo
Vibra come lamento ancora il tumulto del suo cuore
Il quarto Lied è tripartito: la prima strofa descrive con delicatezza estrema alcune
fanciulle intente a cogliere fiori accanto a un fiume; nella seconda giovani e
animosi cavalieri arrivano a cavallo con andamento marziale; nella terza i lunghi
sguardi fra la più bella delle giovani e uno dei cavalieri riportano l’atmosfera di
tenerezza dell’inizio. Ma anche la felicità della bellezza è irrecuperabile e viene
osservata come da lontano, con sguardo disincantato.
Der Trunkene im Frühling
L’ubriaco in primavera
Wenn nur ein Traum das Leben ist,
Warum dann Müh’ und Plag’!?
Ich trinke, bis ich nicht mehr kann,
Den ganzen, lieben Tag!
Und wenn ich nicht mehr trinken kann,
Weil Kehl’ und Seele voll,
So tauml’ ich bis zu meiner Tür
Und schlafe wundervoll!
Was hör’ ich beim Erwachen? Horch!
Ein Vogel singt im Baum.
Ich frag’ ihn, ob schon Frühling sei.
Mir ist als wie im Traum.
Der Vogel zwitschert: Ja! Der Lenz
Ist da, sei kommen über Nacht!
Aus tiefstem Schauen lauscht’ ich auf,
Der Vogel singt und lacht!
Ich fülle mir den Becher neu
Und leer’ ihn bis zum Grund,
Und singe, bis der Mond erglänzt
Am schwarzen Firmament!
Und wenn ich nicht mehr singen kann,
So schlaf’ ich wieder ein.
Was geht mich denn der Frühling an?
Lasst mich betrunken sein!
Se solo un sogno è la vita,
Perché allora fatica e tormento?
Bevo, fino a non poterne più,
Per tutta la dolce giornata!
E quando non posso più bere.
Perché la gola e l’anima ne ho piene,
Barcollo fino alla mia porta
E dormo a meraviglia!
Che sento al risveglio? Ascolta!
Un uccello canta sull’albero.
Gli chiedo se già sia primavera
Mi sembra di sognare.
L’uccello cinguetta: Sì, la primavera
È giunta, forse stanotte.
Dal basso guardo e tendo l’orecchio,
L’uccello canta e ride!
Mi riempio la coppa di nuovo
E la vuoto sino in fondo,
E canto finché la luna splende
Nel cupo firmamento.
E quando non posso più cantare,
Mi riaddormento ancora.
Che m’importa della primavera?
Lasciate che mi ubriachi!
Questo Lied è un corrispettivo ideale del primo, al quale è ricollegabile per
argomento, imponenza della strumentazione e tonalità d’impianto (la maggiore
in questo, la minore nel primo). La forma è evidentemente legata alle strofe: la
prima propone un esotismo “barcollante” effetto dell’ubriachezza, seguito da
un lirismo più aperto; la seconda riespone questo stesso materiale; nella terza e
quarta le visioni della natura (l’uccello che canta) e della primavera aprono squarci
di espressività elegiaca, sospesa e sognante; la quinta mantiene idee musicali
delle due strofe centrali; la sesta è una ripresa della situazione che apriva il Lied.
L’ebbrezza pessimistica è uno stato spaventosamente vicino alla morte; in questo
stato non è impossibile vedere (in verità “sognare”) la natura e la primavera, cioè
la vita; ma la natura è ormai un conforto che si può solo sognare; non resta che la
disperazione di un’ebbrezza troppo lontana dalla vita.
Der Abschied
Il commiato
Die Sonne scheidet hinter dem Gebirge.
In alle Täler steigt der Abend nieder
Mit seinen Schatten, die voll Kühlung sind.
O sieh! Wie eine Silberbarke schwebt
Der Mond am blauen Himmelssee herauf.
Ich spüre eines feinen Windes Weh’n
Hinter den dunklen Fichten!
Der Bach singt voller Wohllaut durch das Dunkel.
Die Blumen blassen im Dämmerschein.
Die Erde atmet voll von Ruh’ und Schlaf.
Alle Sehnsucht will nun träumen,
Die müden Menschen geh’n heimwärts,
Um im Schlaf vergessnes Glück
Und Jugend neu zu lernen!
Die Vögel hocken still in ihren Zweigen.
Die Welt schläft ein!
Es wehet kühl im Schatten meiner Fichten.
Ich stehe hier und harre meines Freundes;
Ich harre sein zum letzten Lebewohl.
Ich sehne mich, o Freund, an deiner Seite
Die Schönheit dieses Abends zu geniessen.
Wo bleibst du? Du lässt mich lang allein!
Ich wandle auf und nieder mit meiner Laute
Auf Wegen, die von weichem Grase schwellen.
O Schönheit! O ewigen Liebens-,
Lebenstrunk’ne Welt!
Er stieg vom Pferd und reichte ihm den Trunk
Des Abschieds dar. Er fragte ihn,wohin
Er führe und auch warum es müsste sein.
Er sprach, und seine Stimme war umflort: “Du mein Freund,
Mir war auf dieser Welt das Glück nicht hold!
Wohin ich geh’? Ich geh’, ich wandre in die Berge.
Ich suche Ruhe für mein einsam Herz.
Ich wandle nach der Heimat, meiner Stätte.
Ich werde niemals in die Ferne schweifen.
Still ist mein Herz und harret seiner Stunde!
Die liebe Erde allüberall
Blüht auf im Lenz und grünt
Aufs neu! Allüberall und ewig
Blauen licht die Fernen!
Ewig… ewig…”.
Il sole scompare dietro i monti.
In tutte le valli cala la sera
Con le sue ombre, così fresche.
Oh guarda! Come una barca d’argento ondeggia
La luna alta sull’azzurro lago del cielo.
Sento una brezza leggera spirare
Dietro i cupi abeti!
Il ruscello canta armoniosamente nel buio.
I fiori sbiadiscono nel crepuscolo.
La terra respira, tutta quiete e sonno.
Ogni desiderio vorrebbe adesso sognare,
Stanchi gli uomini tornano a casa
Nel sonno obliata felicità
E giovinezza a riscoprire!
Gli uccelli si rannicchiano taciti sui rami.
Il mondo s’addormenta!
Spira aria fresca all’ombra dei miei abeti.
Sto qua e attendo in ansia il mio amico;
Lo attendo in ansia per l’ultimo addio.
Vorrei tanto, amico mio, al tuo fianco
La bellezza di questa sera godere.
Dove indugi? Mi lasci a lungo solo!
Mi aggiro su e giù con il mio liuto
Su sentieri d’erba molle rigonfi.
O bellezza! o tu eternamente d’amore,
Di vita inebriato mondo!
Scese da cavallo e gli porse la coppa
Del commiato. Gli chiese dove mai
Fosse diretto e perché dovesse esser così.
Parlò, e la voce aveva velata: “O amico mio,
A me in questo mondo la fortuna non fu benigna.
Dove vado? Andrò, vagherò tra i monti.
Cerco pace per il mio solitario cuore.
Vado verso la mia terra, i miei luoghi.
Mai più me ne allontanerò.
Tace il mio cuore e attende con ansia la sua ora.
La cara terra ovunque
Fiorisce in primavera e verdeggia
Di nuovo! Ovunque e sempre
Azzurri risplendono gli orizzonti!
Sempre… sempre”.
L’esteso finale unisce due poesie di autori diversi e si presenta tripartito: la prima
parte corrisponde alla prima poesia (In attesa dell’amico di Mong-Kao-Jen), la
seconda è un ampio interludio orchestrale, la terza corrisponde alla seconda poesia
(Il congedo dell’amico di Wang-Wei) e musicalmente svolge la funzione di ripresa
della prima parte. Già Bethge nella sua traduzione aveva ampliato i testi originali:
Mahler li reinterpreta ulteriormente, specie nella parte conclusiva. L’orchestra è
ridotta e le combinazioni di pochi strumenti producono sonorità rarefatte (solo
l’interludio ha una dimensione sinfonica); la voce è trattata come un strumento
dell’orchestra; l’intensità espressiva, per quanto fatta di gesti minimi che a tratti
si avvicinano al silenzio, è quasi insostenibile. Questo addio non è tragico, anzi è
sereno nella sua profonda commozione, come il ricordo di qualcosa che è ormai
lontano e va spegnendosi: la vita.
Paolo Cairoli
(dagli archivi Rai)
Juraj Valčuha
Juraj Valčuha è Direttore principale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai dal
2009. Nato nel 1976 a Bratislava, vi studia composizione e direzione e prosegue gli
studi a San Pietroburgo con Ilya Musin e a Parigi. Nel 2006 debutta con l´Orchestre
National de France e al Comunale di Bologna con La bohème.
Viene regolarmente invitato dalle maggiori compagini internazionali quali:
Münchner Philharmoniker, Philharmonia di Londra, Filarmonica di Oslo, DSO di
Berlino, Gewandhaus di Lipsia, Orchestra della Radio Svedese, Staatskapelle di
Dresda, Pittsburgh Symphony, Los Angeles Philharmonic, National Symphony di
Washington, Filarmonica di Berlino, Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam e
Boston Symphony.
Nella stagione 2012/2013 ha debuttato con la New York Philharmonic, la Filarmonica
della Scala e la San Francisco Symphony. Ha ritrovato i Münchner Philharmoniker,
l’Orchestre de Paris, le orchestre del Comunale di Bologna e di Firenze, l´Orchestra
dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, la National Symphony e la Philharmonia
di Londra. Nel 2013/2014 è stato impegnato sul podio dei Münchner Philharmoniker,
la Philharmonia di Londra, la Pittsburgh Symphony, le Orchestre delle Radio NDR di
Amburgo, WDR di Colonia, Radio Svedese di Stoccolma e NHK a Tokyo.
In Italia ha diretto concerti con le Orchestre dell´Accademia Nazionale di Santa
Cecilia, del Comunale di Bologna e di Firenze, del San Carlo di Napoli e l´Orchestra
Toscanini a Parma, nonché produzioni operistiche quali La bohème alla Fenice,
Madama Butterfly e L’amore delle tre melarance di Prokof’ev a Firenze.
Con l´OSN Rai ha effettuato diverse tournée: al Musikverein di Vienna, alla
Philharmonie di Berlino, nella stagione di Abu Dhabi Classics con Yo-Yo Ma, al
Festival Enescu di Bucarest e nel novembre scorso a Monaco, Colonia, Zurigo, Basilea
e Düsseldorf con il pianista Arcadi Volodos.
La stagione 2014/2015 lo vede impegnato con le orchestre americane di San
Francisco, Pittsburgh, Washington, Los Angeles, Montréal, nonché sul podio della
Konzerthaus di Berlino, della Philharmonia a Londra (anche in un concerto in
omaggio a Lorin Maazel), dei Wiener Symphoniker, dell’Accademia Nazionale di
Santa Cecilia e dell’Orchestre National de France. Nella primavera del 2015 dirigerà
due produzioni liriche: Turandot a Napoli e Jenůfa a Bologna.
Dominik Wortig
Nato a Neuwied am Rhein, ha studiato pianoforte, organo, composizione e direzione
d’orchestra in Germania, e canto con Werner Lechte e Reinhard Leisenheimer. Ha
poi approfondito gli studi lavorando con Kurt Moll e Brigitte Fassbaender. Dal 2012
è docente di canto presso l’Università di Augsburg. Il suo repertorio, che spazia dai
Vespri di Monteverdi alle opere di Bach e dagli oratori dell’Otto-Novecento ai lavori
contemporanei, lo ha portato a esibirsi in Europa, in Asia e negli Stati Uniti. È stato
ospite di festival musicali quali Rheingau, Besançon, van Vlaanderen, Bach Festival
di Seoul. Ha lavorato con importanti direttori quali Dennis Russell Davies, Lothar
Zagrosek, Thierry Fischer, Helmut Froschauer, Claus Peter Flor, Ion Marin, George
Schmöhe, Emmanuel Krivine, Michail Jurowski e Justus Frantz. Collabora con la
Radio di Colonia, l’Internationale Bachakademie di Stoccarda, la Gächinger Kantorei
e con il Bach Collegium di Stoccarda diretto da Helmuth Rilling. È stato impegnato
al Teatro di Hagen nel Faust di Gounod, nel Rake’s Progress di Stravinskij, ha cantato
il Figlio del Re in Die Königskinder di Humperdinck e Eisenstein in Die fledermaus.
Nel 2006 ha debuttato alla Staatsoper di Stoccarda con il ruolo principale in Aeneas
in Carthage di Kraus e nel 2007 alla Semperoper di Dresda come Tamino. È stato
membro dell’Ensemble di canto al teatro di Wuppertal, dova ha cantato Alfredo ne
La Traviata, Manolios in Passione Greca di Martinů e Guido in Una tragedia fiorentina
di Zemlinsky. Dal 2001 è nominato come miglior cantante emergente dalle riviste
di settore e nel 2008 nel sondaggio tra i critici del giornale “Welt am Sonntag”. In
concerto ha cantato Lied von der Erde e Das klagende Lied di Mahler a Milano con
l’Orchestra Verdi, Lobgesang di Mendelssohn con l’OSN Rai diretta da Christopher
Hogwood, la Messa in re minore di Bruckner con l’Orchestra del WDR, la Messa in la
bemolle maggiore di Schubert sotto la direzione di Michael Gielen, la Missa Solemnis
con Herbert Blomstedt e Philippe Herreweghe, e ha partecipato a una serie di
progetti (Elias e Paulus di Mendelssohn) con l’Internationale Bachakademie. È
del 2013 la registrazione della Messa in fa minore di Bruckner diretta da Robin
Ticciati con i Bamberger Symphoniker e il Coro del Bayerischen Rundfunk. Sotto
la direzione di Hartmut Haenchen ha debuttato alla Scala in Fliegender Holländer
come Steuermann e ha cantato al Teatro Verdi di Pordenone e al Festival Anima
Mundi nello Stabat Mater di Dvořák nel 2014.
Markus Werba
Nipote del pianista Eric Werba, ha iniziato gli studi al Conservatorio di Klagenfurt
per proseguirli a Vienna con Walter Berry. Ha fatto parte dell’ensemble di canto
della Volksoper di Vienna. La sua carriera è decollata dopo che Strehler lo ha
scelto nel 1998 per Così fan tutte registrato dalla Rai. Suo cavallo di battaglia è
stato Papageno, ruolo che ha cantato in numerosi teatri e al Festival di Salisburgo,
diretto da bacchette quali Abbado, Fischer e Harnoncourt e con registi come Vick,
Audi e McVicar. In Italia è stato invitato dalla Fenice di Venezia (Requiem Tedesco di
Brahms, Così fan tutte, Capriccio e Romeo et Juliette); da Trieste (Messa in do minore
di Mozart, Così fan tutte e Requiem di Brahms); da Santa Cecilia a Roma per Una via
crucis di Morricone; da Palermo; da Cagliari (Capriccio diretto da de Burgos, regia
di Ronconi, Alfonso und Estrella, Hans Heiling di Marschner con la Antonacci, Die
Vögel di Braunfels e Barbiere di Siviglia); per Così fan tutte da Ferrara, Reggio Emilia
e Modena (diretto da Abbado, regia di Martone) e dal Carlo Felice di Genova; dalla
Scala in Ariadne auf Naxos (diretto da Tate); dal Regio di Parma nelle Faustszenen di
Schumann (regia di de Ana), al Verdi di Pisa ne Il matrimonio inaspettato di Paisiello
diretto da Muti. Ha cantato al Festival di Salisburgo ne La Finta Giardiniera e Il
matrimonio inaspettato, a Sydney il Requiem di Brahms, La Calisto alla Bayerische
Staatsoper e al Covent Garden, a Los Angeles Die Zauberflöte, Don Giovanni e Così
fan tutte a Tokyo. Ha debuttato al Met in Ariadne auf Naxos nel 2010 diretto da
Petrenko, alla Wiener Staatsoper come Figaro e in Die Fledermaus e Don Giovanni
a Lione. Ha cantato a Pompei i Carmina Burana in diretta Rai; acclamato il suo
Don Giovanni e Conte in Nozze di Figaro a Venezia (regia di Michieletto). Recente
il debutto nelle Nozze a Vienna e Don Giovanni a Torino e a Parigi. Dopo il debutto
nei Meistersinger a Salisburgo diretto da Gatti, ha cantato in Fierrabras nel 2014.
Gatti lo ha diretto nei Lieder eines fahrenden Gesellen con l’Orchestre National de
France e Chailly nell’Ottava di Mahler con l’Orchestra Verdi di Milano. Nel 2014:
Die Zauberflöte a Torino e al Met, il debutto di Don Alfonso al Theater an der Wien,
Bohème e Ariadne auf Naxos al Covent Garden, una tournée con l’Orchestre National
d’Île de France, Liederabende al Musée d’Orsay e alla Wigmore Hall, concerti con
Eschenbach a Houston. Nel 2015 debutterà Don Carlos a Tokyo e alla Semperoper di
Dresda e sarà impegnato in Nozze di Figaro a Roma e Bohème a Torino.
PARTECIPANO AL CONCERTO
VIOLINI PRIMI
*Alessandro Milani (di spalla), °Marco Lamberti, °Giuseppe Lercara, Antonio Bassi,
Constantin Beschieru, Lorenzo Brufatto, Irene Cardo, Claudio Cavalli, Patricia Greer,
Valerio Iaccio, Martina Mazzon, Sara Pastine, Fulvia Petruzzelli, Francesco Punturo,
Matteo Ruffo, Lynn Westerberg.
VIOLINI SECONDI
*Paolo Giolo, Enrichetta Martellono, Valentina Busso, Roberto D’Auria, Carmine Evangelista,
Jeffrey Fabisiak, Rodolfo Girelli, Alessandro Mancuso, Antonello Molteni, Vincenzo Prota,
Francesco Sanna, Elisa Schack, Carola Zosi, Pietro Bernardin.
VIOLE
*Ula Ulijona, Matilde Scarponi, Giorgia Cervini, Massimo De Franceschi, Rossana Dindo,
Federico Maria Fabbris, Riccardo Freguglia, Alberto Giolo, Agostino Mattioni, Davide Ortalli,
Andrea Arcelli, Giovanni Matteo Brasciolu.
VIOLONCELLI
*Massimo Macrì, Giuseppe Ghisalberti, Giacomo Berutti, Stefano Blanc, Pietro Di Somma,
Michelangiolo Mafucci, Stefano Pezzi, Fabio Storino, Davide Pracca, Livia Rotondi.
CONTRABBASSI
*Cesare Maghenzani, Gabriele Carpani, Luigi Defonte, Antonello Labanca, Maurizio Pasculli,
Francesco Platoni, Virgilio Sarro, Vincenzo Venneri.
TROMBE
*Marco Braito, Daniele Greco D’Alceo, Roberto Rivellini.
TROMBONI
*Joseph Burnam, Devid Ceste.
trombone basso
Gianfranco Marchesi
tuba
Daryl Smith
TIMPANI
*Claudio Romano
percussioni
Maurizio Bianchini, Carmelo Gullotto, Alberto Occhiena, Alberto Bosio.
arpe
*Margherita Bassani, Nabila Chajai.
celeste
Maria Antonietta Maldera
Mandolino
Amelia Saracco
FLAUTI
*Marco Jorino, Luigi Arciuli, Paolo Fratini.
ottavini
Fiorella Andriani, Paolo Fratini.
OBOI
*Francesco Pomarico, Franco Tangari, Teresa Vicentini.
corno inglese
Teresa Vicentini
clarinetti
*Enrico Maria Baroni, Graziano Mancini, Davide Argentiero.
clarinetto piccolo
Franco Da Ronco
clarinetto basso
Salvatore Passalacqua
FAGOTTI
*Elvio Di Martino, Cristian Crevena, Bruno Giudice.
CONTROFAGOTTO
Bruno Giudice
*prime parti ° concertini
CORNI
*Ettore Bongiovanni, Marco Panella, Bruno Tornato, Marco Tosello.
Alessandro Milani suona un violino “Francesco Gobetti” del 1711, messo generosamente a
disposizione dalla Fondazione Pro Canale di Milano.
Ascoltare, conoscere, incontrare, ricevere inviti per concerti fuori
abbonamento, scoprire pezzi d’archivio, seguire le tournée dell’Orchestra,
avere sconti e facilitazioni. In una parola, diventare AMICI.
Sono molti i vantaggi offerti dall’associazione Amici dell’Orchestra
Sinfonica Nazionale della Rai: scegliete la quota associativa che preferite
e iscrivetevi subito!
Tutte le informazioni e gli appuntamenti sono disponibili sul sito
www.amiciosnrai.it o scrivendo a [email protected].
La Segreteria degli AMICI dell’OSN Rai è attiva mezz’ora prima di ogni
concerto presso la Biglietteria dell’Auditorium Rai, oppure dal martedì al
venerdì dalle 11 alle 18, telefonando al 335 6944539.
Cambio orario biglietteria
Si informa il gentile pubblico che a partire da gennaio 2015 la biglietteria
dell’OSN Rai cambia l’orario di apertura:
Rai NuovaMusica 2015
Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino
martedì e mercoledì : h. 10 – 14
giovedì e venerdì : h. 15 – 19
sabato, domenica e lunedì: chiuso
in collaborazione con
La biglietteria è sempre aperta un’ora prima dei concerti.
CONVENZIONE OSN RAI - VITTORIO PARK
Tutti gli Abbonati, i possessori di Carnet e gli acquirenti dei singoli Concerti
per la Stagione Sinfonica OSN Rai 2014/15 che utilizzeranno il VITTORIO
PARK DI PIAZZA VITTORIO VENETO nelle serate previste dal cartellone,
vidimando il biglietto di sosta nell’apposita macchinetta installata nel
foyer dell’Auditorium Toscanini, avranno diritto allo sconto del 25% sulla
tariffa oraria ordinaria.
PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI AL PERSONALE DI SALA O IN BIGLIETTERIA.
Le varie convenzioni sono consultabili sul sito www.osn.rai.it alla
sezione "riduzioni".
VENERDì 6, 13, 20 FEBBRAIO 2015 ORE 21.00
Prevendita biglietti dal 20 gennaio 2015
presso la biglietteria dell’Auditorium Rai
e online su www.osn.rai.it
10°
mercoledì 21 gennaio 2015
ore 20.30
giovedì 22 gennaio 2015
ore 21.00
Juraj Valčuha | Direttore
Renaud Capuçon | Violino
Arthur Honegger
Pastorale d’été
Pascal Dusapin
Aufgang, concerto per violino e orchestra
(prima esecuzione italiana)
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 6 in fa maggiore op. 68 Pastorale
CARNET
da un minimo di 6 concerti scelti fra i due turni e in tutti i settori
Adulti: 24,00 euro a concerto Giovani: 5,00 euro a concerto
SINGOLO CONCERTO
Poltrona numerata: da 30,00 a 15,00 euro (ridotto giovani)
INGRESSO
Posto non assegnato: da 20,00 a 9,00 euro (ridotto giovani)
BIGLIETTERIA
Tel. 011/8104653 - 8104961 - Fax 011/8170861
[email protected] - www.osn.rai.it