qui - Sito della Parrocchia di Bonistallo

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Siamo partiti in 55, stipati come sardine in un minibus da 16 persone. Per due giorni si stette seduti
per terra, senza mangiare, senza defecare, senza parlare, senza urlare. C'era caldo, non c'era
areazione; non potevamo nemmeno starnutire o grattarci il corpo. Qualcuno sveniva, qualcuno
stava con gli occhi spalancati come se fosse impazzito. Il rumore lancinante del motore che non si
fermava e ti trafiggeva la testa come una lama appuntita. Pensavo a due cose : alla morte e alla mia
famiglia. Perché io ho fatto questo viaggio per la famiglia, per la mia mamma, i miei fratelli e le
sorelle, e loro avevano speranza in me. Io avevo speranza nel mio viaggio...speravo che giunto in
Europa sarei scampato dalla fame, dalla miseria, dalla paura e che una volta giunto là sarei riuscito
ad aiutare la mia famiglia a resistere. Quando siamo arrivati al mare il minibus si è fermato e
abbiamo cercato di scendere. Ma non si riusciva più a camminare per via che si era stati immobili
per tutte quelle ore. Nessuno di noi parlava, parlava il conducente del minibus che ci gridava “
veloci, veloci, altrimenti vi scoprono ed è finita”. Come siamo arrivati alla spiaggia il nostro
accompagnatore ci ha indicato un battello che ci aspettava a due chilometri di distanza sul mare. Ci
ha detto di incamminarci fin là perché l'acqua non è profonda ed il fondale è quasi pianeggiante,
senza buche o tonfi pericolosi. Cominciamo a camminare. Dopo una mezz'ora qualcuno comincia a
dire che non ce la fa più, qualcuno dice “lasciatemi qui, devo morire”. Si cammina ancora,
qualcuno cominciò a buttare via gli zaini, per alleggerirsi; c'era chi si disfaceva del mangiare e
dell'acqua da bere , pur di continuare in questa marcia disperata. Qualcuno si levava le scarpe e i
vestiti. Giunti vicino al vascello il suo comandante ci dette quest'ordine imperioso “ comincino a
salire quelli più bassi, i più alti devono seguire per un altro po' la barca e poi salire” . E così
abbiamo fatto. Dopo poco il mare si è gonfiato e in un batter d'occhio il battello è stato circondato
da onde altissime che lo sballottavano su e giù. Ognuno pregava il suo Signore, chi Serigne Touba ,
chi Allah , chi Gesù. Chi Budda. Tutti pregavano con gran fervore nella propria lingua. Non so
come abbiamo fatto a resistere tutto quel tempo, avevamo paura , avevamo paura di morire nella
traversata , avevamo paura per la nostra famiglia rimasta in attesa di un nostro aiuto, avevamo
paura di ciò che ci aspettava. Ma nonostante la paura il nostro era un viaggio della speranza.
Speranza di vita.
Liberamente tratto da “Il mio viaggio della speranza” di Bay Mademba