la dimensione intertestuale de los enamoramientos di javier marías

Transcript

la dimensione intertestuale de los enamoramientos di javier marías
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN FILOLOGIA MODERNA
LA DIMENSIONE INTERTESTUALE DE
LOS ENAMORAMIENTOS
DI JAVIER MARÍAS
Candidata: Diana Biagini
Relatrice: Ana Tobío Sala
Correlatrice: Salomé Vuelta García
Correlatrice esterna (Università degli Studi di Siena): Sara Polverini
ANNO ACCADEMICO: 2012/2013
Indice
Abbreviazioni bibliografiche
p.
1
1. Introduzione a Los enamoramientos
p.
3
2. Il concetto di intertestualità
p.
21
2.1 Quale intertestualità?
p.
21
2.2 La classificazione di Genette
p.
26
p.
29
3.1 Forme e funzioni
p.
29
3.2 Le Colonel Chabert di Honoré de Balzac
p.
35
3.3 Les Trois Mousquetaires di Alexandre Dumas
p.
56
3.4 Altre opere
p.
70
p.
73
4.1 Forme e funzioni
p.
73
4.2 Macbeth di William Shakespeare
p.
81
4.3 The Love Song of J. Alfred Prufrock di T. S. Eliot
p.
94
4.4 Viaje al Parnaso di Miguel de Cervantes
p.
97
4.5 Tesoro de la lengua castellana o española
p. 101
4.6 Il Vangelo secondo Luca
p. 102
4.7 La Belle Dame Sans Merci di John Keats
p. 105
4.8 Die erste Elegie di Rainer Maria Rilke
p. 106
3. Libri nel libro
4. Un mosaico di citazioni
5. La realtà come motore della finzione
p. 110
6. Personaggi migranti
p. 120
6.1 Forme e funzioni
p. 120
6.2 Javier Díaz-Varela
p. 123
6.3 Ruibérriz de Torres
p. 128
6.4 Francisco Rico
p. 135
6.5 Il Dottor Vidal
7. Intersezioni tra letteratura e arti visive
p. 140
p. 142
7.1 Il cinema nell’opera di Marías
p. 142
7.2 Riferimenti cinematografici ne Los enamoramientos
p. 146
7.3 Fotografie e dipinti nell’opera di Marías
p. 152
7.4 Fotografie paratestuali
p. 155
7.5 Una fotografia (quasi) invisibile
p. 157
7.6 Guida al museo delle scienze
p. 163
Conclusioni
p. 168
Appendice
p. 171
Immagini
p. 183
Didascalie
p. 191
Ringraziamenti
p. 193
Bibliografia
p. 195
Abbreviazioni bibliografiche
CTB: Corazón tan blanco1
CFM: Cuando fui mortal
DTS: Donde todo ha sucedido
HS: El hombre sentimental
LE: Los enamoramientos
LYF: Literatura y fantasma
MBP: Mañana en la batalla piensa en mí
MIR: Miramientos
MED: Mientras ellas duermen
MDT: El monarca del tiempo
MI: Mala índole. Cuentos aceptados y aceptables
NET: Negra espalda del tiempo
TLA: Todas las almas
TRM1: Tu rostro mañana. 1. Fiebre y lanza
TRM2: Tu rostro mañana. 2. Baile y sueño
TRM3: Tu rostro mañana. 3. Veneno y sombra y adíos
VE: Vidas escritas
1
Per gli estremi di pubblicazione di questa e delle altre opere, si veda la
bibliografia.
1
2
1. Introduzione a Los enamoramientos
Nel 2007, conclusa l’impegnativa trilogia di Tu rostro mañana, Marías
aveva dichiarato che non avrebbe scritto altri romanzi e che si sarebbe
dedicato solo, forse, al genere del racconto: «No veo ninguna historia
en perspectiva, y en estos momentos no puedo ni imaginar la creación
de un mundo distinto al de esta novela»2.
Invece, nell’aprile del 2011 è uscito Los enamoramientos, a coronare
con puntualità perfetta i suoi quarant’anni di attività3. In Spagna il
romanzo ha riscosso un grande successo di pubblico, vendendo oltre
100.000 copie nei primi soli sei mesi4, ed è stato apprezzato anche
dalla critica: si è infatti aggiudicato il Premio Nacional de Narrativa
2012 (che l’autore ha però rifiutato)5 ed è stato nominato libro
dell’anno da Babelia6. A ottobre del 2011 era già stato tradotto in
2
Dichiarazione dell’autore riportata in Anónimo, Javier Marías: España es un país
difícil, ingrato, del que no se puede fiar uno, «El País», 24/9/2007, http://cultura.elpais.com/cultura/2007/09/24/actualidad/1190584802_850215.html (ultima
consultazione: 20/6/2013).
3
Risale, infatti, al 1971 Los dominios del lobo. A essere più precisi, però, Marías iniziò
a scrivere ancora prima. Nel 1965, infatti, scrisse il racconto La vida y la muerte de
Marcelino Iturriaga che fu pubblicato su El Noticiero Universal (Barcelona, 1968) e
successivamente incluso nella versione ampliata di Mientras ellas duermen (Alfaguara,
2000) e nel volume Mala índole. Cuentos aceptados y aceptables (Alfaguara, 2012);
inoltre, prima de Los dominios del lobo l’autore scrisse un altro romanzo, intitolato
La víspera, rimasto inedito anche per sua volontà.
4
Cfr. Carles Geli, Javier Marías ficha por la prestigiosa editorial Penguin, «El País»,
20/10/2011, http://cultura.elpais.com/cultura/2011/10/20/actualidad/1319061615_850215.html (ultima consultazione: 20/6/2013). Nel 2012, sempre solo in
Spagna, ha venduto altre 32.000 copie. Cfr. Inés Martín Rodrigo, La crisis rompe el
suelo bajo unos pocos best seller, «ABC», 26/12/2012, http://www.abc.es/cultura/libros/20121226/abci-crisis-best-seller-libros-201212241245.html
(ultima
consultazione: 20/6/2013).
5
Cfr. Anomino, Javier Marías rechaza el Nacional de Narrativa por ‘Los enamoramientos’,
«El País», 25/10/2012, http://cultura.elpais.com/cultura/2012/04/21/actualidad/1334998646_622912.html (ultima consultazione: 20/6/2013).
6
Cfr. Winston Manrique Sabogal, Mejor libro del año: Los enamoramientos de
Marías, «El País», 22/12/2011, http://blogs.elpais.com/papeles-perdidos/2011
3
diciotto lingue7.
Marías si è dunque confermato in grado di soddisfare diversi tipi
di lettori, «desde los fácilmente contentadizos hasta los más
exigentes»8, benché lui stesso abbia più volte espresso dei dubbi su
questo romanzo, che non era neanche sicuro di voler pubblicare:
No estaba nada convencido de ese libro. Nunca estoy seguro. […] Mi
grado de duda con la última novela publicada, Los enamoramientos, fue
mayor, hasta el punto de que le dije a mi agente: «Llama a Pilar [su
editora], avísale, dile que no la va a tener como le anuncié, y que a lo
mejor no la va a tener en absoluto, porque me la voy a mirar otra
vez».9
Con esta obra tuve una enorme inseguridad […]. Tenía la sensación
de que era un libro menor a Tu rostro mañana, o fallido. El primer
sorprendido de su aceptación soy yo.10
L’opera è in continuità con la sua produzione previa e ha molti
elementi in comune con i romanzi da lui scritti a partire da El hombre
sentimental (1986), ma anche con quelli ancora precedenti. Tuttavia,
rappresenta un passo indietro, almeno rispetto a quell’evoluzione che
viene descritta da Isabel Cuñado11 come una traiettoria che in modo
lento ma costante ha portato l’autore a includere nei suoi scritti la
realtà spagnola. Partendo infatti da due romanzi come Los dominios del
/12/los-enamoramientos-de-marias-mejor-libro-de-2011.html (ultima consultazione: 20/6/2013).
7
Cfr. Geli, Javier Marías ficha por la prestigiosa editorial Penguin, cit.
8
Fernando Valls, El hombre de la flor de lis. De una primera lectura de Los
enamoramientos, in Javier Marías. La conciencia dilatada, «Ínsula. Revista de letras y
ciencias humanas», n. 785-786, mayo-junio 2012, p. 35.
9
Dichiarazione dell’autore riportata in Laura Revuelta, Entrevista a Javier Marías,
«ABC cultural», 15/6/2013, http://javiermariasblog.wordpress.com/2013
/06/16/entrevista-a-javier-marias-2/ (ultima consultazione: 20/6/2013).
10
Dichiarazione dell’autore riportata in Virginia Bautista, Javier Marías. “La verdad
es siempre maraña”, «Excelsior», 2/6/2011, http://javiermariasblog.wordpress.com
/2011/06/02/ (ultima consultazione: 20/6/2013).
11
Isabel Cuñado, El espectro de la herencia: la narrativa de Javier Marías, Rodopi,
Amsterdam-New York, 2004, pp. 17 e sgg. Cfr. anche David K. Herzerberg, A
Companion to Javier Marías, Tamesis Books, Rochester (New York), 2011, p. 14.
4
lobo e Travesía del horizonte, che riprendevano ambienti e motivi del
cinema nordamericano e della letteratura inglese, Marías è arrivato a
scrivere Tu rostro mañana, nel quale il tema della memoria della guerra
civile spagnola ricopre un ruolo centrale. Ne Los enamoramientos, invece,
Madrid torna a essere puro sfondo e la storia narrata di fatto «podría
transcurrir en cualquier lugar»12. Tuttavia, alcuni potranno essere
d’accordo nel proporre anche per questo romanzo una lettura politica,
molto simile a quella che è stata suggerita da Álvaro Fernández per
Corazón tan blanco, e che evidenzia un forte, seppur implicito, legame
con la storia nazionale:
Corazón tan blanco no habla directamente del pacto de silencio sobre
los crímenes franquistas que se consolidó en la transición de la
dictadura a la democracia, pero sí lo representa: la trama pone en
escena la necesidad de establecer acuerdos entre partes para sostener
un presente sumido en el olvido y expone largamente los peligros que
se conjuran cuando esos acuerdos no están articulados y el pasado
puede resurgir.13
Ne Los enamoramientos, Marías sembra abbandonare l’elemento
autobiografico che aveva cominciato a introdurre in maniera più
manifesta a partire da Todas las almas. In realtà, però, attraverso una
lettura più attenta possiamo scoprire anche qui dei riferimenti, più o
meno nascosti, alla sua persona e, anzi, si potrà vedere che il romanzo
si caratterizza per una forte dimensione autoreferenziale: l’autore
12
Come è stato scritto a proposito di Corazón tan blanco in Andony Arroyo, Madrid
en las novelas de Javier Marías, «Espéculo. Revista de estudios literarios» (publicación
digital de la Universidad Complutense de Madrid), n. 34, http://www.ucm.es
/info/especulo/numero34/jmmarias.html (ultima consultazione: 20/6/2013). Si
deve comunque anche notare che Los enamoramientos è una delle poche opere
dell’autore in cui l’azione si svolge interamente in Spagna e in cui mancano
«episodios ingleses», come ricorda anche Fernando Valls (Valls, El hombre de la flor
de lis, cit., p. 34).
13
Álvaro Fernández, Contar para olvidar. La política del olvido en Corazón tan blanco,
«Nueva Revista de Filología Hispanica», julio-diciembre, n. 002, año/vol. LI, p.
529.
5
infatti apre ai suoi amici (tra cui Francisco Rico, Mercedes LópezBallesteros e Arturo Pérez-Reverte)14 dei sentieri privilegiati all’interno
della narrazione attraverso una serie di allusioni.
Anche tra i lettori comuni si crea comunque una «gerarchia di
conversazioni»15. In questo caso il terreno condiviso dall’autore e il
suo pubblico non è ovviamente biografico ma culturale: Marías sparge
infatti nel romanzo citazioni tratte dalla letteratura, dal cinema e da
varie altre fonti che regaleranno, a chi sappia riconoscerle, un senso di
soddisfazione e un affaccio privilegiato sul laboratorio dello scrittore.
14
Il dialogo segreto con Arturo Pérez-Reverte si fonda sull’uso della parola
acercanza (LE, p. 227) e fa riferimento a una loro personale “missione estetica”.
Infatti, come Marías racconta intervistato da Elide Pittarello (cfr. Javier Marías,
Voglio essere lento. Conversazione con Elide Pittarello, Passigli, Firenze, 2010, pp. 124125) lui e l’amico fanno parte di una commissione della Real Academia Española
che si occupa di rivedere il vocabolario e principalmente di alleggerire la versione
in vendita eliminando le parole di cui manca un uso documentato posteriore al
1500. Durante una seduta emerse la necessità di sopprimere la parola acercanza, la
cui ultima attestazione risaliva al 1494. I due la trovarono però particolarmente
bella e furono concordi nell’opporsi alla sua scomparsa, protestando fino a che il
membro anziano della commissione, Gregorio Salvador, finì per cedere e
acconsentì di non espungerla, a patto che essi si impegnassero a farla tornare nella
lingua viva, utilizzandola nei loro scritti. Marías, prima che ne Los enamoramientos, la
usò nell’articolo Guerra y crimen, pubblicato su El País il primo febbraio 2009,
mentre Pérez-Reverte le diede una nuova attestazione nel suo romanzo El asedio
(Alfaguara, 2010). Questa loro battaglia ha offerto alla giornalista Enrica Caretta lo
spunto per lanciare anche in Italia un appello per la difesa delle parole desuete ma
belle e, in particolare, di quei sessanta termini che Luca Serianni e Maurizio
Trifone avevano deciso di espungere dall’edizione del 2009 del Devoto-Oli. La
giornalista ha chiesto a vari personaggi famosi (tra cui scrittori, registi, scienziati,
filosofi) di sceglierne una e prenderla sotto la loro tutela. Sono nate così delle
«piccole autobiografie» (Cristiana de Santis, Il passadondolo e altre parole da rimettere in
gioco,
«La
Ricerca»
19/1/2013,
http://www.laricerca.loescher.it
/index.php/attualita/lingua-italiana/-363-il-passadondolo-e-altre-parole-darimettere-in-gioco, ultima consultazione: 30/9/2013), racconti orali trascritti e
raccolti nel volume: Enrica Caretta, Il passadondolo, Add editore, Torino, 2012. Per
informazioni sui modi in cui vengono omaggiati Francisco Rico e Mercedes
López-Ballesteros vedi infra, § 4 e § 6.
15
Sara Polverini, Tu rostro mañana di Javier Marías: la violenza dello sguardo. Tesi di
laurea inedita, consultabile presso la biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università degli Studi di Firenze. Relatore: María A. Roca Mussons,
correlatore: Ana Tobío Sala. Anno accademico: 2007/2008, p. 148.
6
A essere premiati saranno spesso i suoi lettori più fedeli, poiché molti
di questi riferimenti intertestuali si riallacciano alla sua produzione
narrativa precedente, oppure ai suoi articoli, rinforzando l’idea di
quello che è stato chiamato “universo mariense”16.
Tra le principali novità di questo romanzo è senz’altro da
segnalare il fatto che il narratore sia una donna, María Dolz, scelta che
ha come unico precedente nella produzione dell’autore il racconto
Menos escrúpulos17. Al di là del sesso, tuttavia, questa voce narrante non
si discosta molto dalle precedenti, come ha avuto modo di sottolineare
anche lo stesso Marías:
Poco a poco la voz se fue acoplando […] y se fue asemejando un
poco a las voces anteriores de mis novelas, hasta el punto de que yo
creo que al final también esta narradora María Dolz exprima de estos
otros narradores […] Es una mujer pero no es muy distinta de los
hombres de mis anteriores novelas.18
Non è difficile, in effetti, individuare all’interno della prosa de Los
enamoramientos alcune delle caratteristiche di quelle «voces anteriores»,
come ad esempio le «colte architetture settecentesche»19 della sintassi,
le frequenti accumulazioni, il particolare uso della punteggiatura, il
sistema di echi e risonanze20 e la tendenza alla digressione. Inoltre,
16
Cfr. ad esempio, la quarta di copertina di Cuñado, El espectro de la herencia, cit.
Il racconto apparve per la prima volta nel 1994 (AA. VV., La condición humana.
Diez relatos y un poema, FNAC, Madrid), successivamente fu incluso nella raccolta
Cuando fui mortal e in Mala índole. Cuentos aceptados y aceptables. In quel caso, Marías
aveva dichiarato che l’uso della voce femminile era un esperimento e che non se la
sarebbe sentita di scrivere molte pagine in quel modo (cfr. Marías, Voglio essere
lento, cit., p. 31).
18
Intervista
video
del
22/12/2011
disponibile
su:
http://blogs.elpais.com/papeles-perdidos/2011/12/los-enamoramientos-demarias-mejor-libro-de-2011.html (ultima consultazione: 20/6/2013). La
trascrizione è mia.
19
Gabriele Morelli e Danilo Manera, Letteratura spagnola del Novecento, Mondadori,
Milano, 2007, p. 252.
20
È l’autore stesso a usare questa espressione in un’intervista per indicare quelle
frasi che ricorrono più volte all’interno dei suoi romanzi, in forma identica o
17
7
anche lei, come gli altri narratori è «una persona pensativa y reflexiva,
con una gran actitud para meditar sobre los asuntos y una gran
capacitad lógica»21.
Oltre al linguaggio, María Dolz condivide con alcuni dei
precedenti narratori anche il ruolo svolto all’interno delle vicende che
racconta: un ruolo passivo e di mera osservazione degli avvenimenti,
di fatto assai simile a quello del lettore di fronte al testo. Anche per lei
si potrà sicuramente parlare di figura voyeurista, come si è fatto ad
esempio per Juan di Corazón tan blanco e per Víctor di Mañana en la
batalla piensa en mí 22. Non a caso, la prima cosa che María ci racconta
di sé è il fatto di avere come passatempo quotidiano quello di
osservare, «no a hurtillas pero con discreción»23, due coniugi felici
(Miguel Dervene e Luisa Alday) che fanno sempre colazione nel suo
stesso bar e che tra sé e sé lei chiama “la pareja perfecta”.
lievemente modificata: «In my novels there is what I call a system of echoes or
resonances. A sentence reappears, sometimes with a variation. I try not to make it
just a repetition but an illumination of the previous occasion in which it
appeared.» (Sarah Fay, Javier Marías, The Art of Fiction No. 190, interview with Javier
Marías, «The Paris Review», www.theparisreview.org/interviews/5680/the-art-offiction-no-190-javier-marias, ultima consultazione: 20/6/2013).
21
Andrea Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea. Tesi di laurea
inedita. Università Ca’ Foscari di Venezia, Relatore: Elide Pittarello, correlatore:
Enric Bou Maqueda. Anno accademico 2011/2012, http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/2291/815491-1165377.pdf?sequence=2 (ultima consultazione 19/9/2013), p. 120.
22
Cfr. ad esempio Alfonso de Toro, El arte de escribir. La infinita soledad del narrador o
el mundo desde adentro: ver, escuchar y cavilar in Alfonso de Toro e Dieter Ingenschay
(bajo la dirección de), La novela actual española. Autores y tendencias, Edition
Reichenberge, Kassel, 1995; Encarnación García de León, Javier Marías: mirón,
testigo, descriptor y relator de historias, Actas del XIV Congreso de la Asociación
Internacional de Hispanistas, New York, 16-21 de Julio de 2001, pp. 221-229.
Parla in questi termini di María, ad esempio, Óscar López in un’intervista
all’autore (Página 2, puntata del 27/4/2011, http://www.rtve.es/television
/20110427/enamoramie-ntos-javier-marias-pagina-2/427906.shtml, ultima consultazione 6/9/2013).
23
LE, p. 13.
8
Questi sposi – la cui felicità coniugale rappresenta un unicum
nell’opera dell’autore24 – insieme al loro amico Díaz-Varela, saranno i
veri protagonisti del romanzo, se con protagonista si vuole intendere il
principale agente dell’azione narrata.
Il romanzo si apre in medias res con la morte di Deverne – il che
ci ricorda i tragici incipit di Corazón tan blanco e Mañana en la batalla
piensa en mí
25
– una morte violenta ma “imbecille”26: l’uomo infatti è
stato ucciso per errore da un mendicante che l’aveva scambiato per un
altro. Come si avrà modo di dimostrare, per descrivere questa morte
l’autore si è ispirato a un fatto di cronaca avvenuto nel 2004,
incorporando così la realtà nella finzione e confondendo i confini
dell’una e dell’altra.
Le condoglianze offrono a María l’occasione di parlare con la
vedova, annullando per la prima volta quella distanza da cui l’aveva a
24
Benché questa coppia sia assai diversa da quelle che appaiono in Corazón tan
blanco e Tu rostro mañana, la riflessione che emerge da Los enamoramientos circa
l’istituzione del matrimonio non si discosta da quella presentata nei precedenti
romanzi. In particolare, María nutre sulla convivenza perplessità identiche a quelle
che provano Juan e Jacobo nei confronti della vita di coppia (queste perplessità
sono condivise anche dall’autore. Cfr. Elide Pittarello, Entrevista con Javier Marías,
Debolsillo, Barcelona, 2006, p. 38). Infatti, ciò che più stupisce la narratrice della
relazione tra Deverne e Luisa è la loro gioia di stare insieme nonostante la
ripetitività della loro vita: «hablaban sin parar y se divertían y estimulaban, como si
acabaran de encontrarse o incluso de conocerse, y no como si hubieran salido
juntos de casa, y hubieran dejado a los niños en el colegio, y se hubieran arreglado
al mismo tiempo ―acaso en el mismo cuarto de baño―, y se hubieran despertado
en la misma cama, y lo primero que cada uno hubiera visto hubiera sido la
descontada figura del cónyuge, y así un día tras otro desde hacía bastantes años»
(LE, p. 15).
25
Come è stato notato (cfr. Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea,
cit., pp. 120-121), tuttavia, si rileva un’importante differenza tra l’incipit di questo
ultimo romanzo e quello delle opere precedenti, incluse quelle citate. Infatti, ne
Los enamoramientos la narrazione non comincia con una delle solite digressioni, il
lettore viene invece immediatamente introdotto nel pieno della vicenda.
26
«lo último de lo que se debió de dar cuenta fue de que lo acuchillaban por
confusión y sin causa, es decir, imbécilemente» (LE, p. 11). Ricordiamo che in
Mañana en la batalla è presente una lunga lista di possibilità di modi ridicoli in cui si
può morire (vedi MBM, p. 15).
9
lungo ammirata. A casa Deverne, conosce anche Díaz-Varela, con il
quale inizia una relazione che lei vorrebbe essere amorosa, ma che per
lui rappresenta solo un passatempo poiché è in realtà profondamente
innamorato di Luisa.
Un giorno María, nel torpore che segue il coito, sente l’amante
discutere con un altro uomo, un certo Ruibérriz de Torres, in una
stanza a fianco; ben presto risulta chiaro che stanno parlando
dell’omicidio di Deverne, nel quale sono implicati e che non appare
più affatto casuale: probabilmente, pensa la narratrice, è stato
architettato da Díaz-Varela per poter avere Luisa. Questo episodio
offre all’autore lo spunto per una serie di riflessioni su un tema a lui
caro, quello del peso e del pericolo della conoscenza, nonché della sua
irresistibile tentazione27.
Dopo molte indecisioni, María decide di entrare nella stanza
dove si trovano i due, fingendo però di non aver udito niente.
Seguono giorni di silenzi, Díaz-Varela non la chiama e lei, nonostante
la nostalgia, si accorge di provare quasi sollievo. Infine però lui la
invita a casa sua, con una certa urgenza. Ha capito, infatti, che è al
corrente dell’avvenuto e vuole darle delle spiegazioni: architettare
l’omicidio di Deverne sarebbe stato per lui un tragico atto di
generosità nei confronti dell’amico, poiché questi gli aveva confessato
27
«Basta saber que no se quiere que escuchemos para hacer todo lo posible por
enterarnos, sin caer en la cuenta de que a veces se nos ocultan las cosas por
nuestro bien, para no decepcionarnos o para no involucrarnos, para que la vida no
nos parezca tan mala como suele ser.» (LE, p. 195), «[…] estuve a punto de
retirarme de la puerta para no oír más y así poder convencerme luego de que
había oído mal o de que en realidad no había oído nada. Pero siempre sigue uno
escuchando, una vez que ha empezado, las palabras caen o salen flotando y no hay
quien las pare» (ivi, p. 200), «La tentación de oír no se resiste, aunque nos demos
cuenta de que no nos conviene» (ivi, p. 203). Per un’analisi di quest’episodio del
romanzo, si veda: Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea, cit., pp.
122 e segg.
10
che stava morendo a causa di una malattia che a breve avrebbe iniziato
a devastargli il volto e a provocargli insopportabili sofferenze. Lui
stesso lo avrebbe implorato di ucciderlo, perché non aveva il coraggio
di farlo da solo. María però non sa se credere alla versione di DíazVarela. La loro relazione si interrompe, ma lei non reagisce in alcun
modo: non parla con Luisa, non lo denuncia alla polizia.
Due anni dopo, in un ristorante, vede Luisa e Díaz-Varela seduti
ad un tavolo e scopre che si sono nel frattempo sposati. Il romanzo si
chiude come si è aperto, «el círculo parece cerrarse»28: la narratrice
osserva una coppia, che questa volta però difficilmente potrà apparirle
perfetta, giacché «todas la páginas de la novela […] no han tenido otro
objetivo más que poner en duda la perfección de ese rencuentro»29.
Il finale è quindi aperto e lascia il lettore pieno di incertezze:
Díaz-Varela è carnefice o amico fidato? E Deverne è vittima o
coraggioso artefice del proprio destino? I lettori di Corazón tan blanco
arriveranno forse anche a chiedersi se persino Luisa abbia avuto un
ruolo nell’omicidio, come lo ebbe Teresa in quello della prima moglie
di Ranz, sussurrando le parole «Nuestra única posibilidad es que en día
se muriera ella»30.
Tutti gli eventi che costruiscono l’impalcatura fattuale del
romanzo vengono raccontati alla narratrice da altri personaggi;
nessuna informazione è quindi di prima mano e può sempre essere
messa in dubbio. Persino i giornali sono discordanti circa i dettagli
della morte di Deverne31 e nell’opera non mancano riflessioni esplicite
sul fatto che conoscere la verità sia un’impresa impossibile: «La verdad
28
Jorge Volpi, Los enamoramientos: un diálogo plátonico de Javier Marías, «Claves de
razón práctica», n. 214, 2011, p. 73.
29
Ibidem.
30
CTB, pp. 369-370.
31
«Las versiones de la prensa diferían en algunos detalles» (LE, p. 46).
11
no es nunca nítida, sino que siempre es maraña»32. A questa
relativizzazione
del
concetto
di
verità,
corrisponde
anche
l’impossibilità di esprimere un giudizio etico fermo su qualsiasi
personaggio: come per Corazón tan blanco, possiamo affermare che «la
historia carece de moraleja, excepto la de la máxima incertidumbre de
la existencia»33.
Infatti, sebbene dopo la pubblicazione l’autore abbia dato una
lettura morale del romanzo, descrivendolo quasi come una denuncia
contro l’impunità34 e confermando in qualche modo la validità
dell’interpretazione in chiave politica a cui si è accennato, a noi sembra
che nell’opera si rifugga da qualsiasi giudizio manicheo, andando
piuttosto ad analizzare quali possono essere le condizioni che portano
gli uomini a divenire assassini o omertosi. Marías stesso, d’altra parte,
32
Ivi, p. 380. L’inconoscibilità della verità (e la messa in crisi del suo stesso
concetto) è un tema centrale della poetica di Marías. A partire dal suo secondo
romanzo Travesía del horizonte, infatti, l’autore «turned the question of doubt and
indecision into part of the narrative method and the story itself» (Javier Marías,
Eight Questions for Javier Marías. Voyage Along the Horizon, Believer Books, San
Francisco, 2006, p. 181). Come scrive Elide Pittarello, egli «reduce la razón a la
voluntad de tener razón y rebaja la verdad a un conjunto de ficciones –en el
sentido etimológico de moldeados, inventos, imágenes, figuras–» (Elide Pittarello,
Contar con el miedo, in AA. VV., Javier Marías. La conciencia dilatada, cit., p. 12).
Riflessioni esplicite su questo tema attraversano tutta la sua opera (cfr. ad esempio
MDT, p. 80: «[…] la verdad sólo es posible como presente y […] una vez que ha
dejado de serlo para convertirse en pasado, deja asimismo de ser verdad para verse
sustituida por la del nuevo presente, por la del momento siguiente»; CTB, pp. 294295:«La verdad nunca resplandece, como dice la fórmula, porque la única verdad
es la que no se conoce ni se transmite, la que no se traduce a palabras ni a
imágenes, la encubierta y no averiguada»; TRM 1, p. 243: «La verdad, la verdad. La
verdad es lo que sucede, la verdad es cuando pasa como quiéren que se la diga
ahora. Antes de suceder no se conoce […]. Y ni siquiera después, tantas veces. Y a
veces ni siquiera pasa. No sucede, la verdad.»).
33
Elide Pittarello, «No he querido saber, pero he sabido»: Javier Marías y Corazón tan
blanco, in CTB, p. 69.
34
Vedi ad esempio il discorso per la consegna del Premio Nonino (Javier Marías,
Innamoramento e impunità, in Antonio Motta (a cura di), Javier Marías. Quarant’anni di
libri, «Il Giannone», n. 17, gennaio-giugno 2011). Vedi infra, n. 122.
12
ha in più occasioni sottolineato il suo diverso atteggiamento quando
parla in qualità di scrittore e quando come cittadino:
Non mi sembra per niente concepibile o per niente interessante […]
un tipo di romanzo in cui si emetta un giudizio, questo non ha niente
a che vedere con la letteratura. I giudizi morali, per esempio. Io li
emetto spesso nei miei articoli di giornale, come cittadino. Ma quando
scrivo romanzi non sono un cittadino.35
L’autore sembra infatti sfruttare le proprie opere per mettere in
discussione quelle che sono le nostre più radicate certezze etiche,
arrivando ad esempio a farci dubitare che l’amore sia necessariamente
un sentimento positivo. Come lui stesso ha dichiarato, ne Los
enamoramientos si mostra infatti «que en el estado de enamoramiento
hay gente noble que se comporta con gran vileza. Por estar con esa
persona que nos provoca debilidad somos capaces de cometer actos
atroces»36.
È così che si spiega anche il titolo dell’opera, il quale, seppur ben
commerciabile e in grado di «captar la atención de los lectores más
perezosos»37, avrà sicuramente creato delle perplessità nell’autore,
come aveva fatto anche quello di Corazón tan blanco38. Proprio come in
35
Marías, Voglio essere lento, cit., p. 36.
Dichiarazione dell’autore rilasciata durante un’intervista alla fiera del libro di
Siviglia e riportata in Charo Ramos, Javier Marías antes la impunidad, «Diario de
Sevilla», 24/5/2011,
http://www.diariodesevilla.es/article/ocio/983649/javier/marias/ante/la/impun
idad.html (ultima consultazione: 20/6/2013). Vedi anche quest’altra dichiarazione
dell’autore: «amare non ha nessun merito, amare non è bello di per sé. Si usa
spesso come palliativo e come attenuante. Amare, di per sé, non è né bello né
brutto, può essere stupendo, e può essere un orrore» (Marías, Voglio essere lento, cit.,
p. 39).
37
Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32. Elide Pittarello definisce il titolo
“halagador” (Elide Pittarello, Prólogo, in Javier Marías, Los enamoramientos,
Mondadori, Barcelona, 2013, p. 10).
38
La parola “corazón” non lo convinceva del tutto. Cfr. Óscar López, Javier
Marías. El hombre de moda, «Qué leer», n. 14, septiembre 1997, pp. 34-38,
36
13
quel caso, conclusa la lettura, il titolo perde il suo aspetto melenso,
subendo una trasformazione che inaspettatamente lo tinge di toni
nefasti.
Nelle molte digressioni che occupano gran parte delle pagine del
romanzo si esplorano anche altri temi, senza mai offrire risposte, ma
solo suggerendo domande: i morti hanno diritti sulle nostre vite?
Come ci si deve comportare se si è al corrente di un terribile segreto?
Dovremmo marchiare i colpevoli con la “flor de lis”, il marchio
dell’infamia? È lecito «perturbar el universo»39? Per il ruolo centrale
che queste riflessioni ricoprono all’interno dell’opera, Francisco Rico
l’ha descritta un ensayo-ficción40.
A fare queste digressioni non è solo María, la quale, per il suo
ruolo di spettatrice, tende spesso a cedere la parola ad altri personaggi.
Nella seconda e nella terza parte del romanzo, infatti, molte pagine
sono occupate dai suoi dialoghi con Díaz-Varela che sono spesso
piuttosto dei monologhi di quest’ultimo; nella prima, è invece Luisa a
fare a volte le veci della narratrice. È però il caso di notare che è
sempre la stessa voce che parla attraverso tutti questi personaggi:
http://www.javiermarias.es/PAGINASDEENTREVISTAS/QueLeerSeptiembre
97.html (ultima consultazione: 20/6/2013) e l’articolo Shakespeare indeciso, in LYF.
39
LE, p. 397.
40
Francisco Rico, La cultura del texto, «Babelia», 11/6/2011,
http://elpais.com/diario/2011/06/11/babelia/1307751135_850215.html (ultima
consultazione: 20/6/2013). L’autore ha però rifiutato questa definizione: «No
estaría muy de acuerdo con que mis novelas sean eso, incluyo muchas digresiones,
pero procuro no olvidar que escribo eso, novelas. Y una novela es una
representación con personajes y conversaciones. Lo que sí tienen mis novelas es
lo que yo he llamado en ocasiones “pensamiento literario”.» (dichiarazione
dell’autore riportata in Angélica Gallón Salazar, El enamoramiento es un azar, no un
destino, «El espectador», 1/7/2011, http://javiermariasblog.wordpress.com
/2011/06/02/, ultima consultazione 6/9/2013). Quest’affermazione ci pare da
mettere in relazione con un passo del romanzo in cui María dice «Díaz-Varela
había dejado alguna frase inacabada o medio en el aire, había titubeado, había
estado tentado de hacer digresiones de sus digresiones, se había frenado; no quería
discursear, pese a su tendencia, sino contarme algo» (LE, p. 309).
14
questi sono infatti Javier Marías, o meglio: «nunca Javier Marías, sí su
figura, su imagen, su voz literaria»41. Tutti loro, come nota Fernando
Valls, sono «un vehículo para la exposición de las ideas del autor y el
desarrollo de sus conjetura, de su pensar literariamente»42.
«La intenciones literarias de Javier Marías son siempre
explícitas»43 e anche ne Los enamoramientos tra i molti excursus non
mancano considerazioni metaletterarie che ci permettono di
individuare nell’atto stesso della narrazione «el fin último» del
romanzo, la sua «misma esencia»44.
L’autore ci offre, infatti, un’analisi dello stile elocutorio di DíazVarela – ossia del proprio – concentrandosi principalmente sulla sua
tendenza alla digressione45, sull’uso delle fonti46 e sulle difficoltà
41
Pozuelo Yvancos e José María, Figuraciones del yo en la narrativa. Javier Marías y E.
Vila-Matas, Universidad de Valladolid-Cátedra Miguel Delibes, Valladolid, 2010, p.
81.
42
Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 33.
43
Elide Pittarello, Negra espalda del tiempo: instrucciones de uso in Martin Steenmeijer
(bajo la dirección de), El pensamiento literario de Javier Marías, Rodopi, New York,
2001, p. 125.
44
Sandra Navarro Gil, La narrativa de Javier Marías, «Revista Fábula», 11, invierno
2002, p. 40. Cfr. anche Antonio Sobejano-Morán, Aspectos metafictivos en la narrativa
da Javier Marías, in Steenmeijer, El pensamiento literario de Javier Marías, cit., pp. 59-65.
45
Solo per fare due esempi: «Dentro de todo, procuraba ir al grano, y tuve la
sensación de que, si aun así se espaciaba, no era contra su voluntad y porque no
pudiera evitarlo, sino que buscaba algo con ello, quizá envolverme y
acostumbrarme más a los hechos» (LE, p. 310), «Tenía una fuerte tendencia a
disertar y a discursear y a la digresión, como se la he visto a no pocos escritores de
los que pasan por la editorial[…] mientras peroraba no podía apartar los ojos de él
y me deleitaban su voz grave y como hacia dentro y su sintaxis de
encadenamientos a menudo arbitrarios, el conjunto parecía provenir a veces no de
un ser humano sino de un instrumento musical que no transmite significados,
quizá de un piano tocado con agilidad» (ivi, p. 165).
46
Ancora, solo a titolo di esempio: «[Díaz-Varela] Desde luego tenía labia y a mí
me encantaba escucharlo, me hablara de lo que me hablara y aunque me relatase
una historia vieja de Balzac que yo podría leer por mi cuenta, no por él inventada,
seguramente sí interpretada o tal vez tergiversada» (LE, p. 159). In questo altro
caso parla lo stesso Díaz-Varela: «Lo que pasó es lo de menos. Es una novela, y lo
que ocurre en ellas da lo mismo y se olvida, una vez terminadas. Lo interesante
son las posibilidades e ideas que nos inoculan y traen a través de sus casos
15
espressive date dall’impossibilità di ricordare e raccontare47. Ripropone
inoltre, anche all’interno de Los enamoramientos, le sue consuete
riflessioni sul rapporto tra realtà e finzione48. In particolare, in questo
romanzo l’autore insiste, in maniera sia implicita che esplicita,
sull’impossibilità di conoscere la realtà attraverso i suoi racconti, non
solo perché essi sono viziati dalla soggettività di chi li sta facendo, ma
anche – e soprattutto – perché le parole sono un mezzo insufficiente
per riprodurla. Così, quando il presente smette di essere tale e si
trasforma in ricordo, entra a far parte della biblioteca delle narrazioni,
confondendosi con le tracce che hanno lasciato in noi i libri che
abbiamo letto e i film che abbiamo visto.
Quest’assimilazione di realtà e finzione giustifica anche il fatto
che i personaggi de Los enamoramientos ricorrano a opere letterarie per
decifrare il mondo che li circonda, offrendo allo scrittore la possibilità
di dare sfogo alla sua vena bibliofila e di proporre degli inviti alla
lettura. Il romanzo, infatti, è caratterizzato da una struttura a scatole
imaginarios, se nos quedan con mayor nitidez que los sucesos reales y los tenemos
más en cuenta» (ivi, p. 166).
47
«[Díaz-Varela] También había empezado a mezclar tiempos verbales, presente
de indicativo, pretérito indefinido e imperfecto, como le ocurre a veces a quien
revive una mala experiencia o se está recontando un proceso del que sólo cree
haber salido y no es cierto» (LE, p. 327).
48
«Todo se convierte en relato y acaba flotando en la misma esfera, y apenas se
diferencia entonces lo acontecido de lo inventado. Todo termina por ser narrativo
y por tanto por sonar igual, ficticio aunque sea verdad» (LE, p. 331), «[…] se
depende siempre de quien nos cuenta algo, éste decide por dónde empieza y
cuándo para, qué revela y qué insinúa y qué calla, cuándo dice verdad y cuándo
mentira o si combina las dos y no permite reconocerlas, o si engaña con la
primera como se me había ocurrido que quizá estaba él haciendo; no, no es tan
difícil, basta con exponerla de manera que no se crea, o que cueste tanto creerla
como para acabar desechándola. Las verdades inverosímiles se prestan a eso y la
vida está llena de ellas, mucho más que la peor novela, ninguna se atrevería a dar
cabida en su seno a todos los azares y coincidencias posibles, infinitos en una sola
existencia, no digamos en la suma de las habidas y de las que aún discurren.
Resulta bochornoso que la realidad no imponga límites» (ivi, p. 309).
16
cinesi per cui all’interno dello stesso vengono incastonate e
commentate anche altre opere.
A dimostrare la centralità dell’atto della narrazione non sono solo
le riflessioni metaletterarie o la descrizione di circostanze che
evidenziano i pericoli di ascoltare o fare una narrazione, ma anche
tutta un’altra serie di espedienti frequentemente sfruttati dall’autore
per questo scopo. Uno di questi è la struttura stessa dell’opera, che,
come si è notato, ha una natura digressiva ed è retta da quello che
Francisco Rico definisce un «narrador centrípeto»49. Una struttura di
questo tipo individua non nei fatti ma nella stessa voce narrante «el
argumento último dell’opera»50: il fatto che si racconti, il modo in cui
lo si fa, diventa così più importante di quello che si sta raccontando.
Come in altre opere dell’autore, anche in questo caso poi sono
indicativi i mestieri dei personaggi, collegati al linguaggio e al mondo
dei libri (ricordiamo tra i narratori precedenti professori di letteratura,
scrittori fantasma, interpreti): María lavora per una casa editrice e ha a
che fare con vari scrittori, Luisa è insegnante di letteratura inglese,
Francisco Rico, che compare come personaggio secondario, è un
filologo; non sappiamo quale sia il lavoro di Díaz-Varela, ma la
narratrice sembra suggerire che potrebbe anche lui occuparsi di lingua
o letteratura: «tenía labia y vocabulario, su pronunciación en inglés era
buena sin afectación, lo que decía no era hueco e iba trabajado, me
pregunté a que se dedicaría»51.
Come notato da Francisco Rico, infine, il linguaggio usato
dall’autore rappresenta, attraverso una serie di titubanze, il fatto che
49
Francisco Rico, Contestación a Sobre la dificultad de contar, Real Academia Española,
Madrid, 2008, p. 48.
50
Ibidem.
51
LE, p. 137.
17
«la realidad se le resiste»52, esso è cioè specchio dell’impossibilità di
raccontare. Adempiono a tale scopo, ad esempio, l’incertezza
cervantina sul nome di Miguel (Deverne o Desvern) 53, le indecisioni e
le correzioni54, le enumerazioni con varianti55, l’aggettivazione
multipla56.
Ai meccanismi individuati dallo studioso, aggiungeremmo anche
il frequente uso di espressioni come «por así decir», «quiero decir»,
«cómo decir».
Manca, invece, ne Los enamoramientos una più esplicita
autocoscienza della narrazione, che troviamo in altre opere dell’autore
come El hombre sentimental, Todas las almas o Negra espalda del tiempo: la
narratrice non spiega, infatti, le ragioni che l’hanno spinta a raccontare
52
Rico, Contestación a Sobre la dificultad de contar, cit., p. 49.
Alexis Grohmann, analizzando l’incertezza del narratore circa il modo in cui si
debba scrivere il nome di uno dei personaggi di Travesía del horizonte (Holden
Branshaw o Hordern Bragshawe), nota come questa «buscada indeterminación»
(Alexis Grohmann, Literatura y trastorno o la alegoría de la narración en Javier Marías,
«Iberoamericana», vol. 8, n. 30, 2008, p. 67) tenda a ricorrere anche nelle opere
successive dell’autore (si pensi in particolare a Tu rostro mañana, ma anche a El siglo)
e individua anche due importanti predecessori: oltre al già ricordato Cervantes
(Quijote, Quijada, Quijana, Quesada, Quijano, Quijótiz) anche Benet, nella cui
opera la “polinomia” è un elemento ricorrente (ad esempio, in Volverás a Región
per riferirsi ad uno stesso personaggio l’autore usa i nomi di Rumbal, Rombal,
Rubal, Robal e Rumbás).
54
«[…] en orden, o si se prefiere en armonía» (LE, p. 12), «[…] compartía con
ellos el desayuno, quiero decir a distancia» (ibidem), «Se convirtieron casi en una
obligación. No, la palabra no es adecuada para lo que nos proporciona placer y
sosiego. Quizá en una superstición, aunque tampoco» (ibidem), «sentarse o más
bien dejarse caer» (ivi, p. 56).
55
«el mundo está lleno de imprudencia, peligros, amenazas y mala suerte» (LE, p.
50), «no parecía haber publicado ninguna necrológica de Deverne in ningún sitio,
ninguna rememoración o evocación escrita por un amigo o compañero o colega,
ninguna semblanza» (ivi, p. 51)
56
«su mirada era viva, sosegada y alegre» (LE, p. 19), «las cuchilladas habían sido
tan furiosas, tan sañudas y seguidas –y por lo visto tan certeras–» (ivi, p. 47), «la
manera de morir, infame y absurda, o cómo decir, teñida además de miseria» (ivi,
p. 53).
53
18
la sua storia, né il momento in cui lo fa57 e a chi si rivolge. Possiamo
tuttavia ipotizzare che la narrazione rappresenti una sorta di diario
scritto con la funzione di «fijar y extrañar el hecho»58 e attraverso cui si
produce una «desrealización de lo narrado»59: quasi un atto psicomagico60,
metaforicamente rappresentato all’interno del romanzo dalla decisione
di María di dare alle stampe un’edizione de Le Colonel Chabert, opera di
cui tanto le aveva parlato Díaz-Varela, per liberarsi del suo legame con
lui:
[…] conjuré el peligro asumiéndolo, haciéndole frente en seguida. […]
A los pocos meses estaba en las librerías y yo me deshice así de su
sombra […] Me acordé de ella cuanto hacía falta, mientras la
editábamos, y luego ya pude olvidarla.61
Come speriamo sia emerso da questa introduzione, Los enamoramientos
offre numerosi spunti di riflessione; abbiamo scelto di dedicare questo
lavoro a uno degli aspetti che ci sembrano più rilevanti, ossia alla sua
dimensione intertestuale. Prima di addentrarci nell’analisi, ci pare
tuttavia necessario fissare dei più precisi confini del campo di indagine
e stabilire una metodologia di ricerca: a questo mira il capitolo
seguente.
57
Secondo Fernando Valls la narrazione non sarebbe stata fatta in un unico
momento, ma via via nel corso del tempo, man mano che gli eventi avevano
luogo. Questo giustificherebbe anche la ridotta dimensione della quarta e ultima
parte del romanzo, corrispondente ai due anni di vita di María senza Díaz-Varela:
«ha pasado el tiempo, los recuerdos se atenuan y solo queda por hacer el balance
final» (Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32).
58
Fernández, Contar para olvidar, cit., p. 568.
59
Ibidem.
60
Un atto psicomagico è un gesto apparentemente privo di senso, ma in realtà
carico di un forte impatto emotivo, che è in grado di aiutare chi lo compie a
superare una difficoltà o una paura, percependo la realtà da un punto di vista
nuovo. Cfr. Alejandro Jodorowsky, Psicomagia, Siruela, Madrid, 2007.
61
LE, pp. 387-388.
19
20
2. Il concetto di intertestualità
2.1 Quale intertestualità?
Benché il termine intertestualità sia oggi usato comunemente dalla
critica letteraria (e non solo)1, il suo impiego risulta comunque
problematico e richiede dei chiarimenti. Infatti, durante la sua storia
ormai quarantennale, esso è stato variamente definito e trattato da
«prospettive assai diverse e anche divergenti»2 che, stratificatesi, hanno
1
Come scrive Andrea Bernardelli, «la nozione di intertestualità si è trovata
coinvolta suo malgrado nei più diversi settori disciplinari e di ricerca,
dall’antropologia alla sociologia delle comunicazioni» (Bernardelli, Intertestualità, La
Nuova Italia, Milano, 2000, p. 2).
2
Elisabetta Sarmati, Introduzione: intertestualità, crocevia metodologico, in id. e Simone
Trecca (a cura di), La biblioteca dello scrittore. Percorsi intertestuali nella narrativa spagnola
contemporanea (Laforet, Puértolas, Marías, Méndez, Neuman), Edizioni Nuova Cultura,
Roma, 2012 (ebook. Dei testi in formato elettronico non indichiamo il numero di
pagina). A partire dagli anni ’60, infatti, quando il termine intertestualità fu coniato
dalla studiosa post-strutturalista Julia Kristeva sulla base di idee tratte dagli studi di
Saussure sulla teoria dei paragrammi e da quelli di Michail Bachtin sul dialogismo,
esso è stato utilizzato per indicare diversi concetti, e, ancora oggi, «malgrado le
messe a punto e lo sforzo di chiarificazione» il suo utilizzo «rimane vago» (Marika
Piva, Memorie di seconda mano. La citazione nei Mémoires d’outre-tombe di
Chateaubriand, Morlacchi Editore, Perugia, 2008, p. 7). Gli studi sull’intertestualità
sono accomunati dal tentativo di concepire «la produzione e la recezione
dell’opera letteraria come fondate sull’intreccio di diversi testi, codici e discorsi»
(Bernardelli, Intertestualità, cit., p. 1), ma i risultati possono diversificarsi
significativamente in base a quale elemento funzionale del processo di
comunicazione letteraria (cfr. Cesare Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario,
Einaudi, Torino, 1985, pp. 5-6) i diversi studiosi hanno scelto come punto focale e
che può essere rappresentato dall’autore, dal testo, dal lettore, dai codici culturali o
dal contesto di riferimento (cfr. Bernardelli, Intertestualità, cit., p. 12).
Per un’ampia discussione sull’argomento con bibliografia vedi: Michael John
Worton and Judith Still, Intertextuality. Theories and Practice, Manchester-New York,
1990; Graham Allen, Intertextuality, Routledge, London, 2000; Bernardelli,
Intertestualità, cit.; Marina Polacco, L’intertestualità, Laterza, Bari, 1998. Per un focus
sul dibattito in Spagna, vedi Sarmati, Introduzione: intertestualità, crocevia metodologico,
cit.
21
generato una «pericolosa polisemia»3. Non intendiamo qui ripercorrere
la complessa evoluzione del suo significato, ma semplicemente chiarire
in quale senso noi lo intenderemo e anche perché si sia scelto di
usarlo, scartando, a suo favore, precedenti categorie di analisi che
potevano tutto sommato risultare ancora valide, come quella
dell’influenza letteraria o della critica delle fonti.
La definizione che ci è parsa più semplice e comoda da usare, e
che quindi abbiamo scelto come linea guida benché ampliata con
contributi di altri studiosi, è quella presentata da Gérard Genette nel
suo saggio Palinsesti. Genette descrive l’intertestualità (da lui però
chiamata transtestualità) come tutto ciò che mette un testo «in relazione,
manifesta o segreta, con altri testi»4. Il suo studio rappresenta un
«imprescindibile
punto
di
riferimento»5
poiché
offre
una
classificazione molto utile al fine dell’organizzazione del lavoro critico
e ha il merito di aver dato concretezza a un concetto che, seppur
affascinante, rischiava di essere «inoperativo»6. Infatti, a differenza del
dialogismo di Michail Bacthin – da cui deriva tutta la teoria
dell’intertestualità e che sottolinea il rapporto delle opere (descritte
come «una complessa struttura di voci»7) con la realtà, la storia, la
società – l’analisi di Genette si focalizza esclusivamente sulle più
3
Cesare Segre, Intertestuale/interdiscorsivo. Appunti per una fenomenologia delle fonti, in
Costanzo Di Girolamo e Ivana Paccagnella (a cura di), La parola ritrovata. Fonti e
analisi letteraria, Sellerio, Palermo, 1982, p. 15.
4
Gérard Genette, Palinsesti. La letteratura al secondo grado, Einaudi, Torino, 1997, p.
4.
5
Polacco, L’intertestualità, cit., p. 28.
6
Marika Piva definisce inoperativo il concetto di dialogismo di Bacthin (Piva,
Memorie di seconda mano, cit., p. 9).
7
Antoine Compagnon, Il demone della teoria. Letteratura e senso comune, Einaudi,
Torino, 2000, p. 117.
22
facilmente dimostrabili e analizzabili «relazioni storicamente attive tra
testi»8.
In questa limitazione del campo d’indagine sta la praticità della
definizione (e anche Cesare Segre ha sottolineato la necessità di porre
un simile discrimine)9; tuttavia è pur vero che essa riduce lo scarto tra
il concetto di intertestualità e quello di fonte10, rischiando di rendere il
testo nuovamente «prigioniero della sua sostanziale letterarietà»11.
Come ha scritto Antoine Compagnon, che pure è un suo discepolo,
con Genette, infatti, «ci si è rifugiati sull’Olimpo, dove la complessità
delle relazioni intertestuali è servita per sopprimere l’interesse per il
mondo che il dialogismo conteneva in sé»12.
La differenza tra il concetto di influenza letteraria e quello di
intertestualità, anche intesa in questo senso più ristretto, è stata
sottolineata da vari studiosi. Ad esempio, Segre ha riconosciuto al
nuovo termine la capacità di far uscire il fenomeno dall’ambito
erudito13, mentre Marina Polacco ha evidenziato la distanza tra le due
definizioni sfruttando l’opposizione delle categorie di passivo e attivo:
Il concetto stesso di studio delle fonti, per quanto indubbiamente
affine, è molto diverso da quello di intertestualità. La fonte implica
un’idea di derivazione passiva: punta sul dato oggettivo, sulla quantità
materiale che passa da un testo all’altro – sia essa rappresentata da
uno stilema, da una rima, da un intreccio, da un tema; l’intertestualità
pone in primo piano il processo di trasformazione, non tanto la
consistenza effettiva del materiale trasportato.14
8
Bernardelli, Intertestualità, cit., pp. 20-21.
Vedi Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, cit., pp. 85-86. Nel riassetto
proposto da Segre, l’intertestualità va a designare i rapporti che un testo intrattiene
con altri testi dati, mentre l’interdiscorsività descrive il rimpiego di materiali di tipo
eterogeneo che non sono riconducibili a opere specifiche.
10
Vedi Bernardelli, Intertestualità, cit., pp. 2-3.
11
Compagnon, Il demone della teoria, cit., p. 117.
12
Ivi, pp. 119-120.
13
Cfr. Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, cit., pp. 85-86.
14
Polacco, L’intertestualità, cit., p. 27.
9
23
Tale processo di trasformazione interessa, per altro, non solo il lavoro
di produzione dell’opera ma anche quello della sua recezione. Il
lettore, infatti, svolge un ruolo centrale nel meccanismo intertestuale,
tanto che è stato definito da Roland Barthes come «le lieu où la
multiplicité du texte se rassemble»15. Anche in questo senso,
l’opposizione attivo/passivo risulta fruttuosa per notare come, a
differenza dello studio delle fonti, l’intertestualità si associa a una
concezione dell’opera come nuovamente “scrivibile” (nel senso di
“testo scrivibile” di Barthes): richiede, cioè, al destinatario una
partecipazione attiva che non si ferma all’identificazione dei
riferimenti, ma che, attraverso essi, può produrre un nuovo personale
testo16. Si viene così a creare una gerarchia di lettori: da un lato, quelli
che Umberto Eco chiama lettori semantici, ossia coloro che scorrono il
testo godendo semplicemente della trama, dall’altro, i lettori critici, che
vanno invece a caccia dei sovrasensi testuali (il cosiddetto double coding)
e delle catene intertestuali. Oltre alla diversa attitudine di fronte al
testo, questa gerarchia si verrà a stabilire anche sulla base di differenti
competenze intertestuali, cioè dal differente bagaglio di letture17.
Alla luce di queste considerazioni, per il nostro studio ci sembra
più opportuno parlare di intertestualità piuttosto che di studio delle
fonti, poiché non ci proponiamo semplicemente di indicare i
15
Roland Barthes, La mort de l’Auteur in Le bruissement de la langue, Seuil, Paris, 1984,
p. 67. Come scrive Paolo Ferrantini, infatti, l’intertestualità è un sistema ternario
che si basa su l’ipotesto, l’ipertesto e, appunto, il lettore, inteso non come figura
storica e sociale, ma come soggetto individuale della lettura (cfr. Paolo Ferrantini,
Dinamiche dell’intertestualità, «Intersezioni», n. 5, 1985, p. 140).
16
Cfr. Roland Barthes, S/Z, Einaudi, Torino, 1973, p. 10; cfr. anche Andrea
Bernardelli, La rete intertestuale. Percorsi tra testi, discorsi e immagini, Morlacchi Editore,
Perugia, 2010, p. 17.
17
Cfr. Umberto Eco, Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi,
Bompiani, Milano, 1979; cfr. anche Bernardelli, La rete intertestuale, cit., p. 33-35.
24
riferimenti ad altri testi presenti ne Los enamoramientos, ma vorremmo
andare più a fondo, mostrando, da un lato, come essi possano
generare nuovi significati o diversi piaceri di lettura e, dall’altro, come
siano lo specchio di una particolare concezione della letteratura.
Noteremo, infatti, che Los enamoramientos non è solo un’opera
caratterizzata da una forte relazione con altri testi, ma anche un’opera
che riflette su tali relazioni, sia a livello implicito che esplicito. Si tratta
di un libro sui libri, che nasce proprio in risposta ad alcune domande
che stanno alla base degli studi sull’intertestualità, indagando sia il
processo creativo (in che modo i testi che ho letto in passato
influenzano il mio modo di produrre nuovi testi?), che quello recettivo
(in che modo i testi che ho letto in passato influenzano il mio modo di
leggere nuovi testi?).
Inoltre, la categoria dell’intertestualità risulta essere più
appropriata per il tipo di riferimenti presenti nel romanzo, che non si
limitano alla citazione o alla ripresa di alcuni topoi. Troviamo al suo
interno, infatti, riscritture e commenti, ossia forme che sono state
oggetto degli studi sull’intertestualità, piuttosto che di quelli
sull’influenza letteraria18.
18
A tal proposito dobbiamo però anche segnalare che molti degli studi
sull’intertestualità hanno analizzato opere di stampo postmodernista (cfr.
Bernardelli, La rete intertestuale, cit., p. 32) e hanno sottolineato la dimensione
ironica con la quale gli autori si relazionano con le opere a cui fanno riferimento:
tipiche forme di letteratura intertestuale, oltre a quelle della riscrittura e del
commento già menzionate, sono infatti il pastiche e la parodia. Vedremo che questo
tipo di relazione non è quella che Marías intrattiene con gli autori citati ne Los
enamoramientos, sebbene in passato anch’egli abbia scritto testi di questo tipo, in
particolare pensiamo a Los dominios del lobo.
Per un approfondimento sulla dimensione ironica dell’intertestualità postmoderna,
vedi ad esempio Linda Hutcheon, Intertextuality, in Erik Barnouw (edited by),
International Encyclopedia of Communication, 2, New York-London, Oxford University
Press, 1989, pp. 349-351; id., A Theory of Parody, New York and London,
Routledge, 1985.
25
2.2 La classificazione di Genette
Come si accennava, Genette ha coniato un nuovo termine per indicare
il fenomeno che abbiamo descritto: transtestualità. Sebbene la sua
definizione, così come la classificazione che la accompagna, sia stata
favorevolmente accolta dalla critica, l’espressione «non si è mai
affermata in maniera diffusa»19. Per questo motivo, preferiamo non
adottare la sua innovazione terminologica: questo ci dà infatti modo di
sfruttare in maniera più agile i contributi di altri studiosi che, pur
riferendosi allo stesso concetto descritto da Genette, hanno
continuato a parlare di intertestualità.
All’interno di Palinsesti, Genette elenca cinque tipi di relazioni
testuali:
1) Intertestualità. È la forma più puntuale di relazione tra testi e
designa la «presenza effettiva di un testo in un altro»20 a livello
retorico e discorsivo, come nel caso della citazione e
dell’allusione. (Il critico aggrava dunque la polisemia del
termine, attribuendogli un nuovo significato più ristretto.
Quando utilizzeremo l’espressione in questa accezione
specifica, lo indicheremo).
19
Giovanni Guagnelini e Valentina Re, Visioni di altre visioni: intertestualità e cinema,
Gedit Edizioni, Bologna, 2007, p. 7. Facendo una ricerca su Google, otteniamo
appena 901 risultati per il termine transtetualità (9.900 per transtextuality), contro i
35.600 di intertestualità (919.000 per intertextuality). Ovviamente ricordiamo che tra
questi ultimi ce ne saranno alcuni che andranno intesi in un’accezione distinta da
quella proposta da Genette, tuttavia i numeri ci sembrano indicativi. Possiamo
inoltre osservare un’evidente resistenza al termine nella trattatazione che
Bernardelli fa delle teorie di Genette. In due suoi differenti testi, infatti, possiamo
leggere: «la teoria intertestuale (o transtestuale) di Genette» (cfr. Bernardelli,
Intertestualità, cit., p. 23; id., La rete intertestuale, cit., p. 31).
20
Genette, Palinsesti, cit., p. 4.
26
2) Relazione con il paratesto. Il paratesto è tutto ciò che è in
stretto rapporto con il testo all’interno del volume stesso
(ossia titolo, sottotitolo, prefazione, postfazione, avvertenze,
immagini, note ecc.; Genette chiama l’insieme di questi
elementi peritesto) e con altri materiali di commento al testo che
si trovano però al di fuori del libro, inteso come oggetto
materiale
(comunicazioni
dell’autore
relative
all’opera,
interviste, recensioni ecc.; l’insieme di questi elementi è detto
epitesto).
3) Metatestualità. Raccoglie tutti i casi in cui un testo diventa
oggetto di commento o interpretazione di un altro (che prende
il nome di metatesto).
4) Ipertestualità. È la relazione che lega un testo (detto ipotesto) a
quello da cui esso è derivato (ipertesto). Queste relazioni
possono essere di trasformazione o di imitazione.
5) Architestualità. Ogni tipo di relazione che il testo intrattiene con
le diverse tipologie di generi letterari. Poiché il sistema dei
generi letterari è soggetto a trasformazioni, la classificazione
formale degli scritti varia nel tempo: le relazioni architestuali
sono dunque correlate allo studio della mutevole collocazione
delle opere nei diversi contesti storici e culturali.
Nel suo saggio, dopo aver presentato questo schema, Genette si
concentra però solo sull’ipertestualità (dedicherà però alle relazioni
con il paratesto un altro volume nel 1987: Soglie). Anche per questo
motivo, risulterà necessario fare riferimento ad altri lavori critici,
soprattutto per quanto riguarda i fenomeni della citazione e
dell’allusione.
27
Risulterà presto chiaro che il romanzo di Marías, per la sua
peculiarità, si presta difficilmente ad essere ingabbiato in simili
schematismi, di stampo formalista21; cercheremo quindi di utilizzare
questa griglia, che comunque rappresenta un’utile demarcazione, in
maniera
abbastanza
libera.
Tralasceremo,
inoltre,
lo
studio
dell’architestualità (pericoloso per la sua vaghezza) e quello delle
relazioni con il paratesto (si faranno degli accenni solo a quelle
particolarmente significative).
Amplieremo, invece, il campo di indagine ricercando le relazioni
che Los enamoramientos intrattiene anche con arti diverse dalla
letteratura, come il cinema e le arti figurative, poiché:
i fenomeni letterari non possono essere valutati correttamente in un
completo isolamento rispetto al più ampio contesto delle forme di
comunicazione in cui si trovano inseriti. Le arti –la letteratura, la
pittura, la scultura, il teatro, il cinema e quant’altro– sono tutte più o
meno in correlazione reciproca. […] Le diverse forme di espressione
e di comunicazione artistica «dialogano» tra di loro cercando delle
corrispondenze e delle risposte.22
Tale osmosi, che Bernardelli chiama intermedialità letteraria, è
particolarmente viva nell’opera di Marías. Sebbene essa emerga più
chiaramente in altri romanzi dell’autore che non in quello che
prendiamo in analisi, anche in questo sono presenti alcuni esempi
interessanti che meritano di essere commentati.
21
Per l’ammissione di Genette del suo debito nei confronti del formalismo russo,
cfr. Gérdard Genette, Figure III, Einaudi, Torino, 1976, pp. 153-154.
22
Bernardelli, Intertestualità, cit., p. 140, descrivendo le teorie di Roman Jakobson.
28
3. Libri nel libro
3.1 Forme e funzioni
Il meccanismo intertestuale più evidente de Los enamoramientos è quello
che riguarda la riproduzione al suo interno di due opere letterarie, Le
Colonel Chabert di Honoré de Balzac e Les Trois Mousquetaires di
Alexandre Dumas, scelte perché anch’esse trattano di presenze
fantasmali, sostituzioni, crimini, condanne e impunità. I suddetti testi
sono una delle principali fonti d’ispirazione del romanzo, che per
questo può essere considerato una novità nella produzione di Marías:
si tratta, infatti, del suo primo libro in cui l’influenza della cultura
anglofona cede il predominio a quella francese.
Gli scritti di Balzac e Dumas vengono raccontati e commentati
dai personaggi di Marías, e svolgono per loro una funzione di guida
esistenziale: Díaz-Varela e María, infatti, stabiliscono dei parallelismi
fra le vicende lette e le loro proprie vite, riuscendo così a decifrarle, a
intuire i loro destini e a prendere delle decisioni difficili. Un
procedimento simile era già stato sfruttato dall’autore, ad esempio in
Veneno y sombra y adíos, dove il narratore applica il «principio di
identificazione»84 nell’osservare alcuni quadri del Parmigianino,
attraverso i quali riesce ad immaginare i rapporti sentimentali che
legano Luisa a Custardoy. Riportiamo le parole di Antonio Candeloro
che descrivono chiaramente questo aspetto dell’opera di Marías:
84
Antonio Candeloro, Tu rostro mañana di Javier Marías: fenomeni di intertestualità
acronica, in Sarmanti e Trecca (a cura di), La biblioteca dello scrittore, cit. Elide
Pittarello parlerebbe invece di “interpretación analógica de lo real” (vedi Pittarello,
Contar con el miedo, cit., p. 12).
29
Il personaggio (letterario) applica alla propria esperienza “vissuta” il
principio aristotelico del riconoscimento (o anagnorisis): Jacques Deza
riconosce (e quindi interpreta e codifica) determinate verità grazie a
fonti letterarie (o artistiche) che fungono da “corollari” o “supporti”
visivi o linguistici alla sua esperienza. La letteratura o la pittura o l’arte
in generale aiutano il protagonista a decodificare e ri-conoscere
esperienze vitali.85
Karen Berg nota che una simile interpretazione “pratica” delle arti, e
in particolare della letteratura, è proposta da Marías non solo nelle sue
opere di narrativa ma anche nei suoi articoli, come ad esempio in
Frívolamente86 dove mette in relazione i pericoli scatenati dai separatisti
baschi con quelli provocati dalla sete di vendetta di Shylock,
protagonista di The Merchant of Venice. Come sostiene la studiosa,
«Marías is apt to make analogies between literature and life in order to
show how literature can inform life and provide readers with a
didactic tool to confront their own personal dilemmas»87.
In Lector in fabula, Eco osserva che la competenza intertestuale
che il lettore sviluppa nel corso del tempo gli permette di riconoscere
delle sceneggiature ricorrenti e di fare quindi delle previsioni sullo
svolgimento del testo che sta leggendo88: questa capacità può essere
però applicata anche alla vita, ed è così che la letteratura può
trasformarsi in un «equipment for living»89.
Descrivendo all’interno del suo romanzo personaggi che leggono
altri libri, l’autore crea una mise en abyme paragonabile a quella del teatro
nel teatro: noi lettori vediamo rappresentati nella finzione dei simboli
85
Candeloro, Tu rostro mañana di Javier Marías, cit.
Javier Marías, Frívolamente, in id. Seré amado cuando falte, Alfaguara, Madrid, 1999.
87
Karen Berg, Javier Marias’s postmodern praxis: Humor and interplay between reality and
fiction in his novels and essays, VDM, Saarbrücken, 2008, p. 163.
88
Cfr. Eco, Lector in fabula, cit., pp. 83-84.
89
Kenneth Burke, Literature as Equipment for Living, in Walter Sutton and Richard
Foster, Modern criticism. Theory and practice, Odyssey Press, New York, pp. 242-247.
86
30
di noi stessi e possiamo guardarci come in uno specchio90. L’opera
diventa anche una finestra dalla quale osservare il laboratorio dello
scrittore giacché, attraverso le raffigurazioni che ne offrono i
personaggi, possiamo immaginarlo citare i suoi autori di riferimento
(prendendo in mano i testi originali e traducendoli all’impronta,
oppure ricordandoli a memoria).
Tuttavia, ne Los enamoramientos questo meccanismo non vuole
essere
spia
dell’autocoscienza
della
narrazione,
né
sembra
rappresentare un gioco metaletterario di stampo postmodernista91
pensato per indagare «i processi e le convenzioni della letteratura e
della scrittura»92. Esso offre, sì, la possibilità di parlare di libri
attraverso i libri, ma non fa particolare leva sull’identità tra mezzo e
oggetto della riflessione. In proposito l’autore ha dichiarato:
Yo no creo que estas cosas se puedan considerar lo que los críticos
llaman hoy en dia metaliteratura. Yo creo que se habla de estas cosas de
la manera perfectamente natural en que la gente también habla a veces
de un libro, de una película […] como se habla naturalmente sin
mayores pretenciones de pedantería o metaliteratura.93
Per sfruttare le definizioni di Genette possiamo però ricorrere al più
neutro termine metatestualità, che indica, ricordiamo, il commento o
l’interpretazione di un testo da parte di un altro testo, come accade ad
esempio nel caso della saggistica. Il rapporto che si viene a creare tra le
fonti e il romanzo può essere letto alla luce dell’interpretazione della
90
Si tratta dello stesso meccanismo per cui Arledge di Travesía del horizonte
«assumes the role of a proxy reader within the text for the real reader outside the
text» (Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., 2011, pp. 66-67).
91
Cfr. Candeloro, Tu rostro mañana di Javier Marías, cit.
92
Vocabolario Treccani online (www.treccani.it), alla voce metaletteratura.
93
Dichiarazione rilasciata dall’autore Javier Marías il 28 aprile 2011 presso
l’Istituto Cervantes di Madrid. L’intervista è disponibile al seguente indirizzo di
rete: http://cervantestv.es/2011/04/28/conversacion-con-javier-marias/ (ultima
con-sultazione: 22/7/2013). La trascrizione è mia.
31
critica letteraria proposta da Joseph Hillis Miller94, cioè come una
relazione ambigua esemplificata attraverso la metafora dell’ospite e del
parassita: Los enamoramientos invade le fonti e le contamina con nuovi
significati, ma, attraverso la nuova lettura che ne offre, permette a
quelle stesse fonti di riprodursi, spingendo anche il lettore a
recuperarle in maniera autonoma.
Il romanzo, in effetti, rappresenta un invito alla lettura,
soprattutto per quanto concerne Le Colonel Chabert, come Todas las
almas lo era stato per l’opera di John Gawsworth. Si conferma così
quanto Isle Logie scriveva nel 2001, a proposito della natura derivativa
dei testi dell’autore:
Es innegable que Marías considera al escritor un “inter-pres”, en el
sentido etimológico de “el que habla en el medio”, que pone textos a
la disposición de sus lectores, replanteando así el principio de autoría,
ya que en nuestra época, ser autor de un escrito consiste […] más en
descubrirlo y adueñarse de él que en inventarlo. 95
Ne Los enamoramientos questa funzione della letteratura diventa
paradigmatica e più che mai centrale.
Riraccontando Le Colonel Chabert e Les Trois Mousquetaires, Marías
si serve di molte citazioni, a volte debitamente virgolettate, altre
incorporate liberamente nel testo. Secondo Genette, nell’ambito delle
relazioni metatestuali, la citazione è interpretabile come «un semplice
dispositivo accessorio»96, perché la specificità di questo rapporto tra
testi consiste nel prendere in considerazione esclusivamente il
significato generale della fonte. Nel caso de Los enamoramientos,
tuttavia, una lettura di questo tipo risulta riduttiva.
94
Vedi Joseph Hillis Miller, The Critic as Host, in id. Deconstruction and Criticism,
Routledge and Kegan Paul, London and Henley, 1979.
95
Ilse Logie, La traducción, emblema de la obra de Javier Marías, in Steenmeijer, El
pensamiento literario de Javier Marías, cit., p. 68.
96
Bernardelli, Intertestualità, cit., p. 22.
32
Possiamo osservare che queste citazioni sono ascrivibili a due
distinte categorie. In primo luogo, ce ne sono alcune che danno l’avvio
al suo pensamiento literario97, o che sono veicolo di messaggi utili
all’argomentazione delle sue teorie. Questi riferimenti, come altri tratti
da opere con le quali il romanzo non intrattiene relazioni metatestuali
(in primis il Macbeth), entrano a far parte di un sistema di riprese che
crea motivi ricorrenti, fa riecheggiare scene precedentemente descritte
e dà ritmo e coesione alla narrazione98.
In secondo luogo, c’è una lunghissima serie di citazioni di cui
l’autore si serve invece per ripercorrere le trame delle due opere. Esse
riproducono passi spesso superflui degli originali, cosicché il riassunto
delle fonti finisce per assomigliare piuttosto a una loro traduzione.
Marías, anziché rielaborare i due testi riassumendoli o riadattandoli,
sostanzialmente li riporta tali e quali, riducendo al minimo la distanza
che si frappone tra l’originale e il lettore. In questo modo, «il testo
citato scavalca il testo che lo cita, lo cancella, sia pure per un istante, lo
fagocita e si propone direttamente allo spettatore»99.
97
Cfr. Antonio Iriarte, “Cito a menudo para mis adentro”: citas y alusiones en Tu rostro
mañana de Javier Marías, in Alexis Grohmann y Martin Steenmeijer, Allí donde uno
diría que no puede haber nada: Tu rostro mañana de Javier Marías, Rodopi,
Amsterdam-New York, 2009, p. 303.
98
Cfr. vi, p. 304.
99
Sandro Bernardi, La citazione nel cinema, in Adele Dei e Rita Guerricchio (a cura
di), Il libro invisibile, Bulzoni, Roma, 2008, p. 166. Bernardi commenta in questo
modo il meccanismo sfruttato da Jean-Luc Godard in Vivre sa vie (1962), quando il
regista ripropone allo spettatore alcune scene tratte da La passion de Jeanne d’Arc di
Carl Theodor Dreyer (1928) che la protagonista Nana sta vedendo al cinema.
Come nota il critico, la particolarità di questa citazione sta nel fatto che i
fotogrammi tratti dal film muto sono presentati attraverso una soggettiva a 180°
gradi, cioè infrangendo una delle regole del cinema classico secondo cui il
raccordo tra due inquadrature deve avere un’angolatura di circa 120°; come se non
bastasse, gli spezzoni sono inseriti nel montaggio nel loro formato originario,
facendo sì che lo schermo, da rettangolare, diventi quadrato.
33
Tuttavia, rimane sempre un «differenziale ideologico»100 tra
l’originale e la sua copia101, il cui scarto è aumentato, in questo caso,
dall’ostacolo linguistico, come evidenzia il frequente accostamento
della versione francese dei passi. La traduzione nell’opera di Marías è,
infatti, indice del «poder falsificador de la palabra»102 e dei suoi limiti
espressivi103.
100
Ferrantini, Dinamiche dell’intertestualità, cit., p. 138 (descrivendo le teorie di Mino
Bergamo, che aveva per primo utilizzato quest’espressione). Cfr. anche Paolo
Pucci, Decostruzione e intertestualità, «Nuova Corrente», 93-94 (gennaio-dicembre),
anno XXXI, 1984, pp. 291 e segg.
101
Si pensi al Quijote di Pierre Menard.
102
Jesús Isaías Gómez López, El fenómeno de la traducción (inglés-español) como
falsificación del lenguaje en Corazón tan blanco, in Nobel Augusto Perdu Honeyman e
Javier Villoria Prieto (bajo la dirección de), La traducción: puente interdisciplinar,
Universidad de Almería, Almería, 2001, p. 121.
103
La traduzione come inganno o come impossibilità è un tema ricorrente
nell’opera di Marías che, ricordiamo, è un affermato traduttore dall’inglese. Esso è
stato sviluppato soprattutto in Corazón tan blanco, ma emerge anche in altre opere.
Per fare solo qualche esempio, ricordiamo le riflessioni sull’intraducibilità di alcuni
termini (come i verbi to eavesdrop e to haunt) o giochi di parole (“The Wizard of
Ice”) che compaiono in Todas las almas, Mañana en la batalla piensa en mí e in Tu
rostro mañana. Per quanto riguarda il potere falsificatorio della parola, è significativo
l’episodio di Corazón tan blanco in cui si descrive l’attività di traduzione e
interpretariato negli organismi internazionali. Esso rappresenta «an emblem of the
official leveling out of meaning in postmodern society: language only refers to
more languages and never to “reality” nor the “truth”» (Karen-Margrethe
Simonsen, Corazón tan blanco: A Post-Postmodern Novel by Javier Marías, «Revista
Hispánica Moderna», Año 52, n. 1, junio 1999, p. 196). Lo stesso Juan, interprete
inaffidabile, è metafora dell’inganno della traduzione. Un suo antecedente era
presente anche in Todas las almas: ci riferiamo a Alec Dewar, il quale «disfrutaba o
disfruta tanto como interrogador vicario o interpuesto que más de una vez se le
han sospechado licencias, es decir, se le ha visto extender tan inverosímilmente en
la traducción de las preguntas al ruso que se ha llegado a tener la impresión de que
se apartaba de ellas o añadía otras de su propia cosecha» (TLA, p. 198). Marías ha
dedicato a riflessioni sulla natura della traduzione anche alcuni articoli, raccolti in
Literatura y fantasma nella sezione Asuntos translaticios. Per un approfondimento sulla
traduzione nell’opera di Marías, vedi: Rita De Maesneer, Sobre la traducción en
Corazón tan blanco de Javier Marías, «Espéculo. Revista de estudios literarios»
(publicación digital de la Universidad Complutense de Madrid), n. 24, 2003,
https://pendientedemigraci-on.ucm.es/info/especulo/numero14/jmarias.html
(ultima consultazione 27/10/ 2013); Gómez López, El fenómeno de la traducción
(inglés-español) como falsificación del lenguaje en Corazón tan blanco, cit.; Logie, La
traducción, emblema de la obra de Javier Marías, cit.; Gareth J. Wood, Marías’s debt to
translation: Sterne, Browne, Nabokov, Oxford University Press, Oxford, 2012.
34
3.2 Le Colonel Chabert di Honoré de Balzac
Le Colonel Chabert è una «novelita»104 di Balzac facente parte della
Comédie humaine che racconta le vicende del personaggio omonimo, il
quale, dato per morto nella battaglia napoleonica di Eylau del 1807,
cerca di reintegrarsi nel mondo dei vivi e, in particolare, di
riappropriarsi dei suoi beni usurpati dalla moglie, nonché di
riconquistare l’amore di lei. Quest’opera viene riprodotta quasi nella
sua interezza all’interno de Los enamoramientos attraverso il commento
che ne fa Díaz-Varela, che, come si accennava, non ne traccia uno
schizzo approssimativo, ma la ripercorre con ricchezza di dettagli e
citazioni, anche in francese.
L’inclusione di questo testo all’interno del romanzo può essere
interpretata come una mise en abyme. L’opera di Balzac, infatti,
rappresenta una miniatura di quella che la contiene poiché tratta,
anch’essa, di una sostituzione (quella di una vedova che si innamora di
un altro uomo dopo la scomparsa del marito)105 e di una presenza
fantasmale (quella del marito morto, che ostacola la nuova coppia).
Queste analogie consentono di considerare le vicende de Le Colonel
Chabert come una sorta di doppio di quelle de Los enamoramientos, per
cui i personaggi di Balzac diventano le ombre di quelli di Marías, delle
repliche che ci permettono di osservarli da un altro punto di vista.
Sono gli stessi Díaz-Varela e María a utilizzare Le Colonel Chabert come
104
LE, p. 178.
Per dirla con le parole dell’autore, pronunciate in occasione di un’intervista per
Repubblica, le due opere condividono «l’idea che si possa fare a meno di qualcuno
che ci appare indispensabile, e amare oltre, andare oltre». Concita De Gregorio,
Javier Marías e la legge del desiderio. “La distanza è la chiave di una buona relazione”, «La
Repubblica», 10/12/2012, http://www.repubblica.it/speciali/repubblica-delleidee/edizione2012/2012/12/10/news/javier_marias_e_la_legge_del_desiderio_la
_distanza_la_chiave_di_una_buona_relazione-48455639/ (ultima consultazione
20/6/2013).
105
35
chiave di lettura della loro propria realtà, in particolare analizzando le
figure del colonnello e della moglie.
Il primo parallelismo che troviamo è quello stabilito da DíazVarela, che mette in relazione la moglie di Chabert e Luisa:
He leído un libro bastante famoso que no sabía que lo fuera […] Es
una novela corta de Balzac que me da la razón respecto a Luisa,
respecto a lo que le ocurrirá de aquí a un tiempo.106
La letteratura gli serve a decifrare la realtà in cui lui stesso vive e a
prevederne, con successo, gli esiti («La ficción tiene la facultad de
enseñarnos lo que no conocemos»107, dice il personaggio a un certo
punto del romanzo). La storia del colonnello napoleonico gli insegna
che le vedove dimenticano i mariti morti e che presto li sostituiscono.
Come la sposa di Chabert, così Luisa:
Y cuando Luisa esté casada de nuevo, y eso será a lo sumo de aquí a
un par de años, el hecho y el dato, con ser idénticos, habrán cambiado
y ya no pensará de sí misma: ‘Me he quedado viuda’ o ‘Soy viuda’,
porque ya no lo será en absoluto, sino ‘Perdí a mi primer marido y
cada vez más se me aleja. Hace demasiado que no lo veo y en cambio
este otro hombre está aquí a mi lado y además está siempre. También
a él lo llamo marido, eso es extraño. Pero ha ocupado su lugar en mi
cama y al yuxtaponerse lo difumina y lo borra. Un poco más cada día,
un poco más cada noche’.108
Esattamente due anni dopo, quando María incontra di nuovo Luisa e
vede che il pronostico si è avverato, quella frase di Díaz-Varela
riecheggia nella sua mente e viene riproposta al lettore nella sua
interezza109.
È interessante notare che in questo caso non è solo l’opera di
Balzac che arricchisce quella di Marías, ma anche il contrario. Nel
106
LE, p. 155.
Ivi, p. 169.
108
Ivi, p. 146.
109
Cfr. ivi, p. 391.
107
36
racconto originale, la vedova di Chabert emerge in tutta la sua
negatività: è una donna spietata e profittatrice, nei confronti della
quale il lettore non può provare alcuna empatia. Attraverso il pensiero
di Díaz-Varela, tuttavia, tendiamo a sovrapporla a Luisa e possiamo
quindi osservarla in una fase della sua vita che non è descritta da
Balzac, ossia nei giorni del lutto per la morte del marito:
La novela no cuenta la pena de esa viuda, si es que la hubo como la
hay en Luisa; no habla de su dolor ni de su luto, al personaje no se lo
muestra en esa época, cuando recibiera la fatal noticia, sino unos diez
años más tarde, en 1817, creo, pero es de suponer que siguió todo el
obligado trayecto en estos casos (estupor, desolación, tristeza y
languidecimiento, apatía, sobresalto y temor al comprobar que pasa el
tiempo, y recuperación entonces) […].110
In questo modo il personaggio assume una maggiore profondità. Non
si tratta più di una sposa egoista, ma di una vittima di un evento che
non doveva verificarsi.
Non è altrettanto semplice capire invece a quale personaggio si
debba associare quello del colonnello e ci si renderà conto che, in
effetti, in questo caso non si tratta di un legame univoco. In un primo
momento si tenderà a identificarlo con Deverne, sia per la semplice
equivalenza contessa : colonnello = Luisa : Deverne, sia per il fatto che il
ricordo della moglie rende Deverne un’immagine fantasmale (proprio
come Chabert) che, agli occhi di Díaz-Varela, invade ingiustamente un
territorio che ormai non gli spetta più. Anche María proporrà una
lettura di questo tipo:
Cuando Díaz-Varela me había hablado del Coronel Chabert, había
identificado a éste con Desvern: el muerto que debe seguir muerto
puesto que su muerte constó en los anales y pasó a ser un hecho
histórico y se relató y detalló, y cuya nueva e incomprensible vida es
un incómodo postizo, una intrusión en la de los demás; el que viene a
110
Ivi, pp. 157-158.
37
perturbar el universo que no sabe ni puede rectificar y que por tanto
continuó sin él.111
Le due figure sono accostate dalla narratrice anche per il fatto che
nessuno ha indagato seriamente sul loro stato fisico. María, infatti,
sospetta che il medico che aveva fatto l’autopsia su Deverne non si
fosse preso la briga di verificare se nel suo corpo, già prima delle
pugnalate, albergasse un male incurabile; allo stesso modo, due secoli
prima, «dos cirujanos negligentes»112 non si erano curati di tastare il
polso di Chabert, travolto dall’esercito, benché ne avessero ricevuto
l’ordine da Napoleone in persona.
Tuttavia, all’accostamento Chabert–Deverne María oppone una
lettura differente, che porta ad associare il colonnello piuttosto a DíazVarela. Infatti, sebbene l’uno fosse una «víctima de la guerra, de la
negligencia, de la burocracia y de la incomprensión»113, mentre l’altro
«había perturbado gravemente el universo con su crueldad, su egoísmo
tal vez estéril y su descomunal frivolidad»114, sono entrambi uomini in
attesa che una donna si (r)innamori di loro. Anche Díaz-Varela ha
dunque un aspetto spettrale:
Los dos [Díaz-Varela y Chabert] eran como espectros haciendo
visajes y señas e incluso algún aspaviento inocente, aguardando a ser
vistos y reconocidos y quizá llamados, deseosos de oír al fin estas
palabras: ‘Sí, está bien, te reconozco, eres tú’, aunque en el caso de
Chabert supusieran sólo concederle la carta de existencia que se le
estaba negando y en el de Díaz-Varela significaran bastante más:
‘Quiero estar a tu lado, acércate y quédate aquí, ocupa el lugar vacío,
ven hasta mí y abrázame’.115
111
Ivi, pp. 246-247.
Ivi, p. 359.
113
Ivi, p. 247.
114
Ibidem.
115
Ibidem.
112
38
Una volta stabilita questa analogia inaspettata, María cerca di
immaginare i pensieri dell’uno e dell’altro, che di conseguenza si
assomigliano («los dos debían de pensar algo parecido, algo que les
daba fuerza y los sostenía en su espera y les impedía rendirse»)116. Il
parallelismo è sottolineato attraverso la corrispondenza formale e
linguistica dei due soliloqui. Entrambi sono chiaramente divisi in due
parti. Nella prima, che è caratterizzata dall’anafora «No puede ser»117
(la quale ricorre due volte nel soliloquio di Chabert e quattro in quello
di Díaz-Varela), si ripercorrono le improbabili peripezie che li hanno
visti protagonisti; nella seconda, si immagina un destino infelice
(Chabert non accolto dalla moglie, Díaz-Varela smascherato da Luisa)
che viene però scartato come possibilità perché non appare essere il
logico punto di arrivo di un percorso tanto tortuoso. Anche in questa
seconda parte si assiste alla ripresa di un’uguale anafora: «Qué sentido
tendría»118.
Al di là delle evidenti somiglianze, dai due testi emerge però
anche la sostanziale differenza tra i due personaggi: Chabert è infatti
ritratto come una figura passiva, una vittima, Díaz-Varela invece come
un agente, un colpevole, come si evince chiaramente dai due incipit:
[Chabert] No puede ser que haya pasado por lo que he pasado, que
me hayan matado un sablazo en el cráneo y los cascos al galope de
infinitos caballos […].119
[Díaz-Varela] No puede ser que yo haya hecho lo que he hecho120 o
más bien he fraguado y he puesto en marcha, que haya cavilado
durante mucho tiempo […].121
116
Ivi, p. 248.
Ivi, p. 248 e p. 249.
118
Ivi, p. 249 (due volte) e p. 251 (due volte).
119
Ivi, p. 248.
120
Questa espressione ricorda la figura etimologica shakespeariana “I have done
the deed” (Macbeth, scena II, atto II), più volte citata in Corazón tan blanco sia nella
forma inglese (CTB, pp. 174, 175, 310, 313, 365) che in traduzione spagnola «he
117
39
Un ulteriore elemento che lega Los enamoramientos a Le Colonel Chabert
sono le somiglianze nel finale. Entrambe le opere, infatti, si
concludono con una riflessione sul tema dell’impunità122. Le Colonel
hecho el hecho» (CTB, pp. 174, 310, 365). L’espressione compare anche in Veneno
y sombra y adíos (TRM3, p. 104).
121
LE, p. 249.
122
Come si accennava in § 1, al momento di promuovere Los enamoramientos, ancor
prima della pubblicazione, l’autore aveva indicato l’impunità come uno dei temi
centrali dell’opera. Si leggano, ad esempio, questi estratti dal discorso tenuto a
gennaio 2011 in occasione della consegna del premio Nonino a Ronchi di Percoto
(poi pubblicati sotto forma di articolo su El País. Javier Marías, La plaga de la
impunidad, «El País», 27/2/2011, http://elpais.com/diario/2011/02/27/eps
/1298791619_850215.html. (ultima consultazione: 20/6/2013): «credo che il
carattere più scuro di questo romanzo […] abbia a che fare con un’altra questione,
l’impunità che sempre impera nel mondo» (Marías, Innamoramento e impunità, cit., p.
21); «La sensazione che l’impunità dòmini è inevitabile nelle nostre società e ciò le
conduce, in maniera graduale ma indefettibile, ad avere sempre maggiore
tolleranza nei confronti di essa» (ivi, p. 22). Si veda poi quest’altra dichiarazione
rilasciata durante un’intervista per un giornale italiano: «Penso che la mia
letteratura non sia mai sordida, ma i miei romanzi sono desolati, molto pessimisti,
e quello che ho appena terminato lo è più di tutti. Questi sono tempi bui, che non
invitano a essere ottimisti. […] Siamo in un tempo di impunità; si penserebbe che
l’applicazione della giustizia dovrebbe essere sempre progressiva, invece si ha la
sensazione che non ci si possa aspettare che l’impunità» (Mario Turello, Marías:
circondati dal buio è il tempo delle impunità, «Messaggero veneto», 30/1/2011,
http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2011/01/30/news/mariascircondati-dal-buio-e-il-tempo-delle-impuni-ta-1.47709 (ultima consultazione:
20/7/2013). Queste considerazioni di Marías (e probabilmente ancor di più, in
quanto peritesto, la quarta di copertina delle edizioni spagnole che recita: «[…] Los
enamoramientos es también un libro sobre la impunidad […]») sono state accolte
come una delle principali chiavi di lettura del romanzo, come risulta evidente dai
titoli di alcune recensioni: Javier Marías explora el amor y la impunidad en Los
enamoramientos Del amor a la impunidad, Enamoramientos, la impunidad. In realtà, le
riflessioni intorno a questo tema non occupano che uno spazio marginale
all’interno dell’opera e risultano, a nostro avviso, secondarie rispetto ad altre
questioni, come la colpa e il peso della conoscenza, tra l’altro più tipiche della
poetica dell’autore. Inoltre, dal romanzo non emerge una condanna altrettanto
chiara dell’atteggiamento omertoso della narratrice. A questo proposito Marías,
interpellato da una lettrice che, memore del comportamento del padre di Deza nei
confronti dell’amico traditore in Tu rostro mañana, gli chiese se nel libro si
spiegassero le ragioni per cui non si possa accettare l’impunità, dichiarò: «No, en el
libro no se explica nada de eso, porque las novelas, a diferencia de los artículos, no
juzgan o no deben juzgar, no dan lecciones de moral ni de nada. Sólo plantean
cuestiones, para las que a menudo no hay respuesta clara» (Entrevistas digitales. Los
internautas preguntan a Javier Marías, 11/4/2011, http://www.elpais.com/edigitales/entrevista.html?id=7920, ultima consultazione: 24/7/2013).
40
Chabert si chiude con il monologo dell’avvocato Derville123, il quale si
era fatto carico della sorte del colonnello, sperando di riuscire ad
aiutarlo. L’uomo di legge descrive un mondo pieno di crimini
raccapriccianti che si ripetono identici ancora e ancora, senza che la
giustizia possa smascherarli od opporvisi («Je ne puis vous dire tout ce
que j’ai vu, car j’ai vu des crimes contre lesquels la justice est
impuissante»)124. Egli non ha alcuna fiducia in un possibile
cambiamento; la sua soluzione personale sarà quella di allontanarsi
dalla corruzione per fuggire in campagna, luogo che rappresenta un
idillio di incorrotta innocenza.
Una scelta simile, di rinuncia e inattivismo, è quella adottata da
María, che decide di tacere e non denunciare la probabile colpevolezza
di Díaz-Varela. La narratrice si autogiustifica, da un lato,
riconoscendosi
una
debolezza
arrecata
dallo
strascico
dell’innamoramento e, dall’altro, affermando ― con una sfiducia verso
la giustizia che ricorda quella dell’avvocato ― che: «[…] algunos
hechos civiles, si es que no la mayoría, se quedan sin registrar,
ignorados, como es la norma»125. Derville è tra l’altro ricordato anche
esplicitamente:
Ya he dicho que la justicia y la injusticia me traían sin cuidado. Por
qué habían de ser asunto mío cuando si en algo tenía razón DíazVarela, lo mismo que el abogado Derville, en su mundo de ficción y
en su tiempo que no pasa y está quieto, era en esto que me había
dicho: ‘El número de crímenes impunes supera con creces el de los
castigados […].’126
123
Vedi infra, n. 158, per la sua trascrizione completa.
Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 333.
125
LE, p. 401.
126
Ivi, pp. 397-398.
124
41
Nel finale, c’è anche un altro riferimento che rinforza il legame con
l’opera di Balzac e crea un elemento di circolarità all’interno del
romanzo. Si tratta di una citazione del monologo in cui il colonnello
Chabert racconta le sue disavventure dopo la battaglia (il passo era già
stato precedentemente introdotto da Díaz-Varela)127:
No quiero ser como esas voces escritas que a menudo parecen
suspiros ahogados, gemidos lanzados por un mundo de cadáveres en
medio del cual todos yacemos, en cuanto nos descuidamos.128
Si può osservare che in questo caso l’uso della citazione è alquanto
libero. L’autore si è completamente appropriato dell’immagine, che ha
estrapolato dal suo contesto originario e riproposto associandola a
nuovi significati. Si tratta dello stesso fenomeno descritto da Antonio
Iriarte, in riferimento a Tu rostro mañana, per cui una citazione, una
volta introdotta, può essere ripetuta più volte fino a diventare «una
fraseología que ya es enteramente propia de Marías […] y que está […]
enraizada en una frase o situación en origen ajenas»129.
Oltre ad offrirci un altro punto di vista sulle vicende che stiamo
leggendo e a mostrarci in che modo la letteratura può servirci nelle
nostre vite, l’inclusione della novelita all’interno del romanzo può
spiegarsi come un invito alla lettura: Marías vuole promuovere tra i
suoi lettori quella del testo di Balzac, che egli ha a sua volta riscoperto
grazie al consiglio di Francisco Rico130. Ripercorrendone la trama, egli
127
Ivi, p. 156.
Ivi, pp. 400-401.
129
Iriarte, “Cito a menudo para mis adentro”, cit., p. 304.
130
Nel romanzo si insinua questa possibilità («No sé» dice María «si es que lo veía
todo a la misma luz o si se buscaba textos literarios e históricos que apoyaran sus
argumentos y acudieran en un ayuda (quizá lo orientaba Rico, hombre de saber
inmenso, aunque por lo que yo sé es tarea vana intentar sacar a este desdeñoso
erudito del Renacimiento y la Edad Media, ya que nada de lo habido y sucedido
después de 1650 le merece por lo visto respeto, incluida su propia existencia)»,
128
42
cerca di incuriosirci, di farci appassionare alle vicende del colonnello,
salvo poi frustrarci con ampie omissioni, cosicché saremo spinti a
seguire l’esempio di María e a procurarcene una copia:
Me llevé la novelita de Balzac […] porque él la había leído y me había
hablado de ella, y cómo no interesarme por lo que le había interesado
a él si estaba en la fase del enamoramiento en que éste es una
revelación. También por curiosidad: quería averiguar qué le había
ocurrido al Coronel, aunque ya suponía que no habría terminado bien,
que no habría reconquistado a su mujer ni recuperado su fortuna ni su
dignidad, que acaso habría añorado su condición de cadáver.131
È bene infatti sottolineare che la trama de Le Colonel Chabert viene sì
riassunta all’interno de Los enamoramientos, ma con molte lacune. Dopo
aver raccontato accuratamente la prima parte e aver quindi descritto il
problema che dà avvio all’intreccio (ossia il fatto che il colonnello
Chabert sia dato per morto, quando in realtà non lo è), Díaz-Varela
comincia a divagare. Quando María cerca di fargli riprendere il filo
della narrazione chiedendogli «Ya, pero ¿qué pasó con el Coronel?
[…] ¿Lo aceptó el mundo de los vivos al que pretendía regresar? ¿Lo
aceptó su mujer? ¿Logró volver a existir?»132, le risponde:
Lo que pasó es lo de menos. Es una novela, y lo que ocurre en ellas
da lo mismo y se olvida, una vez terminadas. Lo interesante son las
posibilidades e ideas que nos inoculan y traen a través de sus casos
imaginarios, se nos quedan con mayor nitidez que los sucesos reales y
los tenemos más en cuenta. […] Lo que aquí importa es que la
reaparición de ese Chabert es una desdicha absoluta.133
LE, pp. 154-155), che viene confermata dallo stesso Rico in un suo articolo (cfr.
Francisco Rico, La cultura del texto, «Babelia», 11/6/2011, http://elpais.com/diario/2011/06/11/babelia/1307751135_850215.html, (ultima consultazione
20/6/2013).
131
LE, pp. 178-179.
132
Ivi, pp. 165-166.
133
Ivi, p. 166.
43
Questa riflessione è particolarmente importante: attraverso il
personaggio di Díaz-Varela, Marías ci spiega quale uso fa delle fonti e
quali sono le ragioni che lo spingono a utilizzarle. Oltre a questo,
confessa quale sia la traccia che spera di lasciare nel lettore anche con
la propria narrativa.
Díaz-Varela non soddisfa quindi la curiosità di María e,
attraverso un’ampia ellissi, passa a descrivere la scena in cui il
colonnello incontra la contessa. Poi María lo incalza ancora: «¿Y así lo
hizo? ¿Abandonó el campo y se dio por vencido? ¿Se volvió a su fosa,
se retiró?»134 e lui di nuovo ribatte «Ya lo leerás»135. Sebbene
successivamente citi il monologo che chiude l’opera, non chiarirà cosa
sia successo al colonnello, pur lasciando intuire che per lui non ci sia
un lieto fine (e in effetti Chabert resterà emarginato dalla società e l’exmoglie riuscirà a mantenere integri la sua nuova famiglia e il suo
patrimonio).
Un altro espediente che Marías usa per promuovere questo testo
è quello di fornire informazioni curiose sulla sua genesi e diffusione,
come il fatto che ne siano state tratte tre versioni cinematografiche136 o
che, sebbene fosse stata scritta nel 1832, la conversazione che lo
conclude è ambientata nel 1840, ossia, relativamente parlando, nel
futuro, «como si [Balzac] supiera a ciencia cierta que nada iba a
cambiar, no ya en los siguientes ocho años sino jamás»137.
134
Ivi, p. 168.
Ibidem.
136
Cfr. ivi, p. 175. In realtà, ne sono state girate cinque: del 1911 la prima versione
francese di André Calmettes e Henri Pouctal, del 1920 la versione italiana di
Carmine Gallone, del 1932 la versione tedesca di Gustav Ucicky, del 1943 la
seconda versione francese di René le Hénaff e del 1994 la terza versione francese
di Yves Angelo.
137
Ivi, p. 173.
135
44
L’autore decide di seguire il testo fedelmente, riproducendo
attraverso citazioni puntuali anche dettagli marginali, invece di
riassumerlo e riportarlo in una forma più snella. Si confrontino ad
esempio le due versioni di uno stesso passo, il quale, detto per inciso,
non ha nessuna funzione dal punto di vista dell’avanzamento della
trama (con il corsivo si intendono sottolineare le corrispondenze
testuali, che non si limitano a quelle segnalate da Marías con le
virgolette):
[Marías] Hay un momento de la novela en el que, al quitarse el
sombrero en presencia de un abogado, se le levanta también la peluca
que lleva, y se le ve una monstruosa cicatriz transversal que le coge desde el
occipucio hasta el ojo derecho, imagínate —y se señaló la trayectoria en la
cabeza, pasándose lentamente el índice—, formando ‘un enorme costurón
prominente’, en palabras de Balzac, quien añade que el primer
pensamiento que semejante herida sugería era ‘¡Por ahí se ha escapado la
inteligencia!’.138
[Balzac] Le vieillard se découvrit promptement et se leva pour saluer
le jeune homme; le cuir qui garnissait l’intérieur de son chapeau étant
sans doute fort gras, sa perruque y resta collée sans qu’il s’en aperçût,
et laissa voir à nu son crâne horriblement mutilé par une cicatrice
transversale qui prenait à l’occiput et venait mourir à l’œil droit, en formant
partout une grosse couture saillante. […] La première pensée que suggérait
l’aspect de cette blessure était celle-ci: ―Par là s’est enfuie l’intelligence! 139
Ed ecco un altro esempio simile dove, dopo un acceleramento per
mezzo del quale si riassumono alcune pagine del testo originale in una
serie di rapide coordinate che occupano poche righe, il ritmo poi
rallenta di nuovo riportando la fonte e la sua riproduzione a coincidere
quasi perfettamente:
[Marías] El Coronel, de manera inverosímil pero muy convincente tal
como se la relata a un abogado parisiense, Derville, al que quiere
encargar su caso, recupera el conocimiento antes de ser sepultado,
138
Ivi, p. 155, corsivo mio.
Honoré de Balzac, Le Colonel Chabert, in id., La Comédie humaine, Seuil, Paris,
1965, vol 2, p. 314, corsivo mio.
139
45
cree estar muerto, se da cuenta de que está vivo, y con muchas
dificultades y suerte logra salir de esa pirámide de fantasmas después
de haber pertenecido a ellos quién sabe durante cuántas horas y de
haber oído, o creído oír, como dice —y aquí Díaz-Varela abrió el librito y
buscó una cita, las debía de tener señaladas y tal vez por eso lo había
cogido, para ofrecerme alguna de vez en cuando—, ‘gemidos lanzados
por el mundo de cadáveres en medio del cual yo yacía’; y añade que aún ‘hay
noches en que creo oír esos suspiros ahogados’.140
[Balzac] J’entendis, ou crus entendre, je ne veux rien affirmer, des
gémissements poussés par le monde de cadavres au milieu duquel je gisais.
Quoique la mémoire de ces moments soit bien ténébreuse, quoique
mes souvenirs soient bien confus, malgré les impressions de
souffrances encore plus profondes que je devais éprouver et qui ont
brouillé mes idées, il y a des nuits où je crois encore entendre ces soupirs
étouffés!141
Si osservi infine questo frammento nel quale Marías aggiunge
addirittura dei dettagli non presenti nella versione di Balzac per
descrivere lo stato d’animo e il tono di voce del colonnello:
[Marías] Cuando al comienzo de la novela se presenta en el bufete del
abogado, uno de los pasantes o mandaderos le pregunta el nombre. Él
responde: ‘Chabert’, y el individuo le dice: ‘¿El Coronel muerto en Eylau?’.
Y el espectro, lejos de protestar, de rebelarse y enfurecerse y
contradecirle en el acto, se limita a asentir y a confirmárselo
mansamente: ‘El mismo, señor’.142
[Balzac] ―Monsieur, lui dit Boucard, voulez-vous avoir la
complaisance de nous donner votre nom, afin que le patron sache
si…
―Chabert.
―Est-ce le colonel mort à Eylau? Demanda Huré qui n’ayant encore rien
dit était jaloux d’ajouter une raillerie à toutes les autres. ―Lui-même,
monsieur, répondit le bonhomme.143
Riteniamo di poter individuare due ragioni alla base di una simile
gestione della fonte. In primo luogo, come si diceva nell’introduzione
di questo capitolo, Marías sembra voler concedere una nuova vita al
140
LE, p. 156, corsivo mio.
Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 315, corsivo mio.
142
LE, p. 168, corsivo mio.
143
Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 312, corsivo mio.
141
46
testo, rendendolo il più autonomo possibile dal contenitore che gli
offre e riducendo lo schermo che frappone fra l’originale e i lettori. In
secondo luogo, traducendo alcuni passi dell’opera vuole respingere la
cattiva versione di Joaquín García Bravo, risalente al 1903, attraverso
cui il romanzo breve di Balzac è stato diffuso in Spagna («Te presto el
libro si quieres» dice Díaz-Varela a María «¿o no lees francés? La
traducción que hay por ahí es mala»)144. Osserviamo come due degli
esempi di traduzione che abbiamo già ricordato perfezionino la
versione spagnola precedente, proponendo una forma più fedele
all’originale francese:
[Balzac] «gémissements poussés par le monde de cadavres au milieu
duquel je gisais»145
[Marías] «gemidos lanzados por el mundo de cadáveres en medio del
cual yo yacía»146
[García Bravo] «gemidos lanzados por el montón de cadáveres en
medio del cual yacía»147
[Balzac] «une grosse couture saillante»148
[Marías] «un enorme costurón prominente»149
[García Bravo] «un profundo surco»150
E infine un terzo, che non avevamo ancora menzionato, nel quale si
nota come l’autore corregga la banalizzazione di García Bravo:
[Balzac] «Le sentiment de mes droits me tue»151
[Marías] «El sentimiento de mis derechos me mata»152
144
Ivi, p. 166.
Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 315.
146
LE, p. 156.
147
Honoré de Balzac, El coronel Chabert, in id., La comedia humana, traducción de
Joaquín García Bravo, Biblioteca Luis Tasso, Barcelona, 1903. Il testo è
disponibile anche al seguente indirizzo di rete, dal quale si cita:
http://www.funambulista.net/wp-content/uploads/2011/06/El-coronelChabert.pdf.
148
Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 314.
149
LE, p. 155.
150
Balzac, El coronel Chabert, traducción de Joaquín García Bravo, cit.
151
Id., Le Colonel Chabert, cit., p. 316.
145
47
[García Bravo] «El convencimiento de mis derechos me mata»153
Marías sembra dunque essere motivato dalla «cultura del texto»154.
Oltre a proporre esempi di traduzione come quelli che abbiamo
appena visto, inserisce delle riflessioni che problematizzano il
processo traduttivo. Come fa anche con il Macbeth155, non cerca di
sciogliere l’ambiguità della fonte, ma semmai di riprodurla attraverso
una pluralità di soluzioni, ricordando infine anche la versione
originale. Si osservi ad esempio il frammento seguente:
‘¿Los muertos hacen mal en volver?’, o acaso (también podría
entenderse así): ‘¿Se equivocan los muertos al regresar?’. Lo que dice
en francés es esto: ‘Les morts ont donc bien tort de revenir?’156
Ancor più significativa è la sua versione del monologo di Derville, che
il personaggio di Díaz-Varela improvvisa «traduciendo sobre la
marcha sin duda»157 e che riportiamo in nota, accompagnata dalla
versione originale158 (in questo caso, data la lunghezza del passo, è
152
LE, pp. 168-169.
Balzac, El coronel Chabert, traducción de Joaquín García Bravo, cit.
154
Cfr. Rico, La cultura del texto, cit.
155
Cfr. infra, § 4.2.
156
LE, p. 167, corsivo dell’autore. Questa citazione di Balzac ricorre altre volte nel
romanzo (cfr., LE, pp. 274, 347, 362) contribuendo a creare coesione nell’opera.
157
LE, p. 172.
158
«Le dice a su antiguo empleado Godeschal, que ahora se va a estrenar como
abogado: ‘¿Sabe usted, querido amigo, que en nuestra sociedad existen tres
hombres, el Sacerdote, el Médico y el Hombre de justicia, que no pueden estimar
el mundo? Tienen vestimentas negras, quizá porque llevan el duelo de todas las
virtudes, de todas las ilusiones. El más desgraciado de los tres es el abogado’.
Cuando la gente acude al sacerdote, le explica, lo hace con remordimiento, con
arrepentimiento, con creencias que la engrandecen y le confieren interés, y que en
cierto modo consuelan el alma del mediador. ‘Pero nosotros los abogados’ —y
aquí Díaz-Varela me leyó en español de la última página de la novela, traduciendo
sobre la marcha sin duda, no es que se hubiera preparado una versión—,
‘nosotros vemos repetirse los mismos sentimientos malvados, nada los corrige,
nuestros bufetes son cloacas que no se pueden limpiar. ¡De cuántas cosas no me
he enterado al desempeñar mi cargo! ¡He visto morir a un padre en un granero,
sin blanca, abandonado por dos hijas a las que había donado cuarenta mil libras de
153
48
ancora più evidente il processo di scomparsa del testo citante a favore
di quello citato). In particolare, è interessante la parte che dice: «He
visto a mujeres darle al niño de un primer lecho gotas que debían
traerle la muerte, a fin de enriquecer al hijo del amor»159. Quando
María legge autonomamente lo scritto di Balzac, si accorge che DíazVarela pronunciando quella frase era incorso in un errore di
traduzione, forse involontario o forse deliberato «para cargarse aún
más de razón»160. Infatti, nell’originale francese si legge: «J’ai vu des
renta! He visto arder testamentos; he visto a madres despojar a sus hijos, a
maridos robar a sus mujeres, a mujeres matar a sus maridos valiéndose del amor
que les inspiraban para volverlos locos o imbéciles, a fin de vivir en paz con un
amante. He visto a mujeres darle al niño de un primer lecho gotas que debían
traerle la muerte, a fin de enriquecer al hijo del amor. No puedo decirle todo lo
que he visto, porque he visto crímenes contra los que la justicia es impotente. En
fin, todos los horrores que los novelistas creen inventar se quedan siempre por
debajo de la verdad. Va usted a conocer todas estas cosas tan bonitas, a usted se
las dejo; yo me voy a vivir al campo con mi mujer, París me produce horror.’»
(LE, pp. 171-172). Cfr. con l’originale francese: «Savez-vous, mon cher, reprit
Derville après une pause, qu’il existe dans notre société trois hommes, le Prêtre, le
Médecin et l’Homme de justice, qui ne peuvent pas estimer le monde? Ils ont des
robes noires, peut-être parce qu’ils portent le deuil de toutes les vertus, de toutes
les illusions. Le plus malheureux des trois est l’avoué. Quand l’homme vient
trouver le prêtre, il arrive poussé par le repentir, par le remords, par des croyances
qui le rendent intéressant, qui le grandissent, et consolent l’âme du médiateur dont
la tâche ne va pas sans une sorte de jouissance: il purifie, il répare, et réconcilie.
Mais nous autres, avoués, nous voyons se répéter les mêmes sentiments mauvais,
rien ne les corrige, nos Études sont des égouts qu’on ne peut pas curer. Combien
de choses n’ai-je pas apprises en exerçant ma charge! J’ai vu mourir un père dans
un grenier, sans sou ni maille, abandonné par deux filles auxquelles il avait donné
quarante mille livres de rente! J’ai vu brûler des testaments; j’ai vu des mères
dépouillant leurs enfants, des maris volant leurs femmes, des femmes tuant leurs
maris en se servant de l’amour qu’elles leur inspiraient pour les rendre fous ou
imbéciles afin de vivre en paix avec un amant. J’ai vu des femmes donnant à
l’enfant d’un premier lit des goûts qui devaient amener sa mort, afin d’enrichir
l’enfant de l’amour. Je ne puis vous dire tout ce que j’ai vu, car j’ai vu des crimes
contre lesquels la justice est impuissante. Enfin, toutes les horreurs que les
romanciers croient inventer sont toujours au-dessous de la vérité. Vous allez
connaître ces jolies choses-là, vous; moi, je vais vivre à la campagne avec ma
femme, Paris me fait horreur» (Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 333).
159
LE, p. 172.
160
Ivi, p. 180.
49
femmes donnant à l’enfant d’un premier lit des goûts qui devaient
amener sa mort»161, non «des gouttes».
Questo
episodio
rappresenta
un’importante
riflessione
metaletteraria sull’uso della fonte in Marías: l’autore, come il suo
personaggio, manipola i testi che sceglie di citare, attribuendo loro
significati che non avevano in origine. Ciò può avvenire sia in maniera
smaccata come in questo caso, cioè con una modifica linguistica
facilmente verificabile, che in modo più sottile, quando il testo è
riportato fedelmente ma in un contesto che ne altera il significato.
Emblematico, in questo senso, è il caso delle citazioni shakespeariane
che l’autore sceglie come titoli per i suoi romanzi o racconti: esse,
presentate isolate dal loro contesto, si mostrano in tutta la loro
misteriosa ambiguità, prestandosi ad essere interpretate in sensi lontani
da quello che avevano nella fonte.
In Corazón tan blanco, in particolare, possiamo osservare una
deformazione della fonte molto simile a quella operata da Díaz-Varela.
La canzone cubana citata nel romanzo, infatti, presenta – oltre ad
alcune variazioni “innoque” e frequenti nelle canzoni (l’omissione di
un verso, qualche sostituzione sinonimica) – una «transformación
difícilmente explicable»: la parola negra è sostituita con suegra con
l’unico scopo di rendere il riferimento intertestuale più calzante alla
storia narrata162.
Ne Los enamoramientos, Marías ci avverte anche in altre occasioni
che sta reinterpretando e utilizzando le fonti a suo piacimento:
161
Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 333. La frase è riportata anche da Marías, cfr.
LE, p. 181.
162
Cfr. Gómez López, El fenómeno de la traducción (inglés-español) como falsificación del
lenguaje en Corazón tan blanco, cit., pp. 125-126.
50
Desde luego tenía labia y a mí me encantaba escucharlo, me hablara
de lo que me hablara y aunque me relatase una historia vieja de Balzac
que yo podría leer por mi cuenta, no por él inventada, seguramente sí
interpretada o tal vez tergiversada.163
Il passo di Balzac che stiamo analizzando, tuttavia, a detta di Francisco
Rico, non è una semplice rilettura; si tratterebbe piuttosto di una
proposta di correzione testuale. Sostituire la parola goûts con gouttes
renderebbe infatti più semplice interpretare questa frase e immaginare
la trama della «novela posible»164 che essa riassume: queste gocce
potrebbero essere considerate gocce di veleno, mentre non è chiaro
con che tipi di vizi le madri potrebbero contagiare i propri figli per
spingerli verso la morte.
A questo punto è necessario parlare dell’edizione Redonda de Le
Colonel Chabert. Nel 2011 la casa editrice di Marías ha pubblicato
questo testo in una nuova veste spagnola, opera della traduttrice
Mercedes López-Ballesteros (che è, tra l’altro, dedicataria de Los
enamoramientos)165. In questa edizione sono presenti anche altri tre
racconti di Balzac: El verdugo166, L’élixir de longue vie e Le chef-d’œuvre
inconnu. Si ricorderà che all’interno de Los enamoramientos María è
promotrice di un identico volume:
163
LE, p. 159. Cfr. con MBM, p. 176: «las historias no pertenecen sólo al que
asiste a ellas o al que las inventa, una vez contadas ya son de cualquiera, se repiten
de boca en boca y se tergiversan y tuercen»; NET, p. 17: «por el mero hecho de
contar [lo sucedido] ya lo está deformando y tergiversando» (le distorsioni
interessano ogni narrazione).
164
Rico, La cultura del texto, cit.
165
Come scrive Genette «La dedica di un’opera pubblica implica sempre
dimostrazione, ostentazione, esibizione: essa mostra una relazione, intellettuale o
privata, reale o simbolica, e questa esibizione è sempre al servizio dell’opera, come
argomento di valorizzazione o tema di discussione» (Gérard Genette, Soglie. I
dintorni del testo, Einaudi, Torino, 1989, p. 132). In questo caso specifico, essa
sembra fungere da legame intertestuale che collega ulteriormente Los
enamoramientos all’edizione Redonda de Le Colonel Chabert.
166
In spagnolo nell’originale.
51
[…] convencí a Eugeni de que preparásemos a toda prisa una
edición de El Coronel Chabert, con traducción nueva y muy buena (la
más reciente era en efecto malísima), y le añadimos tres cuentos más
de Balzac para conseguir un volumen con lomo, ya que esa obra es
bastante breve, lo que en francés llaman nouvelle. A los pocos meses
estaba en las librerías y yo me deshice así de su sombra, sacándola a
la luz en mi lengua en las mejores condiciones.167
Vediamo dunque che lo sforzo di diffusione di questo testo da parte
di Marías scavalca i limiti del romanzo e ha una realizzazione ancora
più concreta168. Tuttavia, è il caso di problematizzare questo tentativo
di promozione ricordando un articolo dove l’autore esprime il suo
sconforto nel constatare che molte persone avevano cominciato a
leggere Faulkner dopo la pubblicazione di Si yo amaneciera otra vez169:
Y hace unos años, cuando con motivo del centenario de Faulkner yo
improvisé un volumen de homenaje a ese novelista genial, pude
comprobar como alguna gente se ponía a leerlo porque lo
recomendaba yo, es decir, un mindundi en comparación con él. Lejos
de alegrarme, confieso que me deprimí. Y es que mucho me temo que
nunca como ahora los muertos mejores dependen del capricho o del
favor de los vivos inferiores a ellos. O quizá sea de su gratitud.170
Da parte sua, facendosi meno scrupoli, la casa editrice Alfaguara ha
approfittato della dimensione intertestuale de Los enamoramientos per
fare marketing: nella fattispecie, a novembre del 2011, allegò alla terza
167
LE, pp. 387-388.
Durante un incontro che ebbe luogo il 28 aprile 2011 presso l’Istituto
Cervantes di Madrid per promuovere Los enamoramientos, Marías a proposito di
questa traduzione dichiarò: «se me ocurrió que, tal vez, algunos lectores, pocos
probablemente, de esta novela sentieran algo de curiosidad por leer la novelita de
Balzac de la cual hablan los personajes en un momento dado y, como la
traducción preexistente a la que he sacado yo ahora era francamente mala, desde
mi punto de vista, […] me pareció buena idea [reeditarla]» (il video dell’intervista è
disponibile all’indirizzo di rete: http://cervantestv.es/2011/04/28/conversacioncon-javier-marias/, ultima consultazione: 20/7/2013. La trascrizione è mia).
169
Si tratta di un volume curato da Marías per celebrare il centenario della nascita
di Faulkner. Include la traduzione di dodici poesie facenti parte di A Green Bough e
un commento. Javier Marías, Si yo amanecería otra vez. William Faulkner: un
entusiasmo, Alfaguara, Madrid, 1997.
170
Javier Marías, Genios a merced de mindundis, in DTS, p. 252.
168
52
edizione del romanzo una copia de Le Colonel Chabert (edizione
Alfaguara, non Redonda, ma sempre nella traduzione di Mercedes
López-Ballesteros). La fascetta sulla copertina recitava queste parole,
abbastanza ambigue (ma, d’altronde, «da dimenticare una volta fatto il
loro effetto»171): «De regalo, El coronel Chabert, personaje clave de Los
enamoramientos»172.
Riprendendo le fila del nostro discorso, sembra interessante
andare a osservare se nella sua edizione Marías trovi spazio per
accogliere quella che Rico definisce «una conjectura, del tipo que se
consigna en un aparato crítico»173, ma, in effetti, non è così. La
traduzione di Mercedes López-Ballesteros segue la tradizione del testo
e all’ipotesi dell’emendamento non si fa accenno neanche in nota
(d’altra parte, non si tratta di un’edizione critica). Tuttavia, c’è un
legame che unisce Los enamoramientos alla nuova edizione de Le Colonel
Chabert. Quando María si accorge dell’errore di traduzione di DíazVarela, commenta:
Pero no era eso lo que decía el original, en la novela no se leía ‘J’avi vu
des femmes donnant à l’enfant d’un premier lit des gouttes qui devaient amener sa
mort’ sino ‘des goûts’, que no significa ‘gotas’ sino ‘gustos’, aunque aquí
no cupiera traducirlo así, porque sería como mínimo ambiguo e
induciría a confusión. [...] me atreví a pensar que el equivalente más
adecuado a lo que escribió Balzac sería algo semejante a esto: ‘He
visto a mujeres inculcarle a los hijos de un primer lecho aficiones’ (o
quizá ‘inclinaciones’) ‘que debían acarrearle la muerte, a fin de
enriquecer al hijo del amor’.174
171
Così parla della funzione delle fascette promozionali Genette in Genette, Soglie,
cit., p. 29.
172
Vedi http://javiermariasblog.wordpress.com/2011/11/23/el-coronel-chabertde-regalo-con-los-enamoramientos/ (ultima consultazione: 20/7/2013). Un’altra
edizione ancora della traduzione della López-Ballesteros è stata pubblicata da
Debolsillo nel 2013 (http://javiermariasblog.wordpress.com/2013/05/24/reinode-redonda-en-debolsllo-el-coronel-chabert/, ultima consultazione: 20/7/2013).
173
Cfr. Rico, La cultura del texto, cit.
174
LE, p. 181, corsivo dell’autore.
53
Vediamo che la López-Ballesteros accoglie questo suggerimento nella
sua versione: «He visto a mujeres inculcar al hijo de un primer lecho
aficiones que le ocasionarían la muerte, para enriquecer al hijo de un
amor»175, correggendo la traduzione di García Bravo, dove si leggeva:
«He visto madres que daban todos los gustos al hijo habido en el
primer matrimonio, para acarrearle la muerte y poder enriquecer al
hijo del amor»176.
La traduzione della López-Ballesteros emenda anche un altro
sostanzioso errore della precedente, ripristinando il finale originale.
Nella versione di García Bravo, infatti, l’opera si conclude con il
monologo di Derville, ma a questo seguirebbe un’ultima battuta:
«―J’en ai déjà bien vu Desroches, répondit Godeschal»177. Non
sappiamo perché questa parte sia stata espunta da García Bravo, ma lo
stesso Marías, attraverso le parole di Díaz-Varela, ci offre una
possibile giustificazione estetica:
―Así termina el relato ―dijo―. Bueno, casi: Balzac le hace responder
a ese Godeschal una frase que no viene a cuento y que está a punto de
anular la fuerza de esta visión que te acabo de leer; en fin, es un
defecto menor.178
Vorremmo infine commentare la presenza fisica del libro all’interno
del romanzo. Ne Los enamoramientos si fa riferimento a due edizioni de
Le Colonel Chabert: quella che può essere riconosciuta come l’edizione
Redonda e un’edizione francese, prestata da Díaz-Varela a María.
Della copertina di quest’ultimo volume si offre una descrizione che ci
175
Honoré de Balzac, El coronel Chabert, in El coronel Chabert seguido de El verdugo, El
elixir de larga vida y la obra maestra desconocida, traducción de Mercedes LopézBallesteros, Reino de Redonda, Barcelona, 2011, p. 105.
176
Balzac, El coronel Chabert, traducción de Joaquín García Bravo, cit. (corsivo
mio).
177
Id., Le Colonel Chabert, cit., p. 333.
178
LE, p. 173.
54
permette di identificarla con l’edizione della casa editrice J’Ai Lu del
2004:
[Díaz-Varela] Volvió a fijar la vista en la cubierta, cuya ilustración era
un cuadro con la cara de un húsar, o eso me pareció, con nariz
aguileña, mirada perdida, largo bigote curvo y morrión, posiblemente
de Géricault […].179
L’immagine rappresenta in effetti un quadro del pittore romantico
Théodore Géricault (1781-1824): è il ritratto del luogotenente
Dieudonné, conservato presso il Museo Bonnat (Bayonne, Francia) e
dipinto probabilmente nel 1812 come schizzo preparatorio per il più
famoso Ufficiale dei Cavalleggeri della Guardia Imperiale alla carica180.
Quando Díaz-Varela cita l’opera, lo fa consultando tale volume181
e riproducendo all’interno della narrazione uno dei possibili
meccanismi attraverso i quali citano anche gli autori: possiamo
immaginare lo stesso Marías, seduto di fronte alla sua macchina da
scrivere, che guarda la sua edizione de Le Colonel Chabert, la quale avrà
presumibilmente un’immagine di Géricault in copertina.
179
Ivi, p. 175.
Vedi fig. 1. È curioso notare che Jean Rouaud, autore francese coetaneo di
Marías, cita in uno dei suoi libri il romanzo breve di Balzac, commentando
l’immagine di copertina, anche in questo caso di Géricault: «Bien à l’abri, bien au
chaud, vous lisez “Le Colonel Chabert”. Vu la couverture illustrée d’un cavalier de
Géricault, il s’agit sans doute d’une version abrégée pour la jeunesse, mais, quand
vous douterez d’avoir été un lecteur précoce, vous vous rappellerez qu’une raison
plus impérieuse que l’ennui vous fit interrompre, le lendemain de Noël de vos
onze ans, la lecture d’un roman de Balzac» (Jean Rouaud, Des hommes illustres,
Editions de Minuit, Parigi, 1993, p. 109). Si tratta in questo caso del quadro più
famoso, il quale è stato più volte usato come copertina per il romanzo, ad esempio
dalla casa editrice Seine nel 1993.
181
«abrió el librito y buscó una vita, las debía de tener señaladas y tal vez por eso
lo había cogido, para ofrecerme alguna de vez en cuando» (LE, p. 156), «buscó
otra cita en el pequeño volumen, aunque esta era tan corta que por fuerza se la
tenía que saber de memoria» (ivi, p. 167), «rebuscó entre las páginas hasta dar con
la cita» (ivi, p. 169), «me leyó en español de la última página de la novela» (ivi, p.
172). A volte cita anche a memoria: «citó esta vez de memoria y se paró, quizá
porque no recordaba más, quizá porque no tenía objeto seguir» (ivi, p. 175).
180
55
3.3 Les Trois Mousquetaires di Alexandre Dumas
Il meccanismo di presentazione di quest’opera all’interno de Los
enamoramientos è simile a quello adottato per Le Colonel Chabert: uno dei
personaggi (in questo caso María) ne ripercorre parte della trama in
maniera dettagliata, anche attraverso l’uso di citazioni testuali riportate
in traduzione o in lingua originale. Anche in questo caso, dunque, il
testo citante tende a scomparire a favore del testo citato.
Come si può facilmente immaginare considerandone la mole, di
questo romanzo non viene riproposto che un episodio, quello che
narra le vicende di Athos e Milady raccontate nei capitoli La femme
d’Athos (XXVII), Scène conjugale (XLV), Le jugement (LXV) e L’exécution
(LXVI). La fonte è utilizzata in maniera complessa e ambivalente,
come si avrà modo di mostrare, e offrirà spunti per riflessioni sui temi
della punizione e della colpa, ma anche sulle presenze fantasmali.
Il primo riferimento a questo testo compare nella terza parte del
romanzo, ossia in una fase già avanzata, quando María si trova a
temporeggiare cercando il coraggio di presentarsi a casa di Díaz-Varela
dove questi l’ha invitata perché desidera parlarle («Tengo que
consultarte algo urgente»)182; María, a ragione, teme che si tratti della
conversazione con Ruibérriz che aveva origliato e si interroga su quale
dovrebbe essere la sua condotta.
‘¿Por qué me presto? ¿Por qué no me niego, por qué no huyo de él y
me escondo, o mejor, por qué no lo denuncio sin más? ¿Por qué me
avengo a tratarlo aun sabiendo lo que sé, a escucharlo si se quiere
explicar, seguramente a acostarme con él si me lo propone con un
mero gesto […]?’183
182
183
LE, p. 260.
Ivi, p. 266.
56
È a questo punto che si ricorda de Les Trois Mousquetaires e di Athos
che le offre un modello di integrità e coerenza, rappresentando la
forza della giustizia che riesce a piegare quella dell’innamoramento. In
particolare, ciò che le torna in mente è una citazione in francese, che
suo padre amava recitare di tanto in tanto «sin venir mucho a
cuento»184, poiché ne apprezzava «el ritmo, la sonoridad y la concisión
de las frases»185. Marías non fa riproporre alla sua narratrice la frase
fuori contesto, ma, venendo incontro al lettore, descrive l’intero
episodio da cui è tratta. Lo fa con ricchezza di dettagli e citazioni,
anche in lingua originale (ma sempre accompagnate da una
traduzione).
Trascriviamo il brano, inserendo in nota la versione francese,
dove si sono evidenziate in corsivo le frasi riportate testualmente:
confrontandole con le parti virgolettate de Los enamoramientos ci
rendiamo conto immediatamente che, nell’ultima parte del riassunto
della scena, Marías cita così tanto che la sua versione tende a diventare
una traduzione dell’originale; lo sforzo di sintesi è ridotto al minimo e
i due testi finiscono sostanzialmente per coincidere:
Athos está hablando de sí mismo en tercera persona, es decir, está
contándole a d’Artagnan su historia como si se la atribuyera a un
antiguo amigo aristócrata, el cual se habría casado, a sus veinticinco
años, con una inocente y embriagadora chiquilla de dieciséis, ‘bella
como los amores’, o ‘como los amoríos’, o ‘como los
enamoramientos’, eso dice Athos, que en aquel entonces no era él, el
mosquetero, sino el Conde de la Fère. Durante una cacería, su
jovencísima y angelical mujer, con la que ha contraído matrimonio sin
saber mucho de ella, sin averiguar su procedencia e imaginándola sin
pasado, sufre un accidente, cae del caballo y se desmaya. Al acercarse
a socorrerla, Athos observa que el vestido la está oprimiendo, casi
ahogando; saca su puñal y se lo rasga para que respire, dejándole el
hombro al descubierto. Y es entonces cuando ve que lleva en él,
grabada a fuego, una infame flor de lis, la marca con la que los
184
185
Ibidem.
Ibidem.
57
verdugos señalaban para siempre a las prostitutas y a las ladronas o a
las criminales en general, no lo sé. ‘El ángel era un demonio’,
sentencia Athos. ‘La pobre muchacha había robado’, añade un poco
contradictoriamente. D’Artagnan le pregunta qué hizo el Conde, a lo
que su amigo responde con sucinta frialdad (y esta era la cita que
repetía mi padre y de la que yo me acordé): ‘Le Comte était un grand
seigneur, il avait sur ses terres droit de justice basse et haute: il acheva de déchirer
les habits de la Comtesse, il lui lia les mains derrière le dos et la pendit à un
arbre’. O lo que es lo mismo: ‘El Conde era un gran señor, tenía sobre
sus tierras derecho de justicia baja y alta: acabó de desgarrar las ropas
de la Condesa, le ató las manos a la espalda y la colgó de un árbol’.
[…] D’Artagnan se horroriza y exclama: ‘¡Cielos! ¡Athos! ¡Un
asesinato!’. A lo que Athos responde misteriosa o más bien
enigmáticamente: ‘Sí, un asesinato, no más’, y a continuación pide más
vino y jamón, dando así por concluido el relato. 186
186
LE, pp. 266-269, corsivo dell’autore. Questo il passo corrispondente
dell’originale: «―Qu’il soit fait donc comme vous le désirez. Un de mes amis, un
de mes amis, entendez-vous bien! pas moi, dit Athos en s’interrompant avec un
sourire sombre; un des comtes de ma province, c’est-à-dire du Berry, noble
comme un Dandolo ou un Montmorency, devint amoureux à vingt-cinq ans d’une
jeune fille de seize, belle comme les amours. À travers la naïveté de son âge perçait un
esprit ardent, un esprit non pas de femme, mais de poète; elle ne plaisait pas, elle
énivrait; elle vivait dans un petit bourg, près de son frère qui était curé. Tous deux
étaient arrivés dans le pays: ils venaient on ne savait d’où; mais en la voyant si
belle et en voyant son frère si pieux, on ne songeait pas à leur demander d’où ils
venaient. Du reste, on les disait de bonne extraction. Mon ami, qui était le
seigneur du pays, aurait pu la séduire ou la prendre de force, à son gré, il était le
maître; qui serait venu à l’aide de deux étrangers, de deux inconnus?
Malheureusement il était honnête homme, il l’épousa. Le sot, le niais, l’imbécile!
―Mais pourquoi cela, puisqu’il l’aimait? demanda d’Artagnan.
―Attendez donc, dit Athos. Il l’emmena dans son château, et en fit la première
dame de sa province; et il faut lui rendre justice, elle tenait parfaitement son rang.
―Eh bien? demanda d’Artagnan.
―Eh bien, un jour qu’elle était à la chasse avec son mari, continua Athos à voix
basse et en parlant fort vite, elle tomba de cheval et s’évanouit; le comte s’élança à
son secours, et comme elle étouffait dans ses habits, il les fendit avec son
poignard et lui découvrit l’épaule. Devinez ce qu’elle avait sur l’épaule,
d’Artagnan? dit Athos avec un grand éclat de rire.
―Puis-je le savoir? demanda d’Artagnan.
―Une fleur de lis, dit Athos. Elle était marquée!
Et Athos vida d’un seul trait le verre qu’il tenait à la main.
―Horreur! s’écria d’Artagnan, que me dites-vous là?
―La vérité. Mon cher, l’ange était un démon. La pauvre fille avait volé.
―Et que fit le comte?
―Le comte était un grand seigneur, il avait sur ses terres droit de justice basse et haute: il acheva
de déchirer les habits de la comtesse, il lui lia les mains derrière le dos et la pendit à un arbre.
―Ciel! Athos! un meurtre! s’écria d’Artagnan.
58
Notiamo inoltre che, come aveva già fatto anche per tradurre alcune
frasi del Macbeth187 e de Le Colonel Chabert, Marías propone una serie di
varianti per rendere in spagnolo l’espressione ‘belle comme les
amours’ che diventa ‘bella como los amores’, o ‘como los amoríos’, o
‘como los enamoramientos’. La frase è meno enigmatica di quelle di
Shakespeare e Balzac e non sembra giustificare tutta questa incertezza.
Le oscillazioni in questo caso non sono dovute all’oscurità dell’autore
citato, ma alla polisemia del termine amour e alla non perfetta
coincidenza dei significati ad esso connessi, neanche con i suoi
corrispettivi nelle lingue romanze. In particolare, sotto amour ricade
anche lo spagnolo enamoramiento, per mancanza di un più perfetto
corrispondente. In un altro punto del romanzo Díaz-Varela riflette su
queste differenze:
Para mí es el único modo de reconocer ese término que todo el
mundo emplea con desenvoltura pero que no debería ser tan fácil
puesto que no lo conocen muchas lenguas, sólo el italiano además de
la nuestra, que yo sepa, claro está que yo sé pocas... Tal vez el alemán,
la verdad es que lo ignoro: el enamoramiento. El sustantivo, el
concepto; el adjetivo, el estado, eso sí es más conocido, por lo menos
el francés lo tiene y el inglés no, pero se esfuerza y se acerca...188
Curiosamente, in un’intervista per Repubblica, Marías ha dichiarato che
il titolo del romanzo è tratto dall’opera di Dumas, scritta in una lingua
che non conosce quel termine189. Da notare è anche il fatto che in
―Oui, un meurtre, pas davantage, dit Athos pâle comme la mort. Mais on me laisse
manquer de vin, ce me semble» (Alexandre Dumas, Les Trois Mousquetaires,
Gallimard, Saint-Amand (Cher), 1962, pp. 337-338).
187
Cfr. infra, § 4.2.
188
LE, pp. 307-308.
189
«L’idea che si possa fare a meno di qualcuno che ci appare indispensabile, e
amare oltre, andare oltre. Prendo in prestito un romanzo di Balzac, per dirlo. Ma
anche I tre moschettieri, il titolo viene da lì», Javier Marías intervistato da Concita de
Gregorio, Javier Marías e la legge del desiderio, cit.
59
francese il titolo sia stato tradotto Comme les amours, probabilmente per
venire incontro a questa volontà dell’autore190.
Per quanto riguarda invece la frase amata dal padre di María,
essa, come nota César Pérez Gracia, suscita un’eco della ballata Lord
Randall191. Questa canzone popolare scozzese, si ricorderà, dà il titolo a
un racconto di Marías (La canción de Lord Rendall) pubblicato per la
prima volta sotto lo pseudonimo di James Ryan Denham nella
raccolta Cuentos únicos e, in seguito, all’interno di Mientras ellas
duermen192. In entrambi i volumi, esso è accompagnato da una falsa
biografia dello pseudo-autore inglese nella quale si spiega anche il
titolo dell’opera:
Aunque el presente relato (una mise en abyme de vértigo) se explica
perfectamente por sí solo, puede ser útil saber que la canción inglesa
Lord Rendall es el diálogo entre el joven Lord Rendall y su madre
después de que aquél haya sido envenenado por su novia. A la última
pregunta de la madre, ‘¿Qué le dejarás a tu amor, Rendall, hijo mío?’,
éste responde: ‘Una soga para ahorcarla, madre, una soga para
ahorcarla’.193
Le vicende hanno effettivamente dei legami con quella di Athos e
Milady, ma il riferimento intertestuale alla ballata risulta maggiormente
significativo se considerato come un ponte che collega il racconto a
Los enamoramientos (attraverso un doppio passaggio: Les Trois
Mousquetaires e la canzone) e, quindi, anche a Le Colonel Chabert. La
canción de Lord Rendall, infatti, è un’opera che ha molti aspetti in
190
L’autore aveva scelto anche il titolo della versione francese di Todas las almas
(Roman d’Oxford) (cfr. Javier Marías, Quién escribe, in LYF).
191
Cfr. César Pérez Gracia, Las fullerías del amor, «Heraldo», 7/4/2011,
http://javiermariasblog.wordpress.com/2011/04/page/2/ (ultima consultazione:
25/7/2013).
192
Recentemente il racconto è stato pubblicato anche in AA. VV, Antología
universal del relato fantástico, Edición y prólogo de Jacobo Siruela, Atalanta, Vilaür,
2013.
193
MED, p. 110.
60
comune con il romanzo breve di Balzac194, poiché tratta di un uomo,
Tom Booth, che torna dalla moglie dopo la guerra e si rende conto di
essere stato sostituito da un individuo con le sue stesse sembianze:
un’altra storia, dunque, di presenze fantasmali e sostituzioni.
Tuttavia, la frase su cui María insiste di più non è quella che le fa
riaffiorare il ricordo della lettura di Les Trois Mousquetaires, ma è la
risposta che Athos dà a d’Artagnan (‘Sí, un asesinato, no más’), che
ripete poco più avanti, citando questa volta la versione originale
francese. La narratrice immagina anche altre possibili risposte che
avrebbero potuto essere date da Athos, in qualche modo ampliando i
confini della fonte, attraverso un meccanismo in parte affine a quello
che genera anche le citazioni shakespeariane contraffatte195. Se in quel
caso, però, l’autore aveva rielaborato, fino a farla diventare il suo
contrario, una singola frase (“He should have died hereafter” che diventa
“He should have died yesterday”), questa volta plasma un’intera situazione:
Lo misterioso o incluso enigmático es ese ‘no más’, en francés ‘pas
davantage’. Athos no rebate el indignado grito de d’Artagnan, no se
justifica ni lo corrige diciéndole: ‘No, fue tan sólo una ejecución’, o
‘Se trató de un acto de justicia’, ni siquiera intenta hacer más
comprensible su precipitado, despiadado, presumiblemente solitario
ahorcamiento de la mujer que amaba, seguramente él y ella nada más
en medio de un bosque, una improvisación sin testigos, sin consejo ni
ayuda ni nadie a quien apelar: ‘Estaba ciego de ira y no se supo
contener; necesitaba tomar venganza; se arrepintió toda la vida’,
tampoco le contesta nada de semejante índole.196
Le risposte immaginate sono meno taglienti e volte a mitigare l’atto
compiuto, ma in realtà la narratrice ammira la severità del
194
Non riteniamo comunque che sia lecito considerare Le Colonel Chabert una fonte
d’ispirazione per il racconto poiché, da Los enamoramientos e dal suo paratesto,
sembra evincersi che per l’autore questa lettura sia stata una scoperta recente.
195
Vedi infra, § 4.2.
196
LE, p. 269.
61
moschettiere e vorrebbe riuscire a comportarsi con altrettanta durezza
nei confronti di Díaz-Varela:
‘¿Por qué no puedo ser yo como Athos o como el Conde de la Fère,
que fue primero y dejó de ser? […] ¿Por qué no puedo ver las cosas
con la misma nitidez y actuar en consecuencia, ir a la policía o a Luisa
y contarles lo que sé, suficiente para que rebusquen e indaguen y
vayan a por Ruibérriz de Torres, eso al menos para empezar? ¿Por
qué no soy capaz de atarle las manos a la espalda al hombre que amo
y colgarlo de un árbol sin más […]?’197
Athos incarna dunque quello che María vorrebbe riuscire ad essere,
ma, allo stesso tempo, la sua figura viene associata anche a DíazVarela, in modo abbastanza contraddittorio. La sua risposta ‘Sí, un
asesinato, no más’ riecheggia alcune volte nella mente della narratrice
mentre ascolta la confessione di Díaz-Varela198, segnando le tappe di
un percorso che dallo sdegno passa alla rassegnazione e che ci sembra
essere ben riassunto in questo passo:
‘Estamos hablando de lo que estamos hablando, un asesinato, es
insólito; y yo le presto atención en vez de colgarlo de un árbol’. Y en
seguida acudía a mi pensamiento la contestación de Athos a
d’Artagnan cuando éste había exclamado lo mismo: ‘Sí, un asesinato,
no más’. Y cada vez lo pensaba menos.199
La frase viene dunque a indicare la normalità e la quotidianità del
male200. Il personaggio di Athos, di conseguenza, come quello del
colonnello Chabert, rappresenta l’alter ego non di uno ma di due
personaggi de Los enamoramientos (ciò che María vorrebbe essere e ciò
che Díaz-Varela è). Allo stesso modo, la figura di Milady corrisponde
sia a Díaz-Varela (è colpevole) che a Deverne (è vittima).
197
Ivi, pp. 268-269.
Vedi ivi, p. 310 e p. 350.
199
Ivi, p. 310.
200
Cfr., Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea, cit., p. 130.
198
62
La risposta del moschettiere costituisce inoltre un’altra
raffigurazione dell’impossibilità e dell’inutilità di opporsi ai mali del
mondo, che era stata già descritta anche attraverso le parole
dell’avvocato Derville. Le due fonti vengono esplicitamente accostate
dall’autore, come emerge dal frammento seguente:
Admite que fue un asesinato, sí, pero ‘no más’, sólo eso y no otra cosa
más execrable, como si el asesinato no fuera lo peor concebible o
fuese algo tan común y corriente que ante ello no cupieran el
escándalo ni la sorpresa, en el fondo lo mismo que opinaba el
abogado Derville que tomó a su cargo el caso del muerto vivo que
debió seguir muerto, el viejo Coronel Chabert, y que, como todos los
de su oficio, veía ‘repetirse los mismos sentimientos malvados’ sin que
nada los corrigiera, sus bufetes convertidos en ‘cloacas que no se
pueden limpiar’.201
Marías fa dialogare le fonti non solo mettendole in relazione come si è
appena visto, ma anche usando frasi tratte da un testo per riassumerne
un altro, come in questo caso dove cita il Macbeth (“morir más
adelante”)202 parlando de Les Trois Mousquetaires:
[Athos] sin darle a la Condesa oportunidad de explicarse ni de
defenderse, de negar ni de persuadir, de implorar clemencia ni de
volverlo a embrujar, ni siquiera de poder ‘morir más adelante’, como
quizá se merece hasta la criatura más ruin de la tierra, ‘le ató las manos
a la espalda y la colgó de un árbol’, sin vacilar.203
Un altro collegamento tra fonti diverse è stabilito anche più avanti per
riprendere la narrazione delle vicende di Athos e Milady,
ricominciando dal capitolo XLV. In questo caso la narratrice accosta
l’opera di Balzac a quella di Dumas individuando un elemento
condiviso nelle trame (il ritorno di una persona creduta morta),
201
LE, p. 269.
Vedi infra § 4.2.
203
Ivi, p. 268.
202
63
presentato però in due maniere assai distinte, anche in risposta alle
differenti esigenze di pubblico.
Me vino a la memoria otra cita de Los tres mosqueteros, que no
recitaba mi padre pero yo me sabía en español, lo que impresiona en
la infancia perdura como una flor de lis grabada en nuestra
imaginación: aquella mujer marcada y colgada de un árbol […] no
había muerto, lo mismo que el Coronel Chabert. Pero así como
Balzac explicaba con todo detalle el milagro de su supervivencia y
cómo se había arrancado de la pirámide de fantasmas a la que se lo
había arrojado tras la batalla, Dumas, quizá más apremiado por los
plazos de entrega y por la continua demanda de acción, desde luego
más desahogado o despreocupado como narrador, no se había
molestado en contar —o al menos eso yo no lo recordaba— cómo
diablos se había librado la joven de morir, tras el apasionado
ahorcamiento dictado por la cólera y el honor herido disfrazados de
derecho de justicia alta y baja correspondiente a un gran señor.
(Tampoco explicaba cómo un marido podía no haber visto nunca en
el lecho la trágica flor de lis.)204
In questo frammento è da notare in particolare come l’immagine del
giglio diventa una metafora che può essere riproposta in altri contesti,
pur conservando «traccia delle intenzioni che è servit[a] per la prima
volta a esprimere»205.
Dopo aver riassunto rapidamente le misfatte di Milady,
accelerando il ritmo dell’originale francese, la narratrice ricomincia a
ripercorrere l’opera più dettagliatamente, facendo anche numerose
citazioni. L’incertezza indicata dall’espressione «algo así» è del tutto
simulata (tutte le citazioni sono tradotte fedelmente):
Valiéndose de su gran belleza, de su astucia y de su falta de escrúpulos
—es de suponer que también de su rencor—, se había hecho
poderosa, contando con el favor del mismísimo Cardenal Richelieu, y
había acumulado crímenes sin remordimiento alguno. A lo largo de la
204
Ivi, pp. 271-272.
Cesare Segre, descrivendo le teorie sul dialogismo di Batchtin, in Cesare Segre,
Teatro e romanzo, Einaudi, Torino, 1984, p. 104. L’immagine del giglio ricorrerà
ancora nel romanzo fuori dal contesto de Les Trois Mousquetaires: cfr. LE, p. 282 e
p. 400 (due volte).
205
64
novela de Dumas comete unos cuantos más, convirtiéndose
posiblemente en el personaje femenino más malvado, venenoso e
inmisericorde de la historia de la literatura, imitado luego hasta la
saciedad. En un capítulo irónicamente titulado ‘Escena conyugal’, se
produce el encuentro entre Athos y ella, que tarda unos segundos en
reconocer con un estremecimiento a su antiguo marido y verdugo, a
quien también daba por muerto, como él a su amadísima esposa con
bastante más razón. ‘Os cruzasteis ya en mi camino’, le dice Athos,
algo así, ‘creía haberos fulminado, Madame; pero, o bien me
equivocaba o el infierno os ha resucitado’. Y añade, respondiendo a
su propia duda: ‘Sí, el infierno os ha hecho rica, el infierno os ha dado
otro nombre, el infierno casi os ha reconstruido otro rostro; pero no
os ha borrado las manchas del alma ni la mancilla de vuestro cuerpo’.
Y poco después viene la cita de la que me acordé, en mi camino hacia
Díaz-Varela por última o penúltima vez: ‘Me creíais muerto, ¿no es
así?, como os creía yo muerta a vos. Nuestra posición es en verdad
extraña; el uno y el otro hemos vivido hasta ahora tan sólo porque
nos creíamos muertos, y porque un recuerdo molesta menos que una
criatura, aunque a veces un recuerdo sea algo devorador’.206
Questo capitolo de Les Trois Mousquetaires, come si accennava, descrive
una situazione simile a quella in cui si viene a trovare la moglie del
colonnello Chabert. Il paragone tra i due testi è anche nuovamente
esplicitato dalla narratrice:
206
LE, pp. 271-273. Questo il passo corrispondente tratto dal romanzo: «―Vous
êtes donc un démon envoyé sur la terre? dit Athos. Votre puissance est grande, je
le sais mais vous savez aussi qu’avec l’aide de Dieu les hommes ont souvent
vaincu les démons les plus terribles. Vous vous êtes déjà trouvée sur mon chemin, je croyais
vous avoir terrassée, madame, mais, ou je me trompai, ou l’enfer vous a ressuscitée.
Milady, à ces paroles qui lui rappelaient des souvenirs effroyables, baissa la tête
avec un gémissement sourd.
―Oui, l’enfer vous a ressuscitée, reprit Athos, l’enfer vous a faite riche, l’enfer vous a donné un
autre nom, l’enfer vous a presque refait même un autre visage mais il n’a effacé ni les souillures
de votre âme, ni la flétrissure de votre corps.
Milady se leva comme mue par un ressort, et ses yeux lancèrent des éclairs. Athos
resta assis.
―Vous me croyiez mort, n’est-ce pas, comme je vous croyais morte? et ce nom d’Athos avait
caché le comte de La Fère, comme le nom de Milady Clarick avait caché Anne de
Breuil! N’était-ce pas ainsi que vous vous appeliez quand votre honoré frère nous
a mariés? Notre position est vraiment étrange, poursuivit Athos en riant, nous n’avons vécu
jusqu’à présent l’un et l’autre que parce que nous nous croyions morts, et qu’un souvenir gêne
moins qu’une créature, quoique ce soit chose dévorante parfois qu’un souvenir!» (Dumas, Les
Trois Mousquetaires, cit., pp. 497-498).
65
Es otra razón más para que los muertos no regresen, al menos
aquellos cuya condición nos provoca alivio y nos permite avanzar, si
se quiere como espectros, tras enterrar nuestro antiguo yo: a Athos
como a Milady, al Conde de la Fère como a Anne de Breuil, se lo
permitieron durante años sus creencias respectivas de que el otro era
sólo un muerto y ya no hacía temblar ni una hoja, incapaz de respirar;
también la suya a Madame Ferraud, que rehízo sin estorbos su vida
porque para ella su marido, el viejo Coronel Chabert, sin duda era
solamente un recuerdo, y ni siquiera devorador.207
Si noti anche la citazione della frase «Les morts ont donc bien tort de
revenir», tratta da Le Colonel Chabert, che apre il passo (questa volta
inserita senza virgolette: Marías l’ha ormai fatta propria) e l’eco
dell’espressione di Balzac “recuerdo devorador”.
L’ultima parte della storia di Milady ― corrispondente ai capitoli
LXV e LXVI dell’originale ― viene ricordata dalla narratrice in quanto
emblema di un’età dell’oro ormai perduta in cui c’era ancora un
«simulacro de justicia»208. Nel passo, infatti, si descrive l’esecuzione
capitale della donna, richiesta con severa fermezza da tutti i
moschettieri e compiuta dallo stesso uomo che tanti anni addietro
l’aveva segnata con il marchio.
Questa volta la versione originale è seguita in maniera meno
pedissequa e leggermente più sbrigativa. Le citazioni, infatti, seppur
fedeli nel senso, non sempre corrispondono esattamente nella forma
alla fonte. Ad esempio, nel brano seguente possiamo osservare come
Marías concentri in un’unica battuta le condanne che nell’originale
ogni moschettiere pronunciava singolarmente:
[Dumas] D’Artagnan s’avança.
— Devant Dieu et devant les hommes, dit-il, j’accuse cette femme
d’avoir empoisonné Constance Bonacieux, morte hier soir.
Il se retourna vers Porthos et vers Aramis.
207
208
LE, p. 274.
Ivi, p. 276.
66
— Nous attestons, dirent d’un seul mouvement les deux
mousquetaires.
D’Artagnan continua:
— Devant Dieu et devant les hommes, j’accuse cette femme d’avoir
voulu m’empoisonner moi-même, dans du vin qu’elle m’avait envoyé
de Villeroy, avec une fausse lettre, comme si le vin venait de mes
amis; Dieu m’a sauvé; mais un homme est mort à ma place, qui
s’appelait Brisemont.
— Nous attestons, dirent de la même voix Porthos et Aramis.
— Devant Dieu et devant les hommes, j’accuse cette femme de
m’avoir poussé au meurtre du baron de Wardes; et, comme personne
n’est là pour attester la vérité de cette accusation, je l’atteste, moi. J’ai
dit.
Et d’Artagnan passa de l’autre côté de la chambre avec Porthos et
Aramis.
— À vous, Milord, dit Athos.
Le baron s’approcha à son tour.
— Devant Dieu et devant les hommes, dit-il, j’accuse cette femme
d’avoir fait assassiner le duc de Buckingham.209
[Marías] Cada uno de ellos enunció su acusación, empezando todos
con una fórmula inimaginable hoy en día: “Ante Dios y ante los
hombres, yo acuso a esta mujer de haber envenenado, de haber
asesinado, de haber hecho asesinar, de haberme empujado a asesinar,
de haber llevado a la muerte mediante una extraña enfermedad, de
haber cometido sacrilegio, de haber robado, de haber corrompido, de
haber incitado al crimen...”.210
Ed ecco un altro esempio analogo:
[Dumas] —Monsieur d’Artagnan, dit Athos, quelle est la peine que
vous réclamez contre cette femme?
— La peine de mort! répondit d’Artagnan.
— Milord de Winter, continua Athos, quelle est la peine que vous
réclamez contre cette femme?
— La peine de mort! reprit lord de Winter.
— Messieurs Porthos et Aramis, reprit Athos, vous qui êtes ses juges,
quelle est la peine que vous portez contre cette femme?
— La peine de mort! répondirent d’une voix sourde les deux
mousquetaires.
Milady poussa un hurlement affreux, et fit quelques pas vers ses juges
en se traînant sur ses genoux.211
[Marías] A lo que fueron respondiendo uno tras otro: “La pena de
muerte, la pena de muerte, la pena de muerte, la pena de muerte”.212
209
Dumas, Les Trois Mousquetaires, cit., p. 693.
Ibidem.
211
Ivi, cit., p. 697.
210
67
Ci sono comunque anche qui casi in cui l’originale è seguito con
perfetta accuratezza, come quello che riportiamo di seguito e di cui
sicuramente l’autore avrà apprezzato (e cercato di riprodurre) la
sonorità e il ritmo, simili a quelli schietti e solenni della frase amata dal
padre di María(s):
[Dumas] Anne de Breuil, comtesse de La Fère, milady de Winter, ditil, vos crimes ont lassé les hommes sur la terre et Dieu dans le ciel. Si
vous savez quelque prière, dites-la, car vous êtes condamnée et vous
allez mourir.213
[Marías] Anne de Breuil, Condesa de la Fère, Milady De Winter,
vuestros crímenes han agotado a los hombres sobre la tierra y a Dios
en el cielo. Si sabéis alguna oración, decidla, porque estáis condenada
y vais a morir.214
Riassumendo questo passo della storia di Milady, Marías inserisce una
serie di echi (“bella como los amores”, “recuerdo devorador”) tratti
dall’opera di Dumas e che però in quella non si ripetono:
el verdugo ató de pies y manos a la mujer aún “bella como los
amores”, la cogió en brazos y la condujo a una barca, con la que cruzó
el río cercano hasta la otra orilla. […] El verdugo de Lille alzó su
espada y la bajó, y así puso fin a la criatura para convertirla
definitivamente en recuerdo, poco importa si devorador o no.215
Se, per altri versi, il riassunto che egli fa della fonte è talmente vicino
all’originale che da scrittore tende a trasformarsi in traduttore,
assorbendo quindi lo stile di un altro, in questo caso, invece, è lo stile
di Dumas che viene contaminato dal suo (questo è un altro modo in
cui si manifesta l’influenza reciproca tra testo citante e testo citato).
212
LE, p. 277.
Dumas, Les Trois Mousquetaires, cit., p. 697.
214
LE, p. 277.
215
Ivi, p. 277.
213
68
Come nel caso de Le Colonel Chabert, gli echi ritornano anche al di
fuori dello spazio dedicato espressamente alla riproduzione della fonte
o al suo commento, entrando a far parte del vocabolario personale dei
personaggi, come possiamo osservare nei frammenti seguenti:
Quizá era eso lo llamativo, que estuviera hablándome así de un
crimen grave, de un asesinato cometido indirectamente o fraguado
por él, algo de lo que no se habla con naturalidad o al menos no se
solía, en un pasado aún no remoto, casi reciente: cuando se descubría
o se reconocía una cosa semejante, no venían explicaciones ni
disertaciones ni conversaciones sosegadas ni análisis, sino horror y
cólera, escándalo, gritos y acusaciones vehementes, o bien se cogía una
soga y se colgaba al asesino confeso de un árbol, y éste a su vez intentaba huir
y mataba de nuevo si hacía falta.216
‘Qué superfluo regresar al pasado, qué pereza la idea de volver a ver a
Javier. Qué pereza me da incluso acordarme de él. Fuera de mi mente
aquel tiempo, lo inexplicable, un mal sueño. No resulta tan difícil,
puesto que ya no soy la que fui. La única pega es que, aunque ya no lo
sea, en muchos momentos no consigo olvidarme de eso que fui, y
entonces, simplemente, mi nombre me es desagradable y quisiera no
ser yo. En todo caso un recuerdo molesta menos que una criatura,
aunque a veces un recuerdo sea algo devorador. Pero este ya no lo es, ya
no lo es’.217
Particolarmente significativo è uno dei passi nel quale ritorna
l’immagine del giglio, collocato nel finale dell’opera:
‘Sí, yo no quiero ser su maldita flor de lis en el hombro, la que delata y
señala e impide que desaparezca hasta el más antiguo delito; que la
materia pasada sea muda y que las cosas se diluyan o escondan, que se
callen y no cuenten ni traigan otras desgracias. […] No está de más
que algunos hechos civiles, si es que no la mayoría, se queden sin
registrar, ignorados, como es la norma. El empeño de los hombres
suele ser el contrario, sin embargo, aunque tantas veces fracasen:
grabar a fuego esa flor de lis que perpetúe y acuse y condene, y acaso
desencadene más crímenes.’218
216
Ivi, p. 286, corsivo mio. L’immagine torna anche a p. 310 e a p. 354 (in
quest’ultimo caso associata alla figura del colonnello Chabert).
217
Ivi, p. 357, corsivo mio. L’immagine torna anche a p. 366.
218
Ivi, pp. 400-401.
69
Se da una parte María aspira alla “giustizia”, ossia al fatto che i
colpevoli paghino per le loro colpe, dall’altra, i gigli con cui vengono
marchiati le appaiono inutili e crudeli, a volte persino totalmente
controproducenti. Questa incertezza e difficoltà nell’esprimere giudizi
morali univoci si riflette chiaramente nell’interpretazione de Les Trois
Mousquetaires che risulta essere, come abbiamo notato, altrettanto
ambivalente e contraddittoria.
3.4 Altre opere
Nel romanzo compaiono anche riferimenti generici ad altre opere. In
questo caso, però, i personaggi non offrono letture filosofiche e
autoreferenziali dei testi; giudicano invece la loro accuratezza filologica
o la possibilità di commercializzarli. Ne Los enamoramientos, così,
l’autore prende in analisi i libri da diversi punti di vista e descrive
differenti modi di relazionarsi con essi.
Nella scena in cui Díaz-Varela e Francisco Rico arrivano a casa di
Luisa, lo studioso si mette a curiosare tra i libri che ci sono nella
stanza finché tira fuori con la punta delle dita, «como si le diera
grima»219, un’edizione del Quijote e commenta:
Pero qué porquería de edición es esta […] Cómo se puede tener esta
edición, existiendo la mía. Es pura necedad intuitiva, no hay método
ni ciencia en ella, y ni siquiera es ocurrente, copia mucho. Y encima
en casa de una profesora universitaria, para mayor inri, si mal no he
entendido. Así anda la Universidad madrileña. 220
L’edizione da lui curata è quella che è stata pubblicata per la prima
volta nel 1998 dalla casa editrice Crítica e a cui sono seguite numerose
219
220
LE, p. 126.
Ibidem.
70
ristampe. Per individuare con certezza l’edizione, definita una
«porquería», è invece necessario tenere in considerazione anche un
altro passo del romanzo, quando il personaggio di Rico, aprendo il
volume del Quijote a caso, esclama: «Aquí ya hay un error de bulto. […]
Se lo restregaré en un artículo»221. Grazie a questo dettaglio aggiuntivo
possiamo affermare che ci si riferisce senz’altro all’edizione di
Florencio Sevilla, con introduzione di Antonio Rey, pubblicata da
Alianza nel 1996: quel lavoro, infatti, venne duramente attaccato da
Rico in un articolo al vetriolo pubblicato su Babelia222. Due anni più
tardi, nel novembre del 1998, lo studioso ricordava ancora quella
disputa con un certo accaloramento, come emerge da un’intervista
recentemente ripubblicata dalla Revista de estudios cervantinos:
Ediciones del Quijote no existe ninguna. […] Perdónenme pero no.
No existe ni una edición del Quijote que valga la pena. Sólo la que
sacamos ahora. Es verdad. […] De pugnas con los cervantistas nada,
nada, yo los descalifico totalmente, sin miedo, claro. Yo escribí alguna
vez una visión muy dura, en El País, de la edición del Quijote que han
hecho los chicos de Madrid, Sevilla y Rey, en Alianza, y es que estos
señores ignoran absolutamente todo cuanto se ha aprendido en crítica
textual en los últimos cincuenta años. Yo lo siento, pero es la verdad,
es objetivo. No descalifico a nadie, ni acepto eso de que “mi
polémica”, no, yo polémicas con nadie. Si yo voy a la comisaría de
policía y digo: “acabo de ver cómo este individuo ha asesinado a esta
ancianita”, no polemizo con el asesino. Lo que pasa es esto: lo he
visto y puedo jurar que es verdad. Entonces no polemicé con nadie
cuando critiqué: dije, no, ya no se puede editar el Quijote como lo
editaba Rodríguez Marín, ni siquiera como lo editaba Riquer. Hoy
sabemos muchas cosas que no sabían ellos.223
221
Ivi, p. 127.
Francisco Rico, ‘Por Hepila famosa’, o cómo no editar el Quijote, «Babelia», n. 261,
26/10/1996.
223
Artemisa Helguera y Carlos Ulises Mata, Charla con el maestro Francisco Rico
(noviembre de 1998), «Revista de estudios cervantinos», n. 14, octubre-noviembre
2010,
http://www.estudioscervantinos.org/entrevistas/Francisco%20Rico.pdf
(ultima consultazione 5/9/2013).
222
71
Leggendo questo estratto ci rendiamo conto che il Francisco Rico
descritto ne Los enamoramientos, per quanto possa apparire romanzesco,
rappresenta molto fedelmente la figura a cui si ispira: è lo stesso
accademico ad avere costruito il suo personaggio224.
L’altro libro di cui si parla all’interno del romanzo è la biografia
Im Keller di Jan Philipp Reemtsma (Hamburger Edition HIS,
Hamburg, 1997), ricordata da María per un’associazione mentale
attivata dal tipo di sigarette che fuma Díaz-Varela:
[Díaz-Varela] fumaba unos alemanes muy ligeros fabricados por la
casa Reemtsma, cuyo propietario fue secuestrado y hubo de pagar el
mayor rescate de la historia de su país, una cantidad monstruosa,
luego escribió un libro sobre su experiencia al que eché un vistazo en
la editorial en su versión inglesa, consideramos publicarlo en España,
pero al final Eugeni lo juzgó deprimente y no quiso.225
La versione inglese cui si riferisce può essere sia quella newyorkese
(Alfred A. Knopf) che quella londinese (Secker & Warburg), entrambe
del 1999 e intitolate In the Cellar; un’edizione spagnola, in effetti, non è
stata ancora pubblicata.
224
225
Approfondiremo l’analisi della sua figura in § 6.4.
LE, p. 304.
72
4. Un mosaico di citazioni226
4.1 Forme e funzioni
Questa sezione è dedicata all’analisi della dimensione intertestuale, nel
senso specifico di Genette, de Los enamoramientos, ossia alla ricerca e al
commento della presenza effettiva al suo interno di altri testi.
L’intertestualità può realizzarsi per mezzo di diversi meccanismi,
descritti brevemente da Genette stesso in Palinsesti e successivamente
riorganizzati, sulla base dei suoi studi, da Annick Bouillaguet nel
seguente schema227:
Esplicito
Non esplicito
Letterale
Citazione
Plagio
Non letterale
Riferimento228
Allusione
Marías si serve di tutte queste forme di rimando, tuttavia questa
classificazione non risulta particolarmente adatta ad analizzare la sua
opera a causa delle sottili modifiche con cui manipola le fonti,
rendendo non sempre facile stabilire il limite tra letterale e non
letterale. Oltre a questo, il termine plagio ci appare immotivatamente
connotato in modo negativo e quello di riferimento troppo comune per
226
Julia Kristeva ha definito i testi “mosaici di citazioni”, rendendo famosa
quest’espressione. La stessa metafora era stata tuttavia usata molto tempo prima
da Leon Battista Alberti nei Profugiorum ad erumna libri, proprio per descrivere il
processo imitativo compiuto dai letterati.
227
Annick Bouguillaet, Une typologie de l’emprunt, «Poétique», 80, nov. 1989, p. 495.
228
Con riferimento traduciamo il termine «référence», inventato dalla Bouguillaet per
colmare una lacuna della classificazione di Genette.
73
essere efficacemente utilizzato in senso tecnico. Preferiremo quindi
sfruttare
soltanto
l’opposizione
tra
riferimenti
espliciti
(che
indicheremo con il termine citazione) e impliciti (che chiameremo
allusioni), sentendoci giustificati anche dal fatto che questi vocaboli,
pur essendo stati ampiamente discussi, continuano a essere utilizzati in
modo non univoco229.
In questo lavoro elencheremo molte più citazioni che allusioni e
si potrebbe evincere che è tendenza generale dell’autore riportare le
parole d’altri segnalandole per mezzo di particolari codici tipografici
(corsivo e/o virgolette) o per mezzo di espressioni quali «se lee en…»,
«como dice…» e simili. Si tratta probabilmente di una deduzione
corretta, ed è la stessa conclusione cui è arrivato Antonio Iriarte
analizzando i riferimenti intertestuali presenti in Tu rostro mañana: «el
autor, como es lógico, no siempre indica explícitamente cuáles son las
fuentes, aunque sea de justicia señalar que casi siempre indica que está
citando, y el texto suele aparecer debidamente entrecomillado»230.
Tuttavia, è doveroso segnalare che presumibilmente ci sono sfuggiti
dei riferimenti nascosti, e che quindi lo scarto tra i due meccanismi è
da considerarsi meno marcato di quanto potrebbe apparire.
È da notare inoltre che, sebbene la critica indichi come forma più
propria di citazione quella virgolettata, in letteratura è in effetti assai
raro rintracciare esempi di questo tipo. Le virgolette rappresentano
piuttosto «un marcatore caratteristico del discorso scritto di carattere
saggistico, in cui è proprio l’esigenza di correttezza scientifica a
richiedere una marcatura precisa, nel proprio discorso, del discorso
229
Per una bibliografia relativa ai due concetti, si veda Bernardelli, Intertestualità,
cit., pp. 155-156.
230
Iriarte, “Cito a menudo para mis adentros”, cit., p. 308.
74
altrui»231. Il fatto che ne Los enamoramientos se ne faccia un così largo
uso è una delle ragioni per cui si può definire questo romanzo un
ensayo-ficción232, ma è anche spia dell’inevitabilità di esprimersi per
citazioni: tutti i testi che abbiamo letto, infatti, si stratificano nella
nostra mente e diventano parte di noi.
Come sottolinea Antoine Compagnon nel suo fondamentale
saggio La Seconde Main (ancora non tradotto in italiano), il termine
citazione deriva dal verbo latino citare, che signfica “mettere in moto”,
“far passare dal riposo all’azione”. La prima funzione della citazione è
dunque quella di riattivare un testo, per mezzo di un cortocircuito tra
lettura e scrittura che le porta a coincidere (questo fatto è esplicitato
ne Los enamoramientos nel momento in cui l’autore descrive i personaggi
intenti a leggere dei libri e riporta le frasi che stanno leggendo: le loro
letture diventano la sua scrittura). Lo studioso Stefan Morawski
individua cinque altre più specifiche funzioni della citazione che
risultano utili per la nostra analisi233:
1) Invocazione di autorità, quando la citazione viene usata a
sostegno delle opinioni dell’autore o del personaggio.
2) Funzione erudita, quando i brani citati servono a presentare le
idee dell’autore che li ha scritti.
3) Funzione amplificatoria o di stimolo, quando la riproduzione di
una porzione di testo altrui serve all’autore come punto di
partenza per una propria riflessione.
231
Guagnelini e Re, Visioni di altre visioni, cit., p. 18.
Vedi supra, n. 40.
233
Stefan Morawski, The Basic Functions of Quotation. In Sing, Language, Culture,
Mouton, Le Haye-Paris, 1970. Noi facciamo riferimento al riassunto delle sue
teorie presente in Bernardelli, Intertestualità, cit., pp. 32-36.
232
75
4) Funzione ornamentale, quando la citazione funge da riempitivo
del discorso (questa modalità citatoria è di solito poco attenta a
rispettare il significato originario della fonte).
5) Funzione critico-parodica, quando la citazione viene collocata
in un contesto che ne ribalta gli intenti originari.
Secondo questa classificazione, molte delle citazioni usate da Marías
per presentare le trame de Le Colonel Chabert e de Les Trois Mousquetaires
possono essere considerate erudite, sebbene questa modalità citatoria
sia più tipica dei testi teorici che non di quelli narrativi. Gli esempi che
analizzeremo in questo capitolo svolgono invece le funzioni 1, 3 e 4;
in particolare, è significativa quella di stimolo, che dà avvio al
pensamiento literario dello scrittore.
Possiamo, tuttavia, individuare anche altre importanti finalità, che
dipendono dal peculiare stile di Marías. Nei suoi romanzi, infatti, «la
cita pasa a menudo a conformar una nueva categoria de ‘eco’»234: essa
entra, cioè, a far parte di quel sistema di risonanze che costituisce uno
dei principali tratti distintivi della sua opera. Quando si manifesta in
questa forma, la citazione può svolgere tutte quelle funzioni proprie
delle ripetizioni, che sono state così elencate e descritte da Alexis
Grohmann:
[repetitions] produce echoing effects, foreshadow events, lay stress on
the materiality of language, emphasize and develop meaning, create
motifs and themes producing rhythmic patterns whilst foregrounding
the temporal movement of narrative, link scenes and ideas, unify the
narrative as a whole, and, on a more general level, form nodal points,
points of intersection to which other parts of the text lead and from
which the connections to others can be traced. In addition, repetitions
draw attention to something other than themselves, inviting a reading
in term of their interrelationship with the narrative structure as a
234
Iriarte, “Cito a menudo para mis adentros”, cit., p. 304.
76
whole, ultimately also attesting a compulsion to repeat which, in turn,
foregrounds the uncanny nature of the narration.235
Ne Los enamoramientos un esempio di citazione-eco è la frase di
Shakespeare «She should have died hereafter». Anche le allusioni
possono ripetersi più volte, come nel caso dell’espressione «perturbar
el universo», tratta da Eliot. È importante segnalare che le ripetizioni
possono creare collegamenti non solo tra scene ma anche tra romanzi;
in particolare, si noterà che Los enamoramientos è fortemente connesso a
livello linguistico a Corazón tan blanco. Questi legami retorici tendono a
sottolineare parallelismi e vicinanze tematiche, ampliando i confini del
testo con il portato di opere precedenti e gratificando i lettori che
sapranno coglierli.
I lettori che sono in grado di stabilire questi collegamenti e di
riconoscere l’origine delle allusioni nascoste sono quelli che Eco
chiama “lettori modello”, ossia coloro che fruiscono del testo in modo
da cogliere pienamente il suo contenuto potenziale: essi sono infatti
«capac[i] di cooperare all’attualizzazione testuale come egli, l’autore,
pensava, e di muoversi interpretativamente così come egli si è mosso
generativamente»236. Il romanzo è ovviamente fruibile in modi diversi,
ma chi condivide le competenze dello scrittore ed è in grado di
mettere in atto i “movimenti cooperativi” da lui richiesti occupa il
vertice di un’ideale gerarchia dei lettori, poiché «without the
knowledge of an informed reader the reachness of meanings in the
novel can only be diminished»237.
235
Alexis Grohmann, Coming into one’s Own: The Novelistic Development of Javier
Marías, Rodopi, Amsterdam-New York, 2002, p. 187. Cfr. anche Sebastiaan Faber,
Un pensamiento que hace rimas. El afán universalizador en las novelas de Javier Marías,
«Revista Hispánica Moderna», n. 56, 2003, p. 200.
236
Eco, Lector in fabula, cit., p. 55.
237
David K. Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 53 (parlando di come
il romanzo Los dominios del lobo richieda ai lettori una specifica cultura
cinematografica).
77
In Corazón tan blanco Marías aveva riflettuto sul differente modo
in cui varie persone possono recepire uno stesso testo, a seconda della
loro capacità o meno di cogliere i riferimenti interstestuali che esso
contiene. Infatti, quando, durante la loro luna di miele, il narratore e
Luisa si trovano ad ascoltare le voci della coppia nella stanza accanto,
Juan è in grado di riconoscere la canzone cantata dalla donna e ricorda
l’inquietante storia ad essa collegata, ma non così la moglie:
Aquel canturreo que había cantado Miriam en la habitación de al lado
no tenía ningun significado para Luisa, y en eso, en nuestro
conocimiento o entendimiento de lo que estaba ocurriendo y se
estaba diciendo a través del balcón y del muro, había ahora una
diferencia segura al menos.238
Osserveremo che le fonti da cui l’autore prende spunto per la stesura
de Los enamoramientos sono assai varie: si possono infatti rintracciare
spezzoni tratti da scrittori di diverse epoche e lingue (oltre a Dumas e
Balzac, Shakespeare, Cervantes, Keats, Rilke e Eliot), nonché testi non
letterari, come il Vangelo, un vocabolario e vari articoli di cronaca239.
Nonostante questa mescolanza di fonti, il citazionismo di Marías non
può considerarsi un «neutro gioco postmoderno»240. Questa
238
CTB, p. 148.
Questi ultimi verranno trattati in § 5.
240
Giulio Ferrori, I confini della critica, Alfredo Guida Editore, Napoli, 2005, p. 74.
Cfr. anche con quanto scritto da Herzberger circa il citazionismo di Tu rostro
mañana: «Marías has never embraced fully the technical, stylistic, or philosophical
foundations of overtly experimental fiction or postmodern writing. In Rostro, he
again shows such reticence […]. Rostro will not be confused, for example, with the
innovative and sometimes bizarre avant-garde writing of the early twentieth
century in Europe and America, or with the most recent hypertextual multimedia
production of blogger novelists and cyber writers. However, as Spanish writer
Félix de Azúa has smartly pointed out, the novel fuses “elementos democráticos
con la hipertécnica de una escritura para profesionales” (Félix de Azúa, Lanzas,
espadas, rostros y nada, in Grohmann y Steenmeijer, Allí donde uno diría que no puede
haber nada, cit., p. 51). In other words, not unlike in postmodern fiction, which
often consists of a mélange of texts speaking to one another, Marías pays homage
in Rostro to elements of popular culture in film and literature, much like he has
done since is earliest referencing of Hollywood and the adventure novel in Los
239
78
dimensione enciclopedica, come scrive Antonio Candeloro, è da
ricondursi piuttosto al fatto che Marías (come Eliot)241 concepisce
«l’intera storia della letteratura universale come una sorta di Biblioteca
di Babele di borgesiana memoria, in cui “tutti i libri di tutte le epoche”
sono disposti in un ordine simultaneo e vivono un’esistenza simultanea»242:
questi testi rappresentano un materiale che può essere riscritto e
rivitalizzato
«alla
luce
delle
preoccupazioni,
delle
speranze
dell’orizzonte di attesa del lettore e dello scrittore contemporanei»243.
Se per gli autori postmoderni il riciclaggio di materiale narrativo del
passato è segno evidente dell’angosciosa consapevolezza che l’artista
non può dire se non ciò che già è stato detto, per Marías è invece
ancora vivo un credo modernista secondo cui per l’autore è ancora
possibile confrontarsi con la tradizione, instaurando con essa un
rapporto di creatività originale244.
Per la stesura di questo capitolo avevamo a disposizione due
modelli, rappresentati dai contributi di Iriarte e Candeloro sulla
dimensione intertestuale di Tu rostro mañana. Pur trattando di uno
stesso argomento, i due lavori sono completamente diversi: quello di
Iriarte è, infatti, un ricco ed esauriente elenco delle fonti, mentre
quello di Candeloro è un’analisi delle citazioni più significative, volta a
individuare in che modo esse entrino a far parte del romanzo e
vengano rivitalizzate dall’autore. Abbiamo deciso di ibridare i due
dominios del lobo and Travesía del horizonte» (Herzberger, A Companion to Javier Marías,
cit., p. 180).
241
Alla base dello studio di Candeloro ci sono le teorie esposte da Eliot nel saggio
Tradition and the individual talent.
242
Candeloro, Tu rostro mañana di Javier Marías, cit. (corsivo dell’autore).
243
Ibidem.
244
Cfr. Vita Fortunati, Intertestualità e citazione fra Modernismo e Postmodernismo. Il
pastiche di Antonia Byatt fra letteratura e pittura, in Led on line (Electronic Archive of
Academic and Literary Texts): http://www.ledonline.it/leitmotiv/Allegati
/leitmotiv020208.pdf, p. 88 (ultima consultazione 20/6/2013).
79
modelli. Da un alto, infatti, abbiamo scelto di riprodurre, per la sua
chiarezza, la struttura a elenco di Iriarte: una simile organizzazione
dello studio potrà risultare particolarmente utile, ad esempio, a chi
voglia andare a ricercare gli echi di una certa frase all’interno dell’opera
di Marías; dall’altro lato, abbiamo sviluppato l’elenco in forma di
commento, seguendo il modello di Candeloro e l’invito di Marina
Polacco, secondo cui:
Il riconoscimento puro e semplice dei fenomeni intertestuali, qualora
rimanga fine a se stesso, ci dice poco o nulla: non siamo molto lontani
dal catalogo delle fonti. Non basta individuarne la presenza, bisogna
interrogarsi sulla sua ragione e funzione: solo così acquisiamo una
chiave privilegiata per entrare nei meccanismi costitutivi dell’opera
stessa.245
Abbiamo sviluppato particolarmente l’analisi di quelle citazioni che
erano comparse anche in altre opere dell’autore e che, tramite queste,
possono modificare l’interpretazione de Los enamoramientos, come nel
caso dei riferimenti all’opera di Shakespeare o a quella di Eliot. Questi
riferimenti, frutto di una doppia rifrazione (Marías che cita sé stesso
che cita un altro), sono particolarmente interessanti per chi si interessi
di intertestualità, infatti:
Quoting a quotation or raising a quotation to the second power is
device that in itself foregrounds intertextuality and substantiates the
poststructural view, according to which each text refers to pretexts
and those in turn refer to others and so on ad infinitum.246
Per quanto riguarda il criterio di elencazione dei riferimenti, si è deciso
si seguire l’ordine di apparizione; quelli tratti da Shakespeare ed Eliot
sono stati però inseriti all’inizio poiché, ricorrendo più volte nel
245
Polacco, L’intertestualità, cit., pp. 90-91.
Manfred Pfister, How Postmodern is Intertextuality?, in Heinrich F. Plett,
Intertextuality, de Guyter, Berlin-New York, 1991, p. 217.
246
80
romanzo, risultavano di difficile collocazione. Segnaliamo, inoltre, che
in § 6 emergeranno diversi altri esempi di autocitazioni.
4.2 Macbeth di William Shakespeare
Com’è noto, l’influenza di Shakespeare sull’opera di Marías è enorme
e dichiarata dall’autore stesso. Anche se Los enamoramientos non potrà
probabilmente essere considerata un altro “romanzo shakespeariano”
(così David K. Herzberger definisce Corazón tan blanco e Mañana en la
batalla piensa en mí)247, al suo interno non mancano citazioni tratte
dall’opera del drammaturgo inglese, né riferimenti tematici più
nascosti. Alcune delle citazioni e allusioni presenti erano già state usate
dall’autore in Corazón tan blanco: per queste sarà dunque possibile
parlare di fonte multipla o di multiplo legame intertestuale. Esse,
infatti, riporteranno alla memoria del lettore fedele di Marías, oltre al
Macbeth, anche quest’altro romanzo, con cui Los enamoramientos
condivide tutte le tematiche principali. Una delle funzioni dei
riferimenti a Shakespeare è, in effetti, proprio quella di «relacionar las
novelas de Marías unas con otras, estableciendo no sólo una red de
autoreferencias o autocitas, sino un verdadero diálogo entre ellas»248.
La prima citazione da Shakespeare che troviamo nel romanzo è
tratta dall’introduzione al celebre soliloquio pronunciato da Macbeth
nel momento in cui viene a sapere della morte della moglie, «soliloquio
extraordinario que tanta gente se ha aprendido de memoria en el
mundo y que empieza: ‘Mañana, y mañana, y mañana…’»249 (Macbeth,
247
Vedi Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., 2011.
Cora Requena Hidalgo, El narrador en las novelas de Javier Marías, «Espéculo.
Revista de estudios literarios» (publicación digital de la Universidad Complutense
de Madrid), n. 24, 2003, http://pendientedemigracion.ucm.es/info/especulo/numero24/jmarias.html (ultima consultazione: 19/8/2013).
249
LE, p. 217.
248
81
atto V, scena V)250. La frase è riportata in inglese, ma a seguire il
personaggio di Díaz-Varela propone varie traduzioni in spagnolo,
partendo da soluzioni più letterali e spingendosi poi a parafrasi che
dovrebbero renderne il significato meno ambiguo:
La reacción que tenemos todos ante la muerte de alguien cercano es
parecida a la que tuvo Macbeth ante el anuncio de la de su mujer, la
Reina. ‘She should have died hereafter’, responde de manera algo
enigmática: ‘Debería haber muerto a partir de ahora’, es lo que dice, o
‘de ahora en adelante’. También podría entenderse con menos
ambigüedad y más llaneza, esto es, ‘más adelante’ a secas, o ‘Debería
haber esperado un poco más, haber aguantado’; en todo caso lo que
dice es ‘no en este instante, no en el elegido’.251
La stessa accumulazione di varianti la ritroviamo più avanti nel
romanzo, quando María commenta la frase pronunciata da Macbeth
nell’introduzione al soliloquio:
‘There would have been a time for such a word’, ‘Habría habido un tiempo
para semejante palabra’, esto es, ‘para tal información’ o ‘semejante
frase’, la que acaba de oír de labios de su ayudante Seyton, portador
del alivio o la desgracia: ‘La Reina, mi Señor, ha muerto’. Como tantas
veces en Shakespeare, los anotadores no se ponen de acuerdo sobre la
ambigüedad y el misterio de tan famosas líneas. ¿Qué quiere eso
decir? ¿’Habría habido tiempo más apropiado’? ¿’Mejor ocasión para
ese hecho, porque esta no me conviene’? ¿Tal vez ‘un tiempo más
oportuno y pacífico, durante el que se le podrían haber rendido
honores, en el que yo podría haberme detenido y haber llorado
250
«She should have died hereafter: / There would have been a time for such a
word. / To-morrow, and to-morrow, and to-morrow, / Creeps in this petty pace
from day to day, / To the last syllable of recorded time; /And all our yesterdays
have lighted fools / The way to dusty death. Out, out, brief candle! / Life’s but a
walking shadow, a poor player / That struts and frets his hour upon the stage
/And then is heard no more: it is a tale / Told by an idiot, full of sound and fury/
Signifying nothing» (William Shakespeare, Macbeth, Versione di Cino Chiarini con
testo a fronte, Sansoni, Firenze, 1965, p. 166).
251
LE, pp. 136-137, corsivo dell’autore. Secondo la maggioranza dei critici, hereafter
dovrebbe significare “dopo la battaglia” (cfr. Blanche Coles, Shakespeare studies.
Macbeth, Richard R. Smith, New York, 1938, p. 279).
82
debidamente la pérdida de quien compartió tanto conmigo, la
ambición y el crimen, la esperanza y el poder y el miedo’?252
L’autore aveva già riflettuto in Corazón tan blanco sulla difficoltà di
decifrare Shakespeare e sulla molteplicità di interpretazioni e
traduzioni possibili253. Aveva dedicato a questo tema anche l’articolo
Shakespeare indeciso, del quale riteniamo utile riportare uno stralcio:
Quien haya escuchado o leído los monólogos de Hamlet, Macbeth u
Otelo comprende o cree comprender lo que en ellos se dice, hasta el
punto de ser luego capaz de rememorarlos y aun de citar algún que
otro verso particularmente famoso o inolvidable. Pero si ese mismo
lector o espectador se detiene en ellos y, por ejemplo, intenta
traducirlos, decirlos de nuevo en otra lengua (su lengua), se
encontrará no ya con los múltiples problemas de índole translaticia
que en sí encierran, sino con la perplejidad de no «entenderlos»
cabalmente, de no saber exactamente qué es lo que están diciendo, de
ver siempre más de una posibilidad para cada frase.254
Possiamo osservare che il modo in cui Marías e i suoi narratori (DíazVarela e María) si avvicinano a Shakespeare è identico: segnato da una
difficoltà, dal dubbio, dall’impossibilità di decifrare certe espressioni
ambigue. «She should have died hereafter» è, in particolare, uno di
quei versi di Shakespeare che sono stati più variamente e
contraddittoriamente interpretati dai commentatori, tanto che,
secondo alcuni, dimostrerebbe l’affetto che Macbeth ancora prova per
252
LE, p. 217, corsivo dell’autore. Vedi anche ivi, p. 60: «Con el tiempo corriendo
en su contra y dentro de un plazo, además, a sabiendas de que precisamente en
este caso, más que nunca, ‘there would have been a time for such a word’, como había
añadido Macbeth tras enterarse de la intempestiva muerte de su mujer. De que sin
duda ‘habría habido un tiempo, otro tiempo, para semejante palabra’, esto es,
‘para tal frase’ o ‘noticia’ o ‘información’».
253
Cfr. Rita De Maeseneer, Sobre la traducción en Corazón tan blanco de Javier Marías,
«Espéculo. Revista de estudios literarios» (publicación digital de la Universidad
Complutense de Madrid), n. 24, 2003, http://pendientedemigracion.ucm.es
/info/especulo/numero14/jmarias.html (ultima consultazione 27/10/2013).
254
Marías, Shakespeare indeciso, cit.
83
la moglie o, secondo altri, sarebbe invece specchio di apatia e di
disinteresse255.
L’unico modo in cui a Marías sembra lecito tentare di superare
questa incomprensione è quello di accettare al contempo una rosa di
possibilità, ossia in qualche modo di arrendervisi. È, d’altronde,
proprio questa ambiguità che Marías trova affascinante in
Shakespeare, ciò che lo ispira:
I have heard some writers say, When I read Kafka or Flaubert or
Dostoevsky, I think, why should I write? He is so good. For me,
writers like Kafka are so closed they don’t allow you to follow them,
whereas someone like Shakespeare leaves many paths unexplored,
many things just announced, strong images unexplained—these invite
you not to follow him but to be inspired. He inspires me.256
La citazione, infatti, viene fatta propria dall’autore257: non essendo
rigida come una sentenza di Kafka, si presta ad essere esplorata,
modificata, inserita in differenti contesti e a offrire lo spunto per
255
Per un’analisi delle interpretazioni di questo brano, v. ad esempio Simone A.
Blackmore, A great soul in conflict. A critical study of Shakespeare’s master-work, Scott,
Foresman and Company, Chicago-New York, 1915, p. 295, Blanche Coles,
Shakespeare studies. Macbeth, Richard R. Smith, New York, 1938, pp. 269-270 e
Agostino Lombardo, Lettura del Macbeth, Nuova Biblioteca di Cultura, Vicenza,
1969, pp. 275-276. Dall’osservazione di alcune traduzioni spagnole e italiane del
passo emergono differenti letture: «Un día u otro había de morir» (edizione
dell’Instituto Shakespeare a cura di Manuel Ángel Conejero, Alianza Editorial,
Madrid, 1980), «¡Ojalá hubiera sido más tarde!» (Edaf, Madrid, 1981, traduzione di
Marcelino Menéndez y Pelayo e José Arnaldo Márquez), «Più in là avrebbe dovuto
morire» (Einaudi, Torino, 1967, traduzione di Cesare Vico Lodovico), «Sarebbe
dovuta morire lo stesso, più tardi» (Sansoni, Firenze, 1964, traduzione di Cino
Chiarini).
256
Sarah Fay, Javier Marias, The Art of Fiction No. 190, cit.
257
Come scrive Antonio Iriarte: «Está claro que una vez adoptada la imagen
literaria ajena, Marías la hace suya del todo» (Iriarte, “Cito a menudo para mis
adentros”, cit., p. 306).
84
nuove riflessioni258. Il verso sarà in effetti citato molte altre volte
all’interno del romanzo e alcune di queste verrà presentato in una
forma alterata. In particolare, ci sembra interessante analizzare una di
queste citazioni “contraffatte” per mostrare come l’autore faccia
discutere i suoi personaggi attraverso l’uso libero del testo
shakespeariano.
Díaz-Varela si serve del passo di Shakespeare per dimostrare
come Luisa si sbagli credendo che la morte del marito sia prematura: è
un errore che tutti facciamo, perché desideriamo che niente cambi e
vorremmo sempre restare ancorati al presente259. Ma non possiamo
decidere il nostro destino; se potessimo «todo continuaría
indefinidamente, contaminándose y ensuciándose, sin que ningún vivo
pasara jamás a ser muerto»260. María, che di solito si lascia ipnotizzare
258
Vila-Matas, nel suo Hijos sin hijos, ha riportato una citazione segretamente
contraffatta di un memorabile passo dei diari di Kafka: «Hoy Alemania ha
declarado la guerra a Rusia. Por la tarde fui a nadar». Qualche anno più tardi
l’autore, intervistato da Juan Villor, si è preso gioco dei critici che erano caduti nel
suo inganno, ritenendo la citazione autentica. In effetti, però, è difficile biasimarli,
visto che l’unica differenza era che nell’originale la seconda parte della frase era
«Nachmittag Schwimmschule» («Nel pomeriggio, scuola di nuoto»). Kafka non
sembra dunque essere più malleabile di così. Cfr., Edoardo Pisani, Enrique VilaMatas in Colombia. Inedito in Italia, «Satisfiction»,
http://www.satisfiction.me/enrique-vila-matas-in-colombia-inedito-in-italia/
(ultima consultazione: 20/6/2013).
259
La riflessione ne ricorda una di Corazón tan blanco: «Si nadie fuera nunca
obligado a nada el mundo se detendría, todo permanecería flotando en una
vacilación global y continua, indefinidamente» (CTB, p. 169).
260
LE, p. 137. Più avanti, ascoltando Díaz-Varela spiegare le ragioni che l’hanno
spinto a far uccidere l’amico Deverne, María invalida la frase di Macbeth con
un’altra argomentazione: «‘He aquí un caso entonces’, pensé, ‘en el que no
convendría decir “He should have died hereafter”, porque ese “más adelante”
significaría mucho peor, con más padecimiento y humillación, con menor entereza
y más horror para sus allegados, no siempre es deseable, por tanto, que todo dure
un poco más, un año, unos meses, unas semanas, unas cuantas horas, no siempre
nos parece temprano para que se les ponga fin a las cosas o a las personas, ni es
cierto que jamás veamos el momento oportuno, puede haber uno en el que
nosotros mismos digamos: “Ya. Ya está bien. Es suficiente y más vale. Lo que
venga a partir de ahora será peor, un rebajamiento, una denigración, una
mancha”» ivi, pp. 340-341.
85
dalle parole di Díaz-Varela, non è del tutto d’accordo. Infatti, secondo
lei, il destino è nelle nostre mani quando queste sono mani suicide,
oppure assassine. Osserviamo in che modo la narratrice contraddice
Díaz-Varela alterando la sua prova, ossia la citazione dal Macbeth:
Sean de quienes sean, no es verdad que esas [manos] no quieran que
ningún vivo pase jamás a ser muerto, sino que justamente eso es lo
que desean y además no pueden esperar a que el azar las beneficie ni a
que el tiempo haga su trabajo; se encargan ellas de convertirlos. Esas
no quieren que todo siga ininterrumpidamente, al revés, necesitan
suprimir a alguien y romper varias costumbres. Esas nunca dirían de
su victima “She should have died hereafter”, sino “He should have died
yesterday”, “Debería haber muerto ayer”, o hace siglos, hace mucho
más tiempo; ojalá no hubiera nacido ni dejado huella alguna en el
mundo, así no habríamos tenido que matarlo […].’261
È interessante anche notare come le parole di Macbeth servano a
rappresentare il dolore di Luisa, mentre le parole dello Shakespeare
contraffatto da María possono rappresentare i pensieri di Díaz-Varela,
benché la narratrice e il lettore a questo punto della storia non ne
siano ancora consapevoli. D’altronde, rappresentano anche i pensieri
della stessa María, che a volte si scopre a desiderare la morte di Luisa.
Rivediamo il passo in cui la narratrice riflette sul suo essere la seconda
scelta per l’amato e nel quale ritroviamo un’eco della citazione
shakespeariana, nella sua forma alterata:
A veces supone —aunque sólo a veces— que bastaría con que cayese
quien ocupa el primero, eso lo han intuido todos los hermanos
menores de los reyes y los príncipes y aun los parientes menos
cercanos y los apartados y remotos bastardos, que saben que de ese
modo se pasa también de ser el décimo al noveno, del sexto al quinto
y del cuarto al tercero, y en algún momento todos ellos se habrán
formulado en silencio su inexpresable deseo: “He should have died
yesterday”, o “Debería haber muerto ayer, o hace siglos”; o el que a
continuación se enciende en las cabezas de los más atrevidos:
261
Ivi, p. 140.
86
“Todavía está a tiempo de morir mañana, que será el ayer de pasado
mañana, si para entonces yo sigo vivo”.262
Il passo di Shakespeare ricorre in tutto il romanzo come un leitmotiv.
Esso è ricordato più volte dalla narratrice anche per descrivere la
difficoltà di accettare la fine della sua relazione con Díaz-Varela. A un
certo punto diventa talmente familiare che all’autore basta citare la
sola parola hereafter o una delle sue traduzioni in spagnolo perché
l’intera frase sia automaticamente rievocata dal lettore:
[…] nuestra relación no era sólo pasajera, era reducida, estaba
circunscrita a aquellos encuentros ocasionales en su casa, en una
habitación o dos, qué se me daba a mí todo el resto, sus idas y
venidas, su pasado, sus amistades, sus planes, sus cortejos y su vida
entera, yo no había estado en ella ni tampoco iba a estar ‘hereafter’, a
partir de ahora ni más adelante, nuestros días tenían su número y
nunca estuvo lejos.263
‘Ya está, ya se ha ido, ya me ha echado, se acabó’, eso pensaba. ‘Todo
ha durado tan poco que me solaparé con otras y su memoria me
confundirá. Seré indistinguible, seré un antes, una página en blanco, lo
contrario de “a partir de ahora”, y perteneceré a lo que ya no cuenta
[…]’.264
Sí, es verdad que uno sabe, sabe la verdad en el fondo, cómo no,
cómo va a ignorarla. Sabe que uno ha puesto en marcha un
mecanismo y que además podría pararlo, nada es inevitable hasta que
ha sucedido e y el ‘más adelante’ con que todos contamos deja de
existir para alguien.265
Come abbiamo visto nel capitolo precedente, una delle funzioni
dell’intertestualità ne Los enamoramientos è quella di creare dei
parallelismi con altre opere che permettano di decifrare la realtà
narrata, osservandola da un punto di vista privilegiato e arricchendola
di una serie di significati. Nel caso del Macbeth, le connessioni sono
262
Ivi, p. 152.
Ivi, p. 237.
264
Ivi, p. 254.
265
Ivi, pp. 323-324.
263
87
molte. Alcune sono descritte più o meno esplicitamente nel romanzo,
mentre altre devono essere ricostruite indipendentemente dal lettore;
rispetto al caso de Le Colonel Chabert e de Les Trois Mousquetaires, il
lavoro lasciatogli è sicuramente maggiore.
Andiamo
ad
analizzare
alcune
di
queste
connessioni,
cominciando da un caso ambiguo e, per così dire, polisemico. María si
trova a casa di Díaz-Varela, che sa essere coinvolto nell’omicidio di
Deverne. Tuttavia non ha paura, perché sa che lui non le farebbe mai
del male con le sue proprie mani:
[…] había comprendido que él nunca me haría nada, no con sus
manos y sin mediación. Con las de otro y sin estar él presente, sin
enterarse de cuándo sucedía sino más tarde, cuando ya fuera un hecho
y no hubiera remedio y le cupiera la posibilidad de decirse como quien
oye algo de nuevas: ‘Habría habido un tiempo para semejante palabra,
debería haber muerto más adelante’, eso podía ser.266
La frase di Macbeth che Díaz-Varela aveva citato per descrivere i
sentimenti di Luisa è adesso usata da María per descrivere quelli di
Díaz-Varela. Attribuita a Luisa, tuttavia, questa citazione serviva
soltanto per rappresentare il rammarico per la morte del marito
considerata prematura: il legame con il testo shakespeariano risultava
alquanto
generico.
Questa
volta,
invece,
associata
all’idea
dell’istigazione all’omicidio, la citazione spinge il lettore a stabilire un
collegamento più profondo con la fonte. Da un lato, María immagina
Díaz-Varela pronunciare le parole di Macbeth e suggerisce al lettore di
confrontare le due figure: Macbeth uccide l’amato re Duncan per
usurpargli il trono, così Díaz-Varela uccide l’amico per usurpargli la
moglie; dall’altro, invita a fare un altro tipo di parallelismo e avvicina
Díaz-Varela piuttosto a Lady Macbeth: come lei, infatti, Díaz-Varela
266
Ivi, p. 281.
88
non è stato capace di commettere un omicidio con le proprie mani,
ma solo di convincere altri a commetterlo al suo posto.
La figura di Lady Macbeth tuttavia, rappresenta anche un altergo
di María, sebbene per riconoscere la forza di questo parallelismo sia
richiesta la lettura di Corazón tan blanco. Vediamo come.
Nel romanzo, oltre alle citazioni, possiamo rintracciare
un’allusione al Macbeth: «Lamentablemente [los muertos] ya están fijos
como pinturas»267. Questa frase parafrasa e scioglie in una similitudine
la metafora usata da Lady Macbeth per tranquillizzare, (o schernire?)268
il marito, che ha paura di tornare nella stanza dove giace il re defunto:
«The sleeping and the dead are but as pictures» (Macbeth, atto II, scena
II)269.
Ne Los enamoramientos questo verso è presentato in un contesto
completamente differente da quello originario: l’immagine viene infatti
utilizzata da Díaz-Varela per spiegare come sia necessario a un certo
punto dimenticarsi delle persone care che sono morte, le quali
267
Ivi, p. 157.
La critica non è concorde sull’interpretazione del passo. Blanche Coles descrive
così la scena: «she [Lady Macbeth] taunts him [Macbeth] by arguing that the
sleeping and the dead are but as pictures» (Blanche Coles, Shakespeare studies.
Macbeth, Richard R. Smith, New York, 1938, p. 90, corsivo mio), ritenendo che
Lady Macbeth stia dando del vigliacco al marito, prendendosi gioco della sua
paura. Altri critici sostengono invece che con queste parole Lady Macbeth cerchi
di calmarlo e confortarlo, scacciando le sue paure (cfr. ad esempio Simone A.
Blackmore, A great soul in conflict. A critical study of Shakespeare’s master-work, Scott,
Foresman and Company, Chicago-New York, 1915, p. 142 e Agostino Lombardo,
Lettura del Macbeth, Nuova Biblioteca di cultura, Neri Pozza, Vicenza, 1969, p.
110). Lo stesso Marías commenta il passo in Corazón tan blanco, avvicinandosi a
questa seconda interpretazione, ma non accogliendola del tutto: «Por eso [Lady
Macbeth] quiere restarle importancia, quizá no tanto para apaciguar al aterrado
Macbeth […] cuanto para minimizar y ahuyentar su proprio conocimiento, el de
ella misma» (CTB, p. 174).
269
«Infirm of purpose! / Give me the daggers. The sleeping and the dead / Are
but as pictures; it is the eye of childhood / That fears a painted devil. If he do
bleed, / I’ll gild the faces of the grooms withal, / For it must seem their guilt.»
(Shakespeare, Macbeth, cit., p. 52).
268
89
(«lamentablemente», avverbio che ovviamente manca nel testo fonte)
non possono più avere alcun ruolo nella nostra vita. È anche
interessante notare che, quando Díaz-Varela cita il verso, sta
raccontando a María la trama de Le Colonel Chabert: in questo modo
esso fa da ponte tra i due testi270.
Anche questa frase riecheggia all’interno del romanzo, la
ritroviamo infatti più avanti: «Lamentablemente o por suerte, los
muertos están fijos como pinturas, no se mueven, no añaden nada, no
dicen nada ni jamás responden»271. Questa volta il verso è citato da
María quando si avvicina al tavolo di Luisa e Díaz-Varela
recentemente sposati e si accorge di non voler svelare il segreto della
morte di Deverne. Si rende conto, infatti, che è già avvenuta una
sostituzione, che, se anche Díaz-Varela avesse ucciso l’amico, adesso
si sta prendendo cura della vedova e, a questo punto, oltre che
«lamentablemente» è anche «por suerte» che i morti siano immobili
come dipinti e che non tornino, come ha appreso attraverso la lettura
dell’opera di Balzac.
Come nota Fernando Valls, questa frase può considerarsi anche
come uno di quegli elementi che creano un legame tra Los
enamoramientos e le precedenti opere dell’autore272. Si tratta, infatti, di
un’allusione ripresa non solo dal Macbeth ma anche da Corazón tan
blanco, romanzo in cui questa metafora shakespeariana era già stata
270
Un’altra citazione da Shakespeare farà da ponte anche tra Los enamoramientos e
Les Trois Mousquetaires, quando Díaz-Varela, raccontando un episodio di questo
romanzo, dice «[…] sin darle a la Condesa oportunidad de explicarse ni de
defenderse, de negar ni de persuadir, de implorar clemencia ni de volverlo a
embrujar, ni siquiera de ‘morir más adelante’» (LE, p. 268).
271
LE, p. 399.
272
Cfr. Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 34.
90
ampiamente sfruttata273. È inoltre interessante notare che in Corazón
tan blanco la fonte era esplicitata; in questo modo l’autore permette ai
suoi lettori più fedeli di risalire alla tragedia anche qualora non la
ricordino o non la conoscano direttamente:
‘Los dormidos, y los muertos, no son sino como pinturas’, dijo
nuestro Shakespeare, y yo a veces pienso que las personas son sólo
eso, como pinturas, dormidos presentes y futuros muertos.274
Si vengono così a creare due differenti schiere di lettori: da un lato
quelli che sanno riconoscere l’allusione ― o perché conoscono bene il
Macbeth direttamente, o perché lo conoscono attraverso Corazón tan
blanco ―, dall’altro quelli che non la coglieranno. Ai lettori che
sapranno riconoscerla si schiuderanno altri significati, proprio come
succede al narratore di Corazón tan blanco, nel momento in cui riesce a
identificare nelle parole della diplomatica inglese la voce riflessa di
Shakespeare:
Ahora que sé que esa cita venía de Macbeth no puedo evitar darme
cuenta (o quizá es recordar) de que también está a nuestra espalda
quien nos instiga, también ese nos susurra al oído sin que lo veamos
acaso, la lengua es su arma y es su instrumento.275
Per i lettori fedeli di Marías, i riferimenti si aprono a catena. Non solo,
infatti, questi vedranno l’eco del Macbeth, ma rivedranno anche la
particolare interpretazione della tragedia che emerge da Corazón tan
blanco e che, evidentemente, può rappresentare una chiave di lettura
anche per Los enamoramientos:
273
Cfr. però anche TRM1, p. 265 «[…] escrutando los rostros hasta no verlos ya
más como rostros vivos y en movimiento, observándolos como a pinturas, o como
dormidos o muertos […]» (corsivo mio).
274
CTB, p. 169. Questa è la prima volta che la citazione compare nel romanzo; poi
seguiranno numerosi echi. Sonno e morte erano già stati associati anche ne El
hombre sentimental, dove il sonno viene descritto come «una suspención de las
necesidades vitales, la analogía más próxima de la muerte» (HS, p. 67); è tuttavia
difficile affermare che già in questo caso ci fosse un’influenza shakespeariana.
275
CTB, p. 173.
91
Escuchar es lo más peligroso, es saber, es estar enterado y estar al
tanto, los oídos carecen de párpados que puedan cerrarse
instintivamente a lo pronunciado, no pueden guardarse de lo que se
presiente que va a escucharse, siempre es demasiado tarde. No es sólo
que Lady Macbeth induzca a Macbeth, es que sobre todo está al tanto
de que se ha asesinado […] Ella oye la confesión de ese acto o hecho
o hazaña, y lo que la hace verdadera cómplice no es haberlo instigado,
ni siquiera haber preparado el escenario antes ni haber colaborado
luego, haber visitado el cadáver reciente y el lugar del crimen para
señalar a los siervos como culpables, sino saber de ese acto y de su
cumplimento.276
Attraverso una lettura di questo tipo, risulta chiaro che Lady Macbeth
non è soltanto il doppio di Díaz-Varela, ma è anche il doppio di
María.
La narratrice, per altro, aveva già suggerito un parallelismo tra sé
stessa e Lady Macbeth, giustificato dal fatto che entrambe si trovano
ad essere senza un futuro: Lady Macbeth perché muore, lei perché la
sua storia con Díaz-Varela deve concludersi:
Sí, es todo cuestión de desesperante tiempo, pero el nuestro se ha
interrumpido, para nosotros se ha acabado ese que consolida y
prolonga y a la vez pudre y arruina y vuelve las tornas, y no se nota en
ningún caso. No me alcanzará a mí ese día, para mí no hay ‘más
adelante’ o ‘a partir de ahora’, como no lo hubo para Lady Macbeth,
estoy a salvo de esa prórroga benefactora o dañina, esa es mi
desgracia y mi suerte.277
Tuttavia, attraverso la memoria di Corazón tan blanco vediamo che il
legame tra María e Lady Macbeth è ben più profondo. Le due donne
sono infatti accomunate dalla colpevolezza: non importa affatto che
María non abbia avuto alcun ruolo concreto nell’omicidio di Deverne
o che Lady Macbeth non abbia conficcato il pugnale nel petto di
276
277
Ivi, p. 174.
Ivi, p. 316.
92
Duncan: ciò che realmente conta è che entrambe sono a conoscenza
del delitto, e questa consapevolezza le rende complici degli assassini278.
A differenza di Juan, che nel Macbeth «encuentra la configuración
de lo siniestro que pugna por salir desde el fondo magmático de sus
pensamientos»279, in María questo tipo di autocoscienza tende a non
rivelarsi, eppure viene comunque suggerita al lettore attraverso i
martellanti riferimenti alla fonte, la quale rappresenta una sorta di
verità superiore.
Vengono in questo modo a generarsi una moltitudine di analogie
tra le tre opere letterarie: il lettore non rivedrà in María solo il riflesso
di Lady Macbeth, ma anche quello di Juan e di sua moglie Luisa e così
in Díaz-Varela non vedrà solo quello di Macbeth (e di Lady Macbeth),
ma anche quello di Ranz.
Sia Corazón tan blanco che Los enamoramientos nel finale si
distaccano dal modello shakespeariano, offrendo una riflessione sul
cambiamento della morale e dei costumi. Infatti, se Lady Macbeth si
suicida divorata dai sensi di colpa280 e Macbeth viene punito con la
morte, nessuno dei personaggi di Marías andrà incontro a una fine
tragica che ne estirpi le colpe.
278
Anche Jorge Volpi definisce María «complice» di Díaz-Varela, pur senza
ricorrere al riferimento shakespeariano (cfr. Volpi, Los enamoramientos: un diálogo
plátonico de Javier Marías, cit., p. 73).
Attraverso la lettura, anche noi lettori diveniamo colpevoli perché siamo al
corrente dei fatti: «Nosotros somos cómplices. Lo evidente y lo enredado nos
llegan gracias a ese caudal escrito, a ese torrente de revelaciones seguramente
inexactas» (Justo Serna, Javier Marías: Los enamoramientos, «Ojos de papel»,
2/5/2011,
http://www.ojosdepapel.com/Index.aspx?article=4025,
(ultima
consultazione: 30/7/2013).
279
Pittarello, «No he querido saber, pero he sabido», cit., p. 39.
280
Questa è l’interpretazione più diffusa. Nella tragedia non sono espresse del
tutto chiaramente le cause del decesso.
93
4.3 The Love Song of J. Alfred Prufrock di T. S. Eliot
«¿Quién soy yo para perturbar el universo?»281 si chiede María quando
reincontra Luisa e avrebbe l’occasione di svelarle il segreto di DíazVarela. Questa frase rappresenta un’allusione, per così dire, di fonte
multipla. Senz’altro, infatti, è tratta da Eliot (Do I dare disturb the
universe?)282, ma è anche un’autocitazione da Tu rostro mañana. Inoltre,
come ricordato anche da Elide Pittarello283, il passo di Tu rostro mañana
che cita Eliot è a sua volta citato nel discorso (poi divenuto articolo)
Mi cubo de la basura, o “so how should I presume?”, scritto dall’autore per
introdurre il Grand séminaire de Neuchâtel dedicato allo studio della
sua opera.
Prima di vedere in che modo le differenti fonti arricchiscano la
lettura de Los enamoramientos, vorremmo elencare gli echi di questo
verso all’interno del romanzo: l’attestazione «¿Quién soy yo para
perturbar el universo?», infatti, è l’espressione più evidente
dell’influenza del poeta modernista (in entrambi i casi la frase è una
domanda), ma viene preceduta da altre tre allusioni più generiche.
La prima volta il passo di Eliot viene usato da Díaz-Varela per
descrivere la situazione del colonnello Chabert:
No hay mayor desgracia, para el que regresa, que descrubrir que está
de sobra, que su presencia es indeseada, que perturba el universo, que
constituye un estorbo para sus seres queridos y que éstos no saben
qué hacer con él.284
281
LE, p. 397.
The Love Song of J. Alfred Prufrock, componimento scritto tra il 1910 e il 1911 e
pubblicato per la prima volta nel 1917 all’interno della raccolta Prufrock and Other
Observations.
283
Cfr. Elide Pittarello, Sobre las fotos in Grohmann y Steenmeijer, Allí donde uno
diría que no puede haber nada, cit., p. 101.
284
LE, p. 169, corsivo mio. Cfr., anche un passo che precede di poco l’allusione a
Eliot e che in qualche modo la introduce con un vago richiamo lessicale
(perturbaciones che rimanda a pertubar e mundo che rimanda a universo): «Es decir, hay
que entender, habría querido no causarle más problemas ni perturbaciones, no
282
94
La seconda e la terza volta è invece citato da María, che riflette sulle
parole dell’amante (il collegamento con il monologo di Díaz-Varela è
rinforzato proprio dal ricorrere delle stesse espressioni linguistiche, tra
cui anche quella che stiamo analizzando). Come abbiamo già
evidenziato in § 3.2, María interpreta le parole dell’amato prima
stabilendo un’analogia fra il colonnello e Deverne (1) e, in seguito, tra
il colonnello e Díaz-Varela stesso (2):
(1) […] el muerto que debe seguir muerto puesto que su muerte
constó en los anales y pasó a ser un hecho histórico y se relató y
detalló, y cuya nueva e incomprensible vida es un incómodo postizo,
una intrusión en la de los demás; el que viene a perturbar el universo que
no sabe ni puede rectificar y que por tanto continuó sin él.285
(2) Éste [Chabert] había sufrido amarguras y penalidades sin cuento y
aquél [Díaz-Varela] las había infligido, éste había sido víctima de la
guerra, de la negligencia, de la burocracia y de la incomprensión, y
aquél se había constituido en verdugo y había perturbado gravemente el
universo con su crueldad, su egoísmo tal vez estéril y su descomunal
frivolidad.286
Riutilizzando poi quest’espressione a proposito di sé stessa («¿Quién
soy yo para perturbar el universo?»), le simmetrie si moltiplicano e si
vengono a creare dei legami tra la narratrice e questi altri personaggi: a
tutti loro, infatti, è data la possibilità di scombinare un ordine e, più in
particolare, l’armonia di una relazione di coppia. Chabert e María
decideranno di rispettarla, restando nell’ombra; non così Díaz-Varela,
che ironicamente era stato il primo a evidenziare il pericolo e
l’egoismo degli atti che disgregano l’ordine. Così continua María
sottolineando questa differenza:
entrometerse en un mundo que había dejado de ser el suyo, no ser más su pesadilla
ni su fantasma ni su tormento, suprimirse y desaparecer» (ivi, p. 167, corsivo mio).
285
Ivi, pp. 246-247, corsivo mio.
286
Ivi, pp. 247-248, corsivo mio.
95
‘Aunque otros lo hagan [perturbar el universo], como este hombre
que está aquí delante, finge no conocerme pese a que yo bien lo he
querido y nunca le he hecho ningun daño. Pero que otros lo
descompongan y lo zarandeen, y lo violenten de la peor manera, no
me obliga a mí a seguir su ejemplo, ni siquiera con el pretexto de que
yo, al revés que ellos, enderezaría un hecho torcido y castigaría a un
posible culpable y haría un acto de justicia.’287
Possiamo a questo punto notare una consonanza tra il pensiero di
María e quello del narratore di Tu rostro mañana, evidenziata dall’uso
della stessa citazione:
[…] y un poco más tarde viene la pregunta que nadie se hace antes de
obrar ni antes de hablar: ‘Do I dare disturb the universe?’, porque todo el
mundo se atreve a ello, a turbar el universo y a molestarlo, con sus
rápidas y pequeñas lenguas y con sus mezquinos pasos, ‘So how should I
presume?’.288
Come nel caso di una delle allusioni a Shakespeare, anche qui è
un’altra opera dell’autore che ci aiuta a identificare la fonte. Tuttavia,
sebbene in Tu rostro mañana il verso sia riportato nella sua forma
originale, non è comunque esplicitato il nome del poeta, cosa che
invece avviene, conformemente alle regole di questo genere di testi,
nell’articolo Mi cubo de la basura, o “so how should I presume?”:
Hace tan sólo un par de días, en una página del segundo volumen de
Tu rostro mañana, que ahora escribo con la vacilaciones de siempre,
hice recordar al narrador, Jacques o Jaime o Jacobo Deza, un par de
versos de T. S. Eliot […].289
Dopo aver riportato per intero il passo di Tu rostro mañana, prosegue:
287
Ivi, p. 397.
TRM2, p. 124. La citazione compare anche in TRM3, pp. 391, 549. Vedi anche
Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea, cit., pp. 125 e segg.
289
Javier Marías, Mi cubo de la basura, o “So how should I presume?”, in AA. VV.,
Cuadernos de narrativa: Javier Marías. Grand séminaire de Neuchâtel. Coloquio internacional
Javier Marías. 10-12 de noviembre de 2003, Arco/Libros, Madrid, 2005, p. 13.
288
96
En el proceso de escribir, más de una vez me ha asaltado una duda, o
quizá un remordimiento anticipado: “Si yo tengo la mala suerte”, he
pensado, “de que se me occurra esta idea o de ver lo que he visto,
ideas o visiones más bien desoladoras según mi criterio, ¿qué derecho
tengo a metérselas en la cabeza a nadie, o a hacer que las comparta el
incauto lector que compre este libro?”. No es turbar el universo,
desde luego; pero basta turbarle el ánimo a una sola persona para
sentir cierta responsabilidad por ello […].290
Ecco che dunque arriviamo a poter stabilire una nuova e interessante
analogia, quella tra Díaz-Varela e lo stesso Marías, simili in quanto
entrambi turbatori dell’ordine e simili anche nella loro incoerenza. Si
notava, infatti, che Díaz-Varela ha sovvertito l’ordine nonostante
avesse parlato a lungo a María del pericolo di farlo; allo stesso modo,
paradossalmente, Marías continuamente nei suoi romanzi esprime
«aprensiones sobre el contar y el hablar y el decir»291 e, d’altra parte,
vive esattamente di questo: di raccontare e di parlare e di dire.
4.4 Viaje al Parnaso di Miguel de Cervantes
La critica solo recentemente ha iniziato a interessarsi all’influenza di
Cervantes sull’opera di Marías292. Essa è particolarmente evidente in
Tu rostro mañana, ma è possibile individuarla anche nei romanzi
precedenti. Secondo Idoya Puig, ha condizionato principalmente due
aspetti dell’opera dello scrittore: «firstly, the representation of reality
290
Ibidem.
Ibidem.
292
Questi i contributi più specifici: Idoya Puig, Cervantes’s presence in Javier Marías’s
Mañana en la batalla piensa en mí, «Cuaderno internacional de estudios
humanísticos y literatura», n. 16, otoño 2011; Alexis Grohmann, “Con las espaldas
altas y desnudas”: Cervantes, Time and Freedom of the Novel in Javier Marías’s Tu rostro
mañana, in Idoya Puig (edited by), Tradition an Modernity: Cervantes’s presence in
Spanish Contemporary Literature, Peter Lang, Oxford, 2009, pp. 157-169; ai quali
possono aggiungersi anche: Irene Zoe Alameda, La voz narrativa como argumento
constante, in AA. VV., Cuadernos de narrativa: Javier Marías, cit., pp. 73-89; María
Aranda, Narración y sombra: función del “Siglo de Oro” en Tu rostro mañana / 1 Fiebre
y lanza, in AA. VV., Cuadernos de narrativa: Javier Marías, cit., pp. 189-195.
291
97
and the role of verisimilitude in the process of writing and, secondly,
the form of the novel and the use of digression»293.
Ne Los enamoramientos l’eredità di Cervantes si manifesta a vari
livelli. Oltre ai due aspetti generali sottolineati dalla Puig e alla già
citata incertezza sul nome di Miguel Desvern, essa, come nota Ángel
Basanta, «es manifiesta en la autocrítica de la novela a través de la voz
y la visión de la narradora, quien, a veces, se convierte en receptora
crítica»294. Inoltre, lo studioso indica come una delle fonti di
ispirazione del romanzo El curioso impertinente, sulla base delle analogie
che legano i due triangoli amorosi: quello tra Lotario, Anselmo e
Camilla e quello tra Díaz-Varela, Deverne e Luisa295.
293
Puig, Cervantes’s presence, cit., p. 134.
Ángel Basanta, Los enamoramientos, «El Cultural», 8/4/2011,
http://www.elcultu-ral.es/version_papel/LETRAS/28975/Los_enamoramientos
(ultima consulta-zione 6/9/2013).
295
Il critico probabilmente fonda l’analogia sulla richiesta che María, prima di
scoprire le macchinazioni alla base dell’omicidio, immagina che Deverne abbia
fatto a Díaz-Varela: ‘‘Si alguna vez me ocurriese una desgracia y ya no estuviera
[…] cuento contigo para que te ocupes de Luisa y los niños. […] No te pido que
te cases con ella ni nada por el estilo, evidentemente. […] Pero, por favor,
mantente cerca de ella si yo alguna vez falto. No te retraigas por mi ausencia sino
todo lo contrario: hazle compañía, dale apoyo y conversación y consuelo, ve a
verla un rato a diario y llámala cuanto puedas sin necesidad de pretextos, como
algo natural y que pertenece a su día. Sé una especie de marido sin serlo, una
prolongación de mí. No creo que Luisa saliera adelante sin una referencia
cotidiana, sin alguien a quien hacer partícipe de sus pensamientos y a quien
contarle su jornada, sin un sucedáneo de lo que tiene ahora conmigo, al menos en
algún aspecto. A ti te conoce desde hace tiempo, contigo no tendría que vencer
sus resistencias como con cualquier desconocido. Hasta podrías contarle tus
aventuras y entretenerla con ellas, permitirle vivir vicariamente lo que le parecería
imposible volver a vivir nunca por su cuenta […].’ (LE, pp. 113, 117, 118).
Richiesta a cui Díaz-Varela avrebbe così risposto, sempre secondo quanto
immagina María: «Pero ¿tú te das cuenta de a lo que me arrojarías? ¿Te das cuenta
de lo difícil que es convertirse en un falso marido sin pasar a serlo real a la larga?
En una situación como la que has descrito, es muy fácil que la viuda y el soltero
pronto se crean más de lo que son, y con derechos» (ivi, p. 119).
294
98
A livello più esplicito, quest’influenza si realizza in una citazione
tratta da El viaje al Parnaso e ai già ricordati accenni a due edizioni del
Quijote296.
Il passo citato è il verso «Tú mismo te has forjado tu ventura»297,
tratto dalla risposta data da Apollo a Cervantes-personaggio per
spiegargli perché a lui tocchi restare in piedi, mentre gli altri poeti
prendono posto su scranni assegnati in base al loro merito. Il passo è
ricordato dalla narratrice mentre ascolta Luisa parlare del gorrilla
colpevole dell’uccisione di Deverne:
– […] Un disparate. Mató a Miguel como podía haber matado a Pablo
o a cualquier vecino de la zona al que hubiera enfilado. Supongo que
también él necesitaba enemigos, alguien a quien echar la culpa de su
desgracia. Lo que hace todo el mundo, por otra parte, las clases bajas
como las medias y las altas y los desclasados: nadie acepta ya que las
cosas pasan a veces sin que haya un culpable, o que existe la mala
suerte, o que las personas se tuercen y se echan a perder y se buscan
ellas solas la desdicha o la ruina. –‘Tú mismo te has forjado tu
ventura’, pensé recordando, citando a Cervantes, cuyas palabras, en
efecto, no se tienen ya en cuenta–.298
Sin da questo riferimento (si tratta della prima citazione del romanzo)
emerge chiaramente la funzione didattica della letteratura299, una
scuola di vita i cui insegnamenti tuttavia gli uomini tendono a
dimenticare.
È interessante notare anche la giustapposizione dei verbi recordar
e citar. È tipica di Marías l’accumulazione di termini simili per arrivare
a un significato più esatto, ma in questa occasione essa appare
particolarmente pregnante e ci sembra offrire una riflessione sull’atto
296
Vedi supra, § 3.4.
Miguel de Cervantes, Viaje al Parnaso, IV, v. 79. V. anche id., Quijote, II, 66,
1168 «cada uno es artefice de su fortuna».
298
LE, pp. 80-81.
299
Secondo la classificazione di Morawski, la funzione di questa citazione è quella
di invocare un’autorità.
297
99
stesso di citare. Si pensi infatti alle parole di Compagnon che
definiscono la lettura come:
un’operazione iniziale di saccheggio e appropriazione di un oggetto,
predisponendolo al ricordo e all’imitazione, ossia alla citazione.
(Ripetizione, memoria, imitazione: una costellazione semantica
all’interno della quale andrà a circoscriversi lo spazio della
citazione).300
Anche in Mañana en la batalla piensa en mí l’autore spingeva il lettore a
riflettere sul meccanismo della citazione attraverso l’accostamento di
due verbi: «“Mañana en la batalla piensa en mí” pensé; o más bien me
acordé de ello»301.
Marías aveva già ricordato questa frase di Cervantes (con lo
stesso intento morale) nell’articolo Nuestra ventura, dove spiegava le
ragioni per cui valga la pena di leggere il Quijote. L’articolo si
concludeva con una serie di domande retoriche che dimostravano
l’attualità del romanzo di Cervantes:
Pues ¿quién, en todo tiempo y lugar, no ha querido ser otro del que
es? ¿Y quién no ha temido lograrlo y querer después volver a ser el
que fue y dejó de ser? ¿Quién no teme hoy, en suma, las palabras del
propio Cervantes? Dijo: «Tú mismo te has forjado tu ventura».302
La stessa citazione compariva anche nel ritratto di Isak Dinesen (§ Isak
Dinesen en la viejez) facente parte di Vidas escritas. È probabile che
l’autore abbia ereditato la passione per questa frase dal padre303.
300
Il passo di Antoine Compagnon è tratto da La Seconde main ou le travail de la
citation (1979); noi citiamo da: Guagnelini e Re, Visioni di altre visioni, cit. (p. 93).
301
MBP, p. 37.
302
Javier Marías, Nuestra ventura, LYF.
303
Dell’amore di Julían Marías per questa frase si parla in Antonio Astorga, Julián
Marías: «La guerra civil fue consecuencia de una ingente frivolidad», «ABC», 17/12/2012,
http://www.abc.es/20120429/cultura-libros/abci-julian-marias-guerra-civil-20120
4271954.html (ultima consultazione: 7/8/2013). La frase è citata dal filosofo
nell’articolo Cervantes como clave española.
100
4.5 Tesoro de la lengua castellana o española
La citazione successiva è assai curiosa. Si tratta di un’inusuale citazione
da un vocabolario che, tuttavia, è alquanto “narrativo”. Il suo autore,
Sebastián
de
Covarrubias
(1539-1613),
infatti,
introduce
costantemente la prima persona per manifestare opinioni personali,
fare divagazioni, raccontare storie o aneddoti.
La citazione è riportata da Luisa durante la conversazione con
María ed è accompagnata da indicazioni generali sull’opera da cui è
tratta:
Pero sí [podría odiar] a los inductores, tendría la posibilidad de
sospechar de unos y otros, de cualquier competidor o resentido o
damnificado, todo empresario hace víctimas sin querer o queriendo; y
hasta de los colegas amigos, como leí el otro día una vez más, en el
Covarrubias. —Luisa vio mi cara de conocimiento sólo vago—. ¿No
lo conoces? El Tesoro de la lengua castellana o española, fue el primer
diccionario, de 1611, lo escribió Sebastián de Covarrubias. —Se
levantó y trajo un voluminoso libro verde que tenía a mano y buscó
entre sus páginas—. Tuve que consultar la palabra ‘envidia’ para
cotejar con la definición inglesa, y mira cómo termina la suya. —Y me
leyó en voz alta—. ‘Lo peor es que este veneno suele engendrarse en
los pechos de los que nos son más amigos, y nosotros los tenemos
por tales fiándonos de ellos; y son más perjudiciales que los enemigos
declarados.’ Y ese saber venía ya de más antiguo, porque mira lo que
añade: ‘Esta materia es lugar común, y tratada de muchos; no es mi
intento traspalar lo que otros han juntado. Quédese aquí’.—304
Essa serve all’autore, come la frase “Un asesinato, no más” tratta da
Les Trois Mousquetaires, per descrivere la normalità e la quotidianità del
male.
Anche qui possiamo vedere che il libro ha una funzione didattica
e, più nello specifico, dà un avvertimento305: guardati dagli amici306.
304
LE, pp. 83-84.
Anche in altre opere di Marías si parla di questo particolare potere dei libri: vedi
MBP, p. 70: «basta con que no leamos un libro para que no sepamos la principal
advertencia» e il racconto Lo que dijo el mayordomo in MED, p. 163: «los libros que no
leemos están llenos de advertencias» (corsivo dell’autore).
305
101
Sebbene Luisa ricordi la frase per descrivere una possibilità in realtà
non realizzata, avanzando nella lettura del romanzo ci renderemo
conto che Covarrubias aveva effettivamente ragione.
A conferma di questo, il riferimento a questa frase ritorna anche
esplicitamente nel finale del romanzo, quando María ricorda le parole
di Luisa, che vengono riproposte identiche secondo un procedimento
caro all’autore307. Ricordando nuovamente il passo, si sottolinea il fatto
che l’avvertimento è rimasto ingiustamente inascoltato, avendo Luisa
sposato quell’amico da cui avrebbe dovuto guardarsi.
Da notare sono anche il rapido accenno all’attività di traduzione
e alla presenza fisica del libro. In questo caso, come già con Le Colonel
Chabert, Marías riproduce all’interno del romanzo una raffigurazione di
sé stesso che cita un’opera consultandola.
4.6 Il Vangelo secondo Luca
È interessante il meccanismo con il quale viene introdotta la
successiva citazione, inserita all’interno della descrizione che María fa
di Díaz-Varela:
Le miraba los labios mientras peroraba, se los miraba con fijeza y me
temo que con descaro, me dejaba mecer por sus palabras y no podía
apartar los ojos del lugar de donde salían, como si todo él fuera boca
besable, de ella procede la abundancia, de ella surge casi todo, lo que
nos persuade y lo que nos seduce, lo que nos tuerce y lo que nos
encanta, lo que nos succiona y lo que nos convence. ‘De la
306
Questo consiglio risveglia nel lettore fedele di Marías il ricordo del tradimento a
danno del padre di Deza descritto in Tu rostro mañana.
307
LE, p. 396: «‘Pero sí a los inductores’, había añadido, y me había leído parte de
la definición de Covarrubias de ‘envidia’, fechada en 1611, lamentándose de que ni
siquiera a eso pudiera achacarse la muerte de su marido: ‘Lo peor es que este
veneno suele engendrarse en los pechos de los que nos son más amigos, y
nosotros los tenemos por tales fiándonos de ellos; y son más perjudiciales que los
enemigos declarados’».
102
superabundancia del corazón habla la boca’, se lee en la Biblia en
algún sitio308.
L’aforisma è tratto dal Vangelo (Luca, 6:45):
El hombre bueno, del buen tesoro de su corazón saca lo bueno; y el
hombre malo, del mal tesoro de su corazón saca lo malo; porque de la
abundancia del corazón habla la boca.309
Il passo, come spesso accade nel caso delle citazioni ornamentali,
viene liberamente utilizzato dall’autore; c’è, in effetti, una discreta
differenza tra i due testi: nel Vangelo si pone l’accento sulla
consonanza tra la natura dell’uomo e le sue parole, mentre ne Los
enamoramientos si parla piuttosto del potere del linguaggio e della fonte
non si sfrutta tanto il concetto, quanto l’immagine suggestiva.
Il brano è introdotto attraverso un meccanismo inverso rispetto
a quello con cui vengono sciolti gli enigmi shakespeariani: in questo
caso non si parte dalla fonte originale per arrivare all’interpretazione,
ma avviene il contrario. Possiamo infatti osservare come la citazione
sia anticipata da un sorta di perifrasi piuttosto libera che corrisponde
alla lettura che ne fa María(s). Siccome la narratrice utilizza il termine
abundacia siamo certi che avesse in mente il passo di Luca sin
dall’inizio, in maniera più o meno cosciente, ma il fatto che la fonte
venga esplicitata solo alla fine ne impedisce una lettura neutra e priva
dalle connotazioni attribuitele dalla narratrice. Inoltre, la frase è
presentata quasi senza contesto, così da poter essere più liberamente
usata con un significato diverso da quello originale.
Come nel caso dell’espressione shakespeariana «The sleeping and
the dead are but as pictures», anche questo brano rappresenta un
doppio legame interestuale, rievocando, oltre alla fonte originale, altre
308
309
Ivi, pp. 137-138.
Vedi anche Matteo (12:34).
103
opere dell’autore. Infatti, esso riecheggia una formula introdotta in
Todas las almas e poi usata tre volte in Corazón tan blanco: «la boca está
siempre llena y es la abundancia». Nei precedenti romanzi, la fonte
biblica (non esplicitata) era usata in maniera ancora più libera e quasi
sempre presentata in contesti erotici, particolarmente audaci nel caso
di Todas las almas310. Possiamo osservare che, in corrispondenza di una
delle tre occorrenze di Corazón tan blanco, si rileva un’ulteriore analogia
a livello lessicale con Los enamoramientos, poiché compare anche qui il
verbo persuadir311:
Salí sin despedirme de Custardoy (o lo hice con un gesto de la mano a
distancia) ni de las treintañeras que se convertirían en sus
desconocidas y espantadas íntimas al cabo de un rato de cerveza y
chicle y ginebra y tónica y hielo, y humo de cigarrillos, y cacahuetes, y
risas, y rayas, y la lengua al oído, y también de palabras que yo no
310
«Que tenga la polla en la boca de Muriel es incomprensible […]. Mucho más
incomprensible que ir a tenerla, como la tendré muy pronto, metida en su sexo,
pues en su sexo –es de esperar– no habrá habido nada durante las últimas horas,
mientras que en su boca ha habido chicle y ginebra y tónica y hielo, y humo de
cigarrillos, y cacahuetes, y mi lengua, y risa, y también palabras que yo no he
escuchado. (La boca está siempre llena y es la abundancia.)» (TLA, pp. 164-165)
«[…] hablar un poco sin prestar atención y con impaciencia, simular que se
adquieren méritos en una conversación, una anécdota, observar la boca, servir el
vino, ser educado, encender cigarrillos, reír, la risa es a veces el preludio del beso y
la expresión del deseo, su transmisión, sin que se sepa por qué, la risa desaparece
luego durante el beso y el cumplimiento, casi nunca hay risa mientras la gente se
abraza despierta sobre la almohada y las bocas ya no se observan (la boca está
llena y es la abundancia), se tiende a la seriedad por risueños que sean los
prolegómenos y las interrupciones, la demora, la espera, la prolongación y las
pausas, un respiro, la risa se corta, a veces también las voces, se callan las voces
articuladas, o hablan con vocativos o interjectivamente, no hay nada que traducir»
(CTB, p. 307). Nell’unico caso in cui non compare in contesti erotici, l’immagine è
comunque associata a un vizio, in questo caso a quello del fumo e del cibo: «Ya no
debía de temer al fuego, porque el camarero le trajo la caja de puros, cogió sin
dudarlo uno (conocía las marcas), no lo olisqueó (era un hombre educado,
tampoco llevaba sortijas), se lo llevó a la boca –la boca mojada que está llena y es
la abundancia– y permitió que le acercaran demasiado a la cara una llama inmensa
con la que se lo prendieron» (ivi, p. 346).
311
È ancor più ovvio l’eco di Todas las almas, vedi nota precedente.
104
escucharía, el incomprensible susurro que nos persuade. La boca está
siempre llena y es la abundancia.312
Quest’eco contribuisce dunque a rinforzare il legame con il romanzo
shakesperiano.
4.7 La Belle Dame Sans Merci di John Keats
Un’altra citazione ornamentale, in questo caso da Keats e riportata in
lingua originale, è utilizzata per descrivere in che modo il ricordo di
Díaz-Varela va affievolendosi nella mente della narratrice:
Esa fue la última vez que vi a solas a Díaz-Varela, como me
imaginaba, y pasó bastante tiempo hasta que volví a encontrarme con
él, en compañía y por casualidad. Pero durante casi todo ese tiempo
rondó mis días y mis noches, al principio con intensidad, luego se
demoró pálidamente, ‘palely loitering’, como dice un medio verso de
Keats.313
Il medio verso è tratto dalla ballata La Belle Dame Sans Merci314 del 1819,
dove si racconta la storia di un cavaliere che incontra una giovane
misteriosa della quale si innamora, ma da cui viene immediatamente
abbandonato. La trama può ricordare quella de La canción de Lord
Rendall, anche per il fatto che entrambe le donne servono del cibo agli
amanti e che lo scenario dei due amori è sempre un bosco.
Dopo l’incontro, il cavaliere di Keats è assalito da incubi che
possono dirci qualcosa circa la concezione dell’innamoramento in
Marías:
I saw pale kings and princes too,
312
CTB, p. 238. Attraverso il termine persuadir si stabiliscono altre connessioni tra i
due romanzi; si confronti ad esempio questo passo de Los enamoramientos con
quello appena citato: «Le habían proporcionado un móvil seguramente para
hacerle ellos llamadas, no para que llamara él […], para persuadirlo al oído, como quien
susurra […]» (LE, p. 210), corsivo mio.
313
LE, pp. 353.
314
Il titolo è in francese perché tratto da un poemetto del XV secolo di Alain
Chartier.
105
Pale warriors, death-pale were they all;
They cried – ‘La Belle Dame sans Merci
Hath thee in thrall!’315
L’emistichio citato dalla narratrice è tratto dal secondo verso della
ballata e descrive il cavaliere dopo il risveglio, incapace di reagire:
Oh what can ail thee, knight at arms,
Alone and palely loitering?
The sedge has wither’d from the lake,
And no birds sing.316
Sebbene sia naturale mettere in relazione la figura del cavaliere con
María e quella della dama con Díaz-Varela, possiamo vedere che la
frase del testo originale si riferisce al cavaliere che non riesce a
dimenticare la donna, mentre Marías la associa all’oggetto del ricordo,
ossia a Díaz-Varela, che tarda a scomparire.
4.8 Die erste Elegie di Rainer Maria Rilke
Come è emerso dai riferimenti sinora analizzati, generalmente Marías
indica la provenienza della fonte che cita. Non è il caso del riferimento
seguente, che tuttavia non consideriamo allusione in quanto ne viene
segnalata l’alienità:
Tiene ahora a alguien enfrente y los dos podrán ocultarse
mutuamente su destino, como hacen los enamorados según un verso
315
John Keats, Complete poems, edited by Jack Stillinger, Harvard University press,
Cambridge (MA), 1978, p. 271. Traduzione tratta da http://www.keats-shelleyhouse.org (ultima consultazione 6/11/2013): «Cerei re vidi, e principi e guerrieri /
Tutti eran pallidi di morte/ “La belle dame sans merci” mi dicevano / “Ha ormai
in pugno la tua sorte”».
316
Ivi, p. 270. Traduzione tratta da http://www.keats-shelley-house.org (ultima
consultazione 6/11/2013): «Perché soffri, oh cavaliere in armi / E pallido indugi e
solo? / Sono avvizziti, qui i giunchi in riva al lago / E nessun uccello cantando
prende il volo».
106
que mal recuerdo, algo así dice ese verso antiguo que leí en mi
adolescencia.317
Il verso antiguo, citato con funzione ornamentale, è tratto dalla prima
elegia duinese di Rilke:
O und die Nacht, die Nacht, wenn der Wind voller Weltraum
uns am Angesicht zehrt -, wem bliebe sie nicht, die ersehnte,
sanft enttäuschende, welche dem einzelnen Herzen
mühsam bevorsteht. Ist sie den Liebenden leichter?
Ach, sie verdecken sich nur mit einander ihr Los.318
Come ha dimostrato Antonio Iriarte319, Marías conosce le elegie
duinesi attraverso la traduzione di Jaime Ferreiro Alemparte.
Consultando quella versione possiamo vedere che il riferimento è
letterale e che l’incertezza («algo así») è ancora una volta simulata,
come nel caso delle citazioni tratte da Les Trois Mousquetaires320:
¡Oh!, y la noche, la noche, cuando el viento lleno de espacio cósmico
nos consume las mejillas… ¿A quién no le será dada ella,
la anhelada, la apacible desilusionadora, que, penosa,
se cierne sobre el corazón solitario? ¿Será más ligera a los amantes?
¡Ay!, ellos no hacen más que ocultarse mutuamente su destino.321
317
LE, p. 396.
Rainer Maria Rilke, Elegie duinesi, Traduzione e introduzione di Piero Marelli,
edizione con testo a fronte, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2007, p. 52 (il testo
originale delle Duineser Elegien a fronte segue l’edizione contenuta nella Sämtliche
Werke pubblicata da Insel Verlag, Frankfurt am Main, nel 1955). Dalla traduzione
italiana di Marella risulta impossibile riconoscere la citazione: «Ah la notte, la
notte, mentre il vento con tutti / i suoi luoghi ci divora la faccia: e la desiderata /
resterebbe con noi, in dolce inganno pensando / su ogni cuore. Sarà allora per gli
amanti più facile? / Ah sì, negandosi osservando il destino!» (ivi, p. 53); si veda
però la versione di Franco Rella: « Oh e la notte, la notte quando il vento colmo
del sogno del mondo / ci consuma il volto, chi non resta la desiderata dolcemente
disillusa, /che sul cuore estenuato faticosamente incombe? È forse più lieve agli
amanti?/Ah, essi nascondono l’uno all’altro il fato» (Rainer Maria Rilke, Elegie
duinesi, Introduzione, traduzione e commento di Franco Rella, edizione con testo a
fronte, BUR, Milano, 1994, p. 54).
319
Cfr. Iriarte, “Cito a menudo para mis adentros”, cit., p. 312.
320
Cfr. supra, p. 64.
321
Rainer Maria Rilke, Antología poética, estudio versión y notas de Jaime Ferreiro
Alemparte, Espasa-Calpe, Madrid, 1968, p. 113.
318
107
D’altronde, che l’autore conosca perfettamente l’opera del poeta
boemo e, in particolare, le elegie duinesi è dimostrato, oltre che dalla
loro ricorrente presenza in Tu rostro mañana322, dal capitolo di Vidas
escritas a lui dedicato (§ Rainer Maria Rilke a la espera). Come nelle altre
biografie di quella raccolta, Marías si concentra più su aneddoti curiosi
della sua vita che non sulla sua produzione letteraria; tuttavia,
menziona due volte proprio le elegie duinesi323. In quella sede,
definisce Rilke «el más grande poeta del siglo»324.
Non possiamo sapere perché Marías abbia deciso in questo caso
di non indicare la paternità del riferimento intertestuale. Il risultato, in
ogni caso, è quello di aprire al lettore con cui condivide lo stesso
universo di letture “adolescenziali” un percorso privilegiato all’interno
del romanzo, regalandogli il «piacere dell’agnizione»325.
A chi sappia riconoscere la fonte, il riferimento apparirà
particolarmente calzante poiché il passo del romanzo in cui è inserito
condivide con l’elegia anche il tema generale. Nel romanzo, infatti, la
citazione viene inserita dopo che María ha ricordato il passo del
Covarrubias che negava la possibilità della purezza nei rapporti di
amicizia, troppo spesso corrotti dall’invidia; il passaggio successivo è
quello di arrivare, attraverso la citazione di Rilke, a dubitare anche dei
nostri amanti (di nuovo, è la letteratura a metterci in guardia). Allo
stesso modo, nell’elegia, il sospetto nei confronti dell’amato è l’ultimo
stadio di un percorso di disillusione. Ecco infatti i versi che precedono
322
Cfr. Iriarte, “Cito a menudo para mis adentros”, cit., pp. 311, 313, 314, 317, 322,
324, 328, 335, 355, 356, 358, 363.
323
VE, p. 84 e p. 85.
324
Ivi, p. 86.
325
Cfr. Polacco, L’intertestualità, cit., p. 90.
108
quello citato da Marías, che esprimono una più generica
preoccupazione e un senso di solitudine:
Ach, wen vermögen
wir denn zu brauchen? Engel nicht, Menschen nicht,
und die findigen Tiere merken es schon,
dass wir nicht sehr verlässlich zu Haus sind
in der gedeuteten Welt.326
326
Rilke, Elegie duinesi, cit., p. 52. «Ma di chi possiamo / fidarci? Degli angeli no e
degli uomini nemmeno / e anche gli astuti animali sanno sicuramente che /
questo mondo decifrato non è la nostra / tranquilla dimora […]» (ivi, p. 53).
109
5. La realtà come motore della finzione
Tra i materiali rielaborati per la stesura de Los enamoramientos non ci
sono solo opere letterarie, ma anche alcuni articoli di giornale a cui
l’autore si è ispirato per la descrizione della morte di Deverne.
Dedichiamo il presente capitolo all’analisi di questi riferimenti, che
nella griglia di Genette possono essere catalogati sia come ipertestuali
(la trama viene rielaborata) che come intertestuali (alcune parti
vengono citate testualmente).
Per la loro natura, tali richiami invitano a fare alcune riflessioni a
proposito dell’osmosi tra realtà e finzione, con cui Marías aveva già
giocato precedentemente: «Creo no haber confundido nunca la ficción
con la realidad, aunque sí las he mezclado en más de una ocasión
como todo el mundo»327, scriveva in Negra espalda del tiempo. Se però in
Todas las almas, Tu rostro mañana e nella “falsa novela” l’autore
sottolineava attraverso diversi espedienti di stare trattando eventi reali
come se fossero fittizi, ne Los enamoramientos i due mondi sono
perfettamente amalgamati e solo i lettori che stabiliscono il legame
intertestuale con gli articoli sono in grado di svelare questa dimensione
del romanzo, che rimarrà ai più sconosciuta.
La maggiore segretezza mira, forse, a evitare problemi legali,
poiché è probabile che diversi lettori si sentirebbero offesi scoprendo
che l’autore ha utilizzato per i suoi scopi letterari un evento brutale
realmente accaduto, che non gli appartiene in nessun modo (non è
stata “presa in prestito”328 parte della sua vita o di quella dei suoi cari)
327
NET, p. 17.
L’autore ha dichiarato di aver preso in prestito la vita del padre per la stesura di
Tu rostro mañana. Cfr. Paolo Lepri, Javier Marías: «ho preso in prestito la vita di mio
padre», «Corriere della sera», 10/5/2010, http://archiviostorico.corriere.it/2010/
328
110
e che è ancora troppo recente perché le persone interessate lo abbiano
dimenticato329. Anche se uno scrittore di finzione non deve «pedir
permiso para introducir ahí, en su ficción, a cualquier persona o
episodio real que conozca»330, come Marías ha scritto in Negra espalda
del tiempo, da un punto di vista giuridico (e di marketing) le cose vanno
diversamente; d’altra parte è innegabile che l’autore abbia ragione
quando afferma che se lo scrittore decide di farlo «nada ni nadie se lo
podrá impedir»331, e infatti così è stato.
L’evento reale che è entrato a far parte del romanzo è la morte di
Luis Marsans (figlio del fondatore dell’impresa Viajes Marsans),
avvenuta nel 2004 e, a suo tempo, ampiamente documentata dai
quotidiani spagnoli332. Marías ne ricalca i dettagli con irriverente
esattezza: come Deverne, Marsans fu ucciso durante le prime ore del
pomeriggio, nel distretto di Chamartín, con un pugnale dalla lama di
sette centimetri, proprio il giorno del suo compleanno; in tutti e due i
casi, l’omicida era un parcheggiatore abusivo, scagliatosi contro la
vittima pensando che gli avesse rapito le figlie per introdurle nella rete
della prostituzione.
A oggi – ottobre 2013 – la critica non ha ancora indicato questo
maggio/17/Javier_Marias_preso_prestito_vita_co_9_100517046.shtml
(ultima
consultazione 16/10/2013).
329
Cfr. infra, n. 333.
330
NET, p. 65.
331
Ibidem.
332 Come testimonia la Prof.ssa Ana Tobío Sala – che ha conosciuto Marías negli
anni della giovinezza (è ricordata fugacemente anche in Negra espada del tiempo) –
tuttavia, molto probabilmente, l’autore non è venuto a sapere di questa morte solo
dai giornali: Luis Marsans era infatti il fratello dell’ex-compagna di Elias Querejeta,
Maria Marsans, e la coppia faceva parte del gruppo di amicizie dello scrittore nel
periodo della movida. L’evento quindi lo avrebbe toccato da vicino, nonostante i
rapporti tra lui e Querejeta si fossero incrinati a causa dell’adattamento
cinematografico di Todas las almas del 1996, finanziato da quest’ultimo (cfr. infra,
§ 7.1).
111
fatto di cronaca come matrice del romanzo333, benché l’autore abbia
esplicitamente dichiarato almeno in un’occasione il suo debito nei
confronti della realtà:
Le prime trenta pagine del romanzo, più o meno, coincidono con un
fatto reale. Una grande amica mia anni fa mi ha raccontato come ha
scoperto che una coppia che lei guardava durante la prima colazione –
in una caffetteria, nello stesso modo che si descrive nel romanzo – ha
scoperto come il marito è stato ammazzato in un modo molto simile.
Dunque la vera finzione, l’assoluta finzione del romanzo,
comincerebbe più o meno nel momento nel quale la narratrice, María,
si avvicina alla vedova e parla con lei. Questo non è mai successo.334
Gli indizi più utili per il riconoscimento, tuttavia, si trovano proprio
all’interno nel romanzo e sono di natura, appunto, squisitamente
intertestuale: il riepilogo – quasi una rassegna stampa335 – che María fa
confrontando il modo in cui le varie testate avevano descritto
l’omicidio Deverne si basa, infatti, su articoli che sono stati realmente
pubblicati e che sono ancora disponibili in rete336. Si osservino ad
esempio i seguenti frammenti nei quali si segnalano, in nota, i
riferimenti alle specifiche fonti:
333
Lo ha fatto però un utente anonimo tra i commenti di un blog, cfr.
http://juandelaciervabiblioteca.blogspot.it/2011/04/los-enamoramientos-dejavier-marias.html (ultima consultazione: 12/10/2013). L’utente ha così
commentato il fatto che il romanzo descrivesse un evento reale: «no creo que sea
ni de buen gusto para la familia de éste, si es que ha tenido conocimiento. Éste
hecho me ha desagradado bastante»; un altro ha invece scritto: «Plagio y mal gusto
al escribir mentiras copiando la realidad» (ibidem).
334
Intervista radiofonica di Mario De Santis a Javier Marías
(http://www.youtube.com/watch?v=Z-76eF5HYZI). La trascrizione è mia.
Ipotizziamo che l’amica di cui parla sia Mercedes López-Ballesteros perché, come
scrive l’autore in un articolo in cui parla di lei, «lleva […] seis años en la misma
empresa, desayunando a diario en una cafetería cercana a su sede» (Javier Marías,
Hacia la ley del más grosero, in Harán de mí un criminal, Alfaguara, Madrid, 2003, p.
236). Il dettaglio, di per sé trascurabile, risulta più significativo se si considera che
la traduttrice è variamente omaggiata all’interno del romanzo.
335
Cfr. con il passo di Mañana en la batalla piensa en mí in cui il narratore consulta la
pagina dei necrologi sul giornale per cercare informazioni sulla morte di Marta.
336
Per agevolare la consultazione li riproduciamo in appendice.
112
[el gorrilla337] lo había apuñalado repetidamente, tirándole las
cuchilladas al tórax y a un costado338, según un periódico, a la espalda
y el abdomen339, según otro, y a la espalda, el tórax y el hemitórax340,
según un tercero. También divergían en el número de navajazos
recibidos por el empresario: nueve341, diez342, dieciséis343, y el que daba
esta última cifra —quizá el más fiable, porque el redactor citaba
‘revelaciones de la autopsia’— añadía que ‘todas las puñaladas
afectaron a órganos vitales’ y que ‘cinco de ellas eran mortales, según
dedujo el forense’344.345
Según otros, le gritó una sarta de frases ininteligibles de las que sólo
captaron dos: ‘¡Me quieres dejar sin herencia!’346 y ‘¡Me estás quitando
el pan de mis hijos!’347.348
‘Tras debatirse unas cinco horas entre la vida y la muerte, sin recobrar
en ningún instante el conocimiento, la víctima falleció a primeras
horas de la noche349, sin que los médicos pudieran hacer nada por
salvarla’.350
Possiamo notare che l’autore arriva a fare delle citazioni virgolettate
dagli articoli, dimostrando come «a veces simplemente la manera en
que uno presenta las mismas palabras y el mismo texto lo convierte en
337
L’autore riutilizza questa parola prendendola dai giornali (cfr. LE, p. 46, 47, 48,
50, ecc.). Glauco Felici ha mantenuto il termine nella traduzione italiana,
scrivendolo il corsivo e aggiungendo, alla prima attestazione, una nota esplicativa:
«Gorilla, diminutivo di gorra “berretto”» (Javier Marías, Gli innamoramenti, Einaudi,
Torino, 2012, traduzione di Glauco Felici, p. 29).
338
Cfr. Appendice, p. 175.
339
Ivi, p. 171. Si tratta dell’unico articolo on-line nel quale abbiamo trovato
accenni alle ferite all’addome, ma non si fa riferimento a ferite alla schiena.
340
Ivi, p. 174.
341
Ivi, p. 171.
342
Ivi, p. 174
343
Ivi, p. 178.
344
Ibidem.
345
LE, p. 47.
346
Cfr. Appendice, p. 171.
347
Ibidem.
348
LE, pp. 46-47.
349
Cfr., Appendice, p. 171.
350
LE, p. 393. Questa frase non è tratta dal passo di quella che abbiamo chiamato
“rassegna stampa”. María ricorda questa frase letta nei giornali nel finale del libro
e essa la fa dubitare delle parole di Díaz-Varela: non le sembra infatti possibile che
i medici abbiano esaminato il corpo per cinque ore senza essersi resi conto della
sua malattia.
113
ficción o no ficción o en aparente ficción o en aparente no ficción»351.
Questa rassegna stampa rappresenta il momento in cui l’autore
più si avvicina a rivelare di aver introdotto un evento reale all’interno
del suo romanzo; c’è, tuttavia, una differenza considerevole tra la
riproduzione degli articoli attraverso la voce di María e quella fatta a
livello grafico in Negra espalda del tiempo352. Nel caso de Los
enamoramientos, fare riferimento ai giornali può essere interpretato dai
lettori come un semplice meccanismo, tutto interno alla finzione,
volto a creare verosimiglianza: gli articoli, insomma, sembrano
inventati dall’autore; in Negra espalda del tiempo, invece, la riproduzione
smaschera la natura della fonte, confondendo in maniera più esplicita
il confine fra realtà e fantasia.
In un’intervista, Marías ha dichiarato che il suo desiderio quando
scrive è che il lettore non distingua «the different origins of the
material but reads everything as what it is – as part of a novel»353.
Questo proposito è perfettamente realizzato ne Los enamoramientos,
mentre nelle sue opere precedenti rappresentava una vera sfida per il
lettore, a cui si richiedeva di considerare come inventato qualcosa che
gli veniva al contempo dimostrato essere vero. Los enamoramientos si
presenta dunque come un’opera più semplice e meno innovativa da
questo punto di vista, sebbene apra percorsi di lettura più complessi a
chi risalga alla notizia dell’omicidio Marsans. Potenzialmente, essa dà
materiale sufficiente per mettere in moto una reazione ancor più
351
Dichiarazione dell’autore raccolta in Michael Pfeiffer, El destino de la literatura.
Entrevistas con: Rafael Argullon, Bernardo Atxaga, Félix de Azúa, Luis Alberto de Cuenca,
Javier Marías, Eduardo Mendoza, Quim Monzó, Antonio Muñoz Molina, Soledad Puértolas,
José Ángel Valente, El acantilado, Barcelona, 1999, pp. 104-105.
352
Ricordiamo, infatti, che nella “falsa novela”, quando viene commentato un
articolo, come ad esempio quello sui due librai di Oxford, l’autore ne include una
copia originale.
353
Cfr. Sarah Fay, Javier Marías, The Art of Fiction No. 190, cit.
114
potente di quella generata da Todas las almas e potrebbe essere seguita,
a sua volta, da un metaromanzo di commento.
Trovandosi davanti agli articoli che narrano la stessa storia del
libro, si stenta a credere che ciò che appariva così romanzesco possa
essere invece realtà: un uomo è stato veramente ucciso nel mezzo della
strada in pieno giorno, esattamente il giorno del suo compleanno.
Marías riesce così a dimostrare che la verità è – paradossalmente –
inverosimile, come scriveva nell’articolo Los malditos detalles:
Una de las tareas más difíciles de la ficción es lograr la verosimilitud.
Lo verosímil es lo que tiene apariencia de verdad, no la verdad misma.
Es más, a menudo la verdad resulta inverosímil si la sacamos de su
territorio y la insertamos tal cual en una obra de ficción […]. Ese es
uno de los motivos por los que tanta veces la adhesión excesiva a la
realidad da en el arte unos resultados totalmente increíbles.354
E riafferma anche nel romanzo, attraverso la voce di María:
[…] la vida está llena de ellas [de verdades inverosímiles], mucho más
que la peor novela, ninguna se atrevería a dar cabida en su seno a
todos los azares y coincidencias posibles, infinitos en una sola
existencia, no digamos en la suma de las habidas y de las que aún
discurren.355
Se nel Libro de Manuel (1973) di Julio Cortázar l’inserimento di
materiale giornalistico aveva lo scopo di risvegliare il lettore
dall’illusione finzionale in cui era immerso, secondo un effetto di
straniamento paragonabile a quello presente nel teatro di Bertolt
Brecht356, ne Los enamoramientos questo scollamento colpisce piuttosto
354
Javier Marías, Los malditos detalles, in id., Mano de sombra, Alfaguara, Madrid,
1997, p. 275, corsivo dell’autore.
355
LE, p. 309.
356
Cfr. Emanuele Pirani, Esercizi di semiotica fantomatica: postmodernismo, testo estetico,
discorso cognitivo in Fantomas contra los vampiros multinacionales, Tesi di laurea
inedita in Semiotica del testo, Università degli Studi di Bologna, Relatore: Prof.
115
le narrazioni stesse dei giornali, che finiscono per essere concepite, a
loro volta, come false:
Todo se convierte en relato y acaba flotando en la misma esfera, y
apenas se diferencia entonces lo acontecido de lo inventado. Todo
termina por ser narrativo y por tanto por sonar igual, ficticio aunque
sea verdad.357
Il frammento va messo in relazione con un altro simile, tratto da
Corazón tan blanco, dove si parla esplicitamente anche degli articoli di
stampa:
Contar deforma, contar los hechos deforma los hechos y los
tergiversa y casi los niega, todo lo que se cuenta pasa a ser irreal y
aproximativo aunque sea verídico, […] en cuanto [las cosas] se relatan
o se manifiestan o muestran, aunque sea en lo que más real parece, en
la televisión o en el periódico, en lo que se llama la realidad o la vida o
la vida real incluso, pasan a formar parte de la analogía y el símbolo, y
ya no son hechos […]358
A rafforzare l’atteggiamento dubitativo che il lettore assume di fronte
ai giornali contribuisce il fatto che essi riportano versioni discordanti,
mettendo in crisi il concetto di verità oggettiva.
In questo senso, Los enamoramientos può essere avvicinato a quella
che Linda Hutcheon chiama metafinzione storiografica (Historical
Metafiction), ovvero a un genere che mescola la finzione romanzesca e
il referente reale. Le opere di questo tipo si differenziano dai romanzi
storici perché trattano i fatti reali e quelli inventati in modo tale da
rendere non pertinente la loro distinzione ontologica. Esse riflettono
Maria Pia Pozzato, Correlatore: Dr.ssa Daniela Panosetti, Anno Accademico:
2004/2005, p. 75; Linda Hutcheon, A Politics of Postmodernism, London and New
York, Routledge, 1989. Lo straniamento è una pratica che intende sottolineare
l’artificio della messa in scena, spingendo il pubblico ad assumere un
atteggiamento critico nei confronti dello spettacolo che sta guardando.
357
LE, p. 331.
358
CTB, p. 294.
116
sulla natura testuale della nostra conoscenza del mondo e della storia,
una conoscenza mediata e non oggettiva: «The past really did exist,
but we can only know it today through its textual traces»359.
Tuttavia, a differenza dei romanzi analizzati dalla critica canadese
– tutti di stampo chiaramente postmodernista – e di altre opere
dell’autore, ne Los enamoramientos la fusione di materiali di realtà e
fantasia non è esplicitata attraverso un’autocoscienza della narrazione.
Sebbene, come si è visto, non manchino considerazioni a proposito
del fatto che passato che esiste solo in qualità di racconto, la
complessità attraverso cui in questo romanzo finzione e realtà
vengono equiparate rimane in parte ignorata, se il lettore non riesce a
risalire alla fonte primaria rappresentata dagli articoli.
Stabilire il legame intertestuale cambia la lettura dell’opera anche
in un altro senso, consentendoci di osservare il laboratorio dello
scrittore da una prospettiva privilegiata e di apprendere qualcosa a
proposito della genesi del romanzo. L’aneddoto letto sui quotidiani
mette in moto la fantasia e il pensiero dell’autore. Come già ricordato,
all’interno del romanzo Díaz-Varela spiega come ciò che importa delle
opere di finzione non è la trama, ma son le riflessioni che ci spingono
a fare, le idee che ci suggeriscono i loro casi immaginari, che
ricordiamo con maggior nitidezza rispetto a quelli reali. Ebbene,
scoprendo la fonte da cui Marías ha sviluppato Los enamoramientos,
possiamo immaginarlo leggere gli articoli sulla romanzesca morte
dell’impresario proprio come se si trattasse di racconti, traendo da essi
lo spunto per una riflessione che occupa le oltre 400 pagine dell’opera
e che, a partire da un evento particolare, arriva a toccare vari grandi
359
Hutcheon, A Politics of Postmodernism, cit., p. 78.
117
temi universali come la morte, il tradimento, la colpa, il pericolo della
conoscenza.
118
119
6. Personaggi migranti
6.1 Forme e funzioni
Anche i personaggi possono fungere da legami intertestuali, qualora
«acquistino vita propria rispetto alle opere che li contengono, e
riescano a sopravvivere e a reincarnarsi nelle opere successive»360. Ciò
avviene frequentemente all’interno della produzione di Marías, dove
«personajes de artículos periodísticos, relatos y novelas se perfilan en
unas narraciones para desarrollarse o perfeccionarse en otras»361,
rinforzando così l’unità del suo universo letterario. Come nota Sandra
Navarro, si tratta in questo caso di un’intertestualità «interna»362, cioè
limitata alle relazioni tra gli scritti dell’autore. I suoi personaggi
migranti, infatti, non provengono mai da opere di altri scrittori;
tuttavia, in alcuni casi essi sono la raffigurazione letteraria di persone
reali e sono quindi comunque frutto di intersezioni fra mondi diversi.
Anche attraverso i personaggi, dunque, Marías confonde i confini tra
360
Polacco, L’intertestualità, cit., p. 42.
Sandra Navarro Gil, Los relatos de Javier Marías, http://www.liceus.com/cgibin/ac/pu/Sandra%20_Navarro_JavierMarias.asp
(ultima
consultazione:
20/8/2013). Solo per fare alcuni esempi di personaggi intertestuali in opere
dell’autore diverse da quella che prendiamo in analisi, ricordiamo che il León de
Nápoles è presente sia ne El siglo che ne El hombre sentimental (inoltre, come nota
Hezberger, «he may also be the unnamed character in María’s hybrid text El
monarca del tiempo, where we can infer – though not affirm – that he appears in the
segment entitled Portento, Maldición», Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit.,
n. 6, p. 74); Custardoy compare in Corazón tan blanco, Tu rostro mañana e nel
racconto Figuras inacabadas. Per un’analisi dei vari Custardoy nell’opera di Marías,
si veda: Rebeca Martín, La lección de Alan Marriott. Sobre los nexos nefastos y las parejas
espantosas en Tu rostro mañana, in Grohmann y Steenmeijer (bajo la dirección de),
Allí donde uno diría que no puede haber nada, cit., pp. 269-282. Per ovvie ragioni, poi,
diversi personaggi di Todas las almas tornano in Negra espalda del tiempo e nella
trilogia. Per fare invece un esempio di osmosi tra gli articoli e la narrativa,
ricordiamo la figura del maggiordomo che, presentata per la prima volta
nell’articolo La venganza y el mayordomo (Pasiones pasadas, Anagrama, Barcellona,
1991), veniva poi recuperata nel racconto Lo que dijo el mayordomo (MED).
362
Ibidem.
361
120
realtà e finzione.
Il riconoscimento di queste figure provoca nel lettore la
sensazione di appartenere a un circolo di destinatari speciali e
selezionati, più vicini all’autore e in grado di comprendere il suo
linguaggio autoreferenziale. Tali agnizioni possono però talvolta
andare al di là del puro piacere ludico ed “erudito” e servire a mettere
in relazione testi diversi, generando nuovi significati.
Nella produzione di Marías la dimensione intertestuale dei
personaggi può basarsi su elementi diversi ed essere più o meno
specifica. In alcuni casi possiamo riconoscere un identico personaggio
spostarsi attraverso differenti testi, in altri di esso si manterranno solo
alcuni dettagli come il linguaggio, il nome o certi tratti dell’aspetto
fisico.
Ne Los enamoramientos veri e propri personaggi intertestuali sono
Francisco Rico e Ruibérriz de Torres, due figure ricorrenti nell’opera
dell’autore. Questi, nelle loro peregrinazioni, non oltrepassano solo il
confine tra testi, ma anche quello tra realtà e finzione. Un altro
personaggio migrante (più difficilmente riconoscibile) è il medico che,
secondo quanto dice Díaz-Varela, avrebbe diagnosticato a Deverne il
suo male. Si tratta del Dottor Vidal, che ritroviamo in due articoli
pubblicati su El País.
Diverso il caso di Luisa, Díaz-Varela e María che, pur non
essendo già noti ai lettori di Marías, stabiliscono comunque delle
connessioni con altri testi, riecheggiando alcuni tratti specifici di
personaggi che vi compaiono.
Per quanto riguarda Luisa, come osserva Maricarmen R.
Margenot, è il nome che contribuisce a creare «un alto grado de
121
intertextualidad»363: si chiamano così, infatti, le mogli dei narratori dei
romanzi Corazón tan blanco e di Todas las almas (e quindi anche di Tu
rostro mañana) e dei racconti Mientras ellas duermen, Domingo de carne e
Cuando fui mortal; Luisa è anche la sorella di Marta Téllez in Mañana en
la batalla piensa en mí. Interrogato sul perché di quest’uso ricorrente,
l’autore ha dichiarato:
No hay más razón que esta: me siento cómodo, en las novelas, con
pocos nombres de pila. Unos me parecen demasiado vulgares (como
no llamarle nada al personaje), otros demasiado literarios o
alambicados. Luisa es uno de los que me van bien, por eso lo utilizo
en casi todas mis novelas. También Marta, por ejemplo. En mi vida
personal no ha habido ninguna Luisa ni ninguna Marta de
importancia para mí. No hay más, de verdad.364
Anche il cognome di Luisa era già comparso nell’opera di Marías: si
chiamava Gómez Alday il commissario del racconto Sangre de lanza365.
Come si avrà modo di evidenziare, nel caso di Díaz-Varela,
invece, è attraverso alcuni tratti fisici che si stabiliscono delle analogie
con alcuni altri testi, nonché con la realtà, poiché queste fattezze sono
quelle dello stesso Marías366.
Sandra Navarro, infine, ritiene una figura intertestuale che crea
coesione nell’opera di Marías anche «ese incansable narrador que una y
otra vez nos atrapa con su cadenciosa voz» e che «aparece
363
Maricarmen R. Margenota, El narrador ante el personaje femenino en algunas obras de
Javier Marías, «Crítica Hispánica», n. XXIV, 2003, p. 99.
364 Entrevistas digitales. Los internautas preguntan a Javier Marías, 11/4/2011,
http://www.elpais.com/edigitales/entrevista.html?id=7920 (ultima consultazione
6/9/2013).
365
Pubblicato per la prima volta a puntate su El País (dal 27 agosto al 1 settembre
del 1995), poi inserito nelle raccolte Cuando fui mortal e Mala índole.
366
Lo dichiara anche lo stesso autore nell’intervista tenuta presso l’Istituto
Cervantes di Madrid il 28 aprile del 2011. Per il discorso completo vedi
http://cervantestv.es/2011/04/28/conversacion-con-javier-marias/
(ultima
consultazione: 22/7/2013).
122
indistintamente en los relatos y en las novelas del autor»367. Abbiamo
già sottolineato nell’introduzione come in effetti, nonostante il sesso
femminile, la voce narrante de Los enamoramientos sia assimilabile a
quella delle opere precedenti, sia per lo stile linguistico che per la
riflessività.
6.2 Javier Díaz-Varela
Come si accennava, Marías ha ceduto alla figura di Díaz-Varela le sue
sembianze fisiche, come emerge chiaramente dal confronto tra la
descrizione del personaggio e quelle che l’autore fa di sé
nell’Autorretrato farsante di Miramientos e in Negra espalda del tiempo. Tra
questi testi si rilevano infatti importanti analogie e vere e proprie
autocitazioni (in corsivo evidenziamo gli elementi ricorrenti)368:
[Los enamoramientos] Era varonil, calmado y bien parecido, aquel Javier
Díaz-Varela. Aunque afeitado con esmero, se le adivinaba la barba, una
sombra levemente azulada, sobre todo a la altura del mentón enérgico, como
de héroe de tebeo (según el angulo y como le diera la luz, se le veía o no
partido). […] La facciones eran delicadas, con ojos rasgados de expresión
miope o soñadora, pestañas bastante largas y una boca carnosa y firme muy bien
dibujada, tanto que sus labios parecían los de una mujer traplantados a una cara
de hombre [..]. Daban ganas de besárselos, o de tocárselos, de bordear
con el dedo sus líneas tan bien trazadas, como si se las hubiera hecho un pincel
fino, y luego de palpar con la yema lo rojo, a la vez prieto y mullido.369
[Miramientos] El joven de la primera foto tiene veintitrés años […].
Con la mirada perdida en el infinito y las pestañas bien visibles y vueltas,
la boca de mujer que contrasta con la sombra de cerrada barba (quizá una barba
azulada) […]el conjunto presenta un aire tan subrayadamente
romántico que no puede sino ser falso […]
367
Navarro Gil, Los relatos de Javier Marías, cit.
Lo nota anche Elide Pittarello, cfr. l’intervento tenuto presso l’Istituto
Cervantes di Madrid il 16/7/2013 (http://cervantestv.es/2013/07/16/unacelebracion-de-la-lectura-de-javier-marias/, ultima consultazione: 14/10/2013).
369
LE, p. 111. I riferimenti alla bocca e alla miopia costellano l’intero libro e
costituiscono una delle vistose risonanze del romanzo.
368
123
En la segunda […] intenta resultar muy duro, y a ello lo ayuda un
poco el mentón más decidido que enérgico y fantasmalmente partido, pero esos
labios femeninos siguen restando veracidad a la representación elegida.
[…]
Ha perdido pelo y la frente es ahora un rasgo, antes era una transición
solamente. Se percibe bien el estrabismo del ojo izquierdo, claramente más
pequeño que el derecho, en el cual, en cambio, se adivina mejor la miopía
innegable. […]
Aquí sí resulta duro, pero es obvio que de nuevo está fingiendo. O
aún es más: está jugando. A ser Lee Marvin o Jack Palance o ni
siquiera: Ciu Gulager. Lo ayuda un poco la cerrada, azulada barba
[…].370
[Negra espalda del tiempo] […] y quizá se conserve aislado en otra
persona alguno de nuestros rasgos que habremos transmitido
involuntariamente, […] los ojos orientalizados o como pinceladas los
labios ―“boca de pico, boca de pico”―; o el mentón casi partido, las
manos anchas y en la izquierda un cigarrillo, yo no dejaré ningún
rasgo a nadie.371
È da segnalare, inoltre, che Díaz-Varela – così come Marías –
condivide il tratto della bocca anche con Ranz di Corazón tan blanco,
che l’ha «carnosa y demasiado delineada, como si hubiera sido añadida
en el último instante y perteneciera a otra persona, […] una boca de
mujer en un rostro de hombre»372. L’identicità di questo tratto fisico ci
sembra rinforzare il legame tra i due personaggi, che sono entrambi
assassini per permettere una sostituzione amorosa373.
Come interpretare invece la somiglianza fisica tra l’autore e DíazVarela? Nell’articolo Lo que no sucede y sucede, Marías sostiene che la
biografia di una persona non è determinata solo dai fatti che hanno
avuto realmente luogo, ma anche da tutti i suoi desideri incompiuti, da
ciò che ha scartato, non scelto o che semplicemente non ha ottenuto,
da ciò che ha perso, ossia da tutte quelle possibilità che non hanno
potuto realizzarsi; secondo l’autore «es precisamente la ficción la que
370
Javier Marías, Autorretrato farsante, in MIR, pp. 117-125.
NET, p. 21.
372
CTB, p. 182.
373
Vedi infra, § 4.2.
371
124
cuenta eso»374. L’uguaglianza dei tratti fisici sembra allora suggerire che
Díaz-Varela sia un alter ego dello scrittore, attraverso cui
rappresentare «quien [él] pud[o] ser pero no fu[e]»375. Il fatto che si
tratti di una figura così ombrosa non deve lasciare perplessi: Marías,
infatti, ama attribuire alcune delle sue caratteristiche ai personaggi più
negativi per fare ironia su sé stesso.
Anche il narratore di Todas las almas era servito all’autore per
esplorare la sua biografia rimasta in potenza. Nell’articolo Quién escribe,
commentava così le analogie che lo legano a lui:
Las semejanzas de este personaje conmigo mismo en lo referente a su
situación (digamos a lo comprobable) eran tan grandes que me
pareció ridículo «camuflarlo». Non hice ninguna descripción física de
él ni le di nombre (es decir, decidí mantener una ambigüedad que se
habría quebrado irremediablemente si en un momento dado el
Narrador hubiera dicho de sí mismo que era pelirrojo y medía un
metro noventa, o, por el contrario, que era castaño y medía uno
setenta; si hubiera dicho que se llamaba Juan o Pedro o, por el
contrario, que se llamaba Javier)376.
Possiamo osservare che la sovrapposizione che si viene a generare tra
l’autore e Díaz-Varela è speculare a quella descritta: i due hanno le
stesse fattezze e lo stesso nome di battesimo377, ma a proposito della
374
Javier Marías, Lo que no sucede y sucede, in LYF.
Id., Quién escribe, in LYF.
376
Ibidem.
377
Come nota Valls, con i nomi di Javier e María «casi podría componerse el del
autor» (Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32). Su questa coincidenza
onomastica che «no puede ser casual» (ibidem) riflette più diffusamente Jorge
Volpi, secondo il quale ne Los enamoramientos Marías, cedendo la sua voce a una
narratrice donna, cerca di ristabilire la natura ermafrodita degli esseri umani che si
sarebbe persa per una punizione divina (come sostenuto da Platone), salvo poi
dover «constatar que la ansiada reconciliación entre sus dos mitades ―entre Javier
y María― es, en efecto, inalcanzable» (Volpi, Los enamoramientos: un diálogo
platónico de Javier Marías, cit., p. 72).
Nella sua opera, Marías ama giocare con il proprio nome. Oltre che in Negra
espalda del tiempo, anche nel racconto Lo que dijo el mayordomo (MED) il narratore si
chiama Javier Marías. Il racconto Gualta (MED) ha per protagonisti due
375
125
loro “situazione” si mantiene una certa vaghezza e probabilmente non
è casuale il fatto che Díaz-Varela sia l’unico, nel libro, di cui non
conosciamo il mestiere378. Certo, nessun lettore sarà facilmente
disposto a ritenere Marías il mandante di un assassinio379, ma è pur
vero che, se anche lo fosse, non lo sapremmo, come nessuno lo sa
della figura da lui creata.
Ne Los enamoramientos l’identificazione tra autore e personaggio è
complicata dal fatto che non hanno lo stesso cognome. Questa
differenza, come nota lo stesso Marías, ha una portata maggiore
rispetto al «sencillísimo subterfugio»380 di Todas las almas che voleva il
narratore sposato e con un figlio, quando l’autore è invece scapolo:
Pues hay, a mi judicio, una diferencia sustancial entre el recurso
empleado en la página 107 (el Narrador casado y con un hijo) y el
recurso desdeñado desde el principio (el Narrador pelirrojo y altísimo
o el Narrador llamado Juan), y la diferencia estriba en que, así como
yo, el autor, nunca podría ser un individuo pelirrojo y de un metro
personaggi identici che si chiamano Javier e Xavier (questo è il nome con cui
l’autore veniva chiamato dalla madre e anche quello che ha scelto in qualità di
regnante dell’isola di Redonda). Javier è infine il falso nome con cui il narratore di
Mañana en la batalla piensa en mí si presenta alla prostituta che gli sembra la sua exmoglie.
378
Intervistato da Michela Murgia per il Circolo dei lettori (Torino) il 3 dicembre
2012, Marías ha dichiarato che c’era un preciso motivo per cui non aveva voluto
specificare il lavoro svolto da Díaz-Varela, dicendo che lo avrebbe spiegato più
avanti se la scrittrice glielo avesse chiesto, il che però non è avvenuto. Per il
discorso
completo
vedi:
http://www.youtube.com/watch?v=wmtT
KJ488RE&list=P-L1X2j-_j8IF0ZsiUIMiycbhc78RwKANCa (ultima consultazione: 21/8/2013).
379
Vedi però quanto scrive César Pérez Gracia a proposito della raccolta Mala
índole «Llega uno a preguntarse si la biografía del autor madrileño es fiable, o si por
el contrario, en lugar de dar clases en Oxford o Boston, ha estado a la sombra en
algún presidio de campanillas. No sé, un doctorado en delincuencia comparada
por Alcatraz o Sing Sing. El estrangulador de Chamberí. Su familiaridad con ese
mundo, su simpatía o cercanía, su forma de codearse con personajes siniestros,
nos deja atrapados a la página como meros comparsas. Es casi imposible asimilar
ese mundo sin haberlo vivido. ¿Basta el cine o la imaginación literaria para
lograrlo?» (César Pérez Gracia, De Oxford a Alcatraz. Cuentos de Marías, «Heraldo»,
18 ottobre 2012).
380
Marías, Quién escribe, cit.
126
noventa, ni llamarme Juan (puesto que me llamo Javier), yo, el autor,
sí podría haberme casado y haber tenido un hijo a mi regreso de la
ciudad de Oxford.381
Attraverso l’imperfetta omonimia Marías quindi rinuncia, da un punto
di vista strettamente logico, all’ambiguità su cui si fondano Negra
espalda del tiempo e Todas las almas e, con essa, a tutta una
rappresentazione particolarmente complessa della relazione tra realtà e
letteratura. Tuttavia, le analogie che abbiamo indicato (e a cui si
possono aggiungere la residenza a Madrid, l’amicizia con Francisco
Rico, la tendenza alla digressione, l’amore per la letteratura e in
particolare per i classici, la conoscenza della lingua francese)
continuano a suggerire che l’autore sta proiettando «un’altra immagine
di sé nell’opera, sdoppiandosi»382 per esplorare, attraverso la
letteratura, le vite che ha scartato. Secondo lo stesso Marías,
d’altronde, è proprio questa l’unica ragione per cui abbia senso
scrivere romanzi, come dichiara nell’articolo Siete razones para no escribir
novelas y una sola para escribirlas:
Escribirlas [las novelas] permite al novelista vivir buena parte de su
tiempo instalado en la ficción, seguramente el único lugar soportable,
o el que lo es más. Esto quiere decir que le permite vivir en el reino de
lo que pudo ser y nunca fue, por eso mismo en el territorio de lo que
aún es posible, de lo que siempre estará por cumplirse, de lo que no
está aun descartado por haber ya sucedido ni porque se sepa que
nunca sucederá.383
381
Ibidem.
Massimo Fusillo, L’altro e se stesso. Teoria e storia del doppio, La Nuova Italia
Editrice, Firenze, 1998, p. 18.
383
Javier Marías, Siete razones para no escribir novelas y una sola para escribirlas, in LYF.
Nel discorso di ingresso alla Real Accademia l’autore individua un’altra ragione
per scrivere romanzi, così riassunta da Francisco Rico: «JM ha empezado su
discurso con una confesión de humildad y lo ha acabado con una manifestación
de arrogancia. El razonamiento, dejado en los huesos, viene a ser éste: contar la
realidad es empresa imposible, porque toda realidad es infinitamente compleja,
multiforme, y el lenguaje no llega a abarcarla por entero; precisamente por esa
382
127
6.3 Ruibérriz de Torres
Nell’articolo Ser y no ser quien se es, Marías ci racconta che Ruibérriz è
uno dei cognomi della sua famiglia e che da questi cognomi egli ha
liberamente attinto, specialmente per attribuirli a personaggi «más bien
sinvergüenzas o amenazantes»384. Come ha dichiarato in un’intervista a
Elide Pittarello, alla base di questa omonimia:
c’è una specie di ammiccamento, non rispetto al lettore, che non deve
per forza sapere quali sono i miei cognomi secondari, ma rispetto a
me stesso, vale a dire: «Io sono anche questo, sono anche questi
individui senza scrupoli». Lo posso essere in modo effimero o lo
posso essere in modo immaginario.385
Possiamo dunque scorgere anche in questo personaggio un riflesso
dell’autore, il più autoironico386.
Ruibérriz è uno dei nomi più ricorrenti nella sua opera. Prima
che ne Los enamoramientos, personaggi secondari così chiamati
comparivano, infatti, già in Mañana en la batalla piensa en mí e nel
racconto Sangre de lanza387; inoltre, il lungo racconto Mala índole ne
aveva uno come protagonista e narratore.
Analizziamo queste figure, per capire se ad accomunarle sia solo
il nome (come nel caso delle molte Luisa) o se si possa invece parlare
imposibilidad, sólo el autor de ficciones puede contar las cosas por entero, porque
incluso cuando asume elementos reales las cosas no tienen más dimensión que el
lenguaje y es el tránsito a la ficción lo que les da una realidad inalterable y
permanente» (Rico, Contestación a Sobre la dificultad de contar, cit., p. 47).
384
Javier Marías, Ser y no ser quien se es, 2005, http://www.javiermarias.es/2005/08/javier-maras-ser-y-no-ser-quien-se-es.html
(ultima
consultazione:
20/6/2013). L’altro cognome della famiglia dell’autore ceduto a personaggi
negativi è Custardoy.
385
Marías, Voglio essere lento, cit., p. 33.
386
L’autore si prende in giro anche nel capitolo dedicato agli scrittori: «todavía hay
algún pirado que sigue utilizando esta última [la máquina] y al que después hay que
escanearle los textos, cuando los entrega» (LE, p. 32). Cfr. Valls, El hombre de la flor
de lis, cit., p. 33.
387
Il racconto fu pubblicato per la prima volta a puntate su El País nel 1995 e poi
incluso nella raccolta Cuando fui mortal.
128
di uno stesso personaggio migrante. Cominciamo confrontando la
descrizione del Ruibérriz de Los enamoramientos con quella presente in
Mañana en la batalla piensa en mí (evidenziamo in corsivo gli elementi
ricorrenti):
[Los enamoramientos] Había cumplido ya los cinquenta, sin embargo
todo en él aspiraba al juvenilismo: el agradable pelo echado hacia atrás y con
ondulaciones sobre la sienes, un poco abultado y largo pero ortodoxo, con mechones
o bloques de canas que no le daban respetabilidad porque semejaban artificiales,
como de mercurio; el tórax atlético aunque ya levemente abombado, como les
sucede a quienes evitan a toda costa engordar en el abdomen y han
cultivado los pectorales; la sonrisa abierta que dejaba ver una dentadura
relampagueante, el labio superior se le doblaba hacia arriba, mostrando su parte
interior más húmeda y acentuando con ello la salacidad del conjunto. Tenía una
nariz recta y picuda con el hueso muy marcado, parecía más romano que
madrileño y me recordaba a aquel actor, Vittorio Gassman, no en su
vejez de aire más noble sino cuando interpretaba a truhanes. Sí,
saltaba a la vista que era jobial, y un farsante. Cruzó los brazos de modo
que cada mano cayó sobre el bíceps del otro lado ―los tensó al instante, un acto
reflejo―, como si se los acariciara o midiera, como si quisiera hacerlos
resaltar pese a tenerlos ahora cubiertos por el abrigo, un gesto estéril.
Podía imaginármelo en niki, perfectamente, y aun con botas altas, una barata
imitación de jugador de polo frustrado al que jamás se consintió
subirse a un caballo388.
[Mañana en la batalla piensa en mí] […] un sujeto demasiado bien vestido
y coqueto, demasiado oloroso y apuesto y demasiado atlético, de
sonrisa demasiado cordial y continua y dientes demasiados blancos y
rectangulares y sanos, con un agradable pelo echado atrás y con ondulaciones
sobre las sienes, un poco abultado pero ortodoxo, con algunas canas que no le dan
respectabilidad porque parecen pintadas o de mercurio (un pelo de músico),
amable y dicharero en exceso, de actitud nada modesta y descomunal
optimismo, alguien jovial y que no quiere sino gustar o no sabe hacer
otra cosa que procurarlo, lleno de proyectos y sugerencias, con
demasiadas ideas no solicitadas, demasiado activo, algo aturdidor y
que inevitablemente da la impresión de buscar algo más de lo que está
proponiendo, un enredador en suma. Tiene largas pestañas vueltas, la
nariz recta y picuda con el hueso muy marcado, y el labio superior se le doblaba
hacia arriba al sonreír y reír (y ríe y sonríe mucho), dejando ver su parte interior
más humeda y confiriendo a su rostro una salacidad innegable que parece
involuntaria (no es extraño que cautive a bastantes tipos de mujeres).
Siempre está muy erguido para subrayar su estómago demasiado plano y sus
pectorales tan pronunciados, cuando está de pie suele cruzar los brazos de
manera que cada mano cae sobre el bíceps del otro lado, parece que se los estés
388
LE, pp. 215-216.
129
acariciando o midiendo. Es uno de esos individuos a los que, vayan como vayan
vestidos uno ve siempre en niki y con botas altas, y creo que con esto ya he
dicho bastante.389
Possiamo osservare che le analogie sono numerosissime e troviamo
anche precise riprese testuali – ad esempio tornano perfettamente
identiche la descrizione del naso e dei capelli –, tanto che Fernando
Valls non ha dubbi sul fatto che il Ruibérriz de Los enamoramientos sia
un «personaje que procede de Mañana en la batalla piensa en mí»390. Al di
là delle somiglianze fisiche e dei riferimenti linguistici, più in generale i
due personaggi possono essere associati per una somiglianza di ruoli
all’interno della storia. Infatti entrambi svolgono la funzione
dell’aiutante e vengono sfruttati per le loro conoscenze di persone e
ambienti: il Ruibérriz de Los enamoramientos permetterà a Díaz-Varela di
compiere l’omicidio di Miguel Deverne, mentre quello di Mañana en la
batalla piensa en mí sarà il ponte che consente al narratore di entrare in
contatto con la famiglia di Marta Téllez. Tutti e due, infine, lavorano
come scrittori ombra.
Per quanto riguarda il confronto con il Ruibérriz di Sangre de
lanza, date le dimensioni assai ridotte di questo testo, si hanno meno
elementi da paragonare e le somiglianze risultano più generiche,
seppure non manchino. Innanzitutto, troviamo di nuovo un’affinità di
ruoli: anche in questo caso, infatti, la sua funzione è quella
dell’aiutante. Oltre a questo, i due personaggi sono accomunati dalla
passione per le donne, accompagnata da atteggiamenti simili in loro
presenza. Vediamo ad esempio come si comporta il Ruibérriz del
racconto:
389
390
MBM, pp. 112-113.
Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32.
130
Ruibérriz de Torres se alisó el pelo con coquetería. Le bastaba saber
que había una mujer notable en las inmediaciones para segregar
virilidad y ponerse presumido. Aunque él no la viera ni ella a él; todo
un poco animalesco, se le hinchó el niki.391
Di un altro spessore, invece, sono le analogie con il narratore del
racconto Mala índole. Prima di analizzare il loro legame e, soprattutto,
in che modo il giudizio del lettore sul Ruibérriz del romanzo possa
cambiare conoscendo quello del racconto, non sarà superfluo
ripercorrere brevemente la trama di Mala índole, essendo questa
un’opera minore.
Il testo è uscito per la prima volta a puntate su El País nel 1996
(dal 19 al 24 agosto); nel 1998 la casa editrice Plaza y Janés ne ha
stampato un volume in edizione limitata e nel 2012 è stato pubblicato
nuovamente all’interno di una raccolta di racconti dell’autore, intitolata
proprio Mala índole. La vicenda è ambientata in Messico, intorno al set
di un film avente come protagonista Elvis Presley. Il narratore è
appunto un certo Ruibérriz de Torres, spagnolo, ventidue anni,
assunto dalla troupe come insegnante di dizione per l’attore (questi
dovrà infatti cantare alcuni pezzi in lingua spagnola). Elvis è pieno di
energie e quando finiscono le riprese organizza sempre delle piccole
spedizioni a Città del Messico con alcuni dei componenti della troupe,
tra cui lo stesso narratore. Durante una di queste uscite serali Elvis e
gli altri si trovano a discutere animatamente con i proprietari di un
locale. Ruibérriz, l’unico a conoscere sia l’inglese che lo spagnolo, è
chiamato a svolgere il ruolo di interprete tra i contendenti. Il passo è
estremamente interessante e può ricordare l’episodio di Corazón tan
blanco in cui Juan e Luisa si conoscono. In Mala índole, tuttavia,
l’interprete svolge la sua funzione in maniera impeccabile: non gioca, a
391
CFM, p. 186.
131
differenza di Juan, con i suoi interlocutori, deviando la conversazione
verso direzioni da lui prescelte. Per sottolineare la fedeltà della
traduzione, l’autore sceglie di trascrivere due volte la stessa identica
frase, sempre in spagnolo, anche quando essa dovrebbe comparire in
inglese, come si può osservare negli esempi seguenti:
Hizo un ovillo con el pañuelo y se lo tiró al gordo de las malas pulgas
diciéndole en inglés: “¿Está loco o qué? Ha podido matarlo”. Flotó la
seda en su viaje.
—¿Qué ha dicho ese? —me preguntó Romero enseguida, ya se había
dado cuenta de que yo era el único de la partida que hablaba la lengua.
—Que si está loco, ha podido matarlo —contesté automáticamente.
—No es para tanto —añadí de mi cosecha392.
—Le vas a decir esto palabra por palabra al bigotes, Roy, no te dejes
ni una sílaba. Dile esto: Usted es un matón y un cerdo, y la única
maricona gorda es su amiguita del pañuelo. —Así dijo en inglés, con
la boca torcida que se le ponía a menudo y que hacía desconfiar de él
a las madres de sus fans más jóvenes. […]
Y yo se lo dije a Ricardo César, le dije en español (pero con titubeos):
―Usted es un matón y un cerdo, y la única maricona gorda es su
amiguita del pañuelo. —En español sí dije “maricona gorda” tal cual,
y nada más soltarlas me di cuenta de que era la primera vez que esas
palabras concretas se pronunciaban allí realmente, aunque no eran
mucho más ofensivas que “bailona” o “nena vieja”.393
Le parole nell’universo di Marías hanno un peso e fungere da
interprete non può non avere conseguenze. Cosicché, quando Elvis e
gli altri decidono finalmente di abbandonare il locale, i proprietari li
lasciano andar via, ma trattengono Ruibérriz. Le sue parole sono state
le uniche che hanno compreso, non possono verificare l’esattezza
della traduzione e quindi è con lui che si adirano. Ma, nel retro di un
locale, egli riesce a scampare alla sua esecuzione uccidendo il suo
assalitore e fuggendo nello spazio e nel tempo, perseguitato da un
terrore che non si placherà negli anni.
392
393
MI, pp. 78-79.
Ivi, pp. 86-88.
132
Il Ruibérriz di Mala índole è diverso dagli altri. Si tratta di una
figura più raffinata, priva di quei tratti volgari che caratterizzano i suoi
omonimi. La sua voce è la voce dei narratori di Marías, lontanissima
dall’eloquio rozzo del personaggio de Los enamoramientos e in questo
caso l’omonimia non sembra suggerire né giustificare alcuna
sovrapposizione. Il dubbio che essa non sia casuale, tuttavia, può
insinuarsi quando, en passant, il personaggio ricorda a Díaz-Varela che
è ricercato in Messico per un fatto successo tanti anni prima, quando
era solo un ragazzo. Nelle ultime pagine del romanzo, poi, María lo
incontra di nuovo e gli chiede di raccontarle cosa gli fosse successo in
quel Paese, tanti anni prima. Questi le rivela di aver ucciso un uomo,
ma di averlo fatto per legittima difesa. Tutto era avvenuto per colpa di
Elvis Presley, per il quale stava lavorando.
A questo punto, l’agnizione è inevitabile per il lettore di Mala
índole (anche l’età coincide: i due avevano entrambi ventidue anni
quando vissero la medesima avventura). Chi legge crederà a Ruibérriz,
saprà che dice il “vero” (accettando come verità quella dell’universo
letterario di Marías), e la sovrapposizione che finalmente si compie
muterà in positivo la sua percezione del personaggio: l’empatia che
aveva provato nei confronti del narratore del racconto dovrà, infatti,
necessariamente
trasferirsi
anche
sul
personaggio
de
Los
enamoramientos. Tuttavia, le differenze tra i due continuano a creare
delle
stonature
insanabili,
generando
nel
lettore
un
certo
disorientamento. Lo sconcerto viene aumentato dal fatto che per la
prima volta questi sentirà venire meno l’aderenza tra sé e la voce della
narratrice, che sinora l’aveva guidato394: non potrà dubitare con lei di
394
Per questo rapporto di identità tra personaggio e lettore, cfr. Fusillo, L’altro e se
stesso, cit., p. 18.
133
Ruibérriz e, con lei, deriderlo o compatirlo. Così infatti la narratrice
commenta la sua confessione:
―¿Quieres decir de Elvis Presley en persona?
―Sí, trabajé con él durante unos diez días, durante el rodaje de una
película en México.
Ahora sí que solté una carcajada abierta, pese a lo sombrío de todo el
contexto.
―Ya ―dije aún riéndome―. ¿Y también sabes en qué isla vive, come
sostienen sus devotos? ¿Y con quién está por fin escondido, con
Marilyn Monroe o con Michael Jackson?395
C’è però anche un altro gruppo di lettori, quelli che non conoscono
Mala índole, per i quali non si produrrà, verosimilmente, alcuno
scollamento tra le impressioni della narratrice e le proprie. Come a
María, anche a loro sembrerà che Ruibérriz stia mentendo e questa sua
bugia contribuirà a rinforzare la commiserazione mista a rimprovero
che provano nei suoi confronti.
Oltre a produrre una diversa lettura dell’opera, questo
riferimento intertestuale rappresentava un premio per i lettori più
fedeli dello scrittore: quando uscì Los enamoramientos, Mala índole era
conosciuto solo dai lettori di nicchia, non solo perché il genere del
racconto è meno popolare rispetto a quello del romanzo, ma anche
perché l’edizione del 1998 era introvabile da tempo. Tuttavia, la
promozione che ha accompagnato la riedizione dell’opera nel 2012 ha
smascherato questo legame segreto, riducendo il piacere che poteva
essere ricavato dalla sua scoperta. Con l’obiettivo di incrementare le
vendite della raccolta, infatti, l’autore e la casa editrice hanno
esplicitato in più occasioni la provenienza letteraria del personaggio di
395
LE, pp. 383-384.
134
Ruibérriz396. Dunque, anche in questo caso, come per il volume di
racconti di Balzac, possiamo riscontrare un risvolto economico
dell’intertestualità e vedere come essa possa essere sfruttata per
contagiare con il successo dello scrittore anche opere meno
commercializzabili397.
6.4 Francisco Rico
Ne Los enamoramientos Francisco Rico è un amico di Díaz-Varela, che
lo porta a casa di Luisa mentre vi si trova anche María, «para no
dejarlo tirado a la calle»398.
Il professore viene tratteggiato come un uomo “desdeñoso”,
disinteressato al mondo che lo circonda e così poco pragmatico da
risultare decisamente impacciato. Durante la sua breve apparizione fa
una gaffe dopo l’altra: lascia cadere la sigaretta a terra399, pronuncia una
396
Ad esempio, nella Nota previa all’edizione, Marías dichiara che a Mala índole si fa
«leve referencia» ne Los enamoramientos (Javier Marías, Nota previa a esta edición, in
MI, p. 9) e nella quarta di copertina il racconto viene descritto come un romanzo
breve «sobre las divertidas y espeluznantes andanzas de un viejo conocido,
Ruibérriz de Torres, durante el rodaje en México de una película con Elvis
Presley». L’autore parla del legame tra i due testi anche in un’intervista rilasciata a
Cadena SER il 10 ottobre 2012 per la promozione della raccolta (per il discorso
completo vedi: http://www.cadenaser.com/cultura/video/literatura-_escritor_entrevista- _javier _marias-cuentos-javier-marias/csrcsrpor/20121010csrcsrcul
_1/Ves, ultima con-sultazione 21/8/2013).
397
Vedi anche: Cecilia Dreymüller, Las leyes del mercado. Acerca del fenómeno literario y
editorial de Javier Marías, in José Manuel López de Abiada, Hans-Jörg Neuschäfer y
Augusta López Bernasocchi, Entre el ocio y el negocio: industria editorial en la España de
los 90, Verbum, Madrid, 2001, pp. 83-92. L’articolo, in cui si descrivono le
relazioni intertestuali che intercorrono tra Todas las almas e Negra espalda del tiempo
come un puro espediente commerciale (l’autrice parla di «autoplagio»), è tuttavia a
nostro parere poco scientifico e caratterizzato da un’eccessiva vena polemica.
398
LE, p. 101.
399
Ne Los enamoramientos e in Tu rostro mañana osserviamo Rico fumare una
sigaretta con identica noncuranza: TRM3, p. 239: «Estaba indolentemente sentado
en una butaca, […] en la mano un cigarrillo cuya ceniza dejaba caer al suelo
dándole golpecitos tenues con la uña del pulgar al filtro. Era obvio que si alguien
no le ponía un cenicero justo debajo, él no iba a molestarse en buscarlo», LE, pp.
135
parolaccia davanti al figlioletto di Luisa e inizia a parlare di coltellate
risvegliando involontariamente nella vedova brutti ricordi.
Il famoso cattedratico non è l’unico personaggio reale presente
nei romanzi di Marías: a lui vanno aggiunti, per fare degli esempi, lo
scrittore John Gawsworth (di cui si parla in Todas las almas, in Negra
espalda del tiempo e nel racconto Un epigrama de lealtad400), il professor
Peter Russell (chiamato Peter Wheeler in Tu rostro mañana) e Margaret
Thatcher (si ritiene infatti che sia lei il funzionario inglese di Corazón
tan blanco). La presenza di queste figure «en compañía de personajes y
en una situación enteramente ficticios»401 rappresenta un chiaro
esempio di osmosi tra il mondo della realtà e quello della fantasia.
L’autore, tuttavia, ha avuto cura di sottolineare che «el hecho
accidental de que alguien lleve en una novela el mismo nombre que
lleva en la vida no priva de ser ficticio al de la novela, esto es, al que es
contado o representado»402. Questo concetto, ne Los enamoramientos, è
evidenziato dal fatto che Francisco Rico è il protagonista di quello che
Jorge Volpi definisce uno degli episodi più romanzeschi dell’opera403 e
che appare come un personaggio di finzione anche a María; questo è
104-105: «Sacó un cigarrillo y lo encendió, como si hacerlo sin consultar fuera hoy
tan normal como cuarenta años atrás. Luisa le alcanzó en seguida un cenicero […]
El Profesor hizo un gesto condescendiente con la mano en la que sostenía el
cigarrillo, y al hacerlo se le cayó. Lo miró en el suelo con desagrado y curiosidad,
como si fuera una cucaracha andante que no era de su responsabilidad, y esperara
que alguien la recogiera o la matara de un pisotón y la apartara de un puntapié. Al
no inclinarse nadie, echó mano de su cajetilla y sacó otro pitillo. No parecía
importarle que el caído pudiera quemar la madera, debía de ser de esos hombres
para los que nada es grave y que suponen siempre que otros lo pondrán todo en
su sitio y arreglarán los desperfectos».
400 Il racconto fu pubblicato per la prima volta nel 1989 su Revista de Occidente
(numeri 98-99), successivamente fu incluso nella raccolta Mientras ellas duermen.
401
Javier Marías, Sobre la dificultad de contar, Real Academia Española, Madrid, 2008,
p. 35.
402
Id., El profesor contado, in LYF.
403
Volpi, Los enamoramientos: un diálogo platónico, cit., p. 72.
136
infatti ciò che pensa la narratrice osservando il professore parlare con
Díaz-Varela a casa di Luisa:
Tenerlos delante era como asistir a una función teatral, como si
dos actores hubieran entrado en escena y hablando e hicieran
caso omiso del público de la sala, como por otra parte sería su
deber.404
Il personaggio crea un ponte, oltre che tra il mondo della finzione e
quello della realtà, anche tra le diverse opere di Marías: si tratta infatti,
come si accennava, di una figura ricorrente. Prima che ne Los
enamoramientos era stato oggetto di “camei letterari”405 in altri tre dei
suoi romanzi: Todas las almas, Corazón tan blanco e Veneno y sombra y adíos
(nei primi due veniva nascosto sotto gli pseudonimi di del Diestro e
Villalobos)
406
; inoltre, appariva nel falso romanzo Negra espalda del
tiempo e nell’articolo El profesor contado407.
Il legame intertestuale stabilito dalla sua figura è rinforzato dal
ripetersi di alcuni elementi che lo accompagnano e che contribuiscono
a riportare alla memoria letture precedenti. In primo luogo, notiamo
una somiglianza strutturale: in tutti i romanzi in cui compare, Rico è
presente in un solo capitolo e svolge un ruolo accessorio
(«anecdótico», secondo le parole dello stesso autore)408; soltanto in
Corazón tan blanco produce un avanzamento della trama svelando a
Juan e a Luisa alcuni dettagli del decesso delle prime mogli di Ranz. La
sua principale funzione è comunque sempre quella di offrire il
404
Ivi, p. 105.
Sfruttiamo il termine cinematografico usato da Marías in NET (p. 61) e poi
ripreso da Fernando Valls in questo contesto (cfr. Valls, El hombre de la flor de lis,
cit., p. 33).
406
È lo stesso autore a confermarci che si tratta di lui in Negra espalda del tiempo.
407
L’articolo uscì per la prima volta su El País il 12 giugno 1998, poi è stato
raccolto in Literatura y fantasma.
408
Così lo descrive in NET, p. 60.
405
137
pretesto per inserire degli intermezzi comici all’interno della
narrazione409. La sua figura, infatti, è sempre ritratta in maniera
irriverente e la caratterizzazione del personaggio si basa sul contrasto
tra due aspetti: la seriosità accademica e la goffaggine. Nel caso di
Todas las almas, ad esempio, dopo essere stato presentato come «el
mayor y más joven experto mundial en Cervantes según él mismo»410,
lo osserviamo intento a scambiarsi effusioni con una ragazza
“ingombrante”411; in Corazón tan blanco, invece, questa ambivalenza
emerge chiaramente sin dalla sua prima ossimorica descrizione: «el
profesor Villalobos […] es sobre todo conocido (para un público muy
letrado) por sus estudios sobre pintura y arquitectura españolas del
XVIII, amén de por su infantilismo»412.
Anche nella sua rappresentazione fisica ci sono elementi reiterati.
Per cominciare, le sue fattezze sono sempre note ai narratori, ancor
prima di incontrarlo, per averlo visto in foto o in televisione413.
Ritornano poi la bocca umida414, la calvizie portata con nonchalance415 e
409
Come nota Elide Pittarello, episodi comici non mancano neanche nei romanzi
più cupi dell’autore e tutta la sua opera è percorsa da “fulgoraciones burlescas”
(cfr. Pittarello, Contar con el miedo, cit., p. 14). Ne Los enamoramientos contribuisce ad
arricchire questa dimensione anche il capitolo che parla degli scrittori (per un
approfondimento, vedi Pittarello, Prólogo, cit., p. 11).
410
TLA, p. 158.
411
«gruesa» (ivi, p. 165), «ingombrante» è la traduzione di Glauco Felici (Javier
Marías, Tutte le anime, Einaudi, Torino, 1999, p. 130).
412
CTB, pp. 334-335.
413
«Yo lo conocía de fotografías» (TLA, p. 158), «la cara de éste la conocía bien de
la televisión y los diarios» (TRM3, p. 237), «La cara del Profesor Rico la conocía
bien, ha salido numerosas veces en la televisión y en la prensa» (LE, p. 101).
414
«Después de cada bocado o trago se pasaba la servilleta por la boca mojada,
que seguía mojada después de secarsela» (CTB, p. 338), «boca grande, bien trazada
y como esponjosa» (TRM3, p. 238), «boca muelle» (LE, p. 101).
415
«una muy bien llevada calva» (TLA, p. 158), «un hombre calvo que curiosa y
audazmente no se comportava como calvo» (TRM3, p. 237), «su calva limpia y
muy bien llevada» (LE, p. 101).
138
l’abbigliamento raffinato416.
In particolare, circa quest’ultimo, è interessante notare che, in
Negra espalda del tiempo, l’autore/narratore ci informa che Rico non era
rimasto molto soddisfatto della sua apparizione in Todas las almas,
salvo «haberse visto complacido por algún detalle indumentario y dos
o tres adjetivos»417: Marías ha dunque insistito su questo punto per
lusingare l’amico, anche se in maniera beffarda. Analogamente, torna
ne Los enamoramientos ad attribuirgli «una melancolía de fondo»418,
tratto che il professore aveva dimostrato di apprezzare e desiderare
per le sue rappresentazioni. Secondo quando si racconta ancora in
Negra espalda del tiempo, infatti, quando Rico si informava sul
personaggio che avrebbe potuto impersonarlo in Corazón tan blanco,
avrebbe detto «No está mal, no me desagrada. Me ha gustado lo del
enaltecimiento. ¿Es melancólico el personaje?»419. Attraverso Negra
espalda del tiempo – che intrattiene con gli altri romanzi dell’autore una
relazione metatestuale – si amplifica, dunque, la dimensione
canzonatoria delle apparizioni di Rico.
In generale, si può affermare che la figura di Rico (così come
quella di Ruibérriz) genera nel lettore di Marías un piacere analogo a
416
In Todas las almas indossa una camicia di Ferré, in Corazón tan blanco un
doppiopetto di Gigli, in Tu rostro mañana un completo di Zelda o Cordeliani e una
camicia di Cuprì o Sensatini, ne Los enamoramientos si parla della sua «elegancia
negligente –algo inglesa, algo italiana–» (LE, p. 101) e ci si sofferma a lungo sulla
descrizione dei suoi abiti: «el Profesor Rico vestía una bonita chaqueta de color
verde nazi y llevava la corbata algo aflojada con despreocupación, una corbata más
intensa y luminosa –verde sandía, quizá– sobre una camisa marfil. Iba bien
intonado sin que pareciera haber mediado estudio en la acertada combinación,
pese al pañuelo verde trébol que asomaba del bolsillo de la pechera, quizá ese era
un verde de más» (ivi, p. 104).
417
NET, p. 61.
418
LE, p. 101.
419
NET, p. 62. Di seguito, il narratore si affrettava a specificare che «El profesor
Rico no es muy melancólico que digamos, quizá por eso le interesaba parecerlo en
la ficción» (ibidem).
139
quello che l’amante dei gialli prova di fronte al continuo ripresentarsi
dei topoi del genere: entrambi vengono pervasi da «un senso di pace e
di rilassamento, legato alla familiarità e alla rassicurazione data da
situazioni già conosciute e amate in precedenza»420.
6.5 Il Dottor Vidal
Come si accennava, il Dottor Vidal può essere considerato un
personaggio intertestuale perché, oltre che ne Los enamoramientos,
compare in due articoli di Marías. Nel primo, Disfrazados de mayores,
pubblicato il 4 gennaio 2009, l’autore descrive una riunione con i suoi
ex-compagni del Colegio Estudio; nel secondo, Ladrones de Heathrow,
pubblicato il 7 aprile 2013 e cioè dopo l’uscita del romanzo, racconta
di come sia stato derubato di alcuni oggetti comuni dagli agenti della
sicurezza dell’aeroporto di Londra.
Dalla lettura di questi testi scopriamo che il Dottor Vidal è l’alter
ego letterario di una persona reale e, nella fattispecie, di un amico
d’infanzia dell’autore, oggi suo cardiologo. Questo fatto è stato
confermato durante la presentazione de Los enamoramientos tenuta
presso l’Istituto Cervantes di Madrid421. In quella sede, Marías
raccontò anche che il medico – seduto in prima fila – lo aveva aiutato
a descrivere la malattia di Deverne.
Prima di questa dichiarazione e dell’uscita del secondo articolo
risultava abbastanza difficile stabilire il legame intertestuale necessario
per capire che il Dottor Vidal è una persone reale: probabilmente ben
pochi lettori erano consapevoli della sua apparizione in Disfrazados de
420
Bernardelli, La rete intertestuale, cit., p. 35.
Per il discorso completo tenuto il 28 aprile del 2011 vedi:
http://cervantestv.es/2011/04/28/conversacion-con-javier-marias/ (ultima consultazione: 22/7/2013).
421
140
mayores. Tuttavia, così come aveva fatto per l’articolo di cronaca sulla
morte di Marsans, nel romanzo l’autore fornisce numerosi indizi per
permettere al lettore di compiere autonomamente il riconoscimento.
Infatti, quando la narratrice insiste con Díaz-Varela perché le dica il
nome completo del medico, questi non solo glielo fornisce (si chiama
José Manuel Vidal Secanell e «con el segundo apellido no había
pérdida»422), ma le suggerisce anche il modo di rintracciarlo: «no tienes
más que consultar la lista del Colegio de Médicos o como se llame,
seguro que estará en Internet»423. Ulteriori informazioni vengono
fornite successivamente quando María scopre che il dottore lavora
presso la Unidad Médica Angloamericana, situata in Calle Conde de
Aranda, nel quartiere di Salamanca.
Con tutti questi dati, il lettore dotato di sufficiente spirito
investigativo (la narratrice dichiara di non averne abbastanza)424 può
iniziare a indagare sull’omicidio Deverne e controllare la versione di
Díaz-Varela, varcando a sua volta il confine tra realtà e finzione.
Sospetterà, comunque, con María, che il medico sia un «viejo
compañero suyo y no de Desvern»425 e che continuerà quindi a
coprirgli le spalle.
422
LE, p. 355.
Ivi, p. 343.
424
Cfr. ivi, p. 355.
425
Ibidem.
423
141
7. Intersezioni tra letteratura e arti visive
7.1 Il ruolo del cinema nell’opera di Marías
L’influenza del cinema sull’opera di Marías è evidente e lo stesso
autore ha in più occasioni riconosciuto i suoi debiti nei confronti di
quest’arte; tuttavia sono ben pochi i contribuiti critici che sono stati
dedicati a indagare questo aspetto del suo lavoro. Non è nostra
intenzione colmare qui tale lacuna: con questo paragrafo introduttivo
vorremmo solo offrire alcuni esempi dai quali speriamo si evinca, da
un lato, la longevità di questa relazione e, dall’altro, la pluralità di modi
in cui essa si è realizzata.
La settima arte ha influenzato l’opera di Marías sin dai suoi
esordi; anzi, Los dominios del lobo è senz’altro la sua opera più
“cinematografica”. Esso è stato definito da Herzberger «a novel made
of movies»426: si tratta, infatti, di un pastiche costruito, come dichiarato
dall’autore427, attingendo a piene mani da pellicole americane degli
anni quaranta e cinquanta e che può essere considerato una loro
novellizzazione428. Il debito è chiaramente svelato nel finale del
romanzo, quando, attraverso un meccanismo di metafinzione429,
scopriamo che le storie che abbiamo letto avevano luogo su uno
schermo cinematografico. Sebbene la schematizzazione di Genette
non sia stata pensata per catalogare i rapporti intermediali, ci sembra
426
Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 48.
Cfr. il prologo all’edizione del 1987.
428
Il termine novellizzazione indica la trasposizione di un film in un racconto
letterario. Vedi Guagnelini e Re, Visioni di altre visioni, cit., p. 54 e Raffaele De
Berti, La novellizzazione in Italia. Cartoline, romanzo, rotocalco, radio, televisione, «Bianco
e Nero», 1 (fascicolo 548), gennaio-aprile 2004.
429
Los dominios del lobo è stato definito appunto «a metafictional novel»
(Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 50).
427
142
di poter definire “ipertestuale” la relazione che lega Los dominios del lobo
ai film che l’hanno ispirato.
Sempre cercando di applicare le categorie del critico francese a
un campo per il quale non erano state inizialmente ideate,
catalogheremmo sotto la voce “intertestualità” le parti di Corazón tan
blanco e Mañana en la batalla piensa en mí
430
in cui l’autore descrive
alcune scene di film che i personaggi stanno guardando in televisione.
Il meccanismo ricorda da vicino quello che la critica cinematografica
indica con l’espressione citazione-riporto431: una citazione-riporto è
proprio la presenza di un film in un altro che si realizza per mezzo di
uno schermo secondario che compare all’interno dell’inquadratura.
Questa tecnica a sua volta è «facilmente assimilabile alla virgolettatura
nel verbale»432.
Non sempre però i riferimenti a scene tratte da film sono indicati
da marcatori così chiari. Infatti, come ha detto l’autore:
es raro que no haya en ellas [mis novelas] alguna escena o pasaje que,
calladamente, no sea deudor de algo contemplado en la oscuridad de
una sala y retenido en la memoria para siempre jamás.433
Ci sono poi racconti, come Mala índole e Menos escrúpolos, che hanno
inizio su dei set e che ci mostrano il mondo del cinema, invece che
430
Per l’analisi dei riferimenti cinematografici in questo secondo romanzo vedi
Elizabeth Scarlett, Victors, Villains, and Ghosts: Filmic Intertextuality in Javier Marías’s
Mañana en la batalla piensa en mí, «Revista canadiense de estudios hispánicos»,
vol. 28, n. 2, invierno 2004, pp. 391-410; Vincenzo Magitti, § La novellizzazione
postmoderna. Puig, Coover, Marías, Bram e Viel in id., Lo schermo tra le righe. Cinema e
letteratura del Novecento, Liguori Editore, Napoli, 2007; Herzberger, A Companion to
Javier Marías, cit., pp. 166 e 175.
431
Vedi Alberto Negri, Lucidi disincantati. Forme e strategie nel cinema postmoderno,
Bulzoni, Roma, 1996.
432
Guagnelini e Re, Visioni di altre visioni, cit., p. 18.
433
Javier Marías, Todos los días llegan, in DTS p. 30. Vedi Polverini, La violenza dello
sguardo, cit., pp. 146-147, dove si elencano alcuni ascendenti cinematografici di Tu
rostro mañana.
143
dall’usuale prospettiva dello spettatore in sala, da dietro le quinte. A
differenza di quello che si potrebbe pensare, l’autore non fa particolare
leva su questo mutato punto di vista per fare riflessioni di tipo
metanarrativo e parlare della genesi delle opere d’arte. Tuttavia, anche
se solo implicitamente, lo scenario del set suggerisce al lettore di
pensare all’artificiale come reale (quello che oggi vedo su uno schermo
è stato in passato vivo e tridimensionale) e al reale come artificiale (gli
attori sono persone vere ma stanno fingendo).
L’influenza della settima arte sulla sua opera si manifesta anche
attraverso frequenti accenni ad attori, meccanismo ricordato da
Antonio Costa come uno dei modi in cui il cinema può comparire
nella letteratura434. Come ha affermato lo stesso Marías, «Jerry Lewis y
Sean Connery, George Sanders y Jack Palance han aparecido a veces
en [sus] novelas para ayudar a describir a un personaje (las menos) o
como mera sugerencia de un error o una amenaza»435.
Inoltre l’importanza di quest’arte si rileva a livello di tecniche e
stile. Lo stesso autore ha infatti dichiarato: «Los nacidos en los años
cuarenta y cincuenta […] narrativamente hablando debíamos tanto a la
literatura como al cine, aunque nos valiéramos de las palabras en
nuestra tarea»436. Un esempio di meccanismo cinematografico
riprodotto da Marías in letteratura è quello del cameo.
Lo scrittore ha anche dedicato a riflessioni sul cinema molti
articoli, descrivendo il lavoro dei suoi attori e registi preferiti, le trame
dei film che ha amato e la sua relazione con la settima arte. Questi
articoli sono raccolti nel volume Donde todo ha sucedido. Al salir del cine.
434
Antonio Costa, Nel corpo della parola, l’immagine: quando la letteratura cita il cinema,
in Massimo Fusillo e Marina Polacco, La letteratura e le altre arti, «Contemporanea.
Rivista di studi sulla letteratura e sulla comunicazione», 3, 2005, p. 59.
435
Marías, Todos los días llegan, cit., p. 31.
436
Ibidem.
144
Infine, visto che stiamo parlando di intermedialità, non ci sembra
fuori luogo accennare anche alle transcodificazioni di direzione
opposta, ossia alle versioni cinematografiche di opere dell’autore.
Sinora soltanto Todas las almas è stato portato sullo schermo, nel
1996, da Gracia Querejeta con il titolo El último viaje de Robert Rylands.
La pellicola non piacque a Marías che, oltre a esprimere la sua
indignazione su El País con l’articolo El novelista va al cine437, querelò la
regista e il produttore, vincendo la causa, e pretese che ogni
riferimento alla sua persona e al suo romanzo venissero eliminati dai
titoli.
In seguito rifiutò di cedere i diritti per la realizzazione di film
ispirati a Mañana en la batalla piensa en mí o Corazón tan blanco, anche
perché, a suo avviso, «no se prestan mucho porque son novelas en las
que la voz narrativa es tan importante como la historia, como el
argumento»438. Nel 2011 ha però firmato un contratto con una casa di
produzione di Hollywood che realizzerà un adattamento di Tu rostro
437
Uscito il 6 novembre 1996 e poi raccolto nel volume Donde todo ha sucedido. A
questo articolo risposero pubblicando il 10 novembre dello stesso anno un
articolo sempre su El País sia Gracia Querejeta (A Marías) che il padre Elías,
produttore del film (Algunas precisasiones sobre El último viaje de Robert Rylands).
Marías scrisse un’ulteriore risposta, El novelista se sale del cine, uscita la domenica
successiva (17 novembre) e poi anch’essa inclusa nella succitata raccolta. L’autore
parla di questo fatto anche in Negra espalda del tiempo. Per altre informazioni su
questo film, vedi: Dona Kercher, Javier Marías’s novel, Todas las almas, and Gracia
Querejeta’s El último viaje de Robert Rylands, «Cine-Lit», n. 3, 1997, pp. 100-112.
438
Dichiarazione dell’autore riportata in Isabel Lafont, Dal libro al cine, un viaje
peliagudo, «El País», 29/1/2009, http://javiermariasblog.wordpress.com/2009/01/
(ultima consultazione: 11/9/2013). In un altro articolo, Marías ha invece
dichiarato di aver rifiutato tutte le proposte di adattamenti cinematografici di
Mañana en la batalla piensa en mí per non scatenare l’ira di un certo Ruibérriz de
Torres che lo aveva contattato quando uscì il romanzo, lamentandosi del fatto che
un personaggio negativo fosse suo omonimo. L’uomo convenne che «lo escrito
escrito estaba» (Marías, Ser y no ser quien se es, cit.), ma che auspicava che il suo
nome non venisse usato in modo così sconveniente anche in un film perché «eso
ya era más grave» (ibidem).
145
mañana439 e nel 2012 ha annunciato che il regista cinese Wayne Wang
porterà al cinema il racconto Mientras ellas duermen440.
7.2 Riferimenti cinematografici ne Los enamoramientos
Anche ne Los enamoramientos i riferimenti al cinema si realizzano in una
varietà di modi. Buona parte di essi, tuttavia, nasce per facilitare nel
lettore la visualizzazione delle immagini descritte dall’autore, e, in
particolare, le fattezze dei personaggi, ossia per rispondere a una delle
principali funzioni della citazione cinematografica nella letteratura, che
è appunto quella di «riprodurre nella scrittura la passione del vedere
[…], sollecitare il ricordo, l’incanto e l’emozione della visione
filmica».441 Come si potrà osservare dall’elenco dei riferimenti che
stiliamo di seguito, nel romanzo di Marías a essere richiamati con
questo scopo sono attori più o meno famosi, scene di uno specifico
film ed elementi caratteristici di un certo genere cinematografico.
Díaz-Varela che si rimbocca le maniche nel suo salotto,
spiegando a María cosa lo aveva spinto ad architettare l’assassinio di
Deverne, è paragonato a due attori messicani, Ricardo Montalbán
(1920-2009) e Gilbert Roland (1905-1994):
Ahora sí se subió más las mangas efectivamente, con sendos gestos
enérgicos como si se aprestara a combatir o a hacerme una
demostración física, se las subió hasta por encima de los bíceps como
un galán tropical de los años cincuenta, Ricardo Montalbán, Gilbert
439
Cfr. Ana Mendoza, Tu rostro mañana, de Javier Marías, será llevada al cine por
Hollywood, «EFE», 6/4/2011, http://javiermariasblog.wordpress.com/2011/04/06
/tu-rostro-manana-de-javier-marias-sera-llevada-al-cine-por-hollywood/ (ultima
consultazione: 13/11/2013).
440
Cfr. Susana Gaviña, Waine Wang llevará al cine Mientras ellas duermen, de Javier
Marías, «ABC», 10/10/2012, http://www.abc.es/20121010/cultura-libros/abciwayne-wang-llevara-cine-201210091743.html (ultima consultazione 13/11/2013).
441
Antonio Costa, Nel corpo della parola, l’immagine, cit., p. 61.
146
Roland, uno de aquellos hombres simpáticos ya olvidados por casi
todo el mundo.442
L’analogia è abbastanza bizzarra perché alla minacciosità di DíazVarela la narratrice associa l’immagine di figure innocue e gradevoli,
forse per esorcizzare la paura.
Ruibérriz, invece, le ricorda Vittorio Gassman da giovane, come
nota due volte. Nel primo caso questa somiglianza suggerisce una
natura farabutta:
Tenía una nariz recta y picuda con el hueso muy marcado, parecía
más romano que madrileño y me recordaba a aquel actor, Vittorio
Gassman, no en su viejez de aire más noble sino cuando interpretaba
a truhanes.443
Nel secondo vira sulla simpatia:
Ruibérriz interrumpió lentamente una de sus sonrisas; o mejor dicho
su sonrisa, la verdad es que en ningún instante la abandonaba, a buen
seguro también consideraba un activo su relampagueante dentadura a
lo Gassman, el parecido con el actor era notable y contribuía a hacerlo
simpático.444
Il suo impermeabile di pelle nera è invece paragonato a «los que lucen
los miembros de las SS o quizá de la Gestapo en las películas de
nazi»445.
Infine, la fossetta sul mento di Deverne rievoca nella narratrice –
che spia la pareja perfecta fare colazione al bar – la scena di un film in
cui un’attrice chiedeva a Robert Mitchum o a Cary Grant o a Kirk
Douglas («no recuerdo»)446 come facesse per radersi in quel punto,
442
LE, p. 318.
Ivi, p. 215.
444
Ivi, pp. 374-375.
445
Ivi, p. 215. L’impermeabile di pelle nera come simbolo stereotipato del male era
stato usato dall’autore anche nel racconto Lo que dijo el mayordomo (MED).
446
LE, p. 20.
443
147
mentre glielo toccava con l’indice447. Sebbene il riferimento sia dato in
maniera abbastanza incerta (forse per mettere alla prova il lettore e la
sua cinefilia), è possibile individuare la fonte nella pellicola Charade
(1963), diretta da Stanley Donen, in cui compaiono Audrey Hepburn
e, appunto, Cary Grant. Questo film è tra l’altro ricordato dall’autore
come uno dei suoi preferiti nell’articolo Campanadas y viento y fantasma y
muerto448.
Quest’ultimo esempio risulta particolarmente significativo perché
mette in relazione il voyeurismo di María con quello degli spettatori al
cinema: la narratrice, infatti, guarda la coppia proprio come noi
potremmo guardare le figure che si muovono su uno schermo, ossia
con interesse ma senza la possibilità di interagirvi, né di essere a nostra
volta visti («Ellos no me necesitaban, ni probablemente a nadie, yo era
casi invisible, borrada por su contento»449). L’analogia viene sviluppata
poche pagine più avanti, quando la narratrice paragona la coppia ai
protagonisti di un film (o di un libro):
les deseaba todo el bien del mundo, como a los personajes de una
novela o de una película por los que uno toma partido desde el
principio, a sabiendas de que algo malo va a ocurrirles, de que algo va
a torcérseles en algún momento, o no habría novela o película.450
Si crea così un meccanismo paradossale e tautologico per cui i
personaggi di un’opera di finzione sono paragonati ai personaggi di
447
Vedi fig. 2.
Javier Marías, Campanadas y viento y fantasma y muerto, in DTS, p. 64.
449
LE, p. 23.
450
Ivi, p. 22. Il frammento è interessante anche perché offre un’altra riflessione
sulle interferenze da sceneggiature intertestuali (vedi supra, p. 30). Nel finale del
romanzo, quando María incontra Diaz-Varela e Luisa in un ristorante, troviamo
invece una similitudine tra il voyeurismo della narratrice e quello degli spettatori a
teatro: «Estaba cenando con un grupo de gente en el restaurante chino del Hotel
Palace cuando los vi, a una distancia de tres o cuatro mesas, digamos. Tenía buena
visión de los dos, que se me ofrecían de perfil, como si yo estuviera en un patio de
butacas y ellos en un escenario, sólo que a la misma altura» (ivi, p. 390).
448
148
un’opera di finzione.
I riferimenti sin qui analizzati servono sì per arricchire la
dimensione “visiva” del romanzo, ma sono anche frutto di inevitabili
associazioni mentali, ossia di un processo che non ha niente a che fare
con la letteratura ma che è invece proprio della nostra esperienza
quotidiana. Infatti, come l’autore ha affermato nell’articolo La que tan
bien había amado:
algunas imágenes, sean de cine, la fotografía o la vida ―aquello a lo
que asistimos―, permanecen en nuestra retina y son una parte
importante de nuestros procesos asociativos, con frequencia
involuntarios.451
451
Javier Marías, La que tan bien había amado, in DTS, p. 256.
I processi associativi sono un tema importante della poetica di Marías. In Todas las
almas il personaggio di Alan Mariott, analizzando elementi dell’opera dello
scrittore gallese Arthur Manchen (1863-1947), arriva a teorizzare il concetto di
pareja espantosa che si basa proprio su processi associativi capaci di generare
immagini perturbanti: «Los horrores de Manchen son muy sutiles. Dependen en
buena medida de la asociación de ideas. De la conjunción de ideas. De la capacitad
para unirlas. Usted puede no asociar nunca dos ideas de modo que le muestren su
horror, el horror de cada una de ellas, y así no conocerlo en toda su vida. Pero
también puede vivir instalado en él si tiene la mala suerte de asociar
continuamente las ideas justas.» (TLA, p. 114). Marías ha trattato questo tema
anche nell’articolo Cabezas llenas (LYF), dove parla della relazione tra scrittura e
follia. Il testo si conclude con un’analisi delle «sensaciones de locura» (corsivo
dell’autore) sperimentate da lui stesso e provocategli proprio dalle associazioni di
cui sopra, le quali gli danno un senso di vertigine e ansia dal momento che ad esse
si accompagna una rappresentazione del mondo come «un todo sin resquicios ni
escapatorias». Al di là delle riflessioni esplicite, nella sua opera affiorano continui
esempi di associazioni involontarie che stanno alla base, ad esempio, del
presentimiento de desastre di Corazón tan blanco. Inoltre, come è stato scritto, «Los
procedimientos asociativos de los narradores de Javier Marías encadenan
elementos que parecen distintos y aislados entre ellos en una estructura perfecta
donde cada razonamiento lleva al siguente de una manera intelegible» (Rusca,
Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea, cit., p. 41; vedi anche Sandra
Navarro Gil, La narrativa de Javier Marías, «Revista Fábula», 11, invierno 2002, p.
39). Ne Los enamoramientos troviamo anche un’attestazione del termine asociación
proprio con questo significato; la utilizza Luisa per spiegare come si sente dopo la
morte del marito: «No sé, es como si tuviera otra cabeza, se me ocurren
continuamente cosas que antes nunca habría pensado […] como si fuera otra
persona desde entonces, u otro tipo de persona, con una configuración mental
desconocida y ajena, alguien dado a hacer asociaciones y a sobresaltarse con ellas»
(LE, p. 68, corsivo mio). Si veda anche quest’altro passo (parla sempre Luisa): «Ya
149
Cinema, fotografia, vita (e letteratura) entrano allora a far parte di un
unico bagaglio di esperienze che si confonde con facilità, come si
evince chiaramente dal passo di Corazón tan blanco in cui il Professor
Villalobos cerca di ricordare la storia della moglie cubana di Ranz:
no estoy seguro ni de haberlo oído, pero tengo la idea de que fue un
incendio. Claro que es una idea muy imprecisa que tal vez viene de
alguna película que pude ver por entonces, cuando era chico y más oí
hablar de tu padre y su doble viudez.452
L’incertezza di questi confini, soprattutto quando la realtà è intesa
come racconto della realtà, è discussa anche esplicitamente ne Los
enamoramientos, ad esempio nei due frammenti seguenti:
Cuanto a uno se le cuenta se le queda incorporado y pasa a formar
parte de su conciencia, incluso si no lo cree o le consta que jamás ha
sucedido y que solamente es invención, como las novelas y las
películas.453
Lo que alguien nos cuenta siempre se parece a ellas [a las novelas y a
las películas], porque no lo conocemos de primera mano ni tenemos
la certeza de que se haya dado, por mucho que nos aseguren que la
historia es verídica, no inventada por nadie sino que aconteció. En
todo caso forma parte del vagaroso universo de las narraciones, con
sus puntos ciegos y contradicciones y sombras y fallos, circundadas y
envueltas todas en la penumbra o en la oscuridad, sin que importe lo
exhaustivas y diáfanas que pretendan ser, pues nada de eso está a su
alcance, la diafanidad ni la exhaustividad.454
te digo, se me ha alterado el cerebro, y es como si no me reconociera; o a lo
mejor, también se me ocurre, como si no me hubiera conocido durante toda mi
vida anterior, y tampoco Miguel me hubiera conocido entonces: en realidad no
habría podido y habría estado fuera de su alcance, ¿no es extraño?, y si la verdad
fuera esta que asocia cosas continuamente, cosas que hace unos meses me habrían parecido
dispares e inasociables?» (ivi, p. 71, corsivo mio).
452
CTB, p. 345.
453
LE, p. 354.
454
Ivi, p. 361.
150
Come scrive Isle Logie, «hasta nuestros recuerdos van mediatizados
por relatos e imágenes apócrifas y poseen un fuerte carácter
intertextual»455.
L’autore
“istituzione”456,
fa
riferimento
facendolo
al
cinema
comparire
anche
all’interno
in
del
quanto
romanzo
attraverso i mestieri dei personaggi. Come si notava in § 1, la maggior
parte di essi è occupata in settori afferenti alla scrittura, ma Miguel
Deverne era proprietario di una casa di distribuzione e di varie sale
cinematografiche. Inoltre, a un certo punto Ruibérriz accenna alla sua
remota esperienza lavorativa su un set messicano, descritta in Mala
índole.
Non siamo stati in grado di individuare allusioni nascoste a
sequenze di film, ma il giornalista argentino Horacio Otheguy Riveira
definisce – senza però sviluppare meglio questo pensiero – la scena in
cui María ascolta la conversazione tra Ruibérriz e Díaz-Varela
«excelente cine»457, probabilmente riferendosi all’ambientazione noir
del passo458.
Infine, si deve segnalare che tutti i riferimenti al Macbeth
potrebbero essere considerati citazioni cinematografiche, o almeno
citazioni con doppio riferimento intertestuale. La conoscenza della
455
Logie, La traducción, emblema de la obra de Javier Marías, in Steenmeijer, El
pensamiento literario de Javier Marías, cit., p. 74.
456
Cfr. Costa, Nel corpo della parola, l’immagine, cit., p. 66. Quando la letteratura cita
il cinema, secondo il critico, può riferirsi: a) al cinema in quanto istituzione; b) al
cinema in quanto dispositivo; c) al cinema come linguaggio, tecnica; d) a un film o
a una categoria di film.
457
Horacio Otheguy Riveira, Sublime María Dolz en Los enamoramientos de Javier
Marías, «Suite 101», 13/11/2012, http://suite101.net/article/personajes-denovela-maria-dolz-de-los-enamoramientos-a84119#axzz2PPvtzz5h (ultima consultazione: 20/6/2013).
458
Di ispirazione noir sono anche certi aspetti della trama di Mañana en la batalla
piensa en mí (cfr. Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 166).
151
tragedia da parte dell’autore passa, infatti, anche attraverso il film di
Orson Welles del 1948, come ha dichiarato lui stesso:
[…] la frase de Shakespeare «Mis manos son de tu color; pero me
avergüenzo de llevar un corazón tan blanco», que es citada y analizada
y dá título a mi novela Corazón tan blanco, proviene en primera
instancia no de una relectura de Macbeth, sino de la visión del Macbeth
de Welles una noche en que, en vez de salir, me quedé en casa viendo
la televisión.459
7.3 Fotografie e dipinti nell’opera di Marías
Durante un intervento tenuto presso l’Istituto Cervantes nel luglio del
2013460, Elide Pittarello ha sottolineato la centralità dello sguardo nella
produzione di Marías; è la vista, infatti, che attiva i pensieri dei
narratori, il loro modo per indagare e conoscere la verità. Tale aspetto,
nell’ambito specifico di questa ricerca, ci interessa allorché risulta
pertinente con l’intertestualità, come avviene nel caso in cui a essere
osservati siano quadri o fotografie non inventati ad hoc per la
narrazione, ma che abbiano un referente reale fuori dal testo461.
Come in §7.1, prima di concentrarci sul caso specifico de Los
enamoramientos, vorremmo, senza alcuna pretesa di esaustività, fare una
breve introduzione per inquadrare tale aspetto dell’intermedialità
letteraria nell’intera produzione dell’autore. La panoramica sarà ancor
più rapida perché in questo caso è possibile rimandare il lettore a studi
459
Javier Marías, Todos los días llegan, in DTS, pp. 30-31.
Per il discorso completo vedi: http://cervantestv.es/2013/07/16/unacelebracion-de-la-lectura-de-javier-marias/(ultima consultazione: 14/10/2013).
461
La descrizione scritta di opere d’arte realmente esistenti o esistite viene
chiamata ékphrasis mimetica, quella di opere inventate invece ékphrasis nozionale (cfr.
Michele Cometa, Letteratura e arti figurative: un catalogo, «Contemporanea. Rivista di
studi sulla letteratura e sulla comunicazione», n. 3, 2005, p. 20).
460
152
abbastanza completi sull’argomento462.
Innanzi tutto è bene ricordare che descrizioni di scatti e dipinti
sono presenti in numerosi scritti di Marías, ma che in alcuni esse
svolgono un ruolo particolarmente importante, come in Todas las
almas, Negra espalda del tiempo e Tu rostro mañana, o addirittura centrale,
come nel caso di Miramientos.
I riferimenti alle immagini si possono distinguere in due grandi
classi: da un lato, quelli che sono accompagnati da una riproduzione
della fonte all’interno del volume e, dall’altro, quelli che ne sono privi.
I primi danno vita a ciò che Stephen Miller ha definito Graphic-Lexical
Dialogue463, ossia alla collaborazione di parole e immagini nella
costruzione del senso, attraverso la reciproca influenza («las palabras
iluminan la imagen que a su vez ilumina las palabras»)464.
Il primo effetto dell’inclusione della fonte grafica all’interno del
testo consiste nel far collassare le convenzioni della rappresentazione
letteraria, «invadida por una emanación no metafórica del referente»465.
L’immagine è un documento del reale che, posto all’interno di un
contesto fittizio, spinge a interrogarsi circa i limiti della finzione.
Come ha scritto Herzberger a proposito della “falsa novela”: «while
the graphic materials thus seem to stabilize the lexical and referential
foundation of Negra espalda del tiempo […] they also serve the more
complex and ironic function of confounding this foundation»466.
La presenza di materiale grafico, inoltre, consente a chi legge di
sviluppare una propria lettura personale, rendendo l’opera più che mai
462
In particolare: Elide Pittarello, Sobre las fotos, in Grohmann y Steenmeijer, Allí
donde uno diría que no puede haber nada, cit., pp. 95-113; Stephen Miller, Graphic-lexical
Dialogue in Marías and Rivas, «Romance Quarterly», vol. 51, Spring 2004.
463
Miller, Graphic-lexical Dialogue in Marías and Rivas, cit.
464
Pittarello, Sobre las fotos, cit., p. 112.
465
Ivi, p. 104.
466
Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 128.
153
aperta467. Come scrive Miller, infatti, «depending on the extent to
which the reader reacts personally to the Marías word-picture
dialogue, the reader’s dialogue with the images and with Marías may
be as important as Marías’s»468. In questo senso, la scelta di riprodurre
la fonte ha una funzione assimilabile a quella che ha spinto l’autore a
riscrivere all’interno de Los enamoramientos ampi frammenti delle opere
di Balzac e Dumas: anche qui il testo citato scavalca quello che lo sta
citando per proporsi direttamente al lettore ed essere fruito
(apparentemente) senza mediazioni.
Ciò che accomuna tutte le descrizioni, sia quelle corredate dalla
fonte sia quelle che ne sono prive, è il fatto che non nascono da
letture filologiche469: quadri e fotografie, infatti, seppur osservati da
uno sguardo estremamente analitico, sono sempre oggetto di un
commento personale ed emotivo, che cerca di rimettere in moto
l’immagine, sfuggendo, come scrive l’autore nel prologo di Miramientos,
a «todo intento de objectividad, o su simulacro»470. Questo è evidente,
ad esempio, nella già citata descrizione dei quadri del Parmigianino in
Veneno y sombra y adíos, in quella rabbiosa del Rembrandt osservato
attraverso gli occhi dal guardiano del Prado in Corazón tan blanco o
ancora nei commenti ai ritratti di Gawsworth in Todas las almas e dello
zio Alfonso in Fiebre y lanza. In particolare, quando i personaggi si
dedicano ad analizzare la raffigurazione di un volto, possiamo
riconoscere nel loro sguardo quello di uno “scrutatore di anime” che,
in questo caso, attraverso l’immagine cerca di rimettersi in contatto
con una persona defunta e, spesso, non conosciuta.
467
Cfr. Pittarello, Sobre las fotos, cit., p. 112.
Miller, Graphic-lexical Dialogue in Marías and Rivas, cit., p. 99.
469
Cfr. la dichiarazione di Elide Pittarello: http://cervantestv.es/2013/07/16/una
-celebracion-de-la-lectura-de-javier-marias/(ultima consultazione: 14/10/2013).
470
Javíer Marías, Prólogo, in MIR, p. 14.
468
154
7.4 Immagini paratestuali
Los enamoramientos non è un libro corredato da immagini; a livello
paratestuale, però, nel volume sono presenti due fotografie che
entrano in relazione con il testo e che possono influenzarne la lettura.
La prima è l’immagine di copertina, interessante perché è stata
scelta dall’autore471 (che l’aveva già proposta a una casa editrice
britannica per l’edizione inglese di Cuando fui mortal 472). Si tratta di uno
scatto in bianco e nero di Elliott Erwitt, intitolato California Kiss
(1955)473, che ritrae un’auto parcheggiata di fronte al mare; nello
specchietto retrovisore, che occupa il primo piano, si vede il riflesso di
una donna che sorride, «tras ser besada o a punto de serlo por un
hombre que apenas vemos»474. Questa incertezza temporale (il bacio
che sta per essere dato o che si è già concluso) ricorda quella
dell’illustrazione che ha ispirato El hombre sentimental e che mostra un
uomo e una donna in un paesaggio rurale, separati da uno steccato:
«Están hablando, quizá encontrándose, quizá despidiéndose»475.
Come ricorda Fernando Valls, il paratesto permette di «entrar en
materia y empezar a generar sentido»476. In questo caso, però, ci
sembra che l’immagine di copertina abbia, proprio come il titolo del
romanzo, la funzione di ingannare il lettore sprovveduto («o quizá
inocente»)477 facendogli credere di avere a che fare con una tenera
storia sentimentale. La foto, infatti, rientra in canoni estetici
471
Lo ha dichiarato lui stesso il 28 aprile del 2011 nel corso di un’intervista presso
l’Istituto Cervantes di Madrid. Per il discorso completo vedi:
http://cervantestv.es/2011/04/28/conversacion-con-javier-marias/ (ultima consultazione: 22/7/2013).
472
Javier Marías, When I was mortal, Harvill, London, 1999.
473
Vedi fig. 3.
474
Ibidem.
475
Javier Marías, Lo que no se ha cumplido in LYF.
476
Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32.
477
Pittarello, Prólogo, cit., p. 10.
155
tipicamente pop478 ed è una raffigurazione «del optimismo y la
felicidad»479.
Una volta iniziata la lettura, sarà inevitabile far coincidere
«metafóricamente»480 i protagonisti dello scatto con Luisa e
Deverne481.
Il
particolare
della
fotografia
dal
quale
viene
maggiormente attratto lo sguardo dello spettatore è il sorriso della
donna, che può essere ricollegato dal lettore a una riflessione della
narratrice a proposito della coppia perfetta:
hay personas, que nos hacen reír aunque no se lo propongan, lo
logran sobre todo porque nos dan contento con su presencia y así nos
basta para soltar la risa con muy poco, sólo con verlas y estar en su
compañía y oírlas, aunque no estén diciendo nada del otro mundo o
incluso empalmen tonterías y guasas deliberadamente, que sin
embargo nos caen todas en gracia. El uno para el otro parecían ser de
esas personas […].482
A legare la coppia della foto a quella del romanzo c’è anche la stessa
spontaneità. Valls, infatti, ci informa che, benché Erwitt conoscesse le
persone ritratte, «la instantánea no está preparada»483. Nei due non
possiamo quindi cogliere alcun «gesto edulcorado ni impostado, ni tan
siquiera estudiado, como los de algunas parejas que llevan años
conviviendo y tienen a gala exhibir lo enamoradas que siguen»484,
come a María non risultava possibile osservando Luisa e Deverne.
478
La stessa immagine era già stata usata per la copertina del disco di platino The first
of a million kisses (1988) della band inglese Fairground Attraction.
479
Justo Cerna, Reseña de Los enamoramientos, «Ojos de papel», 2/5/2011,
http://www.ojosdepapel.com/Index.aspx?article=4025.
480
Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32.
481
Non altrettanto automatica era invece l’identificazione con una delle coppie
descritte nella raccolta Cuando fui mortal.
482
LE, pp. 16-17.
483
Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32. Valls non cita la fonte da cui ha tratto
questa informazione.
484
LE, p. 17.
156
L’altra immagine paratestuale è una fotografia dell’autore,
riprodotta nella seconda di copertina485. Come nota Miller, in quasi
tutti i libri di Marías sono presenti suoi ritratti molto curati, sul retro o
nei risvolti. Essi riflettono il suo interesse per le illustrazioni, «with
special thematic relevance to the scrutiny of visages»486.
Ne Los enamoramientos questa foto ha però un significato
particolare. Il volto di Marías è ovviamente molto noto in Spagna, ma
la sua riproduzione all’interno del volume consente anche a chi non lo
abbia mai visto («el lector desconocido y anónimo»)487 di riconoscere
nelle sue fattezze, prestando la dovuta attenzione, quelle di DíazVarela. Questo scatto ha, pertanto, una funzione paragonabile a quella
della nota biografica che accompagnava l’edizione di Todas las almas, in
cui si parlava dell’esperienza di insegnamento dell’autore presso
l’Università di Oxford, suggerendo di interpretare il libro come un
roman à clef.
7.5 Una fotografia (quasi) invisibile
Abbiamo visto che Los enamoramientos nasce dalla rielaborazione di
alcuni articoli di cronaca. Nel romanzo si parla anche di una fotografia
che accompagna uno di essi e ritrae Luis Marsans per strada, esangue,
circondato dai soccorritori.
Recuerdo haber caído, en aquellos días sobre un titular del periódico
que hablaba de la muerte a navajazos de un empresario madrileño, y
haber pasado rápidamente de página, sin leer el texto completo,
precisamente por la ilustración de la noticia: la foto de un hombre
tirado en el suelo en mitad de la calle, en la calzada, sin chaqueta ni
corbata ni camisa, o con ella abierta y los faldones fuera, mientras los
485
Vedi fig. 4.
Miller, Graphic-lexical Dialogue in Marías and Rivas, cit., p. 99.
487
Marías, Quién escribe, cit. Così Marías definisce il lettore di Todas las almas che
non conosce le sue vicende biografiche.
486
157
del Samur intentaban reanimarlo, salvarlo, con un charco de sangre a
su alrededor y esa camisa blanca empapada y manchada, o eso me
figuré al vislumbrarlo.488
L’immagine è descritta tanto dettagliatamente da consentire di
riconoscere la fonte originale che l’autore sta traducendo in linguaggio
verbale: si tratta di un’istantanea uscita su El País, che è ancora
possibile rintracciare su internet489 in una riproduzione «de mala
calidad y muy pequeña»490.
Probabilmente, essa non è stata inserita all’interno del volume
non solo per le stesse ragioni ricordate in § 5 in riferimento alla
riproduzione degli articoli, ma anche per opporsi a questo genere di
raffigurazioni impietose, da cui emerge chiaramente che, come scrive
Sartre, «i morti sono preda dei vivi»491. Attraverso la voce della
narratrice, l’autore si scaglia contro una simile spettacolarizzazione
della morte che non tiene in minima considerazione la dignità del
defunto:
Por el ángulo adoptado no se le veía bien la cara y en todo caso no
me detuve a mirársela, detesto esa manía actual de la prensa de no
ahorrarle al lector o al espectador las imágenes más brutales —o será
que las piden éstos, seres trastornados en su conjunto; pero nadie pide
nunca más que lo que ya conoce y se le ha dado—, como si la
descripción con palabras no bastara y sin el más mínimo miramiento
hacia el individuo brutalizado, que ya no puede defenderse ni
preservarse de las miradas a las que no se habría sometido jamás con
su conciencia alerta, como no se habría expuesto ante desconocidos
ni conocidos en albornoz o en pijama, juzgándose impresentable. Y
como fotografiar a un hombre muerto o agonizante, más aún si es por
violencia, me parece un abuso y la máxima falta de respeto hacia
quien acaba de convertirse en una víctima o en un cadáver —si aún
puede vérselo es como si no hubiera muerto del todo o no fuera
pasado enteramente, y entonces hay que dejarlo que se muera de veras
y se salga del tiempo sin testigos inoportunos ni público—, no estoy
488
LE, p. 27-28.
Vedi fig. 5.
490
LE, p. 52.
491
Jean-Paul Sartre, L’essere e il nulla, Il Saggiatore, Milano, 1965, p. 653.
489
158
dispuesta a participar de esa costumbre que se nos impone, no me da
la gana de mirar lo que se nos insta a mirar o casi se nos obliga […].492
Lo stesso principio etico aveva dettato la scelta dell’autore di non
includere in Tu rostro mañana la «burocrática foto»493 dello zio
Emilio/Alfonso senza vita; inoltre questa tematica era stata affrontata
nell’articolo Los que ya no podrán verse. In quella sede, Marías aveva
criticato varie emittenti televisive per aver trasmesso, a gennaio del
2000, le immagini della morte del commissario di polizia Jesus García,
avvenuta mentre questi stava testimoniando in tribunale sul caso LasaZalaba494 e che quindi era stata filmata in diretta da varie telecamere:
Las he visto en varias cadenas, la primera vez en el Telediario de TVE
de las tres de la tarde, cuyos locutores advirtieron que eran «muy
duras». Algunas, al parecer, las dieron integralmente; otras las
abreviaron o «suavizaron»; hubo la que «veló» el rostro del comisario
en el momento de su muerte. Todas con más o menos hipócritas
remilgos y dengues. También he leído artículos y declaraciones sobre
el «conflicto ético» planteado, en periódicos que no tuvieron el menor
reparo en reproducir en primera plana la foto del muerto en su
muerte (El País, dígase en su honor, no la sacó, ni en portada ni en el
interior). […] Esos imbéciles hipócritas estaban mucho más
preocupados por la «sensibilidad» de sus clientes y la «dureza» de su
mercancía que por el muerto mismo. […] Un muerto está indefenso;
un muerto no controla su aspecto, su último gesto, su expresión, su
rictus, su putrefacción más tarde. Es el ser más indefenso, y nadie
tiene derecho a mirarlo así, desprevenido. No se trata sólo de
ahorrarles la impresión o la desagradable visión a los vivos, sino sobre
todo de proteger al que muere de los curiosos o espantados ojos de
esos vivos.495
492
Ivi, pp. 27-29.
TRM1, p. 83.
494
José Antonio Lasa y José Ignacio Zabala erano due ragazzi facenti parte del
commando Groki dell’ETA che nel 1983 furono sequestrati, torturati e uccisi dal
GAL (Grupos Antiterroristas de Liberación) in Francia, dove avevano richiesto
asilo politico. Per maggiori informazioni: vedi Wikipedia alla voce “Caso Lasa y
Zalaba”. Per la morte di Jesus García, vedi: José Yoldi, Un infarto fulmina mientras
declara al policía que identificó los cadáveres de los dos etarras, 15/1/2000,
http://elpais.com/diario/2000/01/15/espana/947890803_850215.html (ultima
consultazione: 6/11/2013).
495
Javier Marías, Los que ya no podrán verse, in DTS, pp. 203-204.
493
159
La posizione di Marías nei confronti di tale questione morale è
comunque assai ambigua. Stupisce, infatti, che alla sua netta presa di
posizione non corrisponda anche una censura della parola: perché se
non è lecito mostrare una foto del cadavere dovrebbe esserlo
descrivere quella foto in ogni dettaglio? Sebbene Marías nelle sue
opere e nei suoi articoli abbia spesso sottolineato l’incapacità della
parola di raffigurare la realtà496, ne Los enamoramientos sembra
considerare l’infrazione che anche la scrittura rappresenta quando
scrive: «como si la descripción con palabras no bastara».
L’ambiguità è espressa anche dal sentimento contraddittorio di
attrazione/repulsione provato da María di fronte alla foto, che è molto
simile a quello che proverà ascoltando la conversazione tra DíazVarela e Ruibérriz de Torres. Questi sono infatti i pensieri che la
assalgono quando si trova davanti l’immagine una seconda volta,
cercando su internet informazioni sulla morte di Deverne:
No la miré apenas, no quise hacerlo, y ya había tirado el periódico en
el que la había vislumbrado en su día, más grande, sin percatarme de
quién era ni querer tampoco detenerme en ella. De haber sabido
entonces que no era un completo desconocido, sino una persona que
veía a diario con complacencia y una especie de agradecimiento, la
tentación de fijarme habría sido demasiado fuerte para resistirme,
pero luego habría apartado la vista con más indignación y espanto de
los que ya sentí sin reconocerlo.497
Lo stesso sentimento colpisce anche i lettori più curiosi, che andranno
a caccia del riferimento intertestuale, provando desiderio di guardare e,
al contempo, senso di colpa e repulsione per ciò che hanno voluto
vedere. Un’altra contraddizione è rappresentata dal fatto che l’autore,
fornendo tutte le informazioni necessarie per rintracciare l’immagine
496
497
Cfr. ad esempio Marías, Sobre la dificultad de contar, cit.
LE, p. 52.
160
originaria, si oppone all’oblio che pure auspica, poiché indirizza
nuovamente gli sguardi su una foto dimenticata.
Chi risale alla fonte si trova a fruire de Los enamoramientos come di
un’opera assai diversa rispetto a chi non correda autonomamente il
testo di alcuna immagine. Come scrive Elide Pittarello, le fotografie
ancorano la narrazione alla verità esterna, perché sono state in diretto
contatto con essa498. Il ritratto di Deverne/Marsans assassinato
complica il rapporto fra finzione e realtà ancor più di quanto non
faccia l’articolo di cronaca che lo accompagna: esso, infatti, resta pur
sempre una narrazione e, in quanto tale, una rielaborazione
imperfetta499. Come abbiamo detto in § 7.3, inoltre, stabilendo la
relazione intertestuale si recupera la dimensione dialogica che
intercorre tra parola e immagine e i lettori si trovano nella condizione
di sommare alle impressioni di Marías le proprie.
La descrizione di questa fotografia, come quelle di Gawsworth e
dello zio Alfonso, offre all’autore lo spunto per riflettere sul modo in
cui la vista di un cadavere cambia il nostro ricordo del volto della
persona in vita. In particolare, è anche in questo caso valido quanto
scrive Elide Pittarello a proposito dell’analisi della fotografia dello zio
Alfonso presente in Tu rostro mañana: possiamo dire, infatti, che la
descrizione di Deverne vivo che troviamo all’inizio del romanzo
deriva da quella di Deverne morto; essa è il «futuro anterior de la
498
Ivi, p. 56.
Cfr. però con quanto scrive Herzberger: «to a large degree Marías envisiones
photography as an art of imitation as well as imagination in much the same way as
he views literature. In each case, Marías does not perceive the image as a reflection
or replica of the real, nor does it stand disconnected from the world outside it.
Instead, he envisiones it as an object in reality, and imagines how it says
something about the figure in reality that it at once represents and shapes.»
(Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 217).
499
161
foto»500, come viene evidenziato da una serie di elementi che
ricorrono, seppur cambiati di segno (la presenza/assenza della cravatta
e della giacca, la camicia in ordine/disordine)501.
Nel suo romanzo L’immortalità, Milan Kundera502 scrive:
L’uomo desidera essere immortale, e l’obiettivo un giorno ci mostra
una bocca contratta in una smorfia triste, l’unica cosa che ricordiamo
di lui, quel che ci resta di lui come parabola della sua intera vita.503
Analogamente, la vista del cadavere di Deverne trasfigura i ricordi di
María in cui lui compare in vita. Questa proiezione retrospettiva
spinge persino a definire un «pobre hombre» (come fa Beatriz, una
collega della casa editrice) colui che un tempo era stato un uomo felice
e di successo. Così la narratrice commenta questo fatto:
A nadie se le habría ocurrido llamarle eso en vida […]. Y ahora en
cambio quedaba como tal para siempre, sin posible vuelta de hoja:
pobre Miguel Deverne sin suerte. Pobre hombre504.
Tale meccanismo incontrollabile fa pensare all’idea analizzata
dall’autore nel saggio Fragmento y enigma y espantoso azar («lo último es lo
verdadero»505), e condiziona anche i ricordi della moglie Luisa:
Hay gente que me dice: ‘Quédate con los buenos recuerdos y no con
el último, piensa en lo mucho que os habéis querido, piensa en tantos
momentos fantásticos que otros ni siquiera han conocido’. Es gente
500
Pittarello, Sobre las fotos, cit., p. 104.
Come dice la narratrice, a Deverne «le habría horrorizado […] verse o saberse
así expuesto, sin chaqueta ni corbata ni tan siquiera camisa o con ésta abierta»
(LE, p. 52).
502
Ricordiamo che lo scrittore è duca di Amarcord del regno di Redonda e
vincitore del X premio del regno. Il suo romanzo L’insostenibile leggerezza dell’essere
compare in Corazón tan blanco (Berta decide di tenerlo in mano durante la ripresa
del suo video di presentazione).
503
Milan Kundera, L’immortalità, Adelphi, Milano, 1993, p. 64.
504
LE, pp. 53-54.
505
Javier Marías, Fragmento y enigma y espantoso azar, in MDT, p. 73.
501
162
bienintencionada, que no alcanza a entender que todos los recuerdos
están teñido ahora por este final triste y sangriento. Cada vez que me
acuerdo de algo bueno, al instante se me aparece la imagen última, la
de su muerte gratuita y cruel, tan fácilmente evitable, tan tonta. Sí, es
lo que llevo peor: tan sin culpable y tan tonta. Y el recuerdo se
enturbia y se hace malo. En realidad ya no me queda ninguno bueno.
Todos me resultan ilusos. Todos se han contaminado.506
7.6 Guida al museo delle scienze
Oltre che quadri e fotografie, nelle opere di Marías si descrivono
anche edifici, come ad esempio il Museo del Prado in Corazón tan
blanco o la cattedrale dell’Almudena in Tu rostro mañana.
Ne Los enamoramientos, l’autore ambienta il secondo incontro tra
María e Díaz-Varela nel Museo Nacional de Ciencias Naturales di
Madrid, cogliendo l’occasione per parlare di questo luogo che
probabilmente frequenta spesso, come la sua narratrice. La descrizione
del museo si può suddividere in due parti ben distinte. La prima è
alquanto didascalica e sembra tratta da una «guía de la ciudad
demasiado puntillosa y exhaustiva»507; fornisce dettagli architettonici e
informazioni legate alla sua storia:
[el Museo Nacional de Ciencias Naturales] está justo al lado o más
bien forma conjunto con la Escuela Técnica Superior de Ingenieros
Industriales con su brillante cúpula de cristal y zinc, de unos
veintisiete metros de altura y unos veinte de diámetro, erigida hacia
1881, cuando ese conjunto no era Escuela ni Museo, sino el flamante
Palacio Nacional de las Artes y las Industrias que albergó una
importante Exposición en aquel año, la zona se conocía antiguamente
como los Altos del Hipódromo, por sus varios promontorios y su
cercanía a unos caballos cuyas hazañas son fantasmales por partida
doble o definitivamente, pues ya no debe de quedar nadie vivo que
asistiera a ellas o las recuerde.508
506
LE, p. 84.
Ivi, p. 132.
508
Ivi, p. 131.
507
163
La seconda è invece più soggettiva e legata all’esperienza personale
della narratrice:
El Museo de Ciencias es pobre, sobre todo si se compara con los que
se encuentran en Inglaterra, pero me acercaba a él a veces con mis
sobrinos pequeños para que vieran los animales estáticos tras sus
vitrinas y se familiarizaran con ellos, y de ahí me quedó cierta afición a
visitarlo por mi cuenta de tarde en tarde, entremezclada —de hecho
invisible para ellos— con los grupos de alumnos de colegios y de
institutos acompañados de una profesora exasperada o paciente y con
despistados turistas sobrados de tiempo que se enteran de su
existencia por alguna guía de la ciudad demasiado puntillosa y
exhaustiva: aparte de las numerosísimas guardianas, casi todas
sudamericanas hoy en día, esos suelen ser los únicos seres vivos de
ese lugar algo irreal y superfluo y feérico, como todos los Museos de
Ciencias.509
La posizione del museo (vicina al luogo dove era avvenuto l’omicidio
di Deverne) e la sua stessa natura (un «Museo semivacío»510, un
contenitore di cadaveri), rendono la scena sottilmente inquietante,
instillando nel lettore cattivi presentimenti. Il momento dell’incontro
fa infatti pensare a una scena di un film di suspense:
Estaba mirando la maqueta de las inmensas fauces abiertas de un
cocodrilo —siempre pensaba que yo cabría en ellas, y en la suerte de
no vivir en un sitio en el que hubiera esos reptiles— cuando me
llamaron por mi nombre y me volví un poco alarmada, por lo
inesperado: cuando uno está en ese Museo semivacío, tiene la casi
absoluta y reconfortante certeza de que en esos instantes nadie puede
conocer su paradero.511
A incrementare la tensione c’è il fatto che Díaz-Varela si mostra sin da
subito misterioso: dichiara di essere anche lui un assiduo frequentatore
del luogo, ma quando María dice di voler scendere un momento a
vedere le «absurdas figuras de Adán y Eva»512, lui non reagisce, non
509
Ivi, pp. 131-132.
Ivi, p. 132.
511
Ibidem.
512
Ivi, p. 133.
510
164
dice «‘Ah, ya’ ni nada por el estilo, como habría dicho cualquiera que
visitara con frecuencia ese Museo»513.
La narratrice passa poi a descrivere l’installazione Garden of
Eden514 di Rosamund Purcell, artista americana vivente, ereditando la
vena critica tipica del Marías articolista:
en el sótano hay una vitrina vertical de no muy gran tamaño, hecha
por una americana o una inglesa, una tal Rosamund Algo, que
representa el Jardín del Edén de manera estrafalaria. Todos los
animales que rodean a la primigenia pareja están supuestamente vivos
y en movimiento o alerta, monos, liebres, pavos, grullas, tejones, quizá
un tucán y hasta la serpiente, que asoma con expresión demasiado
humana entre las muy verdes hojas del manzano. Adán y Eva, en
cambio, los dos de pie y separados, son sólo sendos esqueletos, y lo
único que permite distinguirlos al ojo profano es que uno de ellos
sostiene en la mano derecha una manzana. Seguramente leí alguna vez
el cartel correspondiente, pero no recuerdo que diera explicación
satisfactoria alguna. Si se trataba de mostrar los huesos de una mujer y
de un hombre y de señalar sus diferencias, no se entiende qué
necesidad había de convertirlos en nuestros primeros padres, como se
los llamaba con la fe antigua, y colocarlos en ese escenario; si se
trataba de representar el Paraíso con su más bien pobre fauna, lo que
no se entiende son los esqueletos, mientras todos los demás animales
conservan su carne y su pelo o plumaje. Es una de las más
incongruentes instalaciones del Museo de Ciencias Naturales, y a
nadie que lo visite le puede pasar inadvertida, no por bonita, sino por
sin sentido.515
Il tono ricorda quello della già citata descrizione dell’Almudena516, con
la quale del resto questo frammento stabilisce un riferimento
intertestuale; possiamo infatti osservare che anche in quest’altro testo
l’artista oggetto dell’invettiva è appellato come “Algo”:
513
Ibidem.
Vedi figg. 6 e 7.
515
LE, p. 133-134.
516
Pablo Núñez Díaz ha sottolineato come questa descrizione sia caratterizzata dal
tono ironico e incisivo tipico che Marías adotta nei suoi articoli, cfr. Pablo Núñez
Díaz, Las colaboraciones de Javier Marías en la prensa. Opinión y creación, UNED,
Madrid, 2011, p. 138.
514
165
El adefesio era la Almudena o museo de los horrores ecuménicos, la
espantosa catedral moderna, más o menos del Opus Dei, totus tuus
pero con una frente abombada, casi frankensteiniana, y los brazos
abiertos y alzados como si fuera a arrancarse a bailar como una jota; y
eso, con ser horrible, quizá sea lo menos feo, hay allí, entre otras
infamias, unas vidrieras infames de un inimaginabie artista llamado
Kiki (Kiko Algo), nada decente se puede esperar de tal nombre.517
The Garden of Eden fa parte di un’esposizione permanente del museo,
collocata nel Real Gabinete de Historia Natural. Nella descrizione
dell’opera pubblicata sulla guida didattica al museo (che probabilmente
riproduce il commento apposto anche nella sala d’esposizione), così la
Purcell spiega la presenza dei due scheletri:
Adán y Eva están representados por esqueletos come referencia
histórica a los teatros anatómicos de los siglos XVI y XVII en los
Paises Bajos, en donde los esqueletos estaban dispuestos en las salas
de disección como figuras alegóricas para expresar la brevedad de
toda existencia humana. Aquí estan situados en el centro de la sala
como símbolo de la posición transitoria pero todavía central que los
seres humanos reclaman para sí.518
Sebbene l’installazione collabori a creare un’atmosfera di morte e
tensione, non ci sembra che essa suggerisca un messaggio da mettere
in relazione con quello del romanzo; riteniamo che l’autore abbia
voluto includere un breve excursus (presentato come tale anche in
senso letterale: María vuole compiere questa deviazione prima di
uscire all’aperto con Díaz-Varela) solo per dare sfogo al suo astio nei
confronti dell’opera dell’artista americana.
517
TRM3, p. 313.
Pilar Lopez-García Gallo e María Dolores Ramirez Mittlebrunn, Guía didáctica,
Museo Nacional de Ciencias Naturales de Madrid, 2004, pp. 43-44.
518
166
167
Conclusioni
Alla luce dell’analisi condotta, ci sembra di poter affermare che la
dimensione intertestuale de Los enamoramientos sia il riflesso inevitabile
di un meccanismo mentale in virtù del quale le opere d’arte di cui
abbiamo fruito (siano esse libri, fotografie, quadri o film), così come le
vicende che ci sono state raccontate o che abbiamo letto sul giornale,
entrano a far parte del nostro bagaglio di ricordi e influenzano i nostri
pensieri. Esse possono riaffiorare, in maniera più o meno cosciente,
risvegliate dalle esperienze che viviamo, influenzando il nostro modo
di percepire la realtà (come avviene, ad esempio, quando María ripensa
alla scena di Charade mentre guarda la coppia perfetta), di spiegarla (si
pensi all’uso che Díaz-Varela fa de Le Colonel Chabert) o di descriverla
(la narratrice si esprime spesso per citazioni).
In questo senso, l’intertestualità trascende il campo della
letteratura: è la mente di tutti noi a essere intertestuale, giacché lavora
attraverso processi associativi, in un continuo dialogo con tutti i
materiali che raccogliamo nel corso della nostra vita, attingendo da un
calderone in cui confluiscono indistintamente elementi di realtà e
finzione.
La scrittura è un’attività che non può certo scardinarsi da questo
meccanismo e che deriverà necessariamente dalla “digestione” (per
riutilizzare una metafora cara ai latini) di quei materiali, veri o fittizi,
con cui siamo entrati in contatto. Questo è particolarmente evidente
ne Los enamoramientos, soprattutto quando ci rendiamo conto che
dietro all’invenzione della storia c’è un’impalcatura costituita in gran
parte da fatti appresi da alcuni articoli di giornale.
168
Con questo romanzo, Marías sembra voler istruire i suoi lettori a
un uso proficuo e consapevole delle associazioni tra realtà e narrazioni
finzionali che si producono nella nostra mente. La biblioteca
universale, infatti, ci permette di opporci alla disgregazione del mondo
postmoderno, facendoci percepire la realtà come un insieme chiuso di
possibilità e il tempo come circolare519: tutto ciò cui assistiamo è già
accaduto ed è già stato descritto e, come scriveva l’autore in Corazón
tan blanco: «Quizá sea esto lo que nos lleva a leer novelas y crónicas y a
ver películas, la búsqueda de la analogía, del símbolo, la búsqueda del
reconocimiento, no del conocimiento»520.
La capacità di attuare collegamenti ci consente di avere un grande
controllo sulle nostre vite (come è dimostrato in modo esemplare dalla
lettura che Díaz-Varela fa dell’opera di Balzac) e di «establecer algún
sentido del orden en un universo que se presenta caótico»521: essa
rappresenta, dunque, un modo per realizzare quello che Sebastian
Faaber ha chiamato “afán universalizador” dell’opera di Marías.
Come abbiamo osservato, nel romanzo i riferimenti intertestuali
hanno varie finalità, alcune anche giocose, come nel caso dei
personaggi migranti; tuttavia, riteniamo che questa particolare filosofia
della letteratura sia uno degli elementi che rendono l’intertestualità de
Los enamoramientos così significativa, e che ci consentono di definirlo un
vero e proprio libro sui libri.
Proprio per il ruolo centrale che le relazioni intertestuali
ricoprono nell’opera e per loro natura spesso esplicita, il romanzo può
essere anche considerato come un compendio della produzione dello
519
Per un approfondimento sull’idea di tempo circolare in Marías, vedi: Amélie
Florenchie, Marías in clave borgeana, in AA. VV., Cuadernos de narrativa: Javier Marías,
cit., pp. 155-168; Cuñado, El espectro de la herencia, cit.
520
CTB, p. 294.
521
Faaber, Un pensamientos que hace rimas, cit., p. 199.
169
scrittore, in cui egli esibisce le sue tecniche di rielaborazione e
consente ai lettori di accedere al suo laboratorio creativo.
170
Appendice
Riportiamo di seguito gli articoli che Marías ha utilizzato per la stesura
del romanzo, al fine di facilitarne la consultazione e per dar loro un
supporto più stabile rispetto a quello del web.
Non siamo intervenuti sui testi in nessun modo, neanche al fine
di correggere i refusi presenti (in particolare balzano all’occhio le
oscillazioni Viajes/Viaje Marsans e gorrilla/gorilla). Anche la
formattazione è quella originale (grassetto, divisione in paragrafi,
maiuscole…); nostre sono solo le sottolineature che mirano a facilitare
l’individuazione delle parti citate dall’autore.
171
172
Un “gorrilla” acaba con la vida de un hombre que
asestó nueve cuchilladas
M. J. Álvarez, 3 /7/2004, ABC
MADRID. Fue visto y no visto. Ocurrió en plena calle, en el distrito
de Chamartín, en la calle de Pedro de Valdivia. Faltaban quince
minutos para las cuatro de la tarde, cuando un indigente muy
conocido en el barrio, dado que se gana la vida ejerciendo de «gorilla»
ayudando a estacionar los vehículos a cambio de la voluntad de
conductor, entabló una disputa con otro hombre. Las palabras fueron
subiendo de tono y el mendigo, de súbito, se abalanzó contra la
persona con la que reñía y la cosió a puñaladas, fuera de sí, mientras le
reclamaba dinero. A consecuencia del ataque la víctima se desplomó,
herida de muerte. Quienes transitaban por el lugar, a la altura del
número 6 de la citada calle, avisaron al 092, quien alertó a los servicios
de urgencias. El vigilante jurado de una empresa cercana, que
presenció la agresión, logró retener al indigente. «¡No te muevas de
aquí hasta que venga la Policía!». No tardó en aparecer.
Una navaja de 7 centímetros de hoja. La primera en llegar fue la
Municipal, cuyos agentes le conminaron para que entregase el arma
blanca ―una navaja tipo mariposa de siete centímetros de hoja―, que
arrojó al suelo, y tras esposarle, le trasladaron a la Comisaría del
distrito, según indicaron fuente de la Jefatura Superior.
Entretando, hasta el lugar de la agresión se desplazó una UVImóvil del Sammur-Protección Civil, cuyos facultativos le evacuaron
hasta el Hospital de La Princesa, trasestabilizarle. Ingresó en parada
cardiorrespiratoria y su estado era crítico, explicaron desde
Emergencias Madrid. Presentaba, al menos, nueve puñaladas en el
costado y el abdomen, lo que denota el ensañamiento de, agresor con
su víctima. Tras debatirse unas cinco horas entre la vida y la muerte
falleció a primeras horas de la noche. Se trata de Luis Marsans
Astoreca, de 52 años, mientras que el autor del homicidio es Francisco
José C.F., de 36.
De las investigaciones para esclarecer el móvil del brutal crimen
se ha hecho cargo el Grupo X de Homicidios. El motivo de la disputa
se desconoce, si bien testigos presenciales del suceso, afirmaron que
era económico. Escucharon como el «gorilla» decía a la víctima: «¡Me
quieres dejar sin herencia!» y «¡Me estás quitando el pan de mis hijos!».
No obstante, el detenido al cierre de esta edición no había declarado
173
aún, por lo que la Policía no ha podido confirmar este extremo, ni
tampoco si eran familia política, como decían en la zona. Los
residentes describían al indigente como un hombre alto, con una
barba muy poblada, y de trato amable y correcto. Se ignora también si
sufre algún trastorno mental.
Tratto da: http://www.abc.es/hemeroteca/historico-03-07-2004/abc/Madrid/
un-gorrilla-acaba-con-la-vida-de-un-hombre-al-que-asesto-nueve-cuchilladas_
962235 5119144.html (ultima consultazione: 22/10/2013).
174
Muere apuñalado un hijo del fundador de Viaje
Marsans
A. A., 3/7/2004, La voz de Galicia
Luis Marsans Astoreca, de 52 años e hijo del fundador de Viajes
Marsans, fue asesinado el viernes en una calle de Madrid al ser cosido
a navajazos por un indigente, que supuestamente sufre un
desequilibrio mental y que actuaba como aparcacoches espontáneo a
cambio de la voluntad de los conductores en el aparcamiento de la
facultad de Ingeniería de Industriales, que está situada junto al Paseo
de la Castellana.
Los hechos ocurrieron sobre las 15.45 horas en la calle de Pedro
Valdivia, del distrito de Chamartín, cuando el agresor asestó una
decena de puñaladas al empresario en el costado y el tórax, mientras le
acusaba de haber metido a sus hijas en un red de prostitución.
Un vigilante de seguridad presenció los hechos por lo que retuvo
al agresor, Francisco José López Fernández, de 36 años, hasta la
llegada de varios agentes de la policía municipal, que un vecino se
encargó de llamar al presenciar los hechos.
Según la Jefatura Superior de Policía de Madrid, el presunto
homicida pasó a disposición judicial, pero se ha negado a declarar.
Agentes del grupo de homicidios de laBrigada Provincial de Policía
Judicialse han hecho cargo de caso.
Antecedentes. El detenido, que vivía en un coche en la calle
donde se produjo el apuñalamiento, ya había agredido hace poco más
de un mes al chófer de la víctima sin mediar palabra, aunque entonces
no se denunciaron los hechos.
Además, el pasado día 1, la víspera del apuñalamiento, el
indigente increpó al fallecido, creyendo al parecer que se trataba de su
chófer, indicaron las mismas fuentes.
Cuando Luis Marsans se dirigía a recoger su coche aparcado en la
calle Pedro Valdivia se le acercó el «gorrilla» y de improviso le atacó
con una navaja tipo mariposa de siete centímetros de hoja.
Heridas mortales. El empresario intentó defenderse y huir, al
mismo tiempo que pedía auxilio, pero el indigente siguió apuñalándole
con saña por la espalda hasta que el vigilante de seguridad se acercó
corriendo y logró retener a López Fernández, mientras la víctima
permanecía en el suelo en medio de un gran charco de sangre.
Los miembros de una UVI móvil del Samur que acudió al lugar
realizó las primera curas a la víctima, pero ante su gravedad le
175
trasladaron de urgencia al hospital de la Princesa donde ingresó
inmediatamente en el quirófano. Luis Marsans sufrió diez heridas
incisas en espalda, tórax y hemitórax. Algunas de las lesiones le habían
afectado a órganos vitales y los médicos no pudieron hacer nada para
salvar su vida.
Luis Marsans murió sobre la mesa del quirófano alrededor de las
ocho de la tarde.
Tratto da: http://www.lavozdegalicia.es/hemeroteca/2004/07/03/2826342.shtml
(ultima consultazione: 22/10/2013).
176
El hijo del fundador de Viajes Marsans muere tras ser
cosido a navajazos por un mendigo
Javier Barroso, 3/7/2004, El País
Luis Marsans Astoreca, un empresario de 52 años, murió sobre las
ocho de la tarde de ayer en el hospital de la Princesa, después de ser
cosido a navajazos por Francisco José López Fernández, de 37 años,
un hombre que actuaba como aparcacoches espontáneo en la calle de
Pedro de Valdivia (distrito de Chamartín). Este gorrilla, que
supuestamente sufre algún desequilibrio mental, le asestó una decena
de puñaladas en el costado y el tórax, mientras que le recriminaba que
hubiera metido a sus hijas en una red de prostitución moldava. Un
vigilante de seguridad que estaba cerca se percató de lo que ocurría,
por lo que retuvo al presunto agresor hasta que llegó la Policía
Municipal.
Los hechos sucedieron sobre las 15.45 frente al número 6 de la
calle de Pedro Valdivia, una vía cercana al paseo de la Castellana. El
empresario Marsans se dirigía a coger un coche de su propiedad,
un Volkswagen Polo azul, que estaba aparcado en la calle. Mientras
estaba andando, se le acercó el indigente, vestido con camiseta oscura
y un pantalón marrón. Sacó una navaja tipo mariposa, de unos siete
centímetros de hoja y comenzó a apuñalar a Marsans en el tórax y el
costado, mientras le preguntaba por qué había metido a sus hijas en
una red de prostitución moldava.
Marsans intentó defenderse y huir, pero su agresor se cebó con él
y también le acuchilló por la espalda. La víctima cayó al suelo en
medio de un gran charco de sangre y pidiendo auxilio. Mientras, un
vigilante de seguridad se percató de todo lo que estaba ocurriendo
alertado por los gritos que hubo durante la agresión. Acudió corriendo
al lugar y logró retener a López, mientras avisó a la policía. Los
primeros en llegar fueron los agentes de un coche patrulla de la Policía
Municipal, que esposaron al asesino, que aún llevaba el arma homicida
en la mano. Lo trasladaron a la comisaría del distrito de Chamartín.
177
Después, al producirse el fallecimiento de Marsans, se hicieron cargo
del caso los investigadores del Grupo X de Homicidios.
Parada cardiorrespiratoria. Mientras, una UVI móvil del SamurProtección Civil y el jefe de guardia acudieron al lugar e intentaron
hacer las primeras curas a Marsans. Les fue harto difícil debido a las
numerosas heridas que había recibido. Además, cuando estaba siendo
entubado y estabilizado por los facultativos, entró en parada
cardiorrespiratoria. Los médicos lograron reanimarle tras varios
minutos de muchos nervios. Fue trasladado con preaviso hospitalario
al hospital de la Princesa, según un portavoz de Emergencias Madrid.
Ingresó en estado crítico.
Nada más llegar al centro hospitalario entró en quirófano para
ser operado quirúrgicamente. La gravedad de las lesiones hizo que
falleciera en la mesa de operaciones sobre las ocho de la tarde, según
fuentes sanitarias. Algunas de las puñaladas le habían afectado a
órganos vitales. Hoy le será practicada la autopsia en el Instituto
Anatómico Forense.
Los investigadores del caso creyeron inicialmente que había
alguna relación entre el asesino y su víctima, pero pronto descubrieron
que no. Según comentaron vecinos de la calle de Pedro de Valdivia,
López llevaba casi un año trabajando como gorrilla. Se dedicaba a
ofrecer los aparcamientos a los conductores, que después le daban
alguna propina. Llegaba sobre la doce del mediodía. Dejaba sus dos
mochilas azules bajo un árbol y empezaba a trabajar. Su negocio se le
acabó el pasado 1 de junio, cuando el Ayuntamiento de Madrid puso
en marcha en esa zona el Servicio de Estacionamiento Regulado (SER,
los llamados parquímetros), por lo que su función dejaba de tener
sentido, informan Manuel Cuéllar y Eva San Martín. Hace un mes
le volvieron a ver por la zona. "Nunca había mostrado una actitud
violenta. Lleva barba y tenía pinta de indigente, pero no iba sucio",
señaló José Luis Fernández, el portero del número 6 de la calle de
Pedro de Valdivia.
Pero hubo una excepción en esa actitud pacífica. Hace
aproximadamente un mes tuvo una reacción extraña con el chófer del
asesinado. Cuando éste se disponía a entrar en el garaje de Marsans, en
el paseo de la Castellana y muy cerca de donde ocurrió el homicidio,
López aprovechó que llevaba la ventanilla bajada y le propinó un
178
puñetazo en la cara que le hizo sangrar. No paró de decirle al chófer
que por qué habían secuestrado a su hija. Luego se quedó inmóvil
hasta que llegó la policía, que lo detuvo.
Discusión previa. El portero, José Luis Fernández, recordó ayer
que el empresario y su asesino ya mantuvieron el jueves por la mañana
una pequeña discusión. Entonces, Marsans ya le dijo que se estaba
confundiendo de personas y que ni su chófer ni él eran las personas
que estaba buscando. Pero López continuó hablando solo por la calle.
El fallecido era hijo de Enrique Marsans y Elena Astoreca. El
primero fundó Viajes Marsans, empresa que vendió en 1964 al
Instituto Nacional de Industria (INI) a través de la empresa
Autotransporte Turístico Español, SA (ATESA).
Luis Marsans era un prolífico empresario. Su nombre consta en
una decena de sociedades, en su mayoría dedicadas al mercado
inmobiliario. También tenía otras de venta al por menor de periódicos
y papel, a la distribución de cementos, cales y yesos o bien financieras
inmobiliarias. Estaba casado y tenía dos hijas, según comentaron
allegados al fallecido.
La familia Marsans fue una de las más acaudaladas de Barcelona.
Cristina, una de las hermanas del fallecido, es la vicepresidenta tercera
de la Real Federación Española de Golf. Estuvo casada con Alfredo
Goyeneche, ex presidente del Comité Olímpico Español (COE), que
murió en accidente de tráfico el 16 de marzo de 2002 en el desfiladero
de Pancorbo (Burgos). Otra hermana, María, está casada con uno de
los dueños de la constructora Entrecanales.
Tratto
da:
http://elpais.com/diario/2004/07/03/madrid/1088853871_850
215.html (ultima consultazione: 22/10/2013).
179
El empresario Luis Marsans recibió 16 navajazos,
cinco de ellos mortales
Javier Barroso, 3/7/2004, El País
La autopsia del cadáver del empresario e hijo del fundador de Viajes
Marsans, Luis Marsans Astoreca, de 52 años, ha revelado que la
víctima recibió 16 navajazos de su asesino. Todas las puñaladas
afectaron a órganos vitales. Además, cinco de ellas eran, según dedujo
el forense, mortales. Precisamente el día en que fue asesinado era el
cumpleaños de Marsans. El autor de los hechos, Francisco José López
Fernández, se negó a declarar.
El asesinato se produjo sobre las 15.45 del pasado viernes, frente
al número 6 de la calle de Pedro de Valdivia, en el distrito de
Chamartín. El empresario, dedicado en especial a negocios
inmobiliarios, se dirigía a coger un coche Volkswagen Polo azul de su
propiedad que tenía aparcado en la calle. De repente se acercó a él
Francisco José López y comenzó a recriminarle que por qué había
metido a sus hijas en una red de prostitución extranjera.
El indigente, que era considerado como un perturbado por
algunos vecinos de la zona, sacó una navaja tipo mariposa y comenzó
a apuñalar al empresario. Éste intentó zafarse de su atacante, pero le
resultó inútil. El individuo no dejó de apuñalarle hasta que cayó al
suelo desfallecido. Un vigilante de seguridad se percató de lo que
ocurría y logró retenerle hasta la llegada de la Policía Municipal.
Marsans murió a las ocho de la tarde en el hospital de la Princesa.
El autor de los navajazos es un individuo muy conocido por la
zona del homicidio. Según algunos vecinos es una persona muy
tranquila que nunca se metía en problemas. Se dedicaba a buscar
aparcamientos para los coches y así sacarse algún dinero. Llegaba
sobre las doce de la mañana y dejaba sus dos mochilas azules bajo un
árbol. Después empezaba a trabajar. Sin embargo, muchos residentes
de la zona señalaron ayer que ya estaban hartos de sus arranques
violentos y de sus trastornos mentales. Muchas veces habían intentado
echarle del coche abandonado en el que vivía en la misma calle de
180
Pedro de Valdivia. Hasta la fecha les había resultado imposible, según
reconocieron. López carece de antecedentes policiales.
Uno de esos altercados lo sufrió el conductor de Marsans hace
un mes. López se dirigió a él y, aprovechando que llevaba la ventanilla
bajada, le asestó un puñetazo en la cara. El agresor permaneció en el
lugar hasta que llegó la policía y lo detuvo. Además, el día anterior al
homicidio del empresario mantuvo una discusión con éste en plena
calle. Marsans no paró de decirle que se confundía de persona y que él
no tenía nada que ver con lo que le estaba diciendo, según señaló el
portero de una finca cercana.
Tratto
da:
http://elpais.com/diario/2004/07/04/madrid/1088940270_850
215.html (ultima consultazione 22/10/2013).
181
182
Fig. 1
183
184
Fig. 3
185
Fig. 4
186
187
188
Fig. 7
Fig. 8
189
190
Didascalie
Fig. 1 Copertina dell’edizione de Le Colonel Chabert della casa editrice
J’Ai Lu (2004). L’immagine di copertina è un dettaglio del ritratto del
luogotenente Dieudonné (1812) del pittore Théodore Géricault.
Fig. 2 Cary Grant e Audrey Hepburn in Charade di Stanley Donen
(1963). Immagine tratta da www.wikipedia.org, alla voce Sciarada (film).
Fig. 3 California Kiss (Elliott Erwitt, 1955). Immagine di copertina
delle edizioni Alfaguara sin’ora stampate de Los enamoramientos.
Fig. 4 Il ritratto dell’autore nella seconda di copertina de Los
enamoramientos (Alfaguara, 2011).
Fig. 5 Foto di Luis Marsans che ha accompagnato gli articoli sulla sua
morte. Tratta dall’archivio di El País: http://elpais.com/diario
/2004/07/03/madrid/1088853854_740215.html
(ultima
consulta-
zione: 22/10/2013).
Fig. 6 Esterno del Museo Nacional de Ciencias Naturales di Madrid.
Immagine tratta da http://www.mncn.csic.es.
Fig. 7 Rosamund Purcell, Garden of Eden (Museo Nacional de Ciencias
Naturales di Madrid). Immagine tratta da Pilar Lopez-García Gallo y
María Dolores Ramirez Mittlebrunn, Guía didáctica, Museo Nacional de
Ciencias Naturales de Madrid, 2004, p. 44.
Fig. 8 Pianta del Real Gabinete del Museo Nacional de Ciencias
Naturales di Madrid, tratta da: Lopez-García Gallo y Ramirez
Mittlebrunn, Guía didáctica, cit., p. 36.
191
192
Ringraziamenti
Desidero innanzitutto ringraziare la Professoressa Sara Polverini e la
Professoressa Ana Tobío Sala per avermi dato fiducia, essere state così
pazienti e disponibili nei miei confronti e per avermi indirizzata nei
momenti di smarrimento.
Il mio riconoscimento va anche al Professor Andrea Bernardelli
dell’Università degli Studi di Perugia per gli utili consigli bibliografici
sul tema dell’intertestualità, per avermi chiarito molti dubbi e offerto
spunti di riflessione interessanti. Sono grata alla Professoressa Helen
Freear-Papio e al Professor Timothy Austin, entrambi del College of
the Holy Cross (Worcester, MA), che hanno condiviso con me le loro
riflessioni sull’opera di Marías, l’una, e di Shakespeare, l’altro. Utili
segnalazioni mi sono arrivate dal Dottor Vidal, cardiologo e amico di
Marías, oltre che personaggio secondario de Los enamoramientos e da
Rosamund Purcell, autrice di un’installazione descritta nel libro. Il
risultato di questo lavoro sarebbe stato senz’altro molto meno
approfondito se non avessi potuto godere dell’eccellente servizio di
prestito interbibliotecario del College of the Holy Cross e di quello
della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze.
Desidero infine ringraziare Marcella per avermi tanto gentilmente
aiutata a correggere le bozze, i miei genitori per avermi dato la
possibilità di completare questo percorso di studi nonostante le molte
deviazioni, e Simone per essermi stato vicino in tutte queste deviazioni
e avermi poi riportata a casa.
193
194
Bibliografia
OPERE DI NARRATIVA DI JAVIER MARÍAS1
Los dominios del lobo, Edhasa, Barcelona, 1971.
Travesía del horizonte, La Gaya Ciencia, Barcelona, 1972.
El monarca del tiempo, Reino de Redonda, Barcelona, 2003 [Alfaguara,
Madrid, 1978].
El siglo, Seix Barral, Barcelona, 1983.
El hombre sentimental, Debolsillo, Barcelona, 2006 [Anagrama,
Barcelona, 1986].
Todas las almas, Alfaguara, Madrid, 2000 [Anagrama, Madrid, 1989].
Tutte le anime, Einaudi, Torino, 1999 (traduzione di Glauco Felici).
Corazón tan blanco, Crítica, Barcelona, 2010 [Anagrama, Barcelona,
1992].
Mañana en la batalla piensa en mí, Anagrama, Barcelona, 1994.
Cuando fui mortal, Alfaguara, Madrid, 1996.
Mala índole, Plaza & Janés editores, Barcelona, 1998.
Negra espalda del tiempo, Debolsillo, 2006 [Alfaguara, Madrid, 1998].
Tu rostro mañana:
1. Fiebre y lanza, Alfaguara, Madrid, 2002.
2. Baile y sueño, Alfaguara, Madrid, 2004.
3. Veneno, sombra y adiós, Alfaguara, Madrid, 2007.
1
Si segnala solo la prima edizione, a meno che non ne sia stata usata un’altra per
questa tesi. In tal caso, si segnala comunque anche la prima edizione tra parentesi
quadre.
195
Los enamoramientos, Alfaguara, Madrid, 2011.
Gli innamoramenti, Einaudi, Torino, 2012 (traduzione di Glauco Felici).
Ven a buscarme, Alfaguara, Madrid, 2011.
Mala índole. Cuentos aceptados y aceptables, Alfaguara, Madrid, 2012.
La canción de Lord Rendall, in AA. VV, Antología universal del relato
fantástico, Edición y prólogo de Jacobo Siruela, Atalanta, Vilaür,
2013.
ALTRE OPERE CITATE DI JAVIER MARÍAS (ARTICOLI,
SAGGI E ALTRI MATERIALI)
INTERVISTE,
Vidas escritas, Siruela, Madrid, 1992.
El hombre que parecía no querer nada, Espasa, Madrid, 1996.
Mano de sombra, Alfaguara, Madrid, 1997.
Miramientos, Alfaguara, Madrid, 1997.
Harán de mí un criminal, Alfaguara, Madrid, 2003.
Donde todo ha sucedido. Al salir del cine, Galaxia Gutemberg, Círculos de
los Lectores, Barcelona, 2005.
Ser y no ser quien se es, 30/8/2005, http://www.javiermarias.es
/2005/08/javier-maras-ser-y-no-ser-quien-se-es.html
(ultima
consultazione: 20/6/2013).
Sobre la dificultad de contar. Discurso leído el día 27 de abril de 2008 en su
recepción pública por el Excmo. Sr. D. Javier Marías y contestación del
Excmo. Sr. D. Francisco Rico, Real Academia Española, Madrid,
2008.
La plaga de la impunidad, «El País», 27/2/2011, http://elpais.com/
diario/2011/02/27/eps/1298791619_850215.html (ultima consultazione: 20/6/2013).
196
Literatura y fantasma, edición ampliada, Alfaguara, Madrid, 2011
(ebook).
MONOGRAFIE SULL’OPERA DI JAVIER MARÍAS
AA. VV., Cuadernos de narrativa: Javier Marías. Grand séminaire de
Neuchâtel. Coloquio internacional Javier Marías. 10-12 de noviembre de
2003, Arco/Libros, Madrid, 2005.
AA. VV., Javier Marías. La conciencia dilatada, «Ínsula. Revista de letras y
ciencias humanas», n. 785-786, mayo-junio 2012.
BERG, KAREN, Javier Marias’s postmodern praxis: Humor and interplay
between reality and fiction in his novels and essays, VDM, Saarbrücken,
2008.
CANDELORO, ANTONIO, Como la nieve resbaladiza. Javier Marías narratore
del tempo, Aracne editrice, Roma, 2012.
CAROFIGLIO, SANDRA, “Mañana en la batalla piensa en mí, Cuando fui
mortal, y caiga herrumbrosa tu lanza”. Shakespeare come elemento
unificatore di tre romanzi di Javier Marías. Tesi di laurea inedita.
Università degli Studi di Trieste, facoltà di Lettere e Filosofia.
Relatore: Prof. Mario Faraone, correlatore: Giovanni Ferracuti.
Anno
accademico
2004/2005,
http://www.ilbolerodiravel.org/biblioteca/cc/carofigliomarias.pdf (ultima consultazione: 30/9/2013).
CUÑADO, ISABEL, El espectro de la herencia: la narrativa de Javier Marías,
Rodopi, Amsterdam-New York, 2004.
FAY, SARAH, Javier Marías, The Art of Fiction No. 190. Interview with Javier
Marías, «The Paris review», 2006, http://www.theparisreview.org
/interviews/5680/the-art-of-fiction-no-190-javier-marias (ultima
consultazione: 20/6/2013).
GROHMANN, ALEXIS, Coming into one’s Own: The Novelistic Development of
Javier Marías, Rodopi, Amsterdam-New York, 2002.
197
ID. y STEENMEIJER, MARTIN, Allí donde uno diría que no puede haber nada:
Tu rostro mañana de Javier Marías, Rodopi, Amsterdam-New
York, 2009.
HERZBERGER, DAVID K., A Companion to Javier Marías, Tamesis Books,
Rochester, New York, 2011.
MOLLEJO, AZUCENA, El cuento español de 1970 a 2000. Cuatro escritores de
Madrid: Francisco Umbral, Rosa Montero, Almudena Grandes y Javier
Marías, Editorial Pliegos, Madrid, 2002.
MOTTA, ANTONIO (a cura di), Javier Marías. Quarant’anni di libri, «Il
Giannone», n. 17, gennaio-giugno 2011.
NÚÑEZ DÍAZ, PABLO, Las colaboraciones de Javier Marías en la prensa.
Opinión y creación, UNED, Madrid, 2011.
PITTARELLO, ELIDE, Entrevista con Javier Marías, Debolsillo, Barcelona,
2006.
POLVERINI, SARA, Tu rostro mañana di Javier Marías: la violenza dello
sguardo. Tesi di laurea inedita, consultabile presso la biblioteca
della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di
Firenze. Relatore: María A. Roca Mussons, correlatore: Ana Sala
Tobío. Anno accademico: 2007/2008.
POZUELO YVANCOS, JOSÉ MARÍA, Figuraciones del yo en la narrativa. Javier
Marías y E. Vila-Matas, Universidad de Valladolid-Cátedra Miguel
Delibes, Valladolid, 2010.
RUSCA, ANDREA, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea. Tesi
di laurea inedita. Università Ca’ Foscari di Venezia, Relatore:
Elide Pittarello, correlatore: Enric Bou Maqueda. Anno
accademico
2011/2012,
http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/229 1/8154911165377.pdf?sequence=2 (ultima consultazione 19/9/2013).
SARMATI, ELISABETTA e TRECCA, SIMONE (a cura di), La biblioteca dello
scrittore. Percorsi intertestuali nella narrativa spagnola contemporanea
198
(Laforet, Puértolas, Marías, Méndez, Neuman), Edizioni Nuova
Cultura, Roma, 2012 (ebook).
STEENMEIJER, MARTIN (bajo la dirección de), El pensamiento literario de
Javier Marías, Rodopi, New York, 2001.
ARTICOLI, RECENSIONI E ALTRI MATERIALI SULL’OPERA DI JAVIER
MARÍAS
ANÓNIMO, Javier Marías: España es un país difícil, ingrato, del que no se puede
fiar uno, 24/9/2007, «El País», http://cultura.elpais.com
/cultura/2007/09/24/actualidad/1190584802_850215.html
(ultima consultazione: 20/6/2013).
ANÓNIMO, Del amor a la impunidad, «Semana», 24/9/2011,
http://www.semana.com/cultura/articulo/del-amor-impunidad
/246875-3 (ultima consultazione 6/9/2013).
ANÓNIMO, Javier Marías explora el amor y la impunidad en Los
enamoramientos,
«Diario
de
Mallorca»,
7/4/2011,
http://www.diariodemallorca.es/sociedad-cultura/2011/04/07
/javier-marias-explora-amor-impunidad-enamoramientos/
659527.html (ultima consultazione: 6/9/2013).
ANÓNIMO, Javier Marías rechaza el Nacional de Narrativa por Los
enamoramientos, «El País», 25/10/2012, http://cultura.elpais.com
/cultura/2012/04/21/actualidad/1334998646_622912.html
(ultima consultazione: 20/6/2013).
ARROYO, ANDONI, Madrid en las novelas de Javier Marías, «Espéculo.
Revista de estudios literarios» (publicación digital de la
Universidad Complutense de Madrid), n. 34, 2006,
http://www.ucm.es/info/especulo/numero34/jmmarias.html
(ultima consultazione: 20/6/2013).
BASANTA, ÁNGEL, Los enamoramientos, «El Cultural», 8/4/2011,
http://www.elcultural.es/version_papel/LETRAS/28975/Los_e
namoramientos (ultima consultazione 6/9/2013).
199
BAUTISTA, VIRGINIA, Javier Marías. “La verdad es siempre maraña”,
«Excelsior»,
2/6/2011,
http://javiermariasblog.wordpress.
com/2011/ 06/02/ (ultima consultazione: 20/6/2013).
BUZZONI, MILENA, Javier Marías: un manierista eccellente, «Resine.
Quaderni liguri di cultura», n. 109, 3° trimestre 2006, pp. 85-97.
CERNA, JUSTO, Reseña de Los enamoramientos, «Ojos de Papel»,
2/5/2011,
http://www.ojosdepapel.com/Index.aspx?article
=4025 (ultima consultazione: 27/10/2013).
CHRISTIE, RUTH, Corazón tan blanco: The Evolution of a Success
Story, «Modern Language Review», 93:1, 1998, pp. 83-93.
DE GREGORIO, CONCITA, Javier Marías e la legge del desiderio. “La distanza
è la chiave di una buona relazione”, «La Repubblica», 10/12/2012,
http://www.repubblica.it/speciali/repubblica-delleidee/edizione2012/2012/12/10/news/javier_marias_e_la_legge
_del_desiderio_la_distanza_la_chiave_di_una_buona_relazione48455639/(ultima consultazione: 20/6/2013).
DEL TORO, ALFONSO, El arte de escribir. La infinita soledad del narrador o
el mundo desde adentro: ver, escuchar y cavilar, in ID. e DIETER
INGENSCHAY (bajo la dirección de), La novela actual española.
Autores y tendencias, Edition Reichenberger, Kassel, 1995.
DE MAESENEER, RITA, Sobre la traducción en Corazón tan blanco de
Javier Marías, «Espéculo. Revista de estudios literarios» (publicación
digital de la Universidad Complutense de Madrid), n. 24, 2003,
http://pendientedemigracion.ucm.es/info/especulo/numero14/
jmarias.html (ultima consultazione 27/10/2013).
DREYMÜLLER, CECILIA, Las leyes del mercado. Acerca del fenómeno literario y
editorial de Javier Marías, in LÓPEZ DE ABIADA, JOSÉ MANUEL,
NEUSCHÄFER, HANS-JÖRG y LÓPEZ BERNASOCCHI, AUGUSTA,
Entre el ocio y el negocio: industria editorial en la España de los 90,
Verbum, Madrid, 2001, pp. 83-92.
200
FABER, SEBASTIAAN, Un pensamiento que hace rimas. El afán universalizador
en las novelas de Javier Marías, «Revista Hispánica Moderna», n. 56,
2003, pp. 195-204.
FERNÁNDEZ, ÁLVARO, Contar para olvidar. La política del olvido en
Corazón tan blanco,
«Nueva Revista de Filología Hispanica», n. 002, julio-diciembre,
año/vol. LI, pp. 527-579.
GALLÓN SALAZAR, ANGÉLICA, El enamoramiento es un azar, no un destino,
«El espectador», 1/7/2011, http://javiermariasblog.wordpress.com/2011/06/02/ (ultima consultazione 6/9/2013).
GARCÍA DE LEÓN, ENCARNACIÓN, Javier Marías: mirón, testigo, descriptor
y relator de historias, Actas del XIV Congreso de la Asociación
Internacional de Hispanistas, New York, 16-21 de julio de 2001,
pp. 221-229.
GAVIÑA SUSANA, Waine Wang llevará al cine Mientras ellas duermen, de
Javier
Marías,
«ABC»,
10/10/2012,
http://www.abc.es/20121010/ cultura-libros/abci-wayne-wangllevara-cine-201210091743.html
(ultima
consultazione
13/11/2013).
GELI, CARLES, Javier Marías ficha por la prestigiosa editorial Penguin, «El
País»,
20/10/2011,
http://cultura.elpais.com/cultura/2011/10/20/
actualidad/1319061615_850215.html (ultima consultazione:
20/6/2013).
GÓMEZ LÓPEZ, JESÚS ISAÍAS, El fenómeno de la traducción (inglés-español)
como falsificación del lenguaje en Corazón tan blanco, in PERDU
HONEYMAN, NOBEL AUGUSTO e VILLORIA PRIETO, JAVIER (bajo
la dirección de), La traducción: puente interdisciplinar, Universidad de
Almería, Almería, 2001, pp. 115-128.
GROHMANN, ALEXIS, Literatura y trastorno o la alegoría de la narración en
Javier Marías, «Iberoamericana. América Latina, España, Portugal:
201
Ensayos sobre letras, historia y sociedad», vol. 8, n. 30,
2008, pp. 65-82.
ID., Literatura y errabundia (Javier Marías, Antonio Muñoz Molina y Rosa
Montero), Rodopi, Amsterdam-New York, 2011.
KERCHER, DONA, Javier Marías’s novel, Todas las almas, and Gracia
Querejeta’s El último viaje de Robert Rylands, «Cine-Lit», n. 3,
1997, pp. 100-112.
LAFONT, ISABEL, Dal libro al cine, un viaje peliagudo, «El País»,
29/1/2009, http://javiermariasblog.wordpress.com/2009/01/
(ultima consultazione: 11/9/2013).
LEPRI PAOLO, Javier Marías: «ho preso in prestito la vita di mio padre»,
«Corriere
della
sera»,
10/5/2010,
http://archiviostorico.corriere.it
/2010/maggio/17/Javier_Marias_preso_prestito_vita_co_9_100
517046.shtml (ultima consultazione 16/10/2013).
LÓPEZ, ÓSCAR, Javier Marías. El hombre de moda, «Qué leer», n. 14,
septiembre 1997, pp. 34-38, http://www.javiermarias.es/
PAGINASDEENTREVISTAS/QueLeerSeptiembre97.html
(ultima consultazione: 20/6/2013).
MAGITTI, VINCENZO, La novellizzazione postmoderna. Puig, Coover, Marías,
Bram e Viel, in ID., Lo schermo tra le righe. Cinema e letteratura del
Novecento, Liguori Editore, Napoli, 2007.
MANRIQUE SABOGAL, WINSTON, Mejor libro del año: Los
enamoramientos de Marías, «El País», 22/12/2011,
http://blogs.elpais.com/papeles-perdidos/2011/12/losenamoramientos-de-marias-mejor-libro-de-2011.html
(ultima
consultazione: 20/6/2013).
ID. y DE LA RÚA, ÁLVARO R., Los enamoramientos de Javier Marías, libro del
año (intervista in formato video), 2011, http://www.elpais.com/
videos/cultura/enamoramientos/Javier/Marias/libro/ano/HD/
202
elpepucul/20111221elpepucul_3/Ves/ (ultima consultazione:
20/6/2013).
MARGENOTA, MARICARMEN R., El narrador ante el personaje femenino en
algunas obras de Javier Marías, «Crítica Hispánica», n. XXIV, 2003,
pp. 99-106.
MENDONZA, ANA, Tu rostro mañana, de Javier Marías, será llevada al cine
por Hollywood, «EFE», 6/4/2011, http://javiermariasblog.wordpress.com/2011/04/06/tu-rostro-manana-de-javier-marias-serallevada-al-cine-por-hollywood/
(ultima
consultazione:
13/11/2013).
MILLER, STEPHEN, Graphic-lexical Dialogue in Marías and Rivas,
«Romance Quarterly», vol. 51, Spring 2004, pp. 97-110.
MOLPECERES ARNAIZ, SARA, Macbeth de William Shakespeare en
Corazón tan blanco de Javier Marías, «Estudios Humanísticos.
Filología», n. 22, 2000, pp. 161-174.
NAVARRO GIL, SANDRA, Los relatos de Javier Marías,
http://www.liceus.com/cgi-bin/ac/pu/Sandra%20_Navarro_
JavierMarias.asp (ultima consultazione: 20/8/2013).
ID., La narrativa de Javier Marías, «Revista Fábula», n. 11, invierno 2002,
pp. 38-40.
ID., La voz del narrador en las novelas de Javier Marías, «RLit», LXV, 2009,
pp. 199-210.
OTHEGUY RIVEIRA, HORACIO, Sublime María Dolz en Los
enamoramientos de Javier Marías, «Suite 101», 13/11/2012,
http://suite101.net/article/personajes-de-novela-maria-dolz-delos-enamoramientos-a84119#axzz2PPvtzz5h (ultima consultazione: 20/6/2013).
PÉREZ GRACIA, CÉSAR, De Oxford a Alcatraz. Cuentos de Marías,
«Heraldo», 18/10/2012, http://javiermariasblog.wordpress.com
/2012/10/22/de-oxford-a-alcatraz-cuentos-de-marias/ (ultima
consultazione: 25/7/2013).
203
ID.,
Las
fullerías
del
amor,
«Heraldo»,
7/4/2011,
http://javiermariasblog.wordpress.com/2011/04/page/2/
(ultima consultazione: 25/7/2013).
PITTARELLO, ELIDE, «No he querido saber, pero he sabido»: Javier Marías y
Corazón tan blanco, in MARÍAS, JAVIER, Corazón tan blanco,
Crítica, Barcelona, 2010, pp. 5-97.
ID., Prólogo, in MARÍAS, JAVIER, Los enamoramientos, Mondadori,
Barcelona, 2013, pp. 9-15.
PFEIFFER, MICHAEL, El destino de la literatura. Entrevistas con: Rafael
Argullon, Bernardo Atxaga, Félix de Azúa, Luis Alberto de Cuenca,
Javier Marías, Eduardo Mendoza, Quim Monzó, Antonio Muñoz
Molina, Soledad Puértolas, José Ángel Valente, El acantilado,
Barcelona, 1999.
PUIG, IDOYA, Cervantes’s presence in Javier Marías’s Mañana en la batalla
piensa en mí, «Cuaderno internacional de estudios humanísticos
y literatura», n. 16, otoño 2011, pp. 133-141.
RAMOS, CHARO, Javier Marías antes la impunidad, «Diario de Sevilla»,
24/5/2011, http://www.diariodesevilla.es/article/ocio/983649
/javier/marias/ante/la/impunidad.html (ultima consultazione:
20/6/2013).
REQUENA HIDALGO, CORA, El narrador en las novelas de Javier Marías,
«Espéculo. Revista de estudios literarios» (publicación digital de
la Universidad Complutense de Madrid), n. 24, 2003,
http://pendientedemigracion.ucm.es/info/especulo/numero24/
jmarias.html (ultima consultazione: 19/08/2013).
REVUELTA, LAURA, Entrevista a Javier Marías, «ABC cultural»,
15/6/2013, http://javiermariasblog.wordpress.com/2013/06/16
/entrevista-a-javier-marias-2/ (ultima consultazione: 20/6/2013).
RICO, FRANCISCO, Contestación a Sobre la dificultad de contar, Real
Academia Española, Madrid, 2008.
204
ID., Los enamoramientos y El coronel Chabert, «Babelia», 11/6/2011,
http://javiermariasblog.wordpress.com/2011/06/10/franciscorico-los-enamoramientos-y-el-coronel-chabert/ (ultima consultazione: 20/6/2013).
ID.,
La
cultura
del
texto,
«Babelia»,
11/6/2011,
http://elpais.com/diario/2011/06/11/babelia/1307751135_850
215.html (ultima consultazione: 20/6/2013).
ROSSI, ANACRISTINA, Enamoramientos, la impunidad, «El financiero»,
29/7/2012,
http://javiermariasblog.wordpress.com/2012/08/01/enamoram
ientos-la-impunidad/ (ultima consultazione: 20/7/2013).
SCARLETT, ELIZABETH, Victors, Villains, and Ghosts: Filmic Intertextuality
in Javier Marías’s Mañana en la batalla piensa en mí, «Revista
canadiense de estudios hispánicos», vol. 28, n. 2, invierno 2004,
pp. 391-410.
SERNA, JUSTO, Javier Marías: Los enamoramientos, «Ojos de papel»,
2/5/2011,
http://www.ojosdepapel.com/Index.aspx?article=
4025 (ultima consultazione: 30/7/2013).
SIMONSEN, KAREN-MARGRETHE, Corazón tan blanco: A PostPostmodern Novel by Javier Marías, «Revista Hispánica Moderna», n.
1, Año 52, junio 1999, pp. 193-212.
TURELLO, MARIO, Marías: circondati dal buio è il tempo delle impunità,
«Messaggero veneto», 30/1/2011, http://messaggeroveneto.
gelocal.it/cronaca/2011/01/30/news/marias-circondati-dalbuio-e-il-tempo-delle-impunita-1.47709 (ultima consultazione:
20/7/2013).
VALLS, FERNANDO, Los cuentos completos de Javier Marías, o el arte del
detalle, «Babelia», 20/10/2012.
VOLPI, JORGE, Los enamoramientos: un diálogo platónico de Javier Marías,
«Claves de razón práctica», n. 214, 2011, pp. 72-73.
205
WOOD, GARETH J., Marías’s debt to translation: Sterne, Browne, Nabokov,
Oxford University Press, Oxford, 2012.
BIBLIOGRAFIA GENERALE
A. A., Muere apuñalado un hijo del fundador de Viaje Marsans, «La voz de
Galicia», 3/7/2004, http://www.lavozdegalicia.es/hemeroteca
/2004/07/03/2826342.shtml (ultima consultazione: 22/10/2013).
ALLEN, GRAHAM, Intertextuality, Routledge, London, 2000.
ÁLVAREZ, M. J., Un “gorilla” acaba con la vida de un hombre que asestó nueve
cuchilladas, «ABC», 3/7/2004, http://www.abc.es/hemeroteca
/historico-03-07-2004/abc/Madrid/un-gorrilla-acaba-con-lavida-de-un-hombre-al-que-asesto-nueve-cuchilladas_96223
55119144.html (ultima consultazione 22/10/2013).
ASTORGA, ANTONIO, Julián Marías: «La guerra civil fue consecuencia de una
ingente frivolidad», «ABC», 17/12/2012, http://www.abc.es/201
20429/cultura-libros/abci-julian-marias-guerra-civil-2012042719
54.html (ultima consultazione 7/8/2013).
BARROSO, JAVIER, El hijo del fundador de Viajes Marsans muere tras ser
cosido a navajazos por un mendigo, «El País», 3/7/2004,
http://elpais.com/diario/2004/07/03/madrid/1088853871_850
215.html (ultima consultazione: 22/10/2013).
ID., El empresario Luis Marsans recibió 16 navajazos, cinco de ellos mortales,
«El
País»,
4/7/2004,
http://elpais.com/diario/2004/07/04/madrid
/1088940270_850215.html (ultima consultazione: 22/10/2013).
BARTHES, ROLAND, S/Z, Einaudi, Torino, 1973.
ID., La mort de l’Auteur, in
1984.
ID.,
Le bruissement de la langue, Seuil, Paris,
206
ID., La camera chiara. Nota sulla fotografia, Einaudi, Torino, 2003.
BERNARDELLI, ANDREA, Intertestualità, La Nuova Italia, Milano, 2000.
ID. (a cura di), La rete intertestuale. Percorsi tra testi, discorsi e immagini,
Morlacchi Editore, Perugia, 2010.
BERNARDI, SANDRO, La citazione nel cinema, in DEI, ADELE e
GUERRICCHIO, RITA (a cura di), Il libro invisibile, Bulzoni, Roma,
2008.
BOUGUILLAET, ANNICK, Une typologie de l’emprunt, «Poétique», 80, nov.
1989.
CARETTA, ENRICA, Il passadondolo, Add editore, Torino, 2012.
CESERANI, REMO, Raccontare il postmoderno, Bollati Boringhieri, Torino,
1997.
COLES, BLANCHE, Shakespeare studies. Macbeth, Richard R. Smith, New
York, 1938.
COMPAGNON, ANTOINE, La Seconde Main ou le travail de la citation, Seuil,
Paris, 1979.
ID., Il demone della teoria. Letteratura e senso comune, Einaudi, Torino, 2000.
COSTA, ANTONIO, Immagine di un’immagine. Cinema e letteratura, Utet,
Torino, 1993.
ID., Nel corpo della parola, l’immagine: quando la letteratura cita il cinema, in
FUSILLO, MASSIMO e POLACCO, MARINA, La letteratura e le altre
arti, «Contemporanea. Rivista di studi sulla letteratura e sulla
comunicazione», n. 3, 2005, pp. 59-70.
DE SANTIS, CRISTIANA, Il passadondolo e altre parole da rimettere in gioco,
«La
Ricerca»,
19/1/2013,
http://www.laricerca.loescher.it/index.php
/attualita/linguaitaliana/363-il-passadondolo-e-altre-parole-da-rimettere-in-gioco
(ultima consultazione: 30/9/2013).
207
ECO, UMBERTO, Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi
narrativi, Bompiani, Milano, 1979.
FERRANTINI, PAOLO, Dinamiche dell’intertestualità, in «Intersezioni.
Rivista di storia delle idee», anno V, n. 1, aprile 1985, pp. 137145.
FERRONI, GIULIO, I confini della critica, Alfredo Guida Editore, Napoli,
2005.
FUSILLO, MASSIMO, L’altro e se stesso. Teoria e storia del doppio, La Nuova
Italia Editrice, Firenze, 1998.
FORTUNATI, VITA, Intertestualità e citazione fra Modernismo e
Postmodernismo. Il pastiche di Antonia Byatt fra letteratura e pittura, in
Led on line (Electronic Archive of Academic and Literary Texts):
http://www.ledonline.it/leitmotiv/Allegati/leitmotiv020208.pdf
(ultima consultazione: 20/6/2013).
GENETTE, GÉRARD, Figure III, Einaudi, Torino, 1976.
ID., Soglie. I dintorni del testo, Einaudi, Torino, 1989.
ID., Palinsesti. La letteratura al secondo grado, Einaudi, Torino, 1997.
GUAGNELINI, GIOVANNI e RE, VALENTINA, Visioni di altre visioni:
intertestualità e cinema, Gedit Edizioni, Bologna, 2007.
HABERER, ADOLPHE, Intertextuality in Theory and Practice, in «Literatura»,
n. 49, 2007, pp. 54-67.
HELGUERA, ARTEMISIA y MATA, CARLOS ULISES, Charla con el maestro
Francisco Rico (noviembre de 1998), «Revista de estudios
cervantinos»,
n.
14,
octubre-noviembre
2010,
http://www.estudioscervantinos.org/entrevistas/Francisco%20
Rico.pdf (ultima consultazione: 5/9/2013).
HUTCHEON, LINDA, A Poetics of Postmodernism: History, theory, fiction,
Routledge, London-New York, 1988.
208
ID., Intertextuality, in BARNOUW, ERIK (edited by), International
Encyclopedia of Communication, 2, Oxford University Press, New
York-London, 1989, pp. 349-351.
ID., A Politics of Postmodernism, London-New York, Routledge, 1989.
JODOROWSKY, ALEJANDRO, Psicomagia, Siruela, Madrid, 2007.
BURKE, KENNETH, Literature as Equipment for Living, in SUTTON,
WALTER e FOSTER, RICHARD, Modern criticism. Theory and practice,
Odyssey Press, New York, pp. 242-247.
LOMBARDO, AGOSTINO, Lettura del Macbeth, Nuova Biblioteca di
Cultura, Vicenza, 1969.
LOPEZ-GARCÍA GALLO, PILAR y RAMIREZ MITTLEBRUNN, MARÍA
DOLORES, Guía didáctica, Museo Nacional de Ciencias Naturales
de Madrid, Madrid, 2004.
LYOTARD, JEAN-FRANÇOIS, La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere,
Feltrinelli, Milano, 2002.
MARÍAS, JULIÁN, Cervantes como clave española, «Revista de Estudios
Cervantinos», n. 1, Junio-Julio 2007, http://www.estudios
cervantinos.org/1/Julian%20Marias%20-20Cervantes%20
como%20clave%20espanola.pdf
(ultima
consultazione
7/8/2013).
MARTÍN RODRIGO, INÉS, La crisis rompe el suelo bajo unos pocos best seller,
26/12/2012, «ABC», http://www.abc.es/cultura/libros/2012
1226/abci-crisis-best-seller-libros-201212241245.html
(ultima
consultazione: 20/6/2013).
MILLER, JOSEPH HILLIS, The Critic as Host, in ID. Deconstruction and
Criticism, Routledge and Kegan Paul, London-Henley, 1979.
MORELLI, GABRIELE e MANERA, DANILO, Letteratura spagnola del
Novecento, Mondadori, Milano, 2007.
209
NEGRI, ALBERTO, Lucidi disincantati. Forme e strategie nel cinema
postmoderno, Bulzoni, Roma, 1996.
NERI, ROSSELLA, La metanarrazione. La storia, le teorie, i testi. Tesi di
dottorato inedita, Università degli Studi di Verona, Dipartimento
di Linguistica, Letteratura e Scienze della comunicazione.
Coordinatore: Prof. Mario Dal Corso, http://www.univr.it
/documenti/AllegatiOA/allegatooa_02958.pdf (ultima consultazione: 30/7/2013).
ORR, MARY, Intertextuality: debates and contexts, Polity, Cambridge, 2003.
PFISTER, MANFRED, How Postmodern is Intertextuality?, in PLETT,
HEINRICH F., Intertextuality, de Guyter, Berlin-New York, 1991,
pp. 207-224.
PIRANI, EMANUELE, Esercizi di semiotica fantomatica: postmodernismo, testo
estetico, discorso cognitivo in Fantomas contra los vampiros
multinacionales. Tesi di laurea inedita in Semiotica del testo.
Università degli Studi di Bologna, Relatore: Prof. Maria Pia
Pozzato, Correlatore: Dr.ssa Daniela Panosetti, Anno
Accademico: 2004/2005.
PISANI, EDOARDO, Enrique Vila-Matas in Colombia. Inedito in Italia,
«Satisfiction», 27/1/2012, http://www.satisfiction.me/enriquevila-matas-in-colombia-inedito-in-italia/ (ultima consultazione:
20/6/2013).
PIVA, MARIKA, Memorie di seconda mano. La citazione dei Mémoires
d’outre-tombe di Chateaubriand, Morlacchi Editore, Perugia, 2008.
POLACCO, MARINA, L’intertestualità, Laterza, Bari, 1998.
PUCCI, PIETRO, Decostruzione e intertestualità, «Nuova Corrente», 93-94
(gennaio-dicembre), anno XXXI, 1984, pp. 283-301.
RICO, FRANCISCO, ‘Por Hepila famosa’, o cómo no editar el Quijote,
«Babelia», n. 261, 26/10/1996.
SARTRE, JEAN-PAUL, L’essere e il nulla, Il Saggiatore, Milano, 1965.
210
SEGRE, CESARE, Intertestuale/interdiscorsivo. Appunti per una fenomenologia
delle fonti, in DI GIROLAMO, COSTANZO e PACCAGNELLA, IVANA
(a cura di), La parola ritrovata. Fonti e analisi letteraria, Palermo,
Sellerio, 1982.
ID., Teatro e romanzo, Einaudi, Torino, 1984.
ID., Avviamento all’analisi del testo letterario, Einaudi, Torino, 1985.
WORTON, MICHAEL JOHN and STILL, JUDITH, Intertextuality. Theories
and Practice, Manchester University Press, Manchester-New York,
1990.
ZACCHI, ROMANA, La citazione ovvero la memoria trasparente, «Quaderni di
filologia germanica della Facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università di Bologna», vol. IV, 1988, pp. 17-33.
ALTRE OPERE CITATE
BALZAC, HONORÉ DE, Le colonel Chabert, in
Seuil, Paris, 1965, vol. 2, pp. 310-333.
ID.,
La Comédie humaine,
ID., El coronel Chabert, in ID., El coronel Chabert seguido de El verdugo, El
elixir de larga vida y la obra maestra desconocida, traducción de
Mercedes Lopéz-Ballesteros, Reino de Redonda, Barcelona,
2011.
ID., El coronel Chabert, in ID., La comedia humana, traducción de Joaquín
García Bravo, Biblioteca Luis Tasso, Barcelona, 1903,
http://www.funambulista.net/wp-content/uploads/2011/06/
El-coronel-Chabert.pdf).
CERVANTES SAAVEDRA, MIGUEL DE, Galatea, El vaje al Parnaso, Obras
dramáticas, Baudry Libreria Europea, Paris, 1841.
DUMAS, ALEXANDRE, Les trois mousquetaires, Gallimard, Saint˗Amand
(Cher), 1962.
211
ELIOT, THOMAS STEARNS, Prufrock and Other Observations, Faber and
Faber, London, 2010.
KEATS, JOHN, Complete poems, edited by Jack Stillinger, Harvard
University Press, Cambridge (MA), 1978.
KUNDERA, MILAN, L’immortalità, Adelphi, Milano, 1993.
RILKE, RAINER MARIA, Elegie duinesi, Introduzione, traduzione e
commento di Franco Rella, edizione con testo a fronte, BUR,
Milano, 1994.
ID., Elegie duinesi, Traduzione e introduzione di Piero Marelli, edizione
con testo a fronte, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2007.
ID., Antología poética, estudio versión y notas de Jaime Ferreiro
Alemparte, Espasa-Calpe, Madrid, 1968.
SHAKESPEARE, WILLIAM, Macbeth, edicción y traducción Instituto
Shakespeare, bajo la dirección de Manuel Ángel Conejero,
Alianza, Madrid, 1980.
ID., Macbeth, Otelo, Julio Cesar, Prólogo de Francisco Garcia Pavon
traducciones de Marcelino Menéndez y Pelayo y José Arnaldo
Márquez, Biblioteca EDAF, Madrid, 1981.
ID., Macbeth, traduzione di Cesare Vico Lodovico, Einaudi, Torino,
1967.
ID., Macbeth, versione di Cino Chiarini con testo a fronte, Sansoni,
Firenze, 1965.
212