Il giallo del rosso Nel lago scorreva un fiume di ferro

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Il giallo del rosso Nel lago scorreva un fiume di ferro
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L’ECO DI BERGAMO
DOMENICA 2 GIUGNO 2013
Provincia
A
La prima segnalazione
scattò il 13 aprile
La macchia rossa nel Sebino è comparsa
il 13 aprile. L’allarme e i controlli scattano
nei giorni successivi. E c’è pure una denuncia contro ignoti in procura a Brescia.
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a
Il giallo del rosso
Nel lago scorreva
un fiume di ferro
I metalli trovati nel lago ad Aprile
I dati dei prelievi dell'acqua il 19 aprile 2013
Il confronto con l'acqua prelevata dal lago, per uso potabile a Montisola il 18 giugno 2012
ALLUMINIO
ARSENICO
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821
B
228
C
CLAUDIA MANGILI
Ecco cos’era. L’Arpa s’è pronunciata: «L’analisi chimica dei campioni prelevati il 17 e 19 aprile ha
evidenziato, in particolare, concentrazioni elevate di ferro e alluminio nelle tre postazioni
campionate; il ferro potrebbe
giustificare la riferita tonalità
rossastra delle acque». Concentrazioni significativamente alterate, perché la presenza di metalli nell’acqua del Sebino dovrebbe essere se non zero almeno poco sopra. Per far capire, la
relazione che Arpa ha presentato a Regione Lombardia allega
una tabella con i valori riscontrati nelle acque prelevate dal lago
a Montisola un giorno a caso, il
18 giugno 2012. Il ferro è meno
di 20, l’alluminio non pervenuto,
il boro meno 20. Il 19 aprile, invece, alla foce del canale ex Italsider tra Costa Volpino e Pisogne
erano, rispettivamente, 483 (il
ferro), 821 (l’alluminio) e 453 (il
boro).
La chiazza di metà aprile era
un fiumiciattolo di ferro - e compagnia - venuto giù con la piena
dell’Oglio a colorare di ruggine il
Sebino. I soliti quattro amici al
bar all’indomani dell’allarme
lanciato da Legambiente Basso
Sebino, si erano lasciati andare a
illazioni, che su in alta Val Camonica qualcuno avesse ripulito le
ferriere liberandosi senza troppe fisime di un bel po’ di rottame.
Chissà... Certo è che nessun sopralluogo condotto da Arpa al-
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CROMO TOT.
230
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483
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MANGANESE
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NICHEL
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FERRO
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levati più giù nel lago, il 22 e 23
aprile a Castro, Montisola e Predore. Andiamo meglio, molto
meglio: ferro sotto i 10, eccetera.
Si ampliano i controlli e il 29 si
risale l’Oglio: da Cividate Camuno fino a Esine, da Darfo a Costa
Volpino, ferro e alluminio sono
di nuovo impazziti, mentre sono
precipitati (in senso buono) alla
foce dell’Oglio e del canale. «I
campioni del 29 aprile – conclude Arpa – rilevano concentrazioni sensibili su tutte le postazioni
dell’Oglio, per una lunghezza di
circa 30 chilometri», mentre nel
lago quel giorno, niente di che.
Ricapitolando, chi è stato a
causare l’inquinamento chimico che ha - a questo punto giustamente - inquinato per giorni il
Sebino? La caccia ai responsabili è aperta, anche perché Arpa ha
riferito - come di prassi - alla magistratura di Brescia e c’è una denuncia generica contro ignoti.
C’è una sola certezza: le attività industriali lungo il corso del
fiume sono autorizzate - per legge - a scaricare nell’Oglio fino a
un massimo - molto ben definito - di quantità di metalli. Arpa
non ha rilevato scarichi anomali nei suoi sopralluoghi subito
svolti. Resta un’ipotesi che pare,
al momento, la più accreditata: i
metalli scaricati finiscono nel
fiume e si depositano sul fondo
melmoso, poi ogni tanto arriva il
pienone come a metà aprile e risveglia qualche cumulo. Che
vien giù rotolando a colorare ma non allegramente - il lago. ■
453
0
A
l’indomani dell’allarme ha individuato scarichi fuori dalla norma. Ma quella quantità «elevata» di ferro, alluminio, boro, rame, zinco, mercurio eccetera, da
qualche parte è arrivata.
Ricostruendo, sabato 13 spunta la macchia rossa, le foto arrivano il lunedì a Legambiente
Basso Sebino che dà l’allarme,
non all’Arpa ma ai giornali che la
rilanciano il mercoledì 17. Così
l’autorità interviene in ritardo i primi campionamenti vengono
effettuati lo stesso mercoledì -,
rendendo difficile, se non ormai
impossibile, risalire velocemente alla causa dell’inquinamento
perché ormai ripercorrere a ritroso il fiumiciattolo non porta
a niente. Arpa, di concerto con i
carabinieri di Pisogne, avvia i
controlli sugli scarichi nell’Oglio
e nel canale ex Italsider, ma qui
è tutto nella norma.
Nel frattempo, nei laboratori
si avvia la fase di analisi sui campioni prelevati il 17 alla foce del
canale industriale, nella zona antistante l’abitato di Govine (Pisogne) e in quella della foce dell’Oglio. E fan spavento: concentrazioni «significative e inattese» di metalli, «elevate» di mercurio, «marcata presenza di boro, ferro e alluminio». Di ugual
tenore sono le analisi sui campioni prelevati il venerdì 19. Anzi: il ferro da 332 milligrammi
per litro del 17 è passato a 483;
l’alluminio da 728 a 821, mentre
cala il boro da 686 a 453 nel canale ex Italsider.
Altri campioni vengono pre-
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Le analisi finali dell’Arpa dopo l’allarme di metà aprile
«Concentrazioni elevate di metalli» alla foce dell’Oglio
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Lago d’Iseo
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BORO
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PIOMBO
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ZINCO TOT.
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FONTE: Arpa Lombardia
©RIPRODUZIONE RISERVATA
a
L’Arpa: informati tardi, spiegazione ancora da trovare
a No, le due grandi acciaierie dell’alto Sebino non c’entrano nulla con il ferro finito nel
lago di Iseo in concentrazioni così elevate da colorarlo di rosso e
marrone per giorni e giorni. A
dirlo, l’Arpa che nella sua relazione finale mette però in evidenza
anche altri interessanti aspetti.
Anzitutto, un rammarico: essere stata avvisata della chiazza
tre giorni dopo la sua comparsa:
«ciò determina inevitabilmente
una maggiore complessità nell’individuazione delle cause del
fenomeno» ammettono i tecnici
che nello sciagurato caso dovesefJfznfTvwEOS5dLpmqNZSzgoxE0ZmtAwzKWk7TP3ys=
se verificarsi ancora un caso simile a quello di metà aprile chiedono, ai cittadini, ai Comuni e alle associazioni ambientaliste, di
essere informati tempestivamente per poter trovare, analizzando scarichi industriali o altro,
l’origine dell’inquinamento.
E poi alcuni aspetti tecnici, la
cui interpretazione e spiegazione deve ancora essere trovata.
Come e perché gli elementi inquinanti si spostano? Il mercurio, che normalmente nelle acque di Montisola, usate per dissetare residenti e turisti, è in
concentrazione inferiore a 0,2
microgrammi per litro, il 17 aprile scorso alla foce del canale gestito dalla società Idroelettrica
Lombarda srl era pari a 169 microgrammi per litro mentre due
giorni dopo era «quasi» sparito
(pari a un microgrammo); ma
proprio il 19 aprile ce n’erano 51
microgrammi per litro in corrispondenza dell’impianto industriale della Lucchini Rs.
Altro elemento su cui riflettere, il fatto che tra il 17 e il 19 aprile le concentrazioni di alluminio
e ferro, principali imputati della
colorazione «effetto stagno», alla foce del canale della società
I controlli lungo l’Oglio sono stati compiuti dai tecnici dell’Arpa
idroelettrica invece che diminuire sono addirittura aumentate:
da 728 e 332 microgrammi sono
passate a 821 e 483 microgrammi (normalmente l’alluminio davanti a Montisola non c’è proprio
e il ferro è inferiore ai 10 microgrammi per litro).
Il 29 aprile l’Arpa risale il fiume Oglio per oltre trenta chilometri raccogliendo campioni di
acqua a Costa Volpino, Darfo,
Esine, Cividate Camuno e Losine. Quel giorno le concentrazioni di alluminio e di ferro hanno
toccato punte elevatissime, fino
a 868 e 522 microgrammi per litro. E allora rimane una domanda: perché solo a metà aprile si è
formata la chiazza nel lago e non
ogni volta che piove? ■
G. Ar.
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L’ECO DI BERGAMO
DOMENICA 2 GIUGNO 2013
Un piano con la Regione
Il monitoraggio sarà potenziato
per evitare altri «inconvenienti»
Nelle conclusioni della relazione intitolata «Intervento in emergenza
per inconvenienti sul lago d’Iseo»,
l’Arpa premette di essere stata allertata con «almeno una settimana
di ritardo dal riconoscimento dell’evento. Ciò determina inevitabilmente una maggior complessità
nell’individuazione delle cause del
fenomeno». La relazione è finita sul
tavolo dell’assessore regionale all’Ambiente, Claudia Terzi, che l’altro giorno ha promesso un piano integrativo di vigilanza per intensificare i controlli sul lago d’Iseo, «questo significa – ha spiegato – che ci
saranno più controlli delle coste e
degli scarichi nel Sebino, campionamenti sui corsi d’acqua immissari e monitoraggi suppletivi dei pa-
rametri biologici e fisico-chimici
che caratterizzano il bacino».
L’assessore ha sottolineato che
«la mancata pronta segnalazione
alle autorità preposte» ha causato
ritardi nell’attivazione delle procedure di emergenza e «per questo –
ha aggiunto – bisognerà rivedere il
protocollo di gestione delle emergenze. Per garantire il massimo di
trasparenza, inoltre, sul sito web di
Arpa sarà aperta una sezione dedicata al lago d’Iseo, nella quale saranno pubblicati i dati delle attività
di monitoraggio delle acque del lago e di controllo degli scarichi». La
stessa Arpa, del resto, indica che
«l’evento di metà aprile ha mostrato margini di miglioramento nelle
attività di monitoraggio standard».
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CADMIO
Postazioni dei prelievi
Valori in µg/l
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0,09
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Foce canale
ex Italsider
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Zona antistante
foce fiume Oglio
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Zona antistante
abitato di Govine
MERCURIO
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Zona antistante
ditta Lucchini
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Zona antistante
lungolago
palazzo Tadini
Controllati impianti e depuratori
Scagionate Lucchini e Tenaris
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Sebino
schiare multe e processi penali
per liberarsi dei residui di lavorazioni buttandoli nel lago o nei
fiumi. Più facile dunque sospettare di aziende medie o medio
piccole, non soggette a continui
controlli amministrativi.
GIUSEPPE ARRIGHETTI
A vedere la fotografia che un mese e mezzo fa aveva scatenato la
paura per l’inquinamento che
aveva colorato di rosso tutto l’alto Sebino, la Lucchini Rs è proprio lì, in primo piano, con la
punta dello stabilimento rivolta
verso la chiazza. Il fotografo, un
socio di Legambiente Basso Sebino, stava camminando lungo i
sentieri del santuario di San Giovanni e nella sua inquadratura
non poteva tagliare fuori lo stabilimento: nell’immagine si vede
chiaramente la chiazza protendersi verso il lago dopo essere
partita dalla zona delle foci del
fiume Oglio e del canale gestito
dalla Idroelettrica Lombarda srl.
Ora, a dichiarare ufficialmente che l’impianto siderurgico di
Lovere e Castro non c’entra nulla con quanto accaduto, è proprio
la relazione ufficiale con cui l’Arpa ha tracciato il quadro di tutte
le attività svolte per venire a capo della faccenda e dei relativi risultati ottenuti sia dalle analisi di
laboratorio che dai sopralluoghi
effettuati.
«Nessuna criticità»
Ebbene, quando il 19 aprile i tecnici dell’Arpa-Agenzia regionale
per l’ambiente sono entrati nella storica acciaieria dell’alto Sebino, «la verifica degli scarichi a
lago condotta presso ciascuno
degli impianti di trattamento e
presso tutti i collettori – si legge
nel documento – non ha mostrato problematiche. Anche la valutazione dei documenti di esercizio non evidenzia criticità».
«Non avevamo dubbi – spiegano dalla Lucchini Rs – abbiamo un impianto di depurazione
che prima di scaricare l’acqua nel
lago la fa passare attraverso tre
lavorazioni distinte e non abbiamo riscontrato nessuna anomalia. A ciò si aggiunge la grande attenzione e sensibilità che diamo
La depurazione in azienda
Il lago ruggine di metà aprile, quando la concentrazione di ferro era elevata
alle problematiche ambientali:
su questo fronte lavoriamo per
migliorare costantemente».
Parole che, dette da una realtà
industriale e siderurgica di rilievo, potrebbero sembrare scontate, ma che trovano riscontro nelle varie azioni attuate negli ultimi anni. «Anzitutto – spiegano
ancora i tecnici della Lucchini Rs
– il nostro stabilimento opera nel
rispetto dell’autorizzazione integrata ambientale che, per la gestione delle acque, prevede una
serie di prescrizioni a cui dobbiamo adempiere. In più, essendo
noi in possesso della certificazione 14001, dobbiamo sia stare nei
limiti e nei parametri fissati dalle normative, sia lavorare per un
miglioramento continuo».
Per quanto riguarda nello specifico le acque che provengono
dalle lavorazioni dell’acciaio
«prima di essere scaricate nel la-
a
Primo imputato, un cumulo nell’Oglio
a Giulio Sesana, direttore dell’Arpa di Brescia, non fa
ipotesi. Si limita a commentare i
dati e ad aprir ventagli. I numeri
sono riconducibili a una semplice evidenza: il 17 aprile, data dei
primi prelievi di Arpa dopo l’allarme di Legambiente, nell’Alto
lago c’era una gran quantità di
metalli e, quando alle 19,45 del 19
il personale è giunto a Castro,
«osservando le acque del Sebino,
per quanto possibile vedere
stante l’orario, in una vasta area
apparivano avere una colorazione tendente al rossastro-marrone, senza materiale galleggiante
o schiume, né presenza di odori
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particolari». Il ventaglio si apre
sulle possibili cause.
«Le verifiche sulle immissioni a lago del 19 aprile, ovvero sugli scarichi delle aziende e non –
spiega Sesana – non hanno evidenziato anomalie, né malfunzionamenti. Il controllo completo delle coste dall’abitato di Vello a Castro, non ha evidenziato
situazioni correlabili all’inconveniente segnalato, nessuna criticità nemmeno sull’impianto di
depurazione di Pizzo a Costa
Volpino. Gli scarichi erano regolamentari».
Allora, chi è il responsabile?
«Nulla fa pensare – concede Se-
sana – che non possa essersi tratto del dilavamento del letto del
fiume Oglio a causa della piena
di quei giorni. La piena potrebbe
aver smosso un punto di accumulo dei metalli depositati nei
sedimenti, che a quel punto hanno iniziato a scorrere verso il lago».
Escluso, quindi, che possa essersi trattato di uno scarico abusivo, o di qualcuno che ha caricato un container di rottami di ferro gettandoli poi nel fiume?
«Può succedere di tutto» conclude Sesana. Che ripete: «Unica
certezza è che non ci sono evidenze, né sospetti tali da lasciar
pensare che gli impianti di filtro
e depurazione non abbiano funzionato».
Dunque, più probabile è la pista del «cumulo»: in pratica, i
metalli che vengono rilasciati nel
fiume anche dalle «ferriere» scarichi autorizzati in determinate quantità - in parte scendono diluiti nell’acqua del fiume e
in parte si accumulano nel fondo, nei sedimenti, nel fango. La
piena ha rimescolato e «grattato» l’alveo rimettendo in circolo
i metalli nei cumuli, stavolta non
disciolti ma in grandi quantità.
Grandi quantità che avrebbero
determinato il color rosso-ruggine che ha caratterizzato il Sebino nei giorni dopo la metà di
aprile. ■
G. A.
go passano attraverso disoleatori a nastro e lamellari, poi attraverso un flottatore e infine vengono pulite con dei filtri a sabbia». Quanto alle acque nere,
«negli ultimi tre anni abbiamo
collettato tutti questi scarichi che
ora vengono portati nella rete
idrica», mentre le acque piovane
dei piazzali e delle coperture dei
capannoni «vengono raccolte in
alcune vasche, lasciate sedimentare e poi scaricate nel lago. Il
tutto secondo quanto previsto
dall’autorizzazione integrata».
Dunque il principale impianto siderurgico della zona non
c’entra nulla con la chiazza definita da Legambiente Basso Sebino «il più grave inquinamento
industriale degli ultimi anni» e
l’impressione, parlando con alcuni addetti ai lavori, è che le
grandi industrie oggi non abbiano più alcuna convenienza a ri-
La conferma arriva dall’altra
grande industria siderurgica dell’alto Sebino, la Tenaris Dalmine
di Costa Volpino. «Da noi – spiega Mauro Canossi, il responsabile ambientale dell’impianto – i
tecnici dell’Arpa sono passati due
volte in seguito all’emergenza
della chiazza. Gli abbiamo mostrato come funziona il nostro
impianto di depurazione interno, che raccoglie anche le acque
di lavorazione della Salzgitter.
L’acqua che proviene dagli impianti produttivi viene raccolta
in una vasca in grado di contenere 200 metri cubi di acqua. Questa viene analizzata e sulla base
dei risultati andiamo a settare
l’impianto di depurazione vero e
proprio, cioè di volta in volta, in
base alle sostanze che troviamo
nell’acqua, decidiamo come depurarla in modo da avere ogni
volta un risultato ottimale. Una
volta conclusa la depurazione,
l’acqua viene stoccata in un’altra
vasca, analizzata di nuovo e, se
rientra nei parametri, viene rilasciata per finire nel lago».
A controllare questo procedimento c’è almeno una persona
tutto il giorno 365 giorni all’anno e la Tenaris, tra manutenzione e gestione, spende ogni anno
circa un milione e 200 mila euro.
Nell’impianto di Costa Volpino,
come per la Lucchini Rs, c’è un
bacino di 5 mila metri cubi che
raccoglie l’acqua piovana: invece
che lasciarla scivolare via trascinando eventuali residui di polveri e olii «la raccogliamo – conclude Canossi – la trattiamo e poi la
impieghiamo nelle nostre lavorazioni, senza neppure usare l’acqua dell’acquedotto». ■