relazione antonino borghi

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relazione antonino borghi
CONVEGNO
SERVIZI PUBBLICI LOCALI E RIORDINO
DELLE SOCIETÀ PARTECIPATE: QUALI
NOVITÀ?
Mercoledì 12 dicembre 2012 ore 9,00 - 13,30
Bologna - Sala 5 ex Consiglio Regionale - Viale Silvani, 6
Sommario
•
le società in house per i servizi pubblici locale ed il
controllo analogo
•
la verifica dei debiti e crediti reciproci
•
controlli sulle società partecipate non quotate
•
rapporti elusivi del patto di stabilità
1
•
messa in liquidazione e relazioni con l’ente locale
a cura di Antonino Borghi
2
La normativa che regola i rapporti fra ente locale ed organismi
partecipati non riesce a trovare una definizione. Da anni le
norme si accavallano, alcune sono di difficile interpretazione,
manca un provvedimento di coordinamento dopo la sentenza
n.199 della Corte Costituzionale ed una sintesi dei limiti e dei
vincoli agli affidamenti ed alle partecipazioni societarie degli
enti locali.
1. Le società in house per servizi pubblici a rilevanza
economica ed il controllo analogo
La Corte costituzionale con la sentenza n.199 del 20/7/2012,
ha ritenuto che non sono legittime le norme tese a restringere
“ rispetto al livello minimo stabilito dalla regole concorrenziali
comunitarie, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare di
gestione in house dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica”.
La normativa comunitaria consente la gestione diretta del
servizio pubblico locale “alle sole condizioni del capitale
totalmente pubblico della socie affidataria, del cosiddetto
controllo analogo (il controllo esercitato dall’aggiudicante
sull’affidatario deve essere di contenuto analogo a quello
esercitato dall’aggiudicante sui propri uffici) ed infine dello
svolgimento della parte più importante dell’attività
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dell’affidatario in favore dell’aggiudicante”.
La Corte ha quindi sancito la liceità delle gestioni di servizi
pubblici locali a rilevanza economica esercitata secondo le
regole del diritto comunitario.
Deve trattarsi di gestioni aventi le caratteristiche individuate
dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e che, in
particolare il controllo sia effettivo ed identico a quello dei
servizi gestiti direttamente.
Gli enti locali possono procedere ai nuovi affidamenti di servizi
pubblici locali a rilevanza economica a:
•
Società di capitale individuate attraverso l’espletamento
di gare con procedura di evidenza pubblica;
•
Società a capitale misto pubblico-privato nelle quali il
socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di
gare con procedure ad evidenza pubblica nelle quali sia
precisato in modo puntuale anche l’oggetto
dell’affidamento;
•
Società a capitale interamente pubblico a condizione
che l’ente o gli enti titolari del capitale sociale esercitino
sulla società un controllo effettivo analogo a quello
esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la
parte più importante della propria attività con l’ente o gli
4
enti pubblici che la controllano.
•
5
•
1.1 Controllo analogo
Il principio cardine, fissato dalla giurisprudenza comunitaria,
è quello che sancisce che il controllo societario totalitario
esercitato dal soggetto pubblico sull’affidatario non costituisce
condizione sufficiente per giustificare l’affidamento diretto del
servizio se ad esso non si associa un’influenza dominante
dell’ente pubblico sia sulle decisioni strategiche che sulle
scelte più importanti assunte dal gestore del servizio.
La giurisprudenza sul controllo analogo ed in particolare il
Consiglio di Stato (vedi adunanza plenaria n.1 del 3/3/2008)
ha fornito le seguenti precisazioni:
• Incedibilità del capitale sociale
I giudici di Palazzo Spada hanno considerato inderogabile il
principio dell’incedibilità del capitale sociale - anche limitata a
quote minime - a beneficio di altri soggetti privati. In sostanza,
l’apertura del pacchetto azionario a terzi svelerebbe la
vocazione commerciale del modulo societario che mal si
concilierebbe con la possibilità di esercitare un reale controllo
sul soggetto affidatario del servizio.
• Poteri del consiglio di amministrazione
Il CDA della società cui viene affidato il servizio non può
essere svuotato di significativi poteri gestionali al punto da
apparire come una specie di "ostaggio" in mano agli organi di
governance dell’ente affidante cui, per contra, devono essere
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riconosciuti poteri più incisivi di quelli normalmente riconosciuti
dal diritto societario alla maggioranza sociale.
Per un legittimo affidamento in house è necessario che il
consiglio di amministrazione della società affidataria non abbia
rilevanti poteri gestionali e che l'ente pubblico affidante
eserciti, pur se con moduli societari su base statutaria, poteri
di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del
diritto societario, caratterizzati da un margine di rilevante
autonomia della governance rispetto alla maggioranza
azionaria, sicchè è indispensabile che le decisioni più
importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo
dell'ente affidante o, in caso di in house frazionato, della
totalità degli enti pubblici soci.
• Vocazione commerciale
l’Adunanza Plenaria ha ritenuto essenziale che il soggetto
affidatario sia immune da qualsiasi vocazione commerciale
individuando, a titolo esemplificativo, alcuni elementi idonei a
conferirla quali: a) l’ampliamento dell’oggetto sociale; b)
l’apertura obbligatoria, a breve termine, della società ad altri
capitali; c) la possibilità che l’affidataria svolga la propria
attività su tutto il territorio nazionale ed all’estero.
• Previa approvazione dell’ente pubblico
Il Consiglio di Stato ha ritenuto insuperabile la circostanza
che le decisioni più importanti che il soggetto affidatario è
chiamato ad assumere siano preventivamente sottoposte
all’esame e all’approvazione dell’ente pubblico.
Secondo i giudici dell’Adunanza Plenaria, il soggetto affidante
sarebbe in grado di esercitare un reale controllo sull’affidatario
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del servizio, assimilabile a quello esercitato sui propri servizi,
soltanto qualora l’attività pubblica, per così dire di
"monitoraggio", investa:
1) il bilancio;
2) la qualità dell’amministrazione;
3) la spettanza di poteri ispettivi diretti e concreti
4) la totale dipendenza del soggetto affidatario diretto del
servizio dall’ente pubblico per quanto concerne le strategie e
le politiche aziendali .
L’autorità per la vigilanza dei contratti pubblici con
Deliberazione n. 51, Adunanza del 18 maggio 2011, ha
affermato che deve escludersi la praticabilità dello schema
dell'in house providing nel settore dei lavori pubblici.
L'istituto suddetto, operando in deroga ai principi generali, che
prevedono il ricorso al mercato attraverso procedure di
evidenza pubblica, è, infatti, insuscettibile di applicazione
estensiva e può essere impiegato unicamente ai fini
dell'autoproduzione di beni e servizi da parte delle pubbliche
amministrazioni.
Con riferimento alla fattispecie portata all'attenzione
dell'Autorità è stata, inoltre, approfondita la questione del
"controllo analogo", che si configura come presupposto
essenziale per l'affidamento in house.
In particolare, il "controllo analogo" deve concretizzarsi come
una "relazione di subordinazione gerarchica" tra l'ente
pubblico affidante e gli organi societari. Affinchè ciò si verifichi,
l'ente pubblico affidante deve esercitare poteri di ingerenza e
di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario,
caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della
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governance della società rispetto alla maggioranza azionaria.
Deve, pertanto, escludersi che tale rapporto possa riscontrarsi
nell'istituzione in seno al Consiglio comunale di un comitato
preposto al "controllo analogo" al quale non siano riconosciuti
poteri di gestione diretta, ma di sola verifica.
Il controllo analogo non è escluso dalla circostanza che il
pacchetto azionario della società sia posseduto da una
pluralità di enti pubblici, anche in misura esigua per ciascuno
di essi. In tal caso, la verifica sul "controllo analogo" si sposta
necessariamente nel rinvenimento di clausole o prerogative
che conferiscono agli enti locali partecipanti con quote
societarie esigue, effettive possibilità di controllo nell'ambito in
cui si esplica l'attività decisionale dell'organismo societario
attraverso i propri organi (assembleari o di amministrazione).
Tale controllo deve intendersi esercitabile non soltanto in
chiave propulsiva o propositiva di argomenti da portare
all'ordine del giorno del consesso assembleare bensì, e
principalmente, di poteri inibitivi di iniziative o decisioni che si
pongano in contrasto con gli interessi dell'ente locale nel cui
ambito territoriale si esplica il servizio (TAR Lazio, sentenza 16
ottobre 2007, n. 9988).
e) realizzo della parte più importante della propria attività con
l’ente o gli enti pubblici che la controllano
La giurisprudenza prevalente ritiene che tale condizione sia
soddisfatta quando l'affidatario diretto non fornisca i suoi
servizi a soggetti diversi dall'ente controllante, anche se
pubblici, ovvero li fornisca in misura quantitativamente irrisoria
e qualitativamente irrilevante sulle strategie aziendali, ed in
ogni caso non fuori dalla competenza territoriale dell'ente
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controllante.
Più che l'individuazione di una soglia percentuale, necessita
un giudizio pragmatico nel caso concreto che si basi, però,
non solo sull'aspetto quantitativo, ma anche su quello
qualitativo. In altri termini, la natura dei servizi, opere o beni
resi al mercato privato, oltre alla sua esiguità, deve anche
dimostrare la quasi inesistente valenza nella strategia
aziendale e nella collocazione dell'affidatario diretto nel
mercato pubblico e privato. Sotto questo profilo la
giurisprudenza della Corte di Giustizia e del Consiglio di Stato
mostrano di ritenere a priori che l'espansione territoriale,
anche a vantaggio di altri enti pubblici analoghi, violi la
prevalenza.
La legge non indica la misura dell’attività prevalente spetta
all’interprete individuarla, facendo riferimento, ove possibile, a
disposizioni che regolano casi analoghi. A tale proposito
possono essere utilmente richiamate le disposizioni
comunitarie (art. 13, direttiva 93/38/CEE e art. 23, direttiva
2004/17/CE) e di diritto interno derivato (art. 8, d.l.vo 17 marzo
1995, n. 158), le quali consentono, nei settori c.d. esclusi o
speciali, che le amministrazioni aggiudicatrici affidino
direttamente appalti (di servizi e, dopo l’entrata in vigore della
direttiva 17, anche di lavori e forniture) ad un’impresa
collegata, purchè almeno l’80% del fatturato medio realizzato
da tale impresa negli ultimi tre anni provenga dallo
svolgimento di servizi o di lavori o dalla fornitura di prodotti
all’amministrazione a cui è collegata.
2. Verifica dei debiti e crediti reciproci tra ente locale e
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società partecipate.
L’art.6 comma 4 del d.l. 6/7/2012, n.95, richiede di allegare a
decorrere dal rendiconto 2012, una nota informativa
contenente la verifica dei crediti e debiti reciproci tra l’Ente e le
società partecipate. La nota deve evidenziare analiticamente
eventuali discordanze e fornire adeguata motivazione. In caso
di discordanze l’ente locale deve adottare senza indugio e
comunque entro il termine dell’esercizio finanziario in corso al
momento della verifica i provvedimenti necessari ai fini della
riconciliazione delle partite debitorie e creditorie.
L’organo di revisione deve asseverare la nota informativa.
La norma obbliga alla verifica contabile con le sole società e
non comprende l’analisi dei rapporti reciproci con altri
organismi quali aziende speciali, associazioni, fondazioni,
consorzi ecc.
La verifica richiesta, da allegare al rendiconto deve essere
effettuata con la situazione debitoria/creditoria riferita al 31
dicembre di ogni esercizio per dare certezza al valore che
viene inserito nel rendiconto dell’ente locale.
Dalla verifica potrebbero risultare una mancata conciliazione
ed in tal caso occorre approfondire le cause che potrebbero
derivare da:
•
sfasatura temporale per applicazione di diversi principi
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contabili. La spesa impegnata dall’ente locale non
sempre corrisponde alla nascita del costo/debito. In
generale il residuo passivo dell’ente locale deve essere
pari o superiore al credito risultante nel bilancio della
partecipata;
•
maggiori crediti della società partecipata derivanti da
cessione di beni e/o prestazioni di servizi effettuate,
rispetto ai residui passivi dell’ente per mancanza totale
o parziale di impegno;
•
minori crediti (residui attivi) dell’ente locale rispetto ai
debiti rilevati dalle società per obbligazioni ( o
transazioni) maturate economicamente in un esercizio
ma con scadenza nell’esercizio successivo del diritto di
credito.
Nel caso sub b) se le cessioni di beni e/o prestazioni di
servizio a favore dell’ente locale sono state effettivamente
fatte occorre evidenziare il debito fuori bilancio ed attivare la
procedura di riconoscimento e finanziamento di cui all’art.194
del Tuel.
Nella nota integrativa della società è opportuno esporre i
crediti ed i debiti nei confronti degli enti locali soci per facilitare
il controllo se la conciliazione precedentemente effettuata
trova preciso riferimento nel bilancio della società.
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3. Controlli sulle società partecipate non quotate ( art.147
quater del Tuel).
L’art.147 quater introdotto dal d.l.174 al d.lgs.267/2010 (tuel)
obbliga gli enti con popolazione superiore a 15.000 a definire
un sistema di controlli interni sulle società partecipate.
La gradualità del controllo è cosi stabilita:
•
dalla conversione in legge del d.l. per gli enti con
popolazione superiore a 100.000 abitanti;
•
dal 2014 per gli enti con popolazione superiore a
50.000 abitanti;
•
dal 2015 per gli enti con popolazione superiore a
15.000 abitanti.
L’ente locale deve:
•
definire nella relazione previsionale e programmatica (
vedi art.174, comma 6 del Tuel) gli obiettivi gestionali a
cui deve tendere la società partecipata secondo
parametri qualitativi e quantitativi;
•
organizzare un idoneo sistema informatizzato
finalizzato a:
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•
rilevare i rapporti finanziari con la società;
•
la situazione contabile, gestionale ed organizzativa
della società;
•
i contratti di servizio;
•
la qualità dei servizi;
•
il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza
pubblica.
•
effettuare il monitoraggio periodico sull’andamento della
società utilizzando le informazione di cui al punto
precedente analizzando gli scostamenti rispetto agli
obiettivi assegnati individuando le azioni correttive per
evitare, in primo luogo, gli squilibri economico- finanziari
per il bilancio dell’ente. Il monitoraggio è opportuno sia
effettuato con la periodicità stabilita per la verifica degli
equilibri ex art.193 del Tuel.
•
rilevare i risultati della gestione dell’ente e delle
“aziende” partecipate non quotate mediante bilancio
consolidato, secondo competenza economica. Con il
termine “aziende” rientrano nell’area di consolidamento
anche strutture non societarie. Resta da stabilire la
decorrenza di questo adempimento e le regole che
dovranno essere applicate per il consolidamento.
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Il nuovo articolo 148 bis del Tuel introdotto dal d.l.174
affida alla sezioni regionali di controllo della Corte dei conti
l’accertamento che i rendiconti degli enti locali tengano
conto anche delle partecipazioni in società “controllate” a
cui è affidata la gestione dei servizi pubblici locali e di
servizi strumentali. Tale norma riguarda tutti gli enti e
l’accertamento fino ad ora effettuato con i questionari sarà
ampliato con ulteriori informazioni quali l’esito della
conciliazione dei rapporti di debito e credito, lo
scostamento fra obiettivi assegnati e risultato ottenuto, il
consolidamento dell’indebitamento e delle spese di
personale.
La norma limita l’accertamento alle sole “società
controllate” e non a tutti gli organismi partecipati o
comunque rientranti nell’area di consolidamento.
La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il
Veneto con la deliberazione 993/2012/INR ha indicato che
l’ente locale deve controllare la società partecipata per
garantire il principio della sana gestione ed esercitare i
propri poteri di socio.
4. Rapporti con le società partecipate elusivi del patto di
stabilità
Obiettivo conseguito artificiosamente (art.31 commi 30 e 31
legge 183/2011)
Si configura una fattispecie elusiva del patto di stabilità il
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comportamento che, se pur legittimo, risulti intenzionalmente e
strutturalmente finalizzato ad aggirare i vincoli di finanza
pubblica.
I contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dagli enti
locali che si configurano elusivi del patto di stabilità sono nulli.
La circolare dl MEF, n.5 del 14/2/2012, indica come esempio
di forme elusive:
•
•
•
•
•
Spese valide ai fini del patto iscritte nel bilancio delle
società partecipate o nelle società create con l’evidente
fine di aggirare i vincoli del patto;
Sottostima dei costi dei contratti di servizio tra ente e
sue diramazioni societarie o parasocietarie;
Illegittima traslazione dei pagamenti dall’ente alle
società partecipate realizzate con utilizzo improprio
delle concessioni e riscossione crediti;
Sovrastima di entrate correnti o accertamenti in
assenza dei presupposti di cui all’art. 179 del Tuel;
Valorizzazione dei beni immobiliari con operazioni con
le società partecipate con la esclusiva finalità di reperire
risorse finanziarie ai fini del patto di stabilità senza una
effettiva vendita del patrimonio.
Nel caso di accertamento da parte delle Sezioni giurisdizionali
regionali della Corte dei Conti di manovre artificiose (non
corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti
capitoli di bilancio) o forme elusive per conseguire il rispetto
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del patto di stabilità irrogano una sanzione pecuniaria pari a :
•
un massimo di dieci volte l’indennità di carica percepita
al momento di commissione dell’elusione;
• fino a tre mensilità del trattamento retributivo al netto
degli oneri fiscali e previdenziali al responsabile del
servizio economico-finanziario.
Il comma 111 bis dell’art.1 della legge 13/12/2010 n.220
dispone la nullità dei contratti di servizio e degli altri atti posti
in essere dalle regioni e dagli enti locali che si configurano
elusivi delle regole del patto di stabilità interno.
5. Messa in liquidazione e relazioni con l’ente locale
5.1 Obbligo di messa in liquidazione
5.1.1 Partecipazioni non consentite (Art.14 comma 32 d.l. 78/2010 e
art.4 d.l. 95/2012)
Oltre al divieto di costituire nuove società i Comuni fino a 30.000
abitanti entro il 30 settembre 2013 (il termine del 31 dicembre 2012
è stato prorogato di nove mesi al 30 settembre 2013 dal comma
11bis dell’art. 29 del D.L. 216/2011) devono mettere in liquidazione
ovvero cedere le partecipazioni delle società già costituite a meno
che:
• abbiano al 31/12/2012 il bilancio in utile negli
ultimi tre esercizi;
• non abbiano subito, nei precedenti esercizi,
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riduzione di capitale conseguenti a perdite di
bilancio
• non abbiano subito, nei precedenti esercizi,
perdite di bilancio in conseguenza delle quali il
comune sia stato gravato dall’obbligo di
procedere al ripiano delle perdite medesime.
Le disposizioni non si applicano alle società
•
Con partecipazione paritaria
•
Con partecipazione proporzionale al numero degli
abitanti,
costituite da più comuni la cui popolazione superi ai 30.000 abitanti.
5.1.2 Condizioni della deroga:
L’obbligo di mettere in liquidazione o di cedere la partecipazione
non sussiste se sono rispettate le seguenti situazioni
• bilanci anni 2010, 2011 e 2012 chiusi con utile
d’esercizio (con la proroga al 30/9/2013 si
ritiene che gli esercizi interessati siano quelli
dal 2010 al 2012);
• dalla costituzione la società non ha effettuato
riduzione di capitale per perdite;
• dalla costituzione il Comune non abbia
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ripianato perdite.
Si ritiene sussista la condizione di ripiano di perdite anche nei
seguenti casi:
•
•
•
utilizzo di riserve disponibili per il ripiano infrannuale di
perdite;
rinuncia del socio alla restituzione del credito rilevata
impropriamente come sopravvenienza nel conto economico;
rinuncia del socio alla restituzione del credito iscritta a
patrimonio netto ed utilizzo per il ripiano infrannuale di
perdite.
5.1.3 Obbligo di messa in liquidazione art. 4 d.l. 95/2012
Le società strumentali controllate direttamente o indirettamente
dalle pubbliche amministrazioni che abbiano conseguito nel 2011 un
fatturato per prestazioni di servizi a favore delle stesse pubbliche
amministrazioni superiori al 90% dell’intero fatturato devono
alternativamente:
• procedere allo scioglimento della società entro
il 31/12/2013
• alienare con procedura di evidenza pubblica le
partecipazioni detenute entro il 30/6/2013.
Al verificarsi di una delle cause di scioglimento della società,
la gestione dell’impresa subisce delle trasformazioni di rilievo
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sul piano economico del capitale investito nell’impresa: esso
non è più uno strumento di produzione del reddito, bensì un
semplice coacervo di beni destinato alla conversione in
danaro liquido, al pagamento dei creditori ed alla ripartizione
ai soci dell’attivo netto residuo.
5.3 Riconoscimento dei debiti della società in house in
sede di liquidazione
In alcuni casi in sede di liquidazione si rileva che le perdite
sono superiori al patrimonio e che i debiti verso terzi non
possono essere soddisfatti senza un intervento degli enti soci.
L’art.2497 del codice civile dispone per gli enti che, esercitano
attività di direzione e coordinamento di società che:
Il socio ed il creditore sociale possono agire contro la società o
l'ente che esercita l'attività di direzione e coordinamento, solo
se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta alla attività
di direzione e coordinamento.
Nel caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e
amministrazione straordinaria di società soggetta ad altrui
direzione e coordinamento, l'azione spettante ai creditori di
questa è esercitata dal curatore o dal commissario liquidatore
o dal commissario straordinario.
La scelta che si pone all’ente locale socio è se intervenire o
meno alla copertura dei debiti della società oppure avviare le
procedure concorsuali.
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La Corte dei Conti – Sezione regionale per il controllo del
Piemonte con delibera n.3/2012 del 19/1/2012, ha ritenuto
che:
•
•
•
•
•
•
•
il controllo analogo determina l’esercizio dell’attività di
direzione e coordinamento di cui all’art. 2497 del
codice civile;
le società in house pur essendo dotate di autonoma
personalità giuridica e svolgendo le loro funzioni con
la forma privatistica societaria, sono soggetti
sostanzialmente pubblici , per la natura pubblicistica
del capitale di cui sono costituite e per l’influenza
dominante che l’ente vi esercita;
il comune rimane il titolare del servizio gestito dalla
società e non vi è alcun motivo per escludere che
l’ente locale debba far fronte ai debiti della propria
società in house che non sono stati soddisfatti in
seguito alla liquidazione per incapienza del capitale;
i creditori della società hanno fatto affidamento sulla
natura pubblica della stessa e conseguentemente
sulla quasi certezza di ottenere il soddisfacimento
integrale del loro credito;
l’obbligo di pagare i creditori sociali non si pone in
contrasto con il divieto di ripianamento delle perdite di
cui all’art. 6 comma 19 del d.l. 78/2010;
la perdita della società non rientra nelle previsioni di
cui all’art. 194 del T.U.E.L., di riconoscimento e
finanziamento di debiti fuori bilancio;
l’ente deve fare ricorso alle procedure ordinarie di cui
all’art. 191 del T.U.E.L. prevedendo la spesa in
21
•
bilancio nel titolo I ed impegnando la spesa con atto
di accollo dei debiti;
il pagamento essendo potenzialmente causativo di
danno erariale, deve poter essere segnalato alla
locale Procura regionale della Corte dei conti.
Direzione e coordinamento di società
Art. 2497.
Responsabilità.
Le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di
società, agiscono nell'interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione
dei princìpi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società
medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste
per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione
sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata
all'integrità del patrimonio della società. Non vi è responsabilità quando il
danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell'attività di
direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito
di operazioni a ciò dirette (1).
Risponde in solido chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei
limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto
beneficio.
Il socio ed il creditore sociale possono agire contro la società o l'ente che
esercita l'attività di direzione e coordinamento, solo se non sono stati
soddisfatti dalla società soggetta alla attività di direzione e coordinamento.
Nel caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione
straordinaria di società soggetta ad altrui direzione e coordinamento,
l'azione spettante ai creditori di questa è esercitata dal curatore o dal
commissario liquidatore o dal commissario straordinario.
•
A norma dell’art. 19, comma 6, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78,
convertito con modificazioni, nella L. 3 agosto 2009, n. 102, questo
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comma si interpreta nel senso che “per enti si intendono i soggetti
giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la
partecipazione sociale nell’ambito della propria attività
imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o
finanziaria.”
•
23
5.4 Rinuncia dei soci alla restituzione di crediti
L’Ente locale può:
•
•
rinunciare alla restituzione di crediti derivanti da
precedenti concessioni rilevate al titolo II della spesa;
rinunciare ad un credito di qualsiasi tipo iscritto tra i
residui attivi.
In termini finanziari l’operazione dà luogo a minori residui attivi
che potrebbero essere compensati da variazioni positive tali
da non portare l’Ente in disavanzo.
Per la Società la rinuncia alla restituzione o al credito ha
natura di riserva di capitale da collocare in bilancio all’interno
del patrimonio netto alle voci “versamenti in conto capitale” o
“versamenti a copertura di perdite”.
La rinuncia dei soci a crediti o alla restituzione di crediti
secondo OIC 28, non è sopravvenienza attiva ma influisce
unicamente sul patrimonio netto. Trasforma la natura del
versamento da mutuo o debito a patrimonio.
Non risponde a corretti principi contabili la seguente
procedura:
•
concessione di finanziamenti alla Società con
rilevazione di un debito nel bilancio della stessa;
24
•
•
rinuncia dei soci alla restituzione del credito;
azzeramento del debito della Società con contropartita
tra le sopravvenienze attive voce E20 del conto
economico,
ai fini di ridurre o azzerare la perdita di esercizio.
Sotto il profilo fiscale (IRES ed IRAP) l’operazione è neutra
(art.88 Tuir)
La Corte di Cassazione con sentenza 15585 del 30/6/2010 ha
deciso che la delibera di assemblea straordinaria di
azzeramento e ricostituzione del capitale attraverso la rinuncia
dei soci alla restituzione è soggetta ad imposta di registro con
l’aliquota del 3%.
L’operazione è da considerarsi elusiva ai fini del patto di
stabilità?
La concessione crediti è un pagamento escluso da quelli
rilevanti ai fini del patto. E quindi il presupposto è di ottenere
nel tempo una riscossione di pari importo ugualmente non
rilevante ai fini del patto.
Occorre comunque considerare che le attuali regole di
contabilità finanziaria richiedono di rilevare unicamente le
operazioni che comportano incassi o pagamenti da o verso
terzi.
Le operazioni in esame hanno effetti unicamente patrimoniali
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e non finanziari.
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5.5 Compensazione di crediti reciproci certi, liquidi ed
esigibili con la propria società
La Cassazione si è più volte espressa (vedi Cass. Civile Sez.
1-19/03/2009 n. 6711) affermando che “non esiste nel nostro
ordinamento alcuna norma che vieti la compensazione legale
tra crediti reciproci certi, liquidi ed esigibili di una società di
capitali ed i suoi soci”.
Si ritiene che in termini finanziari anche la compensazione di
debiti e crediti non dia luogo ad effettive operazioni di incasso
e pagamento.
5.6 Assegnazione di beni ai soci con riduzione di capitale
L’assegnazione di beni al socio ente locale da parte di una
società di capitale comporta:
imposte dirette
•
ai fini delle imposte dirette l’assegnazione è regolata
dall’art.86, comma 1, lettera c) del Tuir e di
conseguenza l’eventuale plusvalenza assume rilevanza
reddituale.In assenza di corrispettivo del socio la
plusvalenza è pari alla differenza fra valore normale del
bene e costo fiscalmente riconosciuto ( vedi comma 3
art.86 del Tuir).
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Il bene assegnato al socio viene valutato al valore di mercato
ovverosia al valore corrente dei realizzo/transazione del bene
fra parti indipendenti. Nel bilancio della società emergerà una
plusvalenza o minusvalenza formata dalla differenza fra valore
contabile e valore corrente di realizzo.
Tale valore di assegnazione originerà la riduzione del
patrimonio rilevante per la società.
Non ci sono movimentazioni finanziarie ( incassi o pagamenti),
nessuna rilevazione deve essere fatta nel conto del bilancio
del Comune e pertanto, l’operazione è neutra ai fini del patto
di stabilità.
Se il bene assegnato al socio consiste in partecipazioni per la
plusvalenza da tassare in capo alla società è in regime di
partecipazione exemption ex art. 87 del TUIR (imponibile solo
il 5% della stessa).
Iva
•
ai fini Iva l’assegnazione dei beni ai soci costituisce
cessione di beni ( vedi art.2 n.6 del d.p.r. 633/72 ed è
quindi rilevante ai fini Iva.
Tale disposizione non trova applicazione come chiarito con
circolare n.40/2002 e con risoluzione n.194/2002
nell’ipotesi in cui l’assegnazione del bene al socio abbia ad
oggetto beni che non abbiano consentito a monte la
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deduzione dell’imposta.
Rientrano nella mancata deduzione dell’Iva i trasferimenti
di beni immobili e mobili effettuati da comuni e province a
favore di società di capitale o aziende speciali ai sensi
dell’art.118 del Tuel.
La risoluzione n.194/2002, chiarisce inoltre che l’iva non
deve essere applicata anche nel caso che sul bene siano
stati eseguiti lavori di trasformazione ed ampliamento per i
quali sia stata operata la detrazione dell’Iva a monte.
L’unica condizione è che i lavori di ampliamento non
abbiano costituito un autonomo bene con proprie
caratteristiche distintive ed economiche.
Imposta di registro
•
ai fini dell’imposta di registro il trasferimento è da
assoggettare ad imposta fissa se assoggettato ad Iva e
ad imposta proporzionale negli altri casi.
Tuttavia i conferimenti di proprietà o diritti reali di godimento
su beni immobili a favore di enti pubblici territoriali sono
soggetti ad imposta di registro in misura fissa ( vedi art.1,
comma 1 della tariffa).
Nessuna rilevazione è richiesta in termini finanziari nel bilancio
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dell’ente locale trattandosi unicamente di variazione
patrimoniale.
5.7 Cessione di azienda
La cessione di azienda da parte di una società di capitale
comporta:
imposte dirette
•
ai fini delle imposte dirette è regolato dall’art.86, comma
2, del Tuir dispone che concorrono alla formazione del
reddito le plusvalenze delle aziende, compreso il valore
di avviamento, realizzate unitariamente mediante
cessione a titolo oneroso ed in caso di assegnazione al
socio la plusvalenza è pari alla differenza fra valore
normale del bene e costo fiscalmente riconosciuto (
vedi comma 3 art.86 del Tuir).
•
ai fini Iva la cessione di azienda non costituisce
cessione di beni ( vedi art.2 comma 3 lettera b) del
d.p.r. 633/72 ed è quindi non rilevante ai fini Iva.
Iva
Imposta di registro
•
ai fini dell’imposta di registro in base al combinato
disposto dell’art.4, comma 1, lettere d) e a) della tariffa
parte I del d.p.r. 131/1986, l’imposta di registro deve
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essere applicata nella misura fissa.
5.8 Agevolazioni per scioglimento società strumentali
controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche
amministrazioni
L’art.4, comma 1 del d.l.95/2012 dispone che gli atti e le
operazioni poste in essere per lo scioglimento delle società
strumentali controllate direttamente o indirettamente dalle
pubbliche amministrazioni sono:
- esenti da imposizione fiscale
- assoggettati in misura fissa alle imposte di registro, ipotecari
e catastali
Nessuna agevolazione è prevista per l’Iva.
A cura di Antonino Borghi
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