Dimensioni, orientamento dei ferzi, profili e stecche. L

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Dimensioni, orientamento dei ferzi, profili e stecche. L
www.solovela.net
Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela
Dimensioni, orientamento
dei ferzi, profili e stecche.
L’evoluzione della vela
maestra tornata protagonista
dopo anni di “predominio”
dei genoa
di Mauro Melandri
velisti sono padroni di un numero considerevole di nozioni, pratiche e teoriche, che spaziano dalla meteorologia
fino all’elettronica di bordo, passando attraverso l’uso e la
manutenzione del motore e dell’attrezzatura di coperta. Tutte
queste conoscenze si fanno più nebbiose quando il discorso si
sposta sulle vele che sono il vero motore di un’imbarcazione
funzionante a propulsione eolica.
In realtà, le conoscenze in possesso di molti sono quelle
imparate da chi, trasmettendo la passione per la vela, ha
spiegato cosa sono balumina, base e inferitura. Un po’ poco,
visto che negli ultimi anni la tecnologia ha squassato anche
il mondo delle vele e i progressi sono stati tanto veloci, sia
per le barche da regata sia per quelle da crociera, da rendere
spesso quelle conoscenze troppo limitate.
Anche se l’obiettivo del velista è la crociera o al massimo la
veleggiata organizzata dal circolo, è bene che cerchi sempre
il meglio per la barca, regalandole un “motore” nuovo prima
di aver fuso quello vecchio.
Il problema è che troppo spesso la gran parte dei croceristi
tende a non curarsi delle proprie vele, utilizzandole fino a
quando una raffica di vento più forte di altre pone fine alle
sofferenze di una randa, o di un genoa, sfruttati oltre ogni
limite. Arriva quindi il momento di mettere mano al portafogli e di telefonare al velaio che, nella gran parte dei casi,
offrirà prodotti dai nomi avveniristici che promettono ottime
prestazioni associate a una durata dei materiali oltre ogni
immaginazione. Ci sarà da fidarsi?
Invece di dire il classico: “Faccia lei, a me serve una randa da
crociera” è meglio imparare ad orientarsi nel mondo dei
capannoni dai pavimenti di parquet, aiutati da Roberto
Zanzani della South Sails di Forlì.
I
La mia randa
suona il rock
L’EVOLUZIONE
Nel corso degli anni la randa ha subito una grande evoluzione
concettuale che ha riguardato, tra le altre cose, la sua dimen
sione in rapporto al piano velico.
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Campioni
di tessuti
Fino agli anni Quaranta, le imbarcazioni erano armate con
rande molto grandi e vele di prua più piccole, dato che i
winch non erano ancora entrati di prepotenza nel mondo
nautico e la regolazione dei genoa era meno agevole di
quanto lo sarebbe stata negli anni seguenti.
Sopra, una moderna randa da crociera in
veleria. In basso a sinistra, la
nomenclatura. Accanto, taglio crosscut e stecche normali. Sotto, trama
e ordito in un tessuto come il
dacron
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Un plotter
pronto a tagliare
seguendo
le istruzioni
ricevute
dal computer.
Accanto,
la schermata
di un programma
di progettazione
L’introduzione di attrezzature di coperta studiate per sopportare
grandi carichi di lavoro fece pendere l’ago della bilancia dalla
parte dei genoa, che divennero sempre più grandi, con una conseguente diminuzione della superficie della randa. Ci si accorse
però che i genoa grandi avevano comunque dei limiti dal punto
di vista pratico, richiedendo uno sforzo a volte eccessivo per un
tranquillo equipaggio di croceristi.
Alla fine degli anni Ottanta, grazie all’utilizzo di alberi flessibili
e crocette acquartierate, la tendenza si invertì nuovamente. Il
giro d’albero (la curvatura verso l’esterno lungo l’inferitura) comparve anche sulle rande da crociera, che potevano così essere
smagrite con vento forte e rese più grasse con le arie leggere.
I giganteschi genoa ritornarono a essere più piccoli, rendendo le
manovre a prua più agevoli in ogni condizione di vento e di mare.
La randa quindi è la vela più importante di una barca, sia essa una
deriva o un VOR 60 piedi: è la prima vela ad essere issata e l’ultima ad essere ammainata, lavora in tutte le andature, anche
quando a prua il genoa viene tolto per dare spazio allo spinnaker
(o al gennaker).
Da sinistra a destra: la mappa degli
stress che si manifestano su una
randa; una vela dal taglio radiale
derivata dal genio di
Schnackenberg, ora nel Team New
Zealand; una triradiale di nuova
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TAGLI: CROSS-CUT,
RADIALE E TRIRADIALE
all’avvento di sofisticati plotter di taglio e software di progettazione.
Il taglio triradiale è un assemblaggio in cui si utilizzano pannelli di tessuto diversi per orientamento, resistenza e peso, che
vengono distribuiti in armonia seguendo la mappa degli stress.
L’esatta conoscenza della distribuzione delle tensioni permette
di ripartire i pannelli in modo da assorbire i carichi intorno alla
penna e al punto di scotta. Nella zona mediana della vela i carichi si distribuiscono parallelamente alla balumina in condizioni di aria leggera fino ad avere un andamento parallelo alla
base in condizioni di vento forte.
La scelta del tessuto e di ogni caratteristica del disegno per
una determinata imbarcazione porta alla creazione di rande
performanti e durevoli nel tempo. “Noi consigliamo sempre
rande triradiali confezionate con i laminati tipo il CL anche se
hanno un costo leggermente più elevato. A chi, invece, vuole
contenere i costi offriamo una randa triradiale in dacron bilanciato, dove trama e ordito hanno la stessa resistenza. In questo caso i costi restano contenuti e, tenendo conto della differenza tra dacron bilanciato e dacron normale, possono arrivare
al 20 per cento in più rispetto al cross-cut normale”, spiega
Zanzani della South Sails.
“Bisogna però sottolineare - continua - che i vantaggi del triradiale sono molteplici: si avrà una randa dalla forma più rigida, meno cedevole sotto carico e dalla durata prestazionale
superiore. Questo tipo di taglio è consigliato per gli armatori
che cercano qualcosa di più della semplice randa per l’uscita
domenicale”.
Fino al 1983 le vele - sia i genoa e sia le rande
- venivano confezionate utilizzando unicamente il taglio chiamato “cross-cut”. In questo
tipo di assemblaggio si utilizzano tessuti “filloriented”, dove la trama ha una maggiore resistenza rispetto all’ordito e viene realizzato
con i ferzi orizzontali disposti perpendicolarmente alla balumina, dove la vela è maggiormente sottoposta a stress.
Il “cross-cut” si propone ancora oggi come
uno dei tagli preferiti dai croceristi, grazie
all’abbinamento tra costi contenuti vista la
semplicità dell’assemblaggio e delle rifiniture,
e buona durata del prodotto così costruito.
Bisogna però sottolineare che una randa
“cross-cut”, a causa della scarsa rigidità
conferita alla vela da questo taglio, tende
presto a perdere vigore dal punto di vista
prestazionale.
Per ovviare a ciò, Tom Schnackenberg,
“sails-designer” del consorzio di “Australia
II” nel 1983, sfruttò al meglio l’avvento
LA SEMI FULL-BATTEN
Velaio al lavoro
sulla base.
A sinistra, il
rinforzo lungo
la balumina per
la presa dei
terzaroli.
A destra, si
notano i
rinforzi del
punto di mura e
l'occhiello per il
cunningham
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delle nuove fibre aramidiche che, essendo molto più rigide del
dacron - il tessuto usato comunemente - gli permisero di
ideare un taglio rivoluzionario, nel quale i ferzi si irradiavano
dalla bugna seguendo la mappa degli stress: nascevano le
prime rande radiali.
La vittoria degli australiani in quell’edizione della Coppa
America, contribuì ad esaltare la genialità dell’invenzione e
anche i detrattori più convinti si dovettero ricredere.
Questo taglio, ormai utilizzato solo su alcuni monotipi, fu
ulteriormente modificato ed è giunto fino a noi con il nome
di triradiale dopo essersi trasformato nel tempo anche grazie
A parte qualche nostalgico che punta ancora su rande classiche
con quattro stecche corte, al giorno d’oggi la maggior parte dei
diportisti si rivolge ai velai per acquistare rande full-batten o
semi full-batten.
La randa parzialmente steccata, invenzione degli ultimi anni, è
confezionata utilizzando una (o due) stecche lunghe nella
parte alta e due (o tre) stecche più corte nella parte bassa della
vela. Questa soluzione è consigliata su barche di medie dimensioni che non montano sistemi di carrelli per l’issata. La durata di una randa di questo tipo è inferiore a quella di una fullbatten, ma si propone come valida alternativa a quest’ultima
visti gli alti costi dei sistemi di rotaie e carrelli che si dovrebbero montare per utilizzare al meglio una randa steccata.
LA FULL-BATTEN
Sulle barche dotate di rotaia per l’issata della randa la scelta si
orienta verso una full-batten, ovvero una vela caratterizzata da
stecche che l’attraversano per tutta la sua larghezza, andando
dalla balumina all’inferitura.
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Una randa
in preparazione,
distesa
sul pavimento
della veleria
Pur sfruttando gli ultimi ritrovati tecnologici in fatto di
rotaie e carrelli, va sottolineato che quella della randa
steccata non è un’idea nuova. Vele interamente steccate si possono infatti ritrovare in imbarcazioni da diporto fin dagli inizi del Novecento. Non meno importante
è la tradizione delle giunche orientali con il loro caratteristico sistema di terzaroli.
Le stecche lunghe garantiscono un miglior profilo alare
della vela incrementandone la resa nelle andature strette, inoltre, i sistemi full-batten permettono una maggiore superficie velica che si ottiene aumentando l’allunamento della balumina.
La randa steccata ha anche una vita più lunga, vista la
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rigidità conferita dalle stecche, e può “fileggiare” di più
al vento rispetto a una randa classica. In questo modo
è possibile ritardare la presa della mano di terzaroli
lascando maggiormente la scotta.
Inoltre la randa steccata è più agevole da ammainare,
specialmente se abbinata a un sistema di lazy jack,
rispetto a una randa tradizionale, anche alle andature
lasche. Questo non significa poter ammainare la randa
in poppa piena. La vela infatti, quando si allenta la
tensione della drizza e della scotta, finisce per appoggiarsi alle sartie e alle crocette (soprattutto se acquartierate), e la sua ammainata può trasformarsi in un’ar
dua impresa.