La “cà vegia” antico cuore della casa
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La “cà vegia” antico cuore della casa
ComoCronaca Sabato, 17 settembre 2011 25 In parrocchiale. Sabato 17 settembre U no speciale appuntamento attende Lenno sabato 17 settembre. Presso la chiesa parrocchiale avrà, infatti, luogo la tradizionale serata di canto e musica d’organo promossa in occasione delle celebrazioni per la festa di San Crescenzio. L’appuntamento è alle ore 21, ad ingresso libero. In programma canti della tradizione musicale classica-sacra come “Panis Angelicus” di Cesar Franck, “O mio Signor” di Haendel, o le celeberrime “Ave Maria “ nelle versioni di Gounod e di Schubert. Il concerto che precede la festa del santo, la terza domenica del mese di settembre, è ormai divenuto tradizione e si colloca nei festeggiamenti, molto sentiti, che la comunità di Lenno da tempo immemorabile riserva a S. Crescenzio, le cui spoglie riposano in un’artistica urna presso la parrocchiale e che, proprio in occasione dei festeggiamenti, ogni anno, vengono solennemente esposte alla venerazione dei fedeli. Protagonisti della parte della serata riservata al canto ed organo saranno due prestigiosi artisti: Alessandro Bianchi all’organo ed il tenore Giorgio Trucco. Assai conosciuto ed apprezzato nel panorama musicale comasco Alessandro Bianchi diventa organista in chiesa all’età di dodici anni ed è oggi uno dei più attivi organisti italiani sulla scena internazionale. Diplomato in Organo e Composizione Organistica al Conservatorio di Piacenza sotto la guida di Luigi Toja frequentando Masterclassess con Arturo Sacchetti e Nicholas Danby. Organista della Basilica di S. Paolo a Cantù, ha tenuto oltre milleseicento concerti, presentandosi sempre come solista e partecipando a innumerevoli festival organistici internazionali ed Aria, Toccata; Georg F. Haendel 1685 -1759: O mio Signor; Charles Gounod 1818 -1893: Ave Maria; Alexandre Guilmant 18371911: Marcia su un tema di Haendel op. 15; Franz Schubert 1797-1828: Ave Maria; Mieczyslaw Surzynski 1866-1924: Improvvisazione su “Santo Dio”; Cesar Franck: 18221890: Panis Angelicus; William H. Harris 18831973: A Fancy; Jan Nieland 1903-1963: Toccata; Alessandro Stradella 16441682: “Pietà Signore”, Aria di Chiesa. Rispettando quella che pure è ormai divenuta tradizione, la serata musicale sarà aperta dall’organista Mario Zanotta, titolare da oltre trent’anni dell’organo della Parrocchiale di Santo Stefano, dove è attivo anche come direttore della corale. Zanotta, è diplomato in pianoforte presso il Liceo Musicale “Vincenzo Bellini” di Como ed ha frequentato numerosi corsi di perfezionamento nello studio dell’organo, si dedica all’insegnamento del pianoforte preparando i suoi allievi agli esami in conservatorio e insegna pianoforte presso le scuole medie di Ossuccio e Tremezzo. Aprirà la serata con Anonimo Veneziano 1700: Sonata, L. Van Beethoven 1712- 1773:Romanza OP 50; J.S. Bach 1685- 1750: Cantata 156; J.S. Bach 1685-1750: Adagio - (Aria sulla Quarta Corda). Come sempre, la collaborazione con l’Associazione Musicale Amici dell’organo di Como-Breccia, assicurerà la ripresa e la diffusione delle immagini del concerto su di un grande schermo, in modo da consentire ai presenti di seguire al meglio le proposte musicali. Musica d’organo a Lenno Il tradizionale appuntamento è previsto nell’ambito delle celebrazioni legate alla festa di San Crescenzio esibendosi nelle più grandi cattedrali e sale da concerto in tutt’Europa, Russia, USA, America Centrale e del Sud, Asia, Australia. Il tenore Giorgio Trucco è nato a Voghera nel 1975 e compie i suoi studi musicali presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano. Studia attualmente con il M°. Claude Thialas. Partecipa nel 1999 al concorso “Caruso” giungendo finalista e al concorso “Basiola” aggiudicandosi il 3° premio.Debutta al Teatro alla Scala di Milano in “Nina o sia la pazza per amore” di Paisiello (pastore). In seguito canta nei teatri più importanti in Italia e all’estero come il Teatro Comunale di Firenze, il Teatro San Carlo di Napoli, la Fondazione Arena di Verona, il teatro Carlo Felice di Genova, l’Opera di Montpellier, l’Opera di Nizza e Megaron di Atene. Sul prestigioso e antico organo a trasmissione pneumatico tubolare realizzato dalla ditta Mascioni nel 1901, incorporando parte del materiale fonico dello strumento preesistente, opera dei Carrera che risale al 1857, Alessandro Bianchi proporrà brani per solo organo mentre il tenore Giorgio Trucco accompagnerà nell’esecuzione di alcuni brani del più classico e conosciuto repertorio vocale sacro. Questo il programma della serata: Gordon Young - 1919 -1998 Suite Baroque: Plein Jeu à la Couperin, Marche petite, Valle Intelvi. Ricordi La “cà vegia” antico cuore della casa L a pianta della nuova casa è aperta sul tavolo e mi diverto a studiarla in un momento di calma. È bellissima, si capisce che è disegnata da una mano esperta e ogni piccolo spazio è sfruttato e utilizzato al meglio. Una casa in cui si può immaginare un padre di famiglia che rientra dal lavoro d’ufficio, con la ventiquatt’ore di pelle apre il frigo, accende la televisione. Tutto è ordinato, i ragazzi nelle loro camerette, intenti ai loro giochi al computer, la moglie in cucina o intenta a sfogliare le riviste di moda… Eppure in tutto quell’ordine ho la sensazione manchi qualcosa. Nelle nostre vecchie case c’era un locale qui assente. Era il locale che noi chiamavamo “la cà vegia” e che rappresentava il cuore della casa. Nella “cà vegia” o ripostiglio o “disobligo”, si poteva trovare di tutto. Luogo scomparso dalle costruzioni moderne, ma che un tempo fungeva da centro nevralgico dell’abitazione Dai giochi disordinati dei piccoli ai lavori delle donne, cioè calze appena avviate, pantaloni da lavoro da rammendare, muffole colorate per l’ultimo nato. Poi c’era l’angolo per il lavoro degli uomini: il traforo allora era di moda. Così gli uomini dopo il lavoro dei campi, vicino al grande camino, che non mancava mai di riscaldare l’ambiente, utilizzavano i ferri piccolissimi e delicati del traforo. Incominciavano da piccolini e da questo mestiere fiorivano cornici, cestini elaborati finissimi. Mi sono poi sempre meravigliata come, guardando le mani dei miei vecchi, le stesse così forti d’estate da poter utilizzare la scure, al troncon, e altri attrezzi pesantissimi, d’inverno potessero diventare così gentili da trattare il traforo, gli scudeghee, tanto da creare delle forme bellissime. Solo così l’esperienza dei padri e delle madri passava alle giovani generazioni. Nella “Cà vegia” la vita prendeva forma nel tempo del raccolto. Quando fuori incominciava il tempo brutto ecco affiorare grandi mucchi di fagioli da sgranare, noci da sgusciare per la preparazione dell’olio, patate da pulire e riporre. Tutto passa dal ripostiglio per essere mondato e pulito per consegnarlo al meglio durante l’inverno. Allora il profumo delle marmellate, dei sott’aceti invadeva la casa e portava allegria. Ma il lavoro più grosso e più impegnativo si svolgeva ai primi di novembre. Il locale veniva letteralmente svuotato e preparato con grandi teli puliti. Era l’ora dell’uccisione del maiale, un mestiere che durava parecchi giorni. Il norcino arrivava con tutti i suoi ferri e li allineava sul tavolo e poi sezionava la carne, stando attento a non sprecare nulla di quel ben di Dio. Intanto gli abitanti della casa gli giravano indaffarati intorno, pronti alla sua minima richiesta. Così nascevano salamini, cotechini, dolcissimo lardo, il salame di testa che insaccato nella grossa vescica rotonda era destinato ad essere cotto il giovedì grasso con la polenta; poi il salame crudo più bello era destinato all’incanto per la festa della Madonna del Rosario; una fila di cotechini alla questua per i morti. Mentre le gustose pancette trattate con sale grosso e semi di ginepro, che si conservavano per tutto l’inverno, avevano un gusto ineguagliabile. Ecco cosa manca alle case moderne: il cuore. Manca quello che ora non ha più ragione di esistere, come la panchina di sasso fuori della porte che i costruttori delle vecchie case si premunivano di mettere dinanzi all’ingresso perché, dicevano, costituiva un invito al pellegrino a fermarsi a mangiare insieme un piatto di minestra. In cambio il pellegrino avrebbe raccontato storie di paesi lontani. Viviamo meglio ora o vivevano meglio allora? Ogni tempo ha la sua modernità. E così ci siamo ancora rituffati nei ricordi. Chiedo scusa ai giovani e mando un affettuoso saluto ai miei contemporanei. Rina Carminati Franchi