ECONOMIA POLITICA I Maggio 2009 Note di Teoria della Crescita

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ECONOMIA POLITICA I Maggio 2009 Note di Teoria della Crescita
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ECONOMIA POLITICA I
Maggio 2009
Note di
Teoria della Crescita Economica
Prof. Mazzanti
•
Introduzione alla crescita economica
•
La modellistica teorica
§
Il modello di Harrod-Domar
§
Il modello di Solow
§
Il ruolo del risparmio e la “golden rule”
§
Crescita della popolazione
§
Progresso tecnologico
§
Il “residuo” di Solow
• Crescita economica e sviluppo sostenibile
§
Il concetto di sviluppo e crescita sostenibile ed il ruolo del progresso tecnologico
2
Introduzione alla crescita economica
L’importanza dello studio della crescita economica, e delle sue determinanti, è già chiara agli economisti
classici. La teoria della crescita economica nasce con lo scopo di spiegare le caratteristiche della crescita di
reddito di lungo periodo delle economie nazionali, con le relative differenze tra paesi, e dell’economia
mondiale.
Adam Smith riconosce come il tasso di risparmio e d’investimento aumentano le possibilità di crescita
economica del sistema via effetti diretti, quale l’accumulo di capitale, ed indiretti sulla produttività del lavoro.
Da evidenziare è la posizione di Malthus, il quale sosteneva che sia la crescita demografica sia la crescita
economica di lungo periodo sarebbero state vincolate dalla limitatezza delle risorse disponibili sulla terra.
A parte le eccezioni di Karl Marx e Schumpeter,
1
un lungo periodo di disinteresse per il tema caratterizza
l’analisi economica fino alla seconda guerra mondiale. Il tema della crescita economica, e dei fattori che la
“spiegano” e influenzano, riappare come oggetto di studio degli economisti. La ragione è anche l’urgenza di
trovare delle soluzioni al problema di garantire uno sviluppo economico caratterizzato da piena occupazione
e crescita continua del prodotto nelle economie avanzate, e di avviare un processo di sviluppo e crescita in
quelle allora arretrate.2
Le previsioni di Malthus si sono rivelate errate, e l’economia mondiale ha sperimentato negli ultimi duecento
anni una crescita economica sostenuta: il tasso medio annuo dei paesi industrializzati è stato, dal 1820 al
1980, del 1,6 % annuo, con una crescita della popolazione del 1%.Sia il PIL totale sia il PIL pro capite sono
aumentati. È però importante, e vedremo perché, riflettere sul fatto che una crescita economica sostenuta è
un fenomeno moderno, che si manifesta da 200 anni.
La ripresa dell’analisi della crescita fu dominata dall’esigenza di estendere l’analisi keynesiana dal breve al lungo
periodo. Harrod e Domar si posero, in modi un po’ diversi (Cozzi, 1979), il problema di analizzare
l’interazione fra flusso di investimenti, capacità produttiva (che definisce lo sviluppo economico potenziale)
e domanda (che traduce lo sviluppo potenziale in sviluppo effettivo). Kaldor, sempre su matrice keynesiana3,
sviluppò un modello che analizzava il nesso fra distribuzione del prodotto nazionale e il suo saggio di
crescita.
Altri modelli di matrice neoclassica si incentrano invece sull’analisi dei meccanismi e fattori che possono
condurre il sistema economico a mantenersi in uno stato di crescita stazionaria di equilibrio di lungo
periodo.
Recentemente, si sono sviluppati modelli di crescita endogena, i quali tentano di endogenizzare fattori quali la
crescita della popolazione del progresso tecnico. Pur non essendo qui trattati, è utile ricordare come, in
parte, questi modelli ritornino ad un’impostazione classica di trattazione della crescita economica.
1
Schumpeter sviluppò in molte direzioni, pur senza giungere ad un modello matematico, l’idea che alla base dello
sviluppo vi sia il progresso tecnico. Questo, che procederebbe ad ondate, è esogeno, ma la sua introduzione dipende
dalle circostanze ed istituzioni sociali e dalle azioni di una classe di imprenditori dotati di potere monopolistico. Per
una rappresentazione di modelli analitici di natura schumpeteriana (avanzati) si veda Aghion e Howitt (1998).
2
Occorre chiarire cosa si intenda per sviluppo e crescita economica. Definiamo come crescita economica la crescita del
reddito-produzione di un dato paese, mentre lo sviluppo economico è caratterizzato da fattori non solo produttiviquantitativi, ma da un insieme di elemnti e variabili socio-economicche, quantitative e qualitative.
3
In realtà più sulle fondamenta dei contributi forniti dall’economista polacco Kalecki
3
Analizzeremo di seguito i modelli di Harrod e Domar, il modello di Kaldor, il modello di Solow e
introdurremo alcuni aspetti concettuali della crescita relativamente allo “sviluppo sostenibile”.
È utile ricordare che i modelli di crescita si basano su strutture formali e ipotesi diverse. Nessuno di questi può
aspirare a essere “il” modello di crescita preferibile, ma ognuno di loro è rilevante per l’interpretazione di
diverse esperienze ed aspetto dello sviluppo economico.
Il modello di Harrod e Domar
In ambiente keynesiano, il raggiungimento di un equilibrio (di piena occupazione) presuppone che si
intraprenda un certo ammontare di investimenti, tali da portare la domanda effettiva globale al livello
corrispondente alla piena utilizzazione della capacità produttiva. Ma proprio la decisione di intraprendere
tale investimento causa un mutamento della situazione oggettiva su cui si basa l’equilibrio esistente.
Nell’analisi keynesiana, dunque, proprio il raggiungimento equilibrio in un determinato istante, lungi dal
costituire il termine ultimo dell’indagine, apre un’intera serie di nuovi problemi sul come l’equilibrio stesso
possa essere mantenuto. Un’analisi dinamica diviene inevitabile.
Fu Domar che cominciò ad esplorare tali problemi. (Pasinetti, 1974). Egli mise in rilievo che gli investimenti
giocano un ruolo fondamentale nella dinamica dello sviluppo di un sistema economico, poiché agiscono
tramite due canali essenzialmente diversi. Da un lato l’ammontare totale degli investimenti determina la
domanda globale effettiva, mediante l’operare del moltiplicatore, dall’altro i nuovi investimenti
rappresentano un’aggiunta alla capacità produttiva esistente. Quindi l’investimento stimola sia la domanda
sia determina l’accumulazione di capitale e capacità produttiva. Diviene essenziale esaminare le condizioni
che debbono essere soddisfatte al fine di rendere nel tempo possibile un’espansione pari passo della
domanda effettiva e della capacità produttiva totale; evidentemente, all’istante iniziale e nel tempo (siamo in
un contesto dinamico) la capacità produttiva deve essere pari alla domanda effettiva. In ogni periodo
l’incremento della domanda effettiva deve essere pari all’incremento di capacità produttiva.
Il problema specifico è quello di mantenere l’equilibrio di breve periodo nel lungo periodo: equilibrio non
stazionario, come vedremo, ma che dipende dall’ammontare di investimenti, di domanda effettiva, e di
capacità produttiva. Non siamo perciò di fronte, occorre sottolineare, ad un concetto di “equilibrio naturale”
di lungo periodo.
F.R. Harrod e E.D. Domar si sono posti, indipendentemente uno dall’altro, il problema di determinare quale
andamento debba avere il reddito in un’economia se si vuole che il sistema economico, partendo da una
situazione di equilibrio, continui a svilupparsi lungo un sentiero di equilibrio. Per equilibrio intendiamo una
situazione in cui il livello della domanda aggregata è eguale al livello della produzione ottenuta utilizzando i
beni capitali a disposizione.
I contributi dei due autori hanno formalizzato duecento anni di dibattito sulla crescita economica, utilizzando
uno scenario teorico keynesiano. Il problema che si posero era quello dell’interazione tra gli effetti
dell’investimento sulla capacità produttiva, che genera una crescita economica potenziale, e sulla domanda,
che garantisce il tradursi della crescita potenziale in effettiva.
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In una situazione di equilibrio, quindi, la domanda aggregata (gli autori sviluppano le loro teorie in termini
aggregati) è uguale all’offerta e quindi non si originano variazioni nel livello dei prezzi.
Tutto il prodotto è venduto ai prezzi correnti. Il modello di Harrod e Domar intende analizzare sotto quali
condizioni è possibile che tale situazione di equilibrio si realizzi dinamicamente nel sistema economico.
Il modello
Supponiamo che in un sistema economico si produca un solo bene che può essere usato come bene di
consumo e bene di investimento. Le quantità investite rimangono nel sistema sotto forma di beni capitali
produttori dell’unico bene.
Un’ulteriore ipotesi è che i beni capitali abbiano durata infinita e non debbano essere sostituiti. Non si pone il
problema dell’ammortamento: tutto ciò che è investito va ad aumentare lo stock di bene capitale e non a
rimpiazzare beni capitali che si deprezzano.
Indichiamo con Yt la quantità dell’unico bene prodotta, durante il periodo t; Yt è il livello del reddito prodotto
dalla nostra economia. In ogni periodo di tempo una quota di questo reddito è consumata e la quota
rimanente è risparmiata.
Ipotizziamo che i consumatori risparmino una quota s del reddito prodotto.
(1)
St= sYt4
Affinché vi sia equilibrio nel sistema, è necessario che la quota di risparmio aggregato sia eguale
all’investimento aggregato.
(2)
It=St
Questi investimenti (flusso) si aggiungono allo stock di capitale esistente. La (2) è quindi una condizione di
equilibrio nei flussi.
Occorre comunque che il sistema sia definito anche da un equilibrio negli stock, con riferimento ai beni
capitali. In ogni periodo, lo stock di beni capitali a disposizione deve essere quello che permette di ottenere
un livello di produzione eguale al livello della domanda. In ogni periodo il livello della domanda è definito da
Yt. Quindi se il coefficiente v rappresenta il rapporto capitale-produzione, lo stock di capitale, per essere
adeguato al livello della domanda deve essere pari a K= vY. Questa, che è la condizione di equilibrio relativa
allo stock di capitale, la ipotizziamo rispettata al tempo t=0. Quindi K0= vY0
Le decisioni di investimento (flusso) sono prese in base alla
(3)
4
It= v(Y*t+1 – Yt)
Il valore di s, con riferimento al 1999, è 0,2 su scala mondiale.
5
Dove Y*t è il livello atteso della domanda.
Investendo sulla base della (4) si predispone una quantità di capitale esattamente adeguata al livello della
domanda che ci si attende. Affinché il sistema sia effettivamente in equilibrio, occorre che la domanda sia
effettivamente quella attesa.
Quindi
(4)
Y*t+1= Yt+1 condizione di realizzazione delle aspettative
Notiamo che date la (3) e la (4), la condizione K=vY è soddisfatta per tutti i periodi.
Utilizzando ora le condizioni (3) e (4) possiamo scrivere
(4)
It= v(Yt+1 –Yt)
E, date la (1) e (2)
(5)
sYt= v(Yt+1 –Yt)
da cui si ricava la
(6)
Yt+1- Yt / Yt = s/v5
Questa relazione è quella fondamentale del modello di Harrod e Domar6. Essa afferma che il saggio
percentuale di crescita del reddito tra ogni periodo di tempo t ed il successivo deve essere eguale al rapporto
s/v tra la propensione al risparmio ed il coefficiente tecnologico v. Se ciò si verifica, nel sistema economico
l’equilibrio iniziale tra domanda aggregata e produzione sarà mantenuto per tutti periodi successivi.
Si denomina s/v come Saggio garantito di crescita7 proprio perché è quel saggio che garantisce che nel sistema
economico la domanda eguagli la capacità produttiva programmata8.
5
Inserendo il deprezzamento del capitale, la variazione di capitale è pari all’investimento meno tale quota di
deprezzamento, cioè ∆K= I - δK, dove δ è il tasso di deprezzamento. La condizione di crescita diviene allora ∆Y/Y=
s/v -δ
6
Pasinetti (1974) definisce questa condizione come la condizione fondamentale del modello di Harrod e Domar,
equilibrio nel quale reddito netto, consumo e stock di capitale crescono tutti allo stesso saggio g = s/v
7
Che differisce dal saggio naturale di crescita (g) come definito sempre da Harrod (Pasinetti, 1974), che rappresenta il
saggio massimo di crescita consentito dalle condizioni tecniche del sistema economico. Se il saggio garantito e il
saggio naturale sono eguali, si affermerà che si realizzeranno sia la piena occupazione della forza lavoro e la piena
utilizzazione della capacità produttiva. Chiamando g il saggio naturale, la condizione di Harrod-Domar diviene g=s/v.
E’ importante notare che non vi è sicurezza che il saggio garantito sia in ogni periodo eguale a quello naturale,
riproponendo un classico tema keynesiano in un’ottica dinamica.
8
Il modello può anche essere presentato nell’esposizione originale di Domar (Cozzi, 1979), il quale parte da due
considerazioni:
6
***
Esempi:
§ Se s= 0,2; V=4; allora il rapporto è 0,05. Supponiamo che al tempo t=0 Y=1000 e che K=4000 (4Y)
In t=1, il reddito aumenta del 5%, quindi sarà 1050. Gli investimenti saranno aumentati di 4*50=200, per cui il
Kt+1 sarà 4200.
Ma questo stock è quello che ci permette di soddisfare la domanda
§ Se
s= 0,21
v=3
δ= 0,04
Allora si ricava che
∆Y/Y= 0.03 (3%)
Se v fosse pari a 2,1, la crescita d’equilibrio sarebbe del 6%9
(a)
All’aumentare degli investimenti aumenta la domanda e quindi l’investimento, come studiato dalla teoria
Keynesiana;
(b)
Quando si effettuano nuovi investimenti è possibile produrre una quantità di beni superiore a quella che si
poteva produrre prima.
Sulla base di calcoli simili quelli precedenti, la condizione finale che ricaviamo è
It+1 – It / It = s/v
Se gli investimenti crescono secondo tale relazione, dove s/v è il saggio garantito di crescita, capacità produttiva e
domanda crescono pari passo e continueranno in ogni periodo ad essere eguali tra loro.
Ora sono gli investimenti, e non il reddito, a dover crescere al saggio garantito. La differenza è solo apparente. Infatti,
si è assunto che gli investimenti siano una proporzione costante e pari ad s, del reddito, ne segue allora che gli
investimenti devono crescere allo stesso saggio del reddito, dimostrando l’uguaglianza delle due condizioni ricavate.
La crescita di reddito e investimenti al saggio garantito si sintetizza in letteratura come condizione di Harrod Domar.
9
§
§
§
Riassumendo gli effetti di variazioni delle variabili rilevanti che caratterizzano il modello:
Se il tasso di risparmio aumenta, allora la crescita d’equilibrio aumenta
Se v aumenta, la crescita diminuisce
Se l’eventuale deprezzamento del capitale aumenta, la crescita diminuisce
Nel modello, ricordiamo, non si considera il fattore crescita della popolazione
7
L’approccio Neoclassico alla crescita economica:
Il modello di Solow10
Il modello, che fa riferimento ai contributi di Solow (1955) e Swan (1956) è significativo in quanto affronta il
problema della crescita in un’ottica d’equilibrio generale. Si tratta, in effetti, di un modello di equilibrio
concorrenziale (Backhouse, 1990), con uguaglianza fra domanda ed offerta in tutti i mercati in qualsiasi
momento. La concorrenza garantisce l’assenza di problemi di disequilibrio di matrice keynesiana, come nei
modelli di Harrod e Domar.. Centrale nel contributo, di matrice neoclassica, è il concetto di stato
stazionario, in altre parole l’equilibrio di lungo periodo associato ad un prodotto (pro capite) costante. Il
fattore cruciale del modello è la funzione di produzione con ritorni costanti di scala nei fattori lavoro e
capitale, dove, ricordiamo, il fattore capitale genera rendimenti decrescenti all’aumentare dello stock. Per
bassi livelli di accumulazione di capitale i ritorni in termini di output sono relativamente elevati, mentre per
livelli maggiori di accumulazione si presentano ritorni inferiori per le unità aggiuntive di capitale.
La funzione di produzione è
F (N, K)11 con F’k >0 e F’’k<0 e
lim t →∞ F (K) =0
lim t→0 F (K) =∞
Nel caso senza progresso tecnologico e crescita della popolazione, l’unico fattore generante crescita del
prodotto è l’accumulazione di capitale, via flusso di investimenti in ogni periodo t, dove vale sempre la
condizione di equilibrio S=I. Il risparmio e l’investimento indicano la parte di reddito non consumata e
finalizzata ad aumentare lo stock di capitale, e quindi il reddito-prodotto nei periodi seguenti. La decisione
risparmio-consumo ha quindi carattere intertemporale (ed inter-generazionale).
L’equazione fondamentale del modello, che descrive l’accumulazione del capitale, è la seguente
Dk/dt= sF(k) - δk12
Che insieme
alla
Funzione di produzione y=F(k)13 definisce un sistema, che si può rappresentare in un grafico, al fine di
rappresentare l’equilibrio di stato stazionario.
Tenendo sempre presente che le variabili k e y sono espresse in termini pro capite, dove k=K/N e y=Y/N.
10
Si faccia riferimento al testo di Blanchard
N= forza lavoro, popolazione
12
O nella forma pro capite ottenuta dividendo per la forza lavoro (popolazione)
13
Derivata da Y=f(K,N) à Y/N =f(K/N;1) à y=f(k)
11
8
Il livello di equilibrio del capitale è funzione crescente del saggio s di risparmio e decrescente del tasso di
deprezzamento. Il processo di aggiustamento ed accumulazione del capitale, verso lo stato stazionario, è
determinato dai valori iniziali di K0, s e δ.
In stato stazionario la crescita del prodotto e del capitale è nulla quindi possiamo scrivere
K/Y=s/δ14
La logica economica è la seguente: quando il fattore capitale è scarso, è anche molto produttivo15, così il
prodotto nazionale sarà elevato in relazione allo stock di capitale e questo indurrà gli agenti economici a
risparmiare una quota del reddito maggiore del saggio al quale si deprezza il capitale (che è proporzionale al
livello stock di capitale). Ma dati ritorni marginali decrescenti, per ogni unità aggiuntiva di capitale, il
prodotto non crescerà in modo tale da poter compensare il maggiore deprezzamento con la quota di reddito
risparmiato. I ritorni decrescenti generano uno stato stazionario associato a crescita nulla di reddito, e quindi
di capitale, dove il deprezzamento dello stock è esattamente compensato da un saggio di investimentorisparmio di eguale misura.
Tasso di risparmio e Produzione
Che effetti provocano variazioni del saggio di risparmio in un paese? Aumentare il saggio di risparmio non
può avere che effetti sul livello di stato stazionario di reddito, ma non sulla crescita di stato stazionario, che è
nulla. Aumenti del saggio di risparmio provocheranno aumenti di capitale e quindi di reddito-produzione
ma, data la legge dei rendimenti decrescenti, nel lungo periodo la produzione di stato stazionario non può
che diventare nulla.
La Regola aurea di accumulazione del capitale
(Golden rule)
Non è tuttavia corretto asserire che aumentare il risparmio generi sempre maggiore benessere, se quest’ultimo
è misurato in termini di consumo. Si definisce uno stato ottimale, per il quale il consumo è massimizzato.
Tale massimizzazione è possibile ad un dato (e unico) livello di risparmio, e quindi di capitale e reddito.
In formule scriviamo
y= c + i
c=y–i
14
15
ovvero, sostituendo i valori di steady state per y e i
O sY=Kδ, ovvero investimento (uguale a risparmio) uguale a deprezzamento del capitale stesso.
Ad esempio, dopo una guerra.
9
c* = F(k*) - δk*
la quale descrive il consumo ottimo derivato dal livello di capitale ottimale, che
conduce alla massimizzazione del consumo.
Massimizzando rispetto a k, la seguente condizione descrive la regola aurea per il capitale
δ= PMK16
C* e K* sono consumo e capitale ai livelli “ottimi”. Esiste, data una tecnologia, un solo livello di capitale – e
saggio di risparmio- che massimizzi il consumo. Quando compariamo diversi stati stazionari (per differenti
saggi di risparmio) dobbiamo sapere che maggiori livelli di capitale (ad esempio) influenzano sia il reddito sia
il tasso di deprezzamento. Se l’obiettivo è massimizzare il consumo, come indice di benessere, entrambi gli
effetti vanno considerati ed il problema di massimizzazione è finalizzato ad ottenere il livello ottimo di
capitale.17
Il tema della regola aurea implica una decisone inter-temporale e ci introduce a problemi economici di natura
inter-generazionale. Le decisioni di risparmio generano, infatti, effetti sul benessere delle generazioni
presenti e future. Ad esempio, un aumento del saggio di risparmio aumenterà il reddito di lungo periodo
(future generazioni) a discapito del consumo presente.
CRESCITA DELLA POPOLAZIONE
Introducendo nel modello la crescita della popolazione (esogena), l’equazione fondamentale di accumulazione
diventa
DK/dt= sF(K) – (n+δ)K
= i – (n+δ)K18
Dove n è il saggio di crescita della popolazione, e i l’investimento pro capite.
Il termine (n+δ)K può essere definito l’investimento break even, cioè quel tasso di investimento che mantiene
costante il capitale iniziale.
La crescita della popolazione altera il modello in tre direzioni:
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Dove PMK è al produttività marginale del capitale, ovvero la derivata della funzione di produzione, ovvero la sua
inclinazione per ogni K. Quando tale derivata è pari al tasso di deprezzamento, il consumo è massimizzato. La
dimostrazione grafica è immediata.
17
Si nota la differenza fra approccio neoclassico, ottimizzante, e i precedenti approcci keynesiani.
18
In termini grafici, la retta di “deprezzamento” diventa più ripida.
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(i)
Ci conduce più vicini ad un mondo caratterizzato da crescita economica sostenuta, che rappresenta la
realtà dei sistemi economici fino ad oggi. In equilibrio, il reddito aumenta, non è costante; il reddito pro
capite tuttavia rimane costante;
(ii)
Ci offre una spiegazione alternativa alle differenze di reddito fra paesi. Il modello di Solow suggerisce
che paesi con tassi maggiori di crescita della popolazione sperimenteranno tassi stazionari di crescita del
reddito (pro capite) minori (ma maggiore crescita del reddito stesso);
(iii)
La golden rule è caratterizzata da uno stato stazionario nel quale il prodotto marginale del capitale al
netto del deprezzamento uguaglia il tasso di crescita della popolazione, cioè
MPK - δ= n, che fornisce il livello di capitale che massimizza il consumo.
In questo stato stazionario il prodotto e lo stock di capitale continueranno a crescere, ma solo al tasso di
crescita della popolazione, in modo da mantenere costante, in equilibrio, il prodotto e lo stock di capitale
pro capite. La crescita della popolazione, che nel modello è pari all’aumento di forza lavoro, diventa un
fattore fondamentale di sviluppo economico.
In equilibrio, un aumento del tasso di crescita della popolazione determina un aumento del tasso di crescita
stazionario, dal momento che in equilibrio tutte le variabili aggregate crescono ad un tasso pari a n. In
secondo luogo, il tasso di crescita della popolazione contribuisce a determinare la quota di risparmio che
deve essere impiegata ai fini dell’estensione del capitale. Una maggiore popolazione necessita di una quota di
risparmio che deve essere utilizzata unicamente al fine di garantire alla maggiore popolazione una medesima
dotazione di capitale. L’ammontare di risparmio pro capite necessario a tale scopo è pari a nk. Una quota
maggiore di risparmio pro capite, a seguito di aumenti della popolazione, deve essere utilizzata per
l’estensione del capitale e questo comporta una riduzione del reddito pro capite stazionario. Un’economia
con saggio di crescita della popolazione maggiore avrà un reddito pro capite di equilibrio inferiore, ed una
crescita del reddito (al tasso n) medesimo superiore. Graficamente questo si evidenzia in una maggiore
inclinazione della retta associata al deprezzamento del capitale.
Viceversa, è interessante notare che una diminuzione del saggio di crescita, fenomeno osservato negli ultimi
decenni nei paesi più industrializzati, aumenta il reddito pro capite e riduce immediatamente il tasso di
crescita del reddito a livello aggregato.
IL PROGRESSO TECNOLOGICO
Mediante l’ipotesi di progresso tecnologico esogeno, possiamo spiegare la crescita del prodotto pro capite in
stato stazionario. Un saggio costante di innovazione tecnologica è, infatti, l’unica possibilità, nel modello, per
compensare l’effetto dei rendimenti marginali decrescenti del capitale. La tendenza del rapporto Y/K a
decrescere è compensata dall’effetto del progresso tecnologico.
Possiamo riscrivere
dk/dt= i – (g + n + δ)k,
dove g è il tasso esogeno di progresso tecnologico, che genera incrementi dell’efficienza della forza lavoro ad
un tasso g. Questo tipo di progresso tecnologico viene definito labor-augmenting technological progress. Poiché la
11
forza lavoro cresce al tasso n, il progresso tecnologico al tasso g, le “unità” di lavoro effettivo (efficient units
of labor) del lavoro crescono ad un tasso n+g.
§ Quando il progresso tecnologico è inserito nel modello, la crescita economica rimane esogena, e la
produttività del lavoro cresce ad un tasso esogeno. Nel lungo periodo il prodotto ed il capitale pro capite
cresceranno ad un tasso uguale a g. In stato stazionario, l’investimento dovrà compensare il deprezzamento
di capitale, la crescita della popolazione ed il saggio di progresso tecnologico.19
§ Il prodotto ed il capitale cresceranno ad un tasso (g+n) in stato stazionario. Le variazioni di tasso di
risparmio, come sempre, non influenzano il tasso di crescita, ma il reddito stazionario.
§ La crescita economica, per Solow, è esogena dato che sia la popolazione sia il progresso tecnologico non
sono percepite come variabili che le politiche economiche possano influenzare. Il raggiungimento
automatico di uno stato stazionario di lungo periodo viene associato ai fatti stilizzati della crescita
economica, che presenterebbe una costanza di Y/K nel lungo periodo.20
§ Abbiamo un secondo fattore, oltre alla popolazione, che può spiegarci incrementi o decrementi della
crescita di lungo periodo, anche in stato stazionario.
Il residuo di Solow
La grandezza nota come residuo di Solow è interpretato come quella parte della crescita economica che può
essere attribuita al progresso tecnico. In realtà esso costituisce forse una misura dell’ignoranza, poiché è
calcolato come la quota di sviluppo economico che non può essere attribuita direttamente né all’incremento
della disponibilità di capitale manufatto né all’incremento della disponibilità di fattore lavoro.
Implicazioni
Mediante il modello di Solow, si può analizzare il livello del reddito e la crescita economica come dipendenti
da risparmio, progresso tecnologico e popolazione, mentre la crescita economica di lungo periodo appare
esogena e non determinabile, almeno nel lungo periodo, mediante azione delle politiche economiche.
Differenti paesi ed aree geografiche sperimentano ed hanno sperimentato diversi tassi di crescita del prodotto.
I modelli analizzati possono spiegare tali differenze, influenzate da variabili esogene.
Riguardo alla crescita di paesi diversi, introduciamo i concetti di convergenza assoluta e condizionale.
Convergenza assoluta e condizionale
Convergenza assoluta fra paesi con differenti redditi pro capite di partenza si ha quando i paesi più poveri
crescono più velocemente di quelli ricchi qualunque siano le loro caratteristiche.
D’altra parte, la convergenza condizionale ci assicura che questo accadrà a condizione che i paesi siano definiti
da livelli simili di progresso tecnico, crescita della popolazione e tasso di risparmio. Un paese crescerà più
velocemente il più lontano è dal suo stadio stazionario. È, infatti, possibile che paesi diversi presentino
19
Ricordando che ora k e y si riferiscono a quantità per unità di lavoro effettivo, non più pro capite. L’unità di lavoro
effettivo è il fattore sull’asse delle ascisse.
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differenti stadi stazionari, dipendenti dai valori dei parametri. Ogni paese, in questo caso, convergerà verso il
suo stadio stazionario; si spiega in questo modo come le diseguaglianze di reddito possano mantenersi, non
essendo quindi automatico un fenomeno di catching up dei paesi poveri su quelli ricchi.
Crescita e risorse naturali/ambientali: lo sviluppo e la crescita
sostenibile
Lo sviluppo economico sostenibile
La crescita economica sperimentata dalle economie industrializzate, ed ora dai paesi in via di sviluppo, è stata
ed è ancora oggi caratterizzata da un forte impatto negativo sull’ambiente, e da un uso massiccio delle risorse
rinnovabili e non rinnovabili21. Molti economisti (Pearce e al., 1991; Daly, 1992) sostengono la tesi che
questo tipo di crescita non sia più sostenibile, nel senso che non garantisce una conservazione delle risorse
naturali e dell’ambiente globale, tale da rendere maggiori o uguali le opportunità di benessere delle
generazioni future. In questo modo, definendo la solidarietà Inter-generazionale come una priorità politica
fondamentale, devono essere compiute scelte per mantenere invariato lo stock di capitale naturale22, al fine
di mantenere intatte le opportunità di consumo e produzione (o di benessere in senso ampio) per le
generazioni future23.
Per crescita o sviluppo24 economico sostenibile s’intende quindi un processo di espansione del reddito (e
consumo) e della produzione materiale nel presente, che non diminuisca le opportunità di crescita e sviluppo
nel futuro. Le opportunità di crescita di un sistema economico sono dipendenti dallo stock di CAPITALE
TOTALE. L’enfasi è posta sulle diverse forme di capitale (stock), da cui originano i flussi economici
(rendite), o benefici economici. Il ruolo del capitale naturale assume una importanza principale per le
particolari caratteristiche del suo uso e sfruttamento, e per il ruolo centrale che riveste nel sistema ecologico-eco-nomico. Si intende capitale naturale ogni stock di risorse naturali che forniscano servizi
economici al sistema economico.
20
Rapporto che ricordiamo è endogeno nel modello H-D.
Per “rinnovabile” si intende una risorsa, si pensi alle foreste, che si rinnova in base ad un proprio tasso di crescita. Per
non rinnovabile si intendono risorse, quali i fossili (fra cui il petrolio), che non possiedono tassi di crescita dello stock
esistente. Entrambe le tipologie sono esauribili, le prime se il saggio di sfruttamento supera quello di rinnovamento, le
seconde quando lo stock utilizzabile si esaurisce.
22
Per capitale naturale si intende ogni tipo di risorsa naturale che può essere utilizzata all’interno dei
processi produttivi e sociali (quindi una risorsa economica e sociale in senso ampio).
23
Per illustrare una divisione fra le diverse forme di capitale, i Paesi in via di sviluppo detengono il 20% del capitale
come manufatto fisico; il 44% come capitale naturale; il 36% capitale umano.
I paesi OECD rispettivamente il16%, 17%, 67% (World bank, 1997).
21
24
I termini, anche se usati spesso come sinonimi, dovrebbero riferirsi a due sfere differenti. Ayres (1996) afferma che
fra crescita (PIL) e sviluppo-progresso vi è la stessa differenza che sussiste fra “di più” e “meglio”. Binswanger (1998)
sostiene la tesi che lo sviluppo (sostenibile) è concetto alternativo a quello di crescita materiale dell’economia, in
termini di PIL. La crescita dovrebbe essere “qualificata” e riconciliata con un paradigma di sviluppo.
13
Il capitale naturale è però da considerarsi come strettamente connesso alle attività economiche. D’altra parte,
economia ed eco-logia derivano dalla stessa radice greca, eco (“oikos”), la casa comune. La scienza
economica (oikos-nomia) studia l’allocazione, distribuzione regolamentazione delle risorse economiche. Il
principio di “benessere” non decrescente che caratterizza la nozione di sostenibilità riguarda sia l’efficienza sia
l’equità della distribuzione-allocazione delle risorse.
§
Occorre classificare, prima di tutto, le risorse naturali.
Le risorse naturali rappresentano, per l’attività economica:
(i)
Un input che entra nella funzione di produzione,
(ii)
Un fattore di assorbimento del prodotto finale non riutilizzabile (rifiuto).
(iii)
Un bene, da cui si deriva benessere, che entra come fattore nella funzione di utilità25.
A livello macroeconomico, (i) e (ii) rappresentano gli elementi caratterizzanti le inter-relazioni fra sistema
economico e sistema naturale, meglio definibili come un unico sistema e non come somma di parti diverse.
È quindi chiaro che non è possibile studiare compiutamente la crescita economica se non introducendo
nell’analisi le risorse naturali come elemento fondamentale della crescita e dello sviluppo economico. La
possibilità di sperimentare una crescita economica non decrescente nel tempo appare vincolata e
condizionata alla natura finita delle risorse naturali, sia rinnovabili sai non rinnovabili.
Se, considerando il capitale fisico manufatto, i limiti per la crescita possono derivare dai rendimenti marginali
decrescenti del capitale (vedi il modello di Solow), nel caso delle risorse (capitale) naturale i limiti posti alla
crescita economica derivano essenzialmente dalla limitatezza di tali risorse (se non rinnovabili) e dalla
decrescente qualità, ai fini produttivi, di unità aggiuntive delle stesse26 delle risorse. Nel caso di risorse
rinnovabili, i limiti sono posti dal tasso di crescita di tali risorse; il loro utilizzo come inputs o fonti di
assorbimento non può superare il tasso di “rinnovamento” (es. foreste), senza generare processi di
deprezzamento del capitale naturale o depauperamenti qualitativi delle unità di capitale.
Quindi vediamo come esistano precisi vincoli alla crescita economica come sperimentata dai paesi
industrializzati da due secoli, crescita che si fonda massicciamente sullo sfruttamento di risorse naturali. I
limiti alla crescita derivano dalla natura finita di tali risorse, rinnovabili e non, e rimandano direttamente ai
contributi di economisti classici quali Malthus e Ricardo, agli albori della crescita economica sperimentata
dall’era contemporanea post rivoluzione industriale. Una crescita che, come sostengono, infatti, alcuni
economisti neo-Maltusiani (Daly, 1991), si basa su una strutturale incomprensione: lo sfruttamento di risorse
(soprattutto i combustibili fossili) che hanno permesso una accelerazione, prima impensabile, della crescita
ma che, nel lungo periodo, sono esauribili27.
25
Elemento di analisi che assume importanza in un contesto micro economico.
Assumendo realisticamente che siano usate prima le unità maggiormente produttive.
27
Hueting e Reijnders (1998) notano come la nozione di sostenibilità abbia forti legami con il concetto di stato
stazionario come inteso dagli economisti classici, cioè uno stato di equilibrio fra produzione e uso delle risorse.
26
14
Come nel modello di Solow, la “via di uscita” per ottenere una sostenibilità della crescita del sistema
economico è il mantenimento di un elevato tasso di progresso tecnologico. In un contesto dove le risorse
naturali giocano un ruolo primario, il ruolo del progresso tecnologico è comunque più complesso:
(i)
Tassi superiori di progresso tecnologico “resource saving” o “energy saving” aumentano l’efficienza
produttiva del sistema economico (in termini di sfruttamento di uso di risorse naturali28), riducendo il
rapporto Y /Kn, l’”intensità” di risorsa-capitale naturale per unità di crescita economica29. Tuttavia, l’effetto
di scala (aumento di Y) può compensare o più che compensare l’aumento di efficienza, rendendo necessari
ulteriori aumenti di “produttività”. Abbiamo quindi due effetti da analizzare e considerare: un effetto di scala
(la crescita), e l’effetto di efficienza (il rapporto Y/K).
(ii)
L’enfasi sul progresso tecnologico nasconde però la possibilità che l’ecosistema (in senso macro, la
terra-globo), sia caratterizzato da “soglie” di sopportabilità (capacità di carico) oltre le quali il capitale
naturale si “deprezza” drasticamente, facendo venir meno le funzioni di sostegno al sistema economico
(deprezzamenti di carattere discreto, non continuo). In questo caso è l’effetto di scala che conta, e gli
incrementi di efficienza produttiva non sono rilevanti, in quanto non fanno altro che ritardare una crisi
dovuta alla limitatezza ultima delle risorse naturali disponibili (ipotesi malthusiana e neo malthusiana).
L’ipotesi neoclassica evidenzia invece le potenzialità del progresso tecnologico, che rappresenta il veicolo
per garantire tassi di crescita sostenibili nel lungo periodo.
In base ai punti elencati sopra, si possono distinguere tre “scuole” di pensiero, che forniscono tre visioni
differenti dei rapporti fra sistemi economici, sistemi ecologici e ruolo del progresso tecnologico:
§ Una prima corrente, di ambito prevalentemente neoclassico, asserisce che il progresso tecnologico è la
panacea per risolvere le problematiche di carattere ambientale. Il perseguimento di un efficienza produttiva
crescente è lo strumento per garantire una crescita economica sostenibile30. L’enfasi è sulla “crescita
sostenibile”, e sul ruolo del progresso tecnologico.
28
Possono essere tecnologie o che utilizzano risorse meno inquinanti, o che utilizzano meno risorse per produrre la
medesima quantità di PIL.
29
Immaginando un rapporto Y/TK, dove T è il progresso tecnologico energy saving che aumenta l’efficienza della
produzione.
30
La scuola neoclassica è invece caratterizzata da contributi in parte più “ottimisti”, che in sintesi affermano come la
crescita economica può limitare o ridurre i danni causati all’ecosistema se è associata ad un tasso costante e positivo
di progresso tecnologico, che compensa l’effetto di scala, e se si verificano, grazie ai movimenti nei prezzi relativi
delle risorse, sostituzioni tra fattori naturali e non, e fra gli stessi fattori naturali, più o meno inquinanti, e più o meno
scarsa.
La convinzione ed assunzione neoclassica è che se flussi e stock sono stati ben coordinati, attraverso il mercato o
attraverso una pianificazione, l’ultima tonnellata prodotta sarà anche l’ultima esistente nel terreno, la risorsa si
esaurisce nel momento stessa in cui il suo prezzo diventa talmente alto da farla uscire dal mercato. Il problema
dell’esaurimento fisico delle risorse non si pone nemmeno, perché il meccanismo descritto fa sì che al momento in
cui non c’è più offerta non esiste nemmeno la domanda. Si suppone che i prezzi mettano in atto anche un
meccanismo di sostituzione.
15
§ Altri economisti, pur sottolineando il ruolo centrale del progresso tecnologico, pongono dubbi che questo
possa essere l’unica chiave di lettura dei rapporti fra economia ed ambiente. Altri fattori, quali la crescita
della popolazione e la distribuzione delle risorse a livello globale, giocano un ruolo fondamentale nel definire
il concetto e la possibilità di perseguire una crescita economica sostenibile, o meglio uno “sviluppo
sostenibile”.
§ Una terza scuola, che affonda le radici su basi Maltusiane, rifiuta la possibilità che il progresso tecnologico
possa essere strumento per ottenere uno sviluppo sostenibile. I problemi sono essenzialmente di scala, non
di efficienza. La crescita non può sostenersi, se non nel breve periodo31
La terza scuola va oltre il concetto di sostenibilità della crescita, e pone l’enfasi sulla necessità di fermare la
crescita, e porsi come obiettivo il raggiungimento di uno stato stazionario di crescita (Daly, 1992). La
crescita economica non può basarsi sull’utilizzo di risorse esauribili (fossili), ma deve fondarsi su risorse
inesauribili ma meno produttive (energia solare), come era prima della rivoluzione industriale. Quest’ultima
scuola affonda le sue radici in ambiti maltusiani.
Il dibattito ed alcuni modelli. Sostenibilità forte e sostenibilità debole
La discussione sulla sostenibilità deve essere incentrata su
§ La definizione di Sviluppo sostenibile
§ Le condizioni che ne determinano il raggiungimento, in altre parole gli strumenti che possono essere
utilizzati
§ La “misurazione” dello sviluppo sostenibile.
La regola del risparmio ed il concetto di resilienza affrontano il terzo punto, come misurare la “performance”
di un sistema macroeconomico o di un sentiero di crescita in base alla definizione di sostenibilità.
Pearce e Turner (1991), Atkinson e al. (1997) e Pearce (1998) illustrano alcune condizioni (regole) che devono
essere soddisfatte perché la sostenibilità sia garantita, nel senso di flusso di consumo che può essere
sostenuto senza ridurre il capitale da cui deriva. Questo flusso di consumo corrisponde ad una concezione
hicksiana (Hicks, 1946) di reddito32.
I processi di sostituzione ed il progresso tecnologico, sia a monte sia a valle del processo produttivo, assicurano che
l’impatto della crescita sia non crescente in termini ambientali, e che la stessa crescita possa essere sostenuta, in
modo ottimale, da sufficienti risorse naturali.
31
Una nota sui concetti di breve e lungo periodo nell’ambito della sostenibilità: per breve si possono intendere anche
periodi di 20-30 anni, per lungo scenari di analisi di 100-300 anni. Molte delle incomprensioni fra scuole derivano
anche da diversi definizioni di breve e lungo periodo, cioè quale deve essere lo scenario temporale di riferimento
dell’analisi economica.
32
Per Mill, la preferenza inter-temporale doveva indurre a non consumare in misura superiore al reddito reale, e a
trattenersi dal consumare il capitale ereditato. Nell’ambito utilitarista milliano, si notano le prime accezioni della
nozione di sostenibilità, come obiettivo dipendente dalle decisioni di consumo ed investimento.
16
La crescita del capitale totale (manufatto+ naturale + umano) può essere definita come
DK/dt = d(Km + Kn + Kh)/ dt
Possiamo ricavare una regola intuitiva di sostenibilità.
Siccome
dK/dt= S - δK
La condizione di sostenibilità diventa
S - δK ≥ 0
con S risparmio lordo del sistema economico
O
S - δmKm - δnKn - δhKh ≥ 0
Considerando, ai fini presenti, solo Km e Kn, abbiamo
S/Y - (δmKm - δnKn)/Y ≥ 0
La condizione sopra può essere utilizzata per valutare se un paese è lungo un sentiero di sostenibile. È una
regola di “Sostenibilità Debole”, in quanto considera possibili sostituzioni fra le diverse forme di capitale,
con il solo vincolo che sia non decrescente il capitale totale. Deprezzamenti delle forme di capitale devono
essere almeno compensate da investimenti dello stesso ammontare. Questo implica, nell’accezione di debole
sostenibilità, che “perdite” di capitale naturale possono essere compensate da investimenti di capitale
manufatto.
Si ricava anche un “indice di sostenibilità”
Z= S/Y - (δmKm - δnKn)/Y
Il valore di Z deve essere almeno 0 o positivo per assicurare la sostenibilità. Questo approccio è in parte
complementare alla contabilità nazionale, nel senso che possono essere ridefinite misure di “PIL aggiustate”
che tengano conto del capitale naturale oltre che manufatto.
L’indice di sostenibilità Z definisce un concetto di risparmio “autentico” (Genuine o net saving), cioè Y- C –
(deprezzamento totale del capitale) (Pearce e Atkinson, 1998), dove S è il risparmio lordo (gross saving).
Una regola ispirata alla nozione di sostenibilità forte (Strong Sustainability invece di Weak Sustainability)
definisce invece un vincolo sull’accumulazione temporale di capitale naturale.
17
Allora
δKn /Y ≤ 0
lo stock di capitale naturale deve essere non decrescente e le possibilità di sostituzione sono negate, almeno
per certe forme di capitale naturale il cui uso può generare perdite irreversibili (Gutes, 1996).
§ Qual è il ruolo del progresso tecnologico e della crescita della popolazione?
Come visto, il progresso tecnologico svolge un ruolo fondamentale nell’assicurare sentieri sostenibili ai sistemi
economici. Minore è la necessità di utilizzare risorse naturali per unità di reddito, minore sarà lo
sfruttamento delle risorse. L’effetto positivo del progresso tecnologico “environmentally friendly” può però
essere eroso da tassi di crescita della popolazione elevati, che riducono il capitale pro capite e il reddito pro
capite, riducendo le “opportunità” pro capite.
Una nuova saving rule può essere definita in base a quanto detto sopra.
Definendo la saving rule in termini di capitale pro capite,
d(Ktotale/N)/ dt ≥ 0
e, se inseriamo una tecnologia T che aumenti la produttività dei fattori capitale
d(TKtotale/N)/ dt ≥ 0
o
[dK/K – dN/N + dT/T]
così da definire una regola di sostenibilità debole.
La relazione è rilevante poiché per molti paesi si nota che – dN/N + dT/T] è negativo. Anche tassi di
progresso tecnologico positivi potrebbero non essere sufficienti in presenza di forti espansioni della
popolazione (caso dei Paesi meno sviluppati). Le variabili rilevanti diventano quindi
§ Gli investimenti ed il deprezzamento relativi al capitale totale;
§ La crescita della popolazione
§ La crescita del progresso tecnologico
Come si nota, vi sono forti affinità fra questi modelli e l’impostazione di Solow. Infatti, la letteratura sulla
sostenibilità è stata per lo più affrontata in ambito neoclassico, ponendo l’enfasi sulla allocazione efficiente
(ed equa) delle risorse in un ambito inter-generazionale.
La Saving rule nelle sue accezioni di sostenibilità forte e debole è compatibile con una crescita economica pro
capite positiva. I fattori progresso tecnologico (efficienza) e crescita della popolazione giocano un ruolo
fondamentale.
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