Rapporti di coesistenza Il rapporto è utile se si vuole
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Rapporti di coesistenza Il rapporto è utile se si vuole
Rapporti di coesistenza Il rapporto è utile se si vuole mettere in evidenza lo squilibrio fra la quantità posta al numeratore e quella posta al denominatore. Si pensi al rapporto fra il numero dei matrimoni celebrati in un anno con rito civile e rispettivamente religioso, eventualmente moltiplicato per 100. Esso ci dice quanti matrimoni del primo tipo sono stati celebrati ogni 100 del secondo tipo. Indice di Vecchiaia Possiamo calcolare il rapporto fra l'ammontare della popolazione con 60 anni e più e quello della popolazione con meno di 15 anni, eventualmente moltiplicando il risultato per 100, per agevolarne l'interpretazione. Si tratta di un rapporto di coesistenza, che i demografi chiamano indice di vecchiaia: Iv= P≥65 x 100 / P≤ 14x100 Al censimento del 1981, gli anziani risultavano 9.847.600 e i giovani 12.127.600, cosicché l'indice di vecchiaia valeva: Ciò significa che, per ogni 100 giovani (con meno di 15 anni), c'erano, a quella data, 81,2 anziani (con 60 anni e più). La tavola 4 illustra l’andamento dell’indice di vecchiaia nel tempo; per gli anni 1901, 1951 e 1981 essi sono calcolati sui dati di censimento; per il 1991 e il 2001 sui dati registrati presso le anagrafi. La tavola illustra anche i valori regionali più elevati e più bassi. Tavola 4 - Indici di vecchiaia per la popolazione italiana (rapporto percentuale della popolazione con 65 anni e più e la popolazione di 0-14 anni) Anni 1901, 1951, 1981,1991, 2001 DESCRIZIONE 1901 1951 1981 1991(a) 2001(b) Italia in 27,8 46,4 81,2 94,3 127,1 complesso Valore 34,5 92,7 156,5 200,0 238,4 regionale più (Abruzzo e (Piemonte) (Liguria) (Liguria) (Liguria) elevato Molise) Valore 21,7 29,3 48,5 50,5 72,9 regionale più (Sicilia) (Calabria) (Campania) (Campania) (Campania) basso Fonte: Istat (a) Istituto nazionale di statistica. Database Health for all. Un sistema informativo territoriale su sanità e salute. Settembre 2002. http://www.istat.it/Banche-dat/index.htm. (b) Istituto nazionale di statistica. Popolazione e statistiche demografiche. Indicatori strutturali 2001. http://demo.istat.it. Quante informazioni in una tavola così piccola. Consideriamola insieme: nel 1901 c'erano soltanto 28 anziani ogni 100 giovani; nel 1951 erano quasi 50 ogni 100; nel 1981 un po’ più di 80 ogni 100, fino ad arrivare al 2001 allorché gli anziani risultano molti di più dei giovani; nel 1901 c’era una forte omogeneità regionale; al massimo, in Abruzzo e Molise, si registravano 35 anziani per 100 giovani; al minimo, in Sicilia, 22 per cento; nel 1951 c’era già una forte caratterizzazione regionale che si è accentuata sempre più in seguito e che ha visto la popolazione delle regioni settentrionali invecchiare assai più rapidamente rispetto a quella delle regioni meridionali; nel 1951, in Piemonte, il numero degli anziani era quasi uguale a quello dei giovani. Nel 1981, in Liguria, gli anziani erano oltre una volta e mezzo i giovani. Nel 2001, sempre in Liguria, gli anziani sono diventati più del doppio dei giovani. I livelli minimi (registrati sempre nelle regioni meridionali durante tutto il periodo) sono risultati più stabili di quelli massimi. In effetti le modificazioni sociali e demografiche sono state più lente nel Mezzogiorno. Vengono molte domande. È bene o male che diminuiscano le nascite? Quali conseguenze avrà il progressivo invecchiamento della popolazione sulle spese relative ai vitalizi, sulla sanità e l'assistenza sociale? Quale sarà l'età di pensionamento più adatta a sostenere gli indici di Vecchiaia di oggi? E infine cosa dire sulle capacità di una nazione circa il rinnovamento tecnico, ma anche sullo sulle capacità di affrontare le sfide culturali e le novità del mondo?