STRUTTURAZIONE DEL GRUPPO

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STRUTTURAZIONE DEL GRUPPO
SCHEDE
[STRUTTURA E DINAMICHE DI GRUPPO]
STRUTTURAZIONE DEL GRUPPO
Il setting del gruppo comprende: spazio, tempo, regole, condizioni
stabilite, scopo.
A partire dall’istituzione del setting, che è la struttura che preesiste ai
partecipanti, si forma il gruppo informando già nel primo incontro di tutte
le condizioni stabilite:
• Incontro con estranei (si informano i partecipanti che il gruppo è
composto da persone che non si conoscono);
• Forma particolare del gruppo e numero dei membri;
• Luogo e sistemazione del lavoro di gruppo (elementi che devono
essere investiti di un valore simbolico e non burocratizzato);
• Durata, frequenza e tempi di lavoro di gruppo.
Tutti questi elementi devono essere stabiliti in partenza.
Di seguito si comunicano i principi di condotta richiesti, che non sono
delle vere e proprie regole ma degli orientamenti:
• Regolarità
• Puntualità
• Discrezione (per preservare la “sacralità” e l’intimità dello spazio e del
gruppo)
• Astinenza (sia dal giudizio e dalla valutazione, sia da agiti al di fuori del
tempo/spazio del gruppo); è il conduttore che deve trasmettere questa
come regola del e nel gruppo, orientandolo verso la condivisione
all’interno del gruppo. Tutto ciò che si dice sul gruppo, su singoli
partecipanti e sul conduttore, al di fuori del tempo/spazio del gruppo,
non ha nessuna rilevanza, devono essere considerate come
“chiacchiere”. Ciò responsabilizza ognuno a farsi carico delle sue
parole all’interno dello spazio condiviso.
È molto importante esplicitare lo scopo del lavoro in generale, è questo
che fonda e giustifica il gruppo (ad es.: in questo gruppo si fa teatro e
lavoreremo per imparare e creare esercizi, storie, scene, performance,
improvvisazioni…).
Gli obiettivi del lavoro di gruppo in particolare potranno essere formulati
all’inizio dando però la sensazione di poterli adattare o cambiare strada
facendo (ad es.: un obiettivo può essere scrivere una storia, oppure
arrivare a fare uno spettacolo entro sei mesi).
È importante
fare in modo che ognuno espliciti la motivazione
personale a partecipare.
Il conduttore deve suggerire, con i suoi atti e il suo atteggiamento,
l’atmosfera che vuole promuovere nel gruppo.
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• La formazione del gruppo. È importante che i membri del gruppo si
orientino e comprendano quale debba essere il comportamento nei
riguardi del conduttore e degli altri membri.
• La coesione di gruppo. Definisce il livello di solidarietà fra i membri,
ma anche la condivisione di regole, di norme e relativo senso di
appartenenza. Questa coesione è determinata anche da fattori emotivi.
• Il conflitto. Si sviluppa di solito un clima di ostilità verso gli altri membri
del gruppo e/o verso il conduttore, soprattutto per l’incertezza dovuta a
mancanza di direttive e di sostegno psicologico, per la mancanza di
strutturazione o al contrario per la resistenza alla struttura e alle regole
da parte di alcuni partecipanti. Si sviluppa una resistenza emotiva di
fronte alle esigenze del compito da svolgere come segnale della
propria indisponibilità.
• La strutturazione. I membri si accettano vicendevolmente e si
sviluppano delle norme di gruppo alle quali tutti si sentono impegnati. Il
conduttore può facilitare la strutturazione tenendo presente la dialettica
tra contingenza e struttura, tra singolarità e gruppo, tra regola e libertà.
• L’attività. I membri del gruppo accettano il loro ruolo e lavorano per
raggiungere i fini preposti, riuscendo a contenere le dinamiche emotive
e immaginarie, gli assunti di base.
La strutturazione del gruppo deve tener conto di un altro importantissimo
fattore: la dinamica emotiva.
DINAMICHE DI GRUPPO
Freud in Psicologia delle masse dice che nella mente di ognuno di noi
l’altro è sempre presente, non esiste mai l’individuo senza l’altro.
L’altro è presente come modello ideale, come soccorritore, come oggetto
di desiderio, come nemico… ecco perché la psicologia individuale è al
tempo stesso, fin dall’inizio, psicologia sociale.
Il gruppo non fa che portare in superficie questi personaggi interni, li
materializza nei partecipanti riconoscendo in loro alcuni tratti, funzioni,
dinamiche.
Un importante studioso delle dinamiche che operano nei gruppi è stato lo
psicoanalista W. Bion, la sua comprensione dei gruppi ruota attorno
all'osservazione secondo la quale ci sono due tipologie, due tipi di
funzionamento in ogni gruppo:
1) il gruppo di lavoro
2) il gruppo in assunto di base
Il primo tipo è impegnato in un effettivo compito di lavoro. In effetti ogni
gruppo si costituisce in base a uno scopo, a una finalità, a qualcosa da
perseguire. Si tratta di lavorare in gruppo per… raggiungere un fine.
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Ovviamente il fine può essere qualcosa di non-materiale e quindi il lavoro
che il gruppo fa può riguardare l’apprendere qualcosa in merito alle
relazioni, alle emozioni, a sé stessi. Si parla di gruppi terapeutici se lo
scopo è la cura; si parla di gruppi esperienziali se il fine è imparare
qualcosa su di sé condividendola con gli altri; si parla di gruppi formativi
se lo scopo è imparare qualcosa in merito a una competenza
professionale.
Nel caso dei gruppi-laboratori di teatro nei diversi contesti sociali si tratta
di essere insieme per imparare delle competenze “teatrali” ma anche per
apprendere e migliorare delle cose di sé. Essendo basata sull’esperienza
e sul coinvolgimento personale (emotivo, corporeo, relazionale), tale tipo
di lavoro mette in gioco necessariamente il livello personale, intimo.
I gruppi-laboratori sono allo stesso tempo luoghi formativi ed
esperienziali. Luoghi di socializzazione dove stimolare, modulare e
sviluppare dinamiche personali e relazionali; ma anche luoghi di
apprendimento di uno specifico linguaggio. Anche laddove
l’apprendimento di competenze è solo un pretesto per lavorare sulle
dimensioni della socializzazione, dello stare insieme e dell’attivazione del
desiderio dei partecipanti, le finalità formative e artistiche vanno sempre
tenute in primo piano. Altrimenti il rischio è che si perdano di vista gli
obiettivi comuni e il gruppo scivoli verso dinamiche emotive destrutturanti.
Il secondo tipo di gruppo, descritto da Bion, si riferisce proprio a questo
funzionamento: gruppo in assunto di base, in cui non si lavora più per il
raggiungimento degli obiettivi comuni, ma condizionati dagli assunti di
base.
Gli assunti di base (AdB) si riferiscono alle fantasie inconsce e alle forti
emozioni che spingono i gruppi a pensarsi come una famiglia, una setta,
un esercito, un clan, una stirpe…. In altre parole, i componenti del gruppo
iniziano ad agire sulla base di un assunto riguardo al gruppo che è
diverso
dal
compito
preposto.
Gli assunti di base sono di tre tipi:
1.
dipendenza
2.
attacco/fuga
3.
accoppiamento
Questi distinti stati mentali sono inconsci, ma sono facilmente deducibili
dal comportamento del gruppo. Gli assunti di base (AdB) fanno deragliare
il lavoro del gruppo e impediscono il raggiungimento dei suoi obiettivi.
Il gruppo automaticamente va verso gli AdB ed è la funzione di gruppo di
lavoro che deve contrastare le dinamiche degli AdB. Il conduttore deve
riconoscere
l’esistenza
delle
forti
emozioni
che
animano
sotterraneamente ogni gruppo. Non è possibile, infatti, che ci sia un
gruppo senza AdB.
Gli assunti di base sono l’energia, la spinta vitale del gruppo, sono anche
la forza che tiene insieme e fa sì che il gruppo si pensi come uno; non
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devono però prendere il sopravvento, devono essere arginati e guidati al
servizio del lavoro del gruppo. Il conduttore deve tenere le redini e far
procedere il lavoro.
IL CONDUTTORE
Il conduttore, non deve incarnare il ruolo che quello specifico gruppo in
quella fase vorrebbe assegnargli, non deve cioè rispondere alla chiamata
degli AdB: nell’AdB di dipendenza il conduttore rischia di incarnare il
maestro, il guru onnisciente; nell’AdB di accoppiamento il conduttore
rischia di incarnare il seduttore, il dispensatore di amore e affetto;
nell’AdB attacco/fuga il conduttore rischia di incarnare il condottiero, il
capo che guida il suo gruppo contro il nemico, che alimenta i conflitti dei
partecipanti verso altri esterni al gruppo.
Ma se non cede a incarnare una di queste tre funzioni, cosa fa il
conduttore? Bion insiste nel dire che il conduttore deve essere una guida
che segue, deve essere privo di un forte ascendente e deve esercitare
autorità solo come principio di realtà: rispetto delle regole, degli obiettivi e
delle reciproche differenze. Si occupa della messa a lavoro del gruppo
nel gruppo.
Secondo Bion, il conduttore deve astenersi dal dare soluzioni illuminanti,
deve valorizzare il lavoro del gruppo e non il suo, deve essere molto
bravo a creare le condizioni per far circolare il desiderio, le iniziative, la
cooperazione dei partecipanti.
La tendenza spontanea di un gruppo va verso il funzionamento in AdB,
anche un gruppo che si riunisce con un preciso scopo di lavoro mette in
atto ogni tipo di resistenza pur di non lavorare. Quindi, la funzione del
gruppo di lavoro deve contrastare le dinamiche del gruppo in AdB.
Lasciato a sé il gruppo di lavoro sprofonderebbe negli AdB, qui è
fondamentale la funzione del conduttore.
Bion individua due condizioni per far funzionare un gruppo di lavoro che
instilli atteggiamenti cooperativi: 1) un obiettivo comune, chiaro e
ciclicamente rilanciato; 2) la presenza di un conduttore non-leader.
Un dispositivo contro l’ideale massificante
Il piccolo gruppo di lavoro è un modo di lottare contro le fantasie e le
emozioni idealizzanti, che sono alla base dei fanatismi e dell’esercito.
Il conduttore non comanda, non è un leader ma fa in modo che nessun
assunto individuale e nessuno stile diventi legge per tutti, accetta lo stile
di ciascuno cercando di coordinarlo nel quadro di insieme del gruppo.
Nessun ideale prefabbricato, né estetico né morale, deve irrigidire il
lavoro del gruppo. Il conduttore è il guardiano del posto vuoto. Preserva
la possibilità di accogliere in ogni momento e in ogni modo la differenza di
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ognuno, senza che questa diventi destrutturante per il gruppo o che si
imponga agli altri. Il fatto è che l’entrata in un gruppo attiva in ognuno
paure, inquietudini, insicurezze. Prima di tutto la paura di essere
annullato, fagocitato, ignorato, privato della propria soggettività, della
propria differenza dagli altri. Il conduttore deve fare in modo che non si
instauri un clima di anonimato e di depersonalizzazione, deve dar ascolto
alle “piccole differenze” ma allo stesso tempo deve creare una identità di
gruppo con finalità e regole condivise.
Un apologo per il conduttore
La funzione del conduttore e del suo mandato di far funzionare il gruppo,
di sostenere l’elaborazione ed evitare ristagni immaginari e conflitti
emotivi, può essere ben metaforizzata da un apologo. Il racconto
popolare mediorientale “I cammelli dei figli del mercante”.
Lo sceicco Ibn al Saud mentre attraversava il deserto sul suo cammello
nero, incontra tre fratelli impegnati in una accesa discussione a causa
dell’eredità del padre appena deceduto. Il padre aveva loro lasciato una
mandria di 19 cammelli, da dividersi in parti diseguali: al primogenito
spettava metà della mandria, al secondogenito un quarto e al terzogenito
un quinto del totale. Tutti i cammelli dovevano essere assegnati, senza
che ne rimanesse nessuno fuori del conto e soprattutto senza che
nessuno fosse sacrificato e fatto a pezzi. I tre giovani, pur avendo
cognizioni aritmetiche, non riuscivano a venire a capo di questo assurdo
calcolo e avevano cominciato a litigare e ad accusarsi reciprocamente. Lo
sceicco li osservava dibattere confusi e scoraggiati, poi scese dal suo
cammello e sorridente li invitò ad aggiungerlo alla loro mandria. Così
fecero, ora i cammelli erano venti e poterono dividerli equamente senza
estrometterne alcuno dal conto né facendolo a pezzi. Al primogenito la
metà, cioè dieci. Al secondogenito un quarto, cioè cinque. Al terzogenito
la quinta parte, cioè quattro cammelli. In tutto diciannove. Lo sceicco
riprese il suo cammello, li salutò e riprese il suo viaggio.
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