Odissea di classe - Fogli di Viaggio

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Odissea di classe - Fogli di Viaggio
Odissea di classe
È ormai giunto settembre, il mese che tutti odiamo, un po' perché finisce la
bella stagione (il sole, il mare, gli amici, …), un po' perché ricomincia la scuola.
Quindi, come ogni anno, stiamo per ritornare sui banchi, quando...tempo di metterci a
sedere e ci accorgiamo che la nostra classe, la Seconda B, la classe più unita del
mondo, non è al completo. All’appello mancano otto dei nostri compagni: Aida,
Alessandra, Alessio, Davide, Ettore, Cinzia, Massimiliano e Selma. Aspettiamo
ancora un po’, contandoci e ricontandoci, mentre ci guardiamo attorno in attesa di
essere una classe al completo. Quando arrivano le professoresse, Anna ed Elena, si
accorgono delle assenze e notano subito che gli alunni non presenti hanno qualcosa in
comune: sono tutti i nostri compagni di origine straniera. Anna ed Elena non sanno
spiegarsi il motivo, ma notano che, sulla cattedra, c’è una busta misteriosa,
indirizzata proprio a noi, alla Seconda B. La apriamo e…
Se all’avventura volete partecipare,
in un porto dovete andare.
Tra la L e la O … quali lettere inserire?
Oltre la Terrazza Mascagni dovete proseguire.
Avrete posti da visitare,
se i vostri amici volete trovare.
È giunto il tempo di partire,
non rimanete lì a poltrire.
Un nostro compagno giocherellone, Niccolò detto il Pierguidi, rileggendo
l’indovinello, intuisce che si tratta della città di Livorno. Allora decidiamo che
dobbiamo assolutamente metterci in viaggio…
In due settimane otteniamo tutti i permessi: preside e genitori compresi,
rassicurati dal fatto che le due proff. verranno con noi.
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Ci imbarchiamo senza pensarci troppo. L'unica cosa che desideriamo davvero è
ritrovare i nostri compagni di classe, rimasti in giro per il mondo: non possiamo certo
cominciare un anno scolastico senza di loro! Lo capiamo subito: le tappe del nostro
viaggio sono i paesi di provenienza dei nostri amici stranieri: andremo in Marocco,
poi in Albania e, da lì, in Romania e in Cina.
Da Livorno, dopo quasi due giorni di navigazione, arriviamo al porto di Tanja.
Siamo stanchi, affamati e non sappiamo dove andare e cosa fare. Per fortuna Maya ed
Emanuele riconoscono tra la folla la mamma di Selma, in compagnia di un’amica che
abita lì: si mettono subito a sbraitare per chiamarla, le si avvicinano e le chiedono
dove sia Selma.
Lei dice che è a Marrakech, che sarà contenta di vederci e ci dà una busta con
le indicazioni per raggiungerla: le nostre due Chiarette, sempre attente e precise, la
aprono e… sorpresa!
In Marocco caldo sempre fa
ma qualcuno forse vi aiuterà.
Selma dovete trovare
e non se lo potrà aspettare.
Fate in fretta che lei sola è
e anche triste ahimè!
A lei mancate tanto
e non vede l'ora di avervi accanto.
Vuole tornare nella sua bella scuola
con il suo caro zaino viola.
Ora, che aspettate a riportarla?
Su, andate in fretta a cercarla!
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Siamo tutti stanchi e agitati, ma la mamma di Selma e la sua amica ci indicano
la stazione degli autobus: c’è un pullman in partenza per Marrakech, quindi ci
affrettiamo. Il viaggio dura cinque ore, la maggior parte di noi si addormenta ma, una
volta risvegliati, ci troviamo a destinazione e corriamo subito a casa di Selma dove
troviamo tutti i suoi parenti, sorpresi di vederci così numerosi. La nostra compagna
ritrovata corre verso di noi e ci abbraccia con uno sguardo incredulo, mentre sua
nonna si offre di preparare da mangiare per tutti. Caterina, sempre gentile, la aiuta in
cucina, invece Elisa e Gaia, inseparabili, apparecchiano la tavola. Mentre mangiamo
un ottimo couscous, chiediamo a Selma il motivo per il quale sia rimasta in Marocco:
“Il biglietto non mi è arrivato in tempo – ci spiega - e quindi ho perso l’ aereo
per tornare in Italia. Stavo quasi per piangere dalla disperazione, ma per fortuna siete
arrivati voi da me!”.
Mentre siamo a tavola, scopriamo un sacco di cose su Selma, sulla sua famiglia
e sul suo Paese: nella casa dove siamo ospiti, una casa molto grande, a tre piani,
Selma abita con tutta la sua famiglia, composta da nove persone: al primo piano
vivono le sue zie, al secondo lei con i suoi genitori e, all'ultimo piano, vive sua
nonna, famosa perché sa preparare un ottimo panino con la salsiccia di mucca!
Ci racconta che in Marocco ci sono tante città molto belle, come ad esempio
Oualidia, dove c’è un mare meraviglioso; per vedere il mare c'è una discesa
ripidissima chiamata “discesa dalla morte”; vicino alla spiaggia, il mare è quasi
sempre calmo, l'acqua è bassissima, c'è molta sabbia e una corrente molto forte; il
centro città non è molto grande e si può visitare il mercato di frutta e verdura e
gironzolare tra molte casette e ville; di solito, nelle sere d’estate, alcuni operai
montano in piazza un palcoscenico dove si esibiscono dei cantanti e delle donne con
dei vestiti lunghi fino alle caviglie chiamati jelleba.
Dopo pranzo andiamo con Selma a fare un giro a Marrakesch, una città dove
arrivano turisti da tutto il mondo, soprattutto francesi.
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Anche se è un po’ lontano da casa sua, passiamo a vedere il bagno turco che la
sua famiglia ha in gestione. Selma trascorre qui circa due mesi all'anno, durante
l’estate. E in questo tempo ha fatto molti giri: a cinque anni è stata alla conceria delle
pelli che si trova a Fès. Poi ci racconta che in un’altra città, Casablanca, c'è un grande
luogo di culto della religione marocchina, cioè l’Islam. Questa moschea è costruita
sul mare e ci possono entrare solo gli uomini e le donne con il velo. Selma vorrebbe
anche portarci sui monti accanto a Marrakech, dove ci sono delle cascate: dice che lei
non c'è mai stata ma sua madre le ha raccontato che in alcune pozze si può anche fare
il bagno. Secondo la nostra compagna, le città del Marocco sono un po’ sporche, ma
il mare al contrario è pulitissimo con delle spiagge bellissime.
L’ultimo posto che ha visitato è stato El Jadida, una città sul mare; era ospite a
casa di sua zia, da dove c’è una splendida vista che dà sull’oceano; qui le onde sono
molto alte e alcuni ragazzi fanno surf, mentre altri stanno sulla spiaggia, sempre
molto affollata, che si chiama Sidi Bouzid.
A tutti noi viene voglia di visitare il Marocco in lungo e in largo. Ma ora è
tardi. Torniamo nella grande casa di Selma, che ci ospita tutti per la notte. Dobbiamo
riposarci perché domani dovremo affrontare un altro viaggio, quello verso l’Albania.
E la nostra amica, verrà con noi a recuperare Alessio e Aida.
Il mattino dopo, infatti, ritorniamo nel centro di Marrakesch per salire
sull’autobus e tornare al porto di Tanja dove prendiamo la nave per arrivare a
Durazzo. I giorni di navigazione sono tanti ma, per fortuna, il tempo è bello e
nessuno soffre il mal di mare. Poi ci sono le due proff. che non vogliono farci
annoiare, perciò ne approfittano, ogni mattina dopo colazione, per farci fare alcune
ricerche sull’Albania.
Scopriamo che è un Paese piccolo e prevalentemente montuoso, affacciato
sul mare solo da un lato, quello occidentale, verso l’Adriatico. La capitale è Tirana,
una città di circa quattrocentomila abitanti, poco più che Firenze.
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La bandiera è tutta a rossa con un’aquila nera a due teste. I piatti tipici sono il
byrek, ripieno di carne, verdure o formaggio; il tave dheu a base di carne e il tave kosi
a base di yogurt. In Albania la religione prevalente è quella musulmana, quindi non si
festeggia il Natale, ma una festa chiamata Bayram in cui si sta in famiglia e si
preparano dolci; questa festa viene celebrata trenta giorni dopo il Ramadan.
Tra un’informazione e l’altra, arriviamo a Durazzo. Siamo fortunati:
incontriamo un signore che parla benissimo italiano e ci dice che, vicino al porto, c’è
la fermata di una navetta che ci porta a Fier. Questa è la nostra meta: sappiamo che il
babbo di Alessio è nato qui e che il nostro compagno, di solito, trascorre lì le
vacanze. Il viaggio dura circa un’ora e mezza. Siamo stanchi morti, ma continuiamo
ad avere fortuna: nella piazza del paese, dove c’è la fermata del bus, troviamo Alessio
che, come al solito, è in cerca di Pokemon.
Quando ci vede, ci corre incontro e, vedendoci affamati, ci porta a mangiare
dei buonissimi dolci: quello che ci piace di più è il ravani, una torta al cocco. Alessio
ci spiega che è rimasto in Albania per aiutare il nonno nell’orto dove ci sono
soprattutto olivi e alberi da frutta: pere, fichi, uva, limoni. Tommaso e Tommy, i
soliti curiosi, vogliono vedere con i loro occhi, quindi Alessio ci porta al campo del
nonno e ci fa vedere come guida il trattore. Manuel ne approfitta subito per guidarlo
anche lui e non vuole più scendere. È ormai quasi buio e da Fier dobbiamo riprendere
l’autobus per andare a Squtari, dove sicuramente troveremo Aida.
Per fortuna l’autobus ferma nel centro del paese, dove ci sono molti negozi,
tra i quali anche dei chioschi che vendono il famoso byrek: la fame ci sta divorando,
quindi ne prendiamo almeno un paio a testa. Alessio ci fa da guida: la casa della
nostra compagna albanese non è molto lontano da lì. Come Selma, anche Aida ha una
casa grande, dove può ospitarci tutti a dormire.
Prima di addormentarci, però, Alessio e Aida ci raccontano delle loro
famiglie: Alessio è nato in Italia, ma la sua mamma è di Durazzo, mentre il babbo è
di Fier; Aida, invece, è arrivata in Italia all’età di otto anni, ma ha frequentato la
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scuola materna e la scuola elementare in Albania; entrambi vanno in Albania ogni
estate a trovare i parenti. Ci dicono anche che non vorrebbero tornare a vivere in
Albania, perché stanno bene in Italia. Dopo aver ascoltato queste parole, ci
addormentiamo. Il giorno dopo andiamo a fare un giro per Squtari: vediamo il
castello di Kalaja ed entriamo a visitarlo; da lassù ammiriamo il panorama sul lago e
Isabella scatta subito delle meravigliose foto.
Passiamo ancora qualche giorno a casa di Aida, poi ci spostiamo a Tirana, la
capitale. Facciamo un giro per piazza Scanderbeg, un nobile condottiero che ha
difeso la sua terra dai turchi e di cui c’è una grande statua in mezzo alla piazza. Poi
andiamo all’aeroporto, dedicato a Madre Teresa di Calcutta, che era di origini
albanesi. Dopo aver fatto il check-in, ci imbarchiamo: il nostro aereo atterra a
Bucarest e noi siamo tutti contenti di andare a prendere la nostra compagna
Alessandra, ma… non ce n’è bisogno!
Dopo essere sbarcati, Martina vede, alle partenze, una ragazzina mora vestita
di rosa, con anche un trolley rosa e una passata fucsia in testa: è l’Ale! Tutti insieme
iniziamo a urlare il suo nome. Lei, appena ci vede, fa cadere le valigie per terra e
corre ad abbracciarci. Francesco le chiede:
“Che cosa ci fai qui?”.
Ale è così sorpresa che nemmeno riesce a rispondere.
“Noi siamo venuti a trovarti – continua Francesco - per riportarti in Italia”.
Finalmente Alessandra si riprende:
“Il mio aereo parte tra poco… ma, adesso che vi vedo qui, mi sa che rimarrò
un po’ con voi per farvi conoscere il mio Paese!”.
Allora tutti insieme andiamo a prendere il treno per Giurgiu la città in cui
abita la sua famiglia. Nel frattempo Alessandra ci racconta che si era trattenuta più
tempo in Romania per il battesimo della sua nipotina Alessia, ma che non vedeva
l’ora di rientrare in Italia per rivederci.
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Appena arrivati a casa sua, notiamo che è a due piani, ma ci sono solo quattro
stanze da letto, così decidiamo di andare in albergo. Qui ci accolgono offrendoci la
famosa Barretta Rom di cui la nostra amica Ale ci aveva tanto parlato: ma ci
accorgiamo che è al rum!!! Nonostante questo, tutti siamo curiosi e, attratti dal
cioccolato, la mangiano in un attimo. Il giorno dopo andiamo in Transilvania al
castello di Dracula.
Nel tragitto Alessandra ci racconta che la Romania è piccola ed ha la forma
di un pesce, con la coda nel delta del fiume Danubio. La capitale, Bucarest, è piena di
palazzi, come abbiamo notato uscendo dall’aeroporto. In centro, a Natale, c’è un
albero enorme, con spettacoli di cantanti famosi, invece a Capodanno ci sono fuochi
d’artificio. La maggior parte delle regioni è piena di colline, monti, campi. Chi non
vive in città coltiva un proprio orto. Il cibo tradizionale sono le sarmale, cioè
involtini di carne che non vediamo l’ora di assaggiare, mentre il vestito tradizionale è
una maglietta che si chiama IE. Lapo, stranamente, chiede ad Alessandra com’è la
scuola in Romania. La risposta ci suona un po’ strana:
“Nelle città più povere –racconta- ci sono maestre non adatte al loro ruolo.
Nelle città più ricche le scuole sono come qui in Italia, anche se in Romania le medie
non esistono, ma esistono la sesta, la settima e l’ottava elementare. Dalla quinta
all’ottava ci sono gli esami alla fine di ogni anno e si mettono le uniformi”.
Chissà se Lapo vorrebbe trasferirsi in una scuola romena! Sicuramente
Alessandra tornerà a Giurgiu, il suo paese d’origine, dopo la terza media. E lì potrà
continuare a guardare “I Rumeni hanno talento”, il suo programma preferito! Intanto
arriviamo in Transilvania, una regione al centro della Romania, dove andremo a
caccia del Conte Dracula!
Quando è ora di andar via, siamo tutti tristi. Così, per rallegrarci, inventiamo
e cantiamo una filastrocca dedicata a questo Paese:
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Nel mondo ci sono tante nazioni
e ognuna è piena di forme e colori.
C'è la Romania
che non ti lascia andar via.
È a forma di pesciolino
che è tanto carino!
Ci sono tante campagne
e si beve molto champagne.
Nella capitale ci sono tanti palazzi
e son pieni di ragazzi.
Festeggiano molto il Natale
e adorano l'uovo pasquale.
Hanno l'uniforme
e vanno in una scuola enorme.
La Romania è tutta qua
ed è piena d'abilità !
Ora arriva la parte più difficile: dobbiamo andare in Cina!
Dall’aeroporto di Bucarest atterriamo a Shangai, però sappiamo che le città
della Cina sono molto grandi e che non potremo avere la fortuna di incontrare per
caso i nostri compagni. Sappiamo anche che per comunicare in Cina non potremo
usare i nostri numeri di cellulare e neanche la chat di facebook: Cinzia ce lo diceva
sempre, a scuola, che quando va in Cina deve cambiare numero di cellulare e non
riesce a usare i social. Quindi l’altro Niccolò, il Gigli, decide di provare a usare
wechat per contattare Massimiliano che, dopo pochi minuti, ci risponde e ci propone
di incontrarci in un bar sotto casa di sua zia, dove è ospite. Dall’aeroporto, per
arrivare al bar, Massy ci suggerisce di prendere l’autobus. Arrivati lì, abbiamo la
sorpresa di incontrare non solo Massy, ma anche Ettore: sono cugini e, quindi,
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trascorrono sempre le vacanze insieme. Durante il pomeriggio i nostri amici ritrovati
ci portano a vedere la città e, soprattutto, il famoso grattacielo di centocinquanta
piani.
Intanto ci raccontano qualcosa della Cina. Ettore ci dice che è di origine Wen
Zhou, però la sua famiglia abita a Shangai. Si ricorda che quando era in Cina, prima
di trasferirsi in Italia, mangiava spesso riso, noodles e, soprattutto, pesce (molluschi e
aragoste), oppure carne di anatra e maiale. Racconta che casa sua è abbastanza
grande, è di tre piani e che fuori è fatta di cemento mentre dentro ha attaccate delle
piastrelle a tutte le pareti; accanto alla sua casa ha un orto che è attraversato da un
piccolo fiumiciattolo. Ettore ci confida anche che si è trasferito in Italia perché la
scuola in Cina è molto più difficile!
Massy, invece, ci dice che a lui il cibo cinese non piace molto, perché è “tutto
finto e fatto da animali malati”… ecco perché ammette che preferisce stare in Italia!
Però della Cina gli piacciono i computer, che si usano molto e ci racconta che, se si
studia, si può anche trovare lavoro nell’informatica. Gli piacciono anche i templi, che
sono piccoli e si trovano soprattutto sulle montagne. Mentre ascoltiamo i racconti di
Massy ed Ettore, ammiriamo il panorama dal grattacielo di Shangai e, poi,
stanchissimi, andiamo a dormire in un albergo.
La mattina seguente, però, ritorniamo all’ aeroporto per volare fino a
Wenzhou; Massi ci fa da interprete e riusciamo a prendere la metropolitana per
arrivare prima a casa di Cinzia, poi a casa di Davide.
Luca, intanto, continua a lamentarsi per la fame ma, dopo quello che ci ha
detto Massimiliano, non ci fidiamo molto del cibo cinese. Allora Davide ci porta a
pranzare al ristorante di suo zio che ci offre sushi, anatra pechinese e, come dolce, il
gelato fritto. Nel pomeriggio andiamo con Davide a scoppiare i petardi: sono la sua
passione e, quando è in Cina, li scoppia ogni giorno!
Per la notte, ci fermiamo tutti in un hotel, offerto da Massy, e, prima di
addormentarci, Cinzia ci racconta che la Cina ha la forma di un gallo: osservando la
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cartina ci accorgiamo che è proprio vero! Anche Cinzia ammette che la scuola cinese
è molto difficile, che ci sono meno mesi di vacanza rispetto all’Italia e che bisogna
mettersi l’uniforme che ci mostra in foto: a lei non piace, ma a noi sì! Inoltre dice che
la sua festa preferita è il Capodanno, perché in tv c’è un programma molto famoso,
che guardano tutti, in cui le star dello spettacolo si esibiscono con canti e giochi.
Però, a differenza dell’Italia, non ci sono né le feste di Natale né quelle di Pasqua.
Durante questi racconti, qualcuno crolla addormentato per la stanchezza,
mentre alcune compagne volenterose, Maya, Martina e Caterina, si mettono a
comporre una filastrocca da dedicare a questo Paese:
La Cina è molto grande
ed è perfetta per il nostro gigante:
Davide, pieno di petardi,
quello che viene a scuola sempre tardi!
Loro amano il Capodanno
e fanno festa per tutto l’anno.
Ma se in Cina vuoi andare,
Una mascherina devi portare,
perché l’aria è molto inquinata
e la terra molto affollata!
Dopo aver ascoltato questi versi, anche Cinzia decide di andare a dormire. La
mattina dopo, è Leonardo che ci viene a svegliare: sono solo le sei, ma è ora di
tornare a casa, in Italia, con la classe finalmente al completo! Il nostro viaggio è quasi
finito ma non finisce la nostra voglia di poesia: ecco Elisa e Gaia, le inseparabili,
recitare, per tutto il viaggio, dei versi che hanno composto insieme:
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Dalla Cina bisogna andar via
con un po’ di malinconia,
con tristezza amarezza
ma anche con felicità
ritorniamo nella nostra città.
Tanti luoghi abbiamo visitato,
tanti cibi abbiamo assaggiato e…
i nostri compagni abbiamo ritrovato!
BUON VIAGGIO!!!
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